LA BATTAGLIA DECISIVA

"Non è possibile ! Il cosmo… il cosmo di Zeus è tornato quello di un tempo !" gridò Efesto, tremando per lo stupore e fissando Eolo ed Ermes.

L'improvviso cambiamento del cosmo di Zeus era stato avvertito ovunque sull'Olimpo, sbalordendo le divinità, che mai si sarebbero aspettate una tale decisione da parte del loro signore. Al primo tempio, Eolo, Ermes ed Efesto, che stavano seguendo l'evolversi della battaglia finale grazie ai loro cosmi, erano quasi senza parole.

"E'… è di nuovo come nelle epoche mitologiche, traboccante di potere e vitalità !" commentò Ermes, ed anche Eolo accanto a lui annuì, con gli occhi sbarrati per la sorpresa. "Il signore del fulmine è tornato tra noi…" disse soltanto, lo sguardo fisso in direzione del tredicesimo tempio, da poco di nuovo visibile dopo essere stato avvolto nella nebbia per quasi un'ora.

Le tre divinità riunite al primo tempio però non erano le sole ad essere sorprese dall'inaspettata decisione presa dal signore dell'Olimpo.

"Lo sento ! Il cosmo splendente che fulminò i Titani precipitandoli nel Tartaro è tornato a brillare sul monte sacro ! I cavalieri di Atena sono stati avversari valorosi e degni di lode… ma contro la furia di Zeus il loro destino è segnato !" esclamò con una punta di rammarico Artemide, orgogliosa Dea della caccia, mentre gli uccelli che abitavano nel bosco sacro che era il suo tempio volavano via, spaventati dall'improvviso cosmo risvegliatosi alla tredicesima casa.

"Zeus… mai avrei creduto che saresti ricorso ad un tale potere contro dei semplici mortali. Fino a qualche ora fa condividevo il tuo astio verso gli uomini, ma ora il dubbio tormenta la mia anima. Questa battaglia è davvero necessaria ?" si chiese Estia, Dea del focolare e custode del secondo tempio, ripensando dubbiosa alla battaglia avuta con Cristal il Cigno molte ore prima.

"Uh uh uh, a quanto pare quei folli hanno fatto davvero infuriare il vecchio Zeus, ed ora ne pagheranno le conseguenze ! Il suo cosmo risplende come i fulmini di cui è padrone… nemmeno io oserei mai sfidarlo ora ! Presto le anime di quei miserabili e della loro adorata Atena precipiteranno nel posto che gli spetta, tra le fiamme di Ade !" rise malvagiamente Ares, Dio della guerra, camminando su e giù nel proprio tempio con impazienza, in attesa di sentir svanire i cosmi dei cinque cavalieri.

"Il cosmo del sommo padre è vasto e splendente… nessun uomo potrà mai tenergli testa ! Sebbene non riesca ancora a vederne l'esito, sento che il tempo delle gloriose canzoni per celebrare la fine di questa lunga battaglia si avvicina !" commentò soddisfatto Apollo, Dio del sole, mentre il suo cosmo risanava le ferite provocate dalla recente battaglia con Sirio il Dragone.

"Zeus, il tuo cosmo sovrasta l'Olimpo, vasto e splendente. Il frutto della vittoria ti è ormai a un passo, non ti resta che coglierlo…" mormorò cupamente Demetra, Dea delle messi, mentre si inoltrava nel bosco ai piedi dell'Olimpo per raggiungere il proprio tempio.

"E' questa dunque la tua vera forza, padre mio ?! Il cosmo smisurato, brillante oltre ogni dire, con cui un tempo abbattesti lo spietato Crono, conquistando il potere che di diritto ti spetta ? Il destino dell'umanità parrebbe segnato, solo un miracolo potrebbe salvarla… ma in fondo, cos'è un miracolo se non un'azione divina compiuta da un essere umano ? Non credere di aver già vinto… non quando hai di fronte il valore di cinque cavalieri che credono nella giustizia !" sorrise Eracle, Dio della forza, temporaneamente di guardia al tempio di Nettuno.

"Quale grandezza ! Quale potenza ! Oh, sommo Zeus, sicuramente l'inebriante piacere della vittoria già alberga nel tuo cuore ! Presto festeggeremo il tuo trionfo, ballando sui cadaveri di quegli insulsi cavalieri !" esclamò Dioniso, Dio del vino, con un sorriso sinistro in volto al pensiero della morte dei cinque nemici, ed in particolare di colui che aveva osato ferirlo, Cristal il Cigno.

"Perchè padre ? perchè tu, un tempo buono e generoso, ora tanto ti accanisci su coloro che vogliono proteggere l'umanità ?! Miei cavalieri, ancora una volta a causa mia combattete ! Se solo potessi aiutarvi… oh, speranza, non abbandonarli !" pianse Atena, Dea della giustizia, riversa ai piedi del primo tempio. Quasi nulla restava del suo cosmo divino, della sua stessa vita, ma ogni pensiero, ogni speranza, era rivolta ai fedeli cavalieri al cui fianco tanti malvagi aveva abbattuto.

"Zeus… a tal punto hai deciso di spingerti ? Dici di voler punire l'umanità… e non hai voluto confidarti con me… ma sento che in questa battaglia c'è ben più di quanto appare ! Non importa, quali che siano le circostanze, io combatterò al tuo fianco… nonostante tutto !" pensò tristemente Era, regina degli Dei, mentre una sottile lacrima a lungo repressa le solcava il viso.

Ma lo stupore dei signori del cielo non era nulla a confronto con lo sgomento che in quel momento cinque ragazzi mortali stavano provando al tredicesimo tempio. Pegasus, Sirio il Dragone, Cristal il Cigno, Andromeda e Phoenix fissavano Zeus con gli occhi sbarrati, incapaci di trovare le parole adatte a commentare la stupefacente trasformazione cui avevano appena assistito.

Nell'ultima ora, avevano affrontato uno ad uno l'anziano Zeus, aiutandosi a vicenda, sfoderando i loro colpi più potenti, tentando di pianificare strategie ed attacchi a sorpresa, ma il Dio li aveva surclassati, annullando senza sforzo ogni loro mossa, e non riportando neppure una lieve ferita. Alla fine, in un ultimo, disperato tentativo, avevano rischiato il tutto per tutto, unendo i loro cosmi ed i loro spiriti in un attacco congiunto, e finalmente Zeus aveva vacillato, sembrando crollare.

Per un attimo gli eroi, avevano gioito, immaginando la fine di quella lunga ed estenuante battaglia, ma poi il grido di vittoria gli si era strozzato in gola. Il trono di Zeus, in realtà la sua armatura, lo aveva protetto, impedendogli di subire qualsiasi danno, ed il Dio aveva rivelato di avere ancora un tremendo asso nella manica. Ricorrendo alla tecnica divina del Misopethamenos, era tornato giovane e potente come un tempo, ed ora fissava spavaldo i cinque cavalieri, pronto a riprendere una battaglia che poteva concludersi soltanto con la sua vittoria.

"Cavalieri ! Che ne è della vostra spavalderia ? Avete perso la favella ? E' già concluso il vostro repertorio di minacce e proclami ?" esordì ironicamente Zeus, chiaramente divertito dalle espressione sconcertate dei suoi giovani nemici.

"E' il Misopethamenos, non è così ? La tecnica divina del rallentamento cardiaco, con cui Atena prolungò la vita del mio maestro !" disse Sirio, ignorando la domanda provocatoria appena rivolta loro.

"Esattamente, la straordinaria tecnica con cui i mortali possono assaggiare un frammento dell'immortalità degli Dei ! Sapevo che Atena ne aveva fatto uso su un suo cavaliere, più di due secoli fa… ma chi credete che gliel'abbia insegnata ?" sorrise il re del fulmine, soddisfatto nel vedere un nuovo fremito di stupore sul volto dei cavalieri.

"Sei stato tu ?" domandò Cristal, ed il Dio annuì.

"Esattamente… fui io ad insegnare ad Atena… ed alla maggior parte delle altre divinità, la tecnica leggendaria. Millenni fa, dopo aver finalmente riportato la pace sul monte sacro, sconfiggendo i Titani e precipitando il mostruoso Tifone nelle profondità del monte chiamato Etna, instaurai il mio regno. Ben presto però, compresi che, seppur immortali grazie all'Ichor che scorre nei nostri corpi, nemmeno noi Dei siamo completamente immuni allo scorrere del tempo, specialmente lontani dalle bianche vette dell'Olimpo e dai nostri templi. Purtroppo, persino noi invecchiamo. Lentamente, certo… ad un ritmo tale che un giorno per noi equivale ad un secolo per voi… ma invecchiamo."

"La maggior parte dei miei figli e dei miei fratelli scelse di porre rimedio al problema abbandonando il meno possibile l'Olimpo, ed incarnandosi in corpi umani ogni qual volta fosse necessario, ma io ero insoddisfatto. Possibile, mi chiedevo, che alla fine non vi fosse modo di ingannare il tempo di cui il mio odiato padre Crono è padrone ? Possibile che dovesse tormentarci persino dalla prigionia, e che a lui spettasse l'ultima parola ? Non disposto ad accettarlo, mi misi alla ricerca di una soluzione, sicuro che il cosmo nascondesse la chiave persino a questo dilemma… ed alla fine trovai la risposta, ideando il Misopethamenos ed usandolo su di me."

"I risultati mi soddisfarono. Grazie al Misopethamenos potevo effettivamente annullare gli effetti del tempo persino lontano dall'Olimpo, ma purtroppo c'erano dei compromessi da accettare: il cosmo perdeva irrimediabilmente parte del suo potere, ed il corpo diventava vecchio. Tali compromessi si rivelarono inaccettabili per la maggior parte degli Dei, troppo legati al loro aspetto giovanile per vederlo svanire, e così scelsero di non ricorrere al Misopethamenos. Atena però ne fu interessata, e nella sua saggezza ne colse per prima un uso cui neppure io avevo pensato: usarlo sugli esseri umani. Permettere loro, nelle rare circostanze in cui gli eventi lo richiedessero, di vivere per secoli… di compiere un piccolo passo verso l'immortalità dei Numi ! Su un essere umano, il Misopethamenos ha un effetto limitato, ed indebolisce corpo e cosmo al punto da costringere ad una quasi totale immobilità, ma, come a quanto pare avete avuto modo di vedere, serve allo scopo." Finì di spiegare il Dio, prima di aggiungere, con un sorriso di scherno, "E se ora avete riposato abbastanza, gradirei porre fine a quest'insulsa lotta !".

"Vorresti forse insinuare che ti abbiamo fatto parlare solo per riprendere fiato ?" si infuriò Pegasus con un moto d'orgoglio, e nello stesso momento gli altri cavalieri sollevarono di nuovo la guardia, pronti a combattere anche in quelle disperate circostanze.

"Mpf… chi può dirlo… ma in fondo non importa. Anche se fosse, non avreste fatto altro che prolungare le vostre vite di pochi minuti, e quei minuti sono giunti a termine !" rispose Zeus, espandendo il suo cosmo, che per lucentezza e vitalità aveva ben poco in comune con quello che i cavalieri avevano avuto modo di vedere nella prima parte della battaglia. La sola pressione dell'aria che ne testimoniava la presenza era per loro un peso quasi insopportabile, e per un attimo ne furono atterriti.

"Uuh… a quanto pare ti è cresciuta l'arroganza oltre ai capelli, re degli Dei !" ironizzò rabbiosamente Pegasus, avanzando verso il Dio con il cosmo che bruciava ardentemente e scuotendo i compagni con le sue parole. Casuale o voluta che fosse, l'ironia del ragazzo aveva il potere di alleggerire l'animo anche nelle situazioni all'apparenza senza speranza.

"Ora imparerai a tue spese che i cavalieri di Atena non si arrendono mai ! Fulmine di Pegasus !!" urlò, lanciandosi all'attacco.

Con gli occhi fissi sul bersaglio, Pegasus cercò di imprimere quanta più forza e velocità possibile nei suoi colpi, ma ad un tratto vide Zeus sorridere astutamente, e subito dopo il Dio del fulmine svanì nel nulla, quasi come non fosse mai esistito.

"Ehi, ma che cosa…" balbettò confuso l'eroe, ritirando il pugno e guardandosi attorno, senza scorgere l'avversario.

"Sopra di tee !" gli gridò in quel momento Andromeda, e seguendo il suo sguardo verso il soffitto del tredicesimo tempio, Pegasus vide finalmente Zeus, sospeso in aria grazie alle ali della sua armatura divina.

"Folle ! Tentare una tecnica che si era già dimostrata inefficace contro di me ! La stessa arroganza di cui mi hai accusato ti ha tradito !" esclamò il Dio in tono di rimprovero, e nello stesso momento abbassò repentinamente la mano destra, generando un fulmine che si schiantò in pieno sull'eroe, incapace di difendersi. Con un grido di dolore, Pegasus barcollò per qualche attimo, poi crollò sulle ginocchia, impossibilitato a restare in piedi e con l'armatura fumante. Subito, Zeus si lanciò in picchiata verso di lui per finirlo.

"Pegasus !!!" gridarono all'unisono Sirio, Andromeda, Cristal e Phoenix, correndo in soccorso dell'amico. Vedendoli arrivare, Zeus virò bruscamente e volò ad altezza d'uomo verso di loro, schivando facilmente la catena di Andromeda ed una corrente di energia ghiacciata di Cristal con delle eleganti piroette ed aprendo le braccia, come un'aquila pronta a ghermire le prede.

Subito Andromeda srotolò la catena di difesa, in modo da proteggere se stesso ed il Cigno, ma all'ultimo momento Zeus li sorpassò, avventandosi invece su Phoenix, sopraggiunto alle loro spalle e del tutto alla sprovvista di fronte ad un attacco. Senza perdere tempo, il Dio gli appoggiò una mano sul collare, generando onde di accecante energia che parvero deformare il corpo dell'eroe, incapace di resistere ad un tale potere. Nel giro di pochi attimi, Phoenix venne scagliato via, circondato da piccoli frammenti della sua armatura, oramai danneggiata quasi ovunque.

Prima ancora che gli altri cavalieri potessero reagire, il signore dell'Olimpo si voltò verso di loro e li indicò con la mano libera. Da ciascuna delle cinque dita partì un fulmine di luce, che sfrecciò verso di loro. Agendo più per riflesso che per cognizione di causa, i cavalieri balzarono di lato, sparpagliandosi e schivando appena i fulmini, che aprirono altrettanti buchi fumanti nel pavimento di marmo.

Rotolandosi su un fianco, Cristal fu il primo a riprendere l'attacco e balzò in avanti, sferrando una nuova Polvere di Diamanti, mentre, qualche metro alla sua sinistra, Andromeda faceva lo stesso, lanciando la catena di offesa. Con un sospiro, Zeus volò rasoterra verso di loro, afferrando la catena con una mano e virando improvvisamente verso Cristal.

Volando attorno al cavaliere del Cigno, il Dio lo avvolse nelle spire della catena di Andromeda, cingendolo alla gola ed al torace e continuando a tirare la sua estremità, in modo da rendere ben stretta la presa. Inorridito, Andromeda vide schizzi di sangue sprizzare dalla gola ferita dell'amico e piccole scintille generarsi dai punti in cui l'arma strisciava sull'armatura del cavaliere, ma, prima che potesse cercare di liberarlo, Zeus appoggiò la mano sulla catena.

"Vi ringrazio, ancora una volta gli uomini facilitano il lavoro degli Dei !" esclamò ironicamente, e dalla mano partì un fulmine di luce, che venne trasmesso dalla catena in entrambe le direzioni, raggiungendo sia Andromeda che Cristal. Per qualche attimo, i due vennero circondati da una colonna di luce e, accecati dal dolore, non poterono far altro che urlare la loro agonia ai cieli incuranti, poi Zeus ritrasse la mano, e gli eroi crollarono al suolo sanguinanti.

"Cristal ! Andromeda !" gridò Sirio nel vedere gli amici cadere. Si era fermato solo qualche secondo, per accertarsi delle condizioni di Pegasus, ma tanto era bastato a Zeus per avere la meglio sugli altri cavalieri.

"Sei rimasto solo…" commentò il Dio, i cui occhi erano ora una fessura. Aveva ripreso di nuovo quota, ed osservava il ragazzo da qualche metro di altezza.

"Noi cavalieri non siamo mai soli, ogni volta che uno di noi combatte, il cosmo e l'anima degli altri sono con lui ! L'amicizia ci unisce, l'amicizia che nessun colpo segreto potrà mai spezzare !" ribattè Dragone con convinzione, per poi correre verso Zeus, spiccare un salto e spiegare le ali della sua armatura divina. Quella destra era frantumata oltre la metà e danneggiata in più punti, ma ancora permetteva all'eroe di librarsi rapidamente in aria.

"Colpo Segreto del Drago Nascente !" urlò, scatenando ancora una volta le fauci del drago di Cina. Sapeva che non gli avrebbe dato la vittoria, ma sperava almeno che Zeus non si aspettasse un attacco in aria, così da poter valutare la capacità difensiva della sua armatura. Alla sua mossa però, il Dio si incupì.

"Sfidare il nemico là dove è più forte… avevo apprezzato la tua abilità strategica durante il combattimento con Apollo, ma a quanto pare ti avevo sopravvalutato…" esclamò a voce alta, prendendo improvvisamente quota, abbastanza da far si che il Drago Nascente lo mancasse. Subito dopo, fece girare la lancia nella sua mano e la scagliò verso il basso, verso il cuore dell'eroe. Con un respiro strozzato, Dragone sollevò lo scudo per intercettarla, ma a mezz'aria l'arma si trasformò in un brillante fulmine di energia cosmica, che si abbattè con tutta la sua potenza sulla difesa del cavaliere.

Gridando di dolore, Sirio venne spinto indietro e precipitò al suolo, sbattendo violentemente con la schiena ed aprendo un piccolo cratere sotto di se. Rapido come le saette di cui era padrone, Zeus si lanciò su di lui con un calcio, centrandolo nel pieno del pettorale e facendolo sprofondare ulteriormente sotto terra, mentre flotti di sangue gli uscivano dalla bocca.

"La forza è grande alleata in battaglia, ma altrettanto lo è la velocità !" commentò sornione, mentre la lancia gli tornava in mano e Dragone rantolava al suolo tossendo sangue. Non fece però in tempo a finire la frase che dovette agire per evitare le fiammeggianti Ali della Fenice. Seppur sanguinante, Phoenix si era infatti rialzato ed avventato lateralmente sul signore degli Dei, sperando di prenderlo alla sprovvista. Purtroppo per lui però, al Dio era bastato qualche passo indietro per schivare il colpo segreto, e, non appena il cavaliere gli fu davanti, con un gesto repentino e deciso calò la lancia su di lui, conficcandogliela nella schiena.

Per caso o per destino, la lama si abbattè sulla parte più spessa dell'armatura, quella in cui le ali si congiungevano alla protezione per la schiena, e questo la smorzò abbastanza per salvare l'eroe dall'essere trapassato da parte a parte. Ciononostante, l'arma penetrò in profondità, strappando a Phoenix un grido di dolore e facendo zampillare schizzi di sangue dalla nuova ferita alla schiena. Con la stessa velocità con cui l'aveva calata, Zeus estrasse l'arma, e Phoenix ruzzolò scompostamente al suolo, il viso mutato in una maschera di sofferenza mentre una pozza di sangue si apriva sotto di lui.

Indecifrabile, Zeus rimase ad osservarlo per qualche attimo, poi socchiuse gli occhi e sorrise lievemente. "Ero certo che ti saresti rialzato, la fama che ti circonda è senza dubbio meritata ! Peccato però che tanto ardore non sia accompagnato da altrettanta ragionevolezza, o avresti capito che è meglio restare al suolo… perchè contro di me nessuno di voi ha la benchè minima speranza !" disse, prima di voltarsi con calma. Alle sue spalle, instabile sulle gambe, sporco di sangue e sudore, con il respiro affannoso e la guardia sollevata, Pegasus lo fissava. Per quanto il suo corpo fosse provato dalle decine di ferite subite in quella lunga giornata sull'Olimpo, il suo sguardo era ancora ardente ed incrollabile come sempre.

"Nessuna speranza dici ? Da un Dio che ha vissuto per millenni, sconfiggendo anche nemici a lui superiori, mi aspettavo maggiore saggezza ! Dovresti sapere meglio di chiunque altro che la speranza è l'ultima a morire !" gridò l'eroe di rimando, iniziando ad agitare le braccia per disegnare in aria le tredici stelle della sua costellazione.

"Mpf… l'abisso che ti separa da me è ben superiore a qualsiasi abisso mi abbia mai separato dai miei nemici ! E per dimostrartelo…" ribattè Zeus asciutto, prima di allargare le braccia ed abbassare le difese. "Sferra pure i tuoi colpi, non mi difenderò !" esclamò in tono di sfida.

"Ti reputi superiore a tal punto ?! E va bene ! Non è mia abitudine attaccare un nemico inerme, ma visto che ci tieni tanto…" rispose il cavaliere, visibilmente infastidito dalla sicurezza del nemico. Il suo cosmo avvampò di brillante energia, circondandolo completamente "Brucia, costellazione dai tredici fuochi, fino al nono senso !! Fulmine di Pegasuuus !!".

"Uh uh uh…" ridacchiò Zeus, mentre il Fulmine si abbatteva su di lui, colpendolo alla fronte, alle spalle, al torace, all'addome ed alle braccia, senza causare però alcun danno. L'armatura divina resisteva senza neanche scricchiolare, e le sfere di luce sembravano mere gocce di pioggia destinate ad infrangersi sulla roccia.

"Iaiii !!!!" insistette Pegasus, riversando ancora più energia nel Fulmine, aumentando il numero, la forza e la velocità dei colpi. La pioggia divenne cascata, ma ancora Zeus non barcollava, ed anzi sorrideva, di fronte all'immane quanto inutile sforzo del nemico.

"Credi che sia tutto qui, eh ? Ora vedrai !" mormorò il cavaliere, la cui vista iniziava ad appannarsi per la fatica. "Fulmine di Pegasus… diventa cometaaa !" gridò, scattando verso il nemico e concentrando tutti i colpi in un'unica, enorme sfera di luce cosmica, brillante come una stella.

Alla velocità della luce, la Cometa di Pegasus sfrecciò verso Zeus, abbattendosi con violenza sul pettorale della sua armatura ed esplodendo con il fragore del tuono. Travolto dallo spostamento d'aria, l'eroe venne catapultato indietro di qualche metro, sbattendo al suolo con la schiena.

"E'… fatta ! Nessuno potrebbe uscire indenne da un attacco tanto ravvicinato" balbettò, sollevandosi su un fianco e guardando il nemico, soltanto per accorgersi, con sgomento, che non aveva neppure un graffio o una crepa sulla corazza.

Per nulla scosso, Zeus lo fissava con soddisfazione. "Sei convinto adesso, Pegasus ? Non è nei tuoi poteri arrecarmi danno !" esclamò, abbassando le braccia ma non prendendo ancora l'iniziativa, come ad aspettare che il significato delle sue parole fosse ben chiaro al giovane avversario.

"Pe… perchè ?! Perchè… non capisco. Eppure avevo raggiunto il nono senso, ne sono sicuro ! Perchè il mio Fulmine non è riuscito a far breccia tra le sue difese ?" chiese con frustrazione e sconforto, mentre rivoli di sudore gli scorrevano in viso.

Per alcuni secondi, Zeus rimase impassibile a guardarlo, fissandolo con attenzione in viso, come a voler scrutare nel suo animo, poi accennò un sorriso ironico. "Mpf… «raggiunto il nono senso»… per qualche attimo è stato tuo, è vero, ma ben altro è necessario per esserne padroni !"

"Che vuol dire ?!"

"Il nono senso… è lo stato ultimo del cosmo, e permette di compiere azioni straordinarie. Un tale potere non è facile da raggiungere… e soprattutto non lo è da controllare !" iniziò Zeus, prima di distogliere lo sguardo e fare una pausa, guardando gli altri cavalieri. Sirio, Cristal, Andromeda e Phoenix erano coscienti, ma troppo deboli o doloranti per rialzarsi, e lo seguivano con la coda dell'occhio.

"Tu… tutti voi… nel corso delle battaglie sull'Olimpo siete riusciti prima a sfiorare e poi a raggiungere il nono senso… ma non siete capaci di dominarlo ! Il vostro controllo è ancora instabile, dura per qualche attimo ma poi viene meno, e tanto basta a rendere inefficaci i vostri attacchi ! Un cosmo così fluttuante, unito a fortuna e coraggio, vi avrà anche dato la vittoria sulle divinità dei templi inferiori, ma contro di me, signore del Fulmine e re dell'Olimpo, non basta di certo !" esclamò con convinzione, tornando a fissare Pegasus negli occhi.

"Riesci a capire ora perchè la vostra causa è destinata al fallimento ? Per quanto vi sforziate, i vostri colpi segreti non riusciranno a danneggiarmi !" concluse, socchiudendo gli occhi e sorridendo di nuovo in segno di superiorità nel notare che il ragazzo aveva chinato il capo e stava fissando il suolo.

"Ed ora, cavaliere…" iniziò, ma poi si fermò di colpo, sbalordito da quanto udiva.

"Uh uh uh…" Pegasus stava ridendo. Sommessamente ed in maniera vagamente isterica, ma stava ridendo.

"Mh ? Sei forse impazzito per la disperazione ?" chiese il Dio, interdetto di fronte a quella reazione. In tutta risposta, Pegasus alzò di nuovo fieramente la testa, fissandolo in volto. I suoi occhi scintillavano come zaffiri ed una nuova luce brillava in loro.

"Tutt'altro ! Con le tue parole credevi di distruggere ogni mia residua speranza, ma non ti sei reso conto che in realtà hai fatto l'esatto contrario ! Mi hai involontariamente indicato la via da seguire ! Ora so che puoi essere sconfitto… e per sconfiggerti devo solo riuscire a dominare il nono senso… a controllarlo con lo spirito ! Mi hai dato una nuova speranza a cui aggrapparmi, ed ora sono certo che alla fine la vittoria sarà mia !" proclamò con veemenza rialzandosi in piedi di scatto, ancora una volta circondato dal bagliore rifulgente del suo cosmo, persino più splendente di prima.

Ancora una volta, l'esplosione dei cosmi dei combattenti indicò la ripresa della grande battaglia, una battaglia che, seppur combattuta in un luogo remoto come il tredicesimo tempio dell'Olimpo, non riguardava solo Zeus, le divinità, Atena ed i suoi cavalieri, ma tutte le genti del mondo, il cui destino poggiava sulle spalle di cinque giovani eroi. In realtà però, la maggior parte dell'umanità era ignara del grande rischio che correva, solo in pochissimi sapevano la verità, ed i loro cuori erano colmi di un'angoscia che cresceva di minuto in minuto, insieme all'affievolirsi del cosmo di Atena.

Tra questi vi era Ilda di Polaris che, dal suo palazzo ad Asgard, si sforzava di seguire i combattimenti grazie ai poteri del suo cosmo. Il volto era all'apparenza inespressivo, e lo sguardo perso nel vuoto di una tempesta di neve che si abbatteva fuori dalle finestre del palazzo, ma dentro di se la sacerdotessa era profondamente turbata, e si chiedeva quanto a lungo ancora avrebbe potuto impedire alle emozioni di trasparirle in viso. Finora infatti si era sforzata di apparire tranquilla e fiduciosa, principalmente per rassicurare Flare, che sedeva su una poltrona accanto a lei, chiaramente in ansia per la sorte dei protetti di Atena, ma nell'ultima ora la sua angoscia era di molto cresciuta.

Prima aveva improvvisamente smesso di percepire i già deboli cosmi dei cavalieri, come se qualcosa li nascondesse ai suoi sensi, poi li aveva sentiti esplodere uno dopo l'altro, senza tuttavia riuscire ad individuarli con precisione, ammantati com'erano da un'energia che poteva essere solo di fattura divina, ed ora che era riuscita finalmente a localizzarli di nuovo, un cosmo dalla potenza smisurata l'aveva fatta rabbrividire. Anche se non l'aveva detto alla sorella infatti, percepiva in quel cosmo una potenza tale da poter essere paragonata a quella di Odino, e la donna sapeva bene cosa ciò significasse.

Improvvisamente, qualcuno bussò alla pesante porta di legno della stanza, strappandola alle sue riflessioni, e, un attimo dopo, Mizar ed Alcor, le tigri del nord, fecero capolino sulla soglia.

Per qualche secondo i due rimasero in silenzio, come timorosi di parlare, di rivolgere una domanda di cui temevano la risposta, ma alla fine, dopo aver scambiato un rapido sguardo con il fratello, Mizar avanzò di un passo verso la celebrante. "Mia signora… molte ore sono passate da quando abbiamo aiutato Phoenix a raggiungere l'Olimpo, e non vi sono state notizie. I nostri cosmi non sono abbastanza acuti per permetterci di seguire gli eventi in corso… Lei… sa qualcosa ?"

A questa domanda, Ilda abbassò lo sguardo, consapevole che anche Flare la stava fissando. La giovane principessa non aveva chiesto molto spesso alla sorella informazioni sull'esito dei combattimenti, passando invece la maggior parte del tempo a pregare Odino per il ritorno degli eroi, ma era ovvio che voleva sapere tanto quanto Alcor e Mizar, specialmente per via del forte legame che la legava a Cristal. Ilda dal canto suo avrebbe preferito non dire nulla, consapevole che le sue parole avrebbero portato ansia e timore anzichè sollievo, ma non aveva modo di evitare una domanda così diretta, e mentire a chi chiedeva perchè spinto da sincera preoccupazione sarebbe stato indegno. Così, dopo parecchi secondi di esitazione, rialzò lo sguardo e rispose come meglio poteva.

"I cavalieri… sono riusciti a scalare l'Olimpo ! Anche se a fatica, tutti loro hanno superato i dodici templi divini, e raggiunto la cima del monte sacro. Adesso… sono impegnati in battaglia con Zeus !" disse alla fine, cercando di mantenere un tono più controllato possibile.

L'effetto delle sue parole fu immediatamente visibile sui volti degli astanti, che passarono da preoccupazione a sollievo, e da sollievo a sgomento. L'eco delle imprese mitologiche di Zeus era giunto fino ad Asgard, e tutti loro sapevano la tremenda potenza di cui era dotato il signore del fulmine. Pallidissima, Flare si accasciò sulla poltrona, con lo sguardo perso nel vuoto e le mani strette con forza attorno alle pieghe del vestito. I gemelli si scambiarono una lunga occhiata colma di preoccupazione e parvero sul punto di chiedere qualcos'altro ad Ilda, ma poi, accorgendosi dell'ansia appena visibile dietro il suo sguardo, si fermarono, restando in silenzio. A sua volta, Ilda tornò alla finestra, nella vana speranza che la bufera che imperversava sulla città potesse portar via con se almeno un pò dell'angoscia che le gravava sul cuore.

Ma Ilda, Flare, Alcor e Mizar non erano i soli abitanti di Asgard in pena per le sorti dei cavalieri di Atena. Molto più a nord, oltre il ponte dell'arcobaleno, tra le mura del palazzo del Valhalla, dimora di Dei ed eroi, Artax, Thor, Mime, Luxor ed Orion erano inginocchiati di fronte al trono di Odino, a sua volta impegnato a seguire gli eventi dell'Olimpo grazie alle acque del catino mistico posto davanti a lui.

I cavalieri erano in assoluto silenzio e non osavano parlare per timore di disturbare il loro signore. Alcune ore prima Odino si era recato sull'Olimpo per parlare con Zeus, e, da quando era tornato, era apparso cupo ed irascibile, al punto da rimproverare aspramente i cavalieri che gli chiedevano informazioni sull'esito delle battaglie. "Sono il signore di Asgard e vostro supremo comandante, non un servitore da poter interrogare quando più vi aggrada !" aveva tuonato, zittendoli tutti con il suo tono imperioso, per poi seguire le peripezie dei protetti di Atena con persino maggior attenzione di prima. Neppure la sua sposa Freya era riuscita a calmarlo, ed alla fine aveva fatto ritorno nelle sue stanze, consapevole che in quel momento nemmeno lei avrebbe potuto risolvere qualsiasi problema stesse turbando il marito.

Ora però, dopo molte ore di attesa, i cavalieri del nord iniziavano ad essere impazienti, fortemente preoccupati per la sorte dei loro antichi nemici. Luxor non lo dava particolarmente a vedere, ma Thor, Mime ed Artax scoccavano sempre più spesso occhiate interrogative ad Orion, come per spingerlo a parlare con il Dio. A sua volta, anche il cavaliere del drago del nord era in ansia per Pegasus, Dragone e gli altri cavalieri di Atena, e desideroso di sapere qualcosa, ma esitava, timoroso che, infastidito, Odino li allontanasse da quella sala, privandoli così di qualsiasi speranza di avere notizie. Mentre cercava il modo migliore per porre la domanda, Odino, il cui sguardo era sempre fisso sul catino, si incupì e mormorò "Non credevo saresti arrivato a tanto… sei davvero determinato a portare avanti i tuoi piani, Zeus !".

Sperando di poter approfittare del momento, Orion sollevò la testa. "Mio signore…" esordì timidamente.

"Mh ?" rispose bruscamente Odino, fissandolo severamente con il suo unico occhio. Il cavaliere chinò rapidamente il capo, ma mormorò comunque "Come ben sa, molto dobbiamo ai cavalieri di Atena, e da parecchie ore ormai sono impegnati in battaglia sull'Olimpo… Noi purtroppo non riusciamo a percepirne i cosmi… potrebbe dirci cosa sta succedendo ?"

"Ancora una volta scambi il tuo Dio per un misero messaggero portatore di notizie !" disse il Dio accigliandosi per qualche attimo "Ma per questa volta te lo concedo ! Dopotutto è un profondo legame di amicizia a spingerti ad ardire tanto !".

Con queste ultime parole, Odino si rasserenò, e subito i cinque cavalieri lo fissarono, avidi di informazioni, che non tardarono a venire. "Zeus ha fatto ricorso ad una delle sua armi più potenti, il Misopethamenos, e grazie ad esso è tornato giovane e vigoroso come nelle epoche mitologiche. Presto la piena furia del fulmine si abbatterà sui cavalieri !" spiegò brevemente il Dio, generando preoccupazione e sgomento nei suoi cavalieri.

"Dobbiamo aiutarli ! La prego, ci lasci andare !" esclamò con veemenza Orion, per un attimo dimentico di chi aveva di fronte. Odino però scosse il capo.

"Il vostro tempo mortale è finito ! Solo al Ragnarock le porte del Valhalla si apriranno e potrete tornare per l'ultima volta sul campo di battaglia, non prima ! Ed inoltre, l'Olimpo non è luogo che possa essere raggiunto con i soli poteri di un cavaliere, anche se valoroso !" disse solennemente, notando con un misto di tristezza e fierezza gli sguardi sconsolati dei cinque, e pensando che degli uomini pronti ad affrontare l'ira divina pur di soccorrere amici in pericolo erano ben meritevoli di stare nel Valhalla.

"Però… lei ha già raggiunto l'Olimpo… non potrebbe… ?" iniziò Artax, ma l'espressione del Dio si fece subito severa.

"Questa non è la mia battaglia, e non ho più debiti da saldare nei confronti di quei cavalieri." rispose con autorità, obbligando i cavalieri a chinare il capo. Nessuno di loro così notò l'ombra di preoccupazione che gli velò l'occhio, mentre, a voce bassissima, mormorava "E poi… se i sospetti di Zeus fossero fondati… avremo ben presto modo di combattere, perchè un domani foriero di guerre e di morte potrebbe attendere noi tutti…".

Intanto, al sole di Grecia, i cavalieri d'oro, Castalia e Tisifone, ancora riuniti alla prima casa, fremevano a loro volta, lacerati dalla preoccupazione per i loro amici. Persino Libra e Virgo, che fino ad ora erano riusciti a seguire almeno vagamente lo svolgersi degli eventi, improvvisamente faticavano a dare notizie, confusi dal potente cosmo di Zeus che circondava il tredicesimo tempio. Ioria in particolare era visibilmente innervosito dall'attesa, e camminava su e giù per il piazzale del tempio dell'Ariete.

"E' assurdo ! Siamo bloccati qui mentre i nostri compagni affrontano Zeus ! Ci sarà qualcosa che possiamo fare… Mur, Virgo, possibile che non vi riesca di portare anche noi sull'Olimpo ?!" domandò con rabbia fissando i due compagni, che scossero mestamente il capo.

"Ci abbiamo già provato, ma il potere di Zeus è troppo grande per noi, ci impedisce di usare le nostre capacità per raggiungere il monte sacro." rispose con calma Mur, senza però riuscire a calmare il compagno.

"E allora provate di nuovo, dannazione !" gridò frustrato il cavaliere del Leone, digrignando i denti e sfondando una colonna di pietra con un pugno "I cosmi di Pegasus e gli altri sono quasi impercettibili, ed anche Atena è allo stremo ! Non possiamo restare a guardare mentre i nostri amici e la nostra Dea rischiano la vita !" si sfogò.

"Calmati, Ioria. L'attesa è dolorosa per noi tutti, ma purtroppo è chiaro che Zeus non ci ha incluso nei suoi piani… siamo tagliati fuori. Arrabbiarsi non farà che peggiorare le cose." Affermò Libra, prendendo il controllo della discussione con un tono a metà tra l'autoritario e il paterno.

"Però ha ragione !" intervenne Scorpio, fissando il compagno della Bilancia "Come possiamo considerarci tra i dodici cavalieri più potenti delle schiere di Atena se durante ogni guerra sacra ce ne stiamo da parte ? Contro Nettuno siamo rimasti a guardare, contro Hades non siamo nemmeno stati capaci di difendere il Grande Tempio, ed ora siamo bloccati qui, lontani dal campo di battaglia. E tutto mentre amici che ormai ci sono cari come fratelli rischiano da soli la vita ! E' indegna tale oziosità, di noi e di quel che rappresentiamo !" esclamò con durezza.

"E' vero, è indegna, ma non crucciartene troppo. Dietro questa faccenda c'è più di quanto appare, ed il nostro momento potrebbe venire ben prima di quanto immagini !" esordì in quel momento una voce, che spinse tutti i presenti a voltarsi verso la scalinata che conduceva alla prima casa. In cima ai gradini vi era Kanon, con indosso l'armatura dei Gemelli, ed accanto a lui un altro ragazzo, con corti capelli lillà, una strana armatura arancione indosso ed un flauto nella mano.

I cavalieri osservarono subito lo sconosciuto straniero, che, pur sforzandosi di non mostrarlo, appariva un pò a disagio di fronte a loro. Nel vederne l'armatura, Libra si incupì, ma, prima che potesse dire qualcosa, Tisifone balzò in piedi dalla roccia su cui era stata seduta e sollevò la guardia.

"Riconosco la tua armatura di scaglie ! Tu sei un Generale degli Abissi delle schiere di Nettuno !" esclamò con decisione espandendo il suo cosmo, per poi voltarsi verso Kanon "E' per andare da Nettuno che sei sparito per tutto questo tempo ? Hai deciso di riconsiderare il tuo schieramento ?" lo accusò con asprezza. Scorpio però la fermò appoggiandole una mano sulla spalla.

"Placati, Tisifone. Kanon ha più volte dimostrato la sua lealtà in questi ultimi tempi, e non c'è aggressività nel suo cosmo. Non viene da nemico !" disse lentamente, senza però mai distogliere lo sguardo dal Generale. "Ciò non toglie… che venire al Grande Tempio in compagnia di un guerriero nemico è atto quantomeno sospetto, e necessita di una spiegazione !" concluse, dando un tono vagamente minaccioso alle ultime parole.

"Il mio nome è Syria delle Sirene… Generale di Nettuno… ma è in veste di alleato che mi presento a voi, su ordine del mio signore !" rispose lo straniero, parlando per la prima volta, con voce calma ma sicura. Accanto a lui, Kanon annuì.

"A causa della guerra in atto, il sigillo di Atena si è indebolito anzitempo. Nettuno si è risvegliato nel corpo di Julian Kedives, e non molto tempo fa si è recato sull'Olimpo per avere colloquio con Zeus. Il perchè… non c'è l'ha rivelato, ma prima di svanire ha riconsegnato a Syria la sua armatura di scaglie e ci ha detto di venire qui… insieme." Spiegò, raccontando brevemente il ritorno del Dio dei mari cui aveva assistito poche ore prima.

"E tu cosa ci facevi da Nettuno ?" domandò Tisifone in tono tagliente, ma Kanon la ignorò completamente, e continuò a fissare i cavalieri d'oro, in particolare Libra. Dopo qualche attimo quest'ultimo annuì, e la tensione parve allentarsi un pò.

"E così anche Nettuno si è risvegliato… ed ha ritenuto necessario andare a parlare subito con Zeus…. Qualunque cosa stia succedendo, sembra evidente che le divinità superiori ne sono coinvolte… ed in questo momento tutto poggia sulle spalle dei cinque cavalieri. Pegasus, Cristal, Andromeda, Phoenix… Sirio, perdonateci se non siamo con voi !" mormorò con profondo rammarico il custode della settima casa, pensando all'amato allievo ed ai suoi giovani amici.

"Fulmine di Pegasuuus !!!" gridò il pupillo di Castalia scatenando ancora una volta una pioggia di sfere lucenti contro il nemico, che rispose con un leggero sorriso compiaciuto prima di evitarle tutte con semplici spostamenti laterali e lasciare che si infrangessero sulla parete qualche metro alle sue spalle. Spinto dal suo stesso slancio, Pegasus superò il Dio, ma improvvisamente strisciò il piede a terra e, usandolo come cardine, roteò su se stesso, voltandosi e sferrando una seconda scarica di Fulmini. Senza alcuna traccia di preoccupazione, Zeus si abbassò di scatto, evitandoli ancora una volta ed attendendo che il cavaliere fossa sopra di lui per far esplodere una piccola parte della sua energia cosmica, scaraventandolo verso il soffitto.

"Non crederai basti così poco ?!" gridò però l'eroe a mezz'aria, dando un colpo di reni e compiendo una piroetta, in modo da ruotare di 180° su se stesso e rivolgere il volto al suolo, per poi caricare il pugno di energia e lanciare l'ennesimo Fulmine, stavolta dall'alto. "Brucia, mio cosmo !!!" gridò con quanto più fiato aveva, riversando sempre maggiore energie nel suo colpo segreto.

"E' proprio come pensavo… avevo visto giusto dunque !" riflettè Zeus, ed il sorriso sul suo volto si accentuò. Una frazione di secondo dopo, il Dio roteò lo scettro sopra la testa, annullando facilmente le sfere nemiche e creando una violenta corrente che travolse in pieno Pegasus, ancora a mezz'aria. Il cavaliere cercò di volare via grazie alle ali della sua armatura, ma, prima di poter anche solo spiegarle, venne scaraventato contro il soffitto, sbattendo duramente con la schiena e sputando sangue, mentre la corazza divina si incrinava maggiormente.

"Ancora non basta !" gridò Zeus, puntando la lancia verso l'eroe e lasciando partire da essa un sottile raggio di energia, diretto al cuore della vittima. Improvvisamente però, la catena di Andromeda si frappose tra i due, ed il cavaliere accorse in aiuto dell'amico in pericolo.

"Sembri dimenticare un pò troppo spesso che non stai affrontando solo uno di noi !" dichiarò con coraggio, lanciando entrambe le sue armi in avanti, l'una parallela all'altra.

"E tu dimentichi troppo spesso che contro un Dio mio pari delle armi di fattura mortale sono del tutto inutili !" rispose il signore del fulmine in tono di sfida, prima di accorgersi che stavolta le catene non lo stavano puntando direttamente, ma stavano ruotando attorno a lui formando un cilindro.

"Non mi sfuggirai stavolta ! Spire di Andromeda !!" mormorò Andromeda, ripetendo la tecnica che, tempo addietro, gli aveva permesso di sconfiggere il serpente di Kira di Scilla. "Le mie catene non potranno ferirti, ma ti terranno bloccato abbastanza a lungo da permettere agli altri…!" iniziò, ma le parole gli morirono in gola. L'aura cosmica di Zeus infatti aveva formato come un alone attorno a lui, abbastanza vasto e potente da trattenere le catene, impedendo loro di stringersi attorno alla preda. Cosa più spaventosa, il Dio sembrava non star facendo il minimo sforzo e si limitava a guardare il cavaliere negli occhi.

"Andromeda… colui che riuscì a resistere ad Hades ed a rifiutare il destino che per lui era scritto… Di voi cinque seguaci di Atena, ragazzo, tu sei quello che mi incuriosisci maggiormente. Hai un cuore puro e lo sguardo innocente di chi brama la pace, ma non esiti a combattere ed uccidere in nome di Atena… perchè ?" domandò in tono tranquillo, come se fosse una semplice conversazione tra amici.

"Non sei il primo a pormi questa domanda… io stesso mi sono spesso posto di fronte alla contraddizione che sembra essere la mia natura, ma se speri che le tue parole mi facciano dubitare, allora sprechi il fiato ! Finito è il tempo delle esitazioni, dimenticati sono i dubbi e le incertezze ! Nella determinazione dei miei amici, e persino in quella dei miei nemici, ho visto la risposta: io combatto per un mondo in cui gli esseri umani possano vivere serenamente, senza il timore di essere spazzati via da divinità come te !" gridò di rimando Andromeda dagli occhi lucenti, pienamente convinto e senza nemmeno aver bisogno di riflettere. La sua espressione non sfuggì a Zeus, che per un attimo accennò un leggerissimo sorriso, la cui natura, di scherno o di soddisfazione, il cavaliere non riuscì a distinguere.

"Belle parole le tue, che però non cambiano la realtà dei fatti: contro di me siete impotenti ! Addio !" esclamò poi la divinità, espandendo il suo cosmo e spazzando via facilmente le spire nemiche, per poi sollevare lo scettro e creare un fendente di luce, che squarciò il suolo e raggiunse in pieno Andromeda, colpendolo tra il collo e la spalla sinistra e mandando in pezzi l'armatura divina in quel punto.

Circondato dagli schizzi del suo stesso sangue ed incapace di reagire, l'eroe cadde a terra, momentaneamente stordito, e subito Zeus lanciò un altro fendente. All'ultimo istante però, Sirio balzò sull'amico, stringendolo tra le braccia ed allontanandosi con una capriola, giusto in tempo per evitare il colpo, che gli tagliò solo qualche punta dei capelli.

"Grazie, Sirio !" mormorò Andromeda non appena Sirio lo ebbe appoggiato delicatamente a terra. Il Dragone annuì senza dir nulla, poi si voltò verso il nemico e bruciò il proprio cosmo.

"Sembri molto sicuro di te, ma chi può sapere cos'accadrà l'istante successivo ! Colpo Segreto del Drago Nascente !!" urlò in tono di sfida, scattando verso il Nume e spiccando un salto per sferrare dall'alto la sua mossa speciale.

"Un Dio che ha vissuto per millenni e ben conosce la follia dell'uomo !" rispose di rimando Zeus, parando il calcio con il dorso del braccio ed obbligando Sirio ad una piroetta all'indietro per tornare a terra senza perdere l'equilibrio a causa del contraccolpo. Immediatamente, il Dio sollevò lo scettro, e subito Dragone fece altrettanto con lo scudo.

"Pazzo, non hai ancora capito che contro di me il tuo rinomato scudo è completamente inutile ?! Prendi !" gridò, lanciando di nuovo il suo scettro come fosse una lancia e trasformandolo in una saetta di energia. In quel momento, Sirio sorrise.

"Adesso, Cristal !!" gridò gettandosi di lato, ed in ginocchio alle sue spalle apparve il cavaliere del Cigno, con le braccia unite sopra la testa.

"Uh ? cosa sperano di fare ?" pensò Zeus, e, come a volergli rispondere, il signore delle energie fredde concentrò il suo gelido cosmo e gridò "Per il Sacro Acquariuuus !!!".

L'impeto dei venti allo zero assoluto si riversò con un bagliore accecante sul fulmine di energia che era diventata la lancia di Zeus, e, quando la luce si affievolì, il Dio si accorse sbalordito che la sua arma era adesso perduta, irrimediabilmente imprigionata in una spessa coltre di ghiaccio.

"No… non è possibile… ha congelato il mio attacco !" realizzò sbalordito "Era tutto calcolato ! Sapevano che nella sua forma normale la mia lancia avrebbe frantumato il ghiaccio, ed hanno capito che era vulnerabile in quella energetica ! Dragone mi ha volutamente provocato perchè la trasformassi, e Cristal ha fatto il resto ! La loro abilità cresce di minuto in minuto… ".

"Sei sorpreso, eh ? e non è finita !!" gridò in quel momento la ben nota voce di Pegasus, e nello stesso momento un potente calcio esplose sul volto del Dio, facendolo barcollare all'indietro.

"Eri talmente assorto dai tuoi pensieri che non ti sei accorto di me ! Non male per dei semplici mortali, eh ?" esclamò il ragazzo in tono di sfida.

Per un attimo senza parole, Zeus si portò la mano al volto e ne guardò le dita. Non sanguinava, ma era sporco della polvere e del fango che si erano accumulati sotto la suola dell'armatura di Pegasus durante tutte quelle ore sull'Olimpo. A tale visione, il suo cosmo avvampò "Come avete osato !!" gridò con rabbia, generando un'ondata di energia che spinse Pegasus indietro di qualche passo. Il signore dell'Olimpo poi concentrò il cosmo nel pugno destro, pronto all'attacco, ma improvvisamente qualcosa lo trattenne. Alle sue spalle, Phoenix lo bloccava saldamente.

"Phoenix !" ringhiò, accorgendosi con frustrazione di essere caduto di nuovo in una trappola dei nemici. "Lasciami andare, te lo ordino, o la mia ira ti travolgerà !" minacciò, mentre già il suo cosmo faceva sfrigolare le mani e le braccia del cavaliere ed incrinava ulteriormente l'armatura divina della Fenice già danneggiata. Con uno sforzo di volontà però, l'eroe riusciva a resistere.

"Si… Sirio !" gridò a denti stretti.

"Cosa… Sirio ?" ripetè Zeus, rendendosi conto di aver perso di vista il Dragone da quando aveva lasciato campo libero a Cristal. Voltando la testa, lo vide in piedi a pochi metri da lui, col braccio destro disteso e circondato di energia cosmica.

"Sono pronto ! Excalibur !" urlò, lanciandosi in avanti e sollevando il braccio, per poi calarlo come un fendente verso la fronte del nemico, ancora saldamente bloccato da Phoenix.

"E' fatta, non può più evitarlo !" esultò Pegasus nel vedere il colpo dell'amico vicino all'andare a segno.

Proprio in quel fatale attimo però, Zeus si mosse, lesto come il fulmine di cui era padrone, ed afferrò il polso di Sirio con la mano, non risentendo minimamente del taglio di Excalibur.

"Ma… com'è possibile ?" balbettò Dragone, incredulo "Persino l'armatura di Efesto ha ceduto al taglio di Excalibur… come puoi bloccarla con il solo palmo della mano !".

"Quel che dissi a Pegasus ripeto a te ora: non sei ancora padrone del nono senso, non abbastanza da sfruttare a pieno le grandi potenzialità dell'arma che in te riposa. Poco importa se ora vi sei vicino, fin quando il tuo controllo non sarà totale, i tuoi attacchi resteranno inefficaci !" dichiarò solennemente il Dio, prima di lanciare indietro il ragazzo come se fosse senza peso.

"E' stato… inutile !" mormorò Phoenix, continuando però a stringere il nemico nonostante il piano coordinato con i compagni fosse fallito e le forze gli venissero meno. A queste parole, il signore del fulmine lo guardò con la coda dell'occhio.

"Il tuo compito era il più rischioso… se Sirio avesse raggiunto il nono senso e non fosse riuscito a controllare Excalibur, anche tu avresti potuto esser ferito. Pur avendo perso la capacità di risorgere dalle tue ceneri non hai esitato a rischiare… devo dartene atto, sei un essere umano valoroso !" affermò, con un tono nobile che colpì i cavalieri.

Più del tono però, furono le parole del Dio a sbalordire gli eroi, che fissarono Phoenix con stupore e sbigottimento. Andromeda in particolare non poteva credere che il fratello avesse subito un danno del genere, senza farne parola con nessuno, neppure quando Pegasus gli aveva proposto di guidare l'attacco a Zeus, essendo quello che correva meno rischi. A sua volta, Phoenix aveva abbassato lo sguardo, cercando di non incontrare quello degli amici.

"Phoenix, è vero questo ?" chiese Pegasus in tono preoccupato, non ottenendo però alcuna risposta dal cavaliere.

"Mpf… a quanto pare non avevi detto nulla ai tuoi amici…" commentò Zeus. "La Fenice ha smesso di volare al sesto tempio divino, quando Ares ne ha estratto lo spirito dall'armatura, privandola dei suoi poteri di resurrezione. Da allora, costui non è altro che un mortale tra i mortali !" raccontò con indifferenza.

"No ! Non può essere !" gridò Cristal, e la sua voce sembrò scuotere Phoenix, che alzò di nuovo lo sguardo.

"Zeus ha detto il vero ! Lo spirito della Fenice è ormai perduto… ma non importa ! Non abbiamo mai permesso al pensiero della morte di trattenerci in battaglia, non fatelo ora che abbiamo un'occasione ! Non frenate i vostri colpi !" li esortò con la voce rotta dallo sforzo, sia fisico, dovuto al trattenere Zeus, che psicologico, per l'aver dovuto ammettere di fronte a loro la sua nuova debolezza.

"Phoenix…" esclamarono quasi all'unisono Pegasus, Cristal e Sirio, incerti, ma Andromeda non disse nulla. Improvvisamente tutto aveva un senso, lo strano comportamento del fratello da quando lo aveva trovato al sesto tempio, il timore che sembrava aver provato nell'attraversare i successivi… ed al pensiero di quanto avesse dovuto portar dentro senza confidarsi con nessuno, riuscì a stento a trattenere una lacrima.

Poi però gli tornò in mente l'undicesimo tempio, il nuovo vigore che gli era comparso negli occhi, ed il modo in cui aveva condotto la battaglia contro Era, ed allora tutto fu chiaro. Ancora una volta, grazie alle sue sole forze, Phoenix era riuscito ad uscire dagli abissi della disperazione, esitare ora sarebbe equivalso a dubitare di lui, e ciò il cavaliere della Fenice non lo meritava.

"Facciamo come dice !" esclamò allora, attirando l'attenzione degli amici "Phoenix ha già fatto la sua scelta, rischiando la vita e combattendo senza mai tirarsi indietro. Non sta a noi opporci, non sarebbe giusto ! Riprendiamo la lotta, amici !" gridò, tendendo la catena con determinazione. Per un attimo ancora, Pegasus e gli altri esitarono, poi la sicurezza del più giovane tra loro li contaggiò, e tutti sollevarono la guardia, pronti ad attaccare di nuovo.

"Andromeda…" mormorò Phoenix, quasi commosso dalla fiducia che in quel momento il fratello stava riponendo in lui.

"Uh uh uh… riprendere la lotta dite ?" rise in quel momento Zeus, riportandoli alla realtà. "Siete stati abili, avete combattuto con maestria e valore, ma questa battaglia è durata anche troppo, è tempo di porre la parola fine !" esclamò poi, bruciando all'inverosimile il suo cosmo divino in una spaventosa ondata di energia.

"Catena, poniti a difesa !!" gridò Andromeda, sollevando la spirale difensiva attorno a se stesso, Cristal, Pegasus e Sirio, e profondamente angosciato di non poter raggiungere il fratello, ancora aggrappato a Zeus. Tutto fu però inutile, per primo venne spazzato via proprio Phoenix, incapace di mantenere la stretta sul nemico, poi il vortice difensivo andò in pezzi, sovrastato da una forza troppo superiore, ed anche gli altri cavalieri vennero raggiunti e travolti, sollevati dal vento insieme alle macerie e detriti del tempio divino.

Fu solo dopo quasi un minuto che Zeus chetò finalmente il suo cosmo, osservando impassibile mentre, uno dopo l'altro, i nemici ricadevano al suolo, immobili, e la polvere si diradava.

"E' finita dunque…" mormorò quasi deluso, guardando i corpi di Phoenix, Cristal, Andromeda, Sirio e…

"Pegasus ! Dov'è Pegasus ?!" chiese con un misto di rabbia e stupore, cercandolo tra le macerie ma non riuscendo a scorgerlo.

"Uh uh" udì improvvisamente, e la sorpresa lo colpì come neanche una lancia avrebbe potuto. Ora che la polvere era scomparsa, parecchi metri di fronte a lui, leggermente piegato e con i palmi aperti, il paladino di Atena era ancora in piedi.

"E'… tutto… qui… ?" balbettò con un sorrisetto ironico il ragazzo, barcollando in avanti di un passo. Sangue grondava dal viso, dal naso e dalla bocca, l'armatura fumava per l'energia che aveva subito, le mani erano visibilmente ustionate nonostante le protezioni, gli occhi erano socchiusi e profondi solchi sul pavimento indicavano quanto duramente fosse stato spinto indietro, ma era ancora vivo e, cosa più incredibile, pronto alla lotta.

"Ha resistito al mio cosmo nelle sue condizioni… com'è possibile ? avrebbe dovuto essere spazzato via… a meno che… per un attimo… non abbia dominato il nono senso !" riflettè Zeus, mentre un rivolo di sudore gli scorreva in viso. Istintivamente, fece un passo verso il nemico, quando si accorse di non potersi muovere. Stretta alla sua caviglia c'era infatti la mano di Dragone, prono al suolo e circondato da un lago di sangue, ma chiaramente ancora cosciente. "Pegasus… non è solo !" mormorò a fatica.

"Non lo è !" aggiunse una terza voce, ed il Dio vide Andromeda tentare invano di rimettersi in piedi. Poco distanti, anche Cristal e Phoenix si muovevano tra le macerie.

"Tutti loro… tutti loro…" balbettò il Dio, stupendosi nell'accorgersi di star tremando, di fronte a quella viva manifestazione di ardore e volontà pura. Improvvisamente, un bagliore lo spinse a concentrarsi di nuovo su Pegasus, che stava espandendo il suo cosmo, brillante oltre ogni dire nonostante le difficili condizioni in cui si trovava.

"Cometa… Lucente !" esclamò il ragazzo con un alito di voce, lanciando il suo colpo più potente alla velocità della luce.

"Riesce ancora ad attaccare ?!" pensò Zeus spalancando gli occhi sconvolto, e riuscendo a spostarsi solo all'ultimo istante, venendo colpito di striscio al viso dalla cometa, che gli fece saltar via il diadema, prima di continuare il suo volo e frantumare parte del soffitto. Subito dopo, Pegasus crollò in ginocchio, ansante per lo sforzo, ma ciò non fece svanire l'espressione sorpresa del signore dell'Olimpo.

"E' vicino… è sempre più vicino al nono senso, non fosse stato per la stanchezza sarebbe riuscito a ferirmi… ed a vincere la battaglia ! E' come pensavo dunque… ma se sbagliassi… se sbagliassi… ?!" pensò, in preda ad un dilemma interiore che ben traspariva sul suo volto. Dopo qualche attimo però, Zeus riacquistò compostezza e bruciò nuovamente il proprio cosmo, creando un tornado di energia con cui sollevò se stesso ed i cavalieri.

"Anche troppo danno è stato arrecato alle mie stanze ! Sarà fuori, sul grande piazzale, dove potrò abbattere su di voi l'ira del cielo, che questa battaglia si concluderà !" disse solennemente, sfondando del tutto il soffitto ed uscendo all'aria aperta, per poi lasciar cadere gli eroi sullo spiazzo dove, non molto tempo prima, si erano persi a causa della nebbia. Lui stesso però rimase a mezz'aria, sospeso grazie alle grandi ali della sua armatura divina, intento a concentrare il proprio cosmo, ed a guardare con un misto di ammirazione e pietà i nemici che si sforzavano di rialzarsi. Alle sue spalle, si accumulavano nembi cupi e minacciosi, gonfi di tempesta.

"Cavalieri, a voi ora rivolgerò il mio colpo più potente, che metta fine a questo scontro o ponga le basi per un nuovo miracolo ! Tempesta di Fulmini !!" esclamò soltanto, sollevando gli indici verso le nuvole, riempiendoli di energia cosmica e poi calandoli verso il suolo, come ad indicare i cinque sfortunati eroi. Phoenix per primo si avvise del pericolo e, spiegate le ali della sua armatura divina, con un balzo improvviso cercò di fermare il nemico.

Tale valoroso tentativo però fu vano. Convocata e potenziata dal cosmo divino di Zeus, una pioggia di fulmini si abbattè su di lui e gli altri cavalieri, torturandone le carni e facendoli urlare in agonia prima di esaurirsi. Poco dopo, Zeus scese di nuovo a terra, atterrando tra i nemici, esanimi al suolo.

"Povere anime sventurate… era dunque scritto che finisse così ! Non può un uomo contrastare gli Dei celesti… " commentò con tristezza e pietà, osservando i cinque cavalieri immobili. Poteva percepire che il soffio della vita non li aveva ancora abbandonati, ma ormai i loro cosmi erano quasi inesistenti, e presto si sarebbero spenti. Dopo aver dilungato lo sguardo su di loro per ancora qualche secondo, si voltò per tornare nel proprio tempio, ignaro che le sue parole non erano cadute inascoltate. Pur stremati ed al limite, i cavalieri non erano ancora caduti nell'abisso.

"Zeus…ci crede soli… ma sbaglia ! Atena… lei non ci ha abbandonati… no ! Posso ancora sentire il suo cosmo… rifulgente nonostante le tenebre lo circondino… ed è come… se stesse intonando un canto di speranza, per noi e per l'umanità intera !" disse Pegasus con le lacrime agli occhi, parlando non con la voce ma con il cosmo, e raggiungendo i cuori dei suoi amici.

"Lei… che ha sofferto e soffrirà ancora per il bene degli uomini… non possiamo abbandonarla !" affermò Dragone.

"Se ci arrendiamo ora… tutte le battaglie che abbiamo combattuto… tutti i nemici che abbiamo ucciso… sarà stato tutto vano ! Non possiamo permetterlo !" esclamò Andromeda.

"Dobbiamo scacciare queste fosche tenebre… solo così la luce della giustizia, celeste conforto, scenderà sul mondo !" aggiunse Cristal.

"Siamo giunti fin qui… come potremmo sostenere lo sguardo degli altri cavalieri in Ade se ci arrendessimo ora ?!" ringhiò Phoenix.

"Non siamo finiti… ci resta ancora la cosa più preziosa… la vita ! Dobbiamo attingervi, innalzare i nostri cosmi ancora, come mai prima d'ora, fino ai limiti massimi… fino al nono senso… fino a compiere un miracolo !!!" disse Pegasus rialzandosi, circondato da una luce ormai abbagliante, la stessa che avvolgeva gli altri quattro cavalieri. Nel percepirli, Zeus si voltò, e rimase sconcertato dalla lucentezza dei loro cosmi.

"E' questa dunque… la luce che ha sconfitto Hades ?!" pensò. La determinazione dei giovani nemici lo lasciava senza parole, e, cosa ancora più sconvolgente, dietro di loro sembrava volare Nike, Dea della Vittoria.

"E' così dunque…anche Nike è con loro ! Ma non basterà!" affermò, bruciando a sua volta il proprio cosmo.

"Ci resta la forza solo per un ultimo attacco… non dobbiamo sprecarlo !" disse intanto Sirio, e Pegasus annuì, per poi fissare proprio lui e Cristal.

"Amici miei, state pronti: mi lancerete contro Zeus con il Drago Nascente e l'Aurora del Nord ! Come abbiamo abbattuto la Colonna Portante degli abissi, così sconfiggeremo il re del fulmine !" disse con decisione.

"Vuoi dunque lanciarti contro di lui facendo esplodere il tuo cosmo al massimo ?" chiese Phoenix sorpreso, e Pegasus annuì. Cristal però scosse il capo cupamente.

"Non funzionerà, a Zeus basterebbe un salto per evitarti… getteresti via la vita inutilmente !" iniziò, ma poi si fermò di colpo ed incrociò lo sguardo di Andromeda. "A meno che…".

Per un attimo Andromeda rimase interdetto, poi accennò un sorriso e chinò il capo in cenno di assenso. Cristal si volse allora a Phoenix "Aiuterai tu Dragone a lanciare Pegasus, io ed Andromeda faremo in modo che Zeus non si sposti !" dichiarò.

A queste parole, Sirio fissò l'amico negli occhi. "Ho capito cosa avete in mente… ma il rischio è grande. Siete certi di quel che fate ?" intervenne preoccupato, ma il Cigno scosse il capo deciso e rispose con convinzione "Ne siamo certi, se si può esser certi di qualcosa affrontando un Divinità ! Non abbiate timori !".

"Si può sapere cosa avete in mente ? Non vorrete… " chiese Pegasus, confuso dai discorsi degli amici, ma Sirio lo ignorò e, rivolgendosi ai due compagni, disse "Avrete comunque bisogno di copertura per poter agire. Io e Phoenix distrarremo Zeus, abbastanza da permettervi di fare la vostra mossa, poi lanceremo Pegasus… e che Atena ci sia propizia !".

Cristal e Andromeda annuirono e si voltarono verso Zeus, facendo un passo nella sua direzione e bruciando i propri cosmi. Un attimo dopo, Phoenix fece altrettanto. "Sta pronto amico mio e richiama tutte le forze che ti sono rimaste ! Purtroppo non avremo una seconda possibilità !" disse Dragone a Pegasus, appoggiandogli una mano sulla spalla prima di avanzare a sua volta ed unirsi ai compagni.

"Venite pure avanti tutti insieme, non vi temo ! Cadrete, per mano degli stessi fulmini che hanno abbattuto Crono !" minacciò Zeus, espandendo ulteriormente il proprio cosmo divino.

"Pronto ?" chiese Sirio a Phoenix.

"Pronto !" rispose con sicurezza il compagno.

Lo sguardo di Dragone si spostò su Andromeda e Cristal, e infine su Pegasus.

Tutti loro annuirono.

"Preparati, Zeus ! Ora vedrai l'ultimo miracolo dei cavalieri di Atena ! Brucia, cosmo del Dragone, fino ai limiti massimi !!" gridò, bruciando tutto quel che gli restava con un bagliore accecante.

"Brucia, Fenice immortale, e dammi ancora la forza !!" si unì Phoenix, rifulgente come una stella.

"Veniamo da te, Zeus !!!" urlarono insieme, lanciandosi all'attacco contemporaneamente.

"Ali della Fenice !"

"Excalibur !"

Il fendente dorato e le ali fiammeggianti investirono in pieno il re degli Dei, che tuttavia non barcollò. "Folli ! Tutto ciò non basterà !" ringhiò di rimando, preparandosi a reagire.

In quel momento, le luci dell'aurora apparvero nel cielò, ed il marmo del piazzale divenne ghiaccio. Veloce come la luce, Cristal scivolò su di esso, portandosi ai piedi del Dio ed afferrandogli le caviglie con forza.

"Polvere di Diamaaantiii !!!" gridò, riversando su di esse la forza dello zero assoluto potenziato dal cosmo divino. Zeus grugnì di dolore e barcollò, ma non riuscì a frantumare il ghiaccio.

Furioso, sollevò il pugno per colpire la schiena scoperta del Cigno. "Sarai tu il primo !" minacciò, ma in quel momento la voce di Andromeda risuonò decisa.

"Catena di Andromeda ! Onde del Tuono !!" urlò l'eroe lanciando entrambe le sue armi. La catena di difesa bloccò il polso del Dio, e nello stesso momento quella di attacco calò diagonalmente sul pettorale della sua corazza, facendolo ringhiare di rabbia.

Nel giro di pochi attimi però il Nume riprese il controllo. "Ben fatto, cavalieri, davvero ben fatto ! Ma non è ancora finita !" ruggì, appoggiando il palmo della mano libera sulla schiena di Cristal e bruciando il suo cosmo. Un fulmine di energia si riversò sul guerriero delle steppe, ed un altro percorse tutta la catena, raggiungendo Andromeda. Accecati dal dolore, i due urlarono in agonia, ma non cedettero.

"Che cosa sperate di ottenere ? ancora qualche attimo e le vostre carni saranno ridotte a cenere di cenere !" li avvisò Zeus continuando a colpire, mentre chiazze di sangue sempre più grandi si allargavano sul pavimento ghiacciato.

"Zeus !" lo chiamò improvvisamente una voce, ed il Dio vide il bagliore di una nuova stella risplendere di fronte a lui. Circondato dal suo cosmo ed affiancato da Sirio e Phoenix, Pegasus era pronto alla battaglia.

"Che vuoi fare ?" domandò confuso il signore dell'Olimpo.

"Sconfiggerti, che altro !" ribattè con spavalderia l'eroe, prima di rivolgersi ai due amici: "Sirio il Dragone, Phoenix, siete pronti ?"

"Pronto, Pegasus !" rispose Phoenix, riversando nel proprio cosmo le ultime forze che aveva.

"Siamo con te !" aggiunse Sirio, facendo altrettanto. "In nome di Atena, Dea della Giustizia ! Colpo Segreto del Drago Nascente !!"

"Aiuteremo Pegasus, cavaliere ! Ali della Fenice !!"

"Atenaaaa!!!!!!" gridò con tutto se stesso Pegasus, facendo esplodere il proprio cosmo ed abbandonandosi all'immane potenza dei colpi dei due amici.

"Ma che cosa…" balbettò Zeus, vedendolo arrivare e cercando di liberarsi, solo per scoprire che le gambe erano ancora saldamente intrappolate nel ghiaccio. Sanguinante, Cristal lo guardò negli occhi sorridendo astutamente, e Zeus comprese di non avere scampo.

Un attimo dopo, con un'esplosione terribile, Pegasus lo investì in pieno petto. Il ghiaccio andò in frantumi, la catena di Andromeda abbandonò la presa ed il Dio venne sbalzato contro le colonne del suo tempio, frantumandole e venendo sepolto nel crollo.

Ansimanti, Sirio, Phoenix e Andromeda crollarono in ginocchio, respirando faticosamente e con la vista annebbiata per lo sforzo. Sanguinavano copiosamente, erano coperti da ustioni e ferite e completamente privi di forze, ma tutto ciò cui potevano pensare era la salvezza di Pegasus e Cristal e la sconfitta di Zeus.

Non appena ne ebbero la forza, si trascinarono verso il punto dell'impatto, ancora avvolto da una fitta nuvola di polvere. Al suolo, scorsero i due compagni, immobili.

"Pegasus ! Cristal !" li chiamò Sirio, con il poco fiato che ancora gli restava, ma per lunghissimi secondi non giunse alcuna risposta, solo un angosciante silenzio.

Poi però si udì la risatina sommessa di Pegasus, ed il Cigno si sollevò faticosamente su un fianco. "Stiamo… bene !" disse, con un sorriso tirato che fece gioire i tre amici.

"Non appena… il ghiaccio è andato in pezzi… sono riuscito… a rotolare via !" spiegò non appena i compagni si furono avvicinati.

In condizioni peggiori sembrava Pegasus, ancora immobile al suolo ed ancora più pieno di ferite di prima. Phoenix notò che i bracciali della sua armatura divina erano del tutto in frantumi, segno che li aveva incrociati dinanzi a se per proteggere il capo.

"Sembra… che la mia testa dura… sia di nuovo servita… eh eh" ridacchiò il ragazzo da terra, e così facendo strappò una risata liberatoria anche agli amici.

"E Zeus ?" domandò Cristal, mentre Andromeda e Phoenix lo aiutavano faticosamente a rialzarsi, rischiando di cadere a loro volta per la stanchezza.

"Deve essere svenuto… non può aver resistito ad un colpo come quello !" rispose Pegasus, sorretto da Sirio.

I cinque fissarono quel che restava dell'ingresso del tempio, le macerie prodotte dal crollo delle colonne e dell'architrave erano immobili, e nessun cosmo si poteva più percepire.

"Che sia davvero finita…" si chiese Andromeda, incredibilmente sollevato al pensiero che quella terribile guerra fosse finalmente giunta a termine. Pegasus aprì la bocca per rispondere e…

E si bloccò sul posto. Piano piano le macerie avevano iniziato a muoversi, i frammenti più piccoli a rotolare, quelli più grandi a spostarsi, ed alla fine il braccio di Zeus riemerse.

Devastati a quella visione, gli eroi sollevarono di nuovo la guardia, ciascuno segretamente consapevole di non aver più forze, e rimasero immobili mentre il torso signore del fulmine si liberava ed i detriti e la polvere scivolavano via dalle ali e dalla protezione per la schiena.

"Vuoi ancora combattere, eh ?" ringhiò Pegasus, sollevando il pugno in un moto d'orgoglio e cercando di colpire. Improvvisamente, una voce lo fermò.

"Riponi le tue armi, Pegasus. Non c'è più motivo di combattere… la battaglia è vinta !" esordì una figura, emergendo da dietro una delle colonne del corridoio. I cavalieri lo riconobbero sbalorditi: era Julian Kedives, Nettuno.

"E così ti sei liberato del sigillo di Atena ! Perchè sei qui ? vuoi finire quanto iniziato da Eracle al nono tempio ?" chiese Pegasus in tono di sfida, anche se lo sguardo sereno del ragazzo in qualche modo lo rassicurava. Prima che Nettuno potesse rispondere comunque, Zeus uscì del tutto dalle macerie.

"Mio fratello ha detto il vero… avete vinto !" disse soltanto, con un sorriso sincero ed uno sguardo leale. I cavalieri lo osservarono e notarono con gioia che, dall'angolo della bocca, scorreva un sottile rivolo di sangue.

Ciò però non era tutto, altri sottili rivoli scorrevano sul pettorale dell'armatura divina, pieno di crepe al centro, nel punto in cui l'assalto di Pegasus si era abbattuto. Ed altri ancora da una lesione al coprispalla sinistro, dove Sirio aveva colpito con Excalibur, da crepe al fianco destro, dove Phoenix aveva concentrato le Ali della Fenice, e da un'altra lesione poco sotto il collo, dove la catena di attacco di Andromeda era stata calata.

"Quelle ferite… ma allora…" iniziò Sirio sorpreso, e Zeus annuì con un sorriso.

"Si, tutti gli attacchi che avete lanciato subito prima del colpo finale di Pegasus erano forti del nono senso, è solo grazie alla luce del mio cosmo che non avete visto scorrere il sangue." Spiegò, ripensando agli ultimi assalti degli eroi.

"Il nono senso…" balbettò Andromeda.

"Ne siete padroni ormai… tutti quanti !" continuò il Dio, guardando Cristal ed indicando i gambali della sua armatura, ancora coperti da un sottile strato di ghiaccio.

A tali parole, i cavalieri rimasero in silenzio per qualche attimo, stupiti ma anche fieri per quanto erano riusciti a fare. Ferire il re degli Dei non era certo impresa da poco.

"Ma se avevamo vinto, perchè non ci hai fermati ?" chiese Phoenix, con una punta di sospetto.

"Dovevo esser certo che riusciste tutti, e così è stato. Sono fiero di voi ! Voi non potete immaginare cosa significasse questa battaglia." rispose Zeus, guardandoli tutti negli occhi. La sua espressione era aperta ed onesta, priva di tracce di inganno o malizia.

"Che vuoi dire ? e Atena…?" chiese Cristal, sempre più confuso.

"Atena è salva, ho ripristinato la sua natura divina non appena sono uscito dalle macerie. Avrà bisogno di qualche ora per recuperare le forze, ma presto starà bene…" spiegò il Dio, strappando sguardi di gioia ai cavalieri.

"E per quanto riguarda la tua prima domanda, vi spiegherò tutto appena saremo tornati al primo tempio. C'è molto che dovete sapere, sul vero significato di questa guerra e su tanto altro. Andiamo !" concluse, avviandosi verso la scalinata che conduceva al dodicesimo tempio. Le ultime parole erano state pronunciate con cupezza, quasi fossero presagio di nuove sventure, ma cionostante i cavalieri sentivano di potersi fidare del Dio e, barcollando ed appoggiandosi l'un l'altro, mossero i primi passi per seguirlo.

Improvvisamente però, un cosmo immenso apparve sull'Olimpo, e la catena di Andromeda si tese al massimo.

"Questo cosmo…" iniziò Zeus, ma, prima che potesse concludere la frase, numerose colonne di luce si innalzarono attorno al monte sacro, circondandolo da tutti i lati e congiungendosi in cima, come a formare una cupola.

Dal vertice di tale cupola partì una scarica di energia cosmica, che colpì in pieno Zeus, facendolo cadere in ginocchio urlante per il dolore, senza accennare ad abbandonarlo. Contempoaneamente, altre scariche, stavolta provenienti da quelle che sarebbero potute essere definite le pareti della cupola, colpirono le divinità dei templi inferiori, del tutto impreparate di fronte a quell'attacco impreviso. L'ultima scarica si abbattè in cima alle scale che collegavano il tredicesimo tempio al dodicesimo, formando una barriera luminosa di energia.

Ancora a terra, torturato da quella minaccia inattesa, Zeus ne riconobbe il cosmo e digrignò i denti furiosamente, gridando al cielo la propria rabbia.

 

OBEROOOOON!!!!!!!!!

 

 

 

I Cavalieri dello Zodiaco

Zeus Chapter

FINE

 

 

 

Quale nuova minaccia si profila all'orizzonte ?

Qual è il piano del misterioso Oberon ?

Chi potrà aiutare i cavalieri ormai stremati ?

Coming Soon: Guerra ad Avalon !