ZEUS L'INVINCIBILE
L'improvviso attenuarsi del cosmo di Era, prova irrevocabile della sua sconfitta, venne avvertito in tutto il Sacro Olimpo. Gli Dei, che ben conoscevano la tenacia e la forza della loro regina, e soprattutto il suo odio atavico verso i comuni mortali, non riuscivano a capacitarsi che fosse stata piegata in battaglia da quei cinque misteriosi invasori, che nelle ultime ore sembravano compiere un miracolo dopo l'altro. Persino i custodi dei templi inferiori, che pure avevano avuto modo di affrontare i cavalieri di Atena e di apprezzarne le doti ed il valore, avevano i volti segnati da palesi espressioni di stupore, incredulità e, nel caso del bellicoso Ares, profonda rabbia. Da quando aveva ripreso i sensi, il Dio della Guerra aveva più volte pensato di inseguire i cavalieri per poter concludere quanto iniziato, ma gli ordini provenienti dal tredicesimo tempio erano chiari: nessun Dio poteva portar battaglia al di fuori dell'edificio a lui consacrato, pena la folgore Olimpica, e così il padre del terrore aveva dovuto mettere da parte i suoi propositi di vendetta.
Ma tra tutte le divinità, ve ne era una particolarmente provata per la sconfitta dell'ultima guardiana, ed era proprio il sommo Zeus, signore del monte sacro ed ormai ultimo nemico sul cammino dei protetti di Atena. Scuro in volto, con le labbra serrate e lo sguardo basso, l'anziano Dio era appoggiato ad una delle colonne del suo tempio. A scuoterlo però non era stata la sconfitta di Era in se, ma la rivelazione che la regina aveva fatto ai cavalieri prima di perdere i sensi, rivelazione che egli stesso aveva potuto percepire grazie al proprio cosmo, teso come mai negli ultimi secoli, pronto a captare qualsiasi sussurro.
"Erano dunque l'amore e la corrodente gelosia la causa del tuo eterno astio nei miei confronti, Era ?" sussurrò sospirando profondamente e reprimendo l'amarezza ed il senso di colpa. "Perdonami se non ho mai saputo porti per prima nel mio cuore, se così tante volte ti ho anteposto il bene dell'umanità. Non avrei voluto, ma ho dovuto, perchè era mio dovere !" si disse, stringendo il pugno con frustrazione per svariati secondi.
Poi però il suo sguardo tornò fiero ed il Dio fissò con decisione la scalinata che conduceva al dodicesimo tempio. In lontananza sentiva i passi dei cavalieri che si avvicinavano, risuonando sul marmo ancora bagnato. "Per quello stesso dovere ora affronterò i cinque cavalieri! Hanno compiuto una grande impresa giungendo fin qui, ma la loro battaglia è tutt'altro che conclusa !" affermò solennemente, dopo un ultimo respiro persino più profondo dei precedenti, e contemporaneamente iniziò a concentrare il suo cosmo lucente sulle nubi che ancora si stagliavano numerose in cima all'Olimpo.
Intanto, Pegasus guidava la corsa verso il tanto bramato obiettivo, consapevole che mancava pochissimo per poter salvare lady Isabel e l'intera umanità, ma anche che Zeus non sarebbe stato avversario facile. Alle sue spalle correvano Dragone e Cristal, ed un pò più indietro Phoenix e Andromeda chiudevano il gruppo. Pur essendo stati indeboliti dal violento combattimento con Era, che gli era costato la maggior parte delle poche energie rimaste, i due avanzavano al ritmo dei tre amici, ben decisi a non essere di peso a pochi passi dalla meta. Andromeda in particolare era ancora un pò dolorante al braccio sinistro, slogatosi nel corso della battaglia al dodicesimo tempio, ma Sirio, che nel gruppo era quello più esperto di medicina grazie agli insegnamenti del maestro, era riuscito a spingerlo di nuovo dentro l'articolazione provocando uno schiocco rumoroso. Per alcuni attimi il dolore era stato accecante ed il braccio era parso andare a fuoco, ma poi si era attenuato, ed Andromeda aveva scoperto con sollievo di poter di nuovo utilizzare l'arto abbastanza da maneggiare la catena e combattere.
Per vari minuti, i cinque amici continuarono a correre sulle scale. I loro passi risuonavano sul marmo e sulle pozzanghere, mentre le pur sporche armature risplendevano ai raggi del sole rosso del tramonto. Era la prima volta in tante battaglie che riuscivano a raggiungere tutti insieme il loro ultimo avversario, ed il poter contare l'uno sull'altro li sollevava, ma la concentrazione era tale che nessuno aveva niente da dire ai compagni, e così avanzarono in sostanziale silenzio.
Fu solo ad un centinaio di metri circa dalla fine della scalinata che Pegasus si fermò di scatto, richiamando l'attenzione dei compagni. "Il tredicesimo tempio, dimora di Zeus, è lì davanti a noi ! Siamo arrivati finalmente !" esclamò in tono serio, fissando la sagoma dell'edificio.
"Zeus ci starà sicuramente aspettando, d'ora in avanti dobbiamo essere molto prudenti !" annuì Andromeda, certo che il loro arrivo non avrebbe colto impreparato il signore dell'Olimpo.
"Dobbiamo solo riuscire a procurargli una ferita, ed a versarne il sangue sul corpo di milady. Così facendo spezzeremo l'incantesimo che lentamente la sta uccidendo e porremo fine ai piani di Zeus !" disse Cristal, ricordando il patto fatto con il Dio molte ore prima, ai piedi del primo tempio Olimpico. I cavalieri erano ben consapevoli che questo per loro era un enorme vantaggio, sconfiggere Zeus era un'impresa quasi impossibile, ma riuscire a ferirlo un'unica volta sembrava un obiettivo alla loro portata, specialmente dopo tutte le battaglie combattute ai templi inferiori.
"Si, non abbiamo bisogno di andare allo sbaraglio…stavolta ci serve una strategia !" affermò Pegasus pensieroso, per poi riprendere "Sirio, l'Excalibur che è nel tuo braccio è probabilmente l'arma più adatta a questo scopo. I nostri colpi tradizionali… persino il mio Fulmine… si sono spesso mostrati inefficaci contro gli altri Dei, mentre Excalibur è riuscita a sfondare al primo tentativo persino una difesa solida come l'armatura di Eracle !" disse poi, ripensando al combattimento del nono tempio contro il Dio della forza. Intuendo il suo ragionamento, Dragone annuì: Excalibur non era bastata a sconfiggere il nemico, ma l'aveva ferito, e questo era tutto ciò di cui avevano bisogno contro Zeus.
"Secondo quel che ha detto Efesto, Excalibur è un'arma divina che lui stesso ha forgiato e poi dato in dono ad Atena. Accompagnata dal potere del nono senso, può perforare anche le difese divine !" spiegò Sirio guardandosi il braccio destro.
"Molto bene, faremo così allora ! Noi quattro terremo impegnato Zeus, attaccandolo a ripetizione e distraendolo il più possibile, mentre tu approfitterai del primo momento opportuno per colpirlo con Excalibur !" decise l'eroe, incontrando gli sguardi favorevoli dei compagni. "Phoenix, se Sirio dovesse fallire tenterai tu con il Fantasma Diabolico ! Probabilmente su di lui le illusioni non avranno effetto, ma il potere del Fantasma è abbastanza concentrato da far sanguinare la fronte di chi lo riceve… senza contare che i poteri rigenerativi della tua armatura ti proteggeranno in caso di bisogno" concluse poi il ragazzo, stavolta voltandosi verso il cavaliere della Fenice.
Alle sue ultime parole, Phoenix ebbe un leggero sussulto e parve impallidire per una frazione di secondo, ma poi annuì "Si, non temete. Se anche dovesse essere distrutta, la Fenice continuerà a risorgere dalle sue ceneri, ogni volta più forte di prima !" esclamò con sicurezza. Tra i cavalieri, solo Andromeda notò una punta di esitazione dietro la baldanza del fratello, e per un attimo si sentì profondamente turbato, ma poi decise di non farci caso. Dopo tutto, pensò, Phoenix aveva ben dimostrato contro Era di non temere nemmeno il potere degli Dei.
Ignaro dei dubbi dell'amico, Pegasus annuì e si voltò di nuovo verso la cima della scalinata ed il tempio di Zeus, più sicuro e determinato che mai. Inspirò profondamente un'ultima volta, poi scattò in avanti esclamando "coraggio, andiamo cavalieri !". Alle sue spalle, Sirio, Cristal, Andromeda e Phoenix lo seguirono di slancio.
Ad insaputa dei cavalieri però, il loro prudente schema non era sfuggito al re degli Dei, che ne aveva colto ogni parola. "Hanno saputo comprendere la forza del nemico ed organizzare un buon piano di attacco…in loro si unisce forza a intelligenza ! Ma impareranno a loro spese che cogliere di sorpresa il signore dell'Olimpo non è un'impresa tanto facile." commentò in tono soddisfatto, ed attimi dopo iniziò a concentrare una minuscola frazione del suo cosmo nelle nubi che ancora circondavano la cima del monte sacro.
"Che il tredicesimo tempio scompaia alla loro vista, che sull'Olimpo calino le nebbie !" ordinò, e quasi immediatamente una sottile foschia circondò non solo l'edificio e la cima della scalinata, ma anche l'ingresso e le sale laterali del tempio, lasciando sgombra soltanto l'enorme sala del trono. Oramai davanti alla soglia della reggia, i cavalieri fecero appena in tempo ad accorgersi di quell'improvvisa foschia, che essa divenne una fitta nebbia, talmente spessa da impedir loro di vedere ad un palmo dal naso. Nel giro di pochi secondi, gli eroi vennero avvolti dal vuoto.
"E' impossibile ! Una nebbia tanto fitta non può apparire così dal nulla, dev'essere opera di Zeus…" commentò Phoenix, allibito da quel subitaneo cambiamento climatico, ma prima ancora che potesse concludere la frase si accorse di star parlando da solo. Attorno a lui infatti non c'era traccia degli altri cavalieri, neppure di Andromeda, che fino a qualche attimo prima gli era quasi accanto.
"Ma che cosa…" iniziò, sempre più confuso. Era certo di essersi fermato di colpo non appena aveva visto la nebbia, e gli altri erano a meno di un metro da lui, ma adesso era completamente solo, e non riusciva neppure ad avvertirne le presenze. Frustrato, iniziò a camminare verso la direzione in cui fino a poco prima si trovava il fratello nella speranza di scorgere lui e gli altri, o almeno alla ricerca di un qualsiasi punto di riferimento che lo aiutasse ad orientarsi, ma non vi era assolutamente niente.
"Andromedaaa !! Pegasuus !! Riuscite a sentirmi ?" gridò il ragazzo con quanto più fiato aveva, tendendo poi l'orecchio in attesa di risposte. Non ne giunse nessuna, nè al primo tentativo nè ai successivi, ed anzi Phoenix ebbe la sensazione che le sue urla si perdessero nel vuoto, come smorzate dalla nebbia e ridotte a semplici sussurri. Camminò per svariati minuti, cambiando spesso direzione, voltandosi e cercando di tornare indietro, o anche solo di ritrovare i gradini della scalinata, ma non giunse a nulla, se non alla quasi esasperazione. Pensò persino di bruciare il suo cosmo e sferrare qualche fascio di energia nella speranza di diradare un pò la nebbia, ma dovette fermarsi per timore di ferire qualche compagno che non riusciva a vedere.
"E' assurdo ! Non possono essere spariti tutti, eppure non riesco a venirne fuori ! L'ultima volta che ho provato una sensazione simile è stato…" pensò, bloccandosi di colpo e spalancando gli occhi "…alla sesta casa, quando corsi in cerchio sul palmo del Buddha ! Certo, che stupido ! Allora era stato il cosmo di Virgo a farmi perdere l'orientamento, sicuramente Zeus starà usando questa nebbia per trasmettere il suo e tenerci separati !"
"E' inutile continuare a cercare gli altri, non riuscirei a trovarli nemmeno in settimane ! Devo raggiungere l'ingresso del tempio e portare il combattimento direttamente da Zeus, forse così allenterà il suo cosmo e la nebbia si solleverà !" decise alla fine l'eroe, finalmente consapevole della situazione.
Senza ulteriori perdite di tempo, il ragazzo chiuse gli occhi ed iniziò a concentrarsi al massimo nel tentativo di individuare la presenza di Zeus. Le nebbie gli attutivano i sensi e rendevano difficile percepire i cosmi, ma il cavaliere della Fenice aveva già avuto modo di distinguere quello del re degli Dei molti mesi prima, quando era apparso ai Campi Elisi, e quindi sapeva bene cosa cercare. Inoltre, sperava, per mantenere la nebbia il sovrano doveva star usando anche una minima parte delle sue energie, e quindi non poteva nascondersi del tutto.
Per vari minuti, Phoenix rimase fermo ed immobile, intento a sondare l'ambiente che lo circondava alla ricerca della più piccola scintilla di cosmo, poi finalmente avvertì qualcosa, proveniente da un punto non troppo distante, e si incamminò lentamente in quella direzione, facendo ben attenzione a non perdere la concentrazione. Dopo alcuni passi, inciampò in qualcosa e, aprendo gli occhi, scoprì con sollievo che si trattava di uno dei gradini dell'ingresso del tredicesimo tempio.
Sorridendo rassicurato, il cavaliere continuò in quella direzione, attraversando inconsapevolmente le colonne che affiancavano la soglia ed incamminandosi nel vasto corridoio principale. Pur non potendo vedere le pareti, e non sapendo con certezza di essere all'interno, il ragazzo avvertiva con chiarezza sempre maggiore la presenza di Zeus e quindi avanzava sicuro senza esitare. Improvvisamente però, Phoenix si accorse che c'era anche qualcun altro, un cosmo indistinto che riusciva a percepire a stento, ma che si trovava a pochissimi passi da lui.
"Se è una trappola, saprò affrontarla !" pensò, sollevando la guardia e scattando verso il misterioso nemico con un calcio volante. Nascosto dalla nebbia il suo attacco fu invisibile fino all'ultimo istante, ma proprio in quel momento, con un riflesso fulmineo, la figura misteriosa lo parò con uno scudo, obbligando Phoenix ad un colpo di reni per toccare terra in piedi. Senza tentennamenti, il cavaliere della Fenice si preparò a rinnovare l'attacco, stavolta con un pugno carico di energia cosmica, ma in quell'attimo l'avversario sferrò a sua volta un destro, che il ragazzo ebbe difficoltà a schivare con un rapido movimento laterale. Rotolando su un fianco, Phoenix si preparò subito a riprendere l'iniziativa e colpire il nemico, che gli si era avvicinato abbastanza da uscire dalla nebbia. Improvvisamente però lo vide in volto, e subito si bloccò.
"Sirio !" esclamò sbalordito Phoenix nel riconoscere l'amico, a sua volta chiaramente sorpreso dal rendersi conto che stava combattendo contro un compagno.
"E' con te che lottavo… ma perchè non riuscivo a riconoscere il tuo cosmo ?" chiese confuso.
"Nemmeno io ci riuscivo… dev'essere colpa di questa nebbia, confonde i sensi ed appanna le percezioni. Credo sia opera di Zeus !" commentò Dragone, confermando i sospetti che Phoenix stesso nutriva riguardo quell'innaturale foschia. Il non essere riuscito a riconoscere la presenza di Sirio neppure a pochi passi di distanza però lo preoccupava. "Dovremmo avvisare gli altri, in questo momento potrebbero starsi affrontando a vicenda anche loro !" mormorò, con nella voce una punta d'ansia per lui innaturale. Dopo qualche attimo di riflessione però, Sirio scosse la testa cupamente "Rischieremmo di perderci di nuovo, o di vagare per ore nello spiazzo del tredicesimo tempio… No, dobbiamo portar battaglia direttamente a Zeus, il suo cosmo è flebile ma credo non sia molto lontano. Stavo cercando di raggiungerlo quando ci siamo incontrati."
Pur avendo voluto obiettare, Phoenix fu costretto ad ammettere a se stesso che quella era la strategia migliore e così annuì. Sirio gli spiegò che fino a quel momento aveva camminato nei corridoi seguendo il muro principale, trovato per puro caso appena entrato nel tempio, ed i due si incamminarono in silenzio per quella direzione, assicurandosi di non staccare mai la mano dalla parete per non perdersi di nuovo nella nebbia.
Fu un cammino abbastanza silenzioso, entrambi gli eroi erano preoccupati per i loro amici, stanchi per le varie battaglie sostenute e, soprattutto, pensierosi per l'imminente scontro con Zeus, che, senza l'appoggio di Pegasus, Andromeda e Cristal, rischiava di svolgersi in condizioni del tutto sfavorevoli.
Analizzando la situazione, Phoenix non potè fare a meno di notare quanto fosse ironico il destino che lo aveva affiancato proprio a Dragone, il compagno al cui fianco aveva lottato di meno, quasi mai se non in alcune battaglie di gruppo. Curiosamente, una delle ultime volte che si erano trovati da soli l'uno di fronte all'altro era stato da avversari, quando, obbedendo al perentorio ordine di lady Isabel, aveva cercato di impedire a Sirio di raggiungere il Grande Tempio durante l'invasione degli Spectre. In seguito fortunatamente i due avevano avuto modo di chiarirsi, riconoscendo ciascuno le ragioni dell'altro e la maturità insita in esse, ma erano comunque poco abituati ai rispettivi stili di lotta, cosa che sarebbe potuto essere un problema contro un nemico del calibro del re degli Dei.
Dal canto suo, Sirio era principalmente impegnato ad organizzare una possibile strategia per l'imminente battaglia, visto che il piano sapientemente organizzato poco prima da Pegasus diventava inapplicabile senza il supporto dei compagni. Per molti minuti, il cavaliere restò pensieroso in silenzio, alla ricerca di qualche idea che potesse portare lui e Phoenix alla vittoria, ma purtroppo non ne venne nessuna, ed alla fine l'eroe dovette rilassarsi con un sospiro. Il durissimo duello con Apollo gli aveva comunque dimostrato ancora una volta come, durante un combattimento, il coraggio e lo spirito di sacrificio contassero quanto i colpi segreti e la forza del cosmo, mentre lo scontro con il ferino Minotauro aveva messo in evidenza il valore di una volontà determinata e pronta a tutto.
"Affrontiamo un nemico superiore… ma in fondo è mai successo l'opposto ?" si disse il ragazzo accennando un sorriso e rasserenandosi. Le sue riflessioni ad ogni modo non durarono a lungo, perchè in quell'istante Dragone si accorse che avevano raggiunto il grande portone alla fine del corridoio, davanti al quale la nebbia si diradava.
"Siamo arrivati dunque…" commentò Phoenix, scambiando un'occhiata nervosa con l'amico, che annuì. "Il cosmo di Zeus proviene da oltre questa soglia… ci sta aspettando." rispose Sirio, senza badare a tenere particolarmente basso il tono di voce. Per qualche attimo lui e l'amico osservarono lo splendido portone, ricoperto da fregi e decorazioni in oro dall'aspetto di saette, che si stagliavano sul marmo dipinto blu notte, poi vi appoggiarono le mani e, spingendo con forza, lo aprirono.
Davanti a loro si trovava un enorme salone centrale rettangolare, molto più grande di quello degli altri templi. Le pareti laterali, equidistanti di alcune decine di metri dalla porta da cui erano entrati i cavalieri, erano ornate da incisioni e bassorilievi in stile classico, raffiguranti numerose scene mitologiche, dalla Teogonia alla Titanomachia, dalla battaglia con Tifone alle guerre sacre. I corpi degli Dei erano resi in platino o avorio, mentre le loro corazze in oro ed argento, e risplendevano ai bagliori delle numerose torce, ancorate al muro grazie agli appositi fermi. Non erano però le torce ad illuminare il salone, che sembrava risplendere di luce propria pur non avendo finestre che permettessero al sole di entrare. Su tutte e tre le pareti, alternate alle decorazioni, c'erano ampie porte, rettangolari o ad arco, che verosimilmente portavano alle sale laterali del tempio ed alle camere private di Zeus. Il soffitto infine era sorretto da poche sottili colonne di marmo, a loro volta collegate da architravi.
Nel complesso dunque la sala aveva un aspetto maestoso, ma Phoenix e Sirio non erano affatto dello stato d'animo per ammirarla nella giusta maniera. La loro attenzione infatti era tutta rivolta verso l'unico esempio di mobilio presente nel salone: al centro, su un piedistallo di marmo rialzato dal pavimento da pochi gradini, si trovava il trono d'oro e velluto rosso del re degli Dei e, su di esso, sedeva impassibile Zeus.
Immediatamente, i cavalieri sollevarono le difese, pronti all'ultima battaglia, e contemporaneamente osservarono il Dio. Il suo aspetto non era affatto cambiato rispetto a quando lo avevano incontrato ore prima, se non nel colore degli occhi, sempre azzurri ma non più freddi e vitrei, quanto vivi e colmi di energia. Anche stavolta non indossava alcuna armatura, solo la tunica bianca ed i calzari di cuoio con i quali aveva dato loro il benvenuto sull'Olimpo.
Per alcuni secondi non accadde nulla, i cavalieri rimasero immobili con le difese sollevate, pronti alla lotta, mentre Zeus era seduto ad osservarli dall'alto del suo scranno. Poi il re dell'Olimpo parlò, in tono rilassato "Phoenix e Sirio il Dragone ! Voi siete i primi a giungere a me, dopo aver superato i dodici templi Olimpici e le divinità custodi… complimenti ! Avete compiuto un'impresa cui mai nessuno era riuscito in passato… un impresa degna del mito, e di cui esser fieri !"
Non sapendo dove il Dio volesse arrivare con questi improvvisi complimenti, i due eroi non risposero nulla, limitandosi a mantenere la guardia alzata in caso di un attacco improvviso. Zeus così riprese "Tale dimostrazione di coraggio, valore e virtù merita di esser premiata. Fate attenzione alle mie parole, cavalieri: abbandonate ora la battaglia ripudiando Atena, e vi concederò di entrare a far parte della mia guardia scelta ! Le vostre anime diverranno immortali e godrete per sempre dei privilegi offerti a coloro che risiedono sull'Olimpo. Dolore, sofferenza o morte diverranno un lontano ricordo e…"
Prima ancora che il Dio potesse finire però, Phoenix l'interruppe in tono rabbioso e deciso "Misero tentativo per evitare la battaglia il tuo, re dell'Olimpo ! Non abbiamo affrontanto tanti pericoli per impressionarti, ma per salvare Atena, la nostra Dea ! Indossa l'armatura ed affrontaci in battaglia, oppure arrenditi se preferisci, ma non credere di poterci tentare con offerte lusinghiere!"
Accanto a lui, Dragone annuì, fissando Zeus negli occhi "Noi siamo cavalieri di Atena, e solo ad Atena abbiamo giurato fedeltà ! Per lei siamo scesi persino nelle oscure lande di Ade, non la tradiremo mai per seguirti !"
A queste parole, Zeus si accigliò visibilmente, e l'aura del suo cosmo divino iniziò a circondarlo lievemente. "Vi avevo offerto una speranza di salvezza e l'avete rifiutata con insolenza ! E' sia dunque, mi sbarazzerò di voi personalmente !" affermò con fastidio, non accennando tuttavia ad alzarsi dal trono.
"Pensi di poter vincere senza nemmeno bisogno di alzarti ?" gridò Phoenix stizzito scattando in avanti, circondato da ardente energia cosmica. Con un balzo, il cavaliere si avventò sul re dell'Olimpo, pronto a colpirlo al volto col pugno, ma improvvisamente il Dio tagliò l'aria con un manrovescio, centrandolo al lato del viso e scaraventandolo a terra.
"Non si è nemmeno scomposto !" pensò Dragone vedendo l'amico ruzzolare a terra e scattando a sua volta verso il Dio. Per alcuni attimi, Zeus pensò che anche Sirio volesse attaccarlo frontalmente, ma poi il ragazzo spiccò un salto in aria e si lanciò verso di lui con un calcio in picchiata. Ancora una volta però il signore del fulmine non battè ciglio, si limitò a sollevare la mano destra, bloccando il piede di Dragone con il palmo ed annullandone senza sforzo l'attacco. Con un movimento fluido ed al contempo fulmineo, Zeus spinse poi verso l'alto, sbalzando Sirio indietro di molti metri e facendolo ricadere al suolo.
"E' incredibile che con una forza così ridicola abbiate sconfitto gli altri Dei…vi finirò subito, mi sarebbe disonorevole protrarre una battaglia tanto impari !" commentò cupamente. I due cavalieri ebbero appena il tempo di rimettersi in piedi che Zeus abbandonò finalmente il trono, scattando verso di loro ad una velocità spaventosa. Prima ancora che Sirio potesse sollevare il suo scudo, il Dio gli fu a ridosso e gli appoggiò la mano sull'addome, emanando un'ondata devastante di energia, che scaraventò l'eroe urlante contro una parete a svariati metri di distanza. Una frazione di secondo dopo, Zeus si voltò a fissare Phoenix, del tutto impreparato, ed i suoi occhi brillarono di energia cosmica. Nello stesso momento, il cavaliere della Fenice venne lanciato in aria da una scarica tremenda e ricadde pesantemente al suolo qualche passo più indietro, aprendo piccole crepe nel pavimento di marmo mentre flotti di sangue gli scorrevano dalle numerose ferite appena riapertesi.
Senza dargli respiro, Zeus attaccò di nuovo, stavolta indicandolo e facendo scaturire dal dito indice un mortale raggio di luce. Phoenix fu tuttavia più reattivo e si rotolò di lato, facendo poi leva sul braccio per alzarsi e lanciarsi all'attacco. "E' troppo potente, se gli permettiamo di prendere l'iniziativa è finita !" pensò lanciando un fascio di energia infuocata. Con suo grande stupore però, Zeus non perse tempo prezioso a difendersi ma contraccaccò a sua volta con una scarica di energia cosmica, con cui non solo spense letteralmente l'attacco del cavaliere, ma lo colpì in pieno petto, facendogli uscire l'aria dai polmoni e scaraventandolo di nuovo a terra, dolorante e confuso. Con un sorriso appena accennato sul volto, il Dio si mosse per finirlo.
"Colpo segreto del Drago Nascente !" risuonò una voce. Nel vedere l'amico in pericolo, con uno scatto fulmineo Sirio aveva lanciato il suo colpo micidiale, che saettò contro il re dell'Olimpo nelle sembianze di un dragone verde smeraldo. Ancora una volta Zeus non si mosse, quasi non ci fece caso, e nel veder l'assalto andare a segno, Sirio pensò di aver preso l'avversario di sprovvista. La gioia però si trasformò in stupore puro non appena il ragazzo si accorse che l'energia del Drago Nascente non si era dissipata nell'impatto, ma anzi stava tornando contro di lui, respinta dal cosmo immane del re degli Dei. Di riflesso, Dragone sollevò lo scudo per difendersi, ma era troppo sbilanciato in avanti e non potè evitare di subire il suo stesso colpo segreto, venendo sbalzato nuovamente al suolo.
"Oh no ! E' come contro Era, i colpi tornano al mittente ! Dobbiamo trovare dentro di noi la forza del nono senso o siamo perduti !" commentò Phoenix a denti stretti nel vedere l'amico sbattere rovinosamente sul pavimento di marmo. "Non posso sconfiggere Zeus da solo, ma posso tenerlo lontano da Dragone !" pensò lanciandosi ancora una volta all'attacco con un pugno di energia, atto più a distrarre il Dio che a danneggiarlo. Il cavaliere si aspettava che il re del fulmine contraccasse come poco prima, o almeno provasse a difendersi, ma Zeus non fece nessuna delle due cose. Con un gesto improvviso anzi, bloccò il pugno di Phoenix, ignorando del tutto il calore del suo cosmo infuocato e tirandolo a se. Prima che il cavaliere potesse capire le intenzioni del nemico, Zeus gli sfoderò una ginocchiata poderosa nello stomaco, incrinando ulteriormente l'armatura divina già danneggiata e facendogli sputare sangue. Poi, in una mossa di inumana fluidità, fece leva sulla mano che ancora teneva stretta in pugno e ribaltò l'eroe, facendolo sbattete violentemente al suolo con la schiena e frantumando il marmo del pavimento. Infine, tenendolo sempre dalla mano, lo risollevò e lo lanciò contro una delle colonne laterali di sostegno, che andò in pezzi per l'impatto, franandogli sopra con un fracasso poderoso.
"Phoenix !!" gridò Dragone, che si era appena rimesso faticosamente in piedi. "E' incredibile, non siamo riusciti a colpirlo nemmeno una volta, mentre lui sta facendo di noi quello che vuole. Temo persino che si stia trattenendo grandemente, altrimenti non ci combatterebbe sul piano fisico ! Devo cercare di sfruttare questa situazione a nostro vantaggio, forse non si aspetterà un attacco al massimo livello… brucia, mio cosmo divino ! Brucia fino ai limiti del nono senso !" pensò, lasciandosi circondare ancora una volta dalla sua aura e concentrandone l'energia nel pugno. "Colpo del Drago Nascente !!".
Ancora una volta le fauci del drago di Cina saettarono verso il signore dell'Olimpo, stavolta però cariche del potere del nono senso, dono delle battaglie nei templi inferiori. Sirio sperava che Zeus non si sarebbe accorto della pericolosità dell'attacco finchè non fosse stato troppo tardi e che se si sarebbe lasciato colpire per respingerlo come poco prima, ma, purtroppo per lui, il Dio cambiò ancora una volta strategia, e con una mossa a sorpresa si lanciò a sua volta contro il dragone d'energia. Sbalordito, Sirio vide Zeus attraversare il colpo del Drago senza riportare alcun danno ed anzi caricare la propria energia nel palmo destro.
In una frazione di secondo, il Dio si portò davanti al ragazzo e distese il braccio, mirando alla sua spalla sinistra, ma, agendo di riflesso, Dragone spostò tutto il peso del corpo sulla gamba destra e contemporaneamente piegò il ginocchio, riuscendo così ad abbassarsi abbastanza da far si che l'assalto lo sfiorasse soltanto, spegnendosi nell'aria alle sue spalle. Non appena l'affondo di Zeus fu andato a vuoto, Sirio ruotò il torso e tagliò l'aria con il piatto dello scudo mirando al volto del nemico, sbilanciato in avanti a causa del precedente slancio. Zeus tuttavia fu lesto a riprendersi e, con la mano sinistra, afferrò il bordo dello scudo, vanificando sostanzialmente il tentativo di Dragone. Nello stesso momento, con la mano destra nuovamente libera, sferrò un colpo dal basso verso l'alto, afferrando il mento del ragazzo con il palmo e facendo esplodere la propria energia divina in un lampo di luce, che sbalzò l'eroe di molti metri in aria, con rivoli di sangue che scorrevano dagli angoli della bocca e da nuovi tagli sul mento e la mascella.
Una luce cupa parve brillare negli occhi di Zeus, pronto a balzare verso il cavaliere per concludere l'attacco, ma in quel momento un grido rabbioso colse la sua attenzione. Voltandosi, il Dio vide Phoenix spiccare un salto in aria e scagliarsi contro di lui con un calcio carico di energia, mentre il cosmo che lo circondava sembrava sul punto di esplodere. Con un balzo all'indietro, Zeus lasciò che il calcio si schiantasse fragorosamente al suolo, sollevando una gran nuvola di polvere e detriti al cui interno era però ben visibile la sagoma del cavaliere di Atena. Sorridendo, il Dio scattò in avanti caricando il pugno e sferrò un destro, centrando in pieno il pettorale già danneggiato di Phoenix. Anzichè tentare di difendersi però, il ragazzo sembrò accompagnare la spinta ed anzi si diede un colpo di reni, eseguendo una capriola all'indietro ed atterrando su una mano, con la quale si diede lo slancio per un altro salto, stavolta sul posto. Contemporaneamente, Phoenix portò le mani a quel che restava delle code metalliche della sua armatura e lanciò una pioggia di piume contro Zeus, preso di sorpresa da un attacco così inusuale.
Lo stupore del Dio tuttavia non durò che qualche attimo, poi il signore dell'Olimpo fece esplodere il suo cosmo, disintegrando le piume prima che potessero raggiungerlo e strappando un'esclamazione di rabbia a Phoenix, che sperava di riuscire a ferirlo con questa mossa a sorpresa. Il cavaliere della Fenice sapeva che ora avrebbe dovuto difendersi da un nuovo assalto del nemico e sollevò la guardia, sforzandosi di ignorare le fitte di dolore al petto per l'ultimo pugno subito, ma in quel momento vide Zeus voltarsi di scatto e saltare in aria per evitare l'ennesimo assalto di Dragone, di nuovo in piedi nonostante le varie ferite sparse sul corpo ed un'espressione chiaramente sofferente in volto.
"Zeus ci tiene facilmente in scacco anche senza indossare l'armatura… la sua fama è senz'altro meritata !" commentò tra se il cavaliere, ammirato dalla fluidità del gesto del Dio, palesemente agile nonostante l'età avanzata. In quel momento, Sirio gli fu accanto, ansimante dopo un altro colpo andato a vuoto e con il volto preoccupato imperlato di sudore. I due amici si scambiarono un'occhiata veloce prima di prepararsi ad attaccare di nuovo, determinati ad insistere finchè non fossero riusciti nel loro scopo. Zeus, la cui espressione cupa non era mai cambiata nel corso della battaglia, prese però di nuovo l'iniziativa e, dopo essersi lanciato in avanti, saltò in aria, sferrando improvvisamente una pioggia di fasci di energia molto simile a quella del Fulmine di Pegasus.
Immediatamente, Dragone sollevò lo scudo e Phoenix la guardia, entrambi pronti a difendersi, ma, con loro grande stupore, i colpi del Dio non si abbatterono su di loro, quanto sul suolo che li circondava, sollevando grosse nuvole di polvere ed accecandoli.
"Phoenix attento, è un trucco per prenderci di sorpr… cough cough !!" iniziò Sirio, prima che un forte attacco di tosse causato dalla polvere lo obbligasse a zittirsi. Il cavaliere aveva intuito il piano del nemico avendo usato lui stesso una strategia simile in passato, ma tale consapevolezza non gli fu di alcuno aiuto. Zeus infatti sembrò apparire dal nulla ed atterrò agevolmente tra i due ragazzi, facendo esplodere una possente ondata di energia e travolgendoli in direzioni opposte prima che potessero anche solo abbozzare una difesa.
Sirio ruzzolò malamente sul pavimento di marmo, sbattendo prima con la spalla sinistra e poi strisciando per qualche metro, con il mento già ferito che doleva maggiormente per l'attrito. Phoenix sbattè con la schiena e scivolò indietro di diversi metri, grazie allo schienale dell'armatura divina che scivolava sul suolo. Senza esitazioni, Zeus si lanciò verso di lui con un pugno carico di energia cosmica, stavolta diretto al volto dell'eroe.
Nell'aprire gli occhi e vedere la minaccia incombente del nemico, il cavaliere della Fenice impallidì, ma poi fu abbastanza reattivo da rotolare su un fianco, lasciando che il pugno frantumasse senza sforzo il marmo su cui si trovava. "Ora o mai più !!" sussurrò l'eroe accorgendosi che la guardia del Dio era scoperta. Ancora steso a terra, con un colpo di reni, si piegò verso di lui e gridò "Fantasma Diabolico !!", sferrando il suo tremendo colpo mentale, che raggiunse il nemico in piena fronte.
"E' fatta !" esultò il cavaliere sorridendo. Il Fantasma Diabolico avrebbe fatto sanguinare Zeus, consegnando loro la vittoria della battaglia e la chiave per salvare Atena. Finalmente non ci sarebbero state più guerre e spargimenti di sangue, e l'umanità avrebbe potuto dormire sicura, senza il rischio che divinità vendicative si abbattessero su lei. Con gli occhi colmi di soddisfazione, Phoenix fissò la fronte di Zeus, aspettandosi di veder uscire da un istante all'altro il familiare rivolo di sangue.
Con suo immenso stupore, non accadde niente di tutto ciò. Il Dio era del tutto incolume, il Fantasma Diabolico era stato inutile. "Ma com'è possibile…" sussurrò Phoenix, vicino allo scoramento "Eppure aveva funzionato su Ares… persino su Era !".
"Non è nè Ares nè Era che hai di fronte, cavaliere, ma Zeus, dell'Olimpo sovrano. E' stata una grave leggerezza la tua, credere che quella tecnica avrebbe sortito un qualche effetto solo perchè era stato così con altri nemici !" lo rimproverò il Dio, e per un attimo Phoenix si chiese se ciò che intravedeva su quel volto altrimenti inespressivo fosse ironia o delusione. Il pensiero però non lo attraversò che per un attimo, poi la mente tornò alla tremenda realtà: il Fantasma Diabolico, l'arma su cui aveva contato maggiormente per vincere la battaglia, si era rivelata inutile.
Vedendo il nemico ormai incapace di reagire, Zeus sollevò il braccio ed iniziò a bruciare il suo cosmo. "Non ti resta più niente dunque…" mormorò, pronto a calare il colpo di grazia.
In quel momento però, un lampo verde smeraldo illuminò il salone del tempio, obbligando sia il Dio che Phoenix a voltarsi di scatto. Sospeso a mezz'aria grazie a quel che restava delle ali della sua armatura divina, Sirio stava bruciando al massimo il suo cosmo, con i palmi delle mani rivolti in avanti.
"Un cavaliere non sarà mai sconfitto, re degli Dei, non finchè esisteranno saldi ideali a reggerne il braccio !" gridò l'eroe, ormai completamente circondato dal bagliore del suo cosmo, prossimo al nono senso "Ecco il colpo supremo del dragone ! Il mortale Colpo dei Cento Draghi !!".
A tal comando, una pioggia di dragoni emeraldini sembrò esplodere dal corpo del cavaliere, riversandosi su Zeus alla velocità della luce, con le fauci spalancate e le squame che risplendevano di bagliori violacei. Tornando in se appena in tempo, Phoenix balzò indietro a distanza di sicurezza, per poi rimanere immobile ad osservare la tecnica del compagno. Aveva sentito parlare di questo colpo segreto, la cui forza spaventosa equivaleva a quella di cento Draghi Nascente, ma non l'aveva mai visto all'opera, non essendo stato presente nelle rare occasioni in cui Sirio vi aveva fatto ricorso. Ora però poteva ammirarlo, avvertendo l'energia insita in ciascun dragone, e capiva perchè, al pari di Excalibur e del Sacro Acquarius, venisse considerato come uno dei colpi più potenti dei cavalieri d'oro. Sentendo la speranza rinascere dentro di se, si voltò di nuovo in direzione di Zeus, certo di vederlo barcollare di fronte a quell'improvviso attacco.
In un attimo, la sicurezza gli morì in corpo. Con le braccia cariche di energia cosmica tese di fronte se e le gambe salde al suolo, Zeus stava respingendo il potere dei Cento Draghi, senza che sul suo volto trasparisse una particolare sensazione di fatica. Al contrario, il viso di Sirio era teso per lo sforzo, mentre cercava di concentrare nel proprio attacco ogni fibra del suo essere pur di vincere la tenace resistenza nemica.
"Non basterà…" comprese improvvisamente Phoenix, mentre, attimo dopo attimo, il potere di Zeus prevaleva su quello del Dragone, spostando sempre di più verso di lui la zona in cui i cosmi si scontravano a mezz'aria. "Deve fuggire, o il cosmo di Zeus lo colpirà in pieno petto !" mormorò il cavaliere della Fenice, accorgendosi che oramai l'amico stava per soccombere. Ciononostante, Sirio continuava a bruciare il suo universo, in un disperato tentativo di ribaltare la situazione ed abbattere il signore dell'Olimpo. Flotti di sangue grondavano dalle mani, le cui carni erano ormai dilaniate dalle tremende energie nonostante le protezioni dell'armatura, ed anche le molte ferite sul torace e le spalle si erano riaperte, facendo scorrere linfa vitale sul corpo dell'eroe.
"Il tuo coraggio è ammirevole, ma non sempre basta lo spirito di sacrificio a vincere in battaglia ! Addio, cavaliere !" esclamò Zeus, imprimendo, quasi senza sforzo, un'ulteriore spinta al suo cosmo, tale da permettergli di vincere le ultime resistenze di Dragone, vicino all'essere travolto.
In quell'istante, un cosmo ardente come il fuoco avvampò ed esplose. "Ali della Fenice !!" gridò Phoenix, scatenando il suo colpo segreto sul Dio, le cui difese erano abbassate. Preso di sorpresa, Zeus venne travolto in pieno ed avvolto da un mare di fiamme, mentre gli artigli dell'uccello immortale si abbattevano su di lui per ghermirlo.
Quest'improvvisa distrazione obbligò il Dio ad interrompere finalmente l'offensiva, proprio quando Sirio era sul punto di cedere. Spossato, il Dragone precipitò malamente al suolo, sbattendo sulle ali della sua armatura divina e respirando affannosamente, con il viso madido di sudore. Vedendo ciò, Phoenix scoccò una rapida occhiata a Zeus, il cui corpo era sparito avvolto dalle fiamme, poi corse vicino all'amico per soccorrerlo.
"L'hai distratto… appena in tempo, non… avrei resistito ancora a lungo…" balbettò faticosamente Sirio nel riaprire gli occhi e riconoscere il compagno accanto a se. Quasi imbarazzato, Phoenix aprì la bocca per rispondere, ma in quel momento vi fu una nuova esplosione di energia. Sbalorditi, i due cavalieri si voltarono verso il punto in cui si trovava il signore del fulmine, e Phoenix si accorse con orrore che le fiamme si stavano gonfiando verso l'esterno e dissolvendo, come spazzate via da un'immensa energia che spingeva dal di dentro. Attimi dopo, la familiare sagoma del re degli Dei emerse di fronte a loro, incolume e privo persino della più piccola ferita o bruciatura, come se fosse stata innocua acqua ad abbattersi su di lui e non le immortali fiamme della Fenice.
"Un calore così flebile non riuscirà mai a causarmi danno… ma a che importa dirlo, non avrai modo di imparare dai tuoi sbagli ! Nessuno di voi lo avrà !" dichiarò Zeus espandendo il suo cosmo e scatenando un'ondata di energia accecante. Subito Dragone scattò di fronte al compagno sollevando lo scudo, ma nemmeno quella difesa leggendaria potè nulla contro il potere del signore dell'Olimpo. Con un grido di dolore agonizzante, i due eroi vennero travolti in pieno e sbalzati in aria, mentre scariche di energia si abbattevano con violenza sui loro corpi, scaraventandoli fino al soffitto e facendoli sbattere con forza. Zeus abbassò poi le braccia, ed i due caddero a peso morto al suolo, schiantandosi sul marmo già danneggiato e giacendo del tutto immobili.
Senza aggiungere altro, Zeus sollevò la mano per finirli, ma improvvisamente uno spesso muro di ghiaccio lo separò dalle vittime predestinate. Contemporaneamente, una fitta pioggia di fasci di luce si abbattè su di lui, obbligandolo a farsi scudo col braccio e ad alzare lo sguardo. Due cosmi lucenti erano appena entrati nella sala principale del tredicesimo tempio.
"Non credere di aver già vinto, signore del fulmine ! Finchè un solo cavaliere di Atena sarà in piedi, la battaglia non sarà conclusa !" gridò una voce giovanile e spavalda: Pegasus e Cristal erano arrivati.
Nel vedere i due eroi, Zeus sorrise, anche se in maniera quasi impercettibile. "Avevate perso la strada ? Avreste dovuto approfittarne e fuggire… vi sareste salvati la vita !" disse, con un vago tono di scherno.
"Mpf, siamo in ritardo solo perchè una nebbia improvvisa ci ha fatto perdere tempo… una nebbia di cui tu non sai nulla immagino ! Ma se speravi che un trucchetto del genere ci avrebbe tenuti lontano a lungo allora sbagliavi, preparati alla lotta !" rispose duramente Pegasus, stringendo un pugno con aria di sfida. Anche se cercava di non darlo a vedere, la frustrazione per aver corso a vuoto nella nebbia mentre avvertiva i cosmi di Sirio e Phoenix che si indebolivano senza poter essere lì ad aiutarli era ben vivida, ed ora non vedeva l'ora di combattere, ma al tempo stesso sapeva di dover esercitare cautela, perchè un solo errore avrebbe potuto costargli la vita.
Accanto a lui, Cristal aveva la guardia alzata ed un'espressione molto più prudente in viso. Il suo sguardo si spostava rapidamente da Zeus a Sirio e Phoenix, e vederli al suolo privi di sensi e coperti di ferite mentre il Dio non indossava nemmeno la sua armatura divina lo allarmava non poco, facendo vacillare persino la sua abituale freddezza. D'altra parte, aveva già dimostrato di poter sconfiggere un Dio affrontando Estia e Dioniso, e quindi non aveva intenzione di tirarsi indietro nemmeno di fronte a Zeus.
"Parlate di lotta, ma restate immobili in attesa… devo arguire che la prima mossa spetta a me ?" domandò con falsa ironia Zeus, dopo essere rimasto fermo per qualche secondo in attesa di un attacco. Senza aspettare una risposta, il Dio fendette l'aria con il taglio della mano, creando un piano di energia che saettò verso i cavalieri. Immediatamente, i due reagirono, lanciandosi sui lati opposti e schivando agevolmente l'offensiva.
"Non vuol perdete tempo !" commentò Pegasus a denti stretti, espandendo il cosmo e disegnando nell'aria le tredici stelle della sua costellazione. Sapeva bene che l'unica speranza era prendere l'iniziativa, perchè difficilmente avrebbe potuto resistere a lungo agli assalti del re degli Dei. "A te la difesa ora ! Fulmine di Pegasus !!" gridò, lanciando il suo colpo segreto ad una velocità vicina a quella della luce e scatenando una pioggia di stelle cadenti contro il nemico.
Per nulla impressionato, Zeus iniziò a muoversi a destra e sinistra, schivando tutti i colpi senza alcuno sforzo apparente. "E' questo il tuo celebre Fulmine ? Misera cosa, posso evitarlo con semplici spostamenti laterali !" schernì il Dio, ma Pegasus non si arrese e bruciò ulteriormente il suo cosmo, aumentando il numero, la forza e la velocità dei suoi colpi, e lanciandosi contemporaneamente contro l'avversario.
La mossa parve prendere Zeus di sorpresa, ed in quell'istante alcuni colpi lo sfiorarono, ma prima che Pegasus potesse approfittarne, il Dio adattò la propria velocità, riprendendo ad evitare le sfere lucenti e schivando l'assalto finale del cavaliere semplicemente piegando il collo. Frustrato per l'occasione sprecata, Pegasus atterrò alle spalle del Dio e si voltò per attaccare di nuovo, ma Zeus fece altrettanto e concentrò nella mano il suo cosmo divino, pronto ad abbattersi sul ragazzo.
Il suo slancio venne però bloccato da un ostacolo imprevisto: dei sottilissimi ma resistenti anelli di ghiaccio erano comparsi attorno al re del fulmine, bloccandone i movimenti ed intrappolandolo momentaneamente. Con uno sguardo irato, Zeus si voltò verso Cristal, che, circondato dal suo gelido cosmo, a pochi passi di distanza lo fissava puntandogli contro un dito.
"Ora non può più muoversi, Pegasus !" gridò il cavaliere del Cigno scambiando uno sguardo d'intesa con l'amico, che annuì, concentrando il suo cosmo e correndo in avanti. "A buon rendere, Cristal ! Cometa Lucente !" urlò, roteando su se stesso fino a trasformare il suo stesso corpo in una sfavillante cometa di luce, che saettò verso Zeus ricolma di energia cosmica.
"Un bel tentativo, ma per abbattermi dovrete fare molto meglio !" commentò cupamente Zeus, espandendo a sua volta il proprio cosmo e disintegrando gli Anelli del Cigno senza neanche aver bisogno di muoversi. Con un rapido movimento a spazzare del braccio, il Dio intercettò Pegasus a mezz'aria, come non fosse stato altro che una mosca fastidiosa, e lo scaraventò al suolo a molti metri di distanza, con la protezione per l'avambraccio sinistro quasi in frantumi.
"Incredibile… l'ha lanciato via senza risentire minimamente degli effetti della Cometa ! Che sia davvero invincibile come vuole il mito ?" si chiese Cristal, esterrefatto da una tale dimostrazione di forza. Prima che potesse ponderare ulteriormente la situazione, Zeus si voltò verso di lui sollevando la mano, dalla quale scaturirono numerosi fasci di luce bianca.
"A quanto pare ora è il mio turno…" si disse il Cigno, gettandosi su un fianco per evitare l'assalto, lanciato ad una velocità chiaramente inferiore a quella della luce e verosimilmente a scopo dimostrativo. Il Cigno della Siberia sapeva che, data la loro natura, i suoi poteri erano probabilmente i meno adatti a ferire Zeus, ma non voleva comunque restare a guardare mentre i suoi compagni rischiavano la vita. Per di più, il custode del tredicesimo tempio non aveva rinnovato l'offensiva, e stava chiaramente aspettando che fosse Cristal a fare la sua mossa.
"Si aspetta un attacco frontale… ma forse posso batterlo in astuzia !" pensò il cavaliere lanciandosi in avanti e caricando il suo gelido cosmo nel braccio. Nel veder ciò, Zeus accennò un sorriso vagamente triste e si preparò ad abbatterlo, ma a metà strada il cavaliere di Atena spiegò le ali della sua armatura divina e prese improvvisamente il volo, sfrecciando rasoterra per qualche metro e poi prendendo repentinamente quota. Subito Zeus lanciò dei fasci di energia contro di lui ma, forte di una maggiore manovrabilità nonostante l'ala sinistra danneggiata, l'eroe riuscì a schivarli abbastanza agevolmente ed a portarsi a sua volta all'attacco. Dopo aver compiuto qualche parabola attorno al nemico infatti, Cristal si lanciò quasi in picchiata verso di lui e, vicino al nono senso, sferrò la Polvere di Diamanti, oramai allo zero assoluto. Cristalli di ghiaccio ed aria gelida si riversarono sul Dio, che per un attimo parve impreparato. Fu solo per un attimo però, poi Zeus espanse il suo cosmo ed il ghiaccio evaporò istantaneamente senza neanche toccarlo.
"Ah ! Non posso crederci… il ghiaccio eterno della Siberia che evapora nell'arco di un istante !" esclamò stupefatto l'eroe, ma subito dopo strinse i denti e bruciò nuovamente il suo cosmo, cercando di concentrarne le forze. "Se la Polvere di Diamanti non è bastata, allora ricorrerò a qualcosa di più diretto ! Per Atena, Aurora del Nooord !!" gridò, fermandosi a mezz'aria ed abbattendo un vortice di ghiaccio e vento sul bersaglio, che ancora una volta rimase immobile con un'espressione imperscrutabile in viso.
"Non credere di poter annullare così facilmente anche questa tecnica… L'Aurora del Nord è molto diversa dalla Polvere di Diamanti !" mormorò Cristal a denti stretti. In effetti, Zeus stava cercando di nuovo di far evaporare il ghiaccio semplicemente grazie al proprio cosmo, ma questo non poteva difenderlo dalle potenti raffiche di vento, che ben presto lo fecero barcollare all'indietro. Convinto di aver trovato il modo per mettere in difficoltà il nemico, Cristal bruciò ulteriormente il suo cosmo, riversando tutte le sue forze nell'Aurora del Nord, al punto che la vista gli si appannò per lo sforzo. Dopo alcuni attimi di difficoltà però, Zeus spostò indietro la gamba destra, assumendo una posizione più stabile, ed improvvisamente parve non risentire più della potenza dell'Aurora, come se non fosse altro che una fresca brezza primaverile.
"No… non è possibile !" balbettò Cristal esterrefatto, il Dio aveva annullato senza sforzo apparente sia il gelo che il vento, rendendo inutile persino una tecnica potente come l'Aurora del Nord. Notando l'espressione sbalordita del ragazzo, Zeus gli scoccò uno sguardo di sfida, poi sollevò un dito verso il cielo ed i suoi occhi parvero illuminarsi d'energia. Nel giro di un'attimo, un fulmine attraversò il soffitto e si abbattè con violenza sul cavaliere del Cigno.
Con un grido di agonia, Cristal cercò di resistere a quell'attacco inaspettato. Non aveva per niente considerato che Zeus potesse colpire anche indirettamente ed era talmente concentrato sull'attacco da abbassare del tutto le sue difese. Per lunghissimi secondi l'energia del fulmine continuò a riversarsi sulla sua armatura divina, riaprendo tutte le ferite da poco rimarginatesi e generando dolorose ustioni sulle parti in cui la corazza era danneggiata, poi, rapido com'era venuto, il fulmine scomparve e Cristal precipitò al suolo, sbattendo violentemente con le spalle sul marmo.
"Ancora una leggerezza… proprio come le fiamme del tuo compagno, anche i tuoi ghiacci sono inutili su di me. Non importa se riesci a raggiungere lo zero assoluto, finchè il tuo cosmo non diventerà abbastanza intenso, i tuoi colpi non mi danneggeranno !" disse in tono piatto Zeus, fissandolo in volto. Il cavaliere del Cigno avrebbe voluto reagire e mostrare al Dio che i suoi ghiacci non temevano alcun rivale, ma il dolore era ancora troppo vivido ed i muscoli quasi non rispondevano ai suoi ordini, così fu obbligato a restare immobile mentre Zeus sollevava il pugno per finirlo.
Vampate di energia si concentrarono nel pugno del re del fulmine. "Addio, Cigno del Nord !" sussurrò, pronto al colpo di grazia.
"A… Anelli del Cigno !" balbettò Cristal, sforzandosi di erigere attorno a se la barriera protettiva, ma consapevole che non l'avrebbe mai salvato da un colpo di Zeus, per di più a distanza ravvicinata.
In quell'istante però, qualcuno bloccò il Dio alle spalle, stringendolo con entrambe le braccia ed obbligandolo ad interrompere l'attacco. "Ehi, barba bianca ! Non ti sarai mica dimenticato di me ?!" sbuffò la voce decisa di Pegasus. Il ragazzo aveva preso l'avversario di sorpresa ed ora lo teneva bloccato mentre espandeva al massimo il suo cosmo "Il colpo di prima mi ha stordito per un pò, ma ce ne vogliono mille come quelli per togliermi di mezzo ! Ed ora è il tuo turno di mangiare la polvere ! Spirale di Pegasus !" gridò con rabbia, come a sfogare la frustrazione per tutto quello che lui e gli amici avevano patito in quell'interminabile giornata sull'Olimpo.
Con un bagliore accecante, la Spirale si innalzò verso il cielo, sormontata dalla figura di Pegaso generata dal cosmo del cavaliere. Senza alcuno sforzo, perforò il soffitto del tempio, portando i due combattenti all'aria aperta, poi, raggiunto l'apice della parabola, iniziò a curvare verso il basso ed i due presero a precipitare, saldamente uniti dal cosmo di Pegasus.
"Io ho l'armatura che mi protegge, ma tu ci hai ritenuto così deboli da scendere in campo privo di qualsiasi protezione ! E questo è uno sbaglio per cui ora pagherai !" ringhiò Pegasus, ma inaspettatamente Zeus accennò un sorriso.
"Un bel tentativo, cavaliere. Il tuo cosmo è vicino al nono senso e la forza dei tuoi colpi aumenta di conseguenza, ma una tecnica così rozza non ti permetterà mai di avere ragione di me !" disse a voce bassa, e contemporaneamente si lasciò circondare dalla luce del suo cosmo. Temendo che Zeus volesse svincolarsi, Pegasus cercò di aumentare la stretta, ma il cosmo del Dio ebbe l'effetto esattamente contrario e circondò la spirale, accellerandone la discesa e portandola ad una velocità incredibile. Nel giro di un secondo, i due perforarono di nuovo il soffitto del tempio e rientrarono all'interno, ancora saldamente bloccati.
"Ehi, ma che cosa…" iniziò Pegasus, ma, prima che potesse trovare un modo per liberarsi, lui e Zeus si schiantarono violentemente al suolo, aprendo un piccolo cratere nel marmo e sollevando una spessa nube di polvere.
Sbalzato di qualche metro a causa dell'impatto, Pegasus giacque dolorante a terra. Sanguinava copiosamente dalla fronte e da tagli sul viso ma era ancora vivo, principalmente grazie al diadema della sua armatura che, già danneggiato da precedenti battaglie, era andato completamente in pezzi. Faticosamente, il cavaliere si sollevò sui gomiti e fissò il punto in cui era precipitato Zeus, sperando che, non appena la polvere si fosse abbassata, l'avrebbe visto a terra sanguinante. Con sua enorme delusione, così non fu. Il re degli Dei era in piedi e senza un graffio, solo qualche detrito sulla tunica testimoniava l'impatto appena avuto col suolo.
"N… no, neppure la Spirale ha avuto effetto ! Che non ci sia davvero limite al suo potere… che sia destinata ad infrangersi ogni offesa ?" si chiese il cavaliere, ed in quel momento fu come se le forze lo abbandonassero. In preda allo scoramento, Pegasus si sentì mancare e si accasciò a terra, consapevole della minaccia incombente di Zeus ma troppo debole per difendersi.
"Hai tentato il tutto per tutto ed hai fallito… ho pena di te, cavaliere. Possa l'oblio donarti quella pace che non hai avuto in vita !" sussurrò mestamente Zeus avanzando verso di lui.
"No… fermati !" gridò Cristal, che nel frattempo si era rialzato.
"Coraggio, Pegasus !" esclamò una seconda voce, e, voltandosi, Zeus vide che anche Phoenix era di nuovo in piedi, seppur a fatica.
"Rialzati !" esortò Sirio, barcollante accanto a Phoenix ed a sua volta palesemente sofferente.
Con uno sforzo enorme, i tre amici si erano risollevati e stavano cercando di raggiungere Pegasus per aiutarlo e proteggerlo da Zeus. Ogni passo strappava loro un gemito di dolore ed era testimoniato da nuove chiazze di sangue che macchiavano il suolo, ma nei loro occhi si leggeva una cieca determinazione, un coraggio che non temeva neppure la morte e che li spingeva ad andare avanti nonostante il dolore.
"Quale valore ! siete pronti a rischiare la vita per difendere un amico… l'amicizia tra guerrieri è un sentimento encomiabile, che sempre più di rado compare sul campo di battaglia. Ma non c'è virtù al mondo con il potere di donare la vittoria, e contro di me i vostri tentativi sono destinati al fallimento !" commentò Zeus con ammirazione ma anche una punta di rammarico. Improvvisamente, dal suo corpo esplose un'ondata di energia, che travolse facilmente i cavalieri e li scagliò rovinosamente al suolo molti passi più indietro.
"P… Pegasus…" mormorò Dragone cercando invano di rialzarsi, ma Zeus lo ignorò e si concentrò sul cavaliere svenuto ai suoi piedi, inerme. "Tu che hai guidato questa folle corsa… sarai il primo a morire !" sussurrò minaccioso calando la mano sulla sua nuca indifesa.
In quell'istante però qualcosa sfrecciò verso di lui, colpendolo al polso e fermando la mano omicidia. Contemporaneamente, un secondo oggettò schizzò nell'aria diretto al torace, obbligandolo ad allontanarsi con un salto all'indietro. Erano due catene, circondate da un cosmo caldo e rosato. Anche Andromeda era finalmente giunto.
"Fra…tello…" balbettò Phoenix nel riconoscere il ragazzo. Aveva chiaramente corso per arrivare, il respiro era affannoso e gocce di sudore gli macchiavano il volto, ma lo sguardo era quello di sempre, nobile e determinato quando si trattava di aiutare un amico.
"Phoenix… amici… finalmente vi ho ritrovato !" li salutò il cavaliere abbozzando un sorriso, ma subito dopo tornò a fissare Zeus, pronto alla lotta. Dal canto suo, il Dio lo squadrava con durezza, anche se lo stupore iniziale era rapidamente scomparso dal suo volto.
"Andromeda… e così alla fine anche tu hai trovato la strada per le mie stanze, rinunciando alla possibilità di fuga che vi avevo generosamente offerto !" esordì, con tono di rimprovero.
"Non è per scappare che siamo venuti sull’Olimpo, ma per sconfiggerti e salvare Atena, la nostra Dea ! Questo è il nostro obiettivo e non ci tireremo indietro !" rispose il ragazzo con convinzione.
"Parli al plurale, ma i tuoi compagni giacciono a terra, prostrati e vinti, in attesa della morte ! Stessa sorte ti attende, sei pronto ad accoglierla ?" lo provocò il signore dell’Olimpo, ma Andromeda non si fece intimidire. "Non per morire sono giunto sin qui, ma per combattere !" dichiarò.
"E combattendo cadrai !" ringhiò Zeus, lanciandosi improvvisamente in avanti. Pur preso di sorpresa, Andromeda fu svelto a reagire ed immediatamente srotolò la catena d’attacco, usandola come frusta e disegnando un grande arco in aria. Con un balzo però, il Dio schivò facilmente l’offensiva e nel contempo sferrò un debole fascio di energia, che Andromeda deviò disponendo davanti a se la catena di difesa. Nello stesso momento, l’eroe richiamò la catena di attacco, facendola curvare repentinamente e sperando così di prendere di sorpresa Zeus, ma ancora una volta il Dio fu più rapido e con un colpo di reni evitò anche quest’assalto.
"E’ molto veloce nonostante l’aspetto… devo trovare un modo per fermarlo !" pensò Andromeda, riponendo la catena difensiva e scattando a sua volta verso il nemico, che nel frattempo aveva toccato terra e stava correndo di nuovo verso di lui. "Catena, vai !" gridò poi, mirando stavolta alle caviglie del Dio, ma con un movimento fulmineo Zeus si divincolò prima che l’arma riuscisse a bloccarlo. Contemporaneamente, il signore dell’Olimpo si tese in avanti, afferrando il polso di Andromeda e tirando il cavaliere a se con uno strattone, per poi lanciarlo verso l’alto.
"Stolto ! Sei ancora debole per la battaglia con Era, come puoi sperare di vincere in queste condizioni ?" urlò il Dio fermandosi un attimo, ma in tutta risposta Andromeda sferrò di nuovo la catena di attacco, che saettò verso il bersaglio dall’alto verso il basso.
"Che follia, usare di nuovo un’arma che si era già mostrata inutile la prima volta !" mormorò Zeus, indietreggiando di qualche passo in modo da farla infrangere sul pavimento. Con suo grande stupore però, anzichè fermarsi la catena d’attacco penetrò nel sottosuolo, andando sempre più in profondità.
"Hm ?" mormorò il Dio, prima di spostare di nuovo lo sguardo su Andromeda, che nel frattempo era tornato a terra con una capriola. Un sorriso astuto era dipinto sul suo volto.
"Ora, catena di Andromeda !" gridò in quel momento, e al suo comando la catena schizzò di nuovo fuori, emergendo proprio davanti ai piedi di Zeus e saettando verso il suo volto. Preso di sorpresa, il Dio riuscì a stento a reagire di riflesso ed a ritrarsi in tempo per evitare l’affilata lama della catena d’attacco.
"Una mossa astuta, avevo dimenticato che la tua catena può percepire la presenza dei nemici, e facendola muovere sotto Terra l’hai resa quasi impossibile da anticipare ! Così facendo sei riuscito a sfiorarmi, un risultato ammirevole" commentò Zeus, fissando il cavaliere con serietà.
"Ma non sufficiente purtroppo…" rispose Andromeda a denti stretti. Aveva sperato che quel trucco gli permettesse di sorprendere il Dio, ma purtroppo aveva fallito.
"Sei scaltro in battaglia, ti avevo sottovalutato ! Ma è un errore che non ripeterò !" concluse minacciosamente, sferrando un fascio di luce, ben più potente del precedente. Immediatamente, Andromeda eresse attorno a se il mulinello difensivo che tante volte in passato lo aveva salvato, certo che, per quanto forte, l’attacco di Zeus si sarebbe infranto su di esso, ma sorprendentemente così non fu. La difesa infatti resse, ma il contraccolpo fu tale da sbalzare lo stesso il cavaliere, scaraventandolo violentemente contro una parete e facendolo ricadere a terra, sanguinante dalla spalla sinistra già ferita durante la battaglia con Atlante.
Nonostante il dolore, l’eroe sollevò subito lo sguardo, accorgendosi che Zeus era pronto ad attaccare di nuovo. "E’ bastato il solo contraccolpo ad travolgermi, è guerriero degno della sua fama… ma non… non posso farmi sconfiggere in questo modo !" si disse, sollevandosi su un ginocchio e cercando di bruciare il suo cosmo.
"Catena di Andromeda, Onde del Tuono !" gridò, lanciando entrambe le sue armi in avanti. Stranamente, Zeus stavolta non parve intenzionato ad evitarle, ed anzi sembrò correre loro incontro. All’ultimo momento però, il Dio afferrò una delle due armi con la mano e vi saltò sopra, continuando a correre sulla catena stessa.
"Presto, abbandona la catena !!" gridò Phoenix al fratello, rendendosi conto delle intenzioni della divinità, ma, prima che Andromeda potesse fare qualcosa, Zeus fu su di lui e lo raggiunse con un pugno tremendo al collare dell’armatura.
Centrata in pieno la corazza si incrinò, ed il cavaliere venne lanciato indietro con un urlo di dolore, ma il sovrano dell’Olimpo, per nulla intenzionato a concludere così in fretta l’offensiva, usò la mano libera per afferrarlo al braccio e tirarlo di nuovo a se.
Una pioggia terribile di colpi si abbattè sul volto, il pettorale, le spalle e l’addome dell’eroe, incapace di reagire. Flotti di sangue iniziarono a grondare al suolo, scorrendo tra le crepe dell’armatura e gocciolando sui fianchi e le braccia, mentre il Dio continuava incessante il suo pestaggio.
"Andromedaaa !!" urlò Phoenix, sforzandosi di rialzarsi. Avrebbe voluto lanciarsi contro Zeus, ma le gambe lo reggevano a stento ed il Dio era troppo vicino al fratello, quindi una mossa sconsiderata li avrebbe colpiti sicuramente entrambi.
Fu solo quando la catena di difesa tornò indietro, percependo che il suo padrone era in grave pericolo, che Zeus si fermò, lasciando finalmente il cavaliere, che crollò prono a terra, in un lago di sangue.
A qualche passo di distanza, il custode del tredicesimo tempio torreggiava su di lui, fissandolo deluso. "Eri giunto bramoso di vittoria, ma è bastato un unico vero assalto ad abbatterti. Ben misero guerriero ti sei dimostrato !" affermò in tono di scherno, e le sue parole non caddero nel vuoto. Seppur sofferente e vicino all’oblio infatti, l’eroe non aveva ancora perso i sensi.
"Ride Zeus, ed ha ragione… non un solo colpo sono riuscito a mettere a segno, non un attacco a portare a compimento ! E’ forse tutto qui il valore di un cavaliere di Atena ? No… no di certo ! Coraggio, Andromeda, trova la forza di reagire a quest’infausto destino… mostra ad un Dio nemico di cosa è capace chi crede nella giustizia !" si disse, bruciando al massimo le poche forze che gli restavano. Una luce abbagliante lo avvolse, e raffiche di vento si generarono attorno a lui.
"E’ ancora colmo di vitalità il suo cosmo benchè versi in condizioni disperate ! Atena, ora capisco perchè non hai mai esitato a porre la tua vita nelle mani di uomini del genere !" pensò Zeus, indietreggiando prudentemente di vari passi. Di fronte a lui, Andromeda si rialzò, un’espressione esausta ma determinata in viso.
"Il tuo potere è immenso, re degli Dei, ma noi lottiamo per qualcosa di più grande della nostra vita, e non ci arrenderemo finchè non l’avremo ottenuta ! Nebulosa di Andromeda !" urlò con quanto più fiato aveva in corpo, scatenando la sua arma più potente.
Un vero e proprio uragano si abbattè su Zeus, frantumando il marmo ai suoi piedi e riversando su di lui raffiche che avrebbero spazzato via un uomo comune. L’intera sala vibrava violentemente, e persino le colonne più vicine iniziarono a tremare, come se fossero pronte anche loro ad abbandonarsi alla tempesta. Le porte delle varie stanze laterali si aprirono e richiusero sbattendo, la nebbia che ancora proveniva dal corridoio si diradò, e soltanto il trono d’oro, protetto da forze sconosciute, sembrava non risentire della tempesta. Nel pieno della bufera però, Zeus resisteva immobile.
Il Dio aveva il braccio destro teso di fronte a se, con il palmo rivolto verso l’esterno, ed era circondato dalla luce del suo cosmo, grazie al quale stava contrastando il potere della Nebulosa.
"E’ dunque questo il tuo colpo supremo, cavaliere ? Una tecnica potente, capace di sfruttare le forze selvagge della natura, ma per fermare me, che della tempesta sono il signore, si necessita di ben altro !" gridò, iniziando pian piano a respingere l’uragano.
"Non posso crederci, persino la Nebulosa è inefficace ! che sia dunque la fine ?" balbettò Andromeda, avvilito dalla tremenda virtù guerriera del suo nemico. Forse per la prima volta nella sua vita, ogni fibra del suo essere era votata all’attacco, ma neanche questo sforzo supremo era abbastanza per respingere il potere di Zeus, che stava lentamente prevalendo. Per un attimo, il ragazzo contemplò l’idea di chiudere gli occhi, e di lasciarsi finalmente andare, accogliendo quell’oblio che sembrava quasi sovrastarlo. Improvvisamente però, una corrente di gelida aria lo sfiorò, unendosi alla Nebulosa.
"Non arrenderti, Andromeda !" gridò una voce, ed Andromeda vide Cristal, in piedi accanto a lui con le braccia congiunte, nella posa della tecnica suprema delle energie fredde: il Sacro Acquarius. Il cosmo del Cigno si era unito ai venti della Nebulosa ed ora entrambi spingevano per abbattersi su Zeus, che continuava a resistere a denti stretti.
"Ne abbiamo patite tante per arrivare fin qui, non possiamo arrenderci ora ! Unendo le forze abbiamo sconfitto Nettuno ed Hades, unendo le forze sconfiggeremo anche Zeus !" esclamò con decisione, mentre la luce bianca del suo cosmo lo circondava completamente.
"Hai ben detto, amico !" concordò una terza voce, anche Phoenix si era unito loro. Il cavaliere bruciò al massimo il suo cosmo fiammeggiante e gridò "In nome di Atena e di tutti coloro che credono nella giustizia, volate ancora una volta, Ali della Fenice !".
L’uccello immortale si precipitò a sua volta su Zeus, unendosi all’attacco congiunto della Nebulosa e del Sacro Acquarius, e finalmente il Dio, sottoposto ad uno sbarramento del genere, sembrò barcollare. Come a voler dimostrare la propria superiorità però, afferrò saldamente il polso destro con la mano sinistra, espandendo ulteriormente il suo cosmo e continuando a resistere fieramente.
"Coraggio… possiamo farcela !" ringhiò Phoenix, sforzandosi di riversare ancora più energia nella Ali della Fenice.
"Ehi, non vorrete fare tutto da soli ? non dimenticate che ci siamo anche noi !" lo rimproverò una voce ben nota. Pegasus e Dragone erano di nuovo in piedi, barcollanti e sofferenti ma chiaramente decisi ad unirsi alla battaglia. A fatica, si disposero accanto agli amici, circondati dalla luce dei loro cosmi.
"Maestro, in nome suo ! Colpo dei Cento Draghi !" ruggì Sirio, scatenando la tecnica suprema del dragone.
"E’ la nostra ultima speranza, ora o mai più, Fulmine di Pegasus !!" gridò Pegasus, con quanto più fiato aveva in corpo.
Dragoni verde smeraldo e meteore azzurre si unirono ai ghiacci del Cigno, alle fiamme della Fenice ed ai venti di Andromeda, abbattendosi con tutta la forza di cinque costellazioni sul re degli Dei, che finalmente iniziò ad essere spinto indietro.
"E’ in difficoltà ! Un ultimo sforzo, amici !" gridò Phoenix.
"Coraggio ! Per la pace !" si unì Andromeda.
"Per coloro che credono in noi !" ringhiò Cristal.
"Per coloro che amiamo !" urlò Sirio.
"E per tutti coloro che portano nel cuore un desiderio di giustizia ! Brucia, cosmo, fino ai limiti dell’universo ! Fino al nono sensooo !!" esplose Pegasus.
Con la forza di una supernova, i cosmi congiunti dei cinque eroi raggiunsero il nono senso ed esplosero. E, per la prima volta dall’inizio della battaglia, Zeus urlò.
Ansimanti ed esausti, i cavalieri interruppero i loro attacchi, respirando affannosamente per recuperare fiato. L’esplosione aveva sollevato una spessa nuvola di polvere, ma, al suo interno, il cosmo di Zeus era notevolmente calato di intensità.
Senza dire una parola, i cinque fissarono il punto in cui si trovava il Dio, in trepidante attesa, e finalmente, dopo secondi che parvero lunghi come secoli, la polvere si diradò.
Con gioia, si accorsero che Zeus aveva riportato il colpo. La sua tunica era strappata in più punti, e completamente lacerata attorno al braccio destro.
Ma il Dio non sanguinava.
Un grosso oggetto dorato lo aveva infatti protetto, impedendogli di subire in pieno l’assalto congiunto.
"Ma quello è… il suo trono !" constatò Pegasus sbalordito. Il trono d’oro del Dio era comparso in sua difesa, annullando l’attacco, ed incredibilmente non riportando alcun danno, se non alla copertura di velluto, andata distrutta.
"Ma com’è possibile…" balbettò Andromeda, sconcertato ed incredulo.
Senza parole, anche gli altri fissarono lo scranno, che sembrava aver agito di sua iniziativa pur di proteggere il padrone. Dopo qualche secondo però, Zeus si rialzò, e qualcosa in lui sembrò diverso. Era immobile con gli occhi chiusi, ed una luce biancastra ed intensa lo circondava.
Con il cuore in gola per la sorpresa, i cavalieri fissarono il nemico. Il suo corpo ora sembrava pulsare, e la luce si faceva sempre più forte, fino ad essere quasi accecante.
"Il suo cosmo… sta cambiando !" si accorse improvvisamente Cristal.
"E’… è vero… sta diventando più vigoroso… vitale…" concordò Phoenix, stentando a trovare la parole giuste per descrivere quell’incredibile fenomeno.
In quel momento, Sirio impallidì, ed un rivolo di sudore gli apparve sul viso. "Ma questa… è la stessa metamorfosi che ha subito il cosmo del mio maestro, quel giorno, alla prima casa di Atene ! Possibile che…" iniziò stupefatto.
A queste parole, tutti si voltarono verso di lui. "Hai capito cosa sta succedendo, Sirio ?! Parla, non tenerci sulle spine !" lo esortò Pegasus, ansioso di avere risposte.
"Non sta semplicemente cambiando, Pegasus. Sta ringiovanendo ! Questa… è la tecnica divina che Atena donò al mio maestro… il Misopethamenos !!" esclamò Dragone, ben memore delle sensazioni avvertite quando, nel corso del duello con Sion, il Maestro dei Cinque Picchi tornò giovane come un tempo.
Alla sconvolgente rivelazione di Sirio, tutti i cavalieri si girarono a fissare Zeus. La luce che lo circondava si stava affievolendo, rivelando un corpo di vari centimetri più alto, in cui la barba era scomparsa. I capelli bianchi avevano lasciato il posto ad una folta e lunghissima chioma violacea, mentre le rughe ed i segni della vecchiaia erano scomparsi dal corpo, rimpiazzati da una muscolatura guizzante, che risaltava sotto quel che restava della tunica. Il cosmo, come notato da Phoenix, aveva riconquistato vitalità e vigore.
"E’ di nuovo giovane e forte… il corpo divino di Zeus ! Quello con cui sconfisse Crono e precipitò i Titani nel Tartaro !" commentò Cristal sbalordito.
Le sorprese però non erano finite. La luce aveva infatti avvolto anche il trono d’oro, le cui forme parvero fondersi e mutare. In un lampo, l’oggetto si scompose in una miriade di pezzi, che si disposero a fiera protezione del corpo di Zeus.
"Era… la sua armatura !" realizzò Phoenix osservando la corazza.
D’oro giallo e bianco, con fini decorazioni sui bracciali, i gambali, la cintura ed il pettorale, copriva quasi interamente il Dio ed era dotata di enormi ali, agganciate alla schiena. L’elmo, a diadema, era ornato da due gemme, e simili pietre ricoprivano anche l’asse centrale del pettorale e della cintura, brillando alla luce del cosmo. In mano, il Dio stringeva uno scettro a forma di lancia acuminata.
Senza parole di fronte ad una rivelazione del genere, i cavalieri osservarono il Dio allibiti. Nel ragazzo che avevano di fronte, non vi era nulla del vecchio con cui avevano combattuto fino a qualche minuto prima.
"L’avevamo sconfitto a fatica unendo le forze… e il suo cosmo è così cambiato adesso. Che speranze abbiamo… ?" balbettò Pegasus, e prima che qualcuno potesse provare a rispondere, il Dio avanzò verso di loro, con un’espressione fiera e spavalda in volto.
"E’ re Zeus il mio nome celeste ! Siete pronti alla lotta, cavalieri ?"