L'ULTIMO OSTACOLO
KATHOOOM
Accompagnata dal fragore del tuono, la tempesta di pioggia e vento si abbattè con tutta la sua violenza sull'Olimpo. Nei boschi ai piedi del monte sacro, le creature abitanti del luogo fuggirono al riparo, confuse e spaventate dall'innaturale bufera. I satiri si accucciarono tra i fitti cespugli, tremando alla luce dei lampi, le ninfe si nascosero tra le fronde degli alberi, nelle grotte e addirittura sotto la superficie dei laghi. Persino i valorosi centauri, veterani di tante battaglie, fuggirono al galoppo, allamarti da istinti ferini ipercettibili agli esseri umani.
Ma fra tutti gli abitanti dell'Olimpo, solo le divinità potevano avvertire la profonda angoscia che si celava dietro la furia degli elementi, e fra tutte le divinità, una in particolare ne era turbata e addolorata.
A differenza degli altri undici templi, il dodicesimo, l'ultimo prima della reggia di Zeus, era preceduto da uno spazioso piazzale circolare, privo di tetto ma limitato da candide colonne di marmo che ne delineavano il perimetro, per poi congiungersi con le fiancate dell'edificio. Le cime delle colonne erano collegate tra loro da una lastra d'oro tempestata di pietre preziose, che, unendo tutti i pilastri, assumeva dall'alto l'aspetto di un'omega greca, sulla quale, in giorni migliori, si sarebbero riflessi i raggi del sole, formando straordinari giochi di luce. Dalla base di quest'omega immaginaria, si apriva la scalinata che conduceva al tempio di Atena, mentre all'apice si trovava l'ingresso per il dodicesimo palazzo, e proprio lì, ritta sulla soglia dell'edificio, si trovava Era, moglie di Zeus e custode del luogo.
Lo sguardo della Dea però non era fisso sulla scalinata, carico di determinazione, pronto ad attendere i nemici in arrivo, ma perso nel vuoto, addolorato, completamente rivolto alle nubi cariche di pioggia che avevano riempito il cielo. "Zeus, è così simile a te questa tempesta! Potente, carica di una forza selvaggia e primordiale, ma anche colma di angoscia e preoccupazione, a stento trattenute ! Perchè ti ostini a celare anche me, che sono tua moglie, le cause del tuo evidente malessere ? Abbiamo avuto molti diverbi in passato, persino dei duri scontri, ma nelle ore più buie non sono forse sempre stata al tuo fianco ? Eppure anche stavolta non hai voluto riporre in me fiducia, confidandomi la fonte del tuo dolore !" riflettè la Dea, mentre sul suo viso le gocce di pioggia si mischiavano a lacrime di amarezza.
Dopo alcuni minuti passati così, sola con se stessa, Era udì però un rumore in lontananza, il rumore di passi che avanzavano di corsa. Immediatamente, l'espressione sul suo viso mutò, e la moglie di Zeus divenne nuovamente la regina degli Dei.
Non molto lontano, Andromeda e Phoenix correvano uno di fianco all'altro sui gradini bagnati, con lo sguardo fisso sulla cima della scalinata. Il sangue divino di Atena aveva parzialmente lenito il dolore per le tante ferite ricevute nelle battaglie passate, donando nuove energie agli stanchi eroi, che potevano così avanzare con buona lena. Seppur preoccupati per i loro compagni, lasciati alle prese con i misteriosi guardiani del labirinto, i due erano ben decisi ad affrontare e sconfiggere Era, anche a costo della vita se necessario.
"Questa tempesta non accenna a smettere !" esclamò ad un tratto Andromeda, con i capelli zuppi di pioggia ed una mano sopra gli occhi per ripararli dall'acqua. Seppur in grado di avvertire il cosmo di Zeus, i cavalieri non lo conoscevano con familiarità tale da poter avvertire ciò che percepivano gli Dei, e così per loro quello non era che un comune temporale.
"Non importa… presto saremo al tempio di Era, ed allora non sarà certo della pioggia che dovremo preoccuparci !" rispose deciso Phoenix. Andromeda non aggiunse nulla, limitandosi a sorridere nel notare che la voce del fratello era tornata ferma e sicura di se da quando erano usciti dal tempio di Atena.
Con un ultimo sforzo, i due eroi raggiunsero la cima della scalinata, varcando le colonne ed entrando di corsa nello spiazzo antistante al dodicesimo tempio, diretti verso l'ingresso. Fatto ciò però, dovettero fermarsi bruscamente. Ritta e immobile al centro dello spiazzo, del tutto incurante della pioggia che le bagnava il viso, le vesti e l'armatura, vi era Era.
Sopresi dal trovarsi già di fronte alla divinità, i due cavalieri sollevarono subito la guardia ed indietreggiarono di un passo, osservandola con attenzione. Giovanile nell'aspetto, la Dea aveva gli occhi color smeraldo, che risaltavano nel contrasto con i lunghi e fluenti capelli castani, che le arrivavano fin quasi ai gomiti. Il volto, la cui espressione dura e risoluta non tradiva alcuna traccia di dubbio o compassione per i nemici, era sormontato da un elmo d'oro a maschera, ornato al centro da un rubino e simile nell'aspetto ad una corona, che scendeva a proteggere anche le orecchie e gli zigomi, fin quasi alla mascella. Del colore dell'oro era anche il resto dell'armatura, che copriva quasi interamente la Dea, e che sembrava composta da decine di placche, vagamente simili nella forma alle piume di un pavone. Le placche che costituivano i coprispalla e la cintura erano più grandi delle altre, quasi fossero ciascuna un pezzo unico, ed erano decorate da sottili striature verdi e bluette, mentre i bracciali e le ginocchiere, di tonalità leggermente più scura rispetto al resto, erano arricchiti ognuno da una pietra preziosa diversa, e contribuivano a dare un aspetto di regalità alla corazza. Nella mano destra, la Dea impugnava una staffa d'oro, sulla cui cima era incastonato un diamante.
"Era, moglie di Zeus, regina degli Dei ! E' l'ultimo ostacolo sulla nostra strada, l'ultimo baluardo tra noi e Zeus !" sussurrò Phoenix, serrando ulteriormente la guardia.
"Se riusciremo a sconfiggerla, la scalata all'Olimpo sarà finalmente conclusa !" annuì Andromeda, sollevando la catena.
A tali gesti, Era rimase del tutto immobile. Il suo sguardo era fisso sui cavalieri, ma la guardia era abbassata, e da lei non proveniva alcun cosmo. Per alcuni secondi, l'unico rumore che si poteva udire nel piazzale del dodicesimo tempio era il battere della pioggia sulle armature dei tre e nelle pozzanghere sul pavimento di marmo.
"Nel mito, Era è stata spesso in aperta diatriba con Zeus, forse è così anche stavolta ! Forse potremo passare senza combattere !" sussurrò speranzoso Andromeda al fratello, per poi avanzare di un passo verso la Dea ed aprire la bocca per parlarle. In quell'istante però, con un gesto talmente fulmineo da non poter essere seguito con gli occhi, Era abbassò lo scettro, dalla cui estremità partì un potente fascio di energia. Subito la catena difensiva scattò per difendere il proprio padrone, ma, prima ancora che la spirale potesse formarsi, il raggio centrò il cavaliere all'addome, scagliandolo al suolo molti metri più indietro, mentre flotti di sangue gli uscivano dalla bocca.
"Andromeda !!" urlò Phoenix, osservando il fratello disteso immobile a terra. Per un attimo, sembrò correre verso di lui, poi si voltò di scatto e, fissando con rabbia la Dea, si scagliò all'attacco bruciando il cosmo e caricando di energia il pugno destro. Immediatamente, un nuovo fascio di energia partì dallo scettro, ma stavolta il cavaliere lo schivò con un rapido movimento laterale.
"Ci hai ingannati fingendo di non voler combattere ed ora speravi di prendere di sorpresa anche me ?! Con un cavaliere non si può ripetere due volte lo stesso colpo !" gridò l'eroe, arrivando a pochi passi dalla nemica e sferrando il suo pugno rabbioso. A pochi centimetri dal bersaglio però, il pugno si fermò, e Phoenix si accorse sbalordito che l'energia cosmica della Dea lo stava respingendo, impedendogli di portare a segno il colpo.
Per nulla disposto a cedere, Phoenix piantò i piedi al suolo e si sforzò di spingere in avanti, per perforare la barriera difensiva di Era. Il suo cosmo fiammeggiante iniziò a bruciare, scontrandosi con quello della Dea e creando scariche di energia, che elettrizzarono l'aria umida e frantumarono il suolo, aprendo numerose crepe nel candido marmo. Rivoli di sudore iniziarono a scorrere sul volto dell'eroe, mischiandosi alla pioggia, mentre la protezione del pugno della sua armatura divina si incrinava, incapace di reggere al tremendo scontro di cosmi, e faceva sanguinare la mano sottostante. In quell'istante, l'espressione sul viso di Era cambiò, e la Dea aprì del tutto gli occhi, finora tenuti socchiusi.
"Non vi è, in tutto il creato, una razza così infima e degna di disprezzo come quella umana, e voi due vermi ne siete più che giusti rappresentanti ! Pagherete caro l'aver invaso l'Olimpo, l'aver spezzato la quiete millenaria di questo luogo, l'aver lordato i templi divini con i vostri sudici passi ! Vi schiaccierò come miseri insetti e getterò i vostri resti nel vuoto cosmico, a cominciare da te !" dichiarò con veemenza crescente e con sguardo sempre più aggressivo. Improvvisamente, il diamante sullo scettro iniziò a brillare e l'energia cosmica della Dea si innalzò, sovrastando quella di Phoenix e spegnendola come se fosse una candela abbandonata alla tempesta, poi esplose, travolgendo in pieno l'eroe e lanciandolo in aria di molti metri, circondato da gocce di sangue e frammenti di armatura. Infine, in un boato assordante, il cavaliere si schiantò di nuovo a terra ad alcuni metri di distanza, con una violenza tale da imprimere la sua sagoma sul pavimento di marmo. Soddisfatta, Era osservò una pozza di sangue allargarsi sotto il corpo del cavaliere, agonizzante.
"Ed ora, il colpo di grazia !" sussurrò la Dea, puntando lo scettro verso la testa del nemico.
"Non ti permetterò di fargli del male !" gridò in quel momento una voce, e nello stesso istante la catena d'attacco di Andromeda saettò contro la regina dell'Olimpo, che dovette interrompere l'attacco per difendersi con lo scettro. Subito, Andromeda balzò tra lei ed il fratello, pronto a proteggerlo, ed Era non potè che constatare l'ardente determinazione che gli brillava negli occhi.
"Ti credevo sconfitto…" sussurrò, ripensando al colpo vibrato poco prima.
"E invece sbagliavi ! La mia armatura divina mi ha protetto ancora una volta, lei che è nata dal sangue di Atena, ennesima prova del suo amore per noi e per l'umanità tutta !" rispose il cavaliere, sfiorando con la mano sinistra il punto del pettorale su cui aveva ricevuto il colpo di Era. Per sua fortuna, era un pò più in alto della zona danneggiata da Atlante, e quindi la corazza non aveva riportato che qualche piccola crepa.
"Amore… non si può amare chi è inferiore, lo si può solo compatire !" ribattè freddamente Era e, come per porre subito fine alla discussione, fece partire un altro raggio dal suo scettro, stavolta diretto al viso del cavaliere.
Oramai consapevole della velocità di quei colpi, Andromeda balzò rapidamente di lato, non riportando che un graffio sulla guancia, poi lanciò la catena d'attacco contro la Dea. Usando lo scettro come un bastone, Era intercettò l'arma, che rimbalzò impotente, poi fece partire una nuova pioggia di fasci luminosi. In tutta risposta, Andromeda spiegò le ali dell'armatura divina e si alzò in volo, lasciando infrangere i colpi al suolo.
"Devo allontanarla da Phoenix !" pensò il ragazzo, guardando con la coda dell'occhio il fratello, ancora riverso a terra. Approfittando della sua maggiore manovrabilità in aria, il cavaliere schivò facilmente i numerosi colpi che partivano dallo scettro di Era, poi volò in picchiata contro di lei. "Preferirei non combattere contro di te, ma non mi lasci scelta ! Onde del Tuono !" gridò, scatenando insieme le sue catene, che schizzarono verso il bersaglio, avvolte dal cosmo scarlatto dell'eroe. Di fronte a tale attacco, Era ruotò su se stessa di 180°, ponendosi di profilo di fronte alle catene e passando nello spazio vuoto tra di esse, con un gesto talmente fluido da stupire lo stesso Andromeda.
"Speri che una tale infantile strategia possa avere successo contro di me ?" sussurrò inespressiva la Dea, che contemporaneamente appoggiò lo scettro su una delle catene. Immediatamente, l'energia prodotta venne condotta dall'arma, fino a raggiungere a mezz'aria il cavaliere, che gridò di dolore, mentre il braccio sinistro sembrava quasi andare in fiamme.
"Non posso cedere, se adesso mi faccio sconfiggere, tutti i nostri sforzi saranno stati vani !" pensò il ragazzo stringendo i denti e spingendo le sue fidate catene ad attaccare di nuovo. Obbedendo all'ordine, le armi tornarono indietro, stavolta saettando come una X verso il punto in cui si trovava Era. Non avendo alternative, la Dea interruppe l'attacco e schivò le catene con un balzo all'indietro, allontanandosi finalmente da Phoenix.
"Ce l'ho fatta !" sorrise tra se e se Andromeda, pronto a rinnovare l'assalto. All'ultimo momento però, qualcosa nell'espressione della divinità lo fermò, facendolo esitare. Nei suoi occhi smeraldo non vi era la rabbia e la determinazione che si sarebbe aspettato di trovare nell'ultima guardiana dell'Olimpo, ma soltanto una vaga tristezza.
Questa visione, fece sussultare il cuore dell'eroe, che non potè fare a meno di domandarsi se tale tristezza fosse simile a quella che albergava nei suoi occhi durante ogni combattimento, la tristezza di chi combatte solo perchè è proprio dovere, o se fosse qualcos'altro a procurarla.
"Era, ascoltami! Lo sconforto nei tuoi occhi è evidente… interrompi questa battaglia se non ne condividi i motivi, te ne prego ! Già molto sangue è stato versato in questo triste giorno sull'Olimpo, da entrambe le parti ! Fà che almeno il dodicesimo tempio non sia teatro di sciagure !" disse il cavaliere, con un tono insieme umile e deciso.
Per un attimo, le sue parole sembrarono colpire la regina degli Dei, che ebbe un sussulto, ma non fu che una frazione di secondo, poi la sua espressione tornò indecifrabile. "Ti sopravvaluti grandemente, umano, se pensi di essere la causa dei miei crucci ! Tu e i tuoi compagni non siete che un fastidio, e come tale andate trattati !" affermò, mentre la gemma sul suo scettro iniziava di nuovo a brillare.
"Sta per attaccare… ancora una volta le mie suppliche sono state inutili ! E' dunque nel mio destino incontrare nemici che non posso cambiare ?!" si domandò amaramente Andromeda, ma le parole che un tempo avrebbero potuto preludere ad esitazioni, stavolta non indicarono che un attimo di rammarico. Con determinazione, il ragazzo strinse la catena, lasciandosi circondare dal suo rifulgente cosmo. "E sia ! Per Atena !" pensò, lanciandosi ancora una volta in picchiata verso Era e scagliando le "Onde del tuono !".
"Folle ! Pensi di potermi ingannare due volte con lo stesso trucco ?" gridò la Dea di rimando, ruotando lo scettro davanti a se in modo da creare un vero e proprio scudo difensivo, dal quale entrambe le catene furono respinte.
"Affatto ! Era solo un diversivo il mio, per poterti intrappolare ! Tela del ragno !" esclamò l'eroe, mentre la catena di difesa zigzagava attorno alla Dea, intrappolandola proprio come aveva fatto con Atlante al tempio di Atena.
"E' finita ! Nemmeno il Titano del Cielo ha saputo liberarsi da questa presa ! Per l'ultima volta arrenditi, non costringermi a scatenare la furia della catena di attacco !" urlò.
A queste parole, per la prima volta dall'inizio del combattimento, l'espressione di Era cambiò, mutandosi in un sorriso. In un attimo però, Andromeda si accorse che non si trattava di un sorriso di resa, ma di un sorriso di scherno. "Uh uh uh, i colpi ricevuti devono averti fatto perdere il senno, non c'è altra spiegazione ! Io sono la Regina degli Dei, seconda solo a Zeus nel dominio del mondo occidentale ! Per millenni il mio nome è stato sussurrato con paura e rispetto in ogni dove… e tu credi di potermi paragonare ad uno stolto privo del cosmo e condannato ad una punizione eterna ? Le tecniche e le strategie che ti hanno concesso la vittoria in passato sono destinate al fallimento contro di me, come pure questa tua insulsa catena !" gridò Era, scatenando un'esplosione di energie simile a quella con cui aveva travolto Phoenix e liberandosi dalla tela del ragno.
"Si è liberata ! E senza alcuno sforzo !" balbettò Andromeda, sbalordito dalla facilità con cui la Dea si era disfatta della catena, allentandone la presa tanto da farla cadere al suolo.
"E' tempo di porre fine a questo ridicolo duello !" disse freddamente Era, lanciando lo scettro contro Andromeda, ancora in volo a mezz'aria. Pur preso di sorpresa, il cavaliere evitò con facilità l'arma, che sembrò superarlo, ma all'improvviso da essa si sprigionò una tremenda scarica di energia, che si abbattè in pieno sul ragazzo, obbligandolo a gridare in agonia. Per interminabili secondi non accadde nulla, poi la gemma in cima allo scettro si spense, e la scarica si esaurì, lasciando libero Andromeda, che precipitò rovinosamente al suolo, privo di sensi.
Lentamente, Era avanzò verso di lui, riprendendo in mano lo scettro. "Arrogante e insicuro come tutti gli umani !" commentò senza alcuna compassione, prima di sollevare lo scettro per finirlo. A pochi centimetri dal bersaglio però, una potente esplosione cosmica alle sue spalle la fermò, obbligandola ad indietreggiare di scatto per evitare un fascio di energia infuocata. "Dovrai annientarmi mille volte, prima di potergli fare del male !" gridò Phoenix, fissandola con rabbia ed aria di sfida, incurante di una ferita sanguinante alla fronte.
"Hai appena sfiorato la morte e già torni sul campo di battaglia ? Sei un temerario… o un folle !" esclamò Era di rimando, puntandogli contro lo scettro e scatenando una nuova pioggia di colpi energetici, stavolta sotto forma di reticolato.
"Ho solo un fratello da salvare !" sussurrò Phoenix, correndo verso di lei alla velocità della luce e districandosi nella fitta rete di energia, fin quasi a raggiungere la Dea. A pochi passi da lei, il ragazzo saltò in avanti e l'attaccò con un calcio.
"Hai già dimenticato la mia difesa ?" lo schernì Era, creando di nuovo attorno a se una barriera cosmica, contro la quale il calcio del cavaliere impattò senza produrre risultati.
"Ormai la conosco bene la tua difesa, ed ora te lo dimostrerò !" rispose il ragazzo, dandosi la spinta con le gambe sulla barriera e tornando a terra con una capriola all'indietro. Non appena ebbe toccato il suolo, il cavaliere scattò di nuovo in avanti, sferrando un pugno carico di energia cosmica contro la nemica, poi un altro, ed un altro ancora. Sebbene tutti gli assalti si infrangessero sulla barriera senza causare danni, al terzo Era barcollò leggermente all'indietro, e la sua espressione si incupì.
"Questo è il momento !" pensò l'eroe, socchiudendo gli occhi e concentrando un fascio di energia nel pugno, che poi lanciò di getto. Come aveva previsto, la barriera difensiva di Era, già provata dall'assalto precedente, non resse a quest'ultima, potente, offensiva, ed anzi la Dea fu obbligata a piegarsi di lato per evitare il raggio di luce, che le sfiorò appena il coprispalla.
"Maledetto !" inveì la regina dell'Olimpo ritrovando l'equilibrio e passando subito all'offensiva. Con un gesto fulmineo, spazzò l'aria con lo scettro, creando un vero e proprio arco di luce che esplose accanto a Phoenix, sbalzandolo via in maniera scomposta. Con un colpo di reni però, l'eroe ruotò su se stesso, atterrando su una mano, e contemporaneamente lanciò alcune delle sue piume metalliche contro Era, che non si aspettava un attacco da quella posizione.
Colta di sorpresa, la Dea frantumò una delle piume con lo scettro, e schivò la seconda, ma venne raggiunta di striscio dalla terza, che le graffiò il volto facendo sgorgare qualche goccia di sangue.
Quasi sconvolta, Era si portò le dita al viso, inorridendo nel vederle macchiate del suo Ichor. Nel giro di pochi attimi però il senso di sconvolgimento si trasformò in rabbia, ed il cosmo della Dea avvampò. "Umano miserabile, hai osato recar danno alla Regina dell'Olimpo ! Pagherai cara quest'insolenza !" gridò con una punta di isterismo, lanciandosi in avanti ad una velocità tale da cogliere impreparato l'eroe e colpendolo allo stomaco con lo scettro. In una frazione di secondo, la gemma sull'asta brillò di nuovo, causando un'ondata di energia che travolse in pieno Phoenix, scaraventandolo a piena velocità contro una delle colonne, che franò per l'impatto, seppellendolo.
"La giusta fine per un verme così insolente !" commentò Era osservando soddisfatta le macerie. Il suo trionfo però fu di breve durata, all'improvviso una luce brillante color del fuoco si accese sotto le pietre, spazzandole via, e con un balzo felino Phoenix si lanciò di nuovo all'attacco.
"Parli con molto disprezzo degli uomini, ma ora sarà proprio un uomo a farti conoscere il significato della parola paura ! Fantasma Diabolico !" ringhiò l'eroe, sferrando il suo colpo segreto contro Era e centrandola in piena fronte prima ancora che potesse difendersi.
Con un'espressione straniata sul volto, la Dea barcollò di qualche passo all'indietro, visibilmente sbalordita dall'essere stata colpita due volte nel giro di pochi minuti. "Ce l'ho fatta, ora la sua mente è intrappolata in un incubo ! Se adesso la colpisco con tutta la mia forza, riuscirò a sconfiggerla !" pensò Phoenix, e non potè fare a meno di notare quanto combattere fosse divenuto più semplice dalla vittoria su Megera, grazie alla quale aveva ritrovato piena fiducia in se stesso. "Grazie a lei, a Lady Isabel ed ai miei amici !" si disse, sorridendo per un attimo, per poi bruciare al massimo il suo cosmo e prepararsi a scatenare le possenti Ali della Fenice.
Proprio in quell'istante però, Era si riprese dai pochi secondi di sbandamento e lanciò un nuovo fascio di luce. Preso in controtempo, Phoenix riuscì a stento ad incrociare le braccia davanti a se, in modo da assorbire l'energia del colpo, che lo spinse soltanto indietro di qualche passo. Pur avendone la possibilità però, stavolta il cavaliere non ricominciò subito a combattere, stupefatto dalla velocità di ripresa della Dea sua nemica, e dalla totale assenza di qualsiasi traccia di paura sul suo volto.
"Non è possibile… il Fantasma Diabolico non ha sortito alcun effetto ! Eppure persino Ares non ne era uscito indenne !" balbettò, ripensando al modo in cui la sua tecnica aveva agito sul custode del sesto tempio Olimpico.
Sentendolo, Era sorrise leggermente. "Non sei che un misero folle ! Credevi davvero che quel ridicolo colpo potesse danneggiarmi solo perchè aveva avuto effetto su mio figlio ?! Sappi che è la Regina degli Dei che hai di fronte, in tutto l'Olimpo solo Hades e Nettuno hanno un potere pari al mio, e solo Zeus mi è superiore ! Chiunque altro, sia egli spirito, mostro o Dio, non mi è paragonabile !" esclamò con fierezza, coprendo involontariamente con la sua voce un sottile gemito proveniente dal punto in cui giaceva Andromeda.
Ignara di ciò, la Dea continuò "Se sono rimasta sorpresa, è stato solo perchè mi aspettavo che il tuo colpo ti si rivoltasse contro, come è sempre accaduto a chi ha osato levare la mano sui figli di Crono ! Sembra però che il tuo cosmo sia abbastanza potente da permettere ai tuoi attacchi di abbattersi su di me, ma questo non vuol dire che bastino a sconfiggermi !".
A queste parole, Phoenix spalancò gli occhi, colto da un senso di impotenza, mentre un rivolo di sudore gli scorreva sul viso bagnato. Accorgendosi che le sue parole avevano sortito il risultato voluto, Era accentuò il suo sorriso e, chiudendo gli occhi in una fessura, disse "Ed ora è il mio turno !".
Sollevato lo scettro sopra la testa, la Dea lo fece ruotare in aria, per poi abbatterlo violentemente al suolo. Nel giro di pochi istanti, il piazzale iniziò a tremare, come se scosso da un terremoto, poi una tremenda esplosione di energia sembrò quasi eruttare sotto Phoenix, frantumando il marmo e travolgendo in pieno il cavaliere, che venne catapultato in aria e si schiantò al suolo vari metri più indietro, mentre frammenti di roccia gli cadevano sull'armatura.
"Non commetterò due volte l'errore di crederti morto ! Addio !" sibilò la protettrice del dodicesimo tempio nel sollevare di nuovo il suo scettro, dal quale scaturì un raggio diretto al volto del cavaliere.
"No ! Catena, proteggilo !" gridò improvvisamente la voce di Andromeda, la cui catena saettò a difesa del fratello, intercettando il fascio di luce. Con un balzo, il ragazzo si portò accanto a Phoenix, pronto a difenderlo.
"Hai ripreso i sensi !" commentò freddamente Era, osservando il sangue ancora fresco grondare dalle ferite del cavaliere, specie sul braccio sinistro, dove il coprispalla era in parte distrutto. "Avresti dovuto approfittarne per fuggire, ora morirai insieme a lui !" esclamò poi, scatenando una pioggia di colpi contro entrambi i ragazzi. Anzichè cercare di evitarli però, Andromeda rimase immobile e gridò "Mio fratello mi ha aiutato tante volte in passato, è ora di rendegli il favore ! Catena, disponiti a difesa !", sollevando attorno a se stesso e Phoenix la spirale difensiva della sua arma, sulla quale si infransero tutti i raggi dello scettro di Era.
"Non penserai che una catena così sottile possa difenderti a lungo da me ?! E' destinata ad inevitabile distruzione ogni arma di fattura mortale in una battaglia contro gli Dei !" disse acidamente Era, non tentando neppure di nascondere il disprezzo presente nella sua voce. Disprezzo che non sfuggì ad Andromeda, portandolo a chiedere "Perchè, proprio tu che sei la Regina degli Dei, sdegni a tal punto gli esseri umani ? Il tuo odio sembra persino superiore a quello degli altri Dei, che razza di torto potrà mai aver generato un'avversione così grande ?".
A quella domanda, uscita spontanea dalle labbra dell'eroe, Era si incupì. "Hai ben detto ! Sono la Regina degli Dei, signora dell'Olimpo ! Credi che potrei confidare proprio a te, ad un umano invasore, le ragioni del mio odio ?! Solo di fronte all'umiliazione della sconfitta potrei farlo… ma non illuderti, quello è un calice del quale non sarai certo tu a porgermi il nettare !" esclamò, intensificando il suo assalto, che però sembrò impotente di fronte alla resistenza della catena divina del cavaliere.
Sospirando amareggiato, Andromeda pensò di approfittare dei pochi attimi di tranquillità ottenuti grazie alla catena per accertarsi rapidamente delle condizioni del fratello, e lo scosse fino a farlo rinvenire. "Stai bene, Phoenix ?" gli chiese con apprensione, vedendolo sanguinare copiosamente da alcune ferite al volto e da numerose crepe sull'armatura divina.
"Non temere, è solo qualche graffio… e forse sono serviti ! Penso di aver finalmente trovato il punto debole di Era !" mormorò il ragazzo rimettendosi in piedi visibilmente dolorante, alle spalle del fratello, e fissando con attenzione la Dea.
"A cosa ti riferisci ?" chiese Andromeda, guardandolo con la coda degli occhi. La catena sembrava resistere all'offensiva, ma il cavaliere non voleva correre il rischio di abbassare la guardia, e non osava spostare del tutto l'attenzione da Era.
"Al suo scettro ! E' la fonte del suo potere, lo usa per ogni tipo di attacco o difesa ! Se riusciamo a disarmarla, non avrà armi contro di noi !" sussurrò Phoenix, memore del modo in cui la gemma sullo scettro si era illuminata prima di ogni offensiva.
"Forse hai ragione… poco fa Era ha detto di essere potente quanto Hades e Nettuno, ed entrambi dipendevano molto dalla spada e dal tridente per combattere ! Dobbiamo cercare di…" analizzò Andromeda, ma prima che potesse concludere il discorso, Era cambiò strategia.
"La tua difesa è più solida di quanto credessi, ma se non posso abbatterla frontalmente allora dovrò far ricorso ad una tattica diversa !" commentò, sferrando un unico raggio di luce verso il suolo davanti la spirale difensiva. Senza sforzo alcuno, il fascio penetrò in profondità nel terreno, poi improvvisamente esplose, causando un'ondata di energia che raggiunse i cavalieri dal basso, frantumando il marmo ai loro piedi e facendoli cadere, mentre la spirale di difesa si scioglieva.
Nonostante il colpo subito però, i cavalieri si rialzarono immediatamente e, scambiatisi un rapido sguardo d'intesa, scattarono contro la Dea.
"Dobbiamo disarmarla ! E' forse l'unico modo per porre fine a questa battaglia !" pensò Andromeda, allargandosi alla sinistra della nemica.
"Se riusciamo a sconfiggerla non resterà che Zeus !" si disse Phoenix, allargandosi alla sua destra.
Per alcuni attimi, Era si limitò ad guardarli venire, poi esclamò "E' ora di porre fine a questa farsa !" e lanciò dei ventagli di energia contro di loro.
Con dei movimenti rapidissimi però, i due eroi schivarono gli attacchi, mantenendo ben fisso lo sguardo sul bersaglio e continuando a correre parallelamente. Finalmente, a meno di dieci passi da lei, Phoenix balzò in avanti e sferrò un pugno d'energia. Senza alcuno sforzo, Era lo parò con lo scettro, annullandolo, ma, non appena cercò di prendere la mira per contrattaccare, la catena circolare di Andromeda saettò verso il suo polso. Prontamente, Era mutò l'attacco in difesa, facendo infrangere la catena sul manico dell'arma, ma per far questo dovette lasciare campo libero a Phoenix, che scagliò un nuovo fascio di energia ai suoi piedi, facendola barcollare all'indietro.
Fissando il cavaliere della Fenice con odio e rabbia, la Dea tentò di riprendere l'equilibrio, ed in quell'istante fu di nuovo la catena di Andromeda a volare contro di lei, stavolta diretta al volto. "Mi attaccano a turno, impedendomi di reagire !" realizzò Era, sollevando il braccio e proteggendosi il volto, ma lasciando scoperta la guardia proprio davanti a Phoenix, che ormai l'aveva raggiunta.
Con un sorriso astuto, il cavaliere della Fenice la colpì con un pugno all'addome, facendola indietreggiare. Contemporaneamente, Andromeda le avvolse la catena di difesa attorno alle caviglie, bloccandole i movimenti e facendola quasi cadere al suolo. Non avendo scelta, Era spiccò un salto in aria, riuscendo a sgusciare fuori dalla catena poco prima che la sua morsa si chiudesse, ma era proprio su questo che i cavalieri contavano, perchè a mezz'aria la Dea non aveva abbastanza mobilità per difendersi da entrambi. "Questo è il momento !" pensò Phoenix, per poi bruciare il suo cosmo e gridare "Era, ecco il colpo che ha sconfitto Ares ! Le Ali della Fenice !".
L'uccello fiammeggiante volò verso la regina dell'Olimpo, che subito ruotò lo scettro davanti a se, pronta a disperderne le energie. La difesa funzionò e con uno scoppio di fuoco le Ali della Fenice parvero infrangersi sullo scettro, ma, priva di un solido appoggio, Era venne lo stesso spinta indietro, e per un attimo perse la presa sull'arma.
"Adesso ! Catena di Andromeda !" urlò allora l'allievo di Albione, lanciando la sua fedele arma prima che Era, ora in caduta libera, potesse riafferrare lo scettro. La punta triangolare della catena centrò il bastone metallico, facendolo rimbalzare via, mentre la catena difensiva si avvolse al polso teso della Dea, bloccandolo.
"No !" gridò furente Era nel tornare al suolo, mentre Phoenix allontanava definitivamente lo scettro con un calcio, facendolo sparire oltre le colonne che delimitavano il piazzale.
"Ce l'abbiamo fatta ! Pur non avendo combattuto spesso fianco a fianco, io e Phoenix abbiamo trovato un'intesa perfetta e siamo riusciti a disarmarla !" pensò per un attimo Andromeda, sorridendo ed osservando il fratello, per poi tornare a concentrarsi su Era. La Dea, dopo un attimo di rabbia, sembrava essersi calmata ed aveva abbassato lo sguardo.
Phoenix invece non aveva staccato lo sguardo dalla nemica. Nonostante tutto, non era tranquillo per l'apparente facilità con cui la vittoria era giunta. "Sembra sconfitta, e la catena di Andromeda non segnala nulla… possibile che l'energia donataci dal sangue di Atena sia stata tale da permetterci di vincere così facilmente ?" si chiese, prima di avvicinarsi di un passo. "Senza scettro sei inerme come un lupo senza zanne ! Arrenditi e concedici il passaggio !" intimò il cavaliere della Fenice.
L'effetto di queste parole però fu ben diverso da quanto Phoenix aveva sperato. Improvvisamente, il cosmo di Era avvampò, e la Dea venne circondata da una luce brillantissima. La catena al suo polso sembrò sfrigolare di energia prima di ritrarsi di scatto, quasi incapace di sostenere quel potere, mentre l'altra arma del cavaliere si tendeva con forza verso la Dea, i cui occhi parevano ora dei tizzoni ardenti.
"Umano, la tua stupidità è seconda solo alla tua presunzione ! Lo scettro, così come il tridente di Nettuno o la spada di Hades, non era che un tramite ! Il potere… il vero potere, brucia dentro di me, ed ora vi distruggerà !" gridò Era con voce spaventosamente profonda, allargando le braccia dinanzi a se. Immediatamente, Andromeda sollevò davanti a se ed al fratello la catena di difesa, ma fu del tutto inutile. Per una frazione di secondo infatti, il corpo della Dea brillò come un sole, poi vi fu un'esplosione tremenda, tale da spazzar via persino la difesa circolare, ed i due cavalieri vennero travolti in pieno e scagliati via, mentre i marmi del piazzale andavano in pezzi ed alcune colonne crollavano per la tremenda scossa sismica.
A metà strada sulla scalinata del dodicesimo tempio, Pegasus, Sirio e Cristal videro una colonna di luce innalzarsi dallo spazio antistante l'edificio ed udirono lo spaventoso boato dell'esplosione, restando per un attimo senza fiato. "Andromeda e Phoenix sono in pericolo ! Dobbiamo affrettarci !" gridò alla fine Cristal, correndo in avanti, subito seguito dai due compagni.
Di fronte al tempio di cui era custode, Era placò il suo cosmo ed osservò soddisfatta la devastazione che aveva prodotto. I due cavalieri giacevano immobili al suolo, circondati da enormi chiazze di sangue e parzialmente coperti da frammenti di marmo, terra e pietra.
"Uh uh uh, la giusta fine per dei vermi così insolenti ! Ed ora non mi resta che eliminare i loro compagni, poi questa guerra indegna sarà finita !" commentò soddisfatta, voltandosi ed avanzando sicura verso l'ingresso del suo tempio.
Stavolta però Era sbagliava, nonostante il colpo devastante la fiamma della speranza non aveva ancora del tutto abbandonato i due fratelli, in bilico tra la luce della vita e le tenebre dell'oblio.
"Ride Era, ed ha ragione, giacciono Andromeda e Phoenix ai suoi piedi, vinti. Siamo stati ingenui, abbiamo dimenticato le battaglie passate e creduto che tutto il suo potere albergasse nello scettro… quale madornale errore ! Però… non possiamo arrenderci proprio ora che il tempio di Zeus è così vicino, dobbiamo farci forza !" pensò Andromeda, muovendo leggermente una mano ed emettendo un gemito, che non sfuggì ad Era. Sbalordita, la Dea si voltò di scatto, e rimase immobile ad osservare, mentre il cosmo rosato dell'eroe iniziava a ricoprire la sua figura inerme. Improvvisamente, giunse un secondo fremito, stavolta da Phoenix, ed Era si accorse sgomenta che anche lui era ancora vivo.
"Lady Isabel… Atena… lei ha rischiato la vita per aiutarmi, la vita ! Nonostante ben poco le restasse, non ha esitato a correre in mio aiuto nel momento del bisogno, indicandomi la via per ritrovare me stesso e la forza che mi è sempre stata propria, non con parole, ma con azioni ! Ed io dovrei ripagarla così ? lasciandomi andare su questo freddo pavimento, a pochi passi da Zeus ? No, non posso accettare questo destino infame… devo rialzarmi, per Atena !" si disse con rabbia il cavaliere della Fenice, il cui cosmo iniziava nuovamente ad ardere come fuoco.
"Pegasus, Cristal, Sirio… presto saranno qui, pronti a dare battaglia ad Era al posto nostro ! Ma non possiamo lasciarli combattere di nuovo, non sarebbe giusto ! Loro… hanno affrontato battaglie terribili… andando incontro a mille sofferenze per spianarci il passo, mentre io mi attardavo al fianco di Phoenix ! E' per ripagarli che siamo usciti subito dal tempio di Atena… come potrei adesso relegar loro anche quest'ultima battaglia ? Come potrei abbandonarli in questo modo e poi chiamarmi ancora cavaliere ? No… devo rialzarmi… per i miei amici !" pensò Andromeda stringendo un pugno e facendosi forza, mentre il suo cosmo rifulgeva lucentissimo.
Completamente allibita, Era indietreggiò di un passo, mentre le aure dei due eroi brillavano come supernove, ampie e lucenti. "Uuh… i cosmi di questi uomini… raggiungono livelli divini ! Zeus aveva visto giusto dunque ! Il nono senso, fonte di forza, ne sono quasi padroni, dono delle battaglie ai templi inferiori ! In questo momento, il loro potere non ha nulla da invidiare a quello di un semidio… e se dovesse continuare a crescere…" mormorò a denti stretti, osservandoli con gli occhi spalancati per lo stupore.
Poi però, la regina dell'Olimpo ritrovò la compostezza. "Non importa quanto siano potenti i loro cosmi, non saranno mai pari al mio !" si disse, allargando le braccia davanti a se e raccogliendo la sua energia divina. "Addio !" esclamò soltanto, scatenando una nuova prorompente esplosione, che devastò completamente lo spiazzo già danneggiato ed investì i due cavalieri, ancora stesi al suolo, inermi.
Mentre la battaglia del dodicesimo tempio sembrava giunta al termine, la pioggia continuava incessante a cadere sull'Olimpo, tambureggiando sui tetti e sulle gradinate, grondando dagli architravi e creando numerose pozzanghere sui candidi marmi delle residenze degli Dei. Tutte le divinità erano rimaste stupite per quell'improvvisa tempesta, e, tra di loro, una in particolare, appoggiata sulle colonne d'ingresso del suo tempio, scrutava pensoso e turbato il cielo plumbeo.
Completamente assorto nei suoi pensieri Ermes, messaggero degli Dei, era immobile con lo sguardo perso nel vuoto, del tutto incurante dell'acqua che gli inzuppava i capelli e scorreva sull'armatura. Improvvisamente, il rombo di un tuono lo scosse, riportandolo alla realtà. "Spero che ciò non sia un cattivo presagio…" commentò a voce alta.
"Temi che questa pioggia sia foriera di sventure ?" domandò in quel momento una voce, proveniente dall'interno del tempio. Colto di sorpresa, Ermes si voltò di soprassalto, per poi rilassarsi nel riconoscere Eolo, Dio dei Venti, ed accanto a lui Efesto, Dio del Fuoco. Entrambi avevano un'espressione cupa e preoccupata in volto. "Probabilmente identica alla mia…" riflettè Ermes.
Camminando lentamente, per mantenere il passo con l'andatura zoppicante di Efesto, Eolo si avvicinò al messaggero degli Dei, che, rispondendo alla domanda precedente, disse amaramente "Non è la pioggia a turbarmi, signore dei venti, no, ma la profonda angoscia che avverto in essa. Questa tempesta è riflesso dell'animo tormentato del nostro signore e padre, il sommo Zeus, e quasiasi cosa possa angustiarlo a tal punto, dev'essere fonte di preoccupazione per tutti noi. Ma voi piuttosto perchè siete qui ?"
"L'ora è grave, ed è tempo che anche gli Dei si riuniscano a consiglio." rispose Eolo, con un tono serio, per lui raro.
"Troppi eventi necessitano spiegazioni, troppe azioni sono ancora senza risposta !" intervenne Efesto, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, come al solito a disagio di fronte alle altre divinità, nella cui bellezza era incapace di rispecchiarsi. "Molti misteri aleggiano sull'Olimpo in questi giorni… primo fra tutti il comportamento del sommo Zeus. La sua decisione di cancellare la razza umana, presa improvvisamente un anno fà, dopo giorni trascorsi da solo nel suo tempio a meditare, è stata tanto inattesa quanto sconvolgente. Poi la dichiarazione di guerra ad Atena, la sfida lanciata ai suoi cavalieri, l'ordine di eseguire il Rito… tutte decisioni che ho rispettato, ma di cui mi è oscuro il fine !" asserì il fabbro divino, la cui voce tradiva una punta di frustrazione.
Alle sue parole, Eolo annuì, per poi riprendere "Quando ho avvertito la grande angoscia celata in quest'improvvisa tempesta, ho deciso di cedere alla sete di sapere ed ho abbandonato il mio tempio, discendendo la scalinata dell'Olimpo per chiedere spiegazioni ad Estia, che a Zeus è sempre stata cara. Parlando con Efesto, ho visto riflettersi in lui gli stessi dubbi che attanagliano il mio animo e gli ho chiesto di accompagnarmi, ma purtroppo Estia non aveva risposte ai nostri interrogativi !"
"Anche se non ha detto nulla, potrei giurare che si stesse ponendo le nostre stesse domande !" commentò Efesto, ripensando al fugace incontro con la Dea del Focolare.
"E così siamo venuti da te, messaggero divino. Nelle ere passate sei spesso stato vicino al nostro Signore, aiutandolo persino nelle beghe con la sua divina consorte. Puoi dunque tu chiarire i nostri dubbi, puoi farci dono di risposte ?" concluse Eolo, guardando negli occhi il fratello.
A questa domanda, Ermes sospirò abbassando lo sguardo. Fino ad un recente passato, era in effetti stato vicino a Zeus, più dei suoi stessi fratelli Hades e Nettuno, sempre impegnati a gestire i rispettivi regni e spesso lontani dall'Olimpo. Tale fiducia era per lui fonte di sommo orgoglio, ed in più di una discussione l'aveva fatta notare alle altre divinità, con una punta di superbia. Stavolta però Zeus non aveva confidato niente neppure a lui, si era semplicemente limitato ad impartirgli ordini, che Ermes aveva dovuto accettare senza discutere.
"Mi spiace, ma se sono risposte che cercate, allora il vostro cammino è stato vano. Purtroppo anch'io condivido i vostri dubbi, i piani ed i fini di Zeus mi sono oscuri !" rispose Ermes mestamente.
In quel momento, i tre avvertirono tre potenti cosmi avvicinarsi al dodicesimo tempio, segno che la battaglia tra i cavalieri di Atena ed Era stava ancora infuriando.
"Chi avrebbe mai immaginato che quei ragazzini sarebbero giunti fino all'ultimo tempio…. Quando lo ho visti varcare questa soglia, ho creduto che saremmo bastati io ed Estia per sbarazzarci di loro, ed invece sono quasi riusciti a scalare l'Olimpo !" commentò il messaggero, ripensando al suo duello con Pegasus.
"Quei cavalieri sono abili, tutti noi li avevamo sottovalutati, e tutti noi portiamo ben vividi in corpo il marchio del nostro errore !" intervenne Eolo, fissando il sottile squarcio sul pettorale di Efesto e le crepe sulla cintura di Ermes, del tutto identiche a quelle presenti sulla sua stessa corazza. "Erano come fiammelle di fronte al sole, eppure per un attimo la loro luce ha eclissato la nostra ! Sono riusciti a raggiungere il nono senso ed a superare noi, Estia, Hades, Artemide, Apollo, persino Ares !"
"Ah, quanto avrei voluto vedere la faccia di quel maledetto arrogante quando è stato sconfitto !" borbottò Efesto, che non aveva mai nascosto il suo disprezzo per il Dio della guerra, reso ancora più veemente dalle continue avances del fratellastro nei confronti di sua moglie Afrodite.
"Ora non c'è tempo per le questioni personali !" lo zittì Ermes, peraltro senza grande severità, visto che neppure lui aveva un'alta considerazione di Ares.
In quel momento, il cielo fu squarciato da un altro lampo, e la pioggia prese a cadere ancora più intensamente. Senza dir nulla, Eolo lasciò i due fratelli e si avvicinò al corpo privo di sensi di lady Isabel, zuppo di pioggia. Toltosi il mantello, il Dio lo pose sulla fanciulla, creando una leggera corrente che lo tenesse di qualche centimetro sollevato dal suo corpo, in modo da ripararla senza rischiare di soffocarla. Fatto ciò, tornò dai compagni, non risparmiando un'occhiata di rimprovero ad Ermes che, pur essendo il custode del primo tempio, e dunque il più vicino alla ragazza, non aveva mosso un dito per aiutarla.
"E' una nemica !" esclamò il Dio per giustificarsi.
"E' nostra sorella !" ribattè freddamente Eolo.
Non amando le situazioni di tensione, Efesto si affrettò ad intervenire tra i due, riportando la conversazione sui cavalieri. "Credete che possano essere loro la causa di questa tempesta ? Forse non è dovuta ad angoscia, ma a collera! In fondo, sia Atena che i suoi cavalieri hanno apertamente sfidato l'autorità di Zeus, ed egli mal sopporta affronti del genere…" ipotizzò, anche se con scarsa convinzione.
"No, non riesco a credere che siano quei cavalieri la causa di tutto. Certo, hanno compiuto incredibili imprese, ma comunque non hanno alcuna speranza contro nostro padre. L'orgoglio di noi tutti forse uscirà ferito da questa guerra, ma non certo quello di Zeus !" rispose Eolo con decisione, per poi continuare "E poi… in quei ragazzi vi è audacia, fedeltà, spirito di sacrificio, ma nessuna traccia di oscurità o malevolenza. Stanno combattendo questa guerra solo per amore di Atena… e con i loro ideali sono riusciti persino a metterci di fronte a sbagli che in millenni di vita avevamo ignorato. No… non possono essere loro la causa di tale cupa reazione !" concluse, ben memore del modo in cui Cristal gli aveva mostrato quanto poco importante fosse la gratitudine. Di fronte a lui, Efesto annuì pensosamente, a sua volta non dimentico di come Sirio gli avesse permesso di riscoprire l'amore di Afrodite.
"In realtà, non è la prima volta che la pioggia cade sull'Olimpo !" esclamò in quel momento Ermes, con lo sguardo spaventosamente ombroso. "Da quando abbiamo fatto dell'Olimpo la nostra casa, il cosmo splendente di Zeus ha sempre tenuto lontana la bufera… ma già una volta in passato il bianco colle venne raggiunto dalla furia degli elementi… e quando ciò accadde…fu a causa del vile attacco di Tifone !" concluse alla fine il Dio, le cui parole sembrarono essere sottolineate da un tuono.
"Temi che quella Bestia immonda si sia liberata ?!" domandò allora Eolo, impallidendo al ricordo del terribile mostro.
"No ! Lo escludo categoricamente !" esclamò però Efesto con fermezza "Tifone è saldamente imprigionato nelle profondità del monte Etna, lo stesso luogo in cui io ho scelto di trascorrere la maggior parte della mia esistenza ! Se i sigilli di Zeus fossero anche solo in procinto di rompersi, avrei certamente avvertito lo sconvolgimento sotterraneo !".
"Quindi dovrebbe trattarsi di qualcos'altro… qualcosa di persino più spaventoso di quel mostro… Oppure ci stiamo tutti facendo trasportare dalla fantasia, magari Zeus ha solo deciso di ripulire l'Olimpo da millenni di polvere !" si sforzò di scherzare il Dio dei venti, cercando di stemperare la tensione.
Alle sue parole, Efesto sorrise, ma Ermes restò in silenzio, con uno sguardo ancora più cupo. Solo dopo alcuni secondi, il Dio parlò, con voce amareggiata ed al contempo determinata. "Quando Tifone attaccò l'Olimpo, tutti noi fuggimmo in Egitto in preda al terrore, lasciando Zeus a lottare da solo ! La vergogna per quel gesto mi ha accompagnato per secoli e secoli, se davvero vi è un nuovo nemico all'orizzonte, giuro che stavolta non fuggirò, e che combatterò, financo le mie carni dovessero bruciare !" dichiarò con decisione.
"Come pure tutti noi !" esclamarono solennemente all'unisono Efesto ed Eolo.
Intanto, Pegasus, Cristal e Sirio continuavano a correre con tutte le forze, spronati dal potente cosmo di Era e profondamente preoccupati per le condizioni di Andromeda e Phoenix, le cui aure sembravano svanite dopo l'ultima terribile esplosione. Zuppi di pioggia ed ansanti per la fatica, i tre raggiunsero finalmente la cima della scalinata che conduceva al tempio divino, e quel che videro li lasciò senza parole.
Lo spiazzo antistante l'edificio era completamente devastato, le colonne crollate giacevano in frantumi al suolo, il pavimento era diventato un insieme scomposto di fossi, detriti e cumuli di terreno, riportato in superficie dal sottosuolo a causa dell'esplosione. Inoltre, fondendosi alle zolle di terra, la pioggia aveva dato vita a rivoli di fango, che grondavano dalle macerie formando pozzanghere melmose.
Confusi, i tre amici si guardarono attorno alla ricerca di una traccia di Andromeda e Phoenix, e dopo molti secondi finalmente li scorsero. Fu Pegasus il primo a notare il corpo di Andromeda, quasi sepolto da macerie e detriti e circondato da chiazze di sangue. Il braccio sinistro del ragazzo giaceva in modo scomposto, e Pegasus temette che fosse rotto o almeno slogato. "Amico mio…" balbettò affranto muovendosi verso di lui, ma, prima che potesse compiere un passo, Sirio lo chiamò.
"Ecco Phoenix !" disse, indicando il cavaliere della Fenice, supino e immobile ad alcuni metri di distanza, sporco di sangue e fango. Pur privo di sensi, aveva un'espressione di dolore in volto, ed infatti una colonna gli era crollata sulle gambe, ed alcune macerie gli avevano coperto il torace.
"Presto, dobbiamo aiutarli !" esclamò Cristal, preoccupato dalla totale immobilità dei due amici.
"Ormai non c'è più aiuto per quei due, le loro anime già vagano nell'Ade !" esordì in quell'istante una voce di donna, e, avvolta dallo scintillio del cosmo, Era apparve ai tre eroi. "Un bello spettacolo, vero ? Per essere dei miseri umani, mi hanno dato del filo da torcere, ma alla fine hanno dovuto soccombere. Stesso triste destino attende tutti voi, preparatevi !" esclamò con freddezza, shoccando i cavalieri, che per alcuni attimi restarono senza parole.
"Che cosa ? Vorresti dire che li hai uccisi ?!" gridò poi Pegasus, fissandola con rabbia e cercando di scattare contro di lei, ma venendo trattenuto da Sirio, che l'afferrò con forza per un braccio. "Se permetti alla collera di dominarti è finita !" gli consigliò a denti stretti, sperando che la voce non tradisse l'ira che lui stesso sentiva crescere dentro di se. Accanto a lui, Cristal non disse nulla, ma il suo sguardo era fisso su Era ed il suo pugno era serrato con forza tale da far sbiancare le nocche sotto l'armatura.
Con un gesto deciso, Pegasus si liberò della stretta di Dragone ed avanzò verso Era, circondato dal suo cosmo azzurro. "Mi spiace, amico, ma stavolta non posso mantenere la calma ! Era dovrà pagare per quel che ha fatto !" mormorò, sollevando le braccia ed iniziando a disegnare nell'aria le tredici stelle della sua costellazione.
A tale visione, Era si incupì ed alzò la guardia, mentre alcuni frammenti di roccia ai suoi piedi diventavano polvere, disintegrati dall'espandersi del suo cosmo divino. Per lunghissimi istanti, i due contendenti si fissarono con decisione, pronti alla battaglia, ignari di tutto quel che li circondava salvo della presenza reciproca.
Nel guardare i tre cavalieri in volto, Era impallidì leggermente, e si accorse, esterrefatta, di star tremando, anche se in maniera impercettibile. "Ma… che cos'hanno questi uomini ?! E' sacrilego il sol pensarlo eppure… nella luce che brilla nei loro occhi… cè' qualcosa che mi terrorizza ! Possibile che, come Phoenix e Andromeda, anche costoro stiano lentamente sviluppando un cosmo divino ?" si chiese per un attimo la Dea, ritrovando poi la calma. "Non importa, ho sconfitto i loro compagni, e sconfiggerò anche loro !".
"Era, ora subirai il Fulmine di Pegasus !" urlò minaccioso l'eroe, pronto a sferrare il suo colpo segreto.
"Fermati, Pegasus !" gridò improvvisamente una voce, sofferente ma determinata, rompendo la concentrazione dei due sfidanti. Girandosi sbalorditi, i cavalieri ed Era videro Andromeda, piegato su un ginocchio e grondante sangue, ma vivo.
"Andromeda !" gridarono i tre eroi con gioia. L'amico era in cattive condizioni, ma non sembrava avere ferite particolarmente gravi, sebbene il braccio sinistro pendesse spento sul fianco.
"Non è possibile !" balbettò sconcertata la Dea "Quel colpo era mortale !".
"E invece non è bastato, Regina dell'Olimpo !" commentò il ragazzo, per poi rivolgersi agli amici e dire "Questa battaglia è mia, proseguite !".
"Non puoi affrontarla da solo, ti sei salvato a stento ! Permettici di aiutarti per una volta !" ribattè Pegasus, muovendo un passo verso il compagno, che però lo fermò con una chiara occhiata di rimprovero.
"Già una volta in passato abbiamo fatto questo discorso, sulle scale della dodicesima casa di Atene ! Quel giorno ti chiesi di fidarti di me, di proseguire affidandomi la battaglia, e medesima richiesta ti pongo adesso ! Non ti delusi allora, nonostante fosse un potente cavaliere d'oro a sbarrarci il passo, e non intendo certo farlo oggi, quindi ti prego, non dubitare di me !" disse con voce serena, spostando poi lo sguardo su Sirio e Cristal, chiaramente incerti sul da farsi. "So che è amicizia, e non mancanza di fiducia, a farvi esitare, ma non temete, saprò affrontare Era come si conviene !" insistette, mentre dal suo corpo iniziavano ad emanarsi brillanti bagliori di energia cosmica, che sembravano voler avvolgere l'intero piazzale nel loro abbraccio.
"Che sono queste onde di luce ?!" gridò Era, indietreggiando di un passo mentre le emanazioni di energia si allargavano a macchia d'olio sotto di lei.
"Un inizio, un inizio di tempesta che ti travolgerà !" minacciò Andromeda, rimettendosi in piedi del tutto. Alle spalle di Era, Pegasus, Cristal e Dragone erano immobili, dubbiosi. La ragione, la fiducia e l'esperienza li spingevano a proseguire, ma l'affetto e l'amicizia li ancoravano al suolo, pesanti come macigni.
"Non combatterà da solo !" gridò in quell'istante la voce penetrante di Phoenix, che, non visto, si era rialzato liberandosi dai detriti che lo ricoprivano. Gli schinieri della sua armatura divina erano leggermenti danneggiati nel punto in cui era crollata la colonna di marmo, e le ferite sanguinavano ancora copiosamente, ma il desiderio di lottare era evidente nei suoi occhi.
"Anche lui è ancora vivo !" commentò Era, sempre più stupita alla vista di quelli che sembravano un miracolo dopo l'altro. Phoenix però ignorò le sue parole e si rivolse ai tre amici. "Io e Andromeda abbiamo un conto in sospeso con lei, e stavolta non ci faremo cogliere di sorpresa ! Proseguite senza timori !" esclamò, con un tono che non ammetteva repliche.
Queste parole diedero l'ultima scossa ai tre cavalieri che, seppur a malincuore, annuirono. "Andremo avanti allora, mi ci rivedremo al tempio di Zeus !" sospirò Pegasus, preparandosi a proseguire nella corsa, affiancato da Sirio e Cristal.
Non appena i tre ebbero mosso un passo però, Era gli sbarrò la strada risoluta. "Credete che basti un accordo tra voi per permettervi di superare la mia residenza ? Zeus in persona mi ha nominata suo ultimo baluardo, ed il dodicesimo tempio non è terra di conquista per nessuno !" gridò la Dea, facendo avvampare il suo cosmo. Anzichè esplodere però, il cosmo circondò Era come una bolla trasparente, che poi si allargò fulminea, attraversando le macerie, Phoenix e Andromeda come se fossero fantasmi, ma impattando come solido muro su Dragone, Pegasus e Cristal, che vennero spinti indietro, fino a ricadere sui gradini da cui erano venuti.
"Amici !" gridò preoccupato Andromeda nel vedere i tre rialzarsi e cercare invano di sfondare la bolla con i pugni.
"E' vano ogni tentativo, questa barriera è alimentata dal mio cosmo divino, che la rende del tutto impenetrabile dall'esterno. Quei tre potranno passare solo quando lo deciderò io… ma non temete per loro, quelli alla mia mercè adesso siete voi !" spiegò Era, pronta alla battaglia finale con i due fratelli. La sicurezza della sua voce però era solo apparente, dentro di se la Dea era attanagliata da dubbi e domande cui non riusciva a rispondere. "Avrei potuto affrontarli tutti insieme invece di ricorrere a questo espediente… ma non l'ho fatto, qualcosa me lo ha impedito ! Perchè questi umani mi spaventano tanto…? cos'è quella luce che brilla nei loro occhi… e che mi terrorizza ?" si chiedeva con crescente perplessità.
"Era ! Preparati alla battaglia !" gridò improvvisamente Phoenix, strappandola ai suoi pensieri. Attorno a lui, il suo cosmo bruciava intenso come le fiamme infernali mentre assumeva la forma della fenice leggendaria, che sembrava pronta a librarsi in volo per ghermire la preda.
Non da meno era Andromeda. Benchè malconcio e barcollante, stava espandendo in maniera spaventosa il suo cosmo, abbracciando l'intero piazzale con le sue onde di luce, e dando vita a raffiche di vento sempre più intense, che sollevavano senza sforzo macerie e detriti pesanti decine di chili. Dei due, era proprio il ragazzo dai lunghi capelli verdi a confondere e spaventare maggiormente Era, nei suoi occhi si leggeva un debordante desiderio di pace, ma anche una straordinaria determinazione, che raramente la Dea aveva visto prima, in millenni di vita.
E soprattutto, negli occhi di entrambi brillava quella luce, la stessa che Era aveva scorto anche in Pegasus, Sirio e Cristal, e di cui non riusciva a darsi spiegazione. Osservandola, alla Dea tornarono a mente i tanti litigi avuti con Zeus, i numerosi alterchi e le infinite diatribe, quasi tutte legate ad un'unica cosa, un atteggiamento del consorte che non era mai riuscita ad accettare, e, soprattutto, a comprendere, ma non poteva credere che dei semplici esseri umani potessero condividere le sensazioni e gli stati d'animo delle divinità.
"Per l'ultima volta ti supplichiamo, in tutta umiltà, arrenditi e concedici il passaggio !" esclamò in quel momento Andromeda, riportandola ad una realtà dalla quale la mente sembrava allontanarla spesso negli ultimi minuti. In tutta risposta a quella supplica, Era espanse il suo cosmo divino e sollevò la guardia, con un'espressione combattiva sul viso, gridando "Fatevi avanti anche insieme ! Non vi temo, l'Ade attende tutti voi !".
"E sia ! Ancora una volta dovrò far ricorso alla mia arma più potente... ma non esiterò !" sospirò tristemente Andromeda, ed in quel momento i venti della Nebulosa divennero tempesta, pronta ad abbattersi sulla regina degli Dei. "Nebulosa di Andromeda !!" gridò, scatenando il suo colpo più devastante.
La tempesta di vento si abbattè con tutta la sua forza su Era, che rimase impreparata di fronte alla furia selvaggia di quella tecnica, così diversa dallo spirito pacifico che avvertiva nel cavaliere. Gli occhi della Dea iniziarono a lacrimare a causa dell'intensita dei venti, mentre le macerie schizzavano contro di lei, veloci come proiettili, infrangendosi sulla sua armatura divina ma facendola comunque barcollare. Dall'altro lato della barriera, Pegasus e gli altri osservavano sbalorditi la potenza insita nel colpo ultimo dell'amico, e persino Phoenix rimase stupefatto di fronte a tanta inarrestabile potenza.
Ciononostante, Era sembrava resistere, riuscendo a tenersi ancorata al suolo con uno sforzo di volontà, ed evitando di venir risucchiata dalle correnti. Per quanto potente fosse la tempesta, era quella misteriosa luce splendente negli occhi dei cavalieri che la stava mettendo realmente in crisi, per ragioni che si rifiutava ostinatamente di accettare.
Improvvisamente, qualcosa scattò in lei, e lo stupore divenne rabbia. "Non sarò mai sconfitta da delle creature così inferiori !" gridò, rivolta però a se stessa ed ai fantasmi del suo cuore piuttosto che ai nemici. La sua regale compostezza sembrava svanita, ed il suo volto era bagnato non solo dalla pioggia ma anche dal sudore. Con uno scatto selvaggio, Era fece esplodere il suo cosmo, liberandosi dalla morsa dei venti e scatenando un'ondata di energia che spinse indietro Andromeda. Nello stesso istante, la Dea si lanciò verso di lui irrigidendo la mano, pronta a colpirlo mortalmente al volto, ma, a pochi passi dal bersaglio, Phoenix si frappose tra lei ed il fratello.
"Non è solo Andromeda il tuo avversario ! Ali della Fenice !!" urlò l'eroe, circondando il suo pugno di energia infuocata e vibrando il colpo segreto contro la Dea, troppo vicina per poterlo schivare.
Con un gesto che stupì l'eroe però, Era bloccò il pugno con la mano, contrapponendovi il proprio cosmo divino. Per lunghi attimi, le ali della Fenice parvero incapaci di spiccare il volo, bloccate sul nascere dal potere della custode del dodicesimo tempio, ma poi le fiamme si riversarono sul braccio della Dea, che iniziò ad essere spinta indietro mentre Phoenix caricava in avanti con tutta la sua potenza.
Nello sforzarsi di non essere travolta, Era spostò lo sguardo sugli occhi dell'eroe, e persino dietro la sua espressione di rabbia riuscì a scorgere la stessa luce che brillava in suo fratello e nei suoi compagni.
"Anche costui…! No, non può essere, non lo accetto !" esclamò a denti stretti, opponendosi all'assalto di Phoenix con rinnovato vigore e concentrando tutta la sua energia nel braccio, riuscendo a spingerlo indietro di qualche passo, barcollante e con la mano che grondava sangue attraverso le numerose crepe del bracciale della sua corazza, ormai quasi in pezzi.
Subito, Andromeda corse verso il fratello, ma Era allargò le braccia davanti a se, concentrando il suo cosmo e poi facendolo esplodere ancora una volta in maniera devastante. Troppo deboli per difendersi e troppo vicini per evitarla, i due eroi vennero investiti in pieno dall'esplosione di energia e scaraventati indietro, circondati da flotti di sangue e frammenti delle loro armature, danneggiate praticamente ovunque.
"Finalmente !" esultò dentro di se la Dea nel vedere i due cavalieri che venivano scagliati via, certa che non avrebbero potuto sopravvivere anche a quell'esplosione malconci com'erano. Se le centinaia di frammenti e l'intensità della pioggia non le avessero offuscato la visibilità però, la signora dell'Olimpo avrebbe avuto un'amara sorpresa, perchè, pur venendo ancora spinti indietro, i due eroi erano riusciti a piantare i piedi al suolo con uno straordinario sforzo di volontà.
"Ha una potenza tremenda, ma dobbiamo resistere ! Se cediamo adesso, a cosa saranno serviti tutti gli sforzi ed i sacrifici fatti finora ?! Coraggio, Andromeda !" gridò Phoenix, coprendosi gli occhi col braccio per proteggerli dai detriti che stavano bombardando la sua armatura e cercando di ignorare il dolore proveniente dalle gambe, quasi sul punto di spezzarsi mentre venivano spinte indietro, scavando delle scie nel suolo.
"Siamo arrivati fin qui, affrontando qualsiasi tipo di nemico senza mai tirarci indietro, non ci lasceremo sconfiggere ad un passo dal traguardo !" esclamò Andromeda con sentimento e determinazione.
I cosmi dei due guerrieri ripresero a brillare intensi, contrapponendosi allo spaventoso potere di Era, e finalmente gli eroi riuscirono a mantenere la loro posizione.
"Dobbiamo farlo, per Atena !" esclamò Phoenix, iniziando ad avanzare nella bufera.
"Per Atena !" concordò Andromeda, trascinandosi anche lui in avanti.
Dopo alcuni secondi, la luce dei loro cosmi raggiunse la regina degli Dei, che rimase atterrita nel vedere che non solo erano ancora vivi, ma stavano persino avanzando verso di lei, ancora decisi a combattere.
"Resistono… resistono ancora ! Ma perchè, non capisco… che cosa li spinge ad andare avanti ? che cosa li sostiene ?" balbettò la Dea, cercando di imprimere ancora maggiore energia al suo attacco, nonostante il dubbio l'attanagliasse ormai completamente.
Attimo dopo attimo, i due cavalieri erano sempre più vicini all'avversaria, ma la pressione sulle loro armature divine stava diventando insostenibile e le corazze sembravano sul punto di andare in pezzi in qualsiasi momento. "Dobbiamo attaccarla ora, o non avremo altre possibilità !" disse Andromeda al fratello, che annuì.
"Sia le Ali della Fenice che la Nebulosa sono stati inutili prima, ma forse, se ne uniamo il potere, avremo almeno una speranza !" dichiarò Phoenix, facendo esplodere il suo cosmo.
"E sia dunque ! Nebulosa di Andromeda !" gridò l'eroe, scatenando la tempesta del suo cosmo.
"Ali della Fenice !" lo affiancò Phoenix, lanciando ancora una volta il suo colpo fiammeggiante.
L'unione dei due poteri si abbattè sull'energia creata dal cosmo di Era, che barcollò all'indietro ma non cadde, continuando a mantenere vivo il suo assalto. Il risultato fu che le due energie si contrapponevano in aria, ciascuna incapace di sottomettere l'altra. A differenza di Era però, i cavalieri si stavano impegnando con ogni fibra del loro essere, consapevoli che non avrebbero potuto sostenere a lungo lo sforzo.
La loro determinazione non sfuggì alla regina degli Dei, che alla fine non potè trattenere la domanda che si stava ponendo praticamente dall'inizio del combattimento.
"Per che cosa, cavalieri ?! Per che cosa lottate fino a questo punto ?" chiese di getto.
"Per un ideale di pace, che nessuna divinità potrà mai abbattere ! Per i nostri amici, che ci hanno sempre sostenuto ! E soprattutto per Atena, e per il suo immenso amore nei confronti dell'umanità intera, che la spinge e l'ha sempre spinta a rischiare la vita senza mai pretendere nulla in cambio !" rispose semplicemente Andromeda, accennando un sorriso al pensiero della sua Dea.
"L'amore…" balbettò Era spalancando gli occhi, ed in quel momento l'intensità del suo cosmo diminuì grandemente, permettendo al potere di Andromeda e Phoenix di prevalere. Senza opporre alcuna resistenza, la Dea venne scaraventata in aria dai venti della Nebulosa.
"Questo è il momento ! Mantieni il tuo attacco per qualche istante ancora !" gridò Phoenix, separando le sue Ali della Fenice dal colpo congiunto e spiegando le ali della sua armatura. In un attimo, il cavaliere si librò in aria, cercando di volare più il alto di Era nonostante i venti della Nebulosa e la pioggia incessante.
"Per quanto la Nebulosa sia potente, da sola non basterà a sconfiggere Era ! Non fa che spingerla in alto, ma in questo modo non può esercitare tutto il suo potere, e dal basso le mie Ali della Fenice sono inutili ! Se riesco a colpirla da sopra però…" pensò l'eroe nel raggiungere il cielo sopra la Dea. "Ali della Fenice !!" urlò ancora, scatenando di nuovo il suo colpo segreto, in direzione diametralmente opposta rispetto alla Nebulosa.
Come Phoenix aveva sperato, Era si ritrovò intrappolata dall'unione dei due poteri. La Nebulosa la spingeva direttamente contro le fiamme delle Ali della Fenice, che a loro volta ne bilanciavano il potere, permettendo ai venti di riversare su di lei tutto il loro impeto. La Dea invece era del tutto impotente, intrappolata dalla pressione delle due energie cosmiche ed incapace di liberarsi. In realtà però, Era non stava neppure tentando di liberarsi, il suo cosmo si era come dissolto ed il suo cuore aveva abbandonato la battaglia.
Per molti secondi ancora, i due eroi continuarono ad attaccare, poi però la fatica ebbe il sopravvento su di loro, obbligandoli a fermarsi per non svenire dalla stanchezza. La vista di Andromeda si appannò, ed il cavaliere crollò in ginocchio, respirando affannosamente, mentre Phoenix ebbe un giramento di testa, che lo spinse a chiudere gli occhi per un attimo ed a tornare a terra per potersi appoggiare a qualcosa.
Libera dalla combinazione dei loro colpi, Era precipitò a peso morto verso il suolo, ma, a soli pochi metri dall'impatto, compì una giravolta, che le permise di atterrare in piedi.
Nel vederla apparentemente incolume, Phoenix e Andromeda cercarono di rialzarsi ancora una volta, di attaccare di nuovo, ma entrambi erano allo stremo e persino restare in piedi era uno sforzo quasi impossibile, così furono obbligati a restare sulla difensiva.
Era però non fece nulla, si limitò a guardarli un'ultima volta negli occhi, poi crollò in avanti, schiantandosi al suolo.
Confusi, Phoenix e Andromeda si scambiarono un'occhiata, timorosi che si trattasse di una trappola, ma il cosmo della Dea era vistosamente calato di intensità, e la catena del cavaliere non avvertiva più alcuna minaccia.
"Non capisco… stava tenendo testa ai nostri colpi segreti, ci stava per respingere… ma improvvisamente è come se avesse smesso di lottare…" commentò perplesso Andromeda, ripensando al momento in cui erano riusciti a prendere il sopravvento.
"La luce… la vostra luce… ha spento in me ogni velleità…" sussurrò in quel momento Era con un filo di voce, ed i cavalieri si accorsero che era ancora cosciente, seppur allo stremo.
"Di quale luce stai parlando ?" chiese Andromeda, abbassando la guardia ed avvicinandosi a lei.
"Nei vostri occhi… brilla sfavillante la luce… dell'amore ! Mi terrorizzava perchè non… potevo accettare… che un sentimento così profondo e divino… ardesse nei cuori di creature così… inferiori !" mormorò in risposta la custode del dodicesimo tempio.
"Perchè, Era ? perchè tanto disprezzo per gli uomini ? Avevi promesso che l'avresti rivelato se ti avessimo sconfitta !" domandò allora il cavaliere, memore delle numerose dichiarazioni dell'avversaria nel corso del combattimento.
"Perchè Zeus… non ha mai provato per me… quell'amore immenso e infinito che ha sempre provato… per tutta l'umanità !" rispose la Dea con un sorriso triste, prima di cedere all'oblio e perdere i sensi.
A queste parole, Andromeda abbassò lo sguardo e rimase in silenzio, pensieroso, poi commentò "Nel mito, Era era anche la Dea custode del matrimonio. Dev'essere stato terribile per lei non riuscire mai ad accettare che il suo stesso marito le anteponesse la razza umana !". Detto ciò, il ragazzo fece una pausa, poi si voltò confuso verso il fratello, e continuò "Però… com'è possibile che Zeus provi tanto amore per l'umanità se ora ha deciso di distruggerla, obbligandoci a questa folle corsa ?"
"Chi può dirlo, forse il suo non era veramente amore, ma orgoglio, o forse è scemato nel tempo… Una cosa però è certa, alla fine Era ha ceduto alla gelosia, un sentimento molto… umano !" rispose meditabondo il cavaliere della Fenice.
"Amiciii !" gridò in quel momento la voce sollevata di Pegasus, ed i due fratelli videro i loro compagni correre per raggiungerli.
"Pegasus, Cristal, Sirio ! Allora la barriera…" iniziò felice Andromeda, e Pegasus annuì "Si, è scomparsa qualche attimo fa… grazie a voi immagino !".
"Siete riusciti a sconfiggere Era, la regina dell'Olimpo !" si congratulò anche Sirio, osservando la Dea svenuta.
"Non è stato facile, te lo posso assicurare !" rispose Andromeda sorridendo, e le sue parole scatenarono una risata generale, che stemperò la tensione accumulata.
Fu Pegasus il primo a tornar serio, cosa tutto sommato inusuale, e si voltò verso la direzione da cui erano venuti. "Ci siamo riusciti… ci siamo davvero riusciti ! Abbiamo scalato l'Olimpo !" esclamò, ripensando a tutte le difficoltà affrontate e sorridendo al pensiero che l'obiettivo finale era finalmente a portata di mano.
"Si ! Abbiamo lottato fianco a fianco senza risparmiarci, dando sempre il massimo e mettendo a rischio a vita, ed i nostri sforzi non sono stati vani!" concordò Dragone.
"Se fossimo stati da soli, non saremmo andati oltre il secondo tempio, ma aiutandoci a vicenda abbiamo compiuto l'impossibile !" annuì Cristal.
"Ora non resta che Zeus, e poi finalmente non dovremo più combattere !" esclamò Andromeda.
"Guardate, la pioggia cala di intensità ! La tempesta sta passando !" intervenne Phoenix, accorgendosi che le nubi si stavano pian piano diradando, permettendo ai raggi del sole di riemergere.
"Era ora, non ne potevo più di questa pioggia…" commentò Pegasus un pò stizzito, poi si girò a guardare i compagni e proclamò con entusiasmo "Una ferita, una sola ferita a Zeus è la vittoria finale sarà nostra ! Coraggio, amici !". Le sue parole furono accolte con gioia dai compagni, che sorrisero apertamente.
All'insaputa dei cavalieri però, anche qualcun altro aveva udito le parole del ragazzo. In una rocca lontana, nascosta da nebbie eterne e circondata da mura invalicabili, un essere, seduto su un trono d'oro, osservava con attenzione le gesta dei guerrieri di Atena attraverso uno specchio d'acqua, già da molte ore ormai. Alle parole di Pegasus, egli sorrise sinistramente. "Uh uh uh… si, cavaliere di Pegasus, affrontate Zeus, indebolitelo, sconfiggetelo se potete… sarà tutto a mio esclusivo vantaggio ! Comunque si concluda questa guerra, la vittoria finale sarà soltanto mia !" e la sua risata riecheggiò nei bui corridoi della reggia.