IL PESO DEL COMANDO
Sirio avanzò barcollando nei corridoi in penombra del labirinto di pietra. Ricordava ben poco di quanto era successo negli ultimi minuti, dopo che il cosmo di Zeus aveva invaso il salone del tempio di Atena, precipitandoli in quello strano luogo. Aveva perso i sensi per l'impatto col suolo, e si era risvegliato solo da poco, scosso dall'esplosione del cosmo di Andromeda, evidentemente impegnato in battaglia. Il solo alzarsi gli aveva causato un dolore lancinante, a causa della grave ferita al costato, riapertasi dopo la caduta, e per poco non aveva perso di nuovo conoscenza, ma con uno sforzo di volontà era riuscito a restare in se e ad appoggiarsi alla parete, nel tentativo di trovare l'amico seguendone il cosmo. L'impresa però si era rivelata più ardua del previsto a causa della stanchezza, che attutiva i suoi sensi, e della conformazione del labirinto, pieno di vicoli ciechi e punti morti. Se si fosse trovato in condizioni migliori, avrebbe potuto sfondare i muri di pietra e proseguire in linea retta, ma, con le ferite che grondavano sangue ad ogni passo, anche solo camminare era un'impresa.
Improvvisamente, ebbe un giramento di testa e rischiò di cadere in avanti, ma riuscì a fermarsi appoggiandosi alla parete. Comprendendo di dover rifiatare, si appoggiò ad essa con la schiena e socchiuse gli occhi, asciugandosi con il dorso della mano la fronte sporca di sudore. Tentò di respirare più profondamente, ma ciò gli causò un dolore bruciante al petto ed un violento attacco di tosse. Istintivamente, si coprì la bocca con la mano, e, nel ritrarla, si accorse che era sporca di sangue fresco. Ciò sarebbe potuto essere causato dai numerosi tagli che aveva nella bocca o sul labbro, ma il dolore bruciante al petto gli faceva temere che una delle costole rotte gli avesse danneggiato un polmone, dando il via ad una pericolosa emorragia interna, ed il non riuscire a respirare normalmente aumentò le sue preoccupazioni.
Con sconforto, il cavaliere abbassò lo sguardo sul suo corpo. Nonostante le rudimentali cure di Cristal avessero in qualche modo reso meno critica la situazione, il fianco sanguinava ancora copiosamente, e già in pochi secondi aveva formato al suolo una piccola pozza di linfa vitale. Inoltre, alcuni frammenti di armatura erano penetrati nella ferita, rischiando così di dar vita ad un'infezione, dalla quale il suo debole cosmo non avrebbe potuto proteggerlo in queste condizioni. Anche l'armatura divina non aveva più nulla dello splendore ammirato dopo la riparazione di Etri, l'ala destra era in frantumi, così come la protezione sul fianco sinistro, ed ovunque c'erano crepe e danni. Il verde, un tempo brillante, era ora opaco, a causa della polvere e di vari schizzi di sangue rappreso.
Un nuovo giramento di testa, stavolta accompagnato da un senso di nausea, spinse il ragazzo a rialzare la testa, appoggiandola di nuovo alla parete. Perdere i sensi gli avrebbe forse permesso di recuperare un pò di energie, ma, con la vita di Atena appesa ad un filo sottile come la seta, e con due potenti divinità ancora da affrontare, il cavaliere era determinato a non cedere. In realtà però, la battaglia con Apollo aveva consumato le forze che ancora gli restavano, riducendolo ai minimi termini, sia sul piano fisico che su quello dello spirito, e, per quanto fosse determinato a continuare a combattere, anche fino alla morte se necessario, sapeva che, ridotto a quel modo, il suo apporto in uno scontro con Era o Zeus sarebbe stato pressochè nullo. Alla ricerca di un pensiero che alleviasse le sue sofferenze, per un attimo Dragone ripensò alla fonte del tempio di Artemide, le cui fresche acque erano state l'unico momento di conforto in quella terribile giornata, e non potè non desiderare esservi di nuovo immerso. La sua mente poi volò alla cascata del Drago, ai Cinque Picchi, ai lunghi giorni passati sotto le sue gelide acque, per solidificare il corpo e la mente, ed infine a Fiore di Luna, il cui spirito era giunto ancora una volta in suo aiuto durante il duello con Apollo, permettendogli di risollevarsi anche quando ogni speranza sembrava perduta.
Il volto angelico della fanciulla strappò un sorriso all'eroe, desideroso di rivederla e di poter stare per sempre con lei, in un mondo finalmente unito nella pace, al sicuro da divinità malvagie ed ambiziose di insano potere. In quel momento però, due eventi riportarono la sua attenzione alla realtà. Il cosmo di Andromeda era improvvisamente scomparso, non spegnendosi gradatamente ma quasi volatilizzandosi, cosa che fece pensare a Sirio che l'amico non fosse più nel labirinto, e quasi contemporaneamente il cosmo di Phoenix si era indebolito, oppresso da un'energia oscura.
"Quindi… anche Phoenix sta combattendo ! Chi sarà il suo avversario…?" pensò il cavaliere, sforzandosi di riprendere il cammino nonostante le gambe lo reggessero a stento. "Il cosmo del nemico di Phoenix… è diverso da quello che ha affrontato Andromeda. Questo vuol dire che c'è più di un guerriero impegnato a darci la caccia in questi oscuri corridoi !" riflettè poi il ragazzo, ma prima che potesse ponderare a pieno la questione, la terra iniziò a tremare. Non si trattava però del sussultare tipico di un terremoto, ma di un vibrare quasi ritmico, simile a quello prodotto da un branco di bisonti in avvicinamento.
Concentrandosi meglio, Sirio si accorse che la fonte di quel tremore si stava avvicinando, e con essa si poteva distinguere un rumore di zoccoli, che risuonavano sulla pietra. "Che razza di creatura…" iniziò il ragazzo, sollevando la guardia, ma, prima che potesse finire la frase, la parete cui era appoggiato andò in pezzi, catapultandolo al suolo, e, fra la polvere ed i frammenti di roccia, Dragone potè distinguere il suo nuovo nemico.
Era un essere alto più di due metri, con un corpo possente e privo di armatura, completamente nudo se non per un rudimentale gonnellino. La carnagione, quasi nera, metteva in risalto i muscoli guizzanti della figura, ma non era certo questo l'aspetto più particolare della creatura. Le gambe, ricurve, terminavano infatti in duri zoccoli bovini, e la testa non era quella di un essere umano, ma di un toro.
"Il… Minotauro !" mormorò Sirio, sbalordito nel riconoscere il leggendario mostro di Creta. Sapeva che quella creatura non era solo un essere di fantasia, ed aveva sentito dire che, pochi anni prima, Ioria ne aveva affrontato e sconfitto una specie di incarnazione, richiamata in vita dalle forze oscure, ma non si sarebbe mai aspettato di trovarsi in prima persona di fronte a tale creatura mitologica. "Zeus deve averlo mandato ad uccidere me e gli altri… sa che così feriti siamo facili prede e vuole impedirci di beneficiare dell'Ichor !" pensò l'eroe, osservando l'essere che aveva davanti.
Nel vedere il cavaliere a terra davanti a se, il Minotauro socchiuse gli occhi, ed al tempo stesso dilatò le narici, inspirando per registrarne al meglio l'odore, poi, senza alcun preavviso, si lanciò in avanti, abbattendo un possente pugno contro il ragazzo.
Nonostante la sorpresa, Sirio riuscì a rotolare a terra con un colpo di reni, anche se persino un sì semplice movimento gli causò ondate di dolore a causa delle ferite.
"Avrebbe potuto calpestarmi, invece ha sferrato un pugno… In lui uomo e bestia convivono !" riflettè Dragone cercando di rialzarsi, ma una nuova vampata di dolore proveniente dal fianco gli causò uno spasmo, facendolo scivolare sul piede di appoggio e cadere di nuovo a terra. Nello stesso momento, il Minotauro si lanciò nuovamente verso di lui.
Consapevole di non poter sferrare un pugno da quella posizione, Sirio spazzò l'aria con un calcio, mirando ad una delle zampe per sbilanciarlo e farlo cadere. Il colpo andò a segno, ma il mostro non barcollò neppure, quasi non fosse stato che un sottile fuscello a colpirlo.
"Peserà quintali… non ho speranze di abbatterlo in questo modo !" pensò il cavaliere, ed in quel momento la creatura scatenò su di lui una tempesta di pugni. Fortunatamente, la mancanza d'intelletto spinse l'essere a mirare al bersaglio più ovvio, il torace, piuttosto che a quello più vulnerabile, il volto, ma, anche se l'armatura divina poteva sostenere abbastanza bene un assalto del genere, ogni pugno bruciava come un tizzone ardente sul corpo già malconcio dell'eroe, spingendolo a gridare di dolore e non dandogli la lucidità necessaria per difendersi.
Ben presto, i tremendi pugni del mostro iniziarono a sprofondare Sirio nella roccia del pavimento, ma ciò non sembrava bastare a placare la furia omicida della creatura, incurante delle sue stesse nocche sanguinanti a causa dei continui impatti con il metallo della corazza.
"Devo fare qualcosa, non reggerò ancora a lungo !" si disse Dragone, stringendo i denti e riuscendo alla fine ad intercettare uno dei pugni con lo scudo. La vibrazione dell'impatto gli causò l'ennesima fiammata di dolore al fianco martoriato, ma anche il Minotauro dovette ritrarsi in un urlo di dolore, interrompendo l'attacco. Cercando di ignorare la sofferenza, Sirio approfittò del momento per rimettersi in piedi, non flettendo gli addominali, ma torcendo il busto ed issandosi sulle braccia. Il ragazzo era appena riuscito nel suo intento che il mostro lo centrò al volto con un manrovescio, lanciandolo verso una delle pareti.
"No ! Se cado di nuovo per me è finita !" esclamò Dragone, incurante della ferita appena apertasi sullo zigomo ma preoccupato all'idea di ritrovarsi di nuovo alla mercè della creatura. Con un movimento scoordinato, portò la gamba in avanti, riuscendo in qualche modo a mantenere l'equilibrio, pur barcollando vistosamente. Nella sua furia bestiale però il Minotauro continuò l'attacco, lanciandosi a testa bassa alla carica contro la preda.
Approfittando del suo precario equilibrio, Sirio riuscì ad eseguire un movimento laterale abbastanza rapido da permettergli di evitare l'impatto, ed osservò la testa del mostro sfondare senza sforzo lo spesso muro di pietra. Nel tentativo di iniziare una controffensiva, il ragazzo colpì allora il nemico alla spalla con un pugnò, ma l'attacco risultò così debole da non danneggiare minimamente gli spessi muscoli della creatura, che, in tutta risposta, muggì sinistramente.
"Sono debole per il sangue perduto… i miei attacchi mancano di energia ! Eppure devo trovare un modo per sconfiggere questo mostro… lady Isabel… Atena me lo impone !" riflettè Dragone, cercando di squadrare l'essere alla ricerca di un punto debole. Il mostro però non gli permise di portare avanti il suo piano e sferrò un altro pugno, raggiungendo il ragazzo al petto e spingendolo indietro.
Pur non causando gravi danni, il colpo prese Sirio di sorpresa e gli spinse l'aria fuori dai polmoni, obbligandolo ad inspirare di riflesso. Tale azione però gli causò un dolore lancinante ed un violento attacco di tosse, che lo obbligò a piegarsi in avanti sputando sangue. Nello stesso momento, il Minotauro attaccò di nuovo, e stavolta, per un barlume di astuzia o per istinto, mirò al fianco sanguinante. Incapace di difendersi, Dragone venne raggiunto in pieno dal pugno, che affondò nell'armatura già danneggiata, raggiungendo le costole costole rotte è frantumandole ulteriormente in più punti.
Con un urlo di agonia, Dragone vomitò sangue e barcollò all'indietro, mentre la testa gli girava sempre più vorticosamente e la vista si annebbiava. "Se svengo adesso mi ucciderà !" quasi gridò a se stesso il guerriero, in un disperato tentativo di restare cosciente. Stringendo i denti e richiamando le poche forze rimaste, il cavaliere si sforzò di rimettere a fuoco, e si concentrò sull'essere che aveva davanti.
A differenza dei nemici affrontati in passato, il Minotauro non usava colpi segreti, strategie o parole, ed in un momento migliore sarebbe probabilmente stato un avversario facile, ma in quelle condizioni Dragone non poteva contrastarne la furia bestiale. Inoltre, non vi era modo di ragionare con lui, del tutto privo della parola e della luce dell'umano intelletto negli occhi. "Non ho speranze di vincerlo con la sola forza. Dovrò ricorrere al Drago Nascente per liberarmi di lui… non ha corazza o difese, e non potrà evitarlo in questi stretti cunicoli !" pensò allora Sirio, cercando di espandere il cosmo che gli restava. Per un attimo, l'apparire del suo cosmo sembrò spaventare il mostro, che indietreggiò di un passo, quasi avvertendo il potere che si celava dietro quella debole luce verde.
"Mi spiace… non sei che un'altra vittima di quest'insana guerra voluta da Zeus, ma devo superarti !" commentò con tristezza Dragone alla vista di quel gesto, prima di concentrare le forze e gridare "Colpo Segr…*". A quel gesto però, tutte le sue ferite, anche quelle più superficiali e rimarginate, preserò a sprizzare sangue, obbligando il cavaliere a fermarsi con gli occhi sbarrati.
"Oh no… non ho più la forza per lanciare il Drago Nascente… il mio corpo non riesce a sostenerne l'energia !" comprese il cavaliere, improvvisamente memore di uno dei primi insegnamenti del suo maestro. "«Se sei debole non puoi usare il colpo del Dragone. Richiede una forza che non sempre hai !»" lo aveva avvisato un tempo l'anziano istruttore dei Cinque Picchi, ed in effetti questo era stato a lungo un limite per lui, ma poi, grazie all'esperienza, ed alla padronanza prima del settimo e in seguito dell'ottavo senso, era riuscito a superarlo, arrivando a lanciare più volte di seguito non solo il Drago Nascente, ma persino un attacco sfibrante come il Colpo dei Cento Draghi. Ora però il suo fisico, indebolito da ore di massacranti combattimenti, si ribellava visibilmente a tale sforzo.
"Se uso il Drago Nascente l'emorragia mi ucciderà !" comprese Dragone inorridito, ed un senso di impotenza lo avvolse. Per la prima volta infatti era del tutto inerme, troppo malconcio per difendersi e troppo debole per attaccare, immobile e braccato da un nemico che in quel momento appariva invincibile. Dal canto suo, il Minotauro non era frenato da timori o ragionamenti di sorta, e, non appena vide l'aura verde smeraldo affievolirsi e scomparire, si lanciò in una nuova carica, facendo tremare la terra.
Nel vederlo arrivare, con gli occhi ricolmi di furia selvaggia, Sirio cercò di abbozzare una difesa, ma la velocità del mostro lo colse impreparato e la sua testa taurina lo centrò in pieno addome, sollevandolo da terra e trascinandolo con se fino ad una delle pareti, contro la quale si schiantò. Il corno sinistro del mostro impattò sull'armatura divina, graffiandone appena la superficie, ma il destro penetrò trasversalmente nella ferita al costato, trapassando la carne ed i muscoli, fino a perforare il polmone. Dragone urlò in agonia, mentre il sangue gli gorgogliava in gola, per poi scorrere in copiosi rivoli dagli angoli della bocca. "Non… può… finire…così !" balbettò il cavaliere, calando un colpo col taglio della mano sul corno del Minotauro, ma anche questo fendente non ebbe alcun effetto. Nello stesso momento, il ben dei sensi abbandonò l'eroe, la sua vista si annebbiò, l'udito si affievolì, persino il dolore delle ferite venne meno. Dragone riuscì appena ad avvertire i cosmi di Pegasus e Cristal infiammarsi da qualche parte in quel labirinto, poi si accasciò prono sulla schiena del Minotauro e chiuse gli occhi.
"Pegasus… Andromeda… Cristal… Phoenix… affido a voi la salvezza di Atena ! Perdonatemi se non vi sarò compagno nell'ultima battaglia…" pensò il cavaliere, abbandonandosi all'oblio, che avrebbe posto per sempre fine alle sue sofferenze.
"Cosa stai facendo, Sirio ? hai deciso di arrenderti e di gettar via qualsiasi desiderio di vittoria ? a tal punto sei debole ?!" lo rimproverò improvvisamente una voce, con durezza. E fu proprio l'aggressività con cui la domanda era stata posta a spingere Sirio a riaprire gli occhi, per scoprire a chi appartenesse quella voce. Davanti a se, in quel mondo composto solo da fredde tenebre, Dragone vide un ragazzo dai lunghi capelli castani che lo fissava con ardore e rabbia, un ragazzo che lui conosceva bene.
"Demetrios !" balbettò, nel riconoscere il vecchio compagno di addestramento, che per lui era stato sia un amico che un nemico negli anni passati.
"Proprio io, colui che sarebbe dovuto diventare cavaliere del Dragone, perchè più forte ! Ma invece dell'investitura non ho trovato che la morte… per tua mano ! Ed ora, invece di onorare quella corazza, conquistata sul mio sangue, ti arrendi di fronte ad uno scarto delle epoche mitologiche ? E' così, cavaliere ?!" gridò in tono accusatore il ragazzo, con una veemenza tale da lasciare Sirio interdetto.
"Io… ho provato ! Ho affrontato e sconfitto tutti i nemici che si sono parati sul mio cammino… persino gli Dei ! Ma ormai mi mancano le forze… non mi resta più nulla !" si difese il cavaliere, ma ciò non bastò a placare la collera evidente negli occhi del compagno di un tempo.
"Non eri certo così rinunciatario quando ci siamo affrontati l'ultima volta, o forse preferisci non ricordarlo ? Eri inerme… esausto… ma continuasti a combattere… anche dopo…" insistette, prima di interrompersi di colpo.
"Anche dopo aver lanciato il Drago Nascente, esaurendo le forze…" concluse Sirio, che aveva finalmente compreso a cosa il ragazzo si stesse riferendo. Era riuscito a sconfiggere Demetrios eseguendo due volte di seguito il colpo del Dragone, trovando nel suo cuore la forza necessaria per superare i propri limiti.
Nel vedere che il cavaliere aveva capito, lo sguardo di Demetrios si rilassò, ed guerriero riprese, stavolta in tono più gentile "Sirio… in punto di morte ti feci promettere di tornare ad essere il guerriero di un tempo, di uscire dal baratro della depressione in cui la cecità ti aveva precipitato. Stessa promessa ti chiedo ora… non dimostrarti spergiuro e rialzati, trova nel tuo cuore di cavaliere la forza di cui hai bisogno !" sorrise, prima di allontanarsi e svanire.
"Demetrios… anche se un tempo siamo stati nemici, sei venuto in mio soccorso…" mormorò Sirio, commosso, nel riaprire gli occhi. Si trovava ancora sulla schiena del Minotauro, appoggiato alla parete, segno che non aveva perso conoscenza che per pochi attimi. Non appena aprì gli occhi, sentì in bocca il sapore del sangue, ed avvertì un terribile senso di freddo, prova che il suo corpo era in stato di shock a causa dell'emorragia. A fatica, sollevò il braccio destro e tese la mano, cercando di concentrare in essa le forze. "Excalibur, non abbandonarmi !" sussurrò nel vibrare un nuovo fendente sul corno del Minotauro.
In realtà, la sua energia non bastò a risvegliare la leggendaria Excalibur, ma il corno, indebolito dal colpo ricevuto poco prima, si spezzo di netto. Muggendo di dolore, il Minotauro si imbizzarrì e sollevò improvvisamente la testa, sbalzando Dragone in aria e facendolo ricadere a terra a molti metri di distanza. Poi, schiumante di rabbia, il mostro dilatò le narici ed iniziò a calpestare il suolo, preparandosi a schiacciare il nemico con una nuova carica.
Nel vedere negli occhi della creatura una luce spaventosamente umana di odio, Sirio comprese che non si sarebbe fermato finchè non lo avesse ucciso. Sforzandosi di ignorare il dolore, il ragazzo afferrò il corno spezzato del mostro, ancora conficcato nella ferita, e lo tirò fuori. Ora dotato di una via di sfogo, il sangue iniziò a schizzare ancora più copiosamente all'esterno, grondando sull'armatura divina e formando una pozza al suolo vicino al cavaliere.
"Se non mi finisce il Minotauro, lo farà l'emorragia !" commentò l'eroe sforzandosi di contrarre i muscoli, e di rallentare la fuoriuscita di sangue. Nello stesso momento, il mostro fu su di lui, deciso a distruggerlo e, attirato dall'odore del sangue, sferrò un pugno terribile verso il fianco. "Ha capito che è il mio punto debole e dirige lì i suoi colpi !" comprese Dragone e, con un movimento il più rapido possibile, si spostò di lato, facendo infrangere il pugno sulla roccia. Contemporaneamente, l'eroe afferrò con entrambe le mani il corno che ancora stringeva in pugno, e lo conficcò in profondità nella spalla del mostro, trapassandone gli spessi muscoli.
Urlando la sua agonia al cielo, il Minotauro interruppe l'attacco ed indietreggiò di qualche passo, cercando di estrarre l'arma che lui stesso aveva fornito al nemico.
"E' stato tradito dal suo istinto e dalla sua natura di predatore, che l'ha spinto verso il sangue… se avesse mirato ad un punto più centrale, come il torace o l'addome, non sarei riuscito a difendermi !" pensò Sirio, trascinandosi fino ad una parete ed usandola come sostegno per rialzarsi. "E' furioso… continuerà ad attaccare finchè non mi avrà ucciso, o non sarà morto nel tentativo… ma c'è un solo modo per fermarlo…" comprese poi nel vedere il mostro che si agitava in preda alla collera, e, quando questa consapevolezza si fu fatta strada nella sua mente, appoggiò la testa alla parete e chiuse gli occhi per un attimo. Il cosmo di Phoenix era svanito dal labirinto, ma altrove poteva distinguere bene quelli di Pegasus e Cristal, entrambi impegnati in battaglia.
Lentamente, il cavaliere riaprì gli occhi. A pochi metri di distanza, il Minotauro era finalmente riuscito a gettar via il corno e, incurante della spalla sanguinante, stava calpestando di nuovo il terreno, preparandosi ad un'altra carica.
"E' una furia senza controllo a spingerlo… un desiderio di rivalsa verso il destino che l'ha costretto ad un'esistenza maledetta. La mia morte non basterà a placarlo, ucciso me… andrà alla ricerca di altre prede !" commentò allora l'eroe, prima che un sorriso spontaneo gli apparisse sul volto. "Mi spiace, Demetrios, ma temo che stavolta non potrò mantenere la mia promessa ! Se non lo uccido, andrà dagli altri, e dopo l'ennesimo combattimento loro potrebbero essere troppo deboli per affrontare anche una tale rabbia selvaggia…" si disse, mentre la luce verde smeraldo del suo cosmo lo circondava.
Con un muggito di rabbia, il Minotauro si lanciò alla carica contro il ragazzo.
"Forse questo sarà il mio canto del cigno… ma devo farlo, per i miei amici !" continuò Dragone, mentre l'energia cosmica si accumulava in lui. Il suo corpo prese subito a sprizzare sangue, ma stavolta il cavaliere non si fermò.
A pochi passi dal bersaglio, il Minotauro abbassò la testa, pronto ad abbattersi su di lui.
"Adesso ! che il Drago Nascente decida la mia sorte !" gridò Sirio caricando il pugno.
In quello stesso momento, il Minotauro fu su di lui.
"Colpo Segreto del Drago Nascente !!!"
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Cristal stava correndo da svariati minuti nei cunicoli del labirinto, irritato dal non riuscire a raggiungere i compagni o a trovare una via d'uscita. Per quanto si fosse sforzato, aveva finito per perdere completamente il senso dell'orientamento, e non era neppure sicuro di star camminando nella direzione giusta. In quello strano posto l'oscurità gli giocava strani scherzi alla vista, falsando le distanze, e neanche la percezione del cosmo lo aiutava. Quelli dei suoi compagni ad esempio a volte sembravano vicini, altre lontani anni luce, quasi come se lo spazio laggiù fosse in continuo movimento.
"Dopotutto questo posto è stato creato da Zeus per intrappolarci… potrebbe persino non esserci una via d'uscita !" pensò il ragazzo all'ennesimo vicolo cieco, ma quell'ipotesi non lo convinceva del tutto. "A che pro intrappolarci qua sotto per sempre, quando avrebbe potuto affrontarci direttamente ? In fondo, Zeus non è certo divinità da aver paura di noi, specie in queste condizioni…" riflettè, incapace di trovare una soluzione.
Finalmente, dopo parecchi minuti, il cavaliere avvertì qualcosa di strano. Un cosmo, sconosciuto e particolarmente aggressivo, che avanzava nel labirinto non molto distante da lui.
"Dunque qualcuno c'è !" pensò il ragazzo, rallentando il passo ed iniziando a camminare con prudenza verso la fonte di quell'energia. Non era desideroso di un nuovo combattimento, ma sperava che, sconfitto quel misterioso nemico, avrebbe trovato la via d'uscita dal labirinto. Dopo qualche minuto di cammino, avvertì di essere ormai vicinissimo al bersaglio e, preparate le difese, svoltò un angolo, ritrovandosi in un lungo cunicolo, alla cui estremità opposta stava baldanzosamente avanzando un uomo, completamente avvolto dalla luce del suo cosmo, splendente di bagliori dorati.
Non appena lo vide, Cristal sollevò la guardia e rimase immobile. Dal canto suo, l'uomo compì ancora qualche passo, in modo da portarsi di fronte all'eroe, poi si fermò e rimase immobile ad osservarlo, nascondendo ancora i suoi lineamenti alla luce del cosmo.
"Sei qui per opporti a me, servitore di Zeus ? Se è così rivelati !" esordì Cristal, confuso dall'atteggiamento apatico del nemico, in aperto contrasto con la grande aggressività evidente nel suo cosmo. L'uomo però lo ignorò completamente, e solo dopo qualche altro secondo parlò.
"Che delusione ! Credevo mi sarei trovato di fronte chissà quale guerriero portentoso, ed invece vedo solo un ragazzino gracile ed un'armatura a pezzi. Aver vittoria su di te non mi darà gloria o soddisfazione alcuna !" esclamò, con voce giovanile che rivelava sufficienza e delusione.
"Parole arroganti le tue… parole di chi permette alle apparenze di giudicare! Parole che ho già sentito molte volte in passato, per bocca di cavalieri e divinità ora sconfitti ! Palesati adesso !" replicò Cristal, seccato dal tono di superiorità con cui era stato apostrofato.
A questo nuovo invito, l'uomo dissolse finalmente l'aura cosmica che ne avvolgeva le fattezze, rivelando il suo aspetto. Era un ragazzo, apparentemente poco più grande di Cristal stesso, con un fisico prestante e corti capelli castani, che raggiungevano appena la base del collo. La cosa sorprendente tuttavia era l'armatura, che in aspetto e forma ricordava in maniera incredibile quella dei Gemelli, anche se rispetto ad essa sembrava coprire una porzione minore del corpo, lasciando scoperta la parte superiore delle braccia e delle gambe e la zona dell'addome tra il pettorale e la cintura, a sua volta più corta rispetto a quella del custode della terza casa. L'elmo inoltre, che il ragazzo non indossava ma portava sotto al braccio, non raffigurava due facce in opposizione tra loro, ma una sola su entrambi i lati, la faccia dal sorriso crudele e malvagio.
"Quell'armatura… qual'è il tuo nome, cavaliere ?" domandò Cristal, chiaramente sorpreso da quella corazza, così somigliante a quella indossata sia da Gemini che da Kanon.
"Dei due fratelli leggendari, io sono il guerriero mietitore di vittime, ed il mio nome è vanto e somma gloria per la Grecia tutta. Polluce è tale nome !" rispose con orgoglio il ragazzo, in tono altisonante.
"Polluce, figlio di Zeus… uno dei Dioscuri!" lo riconobbe Cristal, sbalordito.
Interpretando il suo stupore per paura, Polluce rise sommessamente e disse "Hai paura di me… beh, ne hai ben donde ! Grande è la fama che mi precede, come solo quella del figlio di un Dio può essere ! Con i numi, io rivaleggio in potenza, non ho certo rivali tra gli uomini come te !"
"L'arroganza non ti fa difetto, figlio di Zeus, ma non credere che basti a darti la vittoria ! Prima che lo scontro inizi però, spiegami perchè l'armatura che indossi è così simile nell'aspetto alle sacre vestigia di Gemini, proprie del cavaliere della terza casa di Atene!" ribattè il ragazzo, che aveva rapidamente ritrovato il sangue freddo nonostante le dichiarazioni boriose del nuovo nemico.
"Mpf… non sai forse che persino le stelle onorano me e mio fratello Castore, raffigurandoci nella costellazione dei Gemelli ? A tale costellazione si è ispirata Atena nel forgiare quella corazza, ma prima ancora si è ispirata a me, ed alle splendide vestigia che indosso ! Probabilmente, è stato il suo modo per onorarmi !" spiegò il semidio, per poi continuare "E riguardo alle tue accuse di arroganza, ti mostrerò subito che le mie non sono vuote parole, ma affermazioni di un guerriero che mai ha conosciuto la sconfitta !".
Non appena ebbe terminato la frase, Polluce lasciò cadere a terra il proprio elmo e scattò verso Cristal, pronto a sferrare un pugno. "E' padrone della velocità della luce !" commentò il cavaliere del Cigno, nel rendersi conto che l'avversario si era portato di fianco a lui in una frazione di secondo. Nello stesso istante, il semidio sferrò un destro al volto del cavaliere, che però fu più lesto e lo evitò spostando il capo di lato, per poi allontanarsi con una capriola all'indietro.
"Incredibile ! L'hai schivato !" esclamò Polluce sgranando gli occhi.
"Ho gìà affrontato nemici in grado di muoversi alla velocità della luce, se questo è tutto quel che sai fare, conoscerai ben presto la tua prima sconfitta, figlio di Zeus !" rispose Cristal con sicurezza. Tali parole infiammarono lo spirito di Polluce, che gridò "Non dire eresie ! Un semidio non sarà mai vinto da un comune mortale !" e contemporaneamente si lanciò in un nuovo attacco.
"Folle, commetterai lo stesso errore !" lo apostrofò il Cigno, evitando di nuovo il pugno del nemico, che però stavolta non interruppe l'offensiva. Pur sbilanciato in avanti, Polluce spostò tutto il proprio peso sulla gamba anteriore e, piegato il ginocchio, eseguì un salto rotante, spazzando l'aria con l'altra gamba. Preso in controtempo, Cristal cercò lo stesso di intercettare il calcio con un braccio, ma ebbe un'incertezza e non potè evitare che il colpo lo centrasse alla tempia, facendolo vacillare nonostante il diadema dell'armatura avesse assorbito la maggior parte dell'impatto. Approfittando del momento favorevole, Polluce mantenne l'offensiva e, non appena ebbe toccato di nuovo terra, scattò in avanti come una molla, raggiungendo l'avversario con una ginocchiata all'addome e sollevandolo dal suolo. Il semidio poi congiunse le mani e sferrò un doppio pugno dall'alto verso il basso, colpendo stavolta il cavaliere alla nuca e facendolo sbattere duramente a terra col viso.
"Credi ancora di poterti paragonare a me ?" chiese beffardo, fermandosi un attimo a vedere il sangue che scorreva da un sottile taglio apertosi sulla guancia di Cristal. "Non esiste creatura mortale che possa raggiungere le vette di grandezza proprie ai figli di Zeus !" insistette, sollevando il pugno e scattando di nuovo, ma stavolta si ritrovò a sbattere contro qualcosa che lo bloccò, non permettendogli di portare a termine l'attacco. Di fronte a lui, a mezz'aria, c'era un anello di ghiaccio, che in pochi secondi si moltiplicò, formando una vera barriera davanti al semidio.
"Che cos'è questa vitrea gabbia capace di impedirmi ogni movimento ?!" domandò Polluce con fervore e sgomento, provando invano a dimenarsi per uscire da quella prigione.
"Gli Anelli del Cigno !" rispose Cristal rialzandosi, con l'indice destro che brillava di energia cosmica bianca come la neve. Sanguinava leggermente da qualche graffio al volto, ed una delle ferite al petto doveva essersi riaperta, ma nel complesso la sua armatura divina aveva resistito agli assalti del nemico. "E non è che una delle freccie nel mio arco ! Indicami la via per uscire da questo labirinto, o subirai l'impeto dei ghiacci !" avvisò poi il cavaliere, con tono calmo ed insieme deciso.
Queste parole fecero infuriare Polluce, che, col viso rosso di collera, gridò "Osi minacciarmi ?! Liberami immantinente e ti concederò una morte rapida, altrimenti la mia vendetta sarà inesorabile !"
Le grida del semidio portarono Cristal a sospirare con rammarico, per poi bruciare il suo cosmo ed affermare "Non mi lasci scelta dunque…. Colpire un nemico inerme non si addice ad un cavaliere di Atena, ma visto che non accetti la resa, proverai su di te la forza della Polvere di Diamanti !!"
Il colpo delle energie fredde saettò alla velocità della luce, attraversando in una frazione di secondo lo spazio che divideva Cristal da Polluce, ed abbattendosi su di lui con tutta la sua potenza. Gli Anelli del Cigno vennero spazzati via, ed il semidio venne travolto e scagliato contro una parete, che per l'impatto gli franò in parte addosso.
Dopo alcuni secondi, il cavaliere fermò l'attacco, e rimase ad osservare le rocce sotto le quali era scomparso il nemico. I fiocchi di neve generati dal suo gelido cosmo le stavano lentamente ricoprendo, ma sembrava non esservi traccia di Polluce. "Non era certo il guerriero potente che si vantava di essere…" pensò il Cigno voltandosi per allontanarsi, ma, proprio in quel momento, le rocce vennero disintegrate da un'esplosione di energia cosmica, e subito dopo Polluce si rialzò, paonazzo per la collera. La sua armatura non aveva subito alcun danno, ma una delle pietre gli aveva causato un sottile graffio alla fronte, facendolo sanguinare lievemente.
"Cavaliere, da millenni nessun mortale riusciva ad arrecarmi danno… e tu ora mi hai offeso e dileggiato oltre ogni dire ! Pagherai caro questo affronto, di te non resterà che cenere di cenere !" gridò a denti stretti il semidio, e nello stesso momento il suo cosmo si innalzò, maestoso e colmo di rabbia. Accorgendosi della vastita del potere dell'avversario, Cristal sollevò le difese, ma il gesto successivo di Polluce lo lasciò senza parole. Il guerriero infatti portò le braccia davanti al volto ed incassò la testa nelle spalle, poi le allargò di scatto, generando una tremenda esplosione di energia, accompagnata da un'immagine dell'universo, i cui pianeti andavano in pezzi uno ad uno.
"Ma questo colpo è…" iniziò Cristal, ma, prima che potesse finire la frase, l'energia lo travolse con una serie di esplosioni. La parte più esterna del coprispalla sinistro della sua armatura divina andò in pezzi, e nuove crepe si aprirono anche sul pettorale e sui bracciali, poi il ragazzo venne scaraventato attraverso una parete, che crollò immediatamente per l'impatto, e si schiantò contro il soffitto del labirinto, quasi schiacciato dalla tremenda potenza dell'esplosione. Solo dopo alcuni secondi l'energia si esaurì, facendololo sbattere duramente al suolo, dove in pochi attimi si allargò una pozza di sangue.
Più del dolore però, nel cavaliere bruciava la sorpresa. Pur avendola vista solo una volta in passato, alla sesta casa del Grande Tempio, aveva riconosciuto subito quella tecnica tremenda, ma non riusciva a spiegarsi come ciò fosse possibile. "Quel colpo segreto… è… l'Esplosione Galattica !" riuscì a mormorare infine, sollevando a fatica il volto da terra.
"Uh uh uh… hai creduto che vi fosse solo vana boria alle spalle della potenza di Polluce, ed ora paghi la tua colpa giacendo riverso al suolo, in una pozza del tuo stesso sangue scarlatto ! La superbia è solo per gli esseri inferiori, essa non alberga nell'animo dei gloriosi figli del grande Zeus !" ridacchiò il guerriero, palesemente soddisfatto nel vedere l'agonia del cavaliere. Cristal però non si curò delle sue parole, nè della punta di rabbia ancora presente nella voce del nemico, e chiese "Ma come può essere ? L'Esplosione Galattica è il colpo segreto dei cavalieri d'oro dei Gemelli, come puoi tu farne uso ?"
"Mpf… non confondere la mia tecnica suprema con quella rozza imitazione di cui tanto si vantano i cavalieri di Atena. Fui io ad ideare questo colpo ai tempi del mito, e fui sempre io ad insegnarlo al primo cavaliere di Gemini. Fu il mio modo di ringraziare Atena per essersi ispirata a me nel creare le vestigia di uno dei suoi dodici cavalieri più potenti… anche se quello sciocco non fu mai in grado di scatenare a pieno la potenza devastante insita in questa tecnica. Ma in fondo, come si può chiedere ad un mortale di rivaleggiare con la grandiosità degli Dei ?" spiegò il semidio, con un tono che variava dalla superiorità alla malizia ed un sorriso sarcastico in viso.
"E' tronfio… colmo di superbia… ma è forte ! La sua Esplosione Galattica ha danneggiato persino le mie vestigia divine… tuttavia…" commentò Cristal nell'osservare il nemico, non solo nel volto, ma anche nel cosmo, specchio dell'anima. Polluce però avanzò verso di lui, ponendo fine ai suoi ragionamenti. "Ed ora basta con le parole. Hai osato farti beffe di me… persino ferirmi ! E per questo, ragazzino, non ti darò requiem alcuno !" gridò nel calare un pugno carico di energia cosmica verso di lui.
Con un balzo all'indietro sorprendentemente veloce però, Cristal evitò il colpo e si rimise in piedi, sollevando contemporaneamente l'indice. "Anelli del Cigno !" esclamò, intrappolando di nuovo il nemico nella sua gabbia. "Non crederai di potermi sorprendere di nuovo in questo modo ?! I tuoi trucchi da mortale non sono all'altezza degli Dei !" righiò di rimando Polluce, frantumando gli anelli con un gesto deciso del braccio e portandosi a pochi centimetri dal nemico. Preso di sorpresa, Cristal cercò di indietreggiare, ma il semidio sferrò un potente montante, raggiungendolo al mento, sollevandolo da terra e facendolo sbattere con la schiena ad una delle pareti. A quel punto, il semidio si fermò, desideroso di vedere l'espressione sgomenta sul volto del suo avversario, ma al contrario Cristal sorrise derisoriamente.
"Ti vanti tanto del tuo essere figlio di Zeus, ma tua madre, Leda, non era forse una mortale ? ed il tuo amato fratello Castore non era forse figlio dell'umano Tindaro, e quindi del tutto privo di sangue divino ?" incalzò il Cigno, pulendosi nel frattempo la bocca sanguinante con il dorso della mano. A queste parole, la collera esplose del tutto in Polluce. "Taci ! Io sono figlio di mio padre Zeus, e Castore non ha eguali tra i mortali ! Non ti permetterò di offendere quel che è nostro per diritto di nascita !" urlò, livido di rabbia, concentrando il suo cosmo in un raggio di luce e scagliandolo contro il cavaliere. L'esplosione che ne seguì fece crollare alcune rocce del soffitto, e sollevò una densa nuvola di polvere, che oscurò il campo di battaglia.
"La giusta fine per la tua arroganza !" ridacchiò il semidio. Dopo alcuni secondi però, la polvere si diradò, ed il trionfo sul suo volto venne sostituito dall'incredulità. Cristal era infatti incolume, e davanti a lui vi era uno spesso muro di ghiaccio, che evidentemente lo aveva protetto.
"Ma che cosa…" balbettò Polluce, confuso a quella visione.
"In realtà, figlio di Zeus, è ora di porre fine a questa battaglia !" esclamò Cristal fissandolo con espressione seria, prima che il muro andasse in frantumi, investendo il semidio con una pioggia di frammenti di ghiaccio, che lo obbligarono ad indietreggiare.
"Speri di potermi spaventare con un trucchetto del genere ?" esclamò allora Polluce, scattando di nuovo in avanti, ma il suo impeto venne contrastato da una tremenda tempesta di neve e ghiaccio, emanatasi dal corpo di Cristal. "Mi hai mostrato i tuoi poteri… ora è tempo che sia io a fare altrettanto ! Prendi la Polvere di Diamanti !" gridò l'eroe, scatenando il suo colpo segreto.
"Conosco già questo attacco, non credere che…" sorrise Polluce nel sentire il nome della tecnica nemica, ma le parole gli morirono in gola non appena si accorse che l'energia della corrente ghiacciata era ben maggiore di quella subita prima. Resosi conto dell'errore, il semidio cercò di coprirsi il volto incrociando le braccia, ma quella tardiva difesa fu inutile, e Polluce venne sbalzato indietro, con i bracciali completamente congelati.
"Com'è possibile ?" mormorò a denti stretti il guerriero fissando il cavaliere del Cigno.
"La tua forza è grande, figlio di Zeus, ma impallidisce di fronte alla tua smisurata arroganza… al tuo tronfio senso di superiorità ! Sin da quando sei sceso sul campo di battaglia, ho avvertito una grande aggressività nel tuo cosmo, propria di chi è solito agire senza riflettere. Ti ho così lasciato condurre il combattimento, allo scopo di scoprire se la mia prima analisi fosse esatta o meno, e così è stato. In tè non vi è traccia di senno o prudenza, sei incapace di giudicare obiettivamente il nemico e di pianificare una strategia per sconfiggerlo… e soprattutto sei privo di freddezza !" dichiarò con durezza Cristal, osservando il nemico negli occhi.
"Freddezza ?" ripetè Polluce, confuso, ed al contempo offeso dalle parole sprezzanti del cavaliere.
"Proprio così ! E' grande alleata la freddezza in battaglia, l'ho imparato a mie spese in passato. I sentimenti… le emozioni… danno la forza per andare avanti verso l'obiettivo che ci si è prefissati, ma solo se si riesce a non esserne schiavi, se si permette alla ragione di dominare sull'istinto. Tu non ne sei stato capace, e sono bastate poche parole ben mirate a far esplodere la tua rabbia… a spingerti a rivelarmi il tuo stile di lotta, persino il tuo colpo segreto migliore." continuò l'eroe.
A queste parole, Polluce si rialzò in piedi con uno scatto. "Sono sciocchezze le tue ! Sciocchezze di chi sa che è giunta la fine e non vuole accettarlo ! La tua freddezza non ti proteggerà dalla mia Esplosione Galattica !" gridò poi, scatenando il suo colpo segreto.
Nel veder tale reazione, Cristal sollevò le braccia davanti a se e bruciò il suo cosmo ai limiti estremi, arrivando ancora una volta a sfiorare il nono senso. La corrente ghiacciata che seguì si scontrò in pieno con l'Esplosione Galattica, avvolgendola, e Polluce non potè far altro che restare inorridito nel vedere la galassia generata dal suo cosmo congelare e scomparire, annientata da un potere superiore.
"Ed invece lo ha fatto." Affermò il cavaliere di Atena riferendosi all'affermazione precedente del nemico. "Poc'anzi hai definito i cavalieri di Gemini degli sciocchi, incapaci di eguagliare la tua forza. Io ho conosciuto due di loro, sia da alleato che da nemico, e posso dirti con certezza che in un combattimento contro di loro non avresti avuto alcuna speranza. In termini di pura potenza, il tuo colpo è superiore, ma Gemini e Kanon hanno saputo unire forza a intelligenza… erano entrambi uomini dotati di grande genio strategico, non avrebbero mai compiuto un errore così grossolano. Tu invece, nella tua boria, non hai pensato che, avendo già visto questo colpo in passato, avrei potuto trovare un modo per annullarlo non appena avessi compreso la potenza con cui lo lanci." spiegò, con una calma che fece quasi spaventare Polluce, ora incapace di capire quanto vasto fosse il cosmo del suo nemico.
In pochi attimi, lo sgomento venne seguito dalla disperazione, ed il semidio si scagliò rabbiosamente in avanti, circondato dalla luce del suo cosmo.
"No ! Io sono figlio di Zeus, non posso essere sconfitto da un mortale, è in gioco l'onore !" gridò con quanto più fiato aveva in gola. A queste parole, Cristal sospirò malinconicamente. "Avrei voluto risparmiarti, già troppo sangue è stato versato in questa guerra… ma non accetterai mai la resa, ora lo vedo. Cadi dunque, di fronte all'Aurora del Nord !!" dichiarò il cavaliere, scatenando il suo colpo segreto.
La carica di Polluce venne interrotta dai gelidi venti del Cigno, che travolsero in pieno il semidio, frantumandone l'armatura e lanciandolo in aria sanguinante. Quando il suo corpo si schiantò al suolo agonizzante, circondato da schizzi di sangue e frammenti di armatura, Cristal si era già voltato, incamminandosi nel labirinto alla ricerca dell'uscita.
"Abbiamo superato le divinità di guardia ai primi dieci templi… ti sarebbe bastato riflettere su questo, e forse la battaglia avrebbe avuto un esito diverso. Dopotutto… non ho più neppure la forza di lanciare il Sacro Acquarius." sussurrò amaramente Cristal, allontanandosi senza girarsi. Dopo pochi passi, il cavaliere svanì.
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Pegasus era immobile nel corridoio del labirinto. Le sue difese erano sollevate, ma più che la concentrazione per un combattimento imminente, nei suoi occhi era ovvia la sorpresa. Aveva camminato per un lasso di tempo apparentemente interminabile in quei cunicoli bui, avvertendo i cosmi di Andromeda, prima, e Phoenix, poi, bruciare. Solo alcuni attimi prima aveva percepito anche quello di Dragone, che però si era quasi spento nel tentativo di espandersi, e la cosa lo aveva terribilmente preoccupato, perchè sapeva bene quante fossero gravi le condizioni dell'amico. Si era lanciato nei corridoi alla sua ricerca, ma improvvisamente davanti a lui era comparso un nemico, immobile e fiero. Istintivamente, aveva alzato la guardia, ma, nell'osservare la corazza del guerriero, non aveva potuto trattenere un fremito di stupore.
Era un ragazzo, apparentemente più o meno della sua età, con un fisico prestante e corti capelli castani, che raggiungevano appena la base del collo. La cosa sorprendente tuttavia era l'armatura, che in aspetto e forma ricordava in maniera incredibile quella dei Gemelli, anche se rispetto ad essa sembrava coprire una porzione minore del corpo, lasciando scoperta la parte superiore delle braccia e delle gambe e la zona dell'addome tra il pettorale e la cintura, a sua volta più corta rispetto a quella del custode della terza casa. L'elmo, che il ragazzo indossava, non raffigurava due facce in opposizione tra loro, ma una sola su entrambi i lati, la faccia dal sorriso leale.
"Chi sei, guerriero, e perchè indossi quest'armatura ?" domandò alla fine l'eroe.
"Come immaginavo, hai riconosciuto in essa la costellazione che brilla nel cielo Boreale, simile ad un generale che veglia per il benessere delle sue truppe! Dei due fratelli leggendari, io sono il prudente comandante d'armate. Castore è il mio nome !" si presentò in tono sereno.
"Castore… uno dei Dioscuri, figli di Zeus !" commentò Pegasus, sorpreso dall'identità del nemico.
"Uno dei Dioscuri, si, ma non figlio di Zeus. Furono due esseri umani a darmi i natali, ed è umano il sangue che scorre nelle mie vene. E' solo grazie alla generosità del sommo Zeus, e di mio fratello Polluce, se io oggi sono qui, a difendere l'Olimpo !" disse semplicemente, per poi continuare "E' legittima la tua sorpresa, quest'armatura assomiglia molto a quella dei cavalieri d'oro dei Gemelli, che tu hai già incontrato in passato, e la cosa ti confonde. Ma non crucciartene, la spiegazione è semplice. Atena, al tempo dei miti, onorò me è mio fratello ispirandosi alle nostre vestigia, ed alla costellazione che da noi prende il nome, per creare quella corazza, che molti valenti cavalieri hanno indossato nel corso dei secoli. Ecco il perchè di tanta somiglianza."
Le parole di Castore in effetti confusero Pegasus, ma più di esse fece il tono rilassato con cui il guerriero le aveva pronunciate, anche perchè nel suo cosmo non sembrava esserci traccia di ostilità.
"Dici che Atena ti ha onorato ispirandosi a te per l'armatura dei Gemelli. E' dunque per ringraziarla che ti poni come nemico sul cammino di un suo cavaliere ?" domandò allora, con una punta di scetticismo nella voce.
"Ahimè, no. In realtà non è mio desiderio combattere, ma Zeus ha dato un ordine preciso, e mai e poi mai potrei disobbedirgli… dopotutto sai bene anche tu quanto la fedeltà sia importante per un guerriero, Pegasus !" rispose Castore, in tono vagamente rammaricato, ma anche con la determinazione di chi non è disposto a discutere sull'argomento. Fu però la sua ultima parola ad insospettire il cavaliere. "Come sai il mio nome ?" chiese.
"Ti conosco, è ovvio. Ho sentito molto parlare delle tue gesta, e so che sei un valente guerriero, come pure un comandante scellerato." replicò l'uomo, guardando Pegasus dritto negli occhi.
"Scellerato ?" ripetè il cavaliere.
"Certo, con quale altra parola si può definire chi conduce i propri compagni al massacro, mandandoli allo sbaraglio in una guerra già persa in partenza ?" incalzò Castore, con tono deciso.
"Che puoi saperne tu, che vivi tra gli agi dell'Olimpo ? Siamo stati obbligati a combattere questa guerra e non ci siamo tirati indietro, perchè da essa dipende la vita di Atena, la nostra Dea !" ribattè Pegasus, punto sul vivo dalle insinuazioni del nemico.
"Questo non ha alcuna importanza ! Un vero comandante ha il dovere di obbedire, certo, ma anche di anteporre la salvezza dei propri uomini alla sua stessa vita, se necessario. E tu sapevi, sapevi che portando gli altri cavalieri sull'Olimpo li avresti condotti ad una morte atroce, contro nemici troppo superiori… saresti potuto venir da solo, eppure non hai esitato. Sei pastore che conduce gli agnelli al macello invece di indirizzarli verso pascoli verdi e sicuri !" accusò il guerriero, con veemenza, come se l'argomento lo coinvolgesse direttamente.
"Ma che sciocchezze stai dicendo ?!" fu l'immediata replica di Pegasus, che stava iniziando a perdere le calma di fronte a quelle accuse. "Sirio, Cristal, Andromeda e Phoenix sono venuti sull'Olimpo di loro spontanea volontà, nessuno glielo ha ordinato ! Lo hanno fatto per amore di Atena, e per proteggere l'umanità, che il tuo Dio minaccia, non per soddisfare me !" dichiarò, stringendo il pugno con rabbia.
"Ne sei sicuro ? Le apparenze forse sono queste, ma in passato non sei stato sempre tu a condurli, di battaglia in battaglia, di nemico in nemico ?" chiese Castore, con un sorriso.
"E allora ?"
"E allora è evidente che si fidano di te e del tuo giudizio, al punto da permetterti di guidarli. Per te sfidano il loro stesso buon senso, perchè sanno che non li hai mai traditi… fino ad ora ! Avete superato dieci templi, è vero, ma siete arrivati qui in condizioni disperate, coperti di ferite, e molte battaglie le avete vinte solo grazie a stratagemmi fortuiti oppure ad errori delle divinità, o intendi negarlo ?" affermò Castore, in tono sempre più incalzante.
"No… non lo nego… però…" iniziò Pegasus, ma l'uomo lo fermò scuotendo decisamente il capo.
"Non vi sono «però» ! Hai portato avanti una strategia inesistente, commettendo un errore dopo l'altro, ed ora i tuoi cosiddetti amici pagano per la tua incapacità ! Anzichè vegliare sulle loro vite, anzichè proteggerli, li hai condotti sull'orlo del baratro, ed ora aspetti che vi saltino dentro ! Non è il modo d'agire di un comandante questo !" dichiarò il semidio, con fermezza e decisione, avanzando di un passo. In quel momento, Pegasus avvertì il cosmo di Cristal iniziare un combattimento con un nemico sconosciuto, ma dall'aura terribilmente aggressiva. Anche Castore se ne accorse, e, all'insaputa del cavaliere, un'ombra di preoccupazione gli velò lo sguardo.
"Adesso è chiaro, stai cercando di confondermi ! Ma questo trucco non ti servirà, preparati !" gridò Pegasus, espandendo il suo cosmo e disegnando in aria le tredici stelle della sua costellazione guida. "Fulmine di Pegasus !!"
Immediatamente, una pioggia di colpi alla velocità della luce sfrecciò verso Castore, che subito sollevò la guardia. Anzichè cercare di respingerli però, il semidio compì una serie di velocissimi movimenti laterali, schivando una dopo l'altra tutte le sfere azzurre del nemico. "Non era mia intenzione confonderti, solo discutere, ma su una cosa almeno hai ragione: siamo qui per combattere, e non c'è tempo da perdere. Finendoti subito, potrò correre in aiuto di chi mi è caro !" esclamò, prima di scattare contro Pegasus, ancora impegnato a scatenare il suo colpo segreto.
"Dev'essere impazzito ! Nessuno può evitare il mio Fulmine correndogli incontro !" pensò l'eroe, per poi gridare "iaiii" ed intensificare l'assalto. Con suo enorme stupore però, Castore continuò a correre tra i fasci luminosi senza che nessuno riuscisse a raggiungerlo, fino ad essere a pochi passi da lui. "Dimentichi che prima di diventar comandante, sono stato corridore tra i più veloci della Grecia antica, mentre i tuoi colpi sono fiaccati dalla fatica !" sussurrò alla fine Castore, concentrando una sfera di energia nel pugno e lanciandola al suolo, proprio davanti ai piedi del nemico.
L'esplosione obbligò il cavaliere ad indietreggiare scoordinatamente, mentre granelli di polvere gli volavano negli occhi, facendoli lacrimare, e costringendolo a sbattere le palpebre. In quel momento, Castore fu su di lui e, compiendo un piccolo salto, lo colpì al mento con una ginocchiata, spingendolo indietro con la bocca sanguinante. A mezz'aria, Pegasus diede un colpo di reni, che gli permise di atterrare su una mano, e contemporaneamente lanciò un'altra scarica del suo Fulmine, sperando di cogliere Castore impreparato.
"Non demorde costui… la sua fama di guerriero è meritata !" pensò il semidio, che non aveva mai diminuito l'attenzione, e quindi fu lesto e schivare il nuovo assalto dell'avversario ed a correre di nuovo verso di lui. Vedendolo arrivare, Pegasus cercò di cambiare tattica e, toccata terra con un piede, si diede lo slancio per eseguire un calcio volante, diretto al volto del nemico. Anche stavolta tuttavia Castore fu più rapido e, con un movimento fulmineo, parò il colpo con il dorso braccio.
L'energia dell'impatto spinse entrambi qualche metro indietro, permettendo loro di rifiatare per una frazione di secondo, per poi scattare di nuovo l'uno verso l'altro. Consapevole che il Fulmine non avrebbe avuto effetto, e che probabilmente il semidio avrebbe schivato facilmente anche la Meteora, Pegasus pensò di mantenere lo scontro sul piano fisico e bloccò l'avversario al polso, per poi lanciarlo contro una parete con una perfetta mossa di judo.
"Ora non potrà difendersi !" pensò il cavaliere, pronto ad usare ancora una volta il suo colpo segreto, ma, con un movimento repentino, Castore atterrò sulle mani e le usò per darsi la spinta necessaria a compiere un salto all'indietro, che gli permise di scavalcare l'eroe. Raggiunta la parete alle sue spalle, il semidio piegò le gambe come una molla, eseguì una nuova capriola a mezz'aria e colpì Pegasus alla base del collo con un calcio poderoso, che lo fece cadere in avanti sanguinante.
"Avevi sottovalutato… la mia… velocità !" commentò il semidio, ansimante e con il volto imperlato dal sudore. Fatto un profondo respiro, concentrò le sue forze nella mano e la calò di taglio, mirando al collo già ferito del ragazzo. Voltandosi di scatto però, Pegasus la bloccò tra le sue, fermandola a pochi millimetri dal viso. Stringendo i denti, l'eroe cercò di respingere l'offensiva, ma la stanchezza, ed il dolore proveniente dalle ferite subite ai templi inferiori, gli impedirono di portare a termine il suo intento, risultando in uno stallo.
"Anzichè provare a studiarmi ti sei subito lanciato all'attacco… non hai saputo pianificare questo duello, come non hai saputo organizzare l'invasione all'Olimpo. Per questo torno a dirti che non sei adatto al comando dei cavalieri di Atena !" mormorò il semidio, cercando di aumentare la pressione, ma non riuscendo a spezzare la presa di Pegasus.
"Smettila con questa storia e pensa a combattere !" rispose a denti stretti il cavaliere, cercando di non mostrare il disagio per le accuse del nemico.
"Il comando è un fardello pesante ! Non bastano grinta ed entusiasmo, chi guida gli altri regge su di se una grande responsabilità, e deve avere forza e abilità sufficienti per farsene carico !" sussurrò Castore, avvicinando il volto all'orecchio del ragazzo.
"Taci !" ringhiò Pegasus, mettendo ancora più energia nei tentativi di far arretrare il semidio.
"Ti brucia tanto sentire la verità ? Perchè tu sai che dico il vero, sai che non c'è traccia di menzogna nel mio cosmo ! Hai guidato i tuoi compagni senza cambiare minimamente la tua indole irruenta, credendo che bastasse una spiccata personalità per poter comandare. Non hai pensato che per ogni errore, per ogni esitazione, non paghi soltanto tu, ma anche loro ! Soprattutto loro ! Sono gli sbagli dei generali a causare le morti dei soldati !" insistette il guerriero, e, dentro di se, Pegasus non potè far altro che concordare con quelle dichiarazioni.
In quel momento, altrove nel labirinto, il cosmo di Sirio esplose, per poi spegnersi dopo pochi secondi. Quasi contemporaneamente, anche il cosmo di Cristal, che fino a quel momento era parso in grado di resistere alle bordate nemiche, si indebolì di colpo.
"Amici !" gridò Pegasus, spalancando gli occhi e vedendo avverarsi le profezie di Castore. Un senso di disperazione ed impotenza lo avvolse, e, quasi senza accorgersene, allentò la stretta sulla mano del semidio. Approfittando del momento favorevole, Castore si ritrasse di colpo, liberando la mano. "Devo finirti, ragazzo, mi dispiace !" dichiarò poi, concentrando in essa una sfera di energia cosmica ed abbattendola sul torace del nemico, che sprofondò nella roccia con un grido di dolore.
Prossimo al perdere i sensi, Pegasus si sentì mancare. L'attacco di Castore non era stato particolarmente potente, ma le sue parole avevano colto nel segno, toccando un nervo da molto tempo scoperto e causando nell'eroe un senso di abbattimento. Nonostante le difficoltà all'apparenza insormontabili, aveva dato il via alla corsa dell'Olimpo con una discreta dose di ottimismo, in cuor suo convinto che alla fine anche questa missione sarebbe andata a buon fine. Era consapevole che lui e gli altri sarebbero stati in netto svantaggio di fronte alla tremenda forza degli Dei, ma le circostanze non erano poi tanto diverse da quelle in cui si erano trovati tante volte in passato: una corsa contro il tempo affrontando nemici superiori. Pur con qualche preoccupazione, questo vago ottimismo era rimasto in lui per buona parte della corsa, ma al tempio di Ares era cambiato tutto.
Il Dio della Guerra era stato come un brusco ritorno alla realtà, aveva sconfitto sia lui che Dragone, e li avrebbe uccisi se non fosse stato per l'improvviso arrivo di Phoenix. Quella sconfitta lo aveva messo dinanzi al terribile potere degli Dei, spingendolo anche a riflettere sulle gravi condizioni in cui lui e gli altri versavano, nonostante fossero ad appena metà della corsa. Nei primi cinque templi infatti erano in qualche modo riusciti a superare gli Dei in una serie di uno contro uno, ma le ferite riportate, e l'energia consumata, erano state tali da rendere quasi impossibile il ripetere tale impresa. Inoltre, il modo in cui il superamento del sesto tempio era stato ottenuto, aveva risvegliato vivido in lui il ricordo della corsa al Grande Tempio. E, in quella corsa, Phoenix, Sirio, Cristal e Andromeda avevano trovato la morte.
Le parole di Dragone sulle scale del settimo tempio lo avevano poi rassicurato, ma, ciononostante, il ragazzo si era sentito segretamente sollevato dal poter affrontare Artemide di persona, senza mettere a repentaglio le vite dei suoi amici. Purtroppo, le battaglie successive non avevano fatto altro che dar alito ai suoi dubbi. Dioniso aveva quasi spinto Cristal alla follia, Eracle aveva mostrato di possedere una forza devastante, con la quale stava per ucciderli tutti, ed Apollo era andato vicino al prendere la vita di Sirio.
Non volendo demoralizzare i compagni, si era sforzato di nascondere loro il suo sconforto, ed alla fine era riuscito a negarlo anche a se stesso, ad allontanare il pensiero dalla mente, spingendolo fin nei recessi della sua anima. Le taglienti parole di Castore però lo avevano riportato drammaticamente in superficie, e ora la consapevolezza di aver condannato le persone a lui più care stava generando in lui un terribile senso di abbattimento e fallimento, impedendogli di rialzarsi e di portare avanti la battaglia.
Stanco, il cavaliere chiuse gli occhi, preferendo lasciarsi cullare dalle ombre. "La giusta fine per un'impresa persa in partenza… Troppo abbiamo osato venendo qui, sfidando gli Dei dove sono più forti… ed ora gli altri pagano il fio delle mie colpe. Perdonatemi, amici…" sussurrò, in procinto di abbandonarsi del tutto all'oblio.
Improvvisamente però, nella sua mente si riaffacciò un ricordo da tempo dimenticato, quello di un giorno sereno trascorso al collegio St. Charles, poco tempo dopo la vittoria su Nettuno. Lui, Sirio, Cristal, Andromeda e Lady Isabel erano andati a trovare i loro piccoli amici, rassicurandoli che le lunghe piogge erano finalmente terminate e spiegando loro cos'era successo. "Alla fine abbiamo vinto perchè Pegasus si è lanciato contro una colonna ! Ecco un raro esempio di acume tattico !" lo aveva ad un tratto bonariamente canzonato Cristal, causando una risata generale, cui lui stesso aveva preso parte. Per il resto della giornata però, il suo umore si era adombrato e, dopo cena, era uscito da solo dall'orfanotrofio, andando ad osservare il cielo stellato dal lungomare. Notando il cambiamento, Sirio lo aveva raggiunto, chiedendogli se andasse tutto bene. Bisognoso di un consiglio, il cavaliere aveva confidato all'amico i propri dubbi "So che Cristal stava scherzando, ma forse aveva ragione ! Abbiamo sconfitto Nettuno solo grazie ad un miracolo, ed in fondo la sorte ci ha assistito anche ad Asgard ed al Grande Tempio…. Ogni volta che dobbiamo combattere, io carico a testa bassa, accettando le regole imposte dal nemico e spingendo anche voi a fare lo stesso, ma magari, se qualche volta mi fermassi ad organizzare un piano, potremmo vincere un pò più facilmente. Se tre di noi si fossero diretti subito da Nettuno, i Generali avrebbero lasciate incustodite le loro colonne e gli altri avrebbero potuto abbatterle senza sforzo, e se avessi sospettato un attacco a sorpresa, forse avrei potuto difendere milady dalla freccia di Betelgeuse !".
Dragone aveva ascoltato in silenzio le parole dell'amico, lasciandolo finire prima di pronunciarsi, poi si era appoggiato con la schiena al parapetto del lungomare e, sollevando lo sguardo al cielo, aveva detto "Chissà, forse hai ragione, ma non ha senso rimunginare su quel che sarebbe potuto essere. La vita di ogni uomo è composta da scelte, ed i cavalieri non fanno eccezione. Prima di demoralizzarti però, c'è una cosa su cui dovresti riflettere."
"Che cosa ?" gli aveva chiesto Pegasus, sinceramente incuriosito.
"In un modo o nell'altro, noi abbiamo vinto tutte quelle battaglie…" gli aveva risposto Sirio con un sorriso.
Castore respirò profondamente per alcuni secondi, cercando di riprendersi dallo sforzo del combattimento. "Sei stato un valido avversario… spero che il sonno eterno ti permetta di comprendere i tuoi sbagli !" commentò in tono mesto, osservando la fossa in cui aveva sprofondato il nemico, per poi voltarsi di scatto e pensare "Polluce, fratello mio ! Frena la tua irruenza, presto sarò al tuo fianco !"
Dopo pochi passi però, la sua corsa venne fermata da un cosmo ardente, che esplose nel sottosuolo. Voltandosi, il semidio vide Pegasus uscire dalla fossa, all'apparenza di nuovo pieno di energie e pronto alla battaglia.
"Sei ancora vivo !" gridò Castore, sbalordito.
"Non avrai creduto che bastasse quella carezza a sconfiggermi ? Sarai anche un bravo comandante, ma non eccelli certo in virtù guerriera !" ribattè il ragazzo con un sorriso di sfida, mentre il suo cosmo si espandeva sempre più.
"Vuoi ancora combattere ? perchè ? per avere un'altra possibilità di condurre i tuoi cosiddetti amici alla rovina ?" lo provocò allora il semidio, sollevando la guardia e preparandosi all'attacco, ma stavolta Pegasus non si curò delle sue parole. "Parli tanto ma combatti poco, "comandante". Io però ho fretta di uscire da queste tetre caverne !" rispose, piegando più volte verso di se le dita della mano ed esortando il nemico all'azione.
"E va bene ! Prendi !" urlò allora Castore, spazientito, lanciando un raggio di energia cosmica dorata contro il cavaliere. Stavolta pronto, Pegasus fece lo stesso, e le due energie si confrontarono a mezz'aria per svariati secondi.
Improvvisamente, da qualche altra parte nel labirinto, i cosmi di Cristal e del suo avversario esplosero. "Polluce, no !" gridò allora Castore preoccupato, mantenendo l'attacco ma girando di scatto la testa.
"E' distratto, questo è il momento !" pensò Pegasus, che invece era rimasto concentrato sul duello in atto. "Brucia, costellazione delle tredici stelle, fino all'ultimo cosmo ! Cometa di Pegasus !!"
A quel grido, Castore tornò a guardare il nemico, ma era già troppo tardi. La cometa di luce saettò verso di lui, annullando con facilità il suo attacco e travolgendolo in pieno. L'armatura che indossava andò in pezzi in più punti, ed il semidio crollò esanime al suolo, circondato da una pozza di sangue.
Malinconico, Pegasus gli si avvicinò. "Castore, mi hai accusato di aver condotto l'attacco all'Olimpo senza pianificare alcuna strategia, ma ti sbagli. Nel guidare questa corsa, come pure tutte le imprese passate, ho messo in pratica l'unica strategia che potesse funzionare in una situazione disperata: ho creduto nei miei amici ! Nella saggezza di Sirio… nella freddezza di Cristal… nella purezza di Andromeda… nell'ardore di Phoenix ! Non li ho protetti, non gli ho impedito di combattere, perchè ho in loro la più totale fiducia, così come loro l'hanno in me. Tu ritieni chi ti segue incapace di muovere un passo senza una guida, e per questo ti senti obbligato a vegliare continuamente su di loro. Io invece so quanto straordinari siano i miei compagni, e questo mi permette di camminare sicuro…, di affrontare con serenità anche le imprese più disperate. Sono fiducia ed amicizia ad unirci, non cieca obbedienza !" commentò il ragazzo. Attimi dopo, il labirinto attorno a lui scomparve.
Pegasus e Cristal apparvero contemporaneamente nel salone principale del tempio di Atena.
"A quanto pare abbiamo superato anche questo tempio !" disse il Cigno, e Pegasus annuì. Guardandosi attorno però, i due videro qualcosa che li terrorizzò. Al suolo, davanti alla statua di Atena, giaceva Dragone, pallidissimo e con gli occhi chiusi, circondato da un lago di sangue, proveniente dalla ferita al fianco, ma anche dalla bocca, e da decine di altre piaghe, che grondavano linfa vitale attraverso le crepe dell'armatura divina.
"Sirioo !!!" urlò Pegasus, correndo verso l'amico insieme a Cristal. Ai due bastò un'occhiata per rendersi conto di quanto fossero disperate le condizioni del Dragone.
"E' ferito dappertutto… ed ha molte costole rotte. Alcune devono avergli perforato un polmone !" analizzò Cristal, con la voce prossima al panico nonostante la proverbiale freddezza. La gioia per la vittoria ottenuta su Polluce era già dimenticata.
"Puoi fare qualcosa ?" domandò Pegasus di rimando, anche lui vicino alla disperazione.
"No… non lo so ! Posso fermare la fuoriuscita di sangue, ma non servirebbe a nulla… l'emorragia è troppo estesa anche internamente !" rispose il cavaliere del Cigno, scambiando con l'amico uno sguardo colmo di preoccupazione.
"No ! Io non mi arrendo così !" sbraitò Pegasus, alzandosi di scatto e cercando di sollevare l'anfora dell'Ichor.
"Che vuoi fare ? Lady Isabel ha detto che i poteri dell'Ichor sono ridotti, non basterà a salvarlo !" esclamò Cristal, aiutando lo stesso l'amico a sollevare l'anfora dall'altare.
"Dobbiamo tentare ugualmente ! Atena non permetterà che Sirio muoia, non qui, nel suo tempio ! E se qualche goccia di sangue divino non basterà a salvarlo, allora ne useremo di più !" ribattè Pegasus, inclinando l'anfora abbastanza da far scorrere l'Ichor sul fianco dell'amico.
Non accadde nulla, il corpo di Sirio non rispose in alcun modo al sangue divino che lo stava bagnando.
"Perchè non succede niente !" gridò Pegasus, con le lacrime agli occhi.
"Che sia… troppo tardi ?" si domandò Cristal, anche lui prossimo al pianto.
Poi, all'improvviso, il cosmo di lady Isabel esplose ai piedi del tempio di Ermes. Fu solo per una frazione di secondo, ma in quell'attimo anche l'Ichor brillò di una luce dorata, e Cristal e Pegasus poterono vedere, sbalorditi, la ferita al fianco di Sirio che smetteva di sanguinare e si cicatrizzava. A loro insaputa, anche il danno al polmone venne sanato.
Col fiato sospeso, i due amici osservarono Dragone, e finalmente il cavaliere diede segni di vita e tossì, riaprendo gli occhi.
"Pegasus… Cristal… state bene ?" domandò, mettendosi a sedere e tastandosi il fianco. La ferita c'era ancora, ma si era richiusa, ed ora il ragazzo si sentiva più in forze.
"Si… noi stiamo bene, ma tu ci hai fatto prendere un bello spavento !" rispose Pegasus, sorridendo ed aiutando l'amico ad alzarsi. Non appena Sirio si fu rimesso in piedi, anche lui e Cristal toccarono il sangue divino, e subito una sensazione di benessere li avvolse.
"Pegasus ! Phoenix e Andromeda non sono più qui ! Sento i loro cosmi in prossimità dell'ultimo tempio !" esclamò ad un tratto il cavaliere del Cigno.
"Mpf… a quanto pare hanno deciso di fare di testa loro e precederci ! Coraggio, andiamo anche noi ! Manca un tempio, un unico tempio, e finalmente saremo da Zeus !" esortò Pegasus scattando verso l'uscita. Alle sue spalle, Sirio e Cristal si scambiarono uno sguardo di intesa, poi corsero dietro all'amico.
Le vittorie dei cinque eroi però non erano passate inosservate. Dal grande salone del suo tempio infatti, Zeus aveva seguito ancora una volta lo svolgersi degli eventi grazie al cosmo.
"Polluce, figlio mio… anche tu sei stato sconfitto ! Non è servito permettere a te e Castore di condividere un giorno nel mondo dei vivi, così come non sono bastati il desiderio di libertà di Atlante, la furia bestiale del Minotauro ed i poteri di Megera… quei cinque ragazzi si sono mostrati ancora una volta superiori ! Perdonami per averti mandato in battaglia pur sapendo che, diversamente dagli Dei, tu non sei immortale… ma ho dovuto farlo, era necessario !" esclamò il re degli Dei, addolorato per la caduta del figlio. In quel momento non sembrava affatto l'essere leggendario rispettato e temuto da tutti sull'Olimpo, ma solo un padre vecchio e sofferente.
"Lo era davvero ?" domandò in quel momento una voce, che spinse Zeus ad alzarsi di scatto dal trono su cui era seduto, temendo un attacco. Aveva congedato Demetra non appena i combattimenti erano iniziati, e non vi sarebbe dovuto essere nessun altro nel tredicesimo tempio. La sua sorpresa però non durò che pochi attimi, poi riconobbe il cosmo azzurro che si era manifestato nell'edificio e si rilassò, mentre l'incarnazione mortale di suo fratello Nettuno gli si materializzava davanti.
"Nettuno ! Avevo sentito spezzarsi il sigillo di Atena che ti intrappolava, ma non mi aspettavo una tua visita. Cosa ti ha portato fin quassù ?" esordì il re degli Dei, un pò seccato dall'improvvisa apparizione del fratello, e soprattutto dall'essere stato colto in un momento di sconforto.
"Non lo immagini ? L'eco di questa guerra è giunto anche sulla Terra, la mia stessa liberazione ne è la prova. Si dice… che tu voglia vendicarti della razza umana per il suo comportamento irrispettoso, ed ovviamente questo ha spinto Atena ed i Cavalieri dello Zodiaco a contrastarti…" riassunse l'imperatore dei sette mari, fissando il fratello negli occhi.
"So quel che ho fatto e so perchè l'ho fatto ! La cosa ti sorprende ? se non sbaglio sei stato proprio tu il primo fra noi a decidere di purgare la Terra dalla piaga degli uomini, perchè io non dovrei fare lo stesso ?" rispose Zeus in tono distaccato, ma queste parole non convinsero Nettuno.
"Non prenderti gioco di me ! Sei il più potente tra i numi Olimpici, e nessuno di noi oserebbe mai mettere in discussione la tua autorità, ma io sono ancora tuo fratello, e ti conosco bene. Pur non interferendo, non sei mai stato d'accordo con i piani di conquista miei, di Hades e di Ares, e nel corso dei millenni hai più volte elogiato l'operato di Atena. Questo tuo improvviso desiderio di distruzione mi lascia perplesso…come pure questa guerra, e le condizioni in cui la stai facendo combattere !" insistette il Dio dei mari, badando però a mantenere pacato il proprio tono. Sapeva bene che una parola malriposta avrebbe potuto accendere l'ira del fratello, cosa che sarebbe risultata sia pericolosa che controproducente ai fini della conversazione.
Zeus però fece un sorriso tirato e gli si avvicinò "Credi ci sia dell'altro ? In fondo avrei dovuto immaginarlo… gli altri Dei sono giovani, ma noi… noi siamo figli di Crono, e ci siamo divisi il mondo !" sibilò.
"E allora perchè ?" chiese finalmente Nettuno, teso e con un rivolo di sudore che gli scorreva sul volto.
"Mi fai una domanda di cui già conosci la risposta ! Il terrore che ti leggo in viso ne è la prova !" sussurrò Zeus, guardandolo negli occhi.
A quest'affermazione, Nettuno barcollò indietro, quasi come se fosse stato colpito dall'attacco di un nemico. Il suo volto era pallidissimo, gli occhi dilatati dalla paura. In quello stesso momento, il cielo, finora sereno, venne oscurato da enormi nubi temporalesche, riflesso dello stato d'animo di Zeus, e per la prima volta in migliaia d'anni, la pioggia iniziò a cadere battente sull'Olimpo
Non riuscendo a reggere alla tensione, il Dio dei mari lasciò andare il tridente, che finora aveva stretto in pugno, e cadde in ginocchio.
"A… allora… è lui… è veramente lui !" balbettò tremante, alzando gli occhi verso il fratello, che nel frattempo si era allontanato di qualche passo da lui ed ora aveva lo sguardo perso vuoto.
"E'…" iniziò, e il fragore dei tuoni coprì le sue parole.