SUSSURRI DI MORTE
Il cielo d'Irlanda brillava di tenui bagliori rossastri, mentre il sole iniziava lentamente ad abbassarsi verso l'orizzonte, segno che il tramonto era ormai prossimo, e che presto la notte avrebbe ancora una volta avvolto tutto nel suo manto di ombra. Nelle città, lavoratori stanchi si lasciavano finalmente alle spalle un'altra giornata di fatica, per avviarsi verso casa, e nelle campagne gli animali iniziavano a ritirarsi nelle loro tane, per il riposo e per sfuggire ai predatori notturni. Tuttavia, a causa della latitudine della verde isola, la luminosità era ancora considerevole, e ci sarebbero volute ancora molte ore prima il buio calasse davvero.
Per quanto belli fossero i colori del cielo pomeridiano però, non tutti erano interessati ad ammirarli. Tra questi, una giovane coppia, la cui auto era parcheggiata in una strada di terra battuta tra le verdi e sterminate campagne, lontano dai centri abitati, e che in quel momento era impegnata in attività ben più piacevoli.
"Mmmh… si sta facendo tardi… dovremmo tornare a casa…" disse, senza particolare convinzione, Ginny, guardando distrattamente le ombre allungarsi fuori dal finestrino.
"E' ancora presto…" rispose Arthur, continuando a baciarle il collo scoperto, e lasciando scivolare la mano all'interno della sua camicetta sbottonata, facendole emettere un risolino.
Ginny gli alzò dolcemente la testa con le mani, baciandolo con passione sulle labbra, ma poi iniziò a riabbottonarsi. "Hai guidato più di mezz'ora per arrivare qui, se non partiamo subito mio padre sarà a casa prima di me, e non voglio essere sottoposta ad un interrogatorio!" disse con una certa fermezza, salvo poi sorridere alla vista dell'espressione delusa del suo boyfriend ed aggiungere "Torneremo qui domani…"
Sospirando, Arthur si chinò per recuperare la maglietta, che era finita sotto il sedile, e in quel momento notò qualcosa muoversi ad alcuni metri di distanza fuori dal finestrino alle spalle di Ginny.
"C'è… qualcuno nella brughiera!" esclamò, con una certa sorpresa.
"Ci stava spiando?!" si allarmò Ginny, voltandosi di scatto e chiudendo i lembi della camicetta, ma Arthur scosse la testa, socchiudendo gli occhi per guardarlo meglio, in quanto sembrava avvolto da un intenso bagliore dorato.
"Non ci ha neanche visto credo, sta camminando in mezzo all'erba… sembra in trance! Forse è un vagabondo!" disse perplesso. Ginny fissò a sua volta lo sconosciuto, convenendo che si muoveva più come un sonnambulo che come qualcuno consapevole del luogo in cui si trova. Poi un pensiero le attraversò la testa e strinse preoccupata la mano di Arthur.
"Se continua in quella direzione arriverà alle torbiere! Guardalo, non sembra in se! Potrebbe sprofondare negli acquitrini e annegare!" esclamò allarmata.
Arthur la fissò per qualche secondo, incerto su cosa fare, poi aprì lo sportello dell'auto "Il cellulare qui non ha campo, se succedesse qualcosa non potremmo avvisare nessuno! Andiamo a parlargli, forse possiamo dargli uno strappo in città!" disse, uscendo e correndo nell'erba verso lo sconosciuto. Dopo qualche secondo, Ginny lo seguì.
"Ehi! Amico! Ehi! Mi senti? Fermati!" gridò il ragazzo, senza ottenere alcuna risposta, se non la luce di bagliori e riflessi sempre più intensi.
"Ma che diavolo…" mormorò, coprendosi gli occhi con la mano e raggiungendolo. A pochi passi però si fermò di colpo, sbalordito.
"Per la miseria!" esclamò incredulo mentre anche Ginny lo raggiungeva, fermandosi a sua volta con gli occhi spalancati "E' oro! Questo tizio è vestito d'oro!! Cos'è, uno scherzo?"
"No… non è un vestito… guarda, sembra piuttosto una specie di armatura…" balbettò lei, guardandola con attenzione, e non riuscendo a trattenere un brivido alla vista dell'elmo, sul cui lato era inciso un viso umano. "Forse è un costume di scena e lui è la comparsa di un film…" ipotizzò.
"Dai capelli sembrerebbe un cantante…" pensò tra se e se Arthur, prima di allungare il braccio per fermarlo "Chiunque sia, non sta bene. Guardagli gli occhi, sono vitrei, fissi nel vuoto… non si è nemmeno accorto di noi penso! Dobbiamo portarlo all'A&E"
Ginny deglutì preoccupata ed annuì, ma in quel momento un suono si diffuse nell'aria, simile ad un canto funebre, un lamento lontano, ed i due gridarono di dolore, crollando in ginocchio con le mani alle orecchie.
"Cos'è questo suono?! E' terribile, fallo smettere, ti prego!!" urlò la ragazza.
"E' come se una lama mi stesse trapassando il cervello!! Dobbiamo andare via, non riesco a sopportarlo!!" gridò Arthur in agonia, mentre il naso iniziava a sanguinargli copiosamente.
Incapaci di rimettersi in piedi, i due tentarono disperatamente di allontanarsi, ma non ebbero fatto pochi movimenti che crollarono a terra, privi di vita.
Ignaro di quel che era appena accaduto attorno a lui, come di tutto ciò che era successo sin dal suo arrivo in Irlanda, Kanon di Gemini continuò a camminare, vedendo davanti a se solo un sentiero vuoto da seguire.
Pian piano, il paesaggio attorno al cavaliere d'oro cambiò. L'erba della brughiera fu sostituita da un terreno fangoso e acquitrinoso, e nell'aria si sollevò l'umidità ed il puzzo delle torbiere. Sempre in uno stato di trance, Kanon continuò a camminare, finchè, oltre mezz'ora dopo, non mise piede in una di esse, arrestandosi di colpo. In pochi secondi, il suo corpo iniziò a sprofondare nel fango, scomparendo alla vista.
"Ah ah ah ah! Finito è colui che mi era stato mandato incontro, senza che avessi bisogno neppure di sollevar la mano! E' bastata la mia voce a mettere fine al suo peregrinare! Che vengan pure altri Cavalieri di Atena, medesimo destino attende tutti loro! Saranno sepolti nel fango, dove meritano! Dei loro cadaveri colmerò il fondo di questa torbiera!" esultò dall'ombra di un'albero una voce estatica e cantilenante, riecheggiando nel vento.
Ad un tratto però, la figura si arrestò di colpo, fissando con occhi leggermente dilatati la superfice fangosa della torbiera, improvvisamente agitata come da una corrente violentissima. Un attimo dopo, una colonna di luce accecante si innalzò al suo interno, e con un balzo Kanon ricomparì all'esterno ed atterrò sulla terraferma, sporco di fango ma altrimenti incolume.
"Come hai fatto?!" sussurrò la figura, fissandolo con rabbia, cui Kanon rispose con un sorrisino di scherno.
"Mpf… la mancanza d'aria mi ha svegliato e mi sono liberato… non basta certo questa lurida fanghiglia per fermare un Cavaliere d'Oro! Non so come tu abbia fatto a portarmi fin qui, ma avresti dovuto tentare qualcosa di più efficace per sconfiggermi!" disse con un misto di ironia e freddezza.
"Così pare… bene, vuol dire che avrò modo di divertirmi con te, da troppo tempo sono stata privata di vittime con cui dilettarmi!" rispose allora il Guardiano, uscendo dall'ombra, e stavolta la sua voce non risuonò nell'aria, ma direttamente nella testa del Cavaliere d'Oro, che subito si incupì.
"Telepatia?" si chiese, socchiudendo gli occhi, fissando per la prima volta con attenzione la persona che aveva di fronte, e trattenendo a fatica un sussulto di sorpresa.
Era una donna, bella, ma di una bellezza appassita e consumata, ed il cui aspetto sembrava quello di un fantasma o di uno spirito maligno piuttosto che di un essere umano. Era magra, giovane ma quasi smunta in viso, e la sua carnagione era di un pallido azzurro. Lunghi capelli di un intenso blu marino le scendevano fino a metà della schiena, ma anzichè obbedire alla forza di gravità, sembravano fluttuare ed agitarsi attorno al suo corpo, come se fossero immersi in acqua. Le orecchie, decisamente più alte del normale, erano appuntite, mentre gli occhi erano totalmente bianchi e privi di pupilla, e sembravano brillare minacciosi, quasi come se fossero fosforescenti, dando al suo viso un'apparenza spettrale. Per di più, non indossava alcuna armatura, ma solo un semplice vestito verdino lungo, stretto in vita da una cintura d'oro a forma di V. Le maniche, e soprattutto la gonna dell'abito, erano completamente laceri, agitandosi attorno a lei come un mantello dai bordi strappati, e lasciando scoperte le gambe ossute ed i piedi scalzi, che anzichè poggiare a terra, sembravano levitare a pochi centimetri dal suolo.
Nel percepire il suo cosmo, gelido e penetrante come aghi di ghiaccio, Kanon non potè trattenere un brivido, ma quasi subito la sua attenzione si spostò verso una flebile colonna di luce che brillava alcuni metri alle spalle della donna: il Sigillo di Oberon.
"Sei preposta alla difesa del Sigillo, come immaginavo! Ma se il tuo re pensava di potermi spaventare mettendone a guardia una specie di fantasma, allora ha ancora molto da imparare sui Cavalieri di Atena!" affermò impassibile, senza alcuna traccia di timore nella voce.
A queste parole, un sorriso interessato si allargò sul viso della donna "Ooh… il mio aspetto non ti fa paura?"
"Come potrei aver paura di te, io che ho camminato persino tra i dannati dell'Inferno?! Se sai quel che è meglio per te, fatti da parte e permettimi di distruggere il Sigillo, che tu non abbia a pentirtene!" disse deciso, fissandola negli occhi.
Anzichè controbattere qualcosa però, la donna continuò ad osservarlo e sorridere sinistramente, come a soppesarne le capacità. Stanco di quel silenzio, Kanon iniziò a camminare verso di lei, lentamente ma senza esitare "E' Kanon di Gemini il mio nome celeste! Chi sei invece tu, custode d'Irlanda?" domandò, chiedendosi quasi contemporaneamente se lo stesse facendo per reale curiosità, o solo per scoprire qualcosa di più su un nemico che, pur non spaventandolo, lo faceva sentire stranamente inquieto, come di fronte ad un senso di tragedia imminente.
"Così ardito! Potresti essere un nemico più piacevole di quel che pensavo, umano! Ti metterò alla prova!" sibilò, ignorando la domanda di Kanon e lasciando che le parole risuonassero direttamente nella sua testa.
Aspettandosi un attacco, il cavaliere di fermò di colpo, pronto alla battaglia, ma quel che accadde dopo lo lasciò senza parole. Allargando le braccia, la donna si alzò in aria di qualche metro, con il vestito ed i capelli che vorticavano attorno al suo corpo, e contemporaneamente un gelido vento iniziò a soffiare sul campo di battaglia, strappando rami e foglie dagli alberi vicini. In pochi secondi, i suoi lineamenti iniziarono a cambiare, gli arti ad unirsi e scomparire, l'azzurro ed il verde della pelle e del vestito a fondersi in un unico colore.
Attimi dopo, di fronte a Kanon non vi era più la donna di poco prima, ma un serpente alto quanto un essere umano, dal corpo spesso e sinuoso, le cui spire scorrevano sull'erba fangosa. Il Cavaliere non fece in tempo che a fare un passo, sbalordito da quella trasformazione, che l'essere scattò in avanti, le zanne tese pronte a colpire.
Reagendo di riflesso, Kanon balzò di lato per schivarlo, rotolando su un fianco e poi alzandosi su un ginocchio, concentrando il cosmo nel suo pugno e sferrando un raggio di luce, che però il serpente evitò piegando la testa, prima di scattare di nuovo in avanti. Stavolta pronto, il guerriero nè parò il colpo con il dorso del bracciale, facendo rimbalzare le zanne senza che la sua corazza subisse alcun danno, e contemporaneamente sollevò il taglio della mano libera per colpire. Il serpente però si contorse su se stesso, facendo calare la possente coda come una mazza e centrando il guerriero sul lato dell'elmo, che risuonò pesantemente, obbligandolo ad indietreggiare di un passo.
Immediatamente, l'animale si sollevò in tutta la propria altezza, lanciandosi in avanti con le fauci spalancate. Scattando a sua volta, Kanon sferrò un pugno, che però scivolò sulle squame dell'animale, ora a pochi centimetri dal suo viso. Rapido come la luce allora, il custode della terza casa afferrò l'animale alla base della testa con la mano libera per bloccarlo.
Sibilando furiosamente, il serpente cercò invano di far scattare la testa in avanti per morderlo, senza però riuscire a liberarsi dalla stretta del Cavaliere, che concentrò una sfera di cosmo nell'altra mano e lo colpì in pieno muso.
"E' tutta qui la tua forza?! Ben misero nemico ho davanti!" esclamò, ma non ebbe finito di parlare che il serpente fece schioccare la coda come una frusta, colpendolo in pieno al fianco e scaraventandolo in aria di alcuni metri.
Grugnendo di dolore, Kanon cadde sull'erba, scivolando su di essa per qualche metro. Nel tempo di cui ebbe bisogno per rialzarsi, il serpente si avventò di nuovo su di lui, stavolta avvolgendo le sue spire attorno al torace del cavaliere, imprigionandolo in una stretta mortale. Saldamente protetto dalla resistenza dell'armatura dei Gemelli, ma anche incapacitato ad usare le braccia, Kanon si ritrovò faccia a faccia con il serpente, la cui lingua nera gli schioccava sul viso, e si accorse con una punta di preoccupazione che il colpo di poco prima non aveva causato alcuna ferita.
"Incapace di resistere anche alla mia forma più debole! E' questa la grande forza dei famosi Cavalieri d'Oro?" sibilò una voce nella sua testa, mentre il serpente apriva le fauci per colpirlo al volto indifeso.
Kanon però chiuse gli occhi, sorridendo leggermente mentre i bagliori del suo cosmo lo circondavano di una luce dorata, obbligando la testa del serpente ad indietreggiare con gli occhi socchiusi.
"Della grande forza di cui parli non ho certo bisogno contro avversari di così bassa risma!" commentò, facendo esplodere il suo cosmo e liberandosi con forza, mentre il serpente veniva spinto indietro dal possente potere dei Gemelli, sbattendo duramente al suolo.
Sibilando, si sollevò per attaccare di nuovo, ma Kanon allargò le braccia e l'universo stesso sembrò avvolgere il campo di battaglia. "Guardiana senza nome, cadi nel luogo ove le stelle si spengono una ad una! Dimensione Oscura!!" gridò, lanciando il suo attacco micidiale ed investendo in pieno il serpente, che sembrò incapace di liberarsi dal risucchio dimensionale.
Improvvisamente però, l'animale si avvolse su se stesso, scomparendo in un bozzolo di luce, ed un attimo dopo la donna ricomparve di fronte a Kanon, nuovamente in forma umana, mentre la Dimensione Oscura scompariva alle sue spalle.
"Sei sfuggita alle maglie dell'altra dimensione, ben pochi ne sono stati capaci!" dovette ammettere il Cavaliere d'Oro.
"La tua forza potrà anche renderti un Dio tra gli uomini, ma il destino ti ha posto sulla strada di chi non riuscirai mai a vincere! Per un membro del popolo magico, questi non sono che trucchi da bambini!" esclamò in tutta risposta la Guardiana, fissandolo con orgoglio e scherno.
"Abitante… del popolo magico?!" ripetè Kanon, per la prima volta realmente sorpreso "Qual è il tuo nome? Chi sei veramente?!"
"Ti risponderò, che il mio nome ti getti nella disperazione!" disse mentalmente la donna, ma poi le sue labbra si allargarono in un sorriso malvagio, e fu parlando normalmente che riprese "Sono la sesta figlia di Oberon, signore della Terza Razza! E' dimenticato da secoli il mio vero nome, ma gli uomini mi chiamano Banshee, colei che declama lamenti di morte!" dichiarò, e la sua voce risuonò terribile sul campo di battaglia, ululando come il più tempestoso dei venti. Contemporaneamente, Kanon si accasciò in ginocchio, portandosi le mani alle orecchie e gridando di agonia, di fronte allo sguardo divertito di Banshee.
"La mia voce può sedurre e incantare, o causare dolore oltre ogni immaginazione! Morirai, Cavaliere d'Oro, accompagnato dal canto di morte che solo Banshee può intonare! Ah ah ah ah!!" gridò, ridendo dell'espressione sconvolta di Kanon, improvvisamente piegato in due da una sofferenza indescrivibile, paragonabile solo a quella della Cuspide Scarlatta di Scorpio.
"Questa voce… è come se mi penetrasse nel cervello, avvolgendo il mio corpo nel fuoco!" esclamò il Cavaliere a denti stretti, contorcendosi a terra e graffiando il suolo con le dita. Per quanto provasse a concentrarsi, ad escludere il suono della voce di Banshee, niente sembrava avere effetto, al punto che il ragazzo sarebbe stato tentato di sfondarsi i timpani con le sue stesse mani pur di porre fine a quel tormento, se un giorno, quando vestiva ancora i panni del Dragone del Mare, Syria non gli avesse spiegato che le tecniche sonore non hanno bisogno del sistema uditivo per raggiungere il loro bersaglio.
Dopo averlo guardato ancora per qualche secondo però, il Guardiano cambiò espressione, sollevando una mano. "Potrei finirti solo con la voce, ma non sarebbe abbastanza! A te che hai sfidato la potenza di Avalon, spetta una fine ben più lenta!" tuonò, sollevando il nemico per la gola ed avvicinandolo per qualche attimo ai suoi occhi lucenti, per poi gettarlo bruscamente a terra a qualche metro di distanza.
Sorridendo sinistramente, e continuando ad intonare il suo canto di morte, Banshee iniziò ad espandere il suo cosmo verdognolo, e le dita delle sue mani si mutarono in artigli.
"Prendere la tua testa, questa sarà la fine più appropriata! Conquisterò una vittoria che nessuno potrà mettere in dubbio, nè sulla Terra nè ad Avalon!" ululò, lanciandosi all'attacco.
In quel momento però, il corpo di Kanon iniziò a brillare d'oro, ed il cavaliere si rialzò faticosamente sulle gambe, fissando la nemica con aria di sfida.
"Uuh… canta, canta pure le tue nenie finchè avrai fiato, ma esse non ti porteranno mai alla vittoria! Che sarà mai una figlia di Oberon per chi in passato ha ingannato anche gli Dei?! Fatti avanti!" ringhiò, con un'energia tale da far esitare Banshee, e lanciando un raggio di luce.
Per un attimo, la donna parve incerta, ma poi l'intensità del suo canto aumentò, e contemporaneamente sferrò a sua volta un raggio di energia, intercettando a mezz'aria quello di Kanon e respingendolo, fino a centrare in pieno il cavaliere e scaraventarlo contro un albero.
Banshee però non interruppe l'attacco, volando sulle ali del vento infatti si lanciò contro il nemico, calando gli artigli contro il suo viso. Assordato dal suo canto e rallentato dal dolore, Kanon riuscì a reagire solo all'ultimo secondo, incrociando le braccia per difendersi e fermando la mano della donna, che però si limitò a sorridere ed a colpirlo al fianco con l'arto libero, sbilanciandolo, e poi al viso con un manrovescio, che gettò di nuovo a terra l'eroe, facendo rotolare nel fango il suo elmo.
Facendosi forza, Kanon si rialzò subito in ginocchio, mentre rivoli di sangue grondavano dal naso e da un taglio al labbro. Prima ancora che potesse rimettersi in piedi però, due raggi di energia lo colpirono alle spalle, facendolo di nuovo strisciare nel fango, fino a spingerlo sul bordo della torbiera
"E' giunta la tua ultima ora! Prega Atena se ancora ne hai le forze, invoca la sua misericordia, perchè Banshee non avrà alcuna pietà!!" gridò la donna volando verso di lui, e generando con i suoi movimenti un vento intensissimo, che sbalzò in aria il Cavaliere, imprigionandolo in una tromba d'aria.
Numerosi tagli comparvero sulle poche parti del corpo che l'armatura lasciava scoperte, e ben presto il vortice si tinse di sangue, ma per quanto intensa fosse la sua energia, il cosmo di Kanon continuava a risplendere.
"Di… di misericordia non sarò io ad aver bisogno!" esclamò l'eroe a denti stretti, sollevando il braccio di scatto e puntando il dito verso Banshee "Colpo… del Re Diavolo!"
Un sottile raggio di energia partì dal suo indice, colpendo Banshee in piena fronte e facendola barcollare a mezz'aria, mentre il vortice si disperdeva lasciando cadere Kanon malamente al suolo.
Respirando affannosamente, il cavaliere si rialzò in piedi, sforzandosi di non dare a vedere quanto difficile fosse anche solo mantenere l'equilibrio dopo aver subito il canto di Banshee, ma anche sollevato dall'aver finalmente ridotto al silenzio la sua voce. La donna infatti era immobile, con lo sguardo quasi perso nel vuoto ed un'espressione assente.
"Il Colpo del Re Diavolo è una tecnica divina, originariamente nota soltanto ai Grandi Sacerdoti di Atena! Essa sottomette completamente la volontà di chi lo riceve! Figlia di Oberon, ora mi lascerai distruggere il Sigillo che custodisci, e poi tornerai ad Avalon a prendere la testa del tuo sovrano!" esclamò con freddezza, respirando profondamente e riprendendo fiato, prima di muovere un passo verso la luce del Sigillo.
In quello stesso momento però, il cosmo di Banshee riprese a splendere, e la donna scoppiò a ridere sguaiatamente, strappando un grido di dolore al cavaliere, di nuovo vittima della sua voce.
"Come può essere… hai subito il Colpo del Re Diavolo… la tua volontà dovrebbe essere stata annullata ormai!!" disse a fatica il Cavaliere, osservando con occhi sbarrati la sua nemica, palesemente incolume.
"Potrai anche vantarti di aver ingannato gli Dei, ma un controllo mentale così debole è del tutto inutile su una figlia di Oberon! La nostra volontà è legge, la natura stessa obbedisce a ogni nostro comando, la tua misera forza non sarà mai sufficente a piegarmi!" tuonò, falciando l'aria con un gesto deciso della mano, e creando una frusta di energia con la quale centrò in pieno petto Kanon, sbalzandolo in aria e precipitandolo nella torbiera.
Il Cavaliere sprofondò nel fango, e per alcuni secondi scomparve del tutto alla vista, ma poi, con un'esplosione di luce, balzò di nuovo in superficie, atterrando scompostamente sulle gambe ed espandendo il suo cosmo d'oro.
"Non è ancora finita, ora subirai la mia tecnica mortale, capace di frantumare persino le stelle!" ringhiò, incassando la testa nelle spalle e sollevando le braccia, per poi farle scattare in avanti mentre dietro di lui compariva un'intera galassia.
"Esplosione Galattica!!"
Una spaventosa eruzione di energia si abbattè contro Banshee, che parve impotente di fronte a tanta forza e venne spinta indietro. Poi però la donna emise un urlo spaventoso e penetrante, ed incrociò le braccia davanti a se per difendersi, piantando contemporaneamente i piedi al suolo e facendo rifulgere il suo cosmo. Di fronte allo sguardo sbalordito di Kanon, l'energia dell'Esplosione Galattica venne rallentata, ed infine annullata, sostituita da un'ondata di luce che lo travolse in pieno, sbattendolo contro una roccia, che andò in frantumi per l'impatto.
Sollevando con difficoltà la testa, su cui ora scorreva copioso un nuovo rivolo di sangue da una ferita alla fronte, Kanon osservò sbalordito la donna, che avanzava sicura verso di lui, priva di qualsiasi danno.
"L'E… l'Esplosione Galattica…! Ha annientato la mia tecnica più potente come se nulla fosse!" mormorò, sforzandosi di rialzarsi, ma sentendo il suo corpo pesante e accorgendosi di essere privo di forze.
Calpestandogli una mano con il tallone, Banshee lo fissò negli occhi con espressione trionfale "La mia voce strappa lentamente la vita di coloro che hanno la sfortuna di ascoltarla, e insieme ad essa la forza del cosmo! Ad Avalon, Oberon aveva protetto con un incantesimo gli altri Guardiani, rendendoli immuni alla malia del mio canto, così come a qualsiasi altro potere sonoro! Tu però, povero sventurato, non possiedi tale protezione, e l'armatura che indossi è totalmente inutile di fronte alla mia voce!" rise, lasciando che le sue parole riecheggiassero tutt'attorno, attraversando Kanon di nuove ondate di dolore e facendo schizzare flotti di sangue tra le giunture della sua corazza.
Più della sofferenza però, fu un dettaglio di quanto appena detto a preoccupare maggiormente il Cavaliere "Se quel che dice è vero… se i Guardiani sono immuni alle tecniche sonore… allora anche il flauto di Syria sarà risultato vano!" realizzò atterrito, accorgendosi solo in quel momento che, nel periodo in cui era stato in trance, non aveva potuto avvertire i cosmi dei vari compagni impegnati in battaglia.
Chiudendo subito gli occhi, sforzandosi di ignorare il dolore bruciante per almeno qualche secondo, Kanon si concentrò su tutti loro, alla disperata ricerca di conferme sulle loro condizioni. Non avvertì però che Libra, il cui cosmo continuava ad esplodere, impegnato in un duello mortale. Di tutti gli altri non c'erano tracce, i loro cosmi erano scomparsi, o troppo deboli per poter essere percepiti senza la dovuta calma.
"Gli altri… che insieme a Libra io sia… l'ultimo rimasto?!" si domandò preoccupato.
"Te ne sei accorto… La maggior parte dei tuoi compagni hanno vinto le loro battaglie, ma impercettibile è il cosmo che gli rimane! Coloro che hanno ancora la forza per combattere saranno facili prede se si avventureranno fin qui! Ma se ti può essere di consolazione, anche i Guardiani di Avalon sono caduti, e tra essi mio fratello Puck!" esclamò allora Banshee, intuendo quel che passava per la mente del Cavaliere.
"Tuo fratello? E' per vendicare lui che combatti con tanta selvaggia determinazione?!" chiese Kanon.
A queste parole, gli occhi di Banshee si spalancarono e per un attimo il flagello d'Irlanda sembrò non riuscire a credere alle proprie orecchie, ma poi scoppiò a ridere con una forza tale da far tremare la terra e sollevare nuove folate di vento.
"Io vendicare Puck?! Ah ah ah ah ah, la sua morte è stato un regalo tanto piacevole quanto inaspettato! Da millenni la bramavo, ma mai avrei creduto che sarebbe giunta combattendo contro un umano! E' stato per poter seguire il suo duello che, appena arrivato in Irlanda, ti ho imprigionato nel mio canto ipnotico, anzichè attaccarti subito, e se non l'avessi fatto avrei perso un evento oltre le mie più rosee aspettative!" esultò, allargando le braccia e fluttuando in aria dalla gioia.
"Come sarebbe? Spiegati!" pretese Kanon, sorpreso da quelle affermazioni, e da quella dimostrazione di gioia. Atterrando davanti a lui, Banshee ne sollevò il mento con il piede, guardandolo negli occhi.
"Ooh… un'audace richiesta, preferisci il tormento della mia voce all'oblio della fine! Ma è giusto, dopotutto è grazie a voi Cavalieri che ho finalmente avuto la mia vendetta!" sorrise.
"Come ti ho già detto, io sono la sesta figlia di Oberon e Titania, signori di Avalon e genitori del popolo magico! La maggior parte dei miei fratelli e sorelle, maggiori o minori, non possiede che limitate abilità, capaci di donar loro la lunga vita ed un certo grado di magia, ma lontane dalla vera forza. Io invece, sin dalla nascita, avevo poteri paragonabili a quelli dei miei genitori, e soprattutto l'incanto della voce, che mi rendeva superiore a tutti i miei fratelli! A tutti… tranne uno!"
"Puck!" intuì Kanon, e Banshee serrò rabbiosamente i pugni.
"Puck! Il primogenito! Il favorito di Oberon! Per quante leggi infrangesse, per quanti problemi causasse, le sue colpe erano sempre considerate poco più di buffi dispetti, e per questo veniva sempre perdonato! I suoi comportamenti suscitavano simpatia anzichè sdegno, le intere attenzioni del palazzo erano per lui, relegandomi nell'ombra!" esclamò con disprezzo evidente "E col tempo, le cose non cambiarono! Per quanto i miei poteri crescessero, Oberon e Titania non avevano occhi che per lui! Dicevano di poter scorgere grandezza e nobiltà dietro le sue smanie, lo paragonavano al diamante nascosto sotto un sottile strato di carbone, che aspetta solo di venire alla luce! Erano cechi all'immensa forza del mio cosmo, sordi all'incanto della mia voce!"
"E' questo il motivo di tanto odio? Di tanto malcelato rancore? Una semplice invidia tra fratelli?!" sottolineò Kanon con un sorriso sarcastico, che spinse Banshee ad urlare di rabbia.
"Invidia giusta e meritata, sono superiore a Puck, lo sono sempre stata! Ma non è questo il solo motivo, mi bastò poco a smettere di soffrire per la mancanza di attenzione nei miei confronti, a imparare a disprezzare Oberon e Titania tanto quanto Puck! Avrei ignorato per sempre quel moccioso petulante, se solo fossero stati riconosciuti i miei meriti nel modo che più mi si confaceva: nominandomi erede al trono di Avalon! Quello di futura sovrana dell'Isola Sacra era un titolo che mi spettava di diritto, ne avevo ogni qualità! Mio era il cosmo più potente tra i figli di Oberon! Ma ancora una volta giunsi seconda, tacciata di eccessiva freddezza e crudeltà! Ancora una volta fu Puck ad essere nominato principe del regno, a sottrarmi quel che era mio! Favorito dalla sorte, questo era!! Non più un semplice odio tra fratelli, divenne una questione di potere! Un potere cui anelavo da tempo, sin da bambina, e che mi è stato sottratto ingiustamente!" tuonò, con una forza tale da far gridare Kanon di dolore e portarsi inutilmente le mani alle orecchie.
Il suo urlo riportò l'attenzione della donna su di lui, e gli occhi della Guardiana si socchiusero sinistramente "Ma ora basta sprecare il mio fiato con qualcuno come te, non puoi capire il mio odio!" commentò con ritrovata calma, espandendo il suo cosmo.
Ma Kanon capiva bene ciò di cui la sua nemica parlava, perchè erano emozioni che aveva provato anche lui un tempo, quando il destino lo aveva messo in una situazione del tutto analoga, spingendolo a bramare un potere che per diritto sarebbe appartenuto a qualcun altro, a suo fratello maggiore.
"Gemini…" mormorò, ripensando a lui, e rivedendo se stesso nelle parole di Banshee. In quel momento però, la Guardiana riprese ad espandere il suo cosmo, sollevando minacciosamente la mano.
"Uccidendo te, farò quel che Puck non è riuscito a fare! Allora il mio potere sarà finalmente riconosciuto, ed otterrò quel che mi spetta! Ma perchè tali disegni si compiano, tu, Cavaliere, dovrai abbandonare per sempre questo mondo! Il gioco si conclude, addio!" proclamò, creando una sfera di energia cosmica con la mano ed investendo in pieno petto il custode della terza casa, che urlò di dolore e venne scaraventato in aria, precipitando al centro della torbiera e scomparendo in profondità.
Sorridendo soddisfatta, Banshee si voltò, avviandosi di nuovo verso il Sigillo "La prima vittima è caduta… chi sarà il prossimo?" pensò sicura.
All'interno della torbiera, Kanon stava lentamente sprofondando nel fango, mentre le ultime forze lo abbandonavano.
"Che modo… patetico… di morire…" pensò, con gli occhi socchiusi.
"Kanon!" lo chiamò improvvisamente una voce di donna, una voce lontana.
"Uuh… c… che?" mormorò, distinguendo vagamente un'ombra che lo raggiungeva.
"Kanon! Si può sapere cosa stai facendo?!" lo rimproverò sua madre, avvicinandosi furiosa alla porta della loro casa, da cui il bambino, di soli sei anni, aveva cercato di sgaiattolare fuori.
Il piccolo Kanon non rispose nulla, abbassando la testa verso il pavimento ed evitando di guardare negli occhi la donna che, visibilmente arrabbiata, appoggiò le mani sui fianchi del vecchio grembiule che indossava e sbuffò sonoramente.
"Stavi cercando di uscire di nascosto, non è vero? Dove volevi andare, a spiare tuo fratello?" insistette sgridandolo.
Il bambino continuò il suo ostinato silenzio, e la donna si morse il labbro esasperata, senza però accennare a voler lasciar cadere la cosa.
Deducendo che stavolta il silenzio non sarebbe bastato a tirarlo fuori dai guai, Kanon alzò la testa, fissando ora la madre con sguardo di sfida. "Volevo andare al campo di addestramento del Grande Tempio! Saga si starà allenando adesso, voglio vederlo!" disse ad alta voce, non osando però girare le spalle ed uscire per strada.
Nonostante il caldo sole estivo di Atene gli stesse riscaldando la schiena a causa della porta ancora aperta, Kanon avvertì come quelle parole avessero fatto calare il gelo attorno a lui.
"Smettila di chiamarlo Saga! Quel nome appartiene al passato, per tutti noi tuo fratello maggiore ormai si chiama Gemini, futuro Cavaliere d'Oro del Grande Tempio! Ed io e tuo padre ti abbiamo vietato di andare nella zona sacra, non faresti altro che disturbarlo!" lo rimproverò la donna.
"Ma non è ancora un Cavaliere d'Oro! Ha appena cominciato l'addestramento!" sbottò Kanon "E poi non capisco perchè non posso allenarmi anch'io! Sono forte quanto lui… anzi sono più forte di lui! Sono sicuro che se seguissi i suoi stessi allenamenti potrei…"
"Basta, Kanon!" tuonò la donna, così forte che alcuni passanti per strada si girarono verso di lei, fissandola per qualche secondo prima di riprendere a camminare "Devi smetterla con queste sciocchezze! E' un grandissimo onore per la nostra famiglia che tuo fratello maggiore sia stato scelto per diventare Cavaliere d'Oro! Non dobbiamo intralciarlo!"
"Io non voglio «intralciarlo»" sibilò Kanon stringendo i pugni per la frustrazione "Ed è più grande di me solo di pochi minuti! Siamo nati insieme, anche se spesso cerchi di dimenticarlo!" sottolineò, cogliendo di sorpresa la madre, che si ritrovò a corto di parole.
"Non voglio affatto prendere il suo posto! Ma se seguissi i suoi allenamenti, potrei potenziare anch'io il mio cosmo! Sono certo di poterci riuscire, una volta sono entrato nel Grande Tempio facendomi passare per Saga e guardandolo di nascosto sono riuscito a copiare i suoi esercizi! Non è difficile, potrei diventare almeno un Cavaliere d'Argento! Pensa che onore sarebbe avere ben due Cavalieri in famiglia, forse ci permetterebbero di trasferirci a Rodorio, o all'interno del Santuario! Potremmo lasciare questi sporchi vicoli di Atene, e…"
"Kanon!" lo chiamò in quel momento una voce profonda alle sue spalle, interrompendo di colpo l'accorato tentativo di convincimento, fatto di frasi che si era ripetuto mentalmente per mesi, e che ora non era riuscito a trattenere, lasciandole uscire dalla sua bocca come un fiume in piena.
Riconoscendo subito quella voce però, il bambino si bloccò, voltandosi lentamente verso la soglia. "Papà…" mormorò.
L'uomo lo fissò per un attimo duramente negli occhi, poi lo colpì al viso con uno schiaffo, così forte da farlo quasi cadere.
Toccandosi la guancia, che ora sembrava bruciare, Kanon guardò negli occhi il padre, bibliotecario di Atene ed unico sostegno economico della famiglia.
"Non osare mai più entrare al Grande Tempio, fingerti tuo fratello o fare questi discorsi!!" tuonò, facendolo indietreggiare di un passo "Gemini soltanto diventerà Cavaliere, mettitelo bene in testa!!"
"Ma perchè?!!" gridò Kanon, ora con le lacrime agli occhi "Mi vietate di andarlo a vedere, tenete persino segreta la mia esistenza al Grande Tempio, dicendo di avere un figlio soltanto! Temete che essa sia un disonore? Che io possa togliere Saga dalla luce? Vi vergognate di me??" singhiozzò.
Nel sentir ciò, la madre si portò la mano alla bocca, guardando il bambino con occhi lucidi, ma il padre sostenne imperterrito il suo sguardo, borbottando soltanto "Pensa quello che vuoi…"
"Lo sapevo! Non avete occhi che per lui… per il grande e glorioso Gemini! Temete che rubi la gloria al vostro figlio prediletto!" esclamò, spintonando il padre di lato e correndo a tutta velocità nei vicoli di Atene, mentre lacrime di rabbia e frustrazione ora gli rigavano il viso. Ben presto, si lasciò alle spalle le affollate strade cittadine, raggiungendo la zona disabitata che conduceva al Grande Tempio, e solo allora si fermò, appoggiando le mani ad una grande parete rocciosa.
"Li odio… li odio! Odio loro, odio quello sciocco Grande Tempio, e, soprattutto odio Saga! Il futuro Cavaliere d'Oro… Gemini… l'angelo amato da tutti! Nessuno lo conosce come me, nessuno ha visto il demone che si annida nel suo cuore!" gridò, colmo di rabbia e frustrazione.
Senza neppure pensarci, sollevò il pugno, abbattendolo con forza contro la parete, lasciando esplodere tutti i sentimenti turbinanti che portava dentro, tutta la collera repressa ed il desiderio di rivalsa.
Con un fragore assordante, la roccia andò in pezzi, lasciando ben visibile un piccolo cratere nel punto in cui il pugno di Kanon aveva colpito. Sbalordito, il bambino si guardò la mano, ancora circondata da un pallido alone di energia biancastra.
Per parecchi secondi la fissò, sorpreso e perplesso, poi, lentamente, un sorriso gli comparve sul volto, e gli occhi si assottigliarono in una fessura.
"Non solo Gemini…! Studiare i suoi allenamenti è servito a qualcosa allora! Bene… non vogliono che diventi Cavaliere? Che la mia esistenza venga alla luce? E sia, spetta a me decidere chi io sia! Agirò nell'ombra, mi allenerò, potenzierò il mio cosmo! Ma per nulla al mondo perdonerò coloro che mi disconoscono! Gemini… il Grande Tempio… un giorno avranno un vero motivo per temere Kanon!" si ripromise.
"Perchè questi ricordi riemergono proprio adesso?" si chiese Kanon, riaprendo stancamente gli occhi "Il giorno in cui decisi che mi sarei ribellato al Grande Tempio… ero colmo di rabbia, di odio mal riposto… ma la mia forza era reale! Che ne è di lei ora? Mi sono rammollito al punto da lasciarmi sconfiggere dalle grida di una donna? L'armatura che indosso… la gloriosa armatura dei Gemelli, che fu di mio fratello… non sarà disonorata in questo modo, e neppure io con lei!" ringhiò, stringendo il pugno ed espandendo il suo cosmo smisurato.
Fuori dalla torbiera, Banshee si voltò di scatto, accorgendosi sbalordita che il fango stava agitandosi e ribollendo, sempre più velocemente, come se un vulcano stesse improvvisamente eruttando sotto la superficie.
"Non è possibile! Il cosmo del Cavaliere, che fino ad un attimo fa era scomparso, adesso sta bruciando come una supernova! E' come se ci fosse un intero universo sotto quel fango!" gridò esterrefatta.
Un attimo dopo, circondato da una colonna di luce accecante, Kanon ricomparve, fissando negli occhi l'avversaria.
"Mi sembri sorpresa, speravi che sarei rimasto qui dentro per sempre? Spiacente di deluderti, in questo putridume mi hai gettato già fin troppe volte, è ora che ti ricambi il favore!" dichiarò con un sorriso di sfida.
"Uh uh, nutri ancora speranze di vittoria? Ammetto che non mi aspettavo un tuo ritorno, ma non servirà ad altro che a prolungare le tue sofferenze! Non esistono difese contro la mia voce, pensavo l'avessi capito!" ribattè Banshee.
Nel sentire di nuovo il suono della sua voce, Kanon barcollò un attimo, ma la sua espressione non cambiò "Urla pure, se tanto ti diverte! Le tue grida non possono far altro che dar dolore al mio corpo, ed indebolire il mio cosmo. Sopporterò il primo, e quanto al secondo, non devo far altro che continuare a bruciarlo finchè persino la sua debolezza sarà sufficente ad annientarti!"
"Misero arrogante!!" ululò Banshee, punta nell'orgoglio da queste parole, sollevando folate di vento fortissimo e fissandolo con occhi colmi di disprezzo "Deve ancora essere creato l'umano capace di sopravvivere al mio canto!"
Senza aggiungere altro, la figlia di Oberon si lanciò all'attacco, urlando la sua collera e circondandosi da un alone di energia cosmica, pronta a colpire. Kanon però la schivò con un balzo, atterrando alle sue spalle e scagliando un raggio di luce, che subito la guardiana contrastò con il proprio cosmo, cosicchè ancora una volta i due poteri si scontrarono a mezz'aria, liberando scariche elettriche attorno ai contendenti.
Banshee iniziò a gridare più e più forte, e numerose ferite comparvero sul corpo di Kanon, mentre la vista gli si annebbiava e le ginocchia tremavano, ma stavolta il cosmo d'oro non vacillò, continuando a tener testa al potere divino della donna.
"Non ti permetterò di vincere! Non mi ruberai un trionfo così a lungo agognato!" proclamò Banshee, spingendo sempre più forte e spostando l'equilibrio verso il nemico. Kanon però non indietreggiò di un passo, espandendo il suo cosmo sempre di più.
"Lo farò invece, in nome di Atena, e dei compagni, che mi hanno accettato tra loro nonostante il mio passato! Ma soprattutto in nome di Gemini, mio fratello! Non disonorerò l'armatura che un tempo fu sua, macchiandola della sconfitta!"
"Tuo fratello?!" esclamò la donna, ma in quel momento il cosmo di Kanon esplose, spezzando l'equilibrio tra i poteri e spingendo entrambi i contendenti indietro, avvolti in una nuvola di polvere.
Quando essa si fu diradata, Guardiana e Cavaliere si fissarono di nuovo, leggermente in affanno. Un rivolo di sangue gocciolava da un'angolo della bocca di Kanon, e altri flotti scorrevano tra le giunture dell'armatura d'oro, ma un'ustione al palmo della mano indicava che per la prima volta anche Banshee era stata ferita. La donna tuttavia non la guardò neppure, mantenendo lo gli occhi su Kanon
"Quell'armatura, era di tuo fratello?!" domandò seriamente, ed il ragazzo annuì.
"L'odio nei confronti di un fratello maggiore lo conosco bene, non sei la sola ad averlo provato! Per anni ho odiato mio fratello, Cavaliere di Gemini, dirigendo verso di lui tutto l'astio che covavo nel cuore, tutta la collera della mia infanzia! Proprio come te, non riuscivo ad accettare un destino che reputavo così smaccatamente a suo favore! A lui sarebbero andati la gloria e il prestigio derivanti dall'essere Cavaliere d'Oro di Atena, a lui era rivolto l'amore dei nostri genitori… non potevo accettarlo!" disse amaramente.
"Anche tu sei come me allora! Anche tu ignorato ed emarginato a causa del tuo stesso sangue!" intuì Banshee "E' per questo che combatti per Atena? Per dimostrare al mondo intero di essere più forte di tuo fratello?"
"No… non per questo! E' stato così un tempo… ma ora non più!" rispose però Kanon con fermezza, stupendo la donna "Da piccolo, credevo che i nostri genitori fossero invidiosi e spaventati dalla mia forza, che temessero che superasse quella di Gemini, il loro figlio prediletto, e che per questo mi avessero vietato di seguirne i passi…"
"E non era così?!" insistette Banshee con voce stridula.
"No, non lo era…" ammise Kanon, chiudendo gli occhi "Mi sono occorsi anni per capire… ero così convinto, così ricolmo di rabbia, da vedere solo quel che volevo vedere, senza riuscire a scorgere l'amore che quotidianamente mi dimostravano!"
"Amore! Per amore negavano la tua forza? Per amore ti impedivano di paragonarti a tuo fratello? Come può essere?!" strillò.
"Loro… non volevano che Gemini diventasse Cavaliere! Ad un genitore, non interessa che il figlio conquisti la gloria in battaglia, nè che sia indicato e ammirato da tutti! Non se il prezzo da pagare è il continuo terrore che possa perdere la vita… l'incertezza del vederlo partire senza sapere se riuscirà a tornare! E poco importa se è per difendere nobili ideali o per portare la pace sulla terra… queste consapevolezze sono fonte di orgoglio, ma non bastano a lenire la paura di perdere chi si ama!" spiegò, alzando gli occhi al cielo "Non avevano avuto scelta quando il Grande Sacerdote si era presentato nella nostra casa, spiegando che mio fratello sarebbe dovuto diventare uno dei guerrieri che proteggono l'umanita. Avevano dovuto lasciarlo andare, riponendo in Atena le loro speranze e pregando che potesse tornare sano e salvo! Ma temendo che io potessi condividerne il pericoloso destino, avevano cercato di proteggere almeno me, nell'unico modo possibile: celando al mondo la mia esistenza! Contando sul fatto che tutti mi scambiassero per Gemini, ignorando quindi la mia vera identità! Fu un atto egoistico forse, ma fatto per amore! Oh, quanto diversa sarebbe stata la mia vita se l'avessi capito prima… ma purtroppo non è accaduto che di recente, vedendo il dolore e la sofferenza delle famiglie dei soldati caduti nel corso dell'ultima guerra contro Hades!"
"Sciocchezze sono le tue, solo sciocchezze!" criticò però Banshee, stringendo il pugno con rabbia "Illusioni che ti sei costruito per giustificare chi non lo merita! Vorresti forse dire che la freddezza con cui ero trattata era una reazione ai miei comportamenti e non un gesto di preferenza per Puck?!"
"Questo solo tu puoi saperlo! Ma ricorda quel che hai detto poc'anzi, fu a causa della tua stessa crudeltà che ti venne vietato il titolo di erede al trono di Avalon! Non per colpa di tuo fratello, ma per i tuoi stessi demeriti! Chi cova nel proprio animo tanto rancore è pericoloso, e con il potere di un regno può diventare mortale!" sottolineò Kanon, con una forza tale da far sbiancare Banshee.
"Taciiii!!!" urlò il flagello d'Irlanda, spaccando la terra con l'intensità della sua voce e lanciandosi all'attacco con i pugni serrati. Al suo passaggio gli alberi crollarono, e persino l'armatura di Gemini iniziò a cedere, incrinandosi in numerosi punti, mentre, sotto di essa, i vasi sanguigni del Cavaliere scoppiavano, aprendo numerose piccole emorragie.
Nonostante il dolore gli dilaniasse il corpo però, Kanon rimase immobile, con gli occhi chiusi, concentrato al massimo, fino al momento in cui Banshee fu a pochi passi da lui. Solo allora spalancò gli occhi, sollevando le braccia e facendo esplodere la galassia di stelle che era il suo cosmo.
"La tecnica suprema dei Gemelli! Esplosione Galattica!!" invocò, scatenando un'eruzione di energia che investì in pieno la donna, presa in controtempo per potersi difendere.
Con un urlo di dolore, Banshee venne travolta e sbalzata in aria, precipitando nella torbiera.
Respirando affannosamente, Kanon si asciugò un rivolo di sangue dalla fronte, restando in attesa del ritorno della nemica che, ne era certo, non sarebbe tardato. Pochi secondi dopo infatti, Banshee riemerse, livida per la collera e con i lunghi capelli ora intrisi di fango.
"Tu… lurido… umano!" sussurrò a denti stretti.
"Mpf… non è di tuo gradimento? Mi dispiace, ma ti avevo promesso un tuffo in quello stagno, e non è mia abitudine venir meno alla parola data!" commentò Kanon con un sorriso sarcastico.
A queste parole, gli occhi della donna si chiusero in una fessura minacciosa, ed il fango della torbiera iniziò a vorticare attorno a lei
"Ridi pure del tuo flebile trionfo, ma questa è stata la tua ultima offesa! Non mi tratterrò più, farò a pezzi il tuo corpo e lo getterò in pasto agli insetti! Sarai distrutto… dalla mia forma più potente!!" proclamò, a voce minacciosamente bassa e strozzata.
"La tua… forma più potente!" ripetè Kanon sorpreso, sollevando la guardia ed indietreggiando di un passo. Sotto i suoi occhi, i lineamenti di Banshee iniziarono di nuovo a fondersi e mutare. La pelle e gli abiti si indurirono in una corazza dalle tinte grigiastre, i capelli scomparvero ed i denti si mutarono in zanne, mentre il suo corpo si allungava a dismisura.
Un attimo dopo, un enorme verme, alto oltre tre metri, con il corpo corazzato coperto di spuntoni acuminati, e delle fauci immense e terribili, si innalzò maestoso, ringhiando contro il Cavaliere, che spalancò gli occhi sbalordito.
"Crom Cruach, Verme della Morte, portatore di massacri!" lo riconobbe, fissandolo con occhi sbarrati "La terribile divinità che nel mito celtico terrorizzava gli abitanti d'Irlanda, lasciandosi placare solo da sacrifici umani! Si dice che, attratta dall'odore del sangue, comparisse nei campi di battaglia, divorando indistintamente i guerrieri o distruggendo i villaggi! Eri tu, dunque!!"
"Si, io, che abbandonata Avalon decisi di vendicarmi massacrando i miseri esseri umani che tanto a cuore stavano ad Oberon! Umani come i suoi Guardiani, che insudiciarono la nostra isola nebbiosa, relegandomi ancora di più nell'ombra!" ringhiò il mostro, lasciando cadere flotti di bava "Decisi che se non potevo regnare su Avalon, allora avrei regnato sull'Irlanda! E fu così per molti secoli, perchè Oberon era troppo impegnato con i suoi affari per accorgersi di me!"
"Ma le tue barbarie non durarono per sempre, alla fine fosti fermata! Narrano i miti che il regno di terrore di Crom Cruach continuò fino al giorno in cui giunse il leggendario eroe Cu Chullain, che l'abbattè con la sua lancia di luce!" esclamò Kanon, ricordando gli antichi racconti.
"Cu Chullain… il suo nome è parte del mito ormai, ma in realtà egli non era altri che una delle forme di Puck! Fu lui ad informare Oberon di quel che stavo facendo, spingendolo a prestare attenzione a suppliche e preghiere che avrebbe altrimenti ignorato, sprofondato com'era nelle sue ricerche!" ritorse Crom Cruach, la cui voce ora, roca e cavernosa, non aveva niente di quella penetrante di Banshee "Ed Oberon inviò Puck a fermarmi, armandolo della potente Lancia di Vittoria, una delle quattro grandi armi di Avalon! Fu solo grazie ad essa che mio fratello mi sconfisse, ritrascinandomi sull'isola in catene, obbligandomi ai rimproveri di Oberon, che mi vietò di tornare ad assumere questa forma, ponendo fine al mio regno! Ma adesso Puck è finalmente morto ed Oberon ha ben altro per la mente, quindi nessuno interferirà!!" ruggì, gettandosi in avanti con sorprendente velocità, e lasciando che i fasci di energia del cavaliere si infrangessero sulla sua corazza.
Con un balzo all'indietro, Kanon cercò di allontanarsi, ma Crom Cruach schizzò di nuovo in avanti, aprendo le gigantesche pinze che aveva per fauci e chiudendole sulla gamba destra del cavaliere.
Il custode della terza casa gridò di agonia mentre le zanne perforavano l'armatura d'oro, trapassando la gamba da parte a parte all'altezza del polpaccio, e dilaniando i muscoli fino a quasi mozzarli. Sangue cominciò subito a zampillare copioso, ma il mostro non abbandonò la presa, alzandosi anzi in tutta la sua altezza e sollevando Kanon a mezz'aria, per poi scuotere selvaggiamente la testa per strappare del tutto la gamba del ragazzo.
In preda alla nausea, con il sangue che gli pulsava a tutta forza nelle tempie, il Cavaliere strinse i denti, dirigendo un nuovo raggio di luce ad uno degli occhi del Verme della Morte che, seppur colpito solo di striscio, ruggì di rabbia. Con un gesto deciso, il mostro sollevò allora la testa, calandola poi di scatto ed aprendo le fauci, in modo da sbattere Kanon violentemente a terra, spingendogli l'aria fuori dai polmoni.
Lottando con se stesso per non perdere i sensi, Kanon tossì sangue, sforzandosi di rialzarsi, ma anche consapevole che non ce l'avrebbe mai fatta in tempo. Nello stesso momento infatti, con un ruggito bestiale, Crom Cruach agitò la coda, calandola come un maglio sul braccio sinistro del Cavaliere, e spezzandone di netto l'osso con un rumore sordo.
Gridando di dolore, il ragazzo si strinse l'arto ferito, rotolandosi al tempo stesso per terra, per evitare di essere colpito di nuovo. Tale gesto si rivelò provvidenziale, perchè un istante dopo la coda del Verme della Morte si abbattè sul punto da cui si era allontanato.
Continuando a gridare e ruggire, il mostro si issò di nuovo in tutta la sua altezza, preparandosi ad andare di nuovo all'attacco con le fauci. Così facendo però espose il ventre, di colore leggermente più chiaro rispetto al dorso ed ai lati, cosa che non sfuggì a Kanon.
"La sua corazza non si estende su tutto il corpo, devo approfittarne!" pensò, spingendosi di nuovo in piedi ed avanzando, zoppicando vistosamente.
"Ancora cerchi di resistere? E' tutto inutile, nessun umano ha mai abbattuto il Verme della Morte!" ringhiò Crom Cruach.
"Nessun umano possedeva in se la forza dei divini Gemelli!" ritorse Kanon, espandendo il suo cosmo e lanciandosi caparbiamente all'attacco a testa bassa.
Concentrando le forze nel pugno destro, il ragazzo sferrò un fascio di energia diretto all'addome del mostro. Con un movimento fulmineo però, Crom Cruach si difese parandolo con la coda, che poi fece schioccare come una frusta, investendo in pieno petto Kanon. Gli spuntoni dell'animale perforarono l'armatura dei Gemelli, penetrando nel torace e nell'addome del Cavaliere e spingendolo indietro.
Il custode della terza casa vomitò sangue e si piegò in avanti, ma con una forza di volontà straordinaria piantò a terra la gamba sana, rallentando l'impeto del Verme della Morte, e contemporaneamente continuò ad aggrapparsi alla sua coda, usando uno degli spuntoni come punto d'appoggio.
Ringhiando e contorcendosi, Crom Cruach cercò di scrollarsi di dosso l'avversario, sollevando infine la coda verso l'alto, in modo da schiacciarlo abbattendola al suolo.
In quel momento Kanon sorrise.
Con un balzo improvviso, lasciò il suo appiglio, gettandosi contro il corpo del nemico. Accorgendosi del pericolo, Crom Cruach cercò di afferrarlo con le fauci, ma la posizione in cui si trovava gli impediva di piegarsi abbastanza su se stesso per poter riuscire.
"Il tuo punto debole è il tuo stesso corpo immenso! Troppo grande per poterlo difendere sulla breve distanza, per questo tutti i tuoi attacchi partono da lontano! E ora cadi, Verme della Morte!!" gridò trionfalmente, facendo scattare il pugno in avanti e sprigionando una saetta di energia.
Con un ultimo, disperato tentativo, Crom Cruach si lasciò cadere di lato, evitando di essere raggiunto in pieno addome, ma venendo comunque colpito sul bordo del fianco, dove il raggio lo trapassò da parte a parte, facendo zampillare un fiume di sangue.
Ululando e ringhiando, il mostro si abbattè al suolo, contorcendosi e diventando sempre più piccolo, mentre Banshee tornava nuovamente in forma umana. A sua volta, troppo malconcio per atterrare perfettamente, Kanon sbattè a terra, strisciando prono nel fango e giacendo immobile.
Per oltre i minuti, nessuno dei due nemici si mosse, entrambi impegnati a cercare ancora un briciolo di energia con cui sostenersi. Poi però, Banshee si rimise in piedi.
Il suo aspetto era molto diverso rispetto all'inizio della battaglia. Il fianco e il braccio destro grondavano sangue, il suo viso portava i segni della stanchezza, ed i capelli avevano smesso di vorticarle attorno al corpo, cadendo invece sulle spalle intrisi di fango. Solo gli occhi erano ancora gli stessi, e brillavano della medesima luce sinistra di sempre.
"Sei stato bravo, Cavaliere! Hai abbattuto la mia forma più potente e ferito il mio corpo, imprese che nessun mortale aveva compiuto prima d'oggi! In altri tempi, avresti ricevuto un posto al fianco di Cu Chullain tra gli eroi del mito!" esordì.
Ancora prono a terra, Kanon non rispose niente, ma il suo corpo fu attraversato da uno spasmo di dolore, e Banshee sorrise.
"In questo momento siamo alla pari, entrambi i nostri cosmi sono allo stremo! Ma a differenza di te io possiedo ancora un'arma, una lama che non dipende dalla forza del cosmo, ma dal mio essere! La mia voce! Preparati, umano, perchè ora piangerò per il dolore che mi hai inflitto! E quando Banshee piange, gli uomini muoiono!! Uuuuhhuhaaaaaaaahhh"
Il lamento del Flagello d'Irlanda si levò spaventoso, e Kanon sentì il proprio corpo venire attraversato da un dolore indescrivibile, come se il suo stesso sistema nervoso stesse andando a fuoco. Con tutte le forze che aveva in corpo cercò di resistere, di contrastare quel potere e di rialzarsi per combattere ancora.
Fallì miseramente, e l'oscurità cadde su di lui, avvolgendolo nel proprio mantello.
***
"Sono… passati molti anni… mamma, papà! Mi vergogno di non esservi venuto a trovare prima. Avrei voluto farlo, sin da quando sono tornato in Grecia… ma non sapevo trovare le parole!" disse il ragazzo con la voce colma di amarezza, non osando alzare la testa.
"Neanche oggi riesco a trovarle… a dirvi quel che provo davvero! Vorrei potervi almeno portare delle buone notizie… però… dovrò darvi ancora un dispiacere! So… che vorreste che smettessi di combattere… che iniziassi a vivere come una persona normale… ma purtroppo non posso farlo… ancora una volta dovrò venire meno ai vostri desideri!" esclamò, stringendo il pugno, visibilmente afflitto, ma anche convinto delle proprie scelte.
"Sono disposto ad accettare il peso della vergogna e dell'infamia per le mie colpe contro Atena… ma non posso smettere di combattere prima di aver riabilitato il nome di Gemini! In questo momento, del Cavaliere della Terza Casa si parla solo con disprezzo… il suo nome viene infangato e maledetto da tutti coloro che hanno sofferto sotto il regno di Arles! Ma Gemini… mio fratello Gemini, ha dato tutto per la giustizia, continuando a proteggerla persino oltre la morte… non potrò avere pace finchè non avrò riabilitato la sua memoria… finchè del custode del terzo segno non si parlerà di nuovo con il rispetto e l'ammirazione di un tempo, quando gli anziani lo indicavano ai giovani e ai bambini come punto di riferimento! Fino ad allora… finchè non sarò riuscito nel mio intento…io continuerò ad indossare la sacra armatura dei Gemelli, ed a combattere in nome di Atena!" dichiarò solennemente
"Perdonatemi, se potete! E dal luogo in cui ora vi trovate insieme a lui… vegliate su di me!" concluse con le lacrime agli occhi, gettando un'ultima occhiata alle lapidi dei suoi genitori nel cimitero di Atene, prima di voltar loro le spalle, ancora una volta, l'ultima.
***
Un attimo dopo, sotto lo sguardo sbalordito di Banshee, Kanon riaprì gli occhi e si alzò, fronteggiandola ancora una volta, esausto e sanguinante, ma con una luce determinata negli occhi.
"Continui a rialzarti, Cavaliere di Gemini! Sei forse immortale?!" esclamò Banshee, indietreggiando di un passo di fronte all'espressione sicura del ragazzo, in profondo contrasto con lo stato del suo corpo "Eppure ormai dovresti aver capito che non hai scampo! Pochi secondi ancora, pochi attimi, e la mia voce reciderà l'ultimo filo che ancora ti sostiene, il filo della vita!"
"Mpf… non m'importa di morire, ma non posso farlo finchè non avrò portato a termine la mia missione! Ormai sento che anche Libra ha vinto la sua battaglia, tutti gli altri Sigilli sono quindi stati spezzati! Il Cavaliere di Gemini non sarà l'unico a venir meno al compito assegnatogli… il suo nome non sarà infangato dall'onta del fallimento! Distruggerò quel Sigillo, anche a costo della vita!" dichiarò, facendo improvvisamente bruciare il suo cosmo, luminoso ed intenso al punto da rischiarare le ombre della notte ormai imminente, illuminando l'intero campo di battaglia di bagliori dorati.
"Nobili parole, ma saranno il tuo epitaffio! Piegati, di fronte al canto di morte di Bansheeeeee!!" strillò la Guardiana.
Sprizzi di sangue schizzarono da numerose ferite sul corpo di Kanon, ma il guerriero non cadde, ed anzi il suo cosmo brillò intenso come un sole, quasi come se due energie cosmiche si fossero fuse in una sola.
"Hai osato troppo a ricorrere ancora alla stessa arma, perchè finalmente so come spezzarla!" esclamò sollevando una mano.
"E' impossibile, nulla può fermare la mia voce!" ribattè Banshee.
"Se ne sei così convinta, allora preparati ad una delusione! Dimensione Oscura!!" gridò Kanon, scagliando il suo colpo segreto, dirigendolo però non contro la Guardiana, ma su se stesso.
In un lampo di luce, lo spazio attorno al Cavaliere d'Oro si distorse, avvolgendolo nelle maglie dell'altra dimensione.
"Sei impazzito! Hai deciso di suicidarti piuttosto che morire contro di me?!" esclamò sbalordita Banshee. Ma le parole le morirono in bocca, e contemporaneamente Kanon sorrise, perchè il suo piano aveva avuto effetto: del grido della donna, non gli era giunto che un tenue sussurro.
"Quella dimensione…!" balbettò la Guardiana
"Proprio così, vedo che hai capito! Nella Dimensione Oscura regna il silenzio, il suo spazio distorto disperde i suoni che vi entrano, e quello della tua voce non fa eccezione!" esclamò telepaticamente Kanon, bruciando il suo cosmo e caricando il pugno nella posa dell'Esplosione Galattica "Ma se tu sei impotente, io sono invece libero di attaccare a mio piacimento!"
"No! Non puoi lanciare l'Esplosione Galattica dall'interno della Dimensione Oscura… nessuno può sferrare due colpi contemporaneamente!" disse Banshee, nella cui voce ora risuonava il panico.
"Hai ragione, la Dimensione Oscura scomparira nell'istante stesso in cui lancerò il mio attacco, ma non importa, perchè un attimo dopo sarai morta! Priva di difese non hai alcuna speranza contro il mio colpo segreto, sferrato finalmente alla sua massima potenza! Addio, Flagello d'Irlanda!" proclamò Kanon, facendo esplodere il suo cosmo "Esplosione Galattica!!"
In un attimo, la Dimensione Oscura scomparve, facendo ritornare il Cavaliere a terra, mentre il suo attacco supremo si abbatteva sulla Guardiana, avvolgendola nelle fiamme.
La figura si contorse per il dolore, barcollando selvaggiamente "Il mio tempo è finalmente giunto, ma non morirò da sola! Padre Oberon, guarda tua figlia, che finalmente sia degna di te!! Yaaaaaaaahhhhhhh" urlò Banshee, gridando come mai aveva fatto in tutta la sua vita, dilaniando la gola e le corde vocali pur di dar fondo a tutto il suo potere per un ultimo secondo.
Il suo grido fu così forte da superare i confini dell'isola verde, il mare e le mura di nebbia, giungendo fino alla sala del trono di Avalon.
"Banshee…" sospirò cupamente Oberon, chiudendo gli occhi e appoggiando la testa allo schienale del trono.
Sul campo di battaglia, Kanon osservò il corpo privo di vita della donna, e non fu sorpreso di vedere che per la prima volta il suo viso era contratto in un sorriso sincero. Un attimo dopo però, il Cavaliere ebbe una fitta di dolore e vomitò sangue, mentre la gamba distrutta cedeva sotto il suo peso, obbligandolo in ginocchio. Cercando di inspirare, si accorse che polmoni faticavano ormai ad espandersi, ricolmi di sangue, e che i sensi lo stavano ormai abbandonando.
"Mpf… alla fine… ce l'hai fatta! Presto la fine giungerà anche per me… manca molto poco… le mie ferite… sono troppo… gravi…!" tossì con cupa rassegnazione, fissando per l'ultima volta il viso della nemica prima di rialzarsi e zoppicare verso il Sigillo, con il braccio sinistro che pendeva privo di forze lungo il fianco, ed il destro piegato sull'addome per rallentare l'emorragia.
Raggiunto il suo bersaglio, il Cavaliere lo fissò per qualche secondo, leggendo su di esso, in caratteri runici, la parola "scaltrezza". Poi l'indicò con il dito, lasciando partire un raggio di luce che lo frantumò.
Nello stesso momento, sull'Olimpo, l'energia diretta al Dio Ermes scomparve. Ma stavolta questo non fu l'unico avvenimento, perchè contemporaneamente una nuova, immane sorgente di energia divenne finalmente percettibile, attirando l'attenzione di tutti i Cavalieri d'Oro sparsi per il mondo. Una sorgente, che proveniva dalle coste scozzesi.
"Il decimo Sigillo, l'ultimo… finalmente posso sentire chiaramente la sua presenza! Ed è così vicino… chi l'avrebbe mai detto ?! Devo raggiungerlo, finchè ho ancora un briciolo di forza a sostenermi!" decise Kanon, stringendo il pugno e saettando nel cielo alla velocità del suono.
Qualche minuto più tardi, il Cavaliere comparve nella sua destinazione, un'ampia pianura erbosa che si affacciava su ripide scogliere, sotto le quali si agitava il burrascoso Mare del Nord.
Al centro, una tavoletta luminosa, uguale in tutto e per tutto a quella appena distrutta in Irlanda.
Ma il sorriso di Kanon nello scorgerla non durò che un istante, perchè una figura ritta e immobile, circondata da un cosmo immenso, grandemente superiore persino a quello di Banshee, si stagliava rigida di fronte ad essa.
"Primo fra tutti i tuoi compagni hai raggiunto il luogo in cui riposa l'ultimo Sigillo, e per primo morirai, perchè il decimo Guardiano, Titania, sposa di Oberon e regina di Avalon, non avrà nessuna pietà!" decretò solennemente la dama, sollevando la mano e lasciando partire dalle sue dita mortali fasci di energia.
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GAIDEN - CAPITOLO 2
La fine di un'amicizia
*Questa è una storia ambientata oltre tremila anni fà*
Nella sala principale del palazzo del Valhalla, Odino, signore di Asgard, sedeva in silenzio sul suo trono di ghiaccio. La testa era piegata da un lato, sostenuta alla fronte con la mano, e gli occhi erano persi nel vuoto, intenti a riflettere sugli eventi recenti.
Era completamente solo, avendo ordinato a tutti di uscire dalla sala del trono, con l'unica eccezione di sua moglie Freya, che, poggiatagli una mano sulla spalla, lo fissava preoccupata. Mai come stavolta infatti, il suo sposo sembrava vecchio e stanco, piegato dal peso di troppi anni. Un aspetto, riflettè la bellissima regina, che egli non aveva avuto neppure al termine delle lunghe guerre contro i Giganti di Jotunheim. Ma per quanto lo desiderasse, Freya non aveva parole di conforto da offrirgli, perchè il male che affliggeva il suo sposo era un senso di colpa troppo profondo per poter essere lenito.
In quel momento, un suono di passi riecheggiò dal corridoio al di là della grande sala, e per la prima volta Odino parve scuotersi, puntando quasi con trepidazione ambo gli occhi sull'enorme porta di legno, la più grande delle oltre cinquecento che riempivano le pareti della stanza. Secondi dopo, questa si aprì, lasciando entrare un'anziano dai capelli bianchi, vestito da una tunica greca dello stesso colore, e con sul viso la medesima espressione afflitta di Odino.
"E così sei venuto, Zeus!" lo salutò il signore di Asgard.
"Non sono mai mancato ai nostri incontri, e meno che mai potrei farlo quest'oggi…" rispose il Dio di Grecia, lasciando trasparire una certa malinconia "Ma credi… che lui verrà?"
"Come potremmo criticarlo se non lo facesse, dopo quello che è successo…" sospirò Odino "I miei messaggeri hanno riferito che Avalon è in rovina, parlato di torri cadute e mura crollate! Non sono neppure riusciti a vederlo per consegnargli l'invito di persona…"
"Cento anni di lotta incessante… la battaglia deve aver richiesto un alto prezzo!" convenne preoccupato Zeus, fissando poi gli occhi azzurri del Dio suo pari "Ma non è solo questo che ti turba, non è vero? Sappiamo entrambi che c'è dell'altro!"
Incupendosi ulteriormente, il signore di Asgard chinò il capo e si massaggiò la lunga barba bianca, come sempre intrisa di neve e ghiaccio.
"Siamo venuti meno alla nostra promessa! Avevamo giurato di accorrere sempre in aiuto reciproco qualora uno di noi avesse ricevuto un attacco esterno, ma alla prima vera prova quel patto si è spezzato! Non abbiamo potuto aiutare Oberon!" disse amareggiato.
"Non avete potuto… o voluto?" riecheggiò in quel momento una voce aspra, facendoli girare di colpo verso la porta principale. Le pesanti ante si spalancarono, e la figura di Oberon comparve ritta sulla soglia: il signore di Avalon aveva fatto il suo ingresso nel Valhalla.
La gioia di Zeus e Odino nel rivederlo però non durò che pochi attimi, appena il tempo di fissarlo bene. Il suo aspetto era infatti completamente diverso da quello che conoscevano, il corpo era smagrito, il viso scavato, i lineamenti induriti, e al posto dello sguardo gentile di un tempo, vi era un'espressione fredda e distaccata.
"Oberon!" lo salutarono in coro Zeus ed Odino, stentando ad impedire alla sorpresa di risaltare nelle loro voci, e preoccupati dal gelo dei suoi occhi.
Il sovrano di Avalon chiuse la porta alle sue spalle, avvicinandosi alle due divinità senza ricambiare il loro saluto o sorridere minimamente. "Sembrate sorpresi di vedermi, eppure non ricordo di esser mai mancato ad un nostro incontro. Non avevo forse promesso di presenziare sempre? Non avevo dato la mia parola?" disse in tono piatto, sottolineando però le ultime parole.
"Certo… come noi tutti!" convenne Zeus, aggrottando leggermente le sopracciglia mentre, senza guardare in volto lui o Odino, Oberon accarezzava distrattamente una delle colonne intarsiate della sala, osservando il soffitto del Valhalla, appena visibile a causa dell'immensa altezza dell'edificio.
"Già… «come noi tutti». Eppure ultimamente sembra che anche nei regali palazzi sia diventato costume comune ignorare la parola data. Promesse sacre la sera si sciolgono come rugiada alle prime luci del mattino successivo. Patti di eterna fratellanza, vengono spezzati alle prime avvisaglie di pericolo!" insistette il Dio, rendendo ormai ben chiaro cosa intendesse.
"Sei hai un'accusa da muoverci, allora fallo, Oberon!" esclamò Odino, mentre accanto a lui Zeus annuiva "Poco fa hai insinuato che non fossimo voluti venire in tuo aiuto, eppure dovresti sapere bene che se avessimo potuto saremmo accorsi subito!"
A queste parole, Oberon si voltò di scatto verso di loro, mettendo da parte ogni pretesa d'ignoranza e fissandoli con astio.
"Certo, così avevate promesso, ricordo bene le vostre parole! «In caso di attacco esterno manda un messo, e nel tempo di un sospiro le nostre legioni saranno ad Avalon per appoggiarti»" ricordò, fissando entrambi con durezza "Soltanto adesso capisco che erano parole atte soltanto a proiettare false apparenze! Quando ho veramente avuto bisogno, mi avete lasciato solo! Per quanti messi abbia inviato, per quanti richieste abbia fatto, nessuno di voi ha mosso un solo dito per me, obbligandomi ad affrontare da solo la collera vendicatrice di mia madre Maab! Temevate a tal punto il suo atavico potere da non osare neppure avvicinarvi?!" li accusò.
"No!" esclamò Odino, ritrovando la tipica fierezza ed alzandosi di scatto dal trono "Siamo venuti meno alla nostra parola, è vero, ma non è come dici! Quando il tuo messaggero è giunto ad Asgard, io stavo guidando le mie legioni nell'attacco finale alle Caverne Ghiacciate di Jotunheim! Anche se i miei fedeli corvi mi hanno portato il messaggio, non potevo abbandonare l'esercito e la battaglia, o sarebbe stata la rovina per Asgard!"
"Certo, un dilemma straziante! Il bene di un esercito contro quello dell'intera razza umana!" rispose cinicamente Oberon, adocchiando poi il signore dell'Olimpo "E tu, Zeus? Anche tu impegnato in compiti della massima urgenza… magari a scegliere con quale giovane ninfa sollazzarti, o a inventare scuse per la tua regal consorte? So bene che hai ricevuto il mio messaggio, eri sull'Olimpo quando Puck te lo ha portato!"
"Trattieni la lingua, Oberon! Queste accuse non ti fanno onore!" esclamò Zeus, fissandolo minacciosamente, ma Oberon non fece una piega.
"Se le mie parole sono davvero così infondate, allora dimmi per quale motivo non sei venuto!"
"Io… ero in ansia per Atena!" rispose titubante il signore dell'Olimpo "Quando Puck è venuto a chiedere aiuto, la guerra tra Atena ed Ares era al suo apice. Sapevo che non avrebbe mai ucciso il suo fratellastro, ma non potevo dire lo stesso di lui, per questo li ho osservati, pronto ad intervenire! Quando il loro scontro è finito, Avalon era ormai irraggiungibile a causa della guerra in corso!" spiegò.
"Scuse!" ruggì Oberon, falciando l'aria con la mano "Non sei mai stato interessato a tua figlia, ti sei persino rifiutato di aiutarla quando venne a supplicare il tuo aiuto contro l'ambizione di Nettuno! La verità è che le vostre promesse di amicizia hanno sempre nascosto il seme dell'inganno, il verme dell'invidia verso un regno benedetto sia dal sole che dalla pace! Questa guerra gli ha finalmente permesso di emergere alla luce! Forse speravate che Maab ed io ci uccidessimo a vicenda, così avreste potuto estendere il vostro dominio sulla bella Avalon? In tal caso devo deludervi, ho vinto, e la mia reggia non è ormai che un cumulo di macerie, ben poco appetibile come terra di conquista!"
"Bada, Oberon!" tuonò Odino indignato, espandendo il suo cosmo e fissandolo con occhi di brace. Il signore di Avalon però gli volse le spalle, avviandosi verso l'uscita.
"Questo è stato il nostro ultimo incontro! La morte di Maab mi ha indicato la via da seguire, affidato una missione da compiere. Presto l'Isola delle Nebbie risorgerà, e lì voi o i vostri messaggeri non sarete più i benvenuti! Venitemi a cercare… e sarà guerra!" minacciò, uscendo dalla sala del trono senza neppure aspettare una risposta.
Odino mosse un passo per andargli dietro, ma Zeus gli fermò il braccio, scuotendo la testa.
"Lascialo andare, sarebbe vano ogni tentativo di fermarlo! La vittoria contro Maab è giunta a caro prezzo… egli non è più l'amico di un tempo, cento anni di feroce battaglia lo hanno cambiato, forse per sempre! Anche il suo cosmo è diverso, segnato dall'oscurità…" commentò preoccupato.
"Eppure… vi è del vero nelle sue parole. Non siamo riusciti a mantenere la nostra promessa. Nel momento del bisogno, l'abbiamo lasciato solo!" ammise amareggiato Odino.
Zeus annuì, ma osservando il signore del Nord si accorse che l'espressione del suo viso tradiva una preoccupazione maggiore di quella rivelata dalle sue parole. Una preoccupazione che Zeus conosceva bene, provandola lui stesso. Incerto se condividere i suoi timori, il Dio guardò nervosamente in direzione di Freya, che nel corso della discussione con Oberon era rimasta in disparte nell'ombra.
"Parla pure liberamente, la mia sposa già conosce la ragione della nostra paura. A lei sola ho confidato quel che accadde!" disse Odino, intuendo quel che Zeus stava pensando, e permettendogli di rilassarsi.
"Lo pensi anche tu, non è vero? Non è solo la perdita di Oberon… quel che è successo, ci era stato profetizzato quel giorno sull'Olimpo" esclamò rabbrividendo.
Incontrando il suo sguardo, Odino sospirò preoccupato "Era il primo segno: «gli occhi di colei che ora giace addormentata rivedranno la luce, ed antichi patti saranno disattesi» Evidentemente si riferiva al risveglio di Maab ed alla nostra incapacità di mantenere la promessa fatta ad Oberon! Ma se questa parte della profezia si è avverata, allora sarà così anche per il resto? L'emissario di Colui Che è Signore di tutti, giungerà veramente un giorno, senza che non ci sia concesso di far nulla per fermarlo?!" esclamò con un misto di paura e frustrazione.
Comprendendo bene la sua paura, la paura di fronte all'ineluttabilità di un destino all'apparenza sempre più impossibile da cambiare, persino per delle divinità, Zeus scosse la testa. "Non lo so… ma mai come ora capisco che, qualunque futuro ci aspetti, dobbiamo tenere segreta quella profezia! Proprio come te, anche io ne ho rivelato il contenuto solo ad una persona, mio fratello Nettuno. Egli è sempre stato fonte di preziosi consigli, ben più di Era o Hades, ma sono bastate poche semplici parole ed il terrore che ha colmato i suoi occhi non ha avuto eguali!" disse.
"Come dargli torto…" mormorò Odino, sedendosi di nuovo sul trono. Per quanto lui e Zeus cercassero di mostrarsi forti, la fine dell'amicizia con Oberon e l'avverarsi del primo segno li avevano messi crudelmente di fronte ad una realtà che entrambi speravano non giungesse mai. Una realtà con cui non sapevano come confrontarsi, e che li spaventava come solo l'ignoto può fare.
In quel momento però, Freya si fece avanti, sorridendo ad entrambi
"E' normale avere paura del futuro, persino per noi divinità. Le sue insidie possono rendere nemico chi era amico, spingere ad odiare chi un tempo si amava come fratello, distruggere quel che si è costruito e creare ostacoli all'apparenza insormontabili. Eppure, da sempre gli esseri umani trovano nei loro cuori la forza di opporsi, combattendo giorno per giorno contro le avversità che il destino mette loro di fronte. Come possiamo essere da meno, e accettare passivamente lo scorrere degli eventi, noi che ci gloriamo di essergli superiori? Siete entrambi grandi sovrani, capaci di forgiare regni stabili e prosperosi laddove un tempo vi erano solo guerre e massacri, e avete sempre guardato al futuro con sicurezza. Non permettete ora al timore di farla venir meno, e abbiate fiducia in voi stessi. Se davvero quest'Emissario arriverà, troveremo un modo di tenergli testa!" esclamò, con gentilezza ma anche insospettata forza d'animo.
Le sue parole sembrarono togliere un macigno dalle spalle di Zeus e Odino, che finalmente sorrisero.
"Hai ben detto. Finora solo il primo segno si è avverato, sarebbe inutile condannare i nostri sudditi alla paura finchè non sapremo con certezza quando l'Emissario arriverà!" convenne Odino.
"E nel frattempo" riprese Zeus "prenderemo provvedimenti! Le Parche hanno detto che esiste un modo per difenderci, non ci resta che trovarlo! Noi non saremo come le divinità che ci hanno preceduto, non scompariremo impotenti nel silenzio! Se anche le porte del Tartaro si aprissero sotto ai nostri piedi, il fulmine e la spada continueranno a sollevarsi!"
Con una rinnovata sicurezza negli occhi, Zeus e Odino si fissarono, sorridendo reciprocamente e stringendosi la mano. Poi, il Signore dell'Olimpo si preparò a partire.
"Quando avremo trovato una soluzione definitiva, ci rivedremo. Fino ad allora, addio, Odino!" disse infine, scomparendo dal Valhalla.
Guardandolo partire, Odino sospirò, chiudendo gli occhi. "Affina la tua forza, Zeus! Verrà il giorno in cui dovremo combattere ancora fianco a fianco, e forse da noi dipenderà il destino di tutti!"