INTERLUDIO

Tra le rovine dell'un tempo glorioso palazzo dei Thule, appoggiato alla colonna del cancello, Asher osservò con il cuore colmo di tristezza le ambulanze che si allontanavano a tutta velocità, seguendo il bagliore delle loro luci lampeggianti finchè non girarono una curva e sparirono, dirette verso la clinica privata della Fondazione Thule.

Erano accorse subito, parcheggiando in quel che restava del parco del palazzo di Nuova Luxor, quasi distrutto dopo la tremenda battaglia contro Aircethlam di Avalon, ed immediatamente i medici si erano precipitati a soccorrere i feriti. Con uno sforzo di volontà, Asher era riuscito a resistere al bruciante desiderio di aiutarli, di fare qualcosa che lo liberasse dal senso di inutilità che lo aveva attanagliato dopo la fine dello scontro, quando il reale costo che quella battaglia aveva avuto si era finalmente affacciato alla sua mente. Il ragazzo però sapeva che sarebbe stato più d'intralcio che d'aiuto ed era rimasto un passo indietro, limitandosi a rifiutare qualsiasi tipo di cura o assistenza, chiedendo a tutti di dare la precedenza ai suoi compagni che giacevano riversi al suolo.

Il suo cuore si era quasi fermato dalla gioia quando i dottori avevano avvertito un impercettibile battito provenire dai corpi di Black e Geki, liberandoli immediatamente da quel che restava delle loro armature, ormai in frantumi, e caricandoli sulle ambulanze per la sala operatoria. Ma un attimo dopo il ragazzo era tornato alla tremenda realtà, perchè per Aspides e Ban non c'era stato niente da fare, entrambi erano morti sotto i colpi di Aircethlam, e nel vedere i loro visi, nel ripensare a tutte le avventure vissute insieme, Asher non riuscì a trattenere i singhiozzi mentre calde lacrime gli rigavano il viso.

Prima che i medici ne portassero via i corpi, l'Unicorno gli si avvicinò, sfilando gli ultimi pezzi delle loro armature, cercando di toccarle con delicatezza, quasi come se altrimenti avrebbe potuto far male ai due compagni, e maledicendo silenziosamente la propria debolezza, che gli aveva impedito di salvarli.

Dopo aver completato questo macabro rituale, Asher si era finalmente fatto da parte, volgendo la testa nella direzione opposta, per non vedere i suoi amici partire per un viaggio dal quale non avrebbero fatto ritorno. Dall'altro lato del giardino, anche Mylock, Shadir, Benam e Lear stavano venendo caricati a bordo di due autoambulanze, ma per fortuna, pur avendo varie ferite ed ossa rotte, nessuno di loro era in pericolo di vita.

Incrociando gli occhi del vecchio servitore, Asher non fu sorpreso di vedere un riflesso della tristezza che lui stesso provava, ma non aveva parole di conforto da offrirgli, nè desiderava commentare così presto quel che era successo, così evitò di avvicinarsi loro, limitandosi a vederli partire.

Le uniche che si erano rifiutate di andare in ospedale erano state le tre Sacerdotesse. Tisifone e Castalia avevano solo ferite tutto sommato leggere, ma Nemes aveva perso molto sangue e probabilmente avrebbe avuto bisogno di cure. La ragazza però si era categoricamente rifiutata, sottolineando che, insieme a Fiore di Luna e Patricia, era lei il bersaglio dei sicari di Avalon, e che in caso di un secondo attacco, in ospedale avrebbero messo a repentaglio decine di vite innocenti.

Ammirando il suo coraggio, e riconoscendo l'amara verità delle sue parole, Asher aveva stretto i denti, resistendo al bruciante desiderio di accompagnare Black e Geki e di poter essere al loro fianco prima dell'intervento che forse li avrebbe salvati. Desiderando restare da solo, il ragazzo si era così appoggiato al cancello della villa, fissando per parecchi minuti con occhi vacui le luci della città.

"C… Cavaliere… Asher" lo chiamò ad un tratto una voce, e voltandosi il ragazzo non fu sorpreso nel vedere Fiore di Luna avvicinarglisi. Era praticamente incolume, ma aveva gli occhi rossi per le molte lacrime versate, e le mani sporche del sangue che aveva pazientemente pulito dai corpi di Mylock e Nemes.

Non sapendo cosa dirle, nè desiderando intavolare una conversazione, Asher si limitò a sorriderle leggermente, voltando di nuovo la testa. Per parecchi minuti i due rimasero in silenzio, ciascuno immerso nei propri pensieri, poi Fiore di Luna disse timidamente "Dovresti essere con loro… Stare al loro fianco ti farebbe sentire meglio…"

Asher però scosse deciso la testa "Potrebbero esserci altri attacchi. Il loro… s… sacrificio sarebbe inutile se adesso abbassassimo la guardia!" rispose, faticando a mantenere salda la voce.

A queste parole, Fiore di Luna abbassò lo sguardo, mentre nuove lacrime le scorrevano sul viso "Mi dispiace! E' colpa nostra… tutti voi avete sofferto e siete stati feriti per proteggere noi! Se non fossimo mai venute a palazzo…"

"Vi avrebbero attaccato in Cina, o sull'Isola di Andromeda, o alla darsena!" l'interruppè Asher, parlando con più forza rispetto a prima ed appoggiandole una mano sulla spalla "Ti prego, non darti colpe che non ti appartengono, non sei tu la causa di tutto questo, come non lo sono Nemes o Patricia! E' Oberon il solo responsabile, lui ha inviato qui Aircethlam per usarvi come pedine nella guerra in corso!"

"Ma…"

"Avremmo potuto fuggire se avessimo voluto salvarci, Aircethlam ce ne ha dato più volte la possibilità. Nulla ci obbligava a proteggervi, se non la parola data" ribadì Unicorno "Abbiamo combattuto di nostra iniziativa, in nome dell'amicizia che ci lega a Pegasus, Sirio, Andromeda e gli altri, del desiderio di ripagarli. Difendere voi è stato il nostro modo per ringraziarli, non macchiare i nostri sforzi con un senso di colpa che non ha ragione d'esistere!".

Fiore di Luna fece un sorriso tirato, che Asher si sforzò di ricambiare, quando qualcun altro si avvicinò loro.

"Belle parole, Unicorno. Parole che dovresti ripetere anche a te stesso!" disse Tisifone raggiungendoli, e fissando il cavaliere negli occhi, spingendolo ad abbassare lo sguardo.

"Non hai colpe per la morte di Aspides e Ban, sono caduti lottando per ciò in cui credevano!" esclamò, andando subito al punto.

"Abbiamo vinto solo perchè Aircethlam è stato colto dal dubbio, preferendo togliersi la vita piuttosto che portare a termine la sua missione… Ma se fossi stato più forte, se avessi raggiunto prima il settimo senso…" iniziò il ragazzo, ma Tisifone scosse la testa

"Non sarebbe cambiato nulla. La forza di quell'uomo era immensa, capace di rivaleggiare con i Cavalieri d'Oro, forse persino di superarla. Un settimo senso appena risvegliato non sarebbe bastato a sconfiggerlo. So che questa vittoria ha il sapore di una sconfitta, ma hai combattuto bene, Asher, resistendo fino alla fine! Se non fosse stato per te, nessuno di noi sarebbe qui ora!" gli disse in tono gentile, prima di allontanarsi di nuovo verso la villa, ed Asher sentì il proprio cuore sollevarsi, anche se di poco.

A svariati metri di distanza, una figura lo osservò in silenzio, nascosta tra le ombre del tetto di Villa Thule, e strinse il pugno in un gesto di frustrazione, maledicendosi per l'essere arrivato troppo tardi per poter aiutare quei ragazzi.

"Intendi restare nascosto ancora a lungo?" gli domandò in quel momento una voce alle sue spalle, ma Scorpio non se ne sorprese, perchè aveva sentito una persona avvicinarsi, e riconosciuto il suo cosmo. Sospirando, si voltò, trovandosi di fronte a Castalia, e non potendo fare a meno di notare le ferite che costellavano il suo corpo.

"Perchè nascondi il tuo cosmo e osservi da lontano, invece di andare da loro?" gli chiese, senza traccia di accusa ma con una certa durezza.

"Che valore avrebbe la mia presenza? Non ho parole per confortarli, nè notizie certe da portare…" rispose secco Scorpio, nascondendo il motivo più importante, il timore che Asher o le Sacerdotesse insistessero per accompagnarlo in battaglia, mettendo di nuovo a repentaglio le loro vite.

"Sei coperto di ferite…" notò allora la donna "Hai quindi già distrutto il sigillo d'Egitto? Come procede la guerra?"

"Numerosi sigilli sono stati spezzati" rispose il cavaliere, cercando di restare più vago possibile, e di non lasciare trasparire la preoccupazione che provava perchè i cosmi di numerosi compagni erano ormai molto indeboliti, alcuni appena percettibili "Solo Kanon sta ancora combattendo. Non appena avrà vinto, potremo finalmente trovare il decimo sigillo, l'ultimo, e liberare i nostri compagni sull'Olimpo!"

"Ioria…" iniziò Castalia, ma Scorpio troncò sul nascere ogni domanda "Poco fa ho avvertito l'esplosione di altri cosmi, provenienti da Asgard! Ora la battaglia è finita, ma è possibile che anche loro siano stati attaccati… più tardi chiedi a Kiki di andare a vedere cosa sia successo. E' già stato ad Asgard, e non dovrebbe avere difficoltà a teletrasportarsi di nuovo lì!" disse, prima di scomparire, lasciando da sola la Sacerdotessa.

Deglutendo amaramente, Castalia si avviò di nuovo verso Tisifone e gli altri.

***

Sull'Olimpo, nel piazzale antistante il tredicesimo tempio, dimora di Zeus, Pegasus fissava l'orizzonte, con una mano appoggiata sulla barriera creata da Oberon, avvertendo il potere fluire dentro di essa, ma anche sentendola tremare man mano che i sigilli si spezzavano, obbligando il cosmo del signore di Avalon ad adattarsi per mantenerla in piedi.

"Ancora poco, amici, ed i vostri sforzi giungeranno a termine! Ancora poco…" pensò, chiudendo gli occhi e ringraziando in cuor suo i Cavalieri d'Oro e tutti coloro che stavano combattendo per liberarli.

"Pegasus!" lo chiamò in quel momento Andromeda, avvicinandoglisi insieme a Phoenix.

"Andromeda. Come sta Nettuno? Ci sono novità?"

"Il suo cosmo è debole… sempre più debole, fiaccato dallo sforzo di proteggere Zeus e l'Olimpo dalla barriera di Oberon! Sirio e Cristal lo stanno controllando ora, ma non so quanto ancora riuscirà a resistere…" disse il ragazzo, tradendo nella voce una certa preoccupazione.

Pegasus annuì, lanciando un'occhiata in direzione del Dio dei Mari. "Chi avrebbe mai detto che un giorno avremmo dovuto ringraziare proprio lui per la nostra salvezza…" pensò, ricordando anche a quando aveva inviato loro le armature d'oro contro Hades, e chiedendosi per l'ennesima volta quali fossero le sue reali intenzioni e perchè si trovasse nel tempio di Zeus durante la loro battaglia.

"Pegasus… lo scontro di Nuova Luxor sembra essere terminato…" disse tentativamente Andromeda "Il cosmo dell'assassino inviato da Oberon è scomparso… ma posso ancora sentire quelli di Nemes, Asher, Castalia e Tisifone! Credo che siano riusciti a sconfiggerlo…"

Nonostante stesse parlando di una vittoria però, non c'era gioia nella voce del ragazzo, e Pegasus ne sapeva bene il motivo "Ban, Aspides, Geki, Black… i loro cosmi sono scomparsi, o sono così deboli da non essere più percettibili…" disse con voce rotta, cercando di ricacciare indietro le lacrime che sentiva sul punto di sgorgare "E non so se Patricia è ancora viva! Lei non è allenata all'uso del cosmo… la sua aura è troppo debole per poterla avvertire così da lontano! Se le fosse successo qualcosa… che l'abbia ritrovata solo per perderla di nuovo?!" esclamò, sferrando un pugno carico di frustrazione contro la barriera.

"Non essere così pessimista, lei e Fiore di Luna staranno bene, vedrai! Asher e gli altri sono Cavalieri, e avevano promesso di proteggerle. Sono certo che hanno tenuto fede alla loro parola!" disse Phoenix, cercando di scuotere l'amico.

"E non dimenticare che c'erano anche Tisifone e Castalia con loro! Abbiamo sentito chiaramente i loro cosmi esplodere nella foga della battaglia! Tutti insieme avranno sicuramente fermato il nemico prima che Patricia o Fiore di Luna potessero restare ferite!" intervenne Andromeda.

"Spero che abbiate ragione amici miei… spero tanto che abbiate ragione!" mormorò Pegasus, prima che la sua espressione si indurisse, tornando combattiva come sempre "Ma una cosa è certa, Oberon si pentirà di una mossa così vile! Ancora poco e questa barriera cadrà… e allora imparerà a sue spese a non tirare in ballo degli innocenti!" esclamò.

"Che cos'hai in mente?" domandò sorpreso Andromeda.

"Lo vedrai… chiama anche Cristal e Sirio, devo parlarvi!"

***

Tra le rocciose montagne del Sinai, Mur dell'Ariete giaceva immobile al suolo, in una pozza di sangue, caduto di fronte ai colpi del suo terribile nemico, Balor di Avalon, il cui cadavere poggiava a sua volta a pochi passi di distanza.

Troppo debole per risanare le proprie ferite o per cercare aiuto, il ragazzo era rimasto in bilico tra la vita e la morte, aggrappandosi solo ad un filo di tenacia e forza di volontà, che si faceva più sottile di minuto in minuto.

Improvvisamente però, avvertì un piacevole calore avvolgere le sue membra, e sentì le prime forze tornare a scorrergli in corpo. Aprendo stancamente gli occhi, vide una gigantesca forma sfocata sovrastarlo, coprendolo con la sua ombra.

"Come sei ridotto! Da te non me lo sarei mai aspettato!" lo rimproverò bonariamente Toro, sorridendo nel vederlo riprendere conoscenza e continuando a immettere nel suo corpo parte del proprio cosmo, per dargli la forza di curarsi e rimettersi in piedi.

"N… non sprecare energie… sei ferito…" mormorò debolmente il cavaliere d'Ariete, mettendo finalmente a fuoco il corpo coperto di sangue del suo amico, ed il braccio che gli pendeva immobile lungo il fianco. Toro però lo ignorò "Sarei morto se non fosse stato per te, e per l'aiuto che in passato non mi hai mai fatto mancare! Adesso quindi fa silenzio e non distrarmi! Il mio cosmo ti permetterà di curarti. L'ultimo sigillo… lo raggiungeremo insieme!" esclamò, e per la prima volta le labbra del custode della prima casa si contrassero in un leggero sorriso.

***

A Creta, alla luce del rosso sole del tramonto, Ioria del Leone e Bres di Avalon erano seduti sull'erba, dove il custode della Quinta Casa aveva raccontato al ragazzo scozzese la storia dei Cavalieri di Atena, e delle loro battaglie combattute nel corso dei secoli in difesa dell'umanità.

"Incredibile… Generali di Nettuno, Berseker di Ares, Spectre di Hades… non credevo esistessero così tante armate ed eserciti! All'interno delle mura di Avalon giungono poche notizie del mondo esterno, ed anche se in tempo di pace siamo liberi di uscire, normalmente la maggior parte di noi preferisce restare nella fortezza!" esclamò sorpreso il Guardiano, l'unico ad aver alla fine deciso di abbandonare Oberon e seguire la propria strada.

"Hai passato troppo tempo nella tua Avalon! Il mondo è grande, avrai parecchio da vedere!" gli sorrise Ioria "Anzi, cos'hai intenzione di fare ora?"

"Non lo so ancora… dopo aver passato così tanti secoli ad aspirare alla morte, ora mi sembra impossibile dover imparare di nuovo a vivere…." rispose pensieroso, passandosi una mano tra i capelli rosso scarlatti, e Ioria seppe che stava ripensando ai giorni della sua giovinezza, prima che le tragedie del destino lo portassero a diventare un Guardiano di Avalon. "Ma so bene da dove ho intenzione di incominciare, il primo passo almeno è ben chiaro davanti ai miei occhi: verrò con te, alla ricerca dell'ultimo Sigillo!" esclamò poi, voltandosi verso il Cavaliere d'Oro con un'espressione decisa sul viso.

"Non dire sciocchezze!" si allarmò il ragazzo "Non hai motivo nè ragione di fare una cosa del genere! Le battaglie te le dovresti essere ormai lasciate alle spalle, non ti permetterò di rischiare la vita per ripagare qualsiasi debito tu senta nei miei confronti!"

A queste parole, Bres inarcò un sopracciglio "Debito nei tuoi confronti? Per ripagarti?" ripetè, sorridendo ironicamente "Se credi che lo faccia per te, ti stai sopravvalutando un pò troppo! Dopotutto, dovresti essere tu a ripagare me per averti permesso di distruggere il Sigillo… non ci saresti mai riuscito da solo!" lo provocò, ma in maniera bonaria.

"E allora perchè?" domandò Ioria.

"Per lo stesso motivo per cui d'ora in poi compirò ogni mio gesto: semplicemente perchè questa è la mia volontà!" disse soltanto, sostenendo con calma lo sguardo perplesso e visibilmente contrario del Cavaliere d'Oro.

"Quando la vita mi sembrava un abisso di dolore e disperazione, Oberon mi ha dato una casa ed uno scopo, onorandomi del titolo di Guardiano di Avalon. Mi ha offerto più di quanto molti altri avrebbero fatto, senza mai muovermi accusa o rivelare agli altri Guardiani il mio passato. Ora però qualcosa è cambiato… voi Cavalieri siete difensori della giustizia, ed il signore di Avalon che io conoscevo non avrebbe mai mosso guerra alla giustizia! No, sarebbe morto piuttosto, cento e cento volte! Devo cercare di parlargli… di capire il perchè di questo cambiamento… di ricondurlo alla ragione! E prima di questo, devo sventare il folle piano che sta perseguendo, perchè non potrebbe mai perdonarsi dell'aver causato la morte di Atena, la protettrice degli uomini!" spiegò, parlando quasi tutto d'un fiato. "Per questo motivo verrò con te, perchè desidero che la mia nuova vita abbia inizio con la salvezza del mio sovrano!"

"Le tue ragioni sono nobili, ma non è necessario! Oberon potrebbe sapere che mi hai aiutato, e accusarti di tradimento! Penseremo noi Cavalieri d'Oro a distruggere l'ultimo sigillo ed a riportarlo alla ragione!" obiettò Ioria, cercando di convincerlo.

"Non capisci… voi cavalieri siete dotati di grandi poteri, ma non potrete entrare ad Avalon, o neppure vederla! Solo alle divinità, o a coloro che da loro sono stati benedetti, è possibile farlo! Non riuscireste mai a raggiungere Oberon… E non dimenticare che prima ancora di Oberon dovrete distruggere l'ultimo Sigillo, che si dice sia protetto da un Guardiano invincibile!" replicò adombrandosi.

"Sai chi sia, o dove si trovi il Sigillo?" domandò subito Ioria, rimproverandosi per non aver posto prima delle domande così importanti. Bres però scosse la testa.

"A nessuno di noi è stata rivelata l'ubicazione di alcun Sigillo oltre a quello che era nostro dovere custodire… e non ho idea di chi possa essere che lo difende. Quando sono partito, due Guardiani erano rimasti ad Avalon, ma poco tempo fa ho avvertito anche i loro cosmi combattere e spegnersi, evidentemente impegnati in qualche nuova missione. Persino i due sommi consiglieri, Feron ed Oghma, sono stati schierati in campo. L'ultimo Guardiano dev'essere quindi qualcuno della famiglia di Oberon stesso, e se è così allora avrete bisogno di tutto l'aiuto possibile, perchè il potere dei membri del popolo magico ha ben pochi rivali tra gli umani!" disse cupamente, facendo rabbrividire il Cavaliere del Leone, ben consapevole di quante poche energie gli fossero rimaste.

***

"Lasciatemi alzare, vi prego! Non posso restare qui!" insistette Syria, cercando di alzarsi dal letto su cui si era risvegliato, ma venendo spinto ancora una volta indietro dal guaritore del palazzo reale di Asgard e dalle sue assistenti.

"Sei ancora troppo debole, hai bisogno di riposo! Non sei in condizione di andare da nessuna parte!" gli disse fermamente Ilda, per poi guardare in direzione di Mizar e Alcor, a loro volta stesi o seduti su due letti vicini, ed aggiungere "Nessuno di voi lo è!"

"Sono soltanto delle ferite leggere…" protestò Mizar sollevandosi su un fianco, anche se persino un gesto così semplice gli causò una fitta di dolore. Una sola occhiata di Ilda però lo spinse ad abbassare immediatamente lo sguardo ed abbandonare ogni nuovo tentativo di alzarsi.

"Le vostre ferite sono tutt'altro che leggere! Avete subito in pieno i colpi di Lugh, e prima ancora combattuto nel Regno Sottomarino… persino se non aveste un graffio, i vostri cosmi sarebbero così deboli da necessitare riposo!" esclamò la Celebrante di Odino, sospirando "E purtroppo, ben più di un graffio entrambi avete subito! Mentre eravate svenuti, sono stati necessari diversi punti per richiudere le ferite più profonde, e prima ancora Neffethesk ha dovuto estrarre i frammenti di armatura che si erano conficcati all'interno, per evitare infezioni! Con il mio cosmo, ho lenito il dolore, ma sarà tutto inutile se non vi prenderete almeno qualche ora di riposo!"

Annuendo, e toccato dal fatto che Ilda, pur avendo a sua volta affrontato Lugh, avesse donato parte del suo cosmo per loro, Mizar non rispose niente e si sdraiò di nuovo. Accanto a lui, anche Alcor era insolitamente silenzioso, tanto che il ragazzo si chiese se non avesse già provato inutilmente a convincere Ilda prima che lui riprendesse i sensi, quando un gruppo di soldati li avevano riportati a palazzo.

Syria però non era dello stesso avviso, e, pur restando cortese nei toni, continuava a cercare di andar via. Osservando i visi del guaritore Neffethesk e delle donne che lo assistevano, Mizar ebbe la certezza che tutti loro sarebbero stati ben felici di accontentarlo pur di non averlo più davanti, e che lo stavano curando soltanto perchè così gli era stato ordinato. Vedevano ancora in lui non un alleato, ma un Generale di Nettuno, divinità che tanti lutti aveva portato ad Asgard.

Forse consapevole di ciò, fu ad Ilda stessa che Syria si rivolse. "Apprezzo le cure che mi sta prestando, ma non posso rimanere ad Asgard! Ho promesso ai Cavalieri d'Oro che li avrei aiutati a distruggere i Sigilli di Oberon, e due di loro resistono ancora!" disse in tono urgente. L'espressione della donna però non cambiò

"Proprio per essere loro d'aiuto devi riposare e recuperare le forze, nelle tue condizioni attuali, saresti d'intralcio anzichè d'appoggio! Alcune di queste ferite te le sei procurate per difendere me ed i miei Cavalieri, accetta quindi ora la nostra gratitudine e recupera le forze. Le occasioni per combattere potrebbero non mancare neppure in futuro…" affermò, gentilmente ma con fermezza.

Solo Alcor si accorse dell'ombra che attraversò il viso della donna mentre diceva le ultime parole, ed espirò inquieto. Syria aprì la bocca per replicare, ma Mizar lo anticipò "Finora, il flauto che usi in battaglia è stato inutile… tu stesso hai ammesso che i Guardiani di Avalon sembrano immuni al suo potere. Recupera le forze, e se i Cavalieri d'Oro avranno bisogno d'aiuto, potrai sempre raggiungerli in un secondo momento!" suggerì.

Ammettendo un pò a malincuore la verità nelle sue parole, e chiedendosi ancora una volta cosa rendesse così inefficace la sua arma contro i sudditi di Oberon, Syria sospirò, tornando finalmente a stendersi sul letto. "Cavalieri d'Oro di Atene… perdonatemi se non sarò con voi!" mormorò rammaricato.

***

"Aaaahhhhh!!!!"

Oberon urlò di dolore, stringendosi i fianchi con le mani e crollando in ginocchio, con il viso trasfigurato in una smorfia irriconoscibile ed i muscoli tesi per lo sforzo.

"Sii forte, ancora pochi attimi e tutto sarà passato!" lo incoraggiò Titania, correndo subito ad abbracciarlo e cercando di tenerlo fermo, ma facendo attenzione a non incrociare il suo sguardo, timorosa che il suo sposo potesse scorgere le lacrime che le si stavano affacciando sugli occhi di fronte a quella scena, cui troppe volte aveva ormai assistito nelle ultime ore.

Oberon gridò di nuovo, ancora ed ancora, dimenandosi nella stretta della moglie mentre i suoi muscoli andavano in spasmo. Poi, lentamente, iniziò a calmarsi, respirando profondamente e appoggiando la testa sulla spalla di Titania, che subitò la pulì con il proprio mantello dalle gocce di sudore che l'imperlavano.

"Il riassorbimento… è sempre… così doloroso!" ansimò, riaprendo gli occhi e alzandosi di nuovo in piedi, anche se per farlo ebbe bisogno di appoggiarsi al trono.

"Frammentare il tuo cosmo è stata una decisione rischiosa, ogni volta che un sigillo è stato spezzato, il dolore ti ha quasi sopraffatto!" commentò preoccupata la Dea.

"E' stato un prezzo necessario! Se non avessi corso il rischio, non avrei potuto imprigionare l'Olimpo… Ed inoltre ora il potere della salute è di nuovo in me, già adesso sento un nuovo vigore scorrermi in corpo, dandomi respiro dopo la stanchezza delle ultime ore!" rispose Oberon, sorridendo ed inspirando profondamente.

"Il Sigillo della salute era protetto da Feron, anche lui ci ha deluso!" esclamò Titania con durezza, ed Oberon annuì.

"Feron, Dinann, Bres, Oghma, Tehtra, Balor, Indech, Lugh, Aircethlam… e persino Puck, nostro figlio! Tutti loro ci hanno deluso, permettendo ai Cavalieri di Atena ed ai loro alleati di distruggere i Sigilli, o fallendo nella missione assegnata! Eppure in ciascuno di loro avevo riposto fiducia, portandoli ad Avalon ed affidando loro il più alto dei titoli, quello di Guardiano della nostra sacra isola!" ammise, e per un attimo parve esservi una punta di tristezza nella sua voce, mentre chiudeva gli occhi a ricordare il passato.

"Avevo fiducia in Dinann, il cui agire era così simile ad una fiamma, forte da bruciare i nemici, ma nel contempo dolce, capace di riscaldare i cuori dei compagni… Ed in Tehtra, che mi amava come un padre, sempre desideroso di compiacermi, di rendermi di nuovo fiero come quando aveva ottenuto l'Arco di Luce. Tehtra, che era pronto a tutto pur dare un senso alla sua vita…"

"Avevo fiducia in Aircethlam, dal cuore nobile e splendente come il cristallo… ed in Feron, primo tra i Guardiani, ricco di saggezza e conoscenza, eppure capace di emozionarsi di fronte ad una nuova scoperta come un bambino che vede per la prima volta il sole! Ed avevo fiducia in Lugh, re capace di diventare suddito, e nella forza che il suo braccio celava dietro la superbia, tanto grande da permettergli di dominare persino la Lancia di Vittoria!"

"Avevo fiducia in Balor, ed in Indech, anche quando sentivo chiaramente che i loro cuori non mi appartenevano, che altre ragioni muovevano i loro passi, perchè sapevo che il loro orgoglio non si sarebbe mai piegato ad una sconfitta… Ed avevo fiducia in Oghma, perchè, anche attraverso la spessa tela di inganni e macchinazioni che aveva tessuto, potevo scorgere in lui un animo fedele, che mi avrebbe seguito senza esitazioni anche nelle profondità degli Inferi se solo glielo avessi chiesto!"

"Ma più di ogni altri avevo fiducia in Bres, anima sventurata, innamorata dell'amore, con un cuore così saldo da essere capace di sopportare sulle proprie spalle un peso che avrebbe piegato anche una divinità! Ed in Puck, sangue del mio sangue, il cui spirito fanciullesco celava la nobiltà di un principe! Da loro, più che da chiunque altro, sono stato deluso… o tradito!" sospirò con viva amarezza, mentre Titania lo fissava preoccupato.

Quando li ebbe riaperti però, la usa espressione era totalmente diversa, fredda e priva di emozioni. "Due Sigilli ancora rimangono, ultime vestigia dei miei atti di vendetta! Sarò ancora deluso, Titania, o almeno loro resisteranno?" domandò, con una voce così decisa da far tremare la regina.

"Resisteranno, mio sovrano! I Cavalieri di Atena sono ormai stanchi, e sull'Olimpo il cosmo di Nettuno si indebolisce sempre più! La vittoria che meriti è ormai a un passo!" rispose solennemente la donna, accennando un sorriso.

"Sarà meglio, non accetterò altre sorprese! Se vi saranno ancora sconfitte, completerò il Rito di Evocazione, chiamando a me un'arma invincibile che mi permetterà di conquistare l'Olimpo con la forza!" esclamò minaccioso, tornando a sedersi sul trono.

"Non farlo! Quel rito è il risultato di secoli e secoli di ricerche, l'arma finale da usare contro la misteriosa Minaccia preannunciata dalla maledetta Maab! Porterebbe ad una vittoria sicura, questo è certo, ma evoca forze arcane e pericolose… sarebbe un rischio ricorrervi! Ci sono ancora due Sigilli, vedrai che basteranno!" si affrettò a dire Titania, con gli occhi dilatati dalla paura.

La risposta di Oberon fu fredda e tagliente come una lama di ghiaccio, pronunciata senza neppure guardarla in viso. "Fa che sia così!"

***

"Siamo qui, Pegasus" disse Cristal, avvicinandosi all'amico insieme a Sirio ed Andromeda, che era venuto a chiamarli avvisandoli che il compagno voleva parlargli.

Pegasus annuì, lanciando una fugace occhiata verso il volto di Sirio, e scorgendo su di esso una traccia della preoccupazione che lui stesso provava, segno evidente che anche Dragone, pur dandolo meno a vedere, temeva per la vita di Fiore di Luna dopo la battaglia di Luxor. Sospirando, il ragazzo guardò in viso tutti loro.

"I Cavalieri d'Oro non hanno tradito le nostre aspettative, la barriera che ci imprigiona è ormai mantenuta in piedi solo dalla forza di uno o due Sigilli. Se anche questi ultimi cadranno… e se Nettuno riuscirà a resistere fino ad allora, saremo finalmente liberi! Ma Oberon di certo non accetterà questa sconfitta di buon grado, potrebbe avere qualche altro piano in serbo! Per questo, prima che possa attaccarci di nuovo, penso che, non appena la barriera sarà caduta, dovremmo seguire il suo cosmo fino alla fonte e sconfiggerlo una volta per tutte!" esclamò, sorprendendo un pò i compagni.

"Attaccare direttamente Oberon? Ne sei sicuro, Pegasus?" domandò Andromeda, ed il cavaliere annuì, stringendo il pugno.

"Oberon ha già dimostrato di essere pronto a tutto pur di conquistare la vittoria! Già troppo a lungo siamo rimasti sulla difensiva, è ora di passare all'attacco! Chi semina vento raccoglierà tempesta!"

"Ma così facendo, dovremmo lasciare lady Isabel da sola… indifesa alla mercè di Zeus, o di Nettuno! E se le facessero del male?" insistette Andromeda, ma stavolta fu Cristal a rispondere

"Se avesse voluto, Zeus avrebbe potuto ucciderla in qualsiasi momento, ma invece ha mantenuto la parola data! Anche quando lo abbiamo sconfitto, non ho percepito alcun desiderio di vendetta nel suo cosmo… Gli altri Dei non agiranno mai contro la sua volontà, e Nettuno ci ha persino aiutato… per due volte ormai. Credo che Pegasus abbia ragione, possiamo fidarci abbastanza da lasciare qui Atena… sarà al sicuro! Ora come ora, è Oberon il problema" disse con calma.

Phoenix annuì alle parole del compagno, ma poi si girò, fissando Pegasus negli occhi con uno sguardo penetrante. "I tuoi timori sono giustificati, un nuovo attacco è possibile… ma sei sicuro che non sia il desiderio di vendetta per quel che è successo a Nuova Luxor a spingerti a parlare in questo modo?"

Pegasus trasalì per un attimo, ma poi strinse il pugno con forza. "Oberon non ha esitato ad attaccare coloro che amiamo… a mettere a repentaglio delle vite innocenti il cui unico torto è stato quello di volerci bene… e tutto soltanto per distrarre i Cavalieri d'Oro! All'inizio… dentro di me… gli avevo dato il beneficio del dubbio… dopo tutto noi stessi fino a poche ore fa combattevamo contro Zeus… Ma questo gesto così vile ha mostrato a chiare lettere la meschinità del suo essere! Forse è vero… è la rabbia che mi muove, insieme al dolore per gli amici che sono caduti a causa sua, ma come possiamo lasciare impunito un tale crimine?! Insieme abbiamo sconfitto anche Zeus, ed ora Oberon sarà sicuramente debole per l'aver mantenuto così a lungo la barriera! Se non lo fermiamo adesso, se ci lasciamo sfuggire quest'occasione, chi può dire quali trame e minacce tesserà in futuro!" esclamò, dando per la prima volta libero sfogo al dolore che si portava dentro.

Andromeda parve tentennare ancora, ma Phoenix e Cristal annuirono. Lo sguardo di Pegasus si spostò allora su Sirio, che rimase per qualche altro secondo in silenzio, prima di parlare a sua volta.

"Anche io la penso come Andromeda, un attacco diretto adesso potrebbe essere imprudente…" disse con calma, deludendo leggermente Pegasus. Prima che quest'ultimo potesse controbattere però, Dragone riprese "Tuttavia c'è anche un'altra cosa di cui dobbiamo tener conto: i Cavalieri d'Oro! Oberon potrebbe cercare di prendere la sua vendetta su di loro… o peggio potrebbero essere loro stessi a decidere di attaccare Avalon, per porre fine alla sua minaccia!"

"Perchè dici che sarebbe peggio? Con il loro aiuto la vittoria sarebbe ancora più facile" domandò Pegasus, perplesso.

"Dimentichi che Avalon è un Santuario divino, proprio come il Grande Tempio, il Castello di Hades, la Superdimensione o l'Olimpo! Questi luoghi sono sempre protetti dal cosmo del loro padrone, i cui effetti possono essere molteplici. Se il cosmo di Oberon si limitasse a nascondere Avalon, o a vietarne l'ingresso agli stranieri, allora non ci sarebbe nulla da temere. Ma se invece indebolisse i cosmi nemici, o peggio, se fosse come la Superdimensione di Ade, i Cavalieri d'Oro correrebbero un enorme pericolo! Noi invece siamo protetti dalle armature divine, potremmo essere gli unici in grado di raggiungere Avalon senza rischi! Se così fosse… un nostro intervento sarebbe obbligato." spiegò Sirio.

Tutti gli altri annuirono alle sue parole, anche Andromeda, seppur Pegasus fu certo di vedere ancora l'ombra del dubbio attraversare per un attimo il suo viso.

"E' deciso allora! Non appena la barriera sarà caduta, attaccheremo Avalon! Oberon si pentirà di aver scelto i Cavalieri di Atena come suoi nemici!" esclamò Pegasus con forza "Cavalieri d'Oro, resistete ancora un pò, presto saremo con voi!"

 

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GAIDEN - CAPITOLO 1

Ombre all'orizzonte

*Questa è una storia ambientata ai tempi del mito*

Nelle bianche sale dell'Olimpo, i servitori di Zeus, sovrano incontrastato degli Dei di Grecia, erano avvezzi alle feste ed ai banchetti del loro signore. Innumerevoli volte lo avevano visto ritirarsi a tarda notte nelle sue stanze, in compagnia di qualche fanciulla, o ninfa, o divinità, ordinando loro di portare calici ricolmi di nettare e ambrosia e di lasciarli soli, incurante delle voci che puntualmente si spargevano, giungendo fino al dodicesimo tempio, all'orecchio della sua consorte Era.

Stavolta però era diverso. Il banchetto nella sala del trono era stato organizzato a lungo e minuziosamente, ed Era stessa era stata invitata a prendervi parte, anche se aveva preferito declinare l'offerta, temendo che sotto l'effetto del nettare il suo sposo l'umiliasse accennando a qualcuna delle sue avventure extraconiugali. A tutti i coppieri e servitori era stato ordinato di non disturbare, ed anche le altre divinità sapevano che non era il giorno adatto per far visita al loro sovrano, a meno che non vi fossero notizie della massima urgenza da dover riferire.

Tutto questo perchè Zeus aveva invitato due ospiti speciali, gli unici che trattava come suoi pari, pur conoscendoli solo da alcuni secoli, ed in una bonaria ostentazione di sfarzo e potere non desiderava lasciarsi superare.

Incuriosite da tutto ciò, alcune ninfe che fino a poche ore prima avevano aiutato ad ornare la sala del trono, parlavano eccitate, nascoste dietro una delle colonne all'ingresso del tredicesimo tempio.

"Pensate che quell'uomo che abbiamo incontrato prima fosse uno degli ospiti del nostro signore?"

"Credo di si… chi altri potrebbe essere? Quando gli abbiamo detto che le visite alla sala del trono oggi erano vietate, si è limitato ad un sorriso ed è entrato! Chissà chi è… non aveva seguito o dama al suo fianco, e sapeva esattamente dove andare, anche se non ricordo di averlo mai visto prima…"

"Deve venire da un posto molto freddo! Sulle spalle più che un mantello aveva una pelliccia! E sugli stivali c'erano tracce di neve!!"

"A me ha fatto paura… Aveva uno sguardo così duro! E occhi così chiari!" disse rabbrividendo una di loro.

Un'altra aprì la bocca per rassicurarla, ma in quel momento da dietro le colonne un'ombra piombò su di loro, facendole urlare di terrore.

Intanto, nella sala del trono, Zeus aveva fatto accomodare il suo ospite, facendo cenno ad una delle pochissime ancelle presenti di riempirgli un boccale di nettare.

"Mi spiace che Freya non sia potuta essere con noi quest'oggi… ma è bello rivederti, Odino! Troppo, troppo tempo è passato dal nostro ultimo incontro!" gli disse con calore, sorseggiando a sua volta dalla propria coppa.

"E' vero purtroppo… gli impegni di stato lasciano poco tempo ai piaceri e alle amicizie! Il mio regno non è tranquillo come il tuo, gli elfi oscuri di Niflheim o i giganti di Jotunheim sono spesso sul piede di guerra, di rado passa un mese senza che debba guidare le mie armate alla battaglia!" rispose con un accenno di stanchezza il signore di Asgard.

"È un regno difficile il tuo, dominato dalla guerra…" convenne Zeus, distogliendo lo sguardo da una delle tre ancelle che riempivano i calici, una splendida fanciulla dai lunghi capelli bianchi "Ma la forza per governarlo e sedare ogni rivolta non ti manca… vedrai che un giorno potrai finalmente lasciarti alle spalle queste preoccupazioni! Guarda l'Olimpo ad esempio, vi fu un tempo in cui anche questo luogo fu teatro di infiniti scontri, ma ora nelle sue sale regnano la tranquillità e la pace!" affermò, non senza orgoglio.

Odino annuì, ed un sorriso gli piegò le labbra "Anche se fu proprio grazie all'ultima scia di una di quelle guerre che ci incontrammo, secoli fa!"

"Come potrei dimenticarlo?!" esclamò allegramente Zeus "Tanto tempo è trascorso, ma lo ricordo come se fosse oggi! Mancò poco che ci scontrassimo quel giorno! Credevi che intendessi invadere Asgard…"

"Se io mi fossi presentato, armato e inatteso, nei tuoi territori, non avresti creduto lo stesso?" borbottò Odino. Zeus aprì la bocca per rispondere, ma un grido dal corridoio lo fermò, spingendolo ad accigliarsi e girarsi verso le porte chiuse della sala.

"Cosa stanno facendo quelle sciocche ninfe?! Avevo ordinato loro di non disturbarci per alcun motivo!" esclamò adirato, muovendosi a lunghi passi verso la porta. Prima che potesse raggiungerla però, quest'ultima si aprì, lasciando entrare una figura con un elegante abito oro e cremisi ed un lungo mantello bianco, proprio come i suoi capelli, raccolti in una coda di cavallo. Nel vederlo, l'espressione seccata di Zeus si distese immediatamente in un sorriso, perchè il suo secondo ospite era finalmente arrivato.

"Oberon!" lo salutò, stringendogli calorosamente la mano, mentre anche Odino si alzava per venirgli incontro.

"Perdonate il ritardo, amici. Ho avuto un piccolo imprevisto…" sorrise loro il signore di Avalon, abbassando la testa verso terra, e solo allora Zeus e Odino si accorsero che c'era qualcuno nascosto dietro le sue gambe, che si stringeva con forza al mantello. Sorridendo gentilmente ancora una volta, Oberon si spostò di un passo, rivelando un bambino piccolissimo e visibilmente intimidito dalle due divinità, con i capelli bianchi e le orecchie a punta come lui, anche se una carnagione più rosata, ed occhi vispi e indagatori.

"Il mio primogenito, Puck! Ha insistito per venire con me oggi, e non sono riuscito a lasciarlo ad Avalon… Non lasciatevi ingannare dal suo aspetto innocente, uno sciame di folletti farebbe meno danni! Ha appena terrorizzato delle povere ninfe nel corridoio qui fuori." disse scuotendo la testa, mentre il bambino continuava a fissare negli occhi Zeus e Odino, segno che la curiosità aveva avuto la meglio sul timore.

"E' davvero tuo figlio… Così piccolo, eppure possiede già una chiara traccia di cosmo!" annuì Odino, toccandosi la folta barba bianca.

"E' molto precoce, è vero, persino per un essere del popolo magico! Per noi, la rapidità della gestazione è una prima indicazione del cosmo del nascituro, e Puck è venuto alla luce molto più velocemente dei suoi successivi fratelli! Ma temo che crescendo darà a Titania e me più di un problema… non avete idea del caos che è capace di generare!" sospirò Oberon, mentre Puck si allontanava da lui, iniziando a correre su e giù per la sala del trono, e urtando quasi subito una coppa di ambrosia, che si spaccò rumorosamente sul pavimento.

"La tua sposa non sarà con noi? E' dal giorno delle vostre nozze che Odino ed io non abbiamo il piacere della sua leggiadra compagnia!" si rammaricò Zeus, indicando la poltrona che era stata preparata per lei, ed il signore di Avalon scosse la testa, sorridendo leggermente. "E' in attesa di un altro figlio… e a giudicare da come procede la gravidanza, sarà qualcuno capace di tener testa anche a Puck!" spiegò sorridendo.

"Presto avrai una famiglia numerosa come le nostre!" esclamò Zeus scoppiando a ridere, subito imitato dagli altri due.

Parlando delle nozze di Oberon, ultima occasione in cui tutti e tre avevano potuto trascorrere un pò di tempo insieme, le divinità si sdraiarono sui cuscini davanti alla grande tavola, iniziando amichevolmente il loro banchetto e svuotando i calici, che le tre ancelle riempivano immediatamente. Man mano che il tempo passava, gli argomenti della loro conversazione cambiarono, spostandosi sulle rispettive famiglie, sui regni, su antiche battaglie e alla fine sugli esseri umani, sui quali erano spesso in disaccordo, perchè Oberon, al contrario di Zeus e Odino, non era interessato ad essere venerato, e preferiva che gli uomini che vivevano nei suoi territori ignorassero persino la sua esistenza, in modo da poter vivere, crescere ed imparare senza alcuna interferenza, facendo tesoro solo delle proprie esperienze. Nè Zeus nè Odino però condividevano questo punto di vista, ed il primo in particolare non era affatto interessato agli esseri umani, considerandoli privi di interesse.

La conversazione proseguì ancora, finchè, qualche ora dopo, mentre Odino stava dicendo loro con una punta di orgoglio come alcuni abitanti del Nord avessero da poco iniziato a costruire una cittadella in suo onore, le porte della sala si aprirono di nuovo, lasciando entrare una splendida fanciulla dai lunghi capelli castani, con indosso una candida tunica bianca, allacciata su una sola spalla, ed un cimiero d'oro stretto in mano, che avanzò verso di loro.

"Atena!" esclamò Zeus, sedendosi in una posizione più diritta e accigliandosi "Avevo dato ordine di non essere disturbato! Spero tu abbia una buona ragione per interrompere il mio banchetto!".

Piegando rispettosamente la testa di fronte a Odino ed Oberon, Atena si inginocchiò di fronte a Zeus, fissandolo però negli occhi senza alcun timore.

"Il motivo che mi porta qui già lo conosci, padre! Più volte hai ignorato le mie parole, ma adesso ti imploro di ascoltarmi!" esclamò con voce dolce ma decisa "Non c'è più tempo! Parla con Nettuno, te ne supplico… a te darebbe ascolto! Il suo esercito è ormai pronto, se non verrà fermato inonderà la Grecia, rendendola parte del suo regno marino! Le vittime sarebbero migliaia, non lasciare che accada!"

Zeus però scosse la testa, la cui espressione si era indurita "Conosci già la mia risposta, Atena! Non ho alcun motivo per fermare Nettuno, dopotutto le vittime di cui parli sarebbero solo esseri umani"

"Umani che in noi hanno fiducia! Che ci celebrano nelle feste ed invocano i nostri nomi prima di andare in guerra, come possiamo volgere loro le spalle?!" insistette Atena, ma l'espressione di Zeus non cambiò. "La Grecia non è che il primo dei suoi obiettivi… Se gli sarà lasciato campo libero, un giorno cercherà di conquistare tutte le terre emerse, facendo del mondo un unico oceano! Non puoi lasciare che accada!"

"Hai troppo a cuore gli uomini, Atena! Non sono che insetti nel nostro giardino… non ho intenzione di oppormi a mio fratello per loro! Il dominio dei cieli è tutto quel che mi preme…!" dichiarò Zeus, in un tono gentile ma che non ammette repliche. Atena però continuò cocciutamente a fronteggiarlo.

"Un tempo non lo pensavi così! I Tonanti erano uomini e…"

"I Tonanti sono morti, Atena! Massacrati dal primo all'ultimo nella Titanomachia, incapaci di tener testa a nemici troppo superiori!" tuonò il Dio, stringendo il pugno.

"E per il dolore della loro morte hai chiuso il cuore agli esseri umani, cercando di dimenticarli! Non capisci che così facendo disonori la loro memoria?!" ribattè con enfasi Atena, ma Zeus la ignorò del tutto, chiudendosi nel silenzio.

"Anche Asgard e Avalon un giorno saranno in pericolo!" esclamò allora la Dea, voltandosi speranzosa verso Oberon ed Odino. Quest'ultimo però scosse la testa "Se i miei territori su Midgard saranno attaccati, li difenderò, ma fino ad allora non prenderò parte a questa guerra. Quando Zeus, Oberon ed io ci incontrammo la prima volta, tanti anni fa, in Norvegia, ciascuno di noi giurò di non interferire mai nelle vicende dell'altro, se non per difesa reciproca, ed è un patto che sono deciso a rispettare!"

Deglutendo, Atena abbassò lo sguardo, fissando a lungo il pavimento della sala. Poi si alzò di nuovo in piedi, fissando il padre negli occhi.

"Non mi lasci scelta, non chiuderò gli occhi ad un tale massacro! Andrò io stessa a combattere sulla Terra!" esclamò con forza. Gli occhi le brillavano, ma la sua voce risuonava decisa e sicura "Temendo che non mi avresti dato ascolto, ho raccolto ad Atene un piccolo esercito di guerrieri, nei cui cuori avverto una flebile traccia del potere di noi divinità! Saranno i miei guerrieri… i miei Cavalieri! Lotteremo fianco a fianco per la salvezza dell'umanità!" disse con un modo d'orgoglio.

Le tre divinità fissarono Atena, sorprese da queste parole, e Zeus in particolare osservava la figlia con un'espressione totalmente incredula sul viso. "Vuoi andare a combattere? Tu, che odi le armi più di ogni altra cosa?!" commentò.

"E non ne useremo infatti! I Cavalieri combatteranno usando soltanto i loro corpi… i loro pugni e i loro calci!" rispose lei con convinzione.

"Li guiderai al massacro allora!" intervenne in quel momento Odino, in tono cupo "Combattere una guerra senz'armi è come voler divorare un frutto senza usare i denti, è impossibile! Credi a chi ne ha vissute ben più di te e torna sui tuoi passi, Atena, o ben presto le tue mani saranno sporche del loro sangue!"

A queste parole, Atena rabbrividì per un attimo, ma poi la determinazione tornò nel suo sguardo "Le armi non si addicono a chi lotta per la giustizia, usandole non saremmo altro che carnefici al pari delle schiere di Nettuno! E se io ed i Cavalieri non riusciremo a vincere, allora moriremo insieme, perchè ho deciso di incarnarmi nel corpo di una comune ragazza, per poter condividere il loro destino, sia esso di trionfo… o di morte!" disse, facendo impallidire Zeus, mentre gli occhi di Oberon scintillavano di fronte a tanto coraggio.

Senza aggiungere altro, la Dea fece un ultimo inchino e si voltò per uscire. Non ebbe fatto pochi passi però, che Zeus la chiamò "Atena… so che Nettuno ha forgiato delle speciali armature per i suoi seguaci più fedeli, usando il raro Orialcon dell'isola di Atlantide! Se non vuoi che i tuoi cavalieri abbiano delle armi… almeno dona loro delle corazze, che abbiano almeno una speranza di salvezza…" disse in tono piatto.

Atena non rispose nulla, ma rimase per qualche secondo immobile, come a considerare la cosa, poi riprese ad avviarsi verso l'uscita della stanza.

Odino fissò tristemente Zeus, dal cui viso era scomparsa ogni traccia del divertimento di poco prima, ma Oberon continuò a osservare Atena, pensieroso, finchè, un attimo prima che la Dea uscisse, si alzò di scatto, correndo verso di lei e fermandola sulla soglia.

Incuriositi, Zeus e Odino fissarono i due, che però erano troppo lontani e parlavano a voce troppo bassa per poter essere uditi. Ad un tratto Atena esclamò "No!" e fece per uscire, ma poi Oberon disse qualcosa che la convinse a restare, ed alla fine la Dea annuì. Volgendo le spalle a Zeus e Odino allora, il signore di Avalon scostò leggermente il mantello, tirando fuori qualcosa e porgendolo ad Atena, che accettò con un sorriso grato. La Dea poi fece un leggero inchino al sovrano dell'Isola Sacra ed uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di se.

"Solo un piccolo dono…" disse vagamente Oberon tornando a sedersi "Dopotutto, il nostro patto non ci vieta fare regali. Hai una figlia dal coraggio ammirevole, Zeus!"

Il Dio sembrò tentato di indagare oltre, ma poi scosse sconsolato la testa "E' così seria… pronta a tutto per ciò in cui crede… a volte assomiglia quasi ad Era! Ma non ha mai provato il dolore del perdere qualcuno cui si vuole bene… era uno strazio che speravo di risparmiarle! Forse avrei dovuto fermarla…" riflettè amaramente.

"Avresti dovuto usare la forza… e non ti avrebbe mai perdonato! A volte i figli vanno lasciati liberi di seguire la loro strada, per quanto dolorosa possa sembrare. E poi, se sarà davvero in pericolo, potrai sempre intervenire!" sorrise Odino, lanciando un'occhiata al piccolo Puck, che da qualche ora ormai dormiva placidamente, fluttuando a mezz'aria in un angolo della stanza.

"Le azioni di tua figlia…"

"… sono scritte nel destino…"

"… non potevi fermarla!"

Esordirono in quel momento tre voci, spingendo gli Dei a voltarsi di scatto verso la tavola, accanto alla quale erano in piedi le tre ancelle che finora li avevano serviti.

"Credevo… fossero uscite…" balbettò sorpreso Oberon, e lo stesso stupore si rispecchiava sui visi di Odino e Zeus.

"I loro visi sono quasi identici… eppure… non me n'ero accorto…" commentò lentamente il re dell'Olimpo, aggrottando le sopracciglia e fissandole con attenzione. I loro lineamenti erano in effetti uguali, solo il colore dei capelli cambiava: la prima li aveva biondi come l'oro, la seconda neri come la notte e l'ultima bianchi come la neve. Inoltre, non erano più giovani e belle, ma vecchie, e piegate dagli anni.

"I loro abiti… queste fanciulle indossano abiti nordici!" esclamò Odino, stupendo un pò Zeus per l'uso della parola "fanciulla", e soprattutto perchè non vedeva loro indosso altro che dei normali pepli greci. Accanto a lui, anche Oberon era immobile, ma la sua testa era curiosamente piegata in avanti, come se stesse guardando in basso. Prima che Zeus potesse dire qualcosa però, le tre avanzarono verso di loro, non camminando, ma fluttuando ad un paio di centimetri da terra.

"Salute a te, Zeus, Re e figlio di Re passati!"

"Salute a te, Odino, figlio di Borr e padre di tutti!"

"Salute a te, Oberon, figlio del buio ed al buio destinato!"

Li salutarono, parlando in coro, con voce cantilenante, ed Oberon rabbrividì vistosamente a quelle parole.

"Chi siete?!" esclamò Zeus, stringendo il pugno e facendosi circondare dalla luce del suo cosmo, senza che però le tre sembrassero minimamente preoccupate.

"Che importano i nostri nomi? Se essi fossero Cloto, Lachesi ed Atropo…"

"… o Urdr, Verdandi e Skuld…"

"… se fossimo Parche, o Norne, o … delle Strane Sorelle…"

"… avrebbe forse importanza?" risposero, ora in tono più forte, mentre una specie di nebbia sembrava avvolgere la stanza. Zeus si sentì improvvisamente impotente, obbligato ad ascoltare, quasi ipnotizzato dalla loro voce cantilenante e suadente.

"Vi basti sapere che siamo semplici esecutrici di Colui che tutto guida…"

"…dell'unico vero eterno dell'universo, Colui che non ha passato e non ha futuro ma solo un infinito presente…"

"… perché il tempo stesso non è che un corollario della Sua esistenza…"

A queste parole, Zeus, Odino ed Oberon impallidirono di colpo, barcollando all'indietro con gli occhi sbarrati.

"L… Lui vi ha mandato?!" balbettò il signore dell'Olimpo, placando subito il suo cosmo e rabbrividendo quando le tre annuirono all'unisono.

"Perchè siete qui?" domandò allora Oberon, sforzandosi di tener salda la voce. La donna dai capelli biondi gli si avvicinò, accarezzandogli il viso.

"Per mettervi in guardia! "

"Gli eventi sono ormai in moto. Un giorno le catene saranno spezzate…"

"… e l'Emissario di Colui che fù, che è e che sarà, di Colui che di tutti è Signore, rialzerà il capo…"

" e nessuna mano divina potrà scalfirne le carni!"

"Quel giorno, il giudizio finale sarà decretato e l'ago della grande bilancia penderà!"

"Ma da quale lato? Neppure a noi è dato saperlo…"

"Disponete quindi le vostre pedine…"

"…forgiate le spade…"

"… rafforzate i legami…"

"…perchè un giorno ne avrete bisogno!" conclusero in coro.

"Il Suo emissario…!" ripetè Odino con gli occhi spalancati, mentre le tre donne sembravano diventare sempre più inconsistenti nella nebbia.

"Aspettate!" gridò Zeus, accorgendosi che stavano per svanire "Cosa possiamo fare?! A chi dovremo rivolgerci?!"

"La speranza dovrà essere riposta altrove! La chiave fluttuerà tra la luce e le tenebre…" rispose la donna dai capelli bianchi, accennando un sorriso enigmatico, mentre il Dio cercava invano di capire cosa intendesse.

"Dite di volerci mettere in guardia, ma le vostre parole sono avvolte nel mistero! Come possiamo sapere quando arriverà il momento?" domandò allora Oberon, con una punta di disperazione nella voce.

Con un'espressione quasi soddisfatta sul viso, le tre si voltarono di nuovo.

"Ci saranno dei segni…"

"Gli occhi di colei che ora giace addormentata rivedranno la luce, ed antichi patti saranno disattesi…"

"… la falce mietitrice si alzerà di nuovo, rifulgendo alla luce del lampo…"

"… la vergine argentea piangerà, impotente in una prigione d'oro…"

"… due volte la linfa della progenie del tempo sarà versata prima che altrettante gli occhi di Ratatosk abbiano salutato le tenebre …"

"… e nel luogo dell'eterna primavera, scenderà l'inverno!"

"Prestate attenzione a questi segni…"

"…perchè preluderanno…"

"… all'inizio della fine!"

E con queste parole scomparvero, insieme alla nebbia che aveva avvolto la stanza, come se non fossero mai state lì.

I tre Dei rimasero immobili per qualche secondo, fissando il punto in cui erano sparite, improvvisamente a corto di parole.

"Credete… che quelle fanciulle abbiano detto la verità? Che siano davvero messaggere del… di chi dicono di essere?" domandò alla fine Odino, con voce tesa.

"Chi può dirlo, potrebbe essere un inganno… ma sono uscite da questo tempio senza averne ricevuto il permesso, nessuno dovrebbe esserne capace!" riflettè Zeus "Ma perchè continui a chiamarle fanciulle? Sembravano così anziane, quasi antiche… piegate in due al punto che i loro pepli strisciavano sul pavimento!"

A queste parole, Odino si voltò di scatto, con un'espressione sbalordita dipinta sul viso "Io… ho visto tre giovani donne, con indosso i pesanti abiti della mia gente!" balbettò.

"Ed io ho visto tre bambine, coperte da tuniche celtiche…" mormorò Oberon, deglutendo spaventato e fissando gli altri due.

"Capaci persino… di ingannare i nostri sensi!" sussurrò Zeus, abbandonandosi sul proprio trono, con gli occhi sbarrati "E' tutto vero allora, un giorno l'Emissario sarà tra noi… tutto quello che abbiamo faticosamente costruito, potrebbe essere distrutto…" commentò amaramente.

Odino ed Oberon non risposero nulla, e per parecchi minuti tutti e tre rimasero in silenzio, ciascuno immerso nei propri pensieri, ciascuno impegnato ad assorbire in qualche modo l'effetto delle parole che avevano udito.

Ad un tratto però, Puck si agitò nel sonno, mormorando qualcosa e girandosi dall'altra parte, ignaro di tutto. Nel vederlo, Oberon si rilassò finalmente in un sorriso tirato.

"Non pensiamo subito al peggio, dopotutto non sappiamo quando questa profezia si avvererà. Le Strane Sorelle hanno detto di averci voluto mettere in guardia, ci hanno dato il tempo di preparare delle contromosse… non tutto è ancora perduto!" affermò.

"Dici bene, e poi ora sappiamo che l'avvento dell'Emissario sarà preceduto da numerosi segni. Finchè non si avvereranno, non avremo nulla da temere!" esclamò Odino con una certa convinzione, anche se Zeus si chiese se stesse cercando di rassicurare loro o se stesso.

Con un'atmosfera ormai ben diversa da quella di alcune ore prima, le due divinità raccolsero le loro cose per lasciare l'Olimpo, ed insieme a Zeus si recarono all'esterno del tredicesimo tempio, da dove avrebbero potuto partire.

"Che il nostro prossimo incontro possa non essere così foriero di sventure!" esclamò Odino, indossando l'elmo e stringendosi il mantello.

"Me lo auguro!" concordò Oberon, che teneva in braccio Puck, ancora addormentato "Ma ricordate, le Strane Sorelle hanno parlato di «rafforzare i legami» e non vi è legame più forte della nostra amicizia! Finchè resteremo uniti, non avremo nulla da temere! Non dovremo far altro che mantenere sempre la promessa fatta quel giorno, ed aiutarci l'un l'altro in caso di pericolo!"

Con queste parole, il sovrano di Avalon tese loro la mano, e dopo un attimo di esitazione Zeus gliela strinse, ben presto imitato da Odino. Come a suggellare una sacra promessa, i tre si fissarono negli occhi per parecchi secondi prima di sciogliere la stretta.

"Al nostro prossimo incontro dunque. Fino ad allora, addio sovrano di Grecia, signore di Avalon!" esclamò Odino, svanendo per primo.

"Abbi cura di te, Zeus!" disse calorosamente Oberon, sorridendo con gentilezza prima di andare a sua volta.

Il figlio di Crono cercò di ricambiare i loro saluti, ma si accorse di non poterlo fare. Mentre fissava con sguardo assente il punto dai cui erano svaniti, un solo pensiero continuava a rimbombargli nella testa, una delle ultime cose dette dalle Parche prima di sparire.

"«Antichi patti saranno disattesi…»" ripetè infine, rientrando nella sua dimora con un macigno sul cuore, non potendo fare a meno di chiedersi se i segni non stessero già per avverarsi.