POLVERE ALLA POLVERE
Libra era confuso.
Da parecchie ore ormai stava correndo tra gli alberi nel folto dei boschi Silani, diretto, o almeno così sperava, verso la flebile traccia di energia lasciata dal Sigillo di Oberon. Muovendosi alla velocità della luce aveva raggiunto l'Italia in pochi attimi, sorvolando le placide acque del Mar Adriatico e le sue spiagge, superando poi la Puglia e la Basilicata, e giungendo infine in Calabria e sulle montagne della Sila.
Non si era curato particolarmente di nascondere il proprio cosmo, certo, sin dal momento in cui quei soldati di Oberon avevano attaccato il Grande Tempio poco prima, che qualcuno fosse stato posto a difesa del Sigillo. Questa convinzione si era rafforzata nelle ore trascorse correndo nel folto dei boschi, man mano che aveva avvertito i cosmi di molti suoi compagni impegnati in battaglia e, cosa più preoccupante, indebolirsi sensibilmente, segno inequivocabile che chiunque stessero affrontando aveva un potere paragonabile a quello dei Cavalieri d'Oro.
Il pensiero di correre in loro aiuto lo aveva sfiorato, spinto dalle tracce indelebili lasciate nel suo cuore dal dolore che aveva provato oltre due secoli prima, quando aveva visto tutti i suoi compagni cadere uno ad uno nel corso della tremenda guerra contro Hades. Dentro di se però sapeva di potersi fidare di loro, proprio come si era sempre fidato di Sirio, resistendo all'impulso di soccorrerlo e proteggerlo quando, dopo la conquista dell'armatura del Dragone, aveva iniziato ad affrontare nemici sempre più potenti e pericolosi, rischiando più e più volte la vita in nome di Atena. Seppur non scomparendo del tutto, la preoccupazione per la loro sorte si era così quietata, sostituita però pian piano da un'altra, che sembrava farsi strada ogni minuto più forte: la paura di non riuscire a trovare il Sigillo che doveva distruggere.
Erano ore ormai che lo stava cercando, correndo senza sosta, madido di sudore nonostante la tipica frescura di montagna, ma non sembrava essere di un solo passo più vicino rispetto a quando aveva incominciato. Avvertiva che il Sigillo non era lontano, eppure la distanza sembrava restare sempre la stessa, indipendentemente da quanto corresse. Dinanzi a lui c'erano sempre e solo alberi e cespugli, rocce e torrenti, ma nient'altro. Ed inoltre era inquieto per il non aver ancora incontrato il nemico che certamente lo stava aspettando. Era certo che avesse percepito il suo cosmo ormai, eppure, a parte qualche lupo o volpe o cinghiale, non aveva visto alcun essere vivente, nessuno pronto a sbarragli il passo ed ingaggiar battaglia. Possibile che fosse ancora così lontano da non aver reso neppure necessario al suo nemico di venirgli incontro, si chiese.
Privo di punti di riferimento, con il sole per lo più coperto dalle fronde degli alberi, il tempo stesso sembrava aver rallentato il suo scorrere "E' quasi come se stessi correndo da centinaia di anni…" si disse stancamente il cavaliere. Un attimo dopo però si fermò di colpo con gli occhi spalancati, colpito dal suono delle sue stesse parole.
"La sensazione di star correndo per anni ed anni… senza mai avanzare realmente di un solo passo…" ripetè, e finalmente una traccia di comprensione gli comparve sul viso. Chiudendo gli occhi, Libra sorrise leggermente "Gli anni trascorsi lontano dai campi di battaglia mi hanno arruginito più di quanto credessi… che sciocco, impiegare tutto questo tempo per capire…!" mormorò, espandendo il suo cosmo d'oro e poi facendolo esplodere di colpo.
Riaperti gli occhi, Libra non fu minimamente sorpreso dall'accorgersi che il panorama circostante era parzialmente cambiato: era ancora nel bosco, ma la disposizione degli alberi era del tutto diversa, ed il loro numero leggermente minore. Numerosi corvi gracchiavano sui rami, osservandolo con i loro occhi scuri e sottili, ed una vaga foschia copriva il terreno e l'orizzonte, non danneggiando comunque la sua visibilità. A pochi metri da lui, ritta davanti ad un pino dal tronco particolarmente ampio, una figura vestita di una tunica porpora dai bordi dorati, e con la testa celata da un cappuccio lo stava fissando, le labbra piegate in un leggero sorriso. Poco lontano alle sue spalle, Libra poteva percepire, molto più chiaramente di prima, il sigillo di Oberon.
"Far esplodere il tuo cosmo per spezzare la mia concentrazione… una mossa intelligente, complimenti" gli disse lo sconosciuto senza che la sua voce rivelasse alcuna traccia di sorpresa o paura.
"Una mossa cui avrei dovuto pensare molto prima. Invece solo ora ho saputo distinguere le tue illusioni, pur avendo percepito più volte negli anni il Cavaliere di Gemini utilizzare qualcosa del tutto simile per rallentare il passaggio a chiunque cercasse di attraversare la terza casa di Atene!" commentò con una punta di rammarico Libra, ripensando a quando aveva percepito chiaramente il cosmo di Kanon imprigionare Gemini, Capricorn e Acquarius nel labirinto dei Gemelli.
"Non era comunque che una questione di tempo prima che spezzassi la mia illusione" disse l'uomo "L'ho compreso non appena ho riconosciuto il tuo cosmo, Cavaliere di Libra!"
"Mi conosci?!" domandò sorpreso il ragazzo, cui non era sfuggito il modo in cui colui che aveva di fronte aveva accentuato le ultime parole.
"L'uomo che ha ricevuto da Atena il dono della lunga vita…ho sentito parlare di te, si" rispose evasivamente, ed il Cavaliere d'Oro si incupì. Il tono in cui aveva parlato era quello di chi rivela una verità a lungo conosciuta, ma fino alla battaglia contro le truppe di Hades, neppure i suoi compagni sapevano del suo segreto. Cercò di scrutarne il volto, ma l'ombra del cappuccio rendeva impossibile scorgerne bene i lineamenti.
"Qual è il tuo nome?" gli chiese allora, quando fu chiaro che non avrebbe aggiunto altro.
"Feron, Guardiano di Avalon e Consigliere del sommo Oberon!" rispose l'altro con orgoglio, facendo brillare per la prima volta una flebile traccia del suo cosmo, nella cui energia Libra avvertì qualcosa di familiare, seppur non nel senso più comune del termine. A preoccuparlo maggiormente però era la placida calma che l'uomo aveva mantenuto fino ad ora, più simile a quella di qualcuno impegnato in una piacevole conversazione che ad un guerriero in procinto di affrontare una mortale battaglia.
Su un ramo, due corvi gracchiarono rumorosamente, agitando le ali, e Libra sollevò la guardia. "Anche troppo tempo ho perso finora! Se sei consigliere di Oberon, già saprai il motivo per cui sono venuto, e dal modo in cui mi hai accolto deduco che non intendi lasciarmi libero il cammino, quindi non resta altro che batterci in duello!" dichiarò con decisione. Feron lo osservò ancora un attimo, poi allargò le braccia, lasciandosi circondare da un cosmo nero come la pece.
"Certo, come potrebbe essere altrimenti? La guerra è di somma importanza: è sul campo di battaglia che si decide la vita o la morte delle nazioni, ed è lì che se ne traccia la via della sopravvivenza o della distruzione, come potremmo quindi rifuggere lo scontro?" domandò, ed a Libra non sfuggì che quelle non erano parole occasionali, ma una citazione da l'Arte della Guerra, l'antico manoscritto di Sun Tzu.
"Costui… non è come i nemici che ho affrontato in passato, una strana aura lo circonda…!" riflettè il cavaliere, mentre un rivolo di sudore gli scorreva sul viso. Sentiva gli arti pesanti, e il cuore battergli in petto, come se l'istinto stesse cercando di spingerlo alla fuga piuttosto che alla battaglia. Con un profondo respiro allora, Libra svuotò la mente, distaccandosi da queste sensazioni come tante volte aveva insegnato a Sirio, e lasciò bruciare il suo cosmo, trovando conforto nella sua luce calda.
"Parli con molta sicurezza, ma non mi lascerò intimidire da te!" ringhiò, lanciandosi in avanti e concentrando il proprio cosmo nel pugno, per poi sferrare un fascio di energia contro Feron, che abbassò le braccia ma rimase altrimenti immobile. Anzichè raggiungerlo però, il colpo lo attraversò da parte a parte, perchè il Guardiano scomparve in una nube di nebbia nera.
"Teletrasporto?" si domandò Libra, arrestandosi di scatto e ruotando sul piede per frenare la propria carica, analizzando il campo di battaglia alla ricerca del nemico, ed individuandolo a qualche metro di distanza, del tutto immobile. Immediatamente, Libra sferrò un secondo assalto, ma anche stavolta Feron scomparve in una nube di nebbia, quasi come se fosse un fantasma. Un attimo dopo, una pressione tremenda si strinse sul Cavaliere d'Oro, bloccandone ogni movimento, impedendogli persino di sbattere le palpebre.
"Questa paralisi… non ho mai sentito niente del genere… gli arti sono rigidi… è come se il mio corpo si fosse mutato in pietra! Non è telecinesi, è una sensazione del tutto diversa, sembra quasi che il suo cosmo sia… entrato dentro di me!! Neppure quello di prima era teletrasporto, ne sono sicuro adesso! Feron di Avalon… cosa nascondi?!" domandò a denti stretti, mentre di fronte a lui il Guardiano sollevava la mano per attaccare, nuovamente circondato dal suo cosmo nero.
Questa visione, ed il gracchiare dei corvi sui rami, sembrarono scuotere il Cavaliere d'Oro, che bruciò il suo cosmo, facendolo espolodere con un bagliore dorato. Immediatamente la presa di Feron si spezzò, ed il ragazzo riuscì a balzare di lato, appena in tempo per schivare un raggio di energia del Guardiano.
Rotolandosi a terra con una capriola, Libra si rialzò in piedi di scatto, lanciandosi di nuovo all'attacco con un fascio di luce. Ancora una volta, Feron scomparve prima di essere colpito, ma stavolta il Cavaliere d'Oro si aspettava questa mossa e spiccò un salto all'indietro, individuando subito il nemico. "Non credere di potermi eludere per sempre nello stesso modo! Colpo Segreto del Drago Nascente!!" gridò, scatenando contro Feron le fauci del drago di Cina.
Per un attimo, il Guardiano parve sorpreso, ma poi scosse seccamente la mano ed il Drago Nascente tremulò per qualche istante e poi svanì, come se non fosse mai esistito.
Sbalordito ed incredulo, Libra rimase immobile, con gli occhi sbarrati, e Feron si girò verso di lui "Hai creduto di avermi già messo in scacco ed hai fallito… svanire non è certo l'unico modo che ho per proteggermi! Molteplici sono le mie difese, così come molteplici sono i modi che ho per attaccare!" sibilò, e nel dire queste parole indicò Libra con la mano ed agitò le dita. Quasi contemporaneamente, dei fili di nebbia si avvolsero attorno al corpo del cavaliere, solidificandosi e bloccandolo quasi come se fossero una corda. Un attimo dopo, il Guardiano indicò gli alberi sussurrando qualcosa in una lingua che Libra non comprese, e sui tronchi accadde qualcosa che il cavaliere non avrebbe creduto possibile se non lo stesse vedendo con i suoi occhi: due ragni, che fino a quel momento dovevano star camminando sulla corteccia, divennero in pochi attimi sempre più grandi, fino a raggiungere le dimensioni di grossi cani, e iniziarono a correre verso di lui agitando selvaggiamente le chele.
"Quale stregoneria…" balbettò Libra impallidendo, con un misto di disgusto e repulsione, alla vista dei due aracnidi che avanzavano rapidamente.
Stavolta il senso di sorpresa non passò rapidamente come prima, ed il ragazzo ebbe quasi la sensazione di muoversi al rallentatore, di non riuscire a controllare il proprio corpo. Poi però, reagendo istintivamente, fece forza sulle corde che lo imprigionavano, distruggendole, e sferrò un fascio di energia contro il primo dei due ragni, che venne trapassato da parte a parte emettendo uno stridio spaventoso e poi restando immobile. Un attimo dopo però, la seconda bestia balzò su di lui, spingendolo a terra sotto il suo peso, e Libra si ritrovò inorridito a fissare le quattro paia di occhi neri che lo guardavano e le chele che cercavano di chiudersi su di lui, mentre otto zampe pelose colpivano senza sosta la sua corazza come se fosse un guscio da dover spaccare.
Fortunatamente, l'armatura d'oro della Bilancia era avversario ben oltre la portata dell'aracnide, i cui inutili tentativi di aprirla diedero a Libra il tempo colpire la testa del ragno con lo scudo, spaccandola e scaraventando via la carcassa dell'animale.
Disgustato, Libra trattenne un impellente senso di nausea e si rialzò, respirando affannosamente e fissando di nuovo Feron. "Non erano illusioni… se non li avessi uccisi mi avrebbero divorato! Fino a pochi minuti fa erano dei ragni normali e li ha ingranditi con il suo cosmo, aizzandoli contro di me! Non… non ho mai visto niente del genere… non credevo neppure fosse possibile! Il suo cosmo è del tutto diverso da quelli di chiunque altro abbia incontrato in passato!" riflettè preoccupato, esitando sul da farsi.
Quasi intuendo i suoi timori, Feron sorrise leggermente e sollevò un braccio, sferrando un sottile raggio di energia, non nero come il suo cosmo, ma dorato. Immediatamente, Libra alzò uno degli scudi per difendersi, intercettando l'attacco, ma un attimo dopo avvertì una fitta di dolore al fianco e barcollò in avanti. Toccandosi istintivamente le costole, vide con sorpresa ed orrore i flotti di sangue che emergevano attraverso le giunture della corazza, grondando fino a terra.
Sbalordito, il cavaliere fissò di nuovo il suo avversario, che sorrideva soddisfatto. Senza dir niente, ma visibilmente divertito, Feron indicò il ragazzo, e dalle sue dita partirono altri due raggi di energia, splendenti come l'oro. Stavolta Libra sollevò entrambi gli scudi per difendersi, assicurandosi che ciascuno intercettasse uno dei raggi, ma subito dopo avvertì altre due fitte di dolore, stavolta provenienti dalle gambe, e crollò in ginocchio con un sussulto.
"I suoi colpi… trapassano la mia armatura!" realizzò rabbrividendo, e fissando il Guardiano con gli occhi sbarrati. Intuendo i suoi pensieri, l'uomo accentuò il suo sorriso, ridendo sommessamente. Nel vedere questo gesto, Libra strinse il pugno con frustrazione, rialzandosi nonostante il dolore.
"L'armatura di Bilancia, che tra tutte è quella con la più alta capacità difensiva, superata senza alcuno sforzo! Com'è possibile, dimmelo!" gridò.
Feron non rispose subito, restando per un pò in silenzio come a calcolare se ne valesse la pena, poi sollevò la mano, circondandola del suo cosmo dorato "La tua corazza è solida, e gli scudi di cui è armata sono una potente difesa… forse la più potente tra tutte le 88 armature di Atena! Ma ha un punto debole! E' indifesa di fronte ad attacchi lanciati con la giusta frequenza energetica!" dichiarò, lanciando un sottile piano di luce, che raggiunse in pieno uno dei coprispalle. Un attimo dopo, Libra avvertì il dolore del colpo subito, e vide con la coda dell'occhio un rivolo di sangue scorrergli lungo il braccio.
"L'armatura che indossi… anzi tutte le possenti armature d'oro di Atene, traggono la loro forza dallo splendore del sole, e per questo hanno la capacità di respingere qualsiasi forma di energia, esclusa quella del grande astro! Non devo quindi far altro che replicarla, e la tua armatura lascerà passare i miei colpi, rendendoti vulnerabile!" spiegò soddisfatto.
Inorridito, Libra continuò a fissarlo, incredulo di fronte a queste parole, ma anche costretto ad ammettere che già quattro volte era stato raggiunto, senza che la sua armatura potesse difenderlo.
"Come… come fai a sapere una cosa del genere? Sono sicuro che neppure Mur… anzi neppure Sion, che per anni ha riparato e fortificato le nostre vestigia, ne fosse a conoscenza!" domandò quasi con un grido, avanzando di un passo. Di fronte a lui, Feron scosse leggermente il capo, e la sua risposta giunge in un sibilo soddisfatto.
"Chi altri può conoscere ogni segreto di un'armatura… se non colui che ha collaborato a forgiarle?!" esclamò.
A queste parole, Libra indietreggiò sbalordito. "Stai mentendo… non è possibile! Le armature d'oro sono state forgiate millenni orsono, dagli alchimisti dell'isola di Mu, su indicazione di Atena stessa! Come puoi tu esserne il responsabile?" gridò.
"E' proprio un antico alchimista di Mu colui che hai davanti… uno di loro almeno, l'unico che ancora calca questa terra! Io ho forgiato quelle armature, fondendo l'oro con il mitico Orialcon, dono di Atena, facendole risplendere alla luce del sole per la prima volta! E quale sciocco creerebbe un'arma di fronte alla quale non avere possibilità di difesa?" domandò estasiato, lanciando altri due fasci di luce, che stavolta Libra si sforzò di evitare con un balzo laterale.
"Hai capito come comportarti, vedo…" commentò con rinnovata calma Feron. La sua tranquillità non era però riflessa sul viso del Cavaliere d'Oro, la cui espressione era un misto di emozioni contrastanti.
"Le armature d'oro… sono state forgiate millenni fà, all'epoca del mito! Come puoi tu aver preso parte alla loro creazione?" chiese, cercando di dare un senso a quelle sconvolgenti rivelazioni.
"Queste non sono questioni che ti riguardino, non ho alcun obbligo di svelarti i miei segreti…" rispose freddamente il Guardiano, sferrando ancora altri fasci di energia. Resistendo all'istinto di pararli con gli scudi, Libra balzò di nuovo, riflettendo su quanto appena appreso. Ad un tratto, la sua espressione mutò, diventando incurante, e il cavaliere, dopo aver evitato un altro colpo, scattò all'attacco, destreggiandosi abilmente tra i raggi del nemico.
"Sono vulnerabile ai tuoi attacchi, ma questo non mi rende indifeso, nè tantomeno mi condanna alla sconfitta! Non dovrò far altro che schivare i colpi che porti e reagire!" esclamò, bruciando il suo cosmo e lanciando a sua volta un fascio di luce.
Per la prima volta, Feron parve sorpreso, al punto che anzichè svanire come fatto fino a poc'anzi, si limitò ad indietreggiare di scatto, schivando a stento l'attacco.
"Che succede, troppa fiducia nei tuoi mezzi per badare alla difesa?" sibilò Libra, lanciando altri colpi. Di fronte a lui, il Guardiano indietreggiò di qualche passo, creando con semplici gesti delle mani delle barriere nere, che però non bastarono a trattenere l'impeto degli attacchi del Cavaliere d'Oro. Con un ruggito, Libra sferrò un assalto più forte, frantumando una delle barriere di Feron e raggiungendolo di striscio, strappando un lembo del mantello.
Digrignando i denti, Feron scomparve nella nebbia, ricomparendo alcuni attimi dopo a mezz'aria e sollevando la mano destra al cielo "Che le ombre della notte oscurino la tua luce!" maledì. Abbassando la mano di scatto, il guerriero indicò Libra, ed intorno a quest'ultimo comparve una cupola di tenebra, circondandolo completamente. Un attimo dopo, Feron indicò la cupola con la mano sinistra, e dalle sue pareti si sprigionarono dei fulmini neri, che si abbatterono concentrici sul Cavaliere d'Oro, strappandogli un grido, ovattato dalle tenebre. Sorridendo, Feron tornò a terra, espandendo il suo cosmo ed indicando la cupola, per poi sollevare la mano come se alle dita fossero incollati dei fili invisibili. Quasi immediatamente, le urla di Libra cessarono, sostituite da flebili rantolii.
"Cosa succede, Cavaliere, hai perso la favilla? Ho sottratto l'aria alla tua prigione, e senza ossigeno anche la fiamma più ardente è destinata a svanire!" sussurrò sinistramente, continuando a guardare la cupola. Quando non giunsero risposte, volse le spalle per allontanarsi.
"Corvi, miei buoni amici, presto avrete un nuovo corpo di cui cibarvi…" sorrise, osservando gli uccelli appollaiati sui rami. Alcuni di loro gracchiarono, come a ringraziarlo, ma dopo alcuni istanti iniziarono a sbattere le ali agitati, e Feron vide una luce intensa rischiarare il campo di battaglia.
"Non è possibile!" gridò voltandosi di scatto, e accorgendosi esterrefatto che la cupola di tenebra in cui aveva imprigionato Libra era dilaniata da numerose spaccature, attraverso le quali emergeva un bagliore intensissimo, quasi come se un sole fosse chiuso al suo interno. Subito scattò verso di essa per rafforzarla, ma non ebbe il tempo di fare pochi passi che con un'esplosione di luce andò in frantumi, ed un attimo dopo il Guardiano vide un immenso drago d'oro volare verso di lui, con le fauci spalancate pronto a divorarlo.
Preso in controtempo, Feron incrociò a stento le braccia per difendersi, venendo colpito in pieno e spinto malamente contro un albero, che cadde in pezzi, mentre la sua tunica, ormai ridotta ad uno straccio, volava via. Di fronte a lui, Libra era in ginocchio e respirava affannosamente, ma ciononostante un sorriso soddisfatto gli campeggiava sul volto "Non sembri… molto avvezzo… al combattimento. Non è così facile… oscurare la luce di un Cavaliere d'Oro!" minacciò a voce alta, rifiatando e rimettendosi in piedi.
Istanti dopo, Feron fece lo stesso, liberandosi dai resti dell'albero e fronteggiandolo, visibilmente seccato. Ora che la tunica era stata strappata, Libra poteva finalmente vederlo bene: indossava un'armatura prevalentemente nera come la pece, per lo più coperta da quello che sembrava una specie di mantello, dello stesso colore, che si allacciava davanti al bavero scendendo fino alle caviglie. Sebbene all'apparenza di stoffa però, questo mantello era metallico, come confermato dai tenui riflessi del sole su di esso, e sembrava formato da un'infinità di piume. Il mantello nascondeva la maggior parte degli altri pezzi della corazza, lasciando spuntare solo le estremità dei bracciali, su cui si intravedevano degli artigli ripiegati su se stessi, e degli schinieri, anch'essi neri ma rischiarati leggermente da bordi argentei. L'unica nota di colore veniva dal pettorale, al cui centro erano evidenti le sagome squadrate di due occhi scarlatti dal taglio minaccioso. La cintura era più simile ad una specie di gonnellino, lungo fino al ginocchio e composto da numerose placche adiacenti tra loro, mentre dei coprispalla era riconoscibile solo la sagoma, ad angolo retto e del tutto uguale a quella della spalla stessa, sebbene più voluminosa. L'elmo era ridotto ad un piccolo diadema, particolare solo per due sottili placche triangolari che proteggevano le orecchie.
Più dell'aspetto dell'armatura però, fu quello di Feron stesso a impressionare Libra: i suoi lineamenti erano vecchi e avvizziti, quasi antichi, ed aveva una carnagione più simile al violaceo che al normale colore della pelle. Sul viso coperto di rughe si stagliavano due occhi totalmente bianchi, come se privi di pupilla, che contrastavano nettamente con il nero intenso dei capelli.
"Sembra che io ti abbia sottovalutato, sei più scaltro di quel che credessi…" commentò serafico il Guardiano, ignorando lo sguardo sorpreso di Libra. Poi la sua bocca si contorse in un leggero sorriso, e aggiunse "Ma dopotutto… dall'unico superstite di ben due guerre sacre, è lecito aspettarsi una rara abilità guerriera…"
Le sue parole colsero nel segno, e Libra si incupì di nuovo "Continua a implicare di conoscermi, ma si rifiuta di svelare la verità…E poi quell'affermazione di prima sull'essere un alchemista di Mu… dice sul serio, o è solo una tattica per distrarmi? La capacità di attraversare la mia armatura d'oro è reale dopotutto…" pensò, ma nel farlo dovette di nuovo ammettere che c'era qualcosa di strano nel suo cosmo, qualcosa di familiare, anche se era una sensazione che non risvegliava in lui alcun ricordo specifico.
"Se hai intenzione di dire qualcosa, allora smetti di tergiversare e fallo, o in caso contrario riprendi la battaglia! Questi silenzi non fanno onore ad un guerriero!" esclamò alla fine, sollevando la guardia.
"Cercare di farmi parlare pungendomi nell'orgoglio… che tattica infantile!" commentò Feron con disprezzo, socchiudendo gli occhi, ed un attimo dopo scomparve, ricomparendo alle spalle del Cavaliere d'Oro. Libra avvertì lo spostamento d'aria, ma prima di poter fare qualcosa il Guardiano gli appoggiò una mano sulla schiena, liberando un'onda di energia e scaraventandolo a terra.
Trasformando la caduta in una capriola, il cavaliere si rialzò subito per fronteggiarlo, ma nel frattempo Feron aveva sollevato la mano, e da essa partì una tempesta di strali di luce. Immediatamente, Libra scattò lateralmente, dandosi poi la spinta contro un albero per schivarne altri, ma l'assalto continuò incessante.
"Troppi… troppi colpi, cadono come fitta pioggia!" mormorò il ragazzo espandendo il suo cosmo, ma nonostante la situazione un sorriso astuto gli comparve sul volto e improvvisamente corse loro incontro, muovendosi a zig zag e deviandoli o annullandoli con i pugni quando non era impossibile schivarli.
"In battaglia non giova muoversi lateralmente o indietreggiare, bisogna dirigersi sempre in avanti!" esclamò, portandosi a ridosso del nemico e liberando una sfera di luce.
Con un grugnito, Feron venne spinto indietro, scavando dei solchi al suolo con le gambe e restando per un attimo sbilanciato, ma poi scosse la mano ed uno spesso strato di ghiaccio comparve ai piedi di Libra, imprigionandone le gambe.
"Possiede i poteri del gelo?" si domandò il ragazzo sorpreso, sentendo il freddo pungente e sollevando al tempo stesso la mano per spaccare il ghiaccio che ora lo intrappolava. In quel momento però Feron bruciò il suo cosmo, ed attorno alle sue mani comparvero vampe di fuoco.
"Non solo il ghiaccio… gli elementi tutti sono al mio comando! Che una pira ardente ti accompagni nell'Ade!" gridò, unendo le mani e dirigendo un'ondata di fuoco contro il Cavaliere d'Oro, che ne venne completamente avvolto, scomparendo alla vista.
Numerosi corvi agitarono le ali, gracchiando e spostandosi sui rami più alti, al riparo dal calore, e Feron sorrise, ma un attimo dopo la sua espressione si tramutò in una smorfia di sorpresa perchè un vortice di energia cosmica aveva circondato le fiamme, intrappolandole, ed una sagoma era ora ben visibile al loro interno.
"Non so come tu possa controllare elementi così diversi come il fuoco è il ghiaccio, ma ogni cavaliere ha il controllo totale di un solo potere! Il gelo che comandi è misera cosa rispetto allo zero assoluto del cavaliere di Acquarius, così come le tue fiamme sprigionano appena un pallido tepore a confronto di quelle di Phoenix, cavaliere divino! Fossero anche migliaia le frecce nel tuo arco, con dardi così deboli non riuscirai mai a sconfiggermi!" esclamò con forza, facendo esplodere il suo cosmo "A te la difesa ora! Colpo dei Cento Draghi!!" gridò, liberando immensi dragoni di energia, che annullarono quel che restava delle fiamme, saettando contro il Guardiano.
Feron indietreggiò, sbalordito e spaventato alla vista del colpo segreto del nemico, e riuscì appena ad abbozzare una difesa prima che essi si abbattessero su di lui, stridendo contro la sua armatura e trapassandolo da parte a parte, strappandogli un grido di dolore. Qualche secondo più tardi, Libra fermò l'attacco, placando il suo cosmo, ed il corpo del Guardiano crollò a terra immobile, privo di vita.
Respirando affannosamente, Libra lo fissò pensieroso, le sopracciglia aggrottate, ripensando alle fasi del duello, ed alle misteriose capacità che il Consigliere di Oberon aveva mostrato "Non avevo mai visto nessuno capace di usare insieme il fuoco ed il ghiaccio, la luce e le tenebre, di distorcere lo spazio e modificare la materia! Feron di Avalon… chi eri veramente?" si chiese.
Ma in quel momento un brivido interruppe improvvisamente le sue riflessioni, ed il cavaliere avvertì alle proprie spalle la presenza incombente del nemico.
"Questo cosmo…!" pensò, voltandosi di scatto con i pugni serrati. Dietro di lui però non c'era niente, solo i corvi appollaiati sull'albero, ed alcuni di loro al suolo privi di vita, evidentemente rimasti coinvolti dal duello.
Respirando profondamente, Libra si accorse di star sudando per la tensione, e di avvertire attorno a se una sensazione opprimente. "Che sta succedendo? Per un attimo… ho sentito dietro di me il cosmo del Guardiano… ma lui…"
"Uh uh, stai tremando! Hai forse visto un fantasma?" lo derise una voce gelida dietro di lui. Libra inorridì, girandosi ancora una volta, ma in quel momento un raggio di luce lo colpì in pieno, trapassandogli da parte a parte la spalla e strappandogli un grido. Il dolore però non era niente rispetto alla sorpresa che adesso il ragazzo provava, perchè in piedi di fronte a lui, con l'armatura spaccata ed un'evidente ferita sul torace che si stava richiudendo a vista d'occhio, c'era di nuovo Feron.
"E così ci sei riuscito, le tue domande hanno trovato risposta ora…" sibilò, fissandolo con i suoi occhi bianchi, e Libra non potè reprimere un brivido mentre la verità si affacciava alla sua mente.
"Tu… sei immortale?!" realizzò infine, registrando appena il fatto che anche la sua armatura si stava riparando, e l'accentuarsi del sorriso di Feron confermò la sua supposizione.
"Proprio così! Da migliaia di anni calco questa terra, respingendo il gelido tocco della nera signora! Lei, di fronte alla quale il ricco e il povero, il debole e il potente, lo schiavo e il sovrano sono inermi, non ha potere su di me!" esclamò trionfante, mentre gli occhi di Libra si spalancavano colmi di sorpresa.
"Perchè tanto stupore? Non sei forse tu stesso la prova vivente che l'immortalità è possibile? Anche se ora mi appari come un giovane nel pieno delle forze, non hai forse vissuto oltre due secoli? Prima che il duello iniziasse ti avevo detto che siamo simili…" sussurrò poi, lanciandogli uno sguardo penetrante, e finalmente Libra comprese cosa vi fosse di così familiare nel cosmo del Guardiano: era simile a quello che aveva lui un tempo, durante i decenni trascorsi di fronte alla cascata di Cina, un cosmo su cui incombe il gelido manto della morte, senza tuttavia riuscire a poggiarvisi.
"E'… è diverso!" balbettò "Il divino Misopethamenos, dono di Atena, non aveva fatto altro che allungare la mia vita… ma non mi avrebbe mai reso immortale, nè tantomeno avrebbe curato il mio corpo dopo una ferita! Nessuno… nessun essere umano ha il potere dell'immortalità! Neppure il cavaliere di Phoenix, che tra tutti vi è il più vicino, potrebbe rigenerare il proprio corpo in quel modo! Un potere del genere… non può essere di origine umana!"
"E infatti non lo è!" sogghignò Feron "Perchè anche io, proprio come te, sono stato benedetto dagli Dei un tempo!"
"Che… che cosa?!"
"Mi deludi, credevo conoscessi le antiche leggende! Migliaia e migliaia di anni fa, prima dell'avvento delle Guerre Sacre, l'umanità, corrotta e meschina venne finalmente punita dagli Dei, che scatenarono un tremendo diluvio purificatore!" disse.
"Stai parlando del… Deucalion?!" intuì Libra, aprendo la bocca per la sorpresa, ricordando di aver letto negli antichi testi la storia del grande diluvio.
"Si… quello non è che uno dei tanti nomi che gli sono stati dati nel corso dei millenni, quando da fatto divenne ricordo, e da ricordo leggenda. Ma dietro ogni leggenda si nasconde un barlume di verità… e le leggende raccontano di come gli Dei decisero di salvare un pugno di esseri umani dalla catastrofe! Alcuni di loro vennero tratti in salvo, altri messi al riparo in un posto sicuro, altri ancora informati cosicchè potessero prepararsi anzitempo… ma a me, che come certamente avrai capito ero uno di loro, fu offerto un dono molto maggiore, quello della vita eterna! E così, mentre le ossa di tutti gli altri superstiti ormai non sono che polvere di polvere, io vivo!" spiegò, con gli occhi che gli brillavano ed il viso contorto in un sorriso estatico.
"Quando compresi l'entità del mio dono, seppi che le porte della conoscenza eterna mi erano state aperte! Iniziai a vagare per il mondo, incurante dello scorrere del tempo, finchè il destino non mi portò sull'isola di Mu, dove era fiorita una nuova civiltà ricca di sapere! Mi stabilii lì, apprendendo le arti degli alchimisti, e quando Atena comparve, spiegando dell'imminente guerra contro Nettuno e della necessità di forgire ottantotto armature invincibili che sarebbero dovute essere indossate dai suoi paladini, appresi dell'esistenza del cosmo, l'immenso potere che dorme nel profondo di ogni uomo!" proseguì, mentre Libra lo ascoltava in completo silenzio, troppo sorpreso per intervenire.
"Iniziai così a studiarlo per secoli e secoli, indagandone i segreti più profondi, spingendomi più in là di qualsiasi Cavaliere o Spectre o Generale, fino a svilupparlo anch'io, senza aver mai ricevuto un vero addestramento! Il mio cosmo attirò Oberon, che comparve dinanzi a me, offrendomi la possibilità di seguirlo, e soprattutto di avere accesso alle biblioteche di Avalon, dov'erano conservati i testi più antichi e segreti. Accettai, e divenni il primo dei Guardiani, ricevendo in dono l'armatura del Corvo, la cui capacità di autoriparazione è paragonabile a quella della Fenice! Un'armatura indistruttibile per un Guardiano immortale, questo deve aver pensato il mio signore! Fui il primo ad essere scelto, divenni suo consigliere, assistendo alla nascita del suo esercito, ma continuai anche a viaggiare… ad apprendere! Finchè un giorno, dopo aver trascorso in questo modo diversi millenni, non venni a sapere di un altro uomo che aveva ricevuto da Atena un dono simile al mio! Quell'uomo eri tu, cavaliere di Libra!" disse, lanciando un'occhiata penetrante al ragazzo, per il quale finalmente tutti gli innuendi, gli accenni e le mezze affermazioni che il Guardiano aveva fatto dall'inizio del duello assumevano significato.
"Ammetto che l'aver appreso dell'esistenza di un altro uomo cui gli Dei avevano donato un frammento di immortalità mi incuriosì! Il tempo scorre in maniera diversa ad Avalon, in condizioni normali un giorno trascorso al suo interno equivale ad anni ed anni nel mondo reale, e ciò ha portato a tutti i Guardiani il dono della lunga vita. Ma nessuno di loro era come me, interessato allo studio ed al sapere! Fu così con una certa trepidazione che mi misi in viaggio per la Cina, deciso a osservarti di nascosto, chiedendomi se avrei incontrato in te uno spirito affine! Dopo tutto, avevo seguito con occhio vigile le vicende di voi Cavalieri sin da quando collaborai a forgiare le armature, incuriosito dai numerosi modi in cui il cosmo si poteva manifestare, diversi per ciascuno di voi! Foste proprio voi a spingermi a studiarne gli effetti ed i poteri, chiedendomi se fosse possibile manifestarli tutti insieme!"
"Non lo è!" intervenne Libra "Ogni cavaliere è dotato di un solo potere, che nasce dall'assonanza tra spirito e cosmo! Attraverso un duro addestramento, ed in casi molto rari, è possibile svilupparne due, ma quello è un limite che non è possibile superare!" esclamò. Feron però si limitò a sorridere, guardandolo come si guarda un bambino
"No? Eppure era la risposta era di fronte a te, l'avevi a un passo! La natura del cosmo è ben più profonda e complessa di quel che pensi, ma se avessi dimenticato gli ordini di Atena e dedicato il tuo tempo al suo studio, avresti compreso come superare come superare i limiti di un normale controllo. Avresti appreso come mutarlo in quel che da sempre stimola la fantasia e le paure degli uomini, la magia!" disse, sottolineando le ultime parole con un sibilo.
"La magia non è altro che la capacità di modificare se stessi o il mondo circostante piegandolo alla propria volontà! E questo che da sempre fa il cosmo, sebbene in maniera normalmente più ridotta! Ma attraverso lo studio delle dieci nature che lo compongono, si può spezzare il limite imposto dalla natura dominante ed ottenere un controllo totale, che si avvicini al cosmo sovrano delle divinità maggiori!" continuò, sorridendo dell'espressione confusa sul volto di Libra.
"Nature… cosmo sovrano… di che stai parlando?!" domandò.
"Ignori l'esistenza delle dieci nature e quella del cosmo sovrano… ma in fondo è naturale! Oberon fu il primo a scoprirlo, e persino tra i Guardiani siamo in pochi ad esserne a conoscenza, forse sono l'unico al di fuori della sua famiglia ad aver compreso le sue spiegazioni…!" Ipotizzò con una certa soddisfazione "Così come sono l'unico ad aver capito che le formule magiche dei racconti popolari potevano essere i nomi di colpi segreti… o che gli strani abiti e cappelli degli stregoni potevano essere armature da guerrieri! Come ho detto pocanzi, dietro ogni leggenda si nasconde un barlume di verità!"
In quel momento Libra, che aveva faticato a seguire la spiegazione, scosse la testa, lasciandosi circondare dalla sua aura "Sia esso magia o cosmo ha ben poca importanza! Dici di aver trascorso millenni a studiarne i segreti, ma le deboli fiamme di poco fà dimostrano che il tuo controllo è ben lungi dalla perfezione! Proprio come io non riuscirei mai a raggiungere lo zero assoluto, così tu, per quante forme possa dominare, non riesci ad usarle alla massima potenza possibile!" esclamò con decisione "E soprattutto, l'aver trascorso la tua esistenza impegnato solo nella ricerca ti ha dato anche un altro punto debole: hai scarsa esperienza in battaglia! Avresti dovuto preoccuparti di dominare il cosmo che ti è naturale prima di studiarne le altre forme! Così invece la tua forza è tutto sommato irrisoria! Colpo Segreto del Drago Nascente!!" gridò.
Muovendosi con insospettata rapidità però, Feron spiccò un balzo, evitando il colpo del Dragone, ed al tempo stesso fece esplodere il suo cosmo, non più d'oro ma nero come la pece "Sbagli ancora, e per ben due volte! Dell'esperienza in battaglia non ho alcun bisogno grazie al dono dell'immortalità, ed il cosmo che mi appartiene ho imparato a dominarlo per primo, millenni orsono, come ora scoprirai sul tuo corpo! Ghermite, Ungues Avalonis!!" gridò, ed alle sue spalle comparve la sagoma minacciosa di un corvo nero, che saettò in picchiata contro Libra, penetrandone la spalla sinistra con gli artigli e strappando un grido di dolore al ragazzo, che si accasciò in ginocchio nonostante stavolta l'armatura d'oro avesse attutito la maggior parte dell'attacco.
"Sei fortunato, gli Artigli di Avalon raramente risparmiano la loro preda! Ma il dolore che ora provi è la giusta punizione per avermi sottovalutato, per avermi creduto cieco ai miei stessi limiti. Ho assistito a centinaia di guerre nel corso della mia esistenza, sacre come umane, e pur non avendole combattute a mia volta…" iniziò, ma in quel momento Libra si rialzò, mentre nuovi flotti di sangue scorrevano sul coprispalla.
"Sembri molto interessato al suono della tua voce, ma se davvero avessi assistito a così tante battaglie, allora sapresti che un cavaliere non si arrende alla prima ferita! L'amore per Atena e la giustizia rafforza il nostro cosmo, e nessun nemico potrà piegarci!" esclamò, bruciando il suo cosmo e scagliando un raggio di energia.
"Sciocchezze!" gridò Feron di rimando, facendo lo stesso, ed entrambi i guerrieri vennero colpiti dai rispettivi attacchi. A differenza del Guardiano però, Libra sputò sangue e barcollò in avanti, perchè il colpo del nemico aveva ancora una volta trapassato la sua armatura, spezzando una costola e sfiorando il polmone. Al contrario, Feron era immobile in piedi, mentre una vistosa ferita alla spalla si richiudeva. Nello sguardo dell'uomo però ora era evidente il disprezzo.
"Giustizia, hai detto? Hai vissuto per oltre due secoli e sei ancora attaccato ad un'idea così aleatoria, che delusione! La giustizia assoluta per cui voi cavalieri combattete non esiste, dovresti sapelo ormai, è solo una maschera dietro cui nascondersi!" esclamò, fissando con durezza il custode della settima casa "In questo momento un mio compagno, Oghma dello Scriba, sta affrontando un Cavaliere d'Oro tuo pari, tirando a se i fili di un piano tessuto per secoli, celato persino agli occhi del sommo Oberon, atto a rafforzare il dominio del nostro signore e permettegli di proteggere il mondo dalle potenze oscure! Se il suo piano avrà successo, l'umanità probabilmente sarà salva dalla minaccia che incombe sul suo futuro. E' un piano di giustizia quindi, ma per realizzarlo, Oghma ha sacrificato, usato e manipolato decine di persone nel corso dei secoli, provocando anche morte e stragi, che si muteranno in un sacrificio necessario se il suo disegno avrà un buon fine! D'altra parte, il Cavaliere d'Oro che lo sta affrontando a rischio della vita, è pronto a tutto pur di sconfiggerlo, e agisce spinto dal desiderio di salvare Atena, che della giustizia è la Dea! Ma se vincesse, gli sforzi ed i sacrifici di Oghma, il suo sogno di consegnare ad Oberon un mondo unito sotto un unico stendardo pronto ad appoggiarlo contro l'oscurità, svanirebbe!"
"La giustizia non potrà mai essere costruita sul sacrificio di innocenti!" intervenne Libra con convinzione, ma Feron scosse la mano seccato.
"Non è questo il punto! Non vedi quanto la giustizia sia relativa? Il bene e il male non esistono, sono solo invenzioni degli uomini! Se Oghma vincerà, secoli di sforzi e inganni saranno probabilmente premiati ed un giorno l'umanità non dovrà temere l'avvento delle tenebre, ma ciò accadrà a prezzo della vita di Atena, che ha sempre difeso gli uomini e la giustizia! Se invece il Cavaliere d'Oro vincerà, Atena forse sarà salva, ma lord Oberon sarà più debole quando la Grande Minaccia delle profezie farà la sua comparsa, e potrebbe non riuscire a sconfiggerla! E se tutti voi Cavalieri d'Oro vincerete, Atena sarà sicuramente salva, ma Oberon sarà privo del suo esercito di Guardiani e solo di fronte all'avanzare delle tenebre, destinato alla sconfitta! Comprendi quindi quanto relativa e irrealizzabile sia la giustizia assoluta, che voi cavalieri vi illudete di difendere? Chiunque vinca questa guerra, essa ne sarà danneggiata, che sia a breve termine, con la morte di Atena, o a lungo termine con la sconfitta di Oberon! L'unica possibile soluzione è perseguire la strada che conduce al male minore, e lasciare che il destino faccia il suo corso!"
Le parole sull'avvento delle tenebre, e sul desiderio di giustizia di Oberon, incupirono Libra, la cui espressione tuttavia non mutò "Il tuo è un dilemma per filosofi forse, ma per noi la strada da seguire è ben più semplice di come la descrivi! Quel che dobbiamo fare è proteggere l'umanità contro qualunque minaccia compaia all'orizzonte, sia essa Nettuno o Hades o Oberon o qualsiasi altra, procedendo un passo alla volta e sacrificando solo noi stessi lungo il cammino!" esclamò con convinzione, lasciandosi circondare ancora una volta dalla sua aura.
Accorgendosi della minaccia, Feron sollevò lo mano, scatenando una pioggia di dardi di luce, ma in quel momento il cosmo di Libra esplose, ed il possente drago di Cina comparve maestoso dietro di lui.
"Colpo dei Cento Draghi!!" gridò, liberando la furia del suo colpo più potente. I draghi di luce ebbero facilmente la meglio sui raggi di Feron, intercettandoli ed annullandoli, per poi abbattersi con violenza contro il Guardiano, che non accennò neppure a difendersi, venendo travolto in pieno e scaraventato via, mentre numerosi alberi gli crollavano addosso.
Stavolta però Libra non abbassò la guardia, restando immobile a fissare il punto in cui il nemico era scomparso, i muscoli tesi per la tensione e pronti a scattare.
Per alcuni secondi non accadde nulla, ma poi il Cavaliere alzò la testa di scatto, fissando i rami più alti degli alberi, da cui aveva percepito per un attimo provenire di nuovo il cosmo del nemico, ma sui quali non vi erano che corvi.
Forse feriti dall'esplosione, alcuni di loro caddero al suolo, privi di vita, ma in quel momento il cosmo di Feron ricomparve maestoso, ed il Guardiano si rialzò, frantumando i tronchi degli alberi e scagliando una sfera di energia contro il Cavaliere d'Oro, che si difese con gli scudi. Libra fissò il nemico con attenzione, alla ricerca della più piccola ferita che potesse dargli una speranza di vittoria, ma con un senso di profonda delusione e impotenza dovette ammettere che non ve ne era nessuna, il corpo del consigliere di Oberon era intatto, e persino la sua armatura si stava già rigenerando.
"Un tentativo ammirevole, ma destinato al fallimento! Non possiedi armi per sconfiggermi, mentre io posso colpirti a mio piacimento! Ungues Avalonis!!" esclamò sollevando le mani, da cui partirono due fasci di energia neri come la notte, che colpirono il cavaliere in pieno torace, incrinando il pettorale della sua armatura e spingendolo indietro.
Stringendo i denti, Libra si mosse per reagire, ma il cosmo di Feron continuava a brillare, persino più ampio e potente di prima, mentre l'enorme e minacciosa figura di un corvo compariva alle sue spalle "Se due soli artigli non sono bastati, allora adesso subirai la più terribile delle mie tecniche! La morte scenderà su di te come fitta pioggia!" tuonò, e per la prima volta quella specie di mantello che fino ad ora gli aveva coperto il corpo si aprì, rivelando due enormi ali piumate del colore dell'ebano. Spiegandole, Feron oltrepassò Libra, restando in sospeso a mezz'aria direttamente sopra di lui. "Nere ali del corvo ghermite la vostra preda e trascinatela nell'Ade! Pioggia di Piume!!" gridò, allargando di scatto le braccia, e le piume delle sue ali sembrarono illuminarsi di energia e prendere vita, schizzando contro il Cavaliere d'Oro come mortali dardi.
Pur rallentato dal dolore, Libra sollevò gli scudi, ma non riuscì ad intercettarne che alcune. Le altre si conficcarono nel suo corpo come pugnali, penetrando l'armatura della Bilancia e scendendo in profondità nelle sue carni, lacerando la pelle ed i muscoli e scheggiando le ossa. Gridando di agonia, il cavaliere barcollò per qualche secondo e poi crollò a terra in un lago di sangue.
Soddisfatto, Feron gli atterrò accanto, osservandolo che rantolava per il dolore con un misto di freddezza e delusione. "Eravamo simili, due immortali benedetti dagli Dei, ed ora io ti sovrasto trionfante mentre tu giaci riverso nella polvere! Ma sappi che paghi il fio delle tue colpe, perchè tu stesso sei la causa di questa disfatta!" asserì.
Sollevando a fatica la testa, Libra lo fissò con sguardo indagatore, e Feron sostenne i suoi occhi, ripensando al passato.
"Ti ho narrato di come, venuto a sapere della tua esistenza, mi misi in viaggio per la Cina, curioso di conoscerti. In realtà ciò non avvenne subito, prima di partire attesi volutamente oltre due secoli, in modo da permetterti di abituarti al tuo nuovo stato. Quando finalmente partii, credevo di trovare in te uno spirito affine, che consapevole delle oppurtunità che aveva di fronte magari avrebbe dimenticato gli ordini di Atena e abbandonato quel luogo selvaggio, accompagnandomi nei miei studi, ma fui profondamente deluso! Ti vidi intento a passare i tuoi giorni come una reliquia, seduto davanti alla cascata, dedicando il tuo tempo non alla meditazione e le ricerche, ma a prenderti cura di tre ragazzini che vivevano con te, addestrando due di loro all'uso del cosmo come un cavaliere qualunque! Se anzichè sprecare il tuo dono in questo modo avessi migliorato l'uso del cosmo, come ho fatto io, ora non saresti in queste condizioni!" concluse. Non appena ebbe finito di parlare però, il cosmo di Libra avvampò, costringendolo a indietreggiare di un passo mentre il cavaliere si rialzava, fissandolo negli occhi e facendolo raggelare.
"Come puoi definire sprecato il tempo trascorso con le persone che si amano?! Continui a definire l'immortalità un dono, ma per me non è stata altro che una maledizione, un fardello il cui peso ho dovuto accettare in quanto Cavaliere di Atena!" esclamò a denti stretti.
"Un fardello?! Una maledizione?!" ripetè Feron indignato.
"Hai sentito bene! Dopo il dolore straziante dell'aver visto i miei compagni cadere uno ad uno, lenito solo in parte dalla consapevolezza che si erano sacrificati in nome dell'amore e della giustizia sulla terra, sono stato destinato ad un'esistenza di solitudine! La compagnia e l'affetto mi erano privati, perchè qualunque legame avessi forgiato sarebbe stato un giorno spezzato dall'impietoso scorrere del tempo! Sono stato condannato a vivere, con la certezza che sarei sopravvissuto a tutti coloro che mi erano cari, sostenuto solo dall'amicizia di Sion, e dalla convinzione che agendo in quel modo avrei potuto proteggere le nuove generazioni di Cavalieri, far risparmiare loro parte dei tormenti che avevo vissuto!" continuò, con gli occhi ora velati dalle lacrime e la voce strozzata.
"Finchè un giorno, non trovai una piccola orfana, abbandonata sulle sponde di un fiume! Sapevo che ormai mancavano solo pochi anni al ritorno di Hades… alla fine del mio esilio… e l'adottai con me! Poco tempo più tardi anche due bambini si unirono a noi, chiedendomi di addestrarli, desiderosi di diventare Cavalieri! Grazie a loro, le catene della solitudine che mi avevano imprigionato furono finalmente spezzate, e le montagne di Cina delle cui vette ero stanco tornarono ad essere una piacevole vista! Quei ragazzi, che hai appena definito come una perdita di tempo, hanno fatto rinascere in me l'amore per la vita! La loro presenza è stato il sole della mia esistenza!! Lo capisci?!!" ringhiò con forza.
"Non lo capisco!! Sciocchezze sono le cose di cui parli, mere quisquilie! Che importanza possono avere i legami e gli affetti di fronte alla vita eterna? Nessuna! Non esiste nulla di peggio della morte, esserne liberi è il più grande dei doni!" ribattè Feron con altrettanta convinzione.
"Hai vissuto così a lungo, eppure sai così poco della vita…" commentò Libra in tono quasi deluso e rassegnato "Esistono cose molto peggiori della morte, e la solitudine è una di queste! La morte… non è che attraversare il mondo, come gli amici attraversano i mari; continuano a vivere l'uno nell'altro. Poichè devono essere presenti, amare e vivere ciò che è onnipresente. In questo divino specchio si vedono faccia a faccia; ed il loro riflesso è libero e puro. Questo è il conforto degli amici: che, pur se si possono dir morti, la loro amicizia e compagnia sono, nel miglior senso, sempre presenti, poichè immortali"
A queste parole, l'espressione già adirata di Feron si contorse ulteriormente "Vedo che almeno qualche libro lo hai letto, ma citare gli scritti di William Penn non basterà a farmi cambiare idea! Quelle non erano che le farneticazioni di un mortale che si sforzava di accettare il proprio destino, non hanno valore per chi è come noi! Anzi, per chi è come me, perchè presto tu abbandonerai questa terra, ritrovando gli amici che ti sono tanto cari!" tuonò, caricando il pugno e sferrando una scarica di energia dorata.
Fronteggiando il suo sguardo con decisione, Libra fece lo stesso, ed i due cosmi si scontrarono a mezz'aria, equivalendosi per alcuni secondi. Poi però lo splendore della Bilancia ebbe il sopravvento, e Feron venne scagliato indietro di qualche passo, con una ferita sanguinante nel palmo della mano, che si richiuse quasi subito.
"Quel colpo ti avrebbe ucciso senza farti provare troppo dolore, ma invece hai scelto la via della sofferenza, e sia! Miei artigli, dilaniategli il cuore!! Ungues Avalonis!" gridò il Guardiano, concentrando il cosmo nelle mani e sferrando la sua tecnica mortale, mirando al pettorale già danneggiato della Bilancia.
"Non basteraaa!!" esclamò Libra di rimando, bruciando al massimo il suo cosmo, e con un gesto improvviso bloccò entrambe le mani del nemico all'altezza dei polsi, a pochi millimetri dal bersaglio. Lo sguardo sul viso di Feron adesso era di stupore totale.
"Come hai fatto… come hai fatto a fermare il mio colpo segreto con la sola forza delle mani?!" sbraitò sbalordito.
"Tu stesso mi hai indicato la via, hai osato troppo a lanciare per ben tre volte la stessa tecnica! Ormai ho capito come esegui gli Artigli di Avalon, bloccarli non è stato che un esercizio di riflessi!" dichiarò il Cavaliere, sfoderando un raro sorriso sarcastico prima di proseguire minacciando "E non è ancora finita!" ed espandere il suo cosmo.
Feron tirò uno strattone, provando invano a liberarsi, e fissò con attenzione le mani del nemico, che ora sanguinavano copiosamente per lo sforzo necessario a bloccare gli Artigli di Avalon. "Cosa speri di fare, non puoi trattenermi e attaccarmi contemporaneamente!" sibilò, ma il sorriso di Libra si fece più largo, ed il Guardiano si accorse con un fremito che il suo cosmo non si stava accumulando nelle mani, ma nella gamba destra.
"Colpo Segreto del Drago Nascente!!" gridò improvvisamente l'eroe, sollevando la gamba e sferrando un calcio violentissimo, lasciando contemporaneamente la presa dalle mani. Centrato in pieno all'addome ed a distanza ravvicinata, Feron gridò di dolore e venne catapultato in aria per vari metri mentre il dragone lo attraversava da parte a parte, schiantandosi poi duramente al suolo e scavando un solco con il corpo prima di fermarsi e giacere immobile.
Respirando affannosamente, Libra chiuse gli occhi, tendendo al massimo i suoi sensi alla ricerca del cosmo del nemico, sfruttando ogni fibra del suo essere e concentrandosi come raramente aveva fatto in passato. Improvvisamente, riaprì gli occhi di colpo e fissò le cime degli alberi, mentre un sorriso gli compariva sul volto.
Attimi dopo, Feron si rialzò, circondato dalla sua aura oscura, con un ghigno sarcastico dipinto sul volto. "Una mossa coraggiosa, ma del tutto vana! Quante volte ancora hai intenzione di tentare? I tuoi sforzi sono destinati al fallimento!" esclamò in tono derisorio. Le sue parole però non suscitarono lo sconforto che aveva sperato, Libra infatti lo guardò diritto negli occhi, espandendo ancora una volta il suo cosmo d'oro, brillante come una stella nonostante i numerosi colpi subiti.
"Quante volte ancora? Una soltanto, perchè ormai ho scoperto il tuo segreto! L'immortalità che tanto ti è di vanto presto sarà perduta per sempre!" dichiarò con forza il Cavaliere d'Oro, ed un'ombra di paura comparve per un attimo sul viso di Feron, che sbiancò leggermente.
"Non dire eresie, l'immortalità è parte di me, come potrei perderla?!" ribattè comunque, ma a Libra non sfuggì che stava espandendo il suo cosmo per attaccare per primo.
"Sei un illuso! Neppure agli Dei è concessa l'immortalità assoluta, ciò di cui ti è stato fatto dono non è che una pallida imitazione! Un'imitazione che presto cadrà! Colpo dei Cento Draghi!!" gridò, facendo esplodere il suo cosmo e scatenando i possenti draghi di Cina. Anzichè dirigersi tutti contro Feron però, la maggior parte di loro ignorò il Guardiano, saettando contro le cime degli alberi circostanti, e solo allora l'uomo intuì il loro vero bersaglio.
"No… i corvi!!" gridò con una punta di panico, nel vedere gli uccelli venire investiti dal potere del Cavaliere d'Oro, precipitando a terra privi di vita. Il Guardiano cercò di intervenire, ma in quel momento Libra diresse gli ultimi draghi del suo colpo segreto contro di lui. "La chiave della tua immortalità è caduta, ed ora è il tuo turno!" urlò, travolgendolo in pieno e perforandone le carni.
Il corpo del Guardiano scomparve nell'erba e, respirando affannosamente, il Cavaliere d'Oro si appoggiò con la schiena ad un albero, sollevando lo sguardo al cielo, esausto "Finalmente l'ho sconfitto…! Ora non mi resta che spezzare il Sigillo! Sirio… presto tu e gli altri sarete liberi!" pensò, sospirando stancamente.
Ma in quel momento un brivido lo attraversò, obbligandolo a girarsi di scatto con gli occhi sbarrati: il cosmo di Feron era ricomparso. Libra non fece però in tempo a muoverso che due raggi dorati gli trapassarono le gambe, lacerando i muscoli ed i tendini, e facendolo crollare in ginocchio per il dolore. Alzando lo sguardo sbalordito, il cavaliere vide il Guardiano ancora una volta in piedi, circondato dalla sua aura nera, con il viso contratto in una smorfia mista di collera e sollievo.
"L'immortalità mi appartiene, te lo avevo detto! Non puoi vincermi, hai segnato il tuo destino quando hai scelto l'Italia come destinazione del tuo viaggio, ed ora è tempo che la parola fine venga finalmente scritta sul lungo libro della tua esistenza! Che le nere piume del Corvo ti sprofondino in un abisso di dolore!! Pioggia di Piume!!" gridò, allargando le ali e scatenando il suo colpo segreto. A decine le piume d'ebano volarono contro il guerriero, scheggiandone e poi perforandone l'armatura, che andò in pezzi in numerosi punti mentre schizzi di sangue grondavano sull'erba della Sila. Dando fondo alle sue energie, Libra cercò di resistere, di contrastare la forza del Guardiano ed intercettare le piume, ma il loro numero, ed il cosmo che le sosteneva, ebbero facilmente il sopravvento, scagliandolo via, fino a farlo sbattere malamente al suolo, circondato di sangue e frammenti di corazza.
"Hai gioito nell'apparenza di una facile vittoria, ed ora giaci riverso al suolo privo di forze. Mi rattrista vederti in questo stato, avevo pensato a te come a un compagno… ma non temere, la morte che tanto dici di aver desiderato presto ti sarà di liberazione!" commentò Feron, guardandolo con disprezzo e delusione.
A terra, Libra sentì le forze venirgli meno e l'oscurità avanzare su di lui "Sirio… perdonami! Avevo promesso a me stesso che ti avrei salvato, ma l'ostacolo che si è parato sulla mia strada sembra invalicabile! Credevo di aver scoperto il suo punto debole, ma mi sbagliavo… ed ora… non so che fare…" pensò con amarezza, e quest'ammissione gli diede più dolore di tutte le ferite che aveva sul corpo, perchè sapeva il prezzo che una sconfitta avrebbe avuto per il suo allievo, per tutti i cavalieri divini imprigionati sull'Olimpo, per Atena e per i suoi compagni.
Aprendo gli occhi, il ragazzo si accorse con rammarico di avere accanto a se il cadavere di una lepre. "Povera creatura, vittima innocente di una guerra che non ti riguardava… anche a te devo chiedere perdono…" sussurrò. Dopo averla osservata per qualche secondo però, la sua espressione mutò del tutto, in una di assoluto stupore, e balbettò tra i denti "Ma… certo!"
Feron sollevò la mano per il colpo di grazia, quando, di fronte ai suoi occhi, Libra si rialzò a fatica, rimettendosi in piedi in qualche modo. Prima che il Guardiano potesse criticare questa sua rinnovata determinazione però, il Cavaliere d'Oro incrociò le braccia sul petto, aprendole poi di colpo e liberandosi dell'armatura della Bilancia, che cadde al suolo con un clangore metallico.
"Che significa questo gesto?" domandò Feron, accigliandosi alla vista del suo torace nudo e sanguinante. Anzichè rispondere però, Libra sorrise fugacemente, balzando sul ramo di un pino, e da lì su un altro ancora, nella direzione opposta al campo di battaglia.
"Vile!" gridò Feron, comprendendo con una smorfia cosa stesse facendo. "Hai deciso di fuggire pur di aver salva la vita! La morte che tanto agognavi ora ti spaventa! Ti capisco, ma non posso lasciarti andare, Oberon non me lo perdonerebbe!" esclamò in direzione della sagoma che ormai era tra i rami più alti degli alberi e si stagliava contro il cielo rossastro del tramonto. Senza aggiungere altro, spiegò le ali della sua armatura, spiccando il volo all'inseguimento e superando le fronde dei pini, raggiungendolo in un battito di ciglia e sollevando la mano per colpire.
In quel momento, un'espressione di trionfo comparve sul viso del Cavaliere di Grecia, che spiccò un salto non per allontanarsi ma in direzione di Feron, aggrappandosi al suo corpo come in un abbraccio e spingendolo ancora più in alto nel cielo.
"Che vuoi fare, sei forse impazzito?!" gridò indignato il Guardiano, ma la sua espressione si mutò in una di ansia quando incrociò lo sguardo di Libra, in cui ora brillava una nuova sicurezza.
"Guardati attorno, siamo soli ora, i tuoi poteri non possono più salvarti!" sibilò, e Feron impallidì visibilmente, rendendosi rapidamente conto della veridicità di quelle poche parole. "Tu sai…!" mormorò quasi a fatica.
"Finalmente ho scoperto il tuo segreto, si, la chiave della tua immortalità!" affermò il ragazzo "Mi ero accorto sin da subito che c'era qualcosa di strano… ogni volta che ti abbattevo, avvertivo il tuo cosmo provenire dalle fronde degli alberi prima che ti rialzassi!"
"All'inizio ho creduto che il legame con il simbolo del Corvo fosse più profondo di quel che mi avessi detto… che uno di loro agisse come simulacro temporaneo per la tua anima, e così ho diretto su di loro i Cento Draghi, convinto che in questo modo l'avrei ucciso, privandoti del sicuro santuario in cui ti rifugiavi!"
Feron non disse nulla, continuando solo a dimenarsi nel vano tentativo di liberarsi, e Libra continuò "Ma mi sbagliavo… la fretta di arrivare alla soluzione aveva fallato il mio ragionamento, spingendomi a ignorare un dettaglio cruciale! La mia spiegazione infatti non giustificava il modo in cui le tue ferite si rimarginassero dopo ogni colpo subito, richiudendosi come se non fossero mai esistite!"
"Come hai fatto allora a capire?!" domandò Feron, abbandonando ogni pretesa di ignoranza.
"E' stato grazie… al sacrificio di una piccola lepre!" rispose Libra con un sorriso triste "Giaceva accanto a me pocanzi, vittima innocente del nostro scontro! Ma guardandola con attenzione, ho visto che il suo corpo non era segnato da ferite nè circondato dal sangue… era semplicemente morta, come se il soffio della vita le fosse stato portato via! E allora ho ricordato quel che nella mia cecità avevo ignorato, i corvi che avevo visto riversi al suolo, o che cadevano privi di vita ogni volta che ti uccidevo! Perchè questo è il tuo segreto! Questo ti ha permesso di vivere così a lungo! Puoi trasferire temporaneamente la tua anima in esseri viventi inferiori, come uccelli e animali, assorbendo la loro forza vitale e riportandola nel tuo corpo, usandola per curarti ferite altrimenti mortali! Sei come un vampiro, la cui sopravvivenza è legata al sacrificio altrui!" concluse con disprezzo, sorridendo dell'espressione spaventata di Feron, prova inequivocabile che aveva colto nel segno.
"Hai capito tutto vedo! Per questo ho lasciato spesso Avalon vagando per il mondo, avevo bisogno di nuove vite da assorbire per prolungare la mia esistenza! Ma è giusto! Nutrendomi di altri esseri viventi non faccio forse quello che gli uomini hanno fatto da sempre, uccidendo gli animali per cibarsi delle loro carni?! E' solo l'oggetto del mio pasto che varia!" disse il Guardiano, espandendo il suo cosmo.
"Quale che sia l'etica delle tue azioni non mi riguarda! Una cosa sola è certa, la tua esistenza finisce qui, ora, per mia mano! Ti ho trascinato in cielo con l'inganno, e qui non ci sono prede con cui puoi salvarti! Perchè il tuo raggio d'azione è corto, limitato a pochi metri, non è forse così?!" domandò acutamente, interpretando il rinnovato pallore di Feron come risposta.
"Non… non dimenticare che sei senza armatura… sei indifeso! Pioggia…" gridò Feron, bruciando il suo cosmo.
"Tempo sprecato, sei lento nello sferrare i tuoi attacchi, non hai l'istinto di un guerriero, e questo ti sarà fatale!! Colpo dei Cento Draghi!!!" urlò Libra, sciogliendo il suo abbraccio e sferrando il suo colpo segreto a distanza ravvicinata, trivellando il corpo del nemico e frantumando la sua armatura. Sputando sangue, il Guardiano cadde all'indietro.
"E' fatta!" gioì Libra, nel vedere il corpo del nemico precipitare. Il cavaliere mutò poi la sua posizione, per tornare a terra nel migliore dei modi, ma improvvisamente si dovette portare le mani alla testa, attraversata da un dolore lancinante, ed una risata risuonò dentro di lui.
"Hai sbagliato i tuoi calcoli! C'era ancora un essere vivente abbastanza vicino da potermi dare salvezza: tu!" rimbombò la voce di Feron nella sua testa "Non mi sono mai nutrito della forza vitale di un essere umano prima… a differenza di quella degli animali è più difficile da usare, più complessa! Ma ora è un'ottima occasione per imparare!" sibilò, mentre l'oscurità avvolgeva la mente del Cavaliere d'Oro, isolandolo dal mondo esterno, facendolo contorcere a mezz'aria, ed il ragazzo sentì la sua vita iniziare a scorrere via, senza poter far nulla per fermarla, mentre lo spirito di Feron riacquistava forza e vigore, strappando via i brandelli della sua anima.
Ma in quel momento, senza neppure saperne lui il perchè, un'immagine comparve nella mente di Libra, quella del suo primo allievo, Tenma di Pegasus. L'effetto fu quasi immediato, lo spirito di Feron gridò come se si fosse scottato, e Libra avvertì la propria forza vitale riprendere forza. Senza capirne bene il motivo, si concentrò su un altro viso amico, colui che gli era stato più vicino tra i Cavalieri d'Oro, l'unica persona rimastagli dopo la fine della Guerra Sacra del 1700, Sion.
Feron gridò ancora, più forte di prima, mentre la vita di Libra continuava a brillare. Un bagliore di comprensione si affacciò alla mente dell'eroe, e fu con consapevolezza che pensò ad un'altra persona amata, qualcuno cui aveva voluto bene e che si era saputo ritagliare un posto nel suo cuore: Demetrios.
"Che… cosa stai facendo! Il dolore è insopportabile, ti prego fermati!!" urlò l'anima di Feron, quasi in preda alla disperazione. Libra lo ignorò, una crescente sicurezza si stava facendo strada nel suo corpo. Strinse il pugno, concentrandosi su colei cui aveva voluto bene come una figlia sin dal giorno in cui l'aveva raccolta, colei che per prima aveva messo fine a oltre due secoli di solitudine, Fiore di Luna.
Le grida di Feron si fecero strazianti, il cavaliere potè avvertire l'anima del Guardiano iniziare ad andare in pezzi nonostante lottasse con la forza della disperazione per salvarsi.
"Non ho mai provato un'agonia del genere… che cos'è?!!" urlò disperato.
"La forza più potente del creato, superiore al cosmo come a qualsiasi altra! La forza che rende uniche le anime degli esseri umani, perchè è radicata nel profondo del loro cuore, ancora sicura contro l'avanzare delle tenebre! L'amore!" esclamò Libra, concentrandosi infine sulla persona cui più di ogni altra aveva voluto bene, colui che l'aveva reso fiero e orgoglioso come un padre, permettendogli di lasciarsi per sempre alle spalle i pesi del passato.
Fu a Sirio il Dragone che il Cavaliere pensò, e con un ultimo grido assordante l'anima di Feron venne lacerata in migliaia di frammenti, scomparendo dal suo cuore.
Riaprendo gli occhi, Libra scoprì di essere di nuovo a terra ormai. Accanto a lui c'era il cadavere straziato di Feron, il cui aspetto era ora vecchio oltre ogni dire, una mummia, ormai in procinto di tornare ad essere polvere, su cui era poggiata l'armatura del Corvo, nuovamente intatta.
A pochi passi da Feron, l'eroe scorse infine il Sigillo, oggetto della sua missione. Ignorando il dolore e la stanchezza, lo raggiunse prendendolo in mano, e leggendo su di esso, in caratteri runici, la parola "salute".
Stringendo il pugno, Libra lo mandò in frantumi. Immediatamente, il raggio che da esso partiva, diretto al tempio di Apollo, scomparve.
Sollevando stancamente gli occhi al cielo, Libra si concentrò per avvertire i cosmi dei suoi compagni. Tutti loro avevano già concluso le loro battaglie ed ora giacevano esausti e feriti, tutti tranne uno, la cui energia in quel momento stava esplodendo nella foga dello scontro.
"Kanon, manchi solo tu…"
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GAIDEN - PROLOGO
Il Ricordo del Giorno di Neve
*Questa è una storia ambientata agli albori del mito*
Nella foresta di conifere della Norvegia Meridionale, una figura avanzava lentamente nella neve alta fino alle ginocchia, aprendo un solco dietro di se, apparentemente incurante della bufera che imperversava attorno a lui. Camminava ormai da molte ore, a testa bassa, in silenzio, con indosso un lungo mantello da viaggio, sporco e lacero, zuppo di neve e mezzo ghiacciato, ed il viso nascosto quasi completamente da un cappuccio.
Ad un tratto, gli alberi si aprirono, rivelando un'ampio declinio roccioso, lungo varie centinaia di metri, che terminava di netto in cima alla ripida parete di un fiordo, alla base del quale si udiva il fragore delle onde che sbattevano contro la roccia. A parte alcuni alberi e sassi, la discesa del declinio era spezzata soltanto da una roccia immensa e tondeggiante, alta vari metri e completamente coperta di neve. Il viandante si fermò un attimo a osservarla, poi iniziò a scendere lungo il declinio, avviandosi lentamente verso di essa.
Arrivato a pochi passi, si arrestò, sollevando la testa appena, e rimanendo immobile. Quasi contemporaneamente, la roccia sembrò attraversata da un terremoto ed iniziò a tremare, facendo cadere la neve che ci si era accumulata sopra, scoprendo una superfice tozza e irregolare, di un colorito scuro. Attimi dopo, essa si mosse, allungandosi come un gomitolo di filo avvolto su se stesso ed alzandosi, rivelando due gambe spesse come tronchi d'albero ed un corpo massiccio e muscoloso, sovrastato da una testa con lunghi capelli bianchi, ciascuno spesso come un ramo, e due grandi occhi dello stesso colore. La cosa più particolare della creatura però erano le braccia, umane solo all'apparenza, ma in realtà formate da decine e decine di arti appoggiati l'un sull'altro.
Per nulla scosso da quest'apparizione, il viandante restò ancora immobile, mentre l'essere si ergeva in tutta la sua altezza, sovrastandolo.
Ringhiando come una belva, la creatura lo osservò per qualche istante, rivoli di bava che gli grondavano dagli angoli della bocca, poi sollevò il braccio, ed esso si scompose in cinquanta braccia più piccole, tutte muscolose e terminanti in mani dalle unghie lunghe e giallastre. Con un altro latrato bestiale, l'essere calò il braccio per colpire lo sconosciuto.
Muovendosi allora per la prima volta, il viaggiatore sollevò la mano di una frazione appena, e le braccia del mostro furono immediatamente paralizzate da una pressione terribile. Un'ombra di paura attraversò il volto della creatura, che iniziò a spingere ancora più forte per cercare di liberarsi.
"Gige dai Grandi Arti!" esclamò in quel momento il viandante, con voce completamente tranquilla, sollevando finalmente la testa per fissare il mostro negli occhi "Ti ho inseguito a lungo, terzo dei Centimani!"
Gige ringhiò ancora più forte, al punto che grossi pezzi di neve caddero da numerosi alberi, ma l'uomo proseguì, e la sua voce, seppur tranquilla, sembrò un tuono capace di eclissare persino i versi del Centimane "Insieme ai tuoi fratelli hai giurato obbedienza al Titano Giapeto, cercando di spezzare i Sigilli che imprigionano lui e gli altri della sua stirpe nel buio Tartaro! Per questo atto di tradimento, sarai ora sprofondato tu stesso nelle profondità infernali, dove già tuo fratello Cotto è caduto prima di te!" dichiarò solennemente, spingendosi indietro il cappuccio e fissando il mostro con penetranti occhi azzurri.
Nel riconoscere quel volto, l'espressione di Gige cambiò in maniera evidente, mutandosi in una smorfia di terrore. Il viandante lasciò finalmente libere le sue braccia, ed il Centimane barcollò all'indietro, voltandosi per fuggire. L'uomo però sollevò la mano, lasciandola circondare da un'aura lucente, e quando la calò, un fulmine di immane potenza attraversò Gige da parte a parte, strappandogli un urlo disumano. Dopo aver barcollato ancora per qualche passo, il Centimane cadde giù dalla scogliera, svanendo nelle acque sottostanti.
"Una notevole dimostrazione di forza!" esordì in quel momento una voce uscendo dagli alberi, e facendo voltare di scatto il viandante, per la prima volta sorpreso "Ma che non giustifica l'essere entrato di nascosto nel regno di cui io solo sono sovrano! Questo non è l'Olimpo, Cronide Zeus!" esclamò.
Aggrottando le sopracciglia, Zeus osservò colui che aveva di fronte, un anziano dalla folta barba bianca ed occhi azzurri come il ghiaccio. Indossava un elmo cornuto, e nella mano destra impugnava una spada blu e argento.
"Odino, signore degli Asi!" esclamò alla fine, riconoscendo chi aveva di fronte anche se non lo aveva mai incontrato prima.
Se fu soddisfatto di essere riconosciuto, Odino non lo diede a vedere, e continuò a fissare Zeus con sguardo glaciale "Spiega il tuo gesto, re di Grecia, che io possa decidere come interpretarlo!"
"Non vi è molto da dire" rispose Zeus scrollando le spalle "I Centimani, che pochi anni fa avevo posto a guardia dei sigilli dei Titani, hanno tradito, conspirando contro di me e cercando di liberare la maledetta stirpe di Urano! Sto quindi dando loro la caccia per punirli, ed è stato inseguendo uno di loro che ho varcato i confini del tuo regno! Non era dunque un atto di guerra il mio, anche se" - e qui la sua espressione si indurì "il tono in cui mi interroghi non mi aggrada affatto!"
"Non testare la mia pazienza! Sei un ospite qui, faresti bene a non dimenticarlo!" si accigliò Odino, espandendo il suo cosmo. Zeus fece lo stesso, e per lunghi secondi le loro energie si confrontarono, risplendendo con uguale intensità.
In quel momento, un rumore fragoroso salì dalla base del fiordo, ed una figura enorme si innalzò, coprendo il sole ed oscurando i due con la sua ombra.
"Chi osa?!" esclamò Odino, stringendo la presa sulla propria spada.
"Briareo il Vigoroso, il primo dei Centimani! Era qui anche lui allora!" lo riconobbe Zeus, espandendo il suo cosmo.
Il Centimane sollevò le braccia per colpire, ma improvvisamente si arrestò di colpo, emettendo un grido di dolore mentre un raggio di luce lo attraversava da parte a parte. Grondando sangue, cadde all'indietro, precipitando privo di vita.
Al suo posto, comparve un uomo, i cui lunghi capelli bianchi si stagliavano su un volzo dalla carnagione azzurrina, incorniciato da lunghe orecchie a punta.
"Quell'essere si era spinto fino al mio regno, mettendone in pericolo gli abitanti! Spero non vi spiaccia se l'ho inseguito fin qui, vi assicuro che non era mia intenzione sconfinare nei vostri territori. Ma non mi sono ancora presentato… il mio nome è Oberon di Avalon!" disse, sorridendo amichevolmente e tendendo loro la mano. Confusi, Zeus e Odino si guardarono l'un l'altro.
Nascoste tra gli alberi, tre figure osservarono la scena, ridendo allegramente e silenziosamente tra loro.
"E così ha inizio…"
"… i tre sovrani si sono incontrati…"
"… e la ruota del destino ha cominciato a muoversi!"