LEGAMI

"Quell'elfo maledetto! Che il diavolo se lo porti!" esclamò rabbiosamente una figura, stringendo i pugni per la frustrazione e scuotendo le spalle, in modo da scrollare lo strato di neve che si stava rapidamente accumulando. "Come ha osato fare un simile affronto?! A me!" sbraitò

"Non crucciartene troppo" consigliò con voce calma e pacata una seconda persona, osservandolo immobile, incurante della neve che gli si poggiava sul capo "L'irriverenza di Puck è nota a noi tutti, lo scherzo che ti ha rivolto non è che l'ultimo di una lunga serie. Dopotutto, nemmeno Lord Oberon è riuscito totalmente a chetare lo spirito infantile di suo figlio…"

"Dici bene, Feron, dici bene! Ma pensare al modo in cui quel dannato mi è semplicemente apparso davanti, sfoggiando il suo sorriso birbante, ed un attimo dopo anzichè essere sulle coste del Mar Nero mi sono trovato qui, in mezzo alle tormente di neve, fa montare in me la collera!" esclamò l'altro, anche se in tono meno furioso di prima.

A queste parole, Feron rimase per qualche secondo in silenzio, alzando gli occhi al cielo, poi sorrise leggermente "La tormenta cala d'intensità, il pallido sole del Nord già si fa largo tra le coltri di nuvole. Sembra che gli Dei ti siano propizi quest'oggi!" ed infatti, quasi contemporaneamente, i primi raggi di sole lo illuminarono, strappando bagliori neri all'armatura che indossava sotto una tunica porpora dai bordi dorati. Seguendo il suo sguardo verso il sole, il suo interlocutore sembrò finalmente calmarsi, e si scosse per l'ultima volta la neve da dosso, rivelando una tunica identica a quella di Feron.

Ad un tratto, l'uomo mosse leggermente la testa verso Ovest, concentrandosi per qualche secondo, per poi aggiungere, in tono casuale, "Forse gli Dei mi sono davvero propizi. A quanto sembra un nemico sta finalmente per arrivare, annientandolo potrò sfogare la rabbia che quell'elfo mi ha fatto accumulare!"

"Così parrebbe…" disse Feron, annuendo profondamente, ma poi aggiunse con un sospiro "Probabilmente avrai ragione di lui in pochi attimi… ma non sottovalutarlo! Questi Cavalieri di Atena stanno mostrando una forza insospettata…" E nel dire queste parole, l'uomo sembrò mostrare improvvisamente tutti i suoi anni, ben evidenti dalle numerose rughe che gli marchiavano il viso.

"Dinann e Bres…" commentò il suo interlocutore, ben certo che fosse a loro che Feron si riferiva.

Annuendo di nuovo, Feron riprese "Caduti… entrambi, e i sigilli che custodivano sono svaniti! Il temperamento collerico di Dinann rendeva plausibile una sua sconfitta… ma che Bres potesse perdere… non l'avrei mai creduto!"

"Avrà semplicemente ceduto al desiderio di morte che da secoli lo torturava, al senso di colpa che gli rodeva dentro! Quanto a Dinann… quella sciocca ha fatto la fine che meritava!" borbottò l'altro, strappando uno sguardo indagatore al suo anziano interlocutore.

Poi però Feron riprese "Non solo loro. Ovunque i Guardiani combattono, persino Aircethlam e Lugh, che erano rimasti ad Avalon, sembrano scesi in campo. Il cosmo di Tehtra poi è vicino al parossismo, e lo spirito demoniaco di Balor pare essersi liberato e sta massacrando il suo nemico!" concluse, con una punta di inquietudine nella voce.

"L'avevo notato… a vittoria ottenuta dovremo occuparci anche di lui, è troppo pericoloso per essere lasciato libero di agire!" commentò seccato, mentre Feron piegava leggermente la testa verso Sud.

"Persino Puck ha da poco iniziato a combattere…"

"Fortunato come sempre quel miserabile! Non fosse stato per questo l'avrei già raggiunto per regolare la questione!" esclamò l'uomo a denti stretti. "Ma non temere per loro, come ben sai conosco bene i Cavalieri d'oro di Atene, e anche se la loro forza è grande, sono destinati a cadere contro le nostre legioni!"

Feron sospirò, restando per qualche minuto in silenzio, ma alla fine fece un cenno di saluto al suo compagno. "E' tempo che io torni in Italia, a custodire il mio Sigillo! Proprio come la Guardiana d'Irlanda, ho creato delle illusioni per far girare a vuoto il cavaliere che ivi si è recato, ma ora ho finalmente riconosciuto il suo cosmo e non credo di poterlo ingannare ancora a lungo" disse, e l'altro annuì.

"Ci rivedremo ad Avalon allora, per festeggiare la vittoria!"

"Indubitatamente" rispose Feron, rivelando per la prima volta un sorriso sinistro ed avviandosi. Dopo alcuni passi però, si fermò voltandosi appena verso il compagno, e scambiando con lui un'occhiata penetrante. "Anche Indech sta combattendo…"

L'uomo sostenne il suo sguardo, sorridendo leggermente, ma non rispose nulla. Feron allora gli volse di nuovo le spalle, ampliando per un attimo il proprio cosmo.

"Che la battaglia sia di tuo gradimento, Oghma!" gli augurò, ed un attimo dopo scomparve dalle bianche distese di Russia.

A qualche chilometro di distanza, Toro avvertì la vibrazione spaziale aggrottando le sopracciglia e dirigendosi verso la direzione da cui aveva percepito il cosmo sparire "Una traccia finalmente!" si disse, affrettando il passo nonostante la neve gli impedisse leggermente i movimenti e tendendo al massimo i suoi sensi.

"Pegasus! Ragazzi! Perdonatemi se solo ora scendo in campo, ultimo tra i miei compagni, mentre già tutti gli altri combattono! La missione ad Asgard mi ha trattenuto finora, ma era necessaria! Le genti di Odino non si sarebbero mai fidate del Generale altrimenti, troppo vivido è in loro il ricordo delle manipolazioni di Nettuno! Ora però potrò finalmente collaborare anch'io! Tenete duro, tutti noi stiamo facendo del nostro meglio, presto la barriera che imprigiona l'Olimpo cadrà e potrete tornare sulla Terra insieme ad Atena!" pensò preoccupato, oltrepassando un grosso cumolo di neve e poi fermandosi di scatto. Di fronte a lui, vestito di una tunica purpurea ed all'apparenza totalmente rilassato, si stagliava infatti la sagoma del nemico, alle cui spalle era appena visibile il pallido scintillio causato dal Sigillo di Oberon.

"Mi stava aspettando…" realizzò Toro, avanzando lentamente senza mai distogliere lo sguardo dal nemico, fino ad essere ad una decina di metri da lui. Per alcuni secondi, i due si fissarono in silenzio, come se ogni parola fosse superflua, poi il cavaliere d'oro aprì la bocca per parlare, ma non riuscì ad emettere una sillaba.

"Il possente cavaliere d'oro del Toro!" lo anticipò il Guardiano, strappandogli un grugnito soffocato di sorpresa "E così è al custode della seconda casa dello zodiaco che sono toccati questi impervi ghiacci, la sorte non ti è stata amica!" iniziò.

"Mi conosci?" domandò il cavaliere, adombrandosi.

"Mi hanno parlato di te, si…" rispose laconicamente l'altro "E anche se così non fosse, la tua mole ti tradisce!"

Per un attimo, Toro si chiese cosa intendesse dire il nemico, ma poi scacciò il pensiero, preferendo concentrarsi sulla battaglia imminente. "Temo di non essere altrettanto informato purtroppo, e le regole della cavalleria vogliono che si conosca il nome di qualcuno prima di affrontarlo in duello!" disse allora.

A queste parole, il Guardiano sorrise leggermente, socchiudendo però gli occhi in maniera sinistra "E' giusto, l'etichetta prima di tutto! Il mio nome è Oghma, Guardiano di Avalon ed uno dei due consiglieri di Oberon!"

"Oghma…" ripetè a voce bassa Toro, cercando di soppesarne la forza " Consigliere di Oberon hai detto. Immagino quindi che sarebbe inutile chiederti di farti da parte e permettermi di distruggere il Sigillo che custodisci…"

"Farmi da parte? Ovunque i Guardiani stanno dando battaglia, e tra essi anche il mio allievo, quindi come potrei io, che ad Oberon sono tra i più vicini, cederti il passo? Sarebbe una decisione quantomeno indegna del ruolo che ricopro…" rispose con calma.

"Eppure così facendo prenderesti la decisione più saggia della tua vita. Collaboreresti a fermare una guerra che non ha motivo di essere!" insistette il cavaliere d'oro.

"Parole interessanti le tue, portatrici di pace! Ma ahimè, difficili da prendere seriamente conoscendo la tua poca propensione alla battaglia. Pochi sono gli scontri da cui sei uscito vittorioso, non è forse vero?" insinuò.

A queste parole, Toro sgranò gli occhi, sorpreso da quanto Oghma sembrasse conoscerlo. Prima che potesse chiedere spiegazioni a riguardo però, un brivido gelido gli attraversò il corpo facendolo rabbrividire. "I… il cosmo di Mur… è diventato impercettibile…!" balbettò sbalordito.

Il cavaliere non era però l'unico ad essere sorpreso, anche il viso di Oghma ebbe una smorfia "Incredibile… il Sigillo d'Egitto è spezzato… Balor è stato sconfitto…"

Toro rimase immobile ancora per qualche secondo, lo sguardo perso verso Sud, poi si girò di nuovo verso Oghma ed incrociò le braccia sul petto, facendo brillare il proprio cosmo d'oro "Consigliere di Oberon, non ho più tempo di discutere! Un amico ha bisogno di me, devo sconfiggerti!" esclamò.

A queste parole, Oghma alzò lo sguardo al cielo, come intento ad osservare qualcosa. "Marte è rosso oggi… si, sarà una giornata di sangue!" sibilò, sorridendo sinistramente e tornando a fissare il cavaliere suo nemico, mentre un cosmo argenteo lo circondava.

Inquieto per l'espressione totalmente sicura di se del Guardiano, Toro espanse il suo cosmo, concentrandolo sui ghiacci attorno a se e sollevandone enormi lastroni, per poi dirigerli verso il nemico "Sembri certo delle tue possibilità, ma riuscirai a raggiungermi?" tuonò, facendoglieli crollare addosso come se fossero mura.

"Telecinesi di bassa lega…" commentò freddamente Oghma senza scomporsi, balzando prima di essere sepolto. Mantenendo la calma, Toro continuò ad esercitare il suo potere sui ghiacci, deciso se non altro a saggiare l'abilità del suo avversario. Dopo averne schivati ancora un paio però, Oghma si diede la spinta su uno di loro, saltando verso il cavaliere d'oro. Immediatamente Toro fece esplodere un pezzo di ghiaccio di fronte a se, ma quasi nello stesso momento sentì qualcosa colpirlo al braccio, facendolo barcollare all'indietro, e voltandosi si accorse che il Guardiano era adesso a pochi centimetri a lui, e lo fissava negli occhi.

Sorpreso da tanta rapidità, il cavaliere d'oro fece esplodere il suo cosmo per respingerlo, ma Oghma sollevò il pugno serrato, annullando il potere del cavaliere d'oro con la sola pressione del proprio, e lo colpì in pieno addome, sollevandolo di peso da terra e ribaltandolo, per poi abbatterlo di nuovo.

Con un grugnito di dolore, il cavaliere bloccò con il palmo il pugno successivo del nemico, sferrando subito dopo un calcio da terra, che lo obbligò ad indietreggiare con un balzo. Immediatamente, il cavaliere d'oro si rialzò in piedi, tastando con una mano il punto dell'addome dove Oghma l'aveva colpito, e sferrando un raggio di energia con l'altra. Raggio che venne immediatamente annullato da un fendente argenteo del Guardiano, che lo obbligò ad incrociare le braccia davanti al viso per proteggersi, ed a piantare i piedi al suolo.

"E' pericoloso! Devo mantenerermi sulla distanza, se gli permetto di avvicinarsi è finita!" riflettè il cavaliere, incrociando di nuovo le braccia sul petto e sferrando un colpo dopo l'altro alla velocità della luce, intercettando i fendenti argentei di Oghma. Pian piano però, Toro iniziò a dare sempre più spinta, aumentando progressivamente il numero di raggi di luce, fino a colpire di striscio Oghma e strappargli un lembo della tunica purpurea, ma se ciò fosse fonte di preoccupazione, di certo il Guardiano non lo diede a vedere.

"Sei padrone della velocità della luce, cavaliere d'oro, e la posa di combattimento che adotti rende impossibile prevedere i tuoi colpi, ma se ti illudi che ciò basti a garantirti la vittoria commetti una leggerezza imperdonabile!" ringhiò, gettando via la tunica e rivelando un'armatura nera ed oro, dalle forme lisce ed omogenee. Prima che Toro potesse osservarla con attenzione però, Oghma fu su di lui, allargando le braccia come a croce e liberando il suo cosmo in un raggio di luce. Il cavaliere d'oro tentò allora di respingerlo con i propri poteri, ma l'attacco di Oghma superò senza fatica le sue difese, obbligandolo a saltare all'ultimo momento ed a toccare terra a qualche metro di distanza.

Consapevole che un attimo di esitazione sarebbe potuto essergli fatale, il cavaliere si preparò a lanciarsi di nuovo all'attacco, ma con un rumore sordo, la gamba su cui si stava dando la spinta cedette, sprofondando apparentemente nel nulla, e con orrore Toro vide dell'acqua emergere dalla fessura nel ghiaccio in cui era scomparsa.

"Sono su un lago ghiacciato!" comprese, tentando disperatamente di liberarsi ma timoroso che, esercitando troppa pressione, avrebbe spaccato il resto del ghiaccio, affondando completamente. Nello stesso momento, Oghma fu su di lui, colpendolo al volto con un calcio dal basso verso l'alto e sbalzandolo via, mentre flotti di sangue uscivano dal labbro e da un taglio sulla guancia, macchiando di rosso le nevi di Russia.

Scaraventato in aria, il cavaliere sbattè duramente sulla superfice ghiacciata, che scricchiolò sinistramente, scivolando poi per qualche metro.

"Sta prendendo il sopravvento!" mormorò, ma stringendo i denti si sollevò su un ginocchio, incassando il pugno e sferrando un fascio di energia. Correndo verso di lui, Oghma fece lo stesso, e per alcuni istanti i due poteri si fronteggiarono a mezz'aria, l'oro del Toro contro l'argento del Guardiano. Poi però quest'ultimo prese il sopravvento, inglobando dentro di se il cosmo nemico ed investendo in pieno il custode della seconda casa di Atene, stridendo contro la sua armatura e sbalzandolo di nuovo indietro, facendolo cadere rovinosamente sulla schiena e strisciare sul ghiaccio, mentre il mantello lacerato volava via.

"Scuotiti, sciocco di un cavaliere, o non avrai scampo!" si disse Toro, faticando per rimettersi in piedi nonostante le numerose fitte di dolore che ora lo attanagliavano, e sferrando di nuovo un pugno, colpendo in pieno petto il Guardiano, che tuttavia rimase immobile. Sgranando gli occhi, Toro si accorse che, pur centrandolo in pieno, non era riuscito a danneggiarlo minimamente. Sorridendo nel vedere la paura riflessa negli occhi del nemico, il seguace di Oberon lo colpì con una ginocchiata all'addome, facendolo piegare di nuovo a terra.

"Un'istante ancora, cavaliere, e la tua sofferenza avrà fine!" sibilò Oghma lanciandosi contro di lui circondato dalla luce del suo cosmo, pronto a colpire.

A pochi passi dal bersaglio però, il Guardiano si arrestò, bloccandosi di colpo, e sotto lo sguardo confuso del cavaliere d'oro piegò leggermente la testa verso Nord, socchiudendo gli occhi. Quando li riaprì, la sua espressione era marmorea ed indecifrabile. "Una battaglia si è appena conclusa, nel Regno Sottomarino del Dio Nettuno. Indech, il mio allievo, è caduto!" disse soltanto.

Registrando mentalmente che quelle parole probabilmente indicavano una vittoria di Syria, Toro si rimise in piedi, realizzando con una punta di preoccupazione che i suoi sensi, per quanto allenati, non lo erano abbastanza per permettergli di seguire gli eventi del Regno Sottomarino, mentre il Guardiano vi era riuscito persino nel mezzo di un feroce combattimento. Per un attimo poi Toro considerò di approfittare dell'occasione per attaccare, ma alla fine abbassò il braccio, fissando negli occhi il nemico.

"Mi dispiace per la morte del tuo allievo… ogni morte è causa di dolore, ma ancora di più quella di chiunque cada in una battaglia che non gli appartiene! Non condannare altri allo stesso dolore che devi star provando adesso, se sei veramente Consigliere di Oberon è nei tuoi poteri porre fine a questi lutti! Permettimi di spezzare il Sigillo che custodisci, e parla con il tuo sovrano affinchè liberi l'Olimpo! Non c'è ragione per altri spargimenti di sangue, già troppi sono caduti… in entrambi gli schieramenti!" disse calorosamente, e per un attimo il pensiero andò a Mur, provocandogli un doloroso nodo di preoccupazione allo stomaco.

A queste parole, Oghma lo fissò per alcuni secondi, poi la sua bocca si piegò in un sorriso sarcastico "Dolore? Credi che provi dolore per la morte di quella palla al piede di Indech? Ah ah ah, la tua ingenuità è davvero disarmante, sei un guerriero oppure un missionario?!" rise apertamente "Togliersi di torno è la prima cosa buona che quello sciocco ha fatto da anni, il mio solo rammarico è che non si sia portato dietro anche il suo assassino!"

"Che… cosa?" balbettò Toro sbalordito e disgustato "Come puoi parlare in questo modo di un tuo allievo? Che cavaliere… che uomo sei?!"

"Un uomo che crede nella forza sopra ogni altra cosa! E' la forza che scrive la storia e determina la giustizia, Indech lo sapeva bene! La sua morte non è che una prova della sua incapacità! Ma poco importa, anni fa è servito al suo scopo, e da allora non è stato che un inutile peso per me!" esclamò con decisione.

A queste parole, Toro indietreggiò di un passo, la sorpresa sul suo volto sostituita da un'espressione di rabbia e disprezzo "Vile!!" gridò, concentrando il cosmo nel pugno e sferrando un fascio di energia. Senza alcuno sforzo però, Oghma lo annullò con un semplice movimento della mano, scattando poi verso il cavaliere con una velocità tale che Toro riuscì a stento a vederlo. Afferrandogli il braccio destro con entrambe le mani, Oghma lo torse con forza, strappando un grugnito di dolore che si trasformò in un grido quando il Guardiano glielo girò dietro la schiena, strappando i legamenti della spalla e colpendo poi l'avambraccio con il taglio della mano, incrinando l'armatura d'oro e spezzando le ossa senza alcuna fatica.

Gridando, Toro crollò in ginocchio, ed un calcio a spazzare lo raggiunse in pieno volto, facendogli sputare sangue e facendolo rotolare a faccia in giù nella neve, che ancora una volta si tinse di rosso.

"Parli di pace e nobili ideali ma le tue non sono che vuote parole prive di ogni sostanza! Sei proprio come mi eri stato descritto, un debole!" affermò con un ghigno, calpestando la mano del nemico.

Con gli occhi socchiusi per il dolore, Toro rialzò a fatica la testa, fissando il Guardiano che lo soverchiava. "Chi? Chi ti ha parlato di me, io non ti ho mai visto prima!" domandò a denti stretti.

"Mpf… Qualcuno che un tempo conoscevi molto bene. Il mio secondo allievo! Il Cavaliere d'Oro di Cancer!" rispose seccamente.

L'impatto di queste parole fu pari a quello di un colpo segreto per Toro, che rimase per lunghi secondi in silenzio, con gli occhi sbarrati, mentre il volto del malvagio custode della quarta casa gli appariva davanti agli occhi "Cancer?!" ripetè sbalordito, come a confermare a se stesso di aver davvero udito bene "Tu menti… come… com'è possibile?!" balbettò.

Oghma lo fissò per qualche secondo, come a soppesare la possibilità di rispondere o meno "Il tuo destino ormai è segnato, ancora pochi attimi e per te sarà la fine, non c'è motivo che tu sappia i miei disegni!" disse, aumentando la pressione sulla mano del nemico.

"Tsk…" sussurrò Toro "Ti dici certo della vittoria ma non osi svelare i tuoi piani, la tua sicurezza è quindi solo a parole?"

Nel sentir ciò, Oghma parve di nuovo incerto, poi sorrise e spostò il piede dalla mano del cavaliere. "Hai ragione, sono i tuoi ultimi momenti di vita dopotutto! La tua sete di conoscenza è l'ultimo desiderio di un condannato a morte, l'accontenterò… almeno sprofonderai in Ade pieno di ammirazione per il mio piano, un piano che ha impiegato secoli perchè tutti i tasselli scorressero al loro posto, e che finalmente è pronto ad essere attuato! Presta bene attenzione, perchè è l'ultima cosa che avrai modo di sentire" disse, sollevando lo sguardo al cielo, come a mirare qualcosa di invisibile e lontano.

"Ebbe tutto inizio molti secoli fa, più di quanti abbia cura di ricordare, il giorno che Oberon giunse nel villaggio ove vivevo, attirato dallo scintillio del mio cosmo. All'epoca, aveva da poco combattuto una lunga e difficile battaglia contro la sua genitrice, la regina Maab, conquistando una sofferta vittoria dopo un titanico scontro. Prima di scomparire, Maab aveva predetto che un giorno un grande male si sarebbe risvegliato per distruggere il mondo, e così Oberon, determinato a contrastarlo per proteggere gli esseri umani, aveva deciso di creare un potente esercito di guerrieri: i Guardiani di Avalon!"

"Oberon… deciso a proteggere gli uomini?!" mormorò sorpreso Toro, ma Oghma lo ignorò e riprese.

"Non appena mi ebbe spiegato la situazione, acconsentii subito a seguirlo ad Avalon, affascinato al pensiero di quel che avrei potuto compiere studiando e visitando l'Isola Sacra. A parte la stirpe di Oberon, io fui il secondo ad essere scelto, dopo l'anziano Feron, e ben presto egli ci chiese di badare anche agli altri Guardiani che avrebbe portato ad Avalon col passare del tempo, dicendoci di non poter dedicare loro il tempo che avrebbe desiderato, impegnato in studi e ricerche che gli avrebbero permesso di affrontare al meglio la Minaccia, il giorno in cui fosse comparsa. Col tempo, si appoggiò sempre di più a noi, e diventammo i suoi Consiglieri, i più anziani tra i Guardiani…"

"I miei primi decenni ad Avalon furono dedicati allo studio ed all'apprendimento. Imparai a conoscere me stesso ed il mio cosmo, padroneggiando i poteri che avevo scoperto di avere sin da giovane, e che avevo sempre tenuto segreti, temendoli una maledizione, terrorizzato da come la gente avrebbe potuto reagire. Nelle rare conversazioni con Oberon e Feron, appresi i segreti del mondo, la sua storia!"

"Ma più tempo passavo tra le mura nebbiose di Avalon, e più dentro di me cresceva un senso di inquietudine, un tarlo che mi rodeva dentro. I piani di Oberon, purchè ammirevoli, iniziarono a sembrarmi macchiati dall'ingenuità! Che senso aveva, mi chiedevo, restare per millenni in attesa del nemico, quando avremmo potuto agire molto più attivamente? Con il nostro aiuto, con la nostra forza, Oberon avrebbe potuto conquistare il mondo, fortificandolo sotto il suo dominio, trasformandolo in un fronte unito compatto pronto a muovere guerra al misterioso nemico quand'anche si fosse finalmente presentato. Per quale motivo organizzare una difesa, quando saremmo potuti passare all'offesa?" esclamò velocemente, fendendo l'aria con la mano in un gesto di disappunto.

"Questo pensiero mi attanagliava, ero incapace di liberarmente! Più volte ne parlai ad Oberon, nelle rarissime occasioni in cui usciva dalla sua libreria per andare alla ricerca di nuovi Guardiani, ma la sua risposta era sempre la stessa. Ai suoi occhi, un regno come quello cui io aspiravo per lui, anche se creato a fin di bene, avrebbe danneggiato l'umanità, privandola del libero arbitrio e della possibilità di evolversi come meglio preferiva. E su questa posizione, Oberon era incrollabile!"

"Parole sagge le sue! Che senso ha sostituire un tiranno con un tiranno! Avresti dovuto ascoltarlo!" intervenne Toro, ma Oghma ignorò le sue parole, continuando come se non fosse mai stato interrotto.

"Compresi allora che i lunghi anni passati nelle biblioteche del palazzo dovevano aver privato Oberon del senso della realtà, distaccandolo dal mondo, facendolo arroccare su inutili principi! E compresi anche che io solo potevo cambiare le cose, io solo ne avevo i mezzi e le capacità! Iniziai a tessere le fila del mio piano, timoroso di un'unica cosa, una profezia del vecchio Feron, secondo cui la mia fine sarebbe un giorno giunta per mano del Toro Scarlatto!"

"Consapevole che quella del Toro Scarlatto era una delle armature da Guardiano ancora prive di padrone, compresi subito di dovermi assicurare che colui che l'avrebbe indossata mi fosse fedele! Ma non era il mio unico problema, nelle librerie avevo infatti letto la storia dei Cavalieri di Atena, protettori della giustizia e dell'umanità contro qualsiasi forma di conquista! Intuii subito che presto o tardi il mio piano avrebbe portato ad uno scontro con le schiere di Atena, e che quindi avrei dovuto posizionare le mie pedine di conseguenza…" sorrise, guardando il cavaliere d'oro.

"Il primo passo, era far venire ad Avalon un Guardiano sulla cui fiducia incondizionata potessi contare. Doveva essere qualcuno pronto a condividere le mie idee, qualcuno il cui passato lo rendesse pronto a prendere l'iniziativa piuttosto che a restare seduto in paziente attesa, come Oberon voleva! Ma sperare in un tale colpo di fortuna sarebbe stato troppo, lo sapevo bene, e così decisi di mettere io stesso in moto gli eventi che avrebbero portato alla nascita di quel Guardiano!"

"Lasciai segretamente Avalon, alla ricerca di uomini adatti ai miei scopi, da poter manipolare a mio piacimento. Fu Dinann, una giovane ragazza Irlandese la prima su cui posi lo sguardo! In lei ardeva un cosmo potente, che sarebbe servito perfettamente ai miei piani, ma il suo spirito era minato dall'affetto. Affetto nei confronti della sorella, dotata di poteri simili ma meno acuti, ed affetto verso gli abitanti del villaggio in cui era cresciuta. Affetto che la rendeva debole, e che dovevo recidere se volevo servirmi di lei! Mi recai di nascosto nel luogo in cui vivevano, attendendo il momento propizio in cui stessero esercitando le loro abilità. Intervenendo segretamente appiccai il fuoco ad una casa, in modo che sembrasse opera loro… in modo che loro stesse credessero di essere colpevoli! Come avevo previsto, i bifolchi temettero di avere a che fare con delle streghe e le condannarono al rogo, e sempre come avevo previsto Dinann riuscì a salvarsi, dando sfogo al potenziale che teneva represso! Si, fu una grande soddisfazione!" esclamò soddisfatto, incurante dell'espressione sconvolta di Toro.

"Hai distrutto una vita senza alcun rimorso, solo per ottenere una pedina? A tal punto giunge la tua follia?!" gridò, sforzandosi di rialzarsi, ma un calcio del Guardiano lo spinse di nuovo a terra.

"Ho estirpato un debole e forgiato un guerriero abile e forte, per quegli eventi provo orgoglio, non certo rimorso!" dichiarò "Ben presto, anche il resto del mio piano ebbe successo, e Dinann venne trovata da Oberon, che la nominò Guardiano di Avalon. Certo che il più fosse ormai fatto, cercai allora di manipolarla ai miei scopi, di assicurarmi la sua fedeltà incondizionata! Ma ahimè, avevo commesso un errore…!" disse, mentre il sorriso gli svaniva dal volto.

"Troppo poco tempo era passato dal rogo all'incontro con Oberon. Dinann odiava gli uomini, è vero, ma era profondamente riconoscente al signore di Avalon per averla soccorsa ed accettata, gli era totalmente fedele… non sarebbe mai passata al mio fianco! Fu una gran seccatura, lo ammetto, ma da essa trassi un'importante lezione: compresi di dover partire da più indietro nel tempo, di dover far maturare maggiormente gli eventi, di dover far radicare più in profondità il dolore e la diffidenza verso il prossimo. Paziente, mi rimisi in attesa, attento a percepire l'albeggiare di cosmi che sarebbero potuti essermi utili. Fu una lunga ricerca, ma finalmente, in un freddo giorno d'inverno, ebbe successo, ed incontrai Indech!"

"Quando mi accorsi di lui era solo un bambino di neanche 10 anni in uno sperduto villaggio della Norvegia meridionale, ma facendo tesoro del precedente errore non persi tempo, tendendo subito le mie trame. Ancora una volta manipolai gli eventi: celai il suo cosmo ad Oberon per impedire che si accorgesse troppo presto di lui, e portai fuori rotta una nave di pirati e massacratori che veleggiava al largo, facendo modo che vedessero il villaggio e che lo razziassero, sterminandone gli abitanti, ma che non toccassero il bambino. Lo celai ai loro occhi con il mio cosmo, al tempo stesso assicurandomi che assistesse distintamente al massacro dei suoi familiari, che il desiderio di vendetta si insidiasse nel suo cuore!" raccontò orgoglioso.

"Dalle torri di Avalon lo vidi crescere, trasformandosi in un guerriero forte e spietato, privo di qualsiasi pietà! Qualcuno che si gettasse sul nemico con la spada tra i denti anzichè restare ad aspettarlo… esattamente il tipo d'uomo di cui avevo bisogno!"

"Finchè, quando lo ritenni giunto a completa maturazione, mi manifestai sono false spoglie al suo capitano, presentandomi come un inviato degli Dei e chiedendo il suo sacrificio! Fu un rischio! Se Odino mi avesse scoperto quel giorno, tutti i miei piani sarebbero crollati come foglie al vento… ma non accadde, e il dado fu tratto! Salvai Indech dall'altare del sacrificio e lo convinsi a venire con me ad Avalon, allettandolo con l'offerta di un potere come non ne aveva mai avuto, con il quale esaudire il suo desiderio di sangue! Lo addestrai, ma fu più del semplice desiderio di forza a legarlo a me per sempre! Gli feci credere di amarlo come un figlio, dandogli l'affetto di cui era stato privato sin da bambino… e assicurandomi che non mi avrebbe mai tradito, neppure a costo della vita! E quando finalmente ne fui certo oltre ogni dubbio, gli donai l'armatura del Toro Scarlatto, sfatando così la profezia di Feron! Indech sarebbe morto mille e mille volte prima di levare la mano su di me, che ormai ero come un padre per lui!" esclamò, con gli occhi che brillavano si soddisfazione e gloria.

"Sei un mostro… un pazzo disumano! Hai compiuto più e più colpe… massacrando un intero villaggio per avere una sola persona! Non esiste nulla che possa giustificare atti del genere, nè piani di guerra nè filosofie spicciole!" lo accusò Toro, guardandolo con disprezzo sempre maggiore, ma impossibilitato ad alzarsi dalla sola pressione del suo cosmo.

"Un mostro? No, solo un uomo che sa quel che vuole, ed è pronto a tutto per ottenerlo! Con l'investitura di Indech, dopo oltre trecento anni, la prima parte del mio piano era finalmente conclusa! Non potevo tessere altre alleanze, Oberon aveva accettato appena l'arrivo di Indech, la sua sete di sangue, per me tanto preziosa, lo insospettiva! Ma non importava, altrove erano ormai rivolte le mie attenzioni: ai Cavalieri di Atena!" disse rapido, ed a queste ultime parole gettò uno sguardo sinistro al suo nemico.

"Come ho detto prima, avevo sempre saputo che prima o poi voi cavalieri sareste stati di ostacolo ai miei piani, ma troppo poco sapevo di voi per potervi adeguatamente contrastare! Avevo bisogno di una spia, di qualcuno all'interno delle vostre schiere che mi tenesse informato, pur senza sapere dei miei piani! Iniziai a cercare, ma non era facile! Avrei potuto manipolare facilmente un guerriero di bronzo o d'argento, ma non erano che bassa manovalanza, inadatta allo scopo che mi prefiggevo! Avevo bisogno di un cavaliere della casta più alta, di un cavaliere d'oro! Ma il loro reclutamento sembrava prerogativa del Grande Sacerdote, e non potevo rischiare di essere scoperto!"

"Mi chiesi a lungo come poter aggirare il problema… finchè un giorno, quasi tre secoli fà, la soluzione non mi si presentò davanti, nei panni di un ragazzo di nome Manigoldo!"

"Stai parlando di… Manigoldo di Cancer, il leggendario cavaliere d'oro caduto nella penultima Guerra Sacra contro Hades?!" intervenne Toro spalancando gli occhi per lo stupore nell'udire di nuovo quel nome, di cui aveva letto solo negli annali del Grande Tempio, dove si trovavano le cronache dell'antica guerra.

"Si, proprio lui! Lo tenevo d'occhio da tempo, incuriosito dal cosmo che emanava! Quando mi accorsi che il Grande Sacerdote dell'epoca stava compiendo un viaggio che lo avrebbe condotto nella zona della sua città, decisi di usare di nuovo la strategia che tanto successo aveva avuto con Indech, spostando un vicino conflitto perchè coinvolgesse il luogo in cui viveva, lasciandolo solo al mondo, colmo di un desiderio di vendetta che avrei potuto usare per i miei scopi!" esclamò con trasporto per un attimo, ma poi la sua espressione si incupì "Funzionò… ma non come speravo!"

"Contavo di fare la mia apparizione durante l'addestramento… Avevo a lungo scoperto che la maggior parte dei Cavalieri d'Oro si allenava da sola, ma anche che alcuni erano supervisionati da Cavalieri d'Argento, e che uno soltanto, colui che ne condivideva il segno, era addestrato dal Grande Sacerdote in persona! Liberarmi di un Cavaliere d'Argento o plagiare un allievo solitario non sarebbe stato difficile… ma il fato volle che Manigoldo fosse destinato alla stessa armatura del Sacerdote, quella del Cancro, e che quest'ultimo lo addestrasse personalmente! Per di più, un legame di sincero affetto si sviluppò tra loro… un legame simile a quello che univa Indech e me, e che non sarei mai riuscito a spezzare! Non potevo affrontare il Sacerdote… ero più forte di lui, ma in nessun modo le mie azioni sarebbero potute passare inosservate… A malincuore, rinunciai a Manigoldo, chiedendomi se mai sarebbe arrivata un'altra occasione così propizia! Per la prima volta, temetti per il successo del mio piano!" disse cupamente, prima di sorridere di nuovo e fissare Toro negli occhi.

"Ma il destino, che tanto smaccatamente mi aveva privato di un cavaliere d'oro, con altrettanta generosità ne mise un altro nelle mie mani!"

"Stai parlando… di…" balbettò l'eroe.

"Si, di colui che divenne tuo compagno, l'uomo dalle maschere di morte, il cavaliere di Cancer!" esclamò trionfo, ed a Toro tornarono in mente i sorrisi malvagi del suo parigrado, la collezione di teste di cui tanto era fiero, e che gli altri cavalieri d'oro sopportavano solo per ordine del Sacerdote.

"Fu opera tua allora… la malvagità del Cavaliere di Cancer fu opera tua?! Tu lo plagiasti!!" gridò furioso, sbattendo il pugno sul ghiaccio, ma Oghma non si smosse, restando del tutto calmo.

"Ti sbagli, non fu necessario alcun intervento da parte mia, quando lo incontrai, la malvagità era già presente nell'animo di Cancer!" sorrise, socchiudendo gli occhi.

"No… tu menti… da bambino era gentile con tutti, non vi era oscurità in lui!" esclamò il ragazzo, ripensando ai giorni trascorsi insieme a Cancer e tutti gli altri aspiranti cavalieri prima dell'addestramento, alla sua bontà, un pò eccessiva e servile, ma comunque sincera.

"Sei un ingenuo!" lo criticò Oghma con una risata "La gentilezza che ricordi non era che viscida superfice! Egli temeva la vostra forza, temeva che se si fosse reso vostro nemico, un giorno gli sarebbe costato caro, e così celava il suo vero animo dietro quella facciata, rivelandolo solo a coloro da cui non aveva niente da temere, come i figli dei soldati o i bambini del villaggio vicino, che non avrebbero mai osato accusare apertamente un aspirante Cavaliere d'Oro! La vera misura di un uomo non è data da come tratta i suoi pari, o peggio ancora coloro che gli sono superiori, ma da come si comporta con chi reputa debole ed inferiore, e con loro Cancer era spietato!" esclamò, e Toro impallidì, mentre gli tornavano a mente sussurri furtivi ascoltati per caso nei vicoli di Atene, e che aveva ignorato ritenendoli semplici calunnie prive di fondamento.

"Il suo animo era già corrotto, io non feci altro che fornirgli le zanne cui tanto agognava! Bastò la forza del mio cosmo ad attirarlo a me, accettò subito di farsi addestrare segretamente, sposando a pieno la mia visione del mondo, identificando la giustizia con la forza!" spiegò Oghma.

"Fu Indech ad addestrarlo materialmente, nonostante tutto l'oscurità del suo animo mi inquietava, non osavo rivelargli i miei colpi segreti! Anno dopo anno lo aiutai a forgiare il suo cosmo, assicurando che apprendesse le tecniche proprie del Cancro, che il Sacerdote gli aveva mostrato, ma che mi restasse fedele! E quando, primo tra gli uomini, riuscì a sconfiggere Indech, sopravvivendo persino al suo colpo migliore, il Sacrificio di Sangue, seppi che da quel momento in avanti avrei potuto contare su una spia nelle schiere di Atena!"

"Cancer divenne Cavaliere d'Oro, mantenendo però sempre a cuore i miei insegnamenti e rivelandomi tutto quel che sapeva sui suoi compagni senza mai porre domande. Ed Indech aveva adempiuto al doppio scopo per cui era stato creato, aiutandomi ad addestrarlo e sventando la profezia di Feron! Persino Oberon stava ormai cedendo a millenni di solitudine, diventando giorno dopo giorno più sensibile alle mie parole, meno arroccato sulle sue idee, improvvisamente timoroso e geloso degli altri Dei! Quando mi rivelò di aver abbandonato i suoi antichi studi alla ricerca di un rito dimenticato che lo rendesse invincibile, seppi che il mio piano era finalmente giunto a compimento! Non dovevo far altro che aspettare il momento propizio!"

"Ma ancora una volta il fato mi sorprese! Cancer mi tradì, appoggiando la rivoluzione di Gemini senza dirmi nulla, evidentemente attratto da un potere più immediato di quello che io potevo offrigli! Poco tempo dopo cadde in battaglia, ed io persi la mia spia, ma ormai le forze di Atena erano drasticamente indebolite e non rappresentavano più una minaccia! Con la fine dell'Olimpo, anche i cinque cavalieri più pericolosi, coloro che hanno compiuto numerosi miracoli e sconfitto persino gli Dei, saranno perduti! Ogni ostacolo è caduto!" finì con un largo sorriso di soddisfazione.

"E così si conclude la mia storia, e con essa il tempo che ti era ancora concesso, cavaliere del Toro!" esclamò, guardando il cavaliere d'oro, ed accorgendosi solo allora che era circondato da un'aura dorata intensissima, brillante come una stella, e che i suoi occhi erano colmi di rabbia.

"E' abominevole! Non… non ci sono altre parole per descrivere il tuo comportamento!" sussurrò con voce tremante per la rabbia, fissando il nemico negli occhi e rialzandosi in piedi, annullando il cosmo nemico, con la mano sinistra carica di energia "Hai sacrificato decine di innocenti, causato dolore e morte, rovinato la vita di compagni ed avversari, calpestato e manipolato i loro sentimenti senza alcun ritegno, e tutto per un meschino disegno di conquista!!" ringhiò furioso "In quanti sono stati massacrati in quel villaggio del Nord, lo sai Guardiano di Avalon? Quante vite sono state falciate da Cancer per un'empia dimostrazione di forza? Tutte loro pesano sulle tue spalle adesso, e chiedono con forza vendetta!!" urlò.

"E anche se fosse? Il destino dei deboli è di diventare uno strumento in mano a chi è più grande di loro, è lo svolgersi naturale delle cose!"

"Fa silenzio ed assicura la tua anima al cielo! Che la forza del Sacro Toro ti faccia capire i tuoi errori, cadrai in Ade chiedendo pietà a coloro che hai così crudelmente manipolato!! Per il Sacro Toro!!" gridò, scatenando il suo colpo segreto con tutta la forza che aveva in corpo. Con un'esplosione tremenda, il toro di energia cosmica si abbattè su Oghma.

Per un attimo Toro socchiuse gli occhi, abbagliato dalla luce del suo stesso colpo, ma poi quel che vide lo costrinse a spalancarli per la sorpresa. Con il solo palmo della mano, Oghma aveva infatti bloccato l'impeto devastante del suo colpo segreto, e lo fissava con un sorriso beffardo.

"Uh uh uh uh «la forza del Sacro Toro» hai detto. Parole bizzarre, perchè nel tuo misero colpo segreto, di forza non vedo traccia alcuna!" lo derise il Guardiano "E' evidente che difendevi accoratamene i deboli perchè tale sei anche tu, non c'è alcun dubbio! Debole ed inetto, così ti aveva definito Cancer, indegno del titolo di cavaliere d'oro!" proseguì, annullando del tutto il Sacro Toro con un gesto della mano.

"Al Grande Tempio devono essere disperati per averti permesso di partecipare alla missione, hanno raschiato il fondo del barile! Dimmi, o difensore dei deboli e degli indifesi, quante sconfitte hai accumulato in passato? Quante umiliazioni? Conosco gli eventi che vi hanno riguardato, per ben due volte sei stato sconfitto con un colpo solo, da un cavaliere di Asgard ed uno Spectre di Hades! Come se non bastasse persino un misero cavaliere di bronzo è bastato a costringerti alla resa… non vali proprio niente!" rise, espandendo il proprio cosmo argenteo, mentre Toro indietreggiava di un passo, improvvisamente sovrastato dall'energia che si emanava dal Guardiano.

"La tua esistenza non è stata che un susseguirsi di errori, eppure ti è stata concessa una seconda possibilità! Favorito dalla sorte, così dovresti considerarti! Ma non ci saranno altre occasioni, l'ultimo capitolo della tua scarsa vita guerriera si conclude qui, contro di me!" minacciò, allargando entrambe le braccia e disegnando in aria con gli indici una figura rettangolare evanescente. Una figura su cui immediatamente comparvero delle linee, verticali, orizzontali e diagonali, brillanti di energia cosmica.

"E' una… pergamena!" realizzò Toro, incapace di muoversi a causa del cosmo di Oghma.

"Nel mito celtico, colui da cui prendo il nome inventò l'alfabeto ogamico, e con tale alfabeto secoli dopo è stata scritta la grande e gloriosa storia del mio popolo! Il nome del libro in cui è raccolta sarà l'ultima parola che udirai nella tua vita, perchè esso è anche il nome del mortale colpo segreto di Oghma dello Scriba! Il nome di questo libro… è Ogygia!" tuonò, facendo esplodere il suo cosmo, ed i simboli argentei comparsi sulla lunga pergamena si proiettarono sul cavaliere d'oro come mortali raggi, trapassando in più punti da parte a parte la sua armatura d'oro e lacerando le sue carni.

"Yaaaarghh!!" gridò Toro agonizzante, trafitto al torace, alle gambe e alle braccia. Sentì la bocca allagarsi di sangue, udì appena il rumore del ghiaccio che andava in frantumi ai suoi piedi, accompagnato dalla sensazione di cadere e da un gelo ancora più pungente di quello provato finora, poi la vista si annebbiò, e il cavaliere sprofondò silenziosamente tra le acque del lago, ora segnate da una chiazza scarlatta sempre più ampia.

Osservando la sua sagoma scomparire in profondità, Oghma sorrise, sfiorandosi il petto con la mano, e volse le spalle. "Bene, è sconfitto il cavaliere del Toro! Ora non devo far altro che attendere, presto altri nemici arriveranno qui, attirati dalla scomparsa del suo cosmo, resi imprudenti dalla preoccupazione, stanchi per le battaglie sostenute! Saranno facili vittime, uno dopo l'altro cadranno di fronte a me! Ma devo fare in fretta! Questa guerra dev'essere vinta al più presto, se nella sua follia Oberon decidesse di ricorrere al Rito Proibito… no! Non giova pensare a eventualità così tragiche! Non ho nulla di cui preoccuparmi, presto i Cavalieri di Atena saranno un lontano ricordo, nulla impedirà l'avverarsi di questo destino!" riflettè, sforzandosi di ignorare il brivido che lo aveva percorso.

Alle sue spalle, nelle gelide acque del lago, Toro stava lentamente affondando. Il gelo che lo aveva avvolto appena caduto si era progressivamente affievolito, fino a scomparire insieme a qualsiasi altra sensazione, e persino il dolore era scomparso. Era una sensazione di abbandono che il cavaliere conosceva bene, già una volta l'aveva provata, per mano di Niobe di Deep, ma oggi come allora non poteva far nulla per opporsi, ogni forza lo aveva abbandonato. E se anche fosse riuscito a rialzarsi, non aveva speranze contro Oghma, troppo grande era il suo potere, troppo evidente la facilità con cui aveva fermato il suo colpo segreto. Lentamente, i suoi occhi si chiusero.

*

"Anche tu sei riuscito a completare l'addestramento ed ottenere l'investitura, ti faccio i miei complimenti! Ora che la cerimonia è ufficialmente conclusa, possiamo finalmente stabilirci nelle case dello Zodiaco!" gli sorrise Mur, mentre insieme scendevano gli scalini del Grande Tempio.

"Io… beh… la ringrazio!" rispose imbarazzato, arruffandosi i capelli con una mano, incredulo all'idea che dopo tanti sforzi e fatiche aveva finalmente conquistato il titolo per il quale si era lasciato alle spalle il natio Brasile tanti anni prima, rinunciando persino al suo nome di battesimo. Eppure era tutto vero, pochi minuti prima il Grande Sacerdote in persona gli aveva consegnato l'imponente armatura del Toro.

"Addirittura del lei? Hai dimenticato cosa ti ha detto Micene poco fa? Non essere così formale, siamo compagni oltre che parigrado, non c'è differenza tra noi. "

"Però l… tu sei discepolo del Grande Sacerdote in persona…" rispose un pò incerto, ma Mur si fermò, voltandosi a guardarlo negli occhi e sorridendo di nuovo, mentre scuoteva leggermente la testa.

"Non importa, tutto ciò appartiene al passato! Non vorrei mai un trattamento di favore per via del maestro… te l'ho detto, siamo compagni! Anzi, saremo persino vicini di casa, i protettori dei primi due segni dello Zodiaco! Sulle nostre spalle poggerà la difesa della parte più sacra del Santuario!"

"Hai ragione!" esclamò Toro, sorridendo anche lui per la prima volta "Il Cavaliere di Gemini, che è appena partito in missione segreta per conto del Sacerdote, non avrà nulla di cui preoccuparsi! Saremo una barriera invalicabile, nessuno oserà passare!"

E scoppiarono a ridere entrambi, i cuori leggeri per la gioia.

*

"Per il Sacro Toro!"

"Crystal Wall!"

Toro indietreggiò di alcuni metri, spinto indietro dall'energia del suo colpo segreto. Quando la luce si fu dissipata, lanciò uno sguardo preoccupato a Mur, sorridendo sollevato nel vedere che, nonostante anche lui fosse di qualche passo più indietro rispetto ad un attimo prima, era incolume.

"La tua difesa è straordinaria, complimenti! Sono felice che questo sia solo un allenamento, se fosse stato un vero scontro sarei nei guai ora! Ah ah ah" rise, avvicinandosi all'amico. Insieme, i due si andarono a sedere sulla più vicina gradinata dell'arena dove si trovavano, scuotendo la polvere dagli abiti che avevano indossato al posto delle armature d'oro, inadatte ad un semplice allenamento.

"Ti ringrazio" rispose Mur dopo qualche secondo di silenzio "ma se ti fossi impegnato al massimo, non so se sarei riuscito a respingere il tuo colpo segreto"

"Mh? Che intendi dire?" domandò Toro, senza però incrociare il suo sguardo.

"Solo una parte del tuo cosmo si è concentrata nel Sacro Toro… un terzo, direi, forse un quarto. Se l'avessi usata tutta, la potenza esplosiva del tuo attacco si sarebbe moltiplicata…" spiegò. Toro però abbassò lo sguardo a terra, fissando per qualche secondo la sabbia dell'arena, poi scrollò le spalle.

"Ti sbagli, mi sono un pò trattenuto, è vero, ma il Sacro Toro non può contenere molta più energia di quella che hai visto" disse chiudendo un attimo gli occhi. Riapertili, si alzò per allontanarsi "Andiamo, è ora di tornare alle nostre case adesso… Gli apprendisti avranno bisogno dell'arena per i loro allenamenti!"

Mur restò seduto a fissarlo per alcuni secondi, poi accennò un sorriso tranquillo e si alzò a sua volta, seguendolo verso le Dodici Case.

*

"Allora… hai proprio deciso… intendi stabilirti qui in Jamir? Abbandoni la Prima Casa?" gli chiese, in tono deluso ed un pò ferito.

"Si, almeno per il prossimo futuro… Il maestro giudicava il compito di riparatore di armature più importante persino di quello di guardiano dell'Ariete. Ora che non c'è più, tocca a me occuparmene…" rispose pacatamente il ragazzo dandogli le spalle, fissando le montagne scoscese del Tibet, e la vetta nebbiosa del monte Jandana.

"Mur… la morte improvvisa del Sacerdote è stata un colpo terribile per tutti noi… non devi portarne il peso da solo!" insistette, appoggiandogli una mano sulla spalla "Questo posto sperduto non riuscirà certo a tirarti su di morale, forse dovrei restare a tenerti compagnia per un pò!"

"Ti ringrazio" rispose Mur, ricambiando il sorriso "Ma non possiamo lasciare incustodite le prime due case del Grande Tempio… specie dopo la scomparsa di Gemini! Il primo Custode diventerebbe Cancer… ed è così cambiato da un tempo! Le urla di dolore e paura che si odono dalla Quarta Casa quando soffia il vento non hanno nulla che si addica alla giustizia che dovrebbe governare al Grande Tempio!"

Toro sospirò, riconoscendo la verità nelle parole dell'amico "Hai ragione purtroppo… se mai venisse un messaggero, con una richiesta di aiuto, penserebbe di essere in un covo del male piuttosto che nel tempio della vergine Atena!"

"Un covo del male… forse avrebbe ragione…" mormorò il ragazzo in un sussurro.

"Cosa?" si incupì Toro, ma Mur scosse la mano.

"Nulla, non temere. Non giova dar alito a sospetti se non ci sono prove a supportarli… neppure tra amici! Torna al Grande Tempio ed abbi cura della Seconda Casa, e soprattutto bada a te! Alcuni potrebbero temere il grande senso di giustizia che porti nel cuore!" lo esortò, guardandolo con un'ombra di timore.

"E va bene, vado per ora. Ma non credere di esserti liberato di me per sempre, tornerò a trovarti di tanto in tanto!" disse con falsa allegria, allontanandosi.

*

"C… credi davvero… che anche Ioria, proprio come te, si sia proibito l'uso di un colpo segreto?!" domandò sbalordito, osservando con gli occhi aperti l'amico, appena ripresosi dopo la dura battaglia con il Titano Giapeto.

"Si… osservandolo ho avuto questa distinta sensazione… Sono convinto che si sia proibito la tecnica che cela le potentissime zanne del Leone!" rispose pacatamente Mur.

"Incredibile… chi l'avrebbe mai detto…" balbettò, ma il ragazzo accennò un sorriso.

"Perchè tanto stupore? Dopotutto… non hai fatto lo stesso anche tu, proibendoti l'uso del tuo attacco più potente?" chiese, lanciandogli uno sguardo penetrante ma gentile.

"Eeh? M… ma no, cosa dici?!" si difese, scuotendo la testa.

"Non mentire con me. Il Sacro Toro è un colpo molto potente, ma non basta certo a contenere il grande cosmo di cui sei padrone…"

A queste parole, Toro abbassò la testa, sospirando "Non ti si può nascondere niente eh? E' vero, ho un altro colpo segreto… ma è troppo pericoloso! E non riesco a controllarlo bene…"

"Non dovresti avere timori… finchè la fede nella giustizia guiderà il tuo cuore, la tua mano non potrà sbagliare! Coraggio, mostrami il tuo colpo segreto. La sua forza potrebbe diventare necessaria ora che la guerra con la progenie di Urano è scoppiata!"

"Usarlo? Adesso?! E' troppo pericoloso… ti reggi a stento in piedi! Se non riuscissi a controllarlo…"

"Non temere, non accadrà! Se non hai fede nella stabilità del tuo pugno, allora abbi fede in me e abbandona ogni remora!"

"I… io…"

*

"Quanto tempo è passato dal nostro ultimo incontro! Come ti senti con un corno solo, cavaliere? Un pò triste e abbattuto immagino…" gli chiese, apparendo al suo fianco.

"Eh eh eh… no, soltanto fortunato! Uno sono riuscito a salvarlo in fondo! Ah ah ah ah, che batosta mi hanno dato!" rise, sedendosi a terra davanti alla Seconda Casa, ripensando al momento finale del suo duello con Pegasus.

Mur però non parve convinto, ed abbozzò un sorriso "Non fingere con me, cavaliere! Conosco bene i tuoi poteri, avresti potuto spazzarli via con la sola forza del tuo dito! Se tu avessi voluto, qui ci sarebbe un bagno di sangue…"

"Il cuore dei quei cavalieri batte per la giustizia, ne sono certo! Ho percepito il cosmo di Atena sostenere Pegasus poco fa, donandogli nuovo vigore e forza! Rivolgere contro di loro il mio colpo più potente sarebbe stato come rivolgerlo contro Atena stessa! Preferisco aspettare, dalla corsa di quei ragazzi potrebbe decidersi il futuro dell'intero Santuario!" rispose pensieroso.

*

Improvvisamente, il cavaliere d'oro aprì gli occhi, sentendo le forze tornare dentro di lui "Mur… Pegasus… se mi lascio sconfiggere tutti loro saranno perduti…nelle mie mani è la loro vita… nelle mie mani!!!" sussurrò a denti stretti, e il suo cosmo esplose.

In superfice, Oghma avvertì un brivido, come se una belva lo stesse fissando intensamente, e si voltò di scatto. Un attimo dopo, un'immensa colonna di luce si sollevò dal lago, frantumando il ghiaccio in enormi nuvole di vapore, e da essa emerse il cavaliere del Toro, sanguinante ed esausto, ma circondato da un cosmo lucentissimo.

"Ancora vivo, cavaliere?" si sforzò di domandare, nascondendo a fatica lo stupore "Hai deciso di soffrire ancora per qualche minuto prima di lasciare questo mondo? Vuoi aggiungere nuove umiliazioni al corto capitolo della tua vita guerriera?" lo derise, ma il cavaliere d'oro si limitò a fissarlo, sorridendo stancamente.

"Ancora rivanghi i momenti bui del mio passato… non nego gli errori che ho commesso, due volte ho esitato in battaglia, ed entrambe ho pagato bevendo dall'amaro calice della sconfitta! Ma se credi che l'aver commesso uno sbaglio obblighi a piegarsi per sempre sotto il peso della vergogna, allora sei in errore! La forza di sopportare il carico della colpa, rendendola non un fardello ma un dolce peso da usare per andare avanti e migliorarsi sempre, alberga nel nostro cosmo!" esclamò con decisione, zittendo il nemico.

"Oghma di Avalon, ora ti rivelerò il colpo più potente di cui sono padrone, la grande tecnica che ho forgiato grazie all'amicizia sincera di un compagno che so leale, e che in questo momento ha bisogno di me! Sei il primo nemico a vederla, mai prima d'ora l'ho usata in battaglia, per scelta o per mancanza di tempo! Oh, quanto avrei preferito che questo momento non giungesse mai! Ma non esistono esitazioni che mi impediranno di correre in soccorso di chi ha sempre creduto in me!" gridò, facendo esplodere il suo cosmo, ed obbligando Oghma ad indietreggiare, ora visibilmente preoccupato dalla galassia lucente che era comparsa alle spalle del suo nemico.

Poi però il Guardiano superò la sorpresa iniziale e si fece forza, bruciando a sua volta il proprio cosmo argenteo "Da questa guerra dipendono gli esiti di un piano portato avanti per secoli! Non ti permetterò di buttare al vento dei frutti tanto faticosamente raccolti!" ringhiò a denti stretti.

"Un piano costruito sul sangue e sul dolore, sul tradimento e sulla manipolazione!" lo accusò Toro, sollevando la mano sinistra al cielo "Un piano che cadrà insieme al tuo castello di inganni! Qui, ora, per mano del grande colpo della costellazione del Toro!! Selvaggia Corrente delle Pleadi!!" gridò, abbassando di scatto il pugno, incassandolo e poi facendolo saettare in avanti, scatenando un'esplosione di energia devastante. Le stelle della galassia comparsa alle spalle del cavaliere infatti si illuminarono, fondendosi in un unico abbagliante raggio di luce, simile ad un fiume in piena che travolge ogni ostacolo.

Pur sbalordito da quell'immane eruzione di energia, Oghma reagì immediatamente e, bruciando al massimo il suo cosmo, eresse una sfera di energia a sua difesa, imprimendo in essa tutto se stesso e riuscendo per diversi secondi a resistere alla potenza dell'attacco del Toro. Poi però il ghiaccio ai suoi piedi andò in frantumi, la sua concentrazione vacillò per un attimo e la barriera cadde, soverchiata dall'attacco del nemico. Gridando di dolore, il Consigliere di Oberon venne spinto indietro, mentre la sua armatura andava in frantumi, liberando un oggetto che era nascosto sotto al pettorale. Un oggetto che la mano dell'uomo andò a sfiorare, quasi istintivamente, mentre la luce della Corrente delle Pleiadi ai suoi occhi svaniva, sostituita da immagini di un passato remoto.

*

"Maestro?" lo chiamò timidamente una voce da dietro la pesante porta di legno, una voce che Oghma conosceva bene, sentendola quotidianamente da diversi anni ormai. Gli rispose, nascondendo accuratamente ogni traccia di fastidio per quella visita inattesa, ed Indech entrò nella stanza, visibilmente stanco ed un pò instabile sulle gambe.

"Perchè mi cerchi a quest'ora della notte? Oggi sei riuscito a usare per la prima volta il Sacrificio di Sangue, e lo sforzo che si necessita è notevole. Dovresti riposare…" gli disse, facendogli cenno di sedersi.

Il ragazzo obbedì, restando a lungo a fissare il fuoco che bruciava nel grosso camino della stanza, girando nervosamente i pollici.

"Maestro?" lo chiamò di nuovo, senza però guardarlo negli occhi ed anzi fissando lo sguardo sul tappeto verde che copriva il pavimento "Voi… avete mai avuto un figlio?" domandò, aggiungendo poi frettolosamente "Prima di diventare Guardiano intendo…!"

"No!" mentì Oghma. Aveva abbandonato la donna che amava, ed i due bambini che gli aveva dato, molti anni prima dell'incontro con Oberon, preoccupato che il cosmo che a volte sentiva dentro di se potesse metterli involontariamente in pericolo, ma aveva giurato a se stesso di mettersi alle spalle il passato dal giorno in cui era giunto ad Avalon, e non intendeva rivangarlo ora.

Indech ora sembrava più nervoso che mai, e se non fosse stato per il riflesso del fuoco, Oghma avrebbe detto che stava persino arrossendo.

"Io… non ricordo nemmeno cosa significhi avere dei genitori… sono morti che ero ancora un bambino… però… a volte, durante gli allenamenti… quando sono con lei… mi chiedo se… se sia questo quel che si prova ad avere un padre" disse, e le ultime parole furono affermate molto più velocemente del solito, come se temesse che, rallentando, gli sarebbe mancato il fiato per esclamarle.

Un pò sorpreso da quella rivelazione, Oghma si avvicinò per poggiargli una mano sulla spalla, ma Indech si alzò di scatto e, tirando fuori un fazzoletto da sotto la tunica sporca che indossava, abbassò la testa e glielo porse.

"Questo è per lei… per ringraziarla di tutto quel che ha fatto per me! L'ho forgiato io stesso… dalla mia vecchia spada!" disse, aspettando che l'uomo lo prendesse in mano e poi mormorando delle parole di scusa ed uscendo di fretta dalla stanza.

Aprendo il fazzoletto, Oghma vide che si trattava di un medaglione in ferro, su cui erano state rozzamente incise delle decorazioni.

"Che razza di stupido!" commentò in un ghigno, scuotendo la testa, e sollevando il medaglione per gettarlo nel fuoco del caminetto. Poi però si bloccò, restando per diversi secondi con il braccio sospeso a mezz'aria, fissando distrattamente le fiamme.

"Bah!" borbottò alla fine, facendo scivolare il laccio del medaglione sul suo collo, ed infilandolo sotto la tunica.

*

Respirando affannosamente, Toro fissò con una smorfia di dolore la sua mano sinistra, ustionata e sanguinante per lo sforzo di lanciare il suo colpo segreto più potente, consapevole che, se non fosse stato per l'armatura, forse l'avrebbe persa per sempre. Ma in quel momento, con un gesto improvviso, Oghma, che stava per cadere, piantò di nuovo il piede a terra, ritrovando l'equilibrio. "Non è possibile… non può essere ancora vivo…!" balbettò stupefatto.

"Devo essermi rammollito!" si sussurrò Oghma con disprezzo, ammettendo a se stesso il dolore che provava, e quel che gli aveva dato la forza di reagire: non un desiderio di vittoria, ma la semplice consapevolezza che, se ora fosse caduto, la morte di Indech sarebbe stata del tutto inutile.

Con un grido selvaggio, si lanciò all'attacco, oltrepassando i resti della sua armatura ed avventandosi su Toro, troppo debole per reagire. Una tempesta di colpi investì l'eroe, facendo cadere frammenti della sua corazza d'oro laddove era stata penetrata poco prima, aprendo nuove ferite e facendo scorrere nuovi flotti di sangue sulla superfice ghiacciata.

Grugnendo di dolore, mentre un diretto al viso gli faceva cadere l'elmo, il cavaliere barcollò, bruciando contemporaneamente il suo cosmo e concentrandolo nella mano. Intuendo quel che stava per fare, Oghma balzò indietro e fece lo stesso.

"A… ancora… una… volta! Selvaggia Corrente delle Pleadi!" ruggì Toro.

"Non funzionerà due volte! Ogygia!" urlò di rimando il Guardiano.

I due poteri si scontrarono a mezz'aria, frantumando il ghiaccio, facendo evaporare la neve ed elettrizzando l'aria con la tremenda energia cosmica liberata. Per lunghi secondi, sembrarono essere in perfetto equilibrio, poi il cosmo del Guardiano iniziò ad avere il sopravvento, spingendo indietro la luce dorata del Toro.

"N… no! Mi mancano… le… forze!" sussurrò il cavaliere, mentre la luce già quasi lo avvolgeva.

*

"Siete nervosi?" li chiamò una voce, avvicinandosi e sorridendo di fronte alle loro espressioni preoccupate.

"Beh… un pò!" rispose Toro imbarazzato, mettendosi una mano tra i capelli e gettando uno sguardo di sottecchi a Mur, che era in piedi accanto. Per quanto apparisse calmo e rilassato, sapeva bene che era teso praticamente quanto lui.

"Eh eh, è normale! Ricevere l'investitura a Cavaliere d'Oro è un grande onore. Ricordo che anch'io ero terrorizzato! Ma non preoccupatevi, finirà tutto prima che possiate rendervene conto!" gli sorrise il ragazzo.

"C…certo! Grazie, sacro Cavaliere di Sagitter!" rispose deglutendo a fatica, ma l'altro scosse la testa.

"Da oggi in avanti per voi non sono più il Cavaliere di Sagitter, ma semplicemente Micene. Siamo compagni adesso, uniti per sempre dal sacro vincolo di Atena… Non c'è migliore tra noi!" disse, sorridendo gentilmente a entrambi per poi sbuffare e allontanarsi verso Ioria, che aveva iniziato un battibecco sottovoce con Scorpio, nonostante un Virgo visibilmente molto seccato li separasse nella fila.

*

"Questo è un grande momento per il Santuario! Dopo oltre 250 anni tutti e dodici i cavalieri d'oro sono finalmente riuniti!" esclamò il Grande Sacerdote, sorridendo a tutti loro, ed invitandoli a godere del suono dell'Eufonia prodotta dall'unione delle loro armature. Persino quella della Bilancia era presente, sebbene l'anziano cavaliere non avesse potuto lasciare la Cina. "Grazie a voi le forze oscure saranno bandite! Grazie a voi avrà inizio una nuova era in cui la giustizia governerà il mondo!" esclamò colmo di gioia, e persino la sua voce, normalmente fiacca per l'età, sembrava tornata giovanile e forte. Fiero di se e di quel di cui era entrato a far parte, il ragazzo sorrise apertamente.

*

Nascosto dietro una colonna, incurante della pioggia scrosciante che sul suo viso si mischiava alle lacrime, Toro osservò con profonda tristezza Ioria che usciva a testa bassa dalla nona casa, sordo alle parole dei soldati. Avrebbe voluto fermarlo, rincuorarlo, ma sapeva che non sarebbe mai riuscito a trovare le parole adatte. Dopotutto, cosa si può dire a chi ha appena perso un fratello, la cui memoria è per di più macchiata dall'onta del tradimento?

Toro alzò lo sguardo al cielo, ripensando al ragazzo che aveva ammirato da piccolo, e che lo aveva rassicurato prima dell'investitura. Ricordando il suo sorriso sincero ed onesto. "Come può un uomo così aver tradito?" si chiese amaramente, non trovando risposte, e gettando un'ultimo sguardo colmo di tristezza in direzione della quinta casa.

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Mentre le prime ombre della sera si allungavano nel cimitero, Toro continuò a fissare amareggiato le lapidi che aveva di fronte. A quella di Micene, si erano ora aggiunte quelle di Cancer, Fish, Gemini, Capricorn e Acquarius. Una lastra di pietra con il nome, il rango e la costellazione, questo era tutto ciò che indicava il luogo dove erano sepolti alcuni tra gli uomini più coraggiosi che avesse conosciuto.

"Le forze oscure saranno bandite…" ripetè tristemente, alzando gli occhi verso una lapide qualche metro più lontana, posta insieme a nomi come Rasgado, Albafica, Manigoldo, Asmita, Sisifo. Una lapida su cui era scritto semplicemente Sion - Cavaliere d'Oro - Aries. Nella morte, anche il Grande Sacerdote era uguale ad ogni altro.

"Le forze oscure saranno bandite…" disse ancora una volta, stringendo il pugno con frustrazione. Nei pochi anni trascorsi dalla sua investitura, decine di nuove lapidi si erano aggiunte al cimitero, ma l'era di giustizia promessa dal sacerdote continuava ad essere un lontano miraggio all'orizzonte, la cui realizzazione non era di un solo passo più vicina rispetto a quel giorno.

"Per che cosa abbiamo combattuto per tutti questi anni? Sai dirmelo tu, Capricorn, che ponevi la giustizia sopra ogni altra cosa? O tu, Acquarius, capace di analizzare con freddo raziocinio qualsiasi situazione? Tutto questo lottare… ha avuto davvero un senso?" si chiese sconfortato.

In quel momento però udì qualcosa, un suono in lontananza, e voltandosi vide all'orizzonte Pegasus che, coperto di bende e fasciature, si divincolava tra due soldati incaricati di riportarlo a letto per curare le ferite subite nel Regno Sottomarino.

Con il cuore improvvisamente più leggero, Toro sorrise.

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"Loro sono… il futuro!" esclamò con voce sorprendentemente forte. Tornando improvvisamente in se, il cavaliere spalancò gli occhi, ed il suo cosmo, che sembrava schiacciato dal potere dell'Ogygia, riprese ad ardere più luminoso che mai.

"E' inutile, è troppo tardi ormai!" minacciò Oghma a denti stretti.

"No… non lo è ancora! Non ti permetterò mai di rubare… i semi splendenti del nostro futuro!!!" ruggì Toro, facendo esplodere tutto quello che aveva.

Il ghiaccio ai loro piedi andò in pezzi, rivelando le rive sassose del lago, ed il calore sprigionato sciolse la neve tutto intorno per parecchi metri di diametro.

Toro ed Oghma erano ancora uno di fronte all'altro, copiosi flotti di sangue scorrevano dai loro corpi, grondando al suolo, mischiandosi a numerosi frammenti delle loro armature.

Con un rantolo di dolore, Toro abbassò gli occhi ormai vacui e tossì sangue, fissando la mano di Oghma che si era conficcata in profondità nel suo torace, perforando l'armatura d'oro, già danneggiata dall'Ogygia, e trapassandogli un polmone. Poi il cavaliere guardò oltre, abbassando ulteriormente lo sguardo.

Di fronte a lui, Oghma seguì la direzione dei suoi occhi e sorrise debolmente. Il suo ventre era stato trapassato da parte a parte dallo spuntone sulla ginocchiera del Toro, ed il sangue stava già invadendo il suo corpo, preludio di morte. "Non cosmo o colpo segreto… una ginocchiata pone fine alla mia vita…" pensò, e gli venne quasi da ridere all'idea di essere ucciso da qualcosa di così banale.

Con un ultimo sforzo, Oghma estrasse la mano dal torace del Toro e con essa si sfiorò il torace, ma non trovò nulla. Il medaglione donatogli da Indech giaceva infatti a terra, in pezzi.

Accasciandosi, il Guardiano cadde in avanti, appoggiando stancamente la testa al corpo del nemico, e parlandogli con l'ultimo filo di voce che aveva "N… non per…mettere ad… Oberon di… com… pleta…re… il… ri…to…"

Toro rimase interdetto per qualche secondo, poi annuì, e nel sollevare lo sguardo, Oghma vide i raggi del pallido sole di Russia riflettersi sulla sua armatura d'oro, dandole un colorito rossastro.

"Il… Toro… Scarlatto…" sorrise, scivolando via dal corpo del cavaliere e crollando a terra, privo di vita, con la mano stretta sui resti del medaglione. Sopra di lui, Toro lo osservò con amarezza.

"Nonostante tutto, non riesco a gioire di questa vittoria! Che tu possa trovare nella morte la pace che non hai avuto in vita. Addio, Oghma di Avalon! Se non fosse stato per l'armatura che indosso, sarei lì con te o…ra…" sussurrò, barcollando faticosamente in avanti verso il sigillo, sostenuto dalla sola forza di volontà.

Raggiuntolo, lo fissò per un attimo, e se ancora avesse avuto forze, avrebbe riso dell'ironia della sorte, perchè su di esso era incisa, in caratteri runici, la parola "bontà".

Stringendo la mano, lo mandò in frantumi, disperdendo la sottile colonna di energia diretta verso l'Olimpo, e più in particolare verso il Dio Eolo, poi chiuse gli occhi, ripensando a tutti gli amici persi in quegli anni, chiedendosi se non fosse venuto il momento di rivederli, e si accasciò a terra. Un lago di sangue si allargò sotto il suo corpo.

"Anche Oghma è caduto…" commentò Oberon, senza che alcuna traccia di emozione fosse udibile nella sua voce.

"Me ne dolgo, mio sposo" sussurrò Titania scivolandogli accanto, poggiandogli una mano inanellata sul viso e baciandogli la guancia "So quanto fosse importante per te il tuo consigliere"

"Non dolertene, mia amata…" le rispose il Dio, senza che però le sue parole riflettesso alcuna traccia di calore o affetto "Oghma mi è stato utile, ma non era che uno sciocco, mi credeva ignaro dei suoi piani, si illudeva che il suo intelletto limitato bastasse a ingannarmi! Al contrario, i preparativi del Rito procedono bene, mi auguro…!" domandò, con apparente nonchalance.

"Procedono come tu desideri…" rispose lei, ma un'ombra di timore le attraversò lo sguardo, e si ritrasse dal suo sposo. Ignorandola del tutto, Oberon fissò nuovamente all'interno del suo specchio d'acqua, osservando le varie battaglie appena concluse o in corso in mezza Europa.

"Se anche i Guardiani dovessero cadere, una tragica sorpresa attende tutti voi…!" sorrise sinistramente.