IL VALORE DELLA VITA
Vari minuti dopo essersi lasciato alle spalle Syria delle Sirene, Mizar, la Tigre di Asgard, correva a perdifiato nel Regno Sottomarino, diretto verso quello che era il suo obiettivo, il sigillo di Oberon posto nei pressi di quel che restava della Colonna dell'Atlantico del Nord.
Correva celando il proprio cosmo, ma anche balzando agilmente di sporgenza in sporgenza, senza badare a nascondersi prudentemente all'ombra delle rocce, consapevole che la sua armatura, il cui colore gli permetteva di celarsi facilmente nell'ombra nei tetri corridoi del palazzo di Asgard, ora si stagliava vividamente contro l'azzurro del cielo marino o i tenui colori dei coralli, rendendolo ben visibile agli occhi di un eventuale nemico. E della presenza di un nemico, di un Guardiano posto a difesa del sigillo, Mizar non dubitava minimamente. Da alcuni minuti infatti aveva avvertito il cosmo di Syria infiammarsi, prova inequivocabile che il suo compagno era impegnato in battaglia. E se un Sigillo era protetto, era quantomeno logico aspettarsi che lo fosse anche l'altro.
Nel fare questo silenzioso ragionamento, Mizar sorrise leggermente, rendendosi conto di aver inconsciamente definito Syria suo «compagno». "Così ha voluto il fato, ma sarà solo per questa missione!" si disse. L'astio che provava verso il Generale, ai suoi occhi diretto responsabile della morte degli altri valorosi Cavalieri di Asgard, si era leggermente affievolito ora che si era trovato a dover viaggiare a suo fianco, ma era comunque ben vivido nel suo cuore, e se da una parte sperava che riuscisse a uccidere il suo nemico e distruggere il sigillo, dall'altra non vedeva l'ora che le loro strade si separassero di nuovo, e che egli lasciasse Asgard per non farvi più ritorno.
"Sempre che Ilda non condanni anche me all'esilio dopo che ho infranto le nostre leggi secolari entrando nel gorgo proibito…" concluse con un sospiro, cercando poi di distogliere la mente da quell'eventualità gettando occhiate furtive al paesaggio che aveva intorno. Nonostante fosse ormai passato un pò di tempo dal suo ingresso nel Regno Sottomarino, non riusciva ad abituarsi alla bellezza, affascinante quanto bizzarra, di quel luogo. In passato si era più volte allontanato da Asgard, conoscendo quindi panorami ben diversi dalle consuete distese di neve, dagli alberi sempreverdi e dal mare del Nord, ma niente di quel che aveva visto, neppure il Grande Tempio di Atene, era paragonabile al susseguirsi di coralli multicolori del Regno Sottomarino, ed alla stranissima sensazione di avere il mare sopra la testa, e di considerare un cielo le sue acque verdine.
"Ma la sua bellezza non cambia la realtà. Presto questo luogo diventerà un campo di battaglia, ed il solo rosso che allora lo tingerà sarà quello del sangue… del mio nemico, o del mio! E' una guerra che combatto, farò bene a non dimenticarmelo!" si disse con amarezza, e la memoria gli tornò a circa un anno prima, quando aveva genuinamente pensato di essersi lasciato alle spalle qualsiasi conflitto o scontro, e di poter finalmente vivere in pace, con coloro che amava.
Quel giorno, si era svegliato di soprassalto, piegandosi nonostante un'improvvisa fitta di dolore all'addome, e guardandosi attorno perplesso, senza riuscire a capire dove si trovasse. Poi, aveva lentamente messo a fuoco l'ambiente circostante, un'ampia stanza illuminata solo dal rossore del fuoco di un caminetto, e si era accorto di essere seduto su un letto, con il torace nudo ma coperto di bende e fasciature. In un angolo era poggiata la sua armatura, i cui pezzi si erano nuovamente assemblati, e sulla parete opposta, appoggiato alla porta socchiusa, una figura con il braccio sinistro fasciato e legato attorno al collo lo fissava in silenzio, visibilmente combattuto tra l'avvicinarsi ed il restare a qualche passo di distanza.
"F… fratello! Sei vivo!" esclamò nel riconoscerlo, sorridendogli calorosamente dopo un attimo di esitazione. Quel gesto sembrò far svanire i dubbi dal viso di Alcor, che gli si avvicinò, sedendosi sul letto accanto a lui, dove ben presto vennero raggiunti anche dai loro genitori. Il ragazzo gli raccontò della conclusione dello scontro con Phoenix, e di come lo avesse portato via dal palazzo nella tormenta di neve, dirigendosi verso casa, crollando a metà strada per la stanchezza e la fatica, e poi riuscendo a rialzarsi, sostenuto da un cosmo puro e colmo di tristezza, che non era riuscito a riconoscere. A casa erano stati curati e medicati, ed anche se Mizar era rimasto per diversi giorni in pericolo di vita, le sue condizioni erano finalmente migliorate, trasformando il coma in cui era caduto in un semplice sonno, da cui alla fine si era risvegliato.
Al ricordo di quei giorni, Mizar sorrise. Felice di essere finalmente riunito non solo con i genitori, ma anche con il fratello che temeva perso, aveva deciso di non indossare mai più l'armatura o di riprendere il ruolo di cavaliere, e di vivere felice insieme a loro. Per oltre un mese, le cose erano in effetti andate così, finchè un giorno…
Ma in quel momento, la comparsa improvvisa di un cosmo possente e aggressivo riportò il cavaliere alla realtà. Contemporaneamente, un raggio mortale sfrecciò verso di lui, troppo veloce per essere schivato, stridendo contro la sua armatura e ferendolo di striscio al fianco prima di perdersi contro i coralli. Con un balzo acrobatico, Mizar roteò in aria, voltandosi verso la direzione da cui era provenuto l'attacco e maledicendosi per la propria superficialità. Aveva permesso ai ricordi di distrarlo, e se all'ultimo secondo non fosse riuscito a piegarsi leggermente di fianco sarebbe stato ucciso al primo attacco, senza neppure riuscire a vedere in faccia il suo nemico. Un errore da principiante, indegno dell'unico superstite tra i sette valorosi cavalieri di Asgard. Ora non era però il tempo per le recriminazioni, socchiudendo gli occhi Mizar escluse quei pensieri dalla mente e si concentrò sul nemico, che a sua volta lo fissava da sopra i coralli, sorridendo seriamente.
Era alto più o meno quanto lui, ed indossava un'armatura scarlatta che copriva quasi interamente il suo corpo, adornata di numerosi fregi in particolare sui coprispalla arrotondati, i bracciali e gli schinieri. Il busto, un pezzo cilindrico in grado di coprire ugualmente torace, fianchi e schiena, sembrava non offrire aperture o punti vulnerabili. Quasi subito però l'attenzione di Mizar venne attirata dall'elmo, rotondo e all'apparenza formato da vare placche sovrapposte, che lasciavano scoperto solo il viso del guerriero, segnato da numerose piccole cicatrici e da due più grosse, una che segnava la guancia destra ed una che, partendo dallo stesso lato della fronte, tagliava diagonalmente il setto nasale, terminando a pochi centimetri dall'angolo sinistro della bocca. I capelli biondi, corti e arruffati, spuntavano appena sulla fronte e sotto il bordo dell'elmo, terminando senza neppure arrivare alla base del collo. Lo sguardo del guerriero malcelava sicurezza, lasciando trasparire però anche un senso di ansia, quasi trepidazione.
L'uomo non era in alcuna posa da combattimento, si limitava a tenere le mani appoggiate sui fianchi, ma Mizar si mise comunque in guardia. Il bordo della sua corazza era segnato da una lesione superficiale e fumante dove il colpo l'aveva sfiorato, prova inequivocabile della forza di chi aveva di fronte.
"Sei il custode del Sigillo nascosto in questi luoghi, non è vero?" domandò, senza ottenere però alcuna risposta dal guerriero, che continuava a fissarlo attentamente, come a soppesarlo. Non lasciandosi infastidire da quel silenzio, il ragazzo riprese "Le regole della cavalleria vogliono che ci si presenti prima di dar battaglia: è Mizar, cavaliere di Asgard, il mio nome. Chi sei invece tu, che Oberon ha inviato fino al Regno Sottomarino?"
Queste parole furono accolte da altri secondi di silenzio, poi il sorriso sul volto del guerriero scarlatto si accentuò "Vuoi sapere il mio nome? Stà bene, ti accontenterò. E' giusto che tu sappia chi porrà fine alla tua vita, almeno così le anime celesti ti guarderanno con ammirazione e rispetto nel luogo in cui presto andrai! Io sono Indech, il Toro Scarlatto, discepolo del potente Oghma e Guardiano di Avalon!" disse con enfasi, tirando orgogliosamente fuori il petto.
"Indech discepolo di Oghma hai detto? Sembri fiero del nome che porti, ma mi duole informarti che non conosco nè te nè il tuo maestro! Evidentemente la vostra fama non è giunta fino ad Asgard!" ribattè Mizar, accennando un sottile sorriso.
Una smorfia di fastidio attraversò il volto del Guardiano, anche se solo per un attimo perchè poi venne sostituita da un nuovo sorriso soddisfatto "No… a quanto pare no… ma in fondo è meglio così, o adesso dovrei inseguirti mentre scappi di terrore, traendone ben poco divertimento. Molto di più spero che me ne darai affrontandomi in combattimento, anche se non so quanto a lungo durerai… da chi va in giro correndo sul campo di battaglia con la testa altrove non mi aspetto molto!" disse casualmente.
Mizar però ignorò questa provocazione, soffermandosi piuttosto sulla prima parte della frase del nemico "Divertimento…? Trovi che vi sia del divertimento nel darsi battaglia?" domandò incredulo.
"Certo, non è così anche per te? Cosa c'è di più divertente del titanico scontro tra due volontà pronte alla lotta, tese alla vittoria? Della tensione che permea l'aria prima del colpo finale, del rosso vivo del sangue, dello stringere in mano la vita del nemico, e della consapevolezza che la propria è appesa ad un filo, pronto ad essere reciso al primo capriccio del fato! Nulla! Nulla è anche lontanamente paragonabile!" dichiarò estatico, spalancando gli occhi mentre un cosmo acceso e aggressivo lo circondava.
"E' dunque un folle colui che mi sbarra la strada?" mormorò Mizar in silenzio, prima di fare di nuovo mente locale "Il sigillo di Oberon, è qui con te?"
"Uff, che m'importa del sigillo?! La diatriba tra Oberon e gli Dei Olimpici non mi riguarda! Non è per me che una scusa per scendere finalmente in campo, e solo quello mi preme!" rispose secco "Il sigillo è vicino ai resti di una grossa colonna, a qualche chilometro da qui, ma non potevo restare lì ad aspettare ancora un minuto di più, il sangue che ribolle dentro di me brama la lotta! Tehtra mi ha anticipato nell'intercettare il primo nemico, ma per mia fortuna siete scesi in due qua sotto! E ora basta parlare!!" gridò, colpendo il suolo con un calcio e staccando un pezzo di roccia, che saettò verso il cavaliere di Asgard.
Ruotando sul piede, Mizar lo schivò facilmente restando sul posto, ma in quei pochi attimi Indech aveva spiccato un salto lanciandosi in avanti con il braccio teso. Il cavaliere di Asgard incrociò appena in tempo le braccia davanti al volto, bloccando il pugno del nemico ma venendo lo stesso spinto leggermente indietro dall'impatto. Nello stesso momento, Indech sferrò un calcio a spazzare diretto al fianco scoperto del guerriero, ma Mizar, dando fondo a tutta la sua agilità, balzò verso l'alto, compiendo poi una capriola all'indietro con un colpo di reni per aumentare la distanza con l'avversario e prenderne le misure. Senza esitare neanche per un attimo però, Indech scattò verso di lui, percorrendo in una frazione di secondo la distanza che li separava e affondando in avanti il taglio della mano.
"La sua velocità… è quasi pari alla mia!" realizzò Mizar, piegandosi appena in tempo per far conficcare l'assalto del Guardiano nei coralli alle sue spalle, perdendo solo un lembo del mantello. Costretto sulla difensiva, il cavaliere del Nord rotolò a terra con una capriola e diresse un affondo verso il fianco scoperto del nemico, che però lo afferrò al polso, sfruttando il suo stesso slancio per tirarlo verso di se e poi lanciandolo via. Con un colpo di reni, Mizar riprese il controllo, torcendosi su se stesso ed atterrando sulle gambe, ma preferendo non lanciarsi di nuovo all'attacco a testa bassa.
Questa decisione fece sbuffare Indech di disapprovazione "E pensare che un tale pusillanime è quel che resta dell'esercito di Asgard! Un tempo le schiere di Odino non avrebbero mai accettato nei loro ranghi un codardo che rifugge la battaglia!" ringhiò con disprezzo.
"Che vogliono dire queste parole? Conosci Asgard e Odino?" domandò Mizar insospettito.
"Umpf, mi chiedi se li conosco?! Ci fu un tempo in cui entrare a far parte dell'esercito di Asgard era il sogno della mia vita, un obiettivo da raggiungere!" disse seriamente, prima di assumere di nuovo un'espressione determinata "Ma è passato tanto da allora… così tanto che le bianche distese del Nord sono ormai uno sbiadito ricordo, quindi non sperare in un trattamento di favore!"
Mizar non fece in tempo a protestare per questa insinuazione, o a chiedere ulteriori spiegazioni, che Indech abbattè il pugno al suolo, facendo tremare la terra "Debole seme di Asgard, mira la vera potenza di un figlio del Nord!" gridò, sollevando un enorme lastrone di roccia e lanciandolo con facilità contro il nemico.
Immediatamente, Mizar balzò al riparo, scattando verso una sporgenza e colpendola a piedi uniti, dandosi subito la spinta per un nuovo salto e balzando verso altri coralli, che raggiunse con una capriola e usò per lanciarsi di nuovo in avanti, stavolta verso il Guardiano "La forza non ti fa difetto, ma da sola non basta a vincere in battaglia, specie contro chi, come Mizar, ha in dono una felina agilità nei movimenti!" dichiarò, bruciando il suo cosmo e scatenando una pioggia di affilati raggi di luce bianca.
In tutta risposta, il cosmo di Indech esplose, generando un'ondata di energia che annullò senza sforzo l'attacco di Mizar, investendolo a mezz'aria e sbilanciandolo. Un attimo dopo, Indech fu su di lui, afferrandogli un polso per bloccarlo "Sei veloce, te lo concedo! Ma l'agilità non è che un pugnale spuntato di cui si fa vanto chi non possiede la forza per sollevare l'ascia! E' un'abilità di seconda categoria, destinata a soccombere contro un vero guerriero!" ringhiò, sferrando un pugno violentissimo nell'addome del cavaliere. Mizar venne spinto all'indietro, ma trattenuto dalla stretta di Indech, che sorridendo sardonicamente lo trascinò verso di se, colpendolo nuovamente, decine di volte, sempre nello stesso punto alla bocca dello stomaco.
Sottili crepe si allargarono sull'armatura del nord lasciando trapelare i primi flotti di sangue, mentre Mizar avvertì fitte di dolore sempre più lancinanti. Stringendo i denti, calò allora la mano come un artiglio, mirando al viso del nemico ma riuscendo appena a graffiarne la guancia. In tutta risposta, Indech concentrò il proprio cosmo nel pugno, sferrando un colpo ancora più violento dei precedenti, e lasciando finalmente la presa sul polso di Mizar, che ruzzolò violentemente a terra, andando poi a sbattere contro le rocce che si incavarono per l'impatto.
"Avrei potuto annientarti subito, ma dove sarebbe stato il divertimento?" sussurrò il Guardiano fissando Mizar che provava a rialzarsi, senza riuscirci a causa delle violente fitte di dolore all'addome che lo obbligavano in ginocchio.
"E' forte, ma completamente votato all'attacco. Il desiderio di combattere lo rende incurante della difesa, devo trovare un modo per approfittarne…" riflettè la Tigre del Nord. Un gesto di Indech però pose fine al suo ragionamento: il Guardiano aveva infatti allargato le braccia, come ad invitarlo.
"La tua inattività inizia a stancarmi, speravo in una grande battaglia ed invece non fai altro che restartene a distanza rifuggendo il confronto! Visto che non ti decidi ti offro un incentivo, fatti avanti e sfodera il tuo colpo migliore, ti assicuro che non mi difenderò!" rise, quietando il proprio cosmo.
"C… che cosa?!" balbettò il cavaliere, prima di chiudere il pugno con rabbia. Queste parole accesero in lui la collera, al punto che si alzò in piedi di scatto, ignorando il dolore ed espandendo il suo cosmo bianco come la neve "Credi di poter subire il mio colpo segreto senza neppure abbozzare una difesa? A tal punto ti reputi superiore?! Se è questo quel che desideri così sia, dovrei rifiutare per codice d'onore ma non posso perdonare un tale affronto! Ruggite, Bianchi Artigli della Tigre!!" gridò rabbiosamente, scatenando una tempesta di colpi veloci e affilati contro il nemico.
"Bene! Non esitare! Sfodera le zanne! Mostrami tutta la tua forza!!" gridò estasiato Indech, offrendo il petto all'attacco nemico e lasciandosi investire in pieno, senza neppure provare a difendersi ma piantando i piedi solidamente al suolo per resistere.
"E' folle costui… non può sperare di fermare così i Bianchi Artigli della Tigre!" mormorò Mizar, imprimendo maggiore energia nell'assalto. Nonostante i suoi sforzi però, il sedicente Toro Scarlatto continuava a resistere, venendo appena spinto indietro. Alla fine, il Guardiano sbattè con le spalle contro la parete di coralli, ed allora, dandosi la spinta in avanti con il piede, sferrò un raggio di energia, obbligando Mizar ad interrompere l'attacco per scansarlo lateralmente.
"E' tutta qui la tua forza… che delusione!" dichiarò mestamente Indech, allontanandosi dalla parete. Osservandolo, Mizar si accorse che sanguinava da numerosi tagli apertisi sulle zone non protette dall'armatura, che dal canto suo pareva non aver subito alcun danno, ma anche di non essere riuscito a procurargli gravi ferite. Il rosso del sangue si fondeva con quello della corazza senza nemmeno arrivare a grondare al suolo, ed il cosmo non era affatto calato di intensità.
"Mi chiedo come tu sia potuto sopravvivere così a lungo… miseri nemici devono aver attaccato Asgard in questi ultimi secoli. Fiaccati dalla pace, ecco cosa sono ormai i Guerrieri del Nord! I tuoi colpi sono deboli… troppo deboli per causarmi danno! E' tempo di porre fine alla tua vita, speravo in un grande cimento ma ti sei rivelato avversario per nulla alla mia altezza, indegno degli antichi fasti degli uomini del Nord, e non vi è alcun divertimento in una battaglia dall'esito così scontato!" esclamò in tono grave, palesemente deluso, prima di espandere il suo cosmo e sollevare il braccio verso l'alto.
In quel momento, altrove, il cosmo di Syria esplose per un attimo, attirando per un attimo l'attenzione di entrambi.
"Generale…" mormorò Mizar, chiedendosi cosa stesse succedendo.
"Avrei dovuto andare incontro al tuo compagno, sembra stia opponendo maggiore resistenza di te! Chissà, magari riuscirà a sconfiggere Tehtra e potrò divertirmi almeno con lui…" commentò distrattamente Indech, calando contemporaneamente il pugno al suolo.
Riconoscendo la mossa usata poco prima, Mizar si preparò a saltare, ma stavolta Indech non sollevò un lastrone di roccia, incanalando piuttosto il proprio cosmo scarlatto nel sottosuolo. "Contempla, la devastante tecnica insegnatami dal Maestro Oghma!! Eruptio Avalonis!!" gridò, ed a quelle parole fu come se la terra sotto i piedi di Mizar stesse andando in pezzi, spaccandosi in enormi crepe dalle quali trasudava il cosmo del Guardiano e poi esplodendo del tutto, scaraventando con violenza in aria il cavaliere, che non potè opporre alcuna difesa e venne del tutto travolto.
Immagini della sua infanzia, degli anni dell'addestramento, del primo incontro con Alcor, del viaggio ad Atene, del duello contro Andromeda ed infine della sua sconfitta balenarono davanti agli occhi del cavaliere, ora abbagliato dalla luce dell'esplosione del cosmo di Indech. Il suo corpo però sembrava pesante come il piombo, incapace di reagire e privo di qualsiasi sensibilità. Senza nemmeno rendersene conto, Mizar avvertì il freddo del pavimento a contatto con la pelle del viso, e si accorse di star lentamente scivolando nell'oblio. "E' bastato un colpo solo…" udì appena, come in un lontano sussurro, prima di essere avvolto dall'oscurità.
"E' davvero bastato così poco a sconfiggere Mizar? A tal punto è incolmabile l'abisso che ci separa? Alcor… Andromeda… Phoenix… perdonatemi…" si disse stancamente, ma al pensiero del fratello e dei due cavalieri, un fremito d'orgoglio lo scosse per un attimo "No… non posso lasciarmi andare in questo modo… sono l'ultimo Cavaliere di Asgard, sulle mie spalle poggia la difesa del regno! Orion e gli altri hanno combattuto fino all'ultimo, posso forse io essere da meno? Come potrei guardarli negli occhi se già adesso rinunciassi a combattere?! Come potrei…?" pensò, cercando di richiamare le forze per alzarsi di nuovo. Nonostante i suoi sforzi però, le tenebre continuavano a sovrastarlo, ed il suo cosmo sembrava aver smesso di bruciare, quasi invitandolo ad accettare quel destino di tenebra.
"Come temevo… Non è solo la sua forza… il mio cosmo è fiaccato… privo di volontà! Non è cosmo che si addica ad un Cavaliere di Asgard! Forse non sarei mai dovuto tornare a indossare l'armatura… però… quel giorno…" mormorò chiudendo gli occhi, e abbandonandosi ai ricordi, forse per l'ultima volta.
Dopo essersi ripreso dalle ferite del combattimento contro Andromeda, aveva vissuto serenamente con i suoi genitori, e soprattutto con Alcor, di cui sentiva di sapere così poco nonostante il legame di sangue che li univa. Per timore di accentuare il loro senso di colpa, il ragazzo non parlava mai davanti ai genitori degli anni trascorsi con l'anziano uomo dei boschi che lo aveva raccolto, ma a volte, nei momenti di solitudine, Mizar riusciva a raccogliere alcuni suoi brevi racconti e confidenze, e il dolore per la vita stentata che aveva dovuto trascorrere era superato solo dall'ammirazione per l'essere riuscito a sopravvivere ed a diventare addirittura un Cavaliere di Asgard.
Finalmente felice ora che la sua famiglia era tornata ad essere serena, Mizar aveva deciso che, non appena le sue ferite fossero guarite del tutto e le interminabili tormente di neve che andavano avanti da giorni si fossero indebolite, avrebbe riportato la propria armatura al lago in cui era comparsa mesi prima, in modo che potesse aspettare l'arrivo, un giorno, di un nuovo cavaliere, deciso ad indossarla al posto suo.
Ma, prima che il ragazzo potesse portare a termine questo piano, accadde qualcosa che nè lui nè Alcor avevano calcolato potesse succedere. Una mattina l'anziana servitrice di famiglia era entrata di corsa nel salone, annunciando trafelata l'arrivo di una visitatrice inattesa: la Celebrante di Odino in persona, Ilda di Polaris.
Temendo che fosse venuta a punirli per la loro diserzione, i due ragazzi si precipitarono all'esterno, trovandola non circondata da un plotone di soldati, come avevano immaginato, ma da sola, accanto al destriero bianco che amava cavalcare, e con indosso le Vesti dell'Espiazione, prova di colpevolezza tramite cui, da secoli e secoli, i sovrani che si erano macchiati di gravi colpe rimettevano la loro vita nelle mani di Odino, supplicando la sua misericordia ma anche dimostrando di essere pronti ad accettarne il castigo.
Nel vedere Ilda, entrambi si erano irrigiditi, infiammati dalla collera. Avevano ormai compreso che le sue azioni erano state causate da Nettuno e dall'Anello del Nibelungo, ma ciononostante non era facile perdonare colei nel cui nome tanti valorosi avevano perso la vita. Colei che si era servita di entrambi come marionette, alimentando l'odio di Alcor nei confronti di Mizar e non curandosi realmente di loro se non come servitori. Eppure, guardandola ora, era improvvisamente difficile provare astio verso di lei. Davanti non avevano più la fredda regina che li aveva governati ultimamente, ma la dolce donna che avevano incontrato brevemente prima di iniziare l'addestramento, il cui viso sembrava però stanco, segnato da anni di fatiche e preoccupazioni.
E così, erano rimasti immobili per lunghi secondi, in silenzio, intenti solo a fissarsi reciprocamente, incerti su cosa fare. Poi però Ilda aveva estratto un pugnale dalle pieghe del vestito, spingendo i due ragazzi a sollevare immediatamente la guardia, ma senza motivo. Anzichè attaccarli, la Celebrante si era inginocchiata davanti a loro, porgendogli l'elsa dell'arma.
"Imperdonabili sono le colpe di cui mi sono macchiata… non ho saputo resistere al potere dell'anello maledetto, ed altri hanno pagato per la mia debolezza! A causa mia le schiere dei Cavalieri di Asgard sono scomparse… a causa mia i migliori uomini del Nord sono caduti uno ad uno, in assurde battaglie senza vincitori! Le mie colpe sono troppo gravi perchè la morte basti ad espiarle, ma non mi è concesso fare altro. A voi, che di quei valorosi siete gli ultimi rimasti, offro la mia vita, più di ogni altro ne avete il diritto!" disse, e nello scorgere l'infinita tristezza nei suoi occhi, Mizar comprese a chi fosse appartenuto quel cosmo che aveva sostenuto lui ed Alcor quel giorno, proteggendoli e riscaldandoli, permettendo loro di tornare a casa sani e salvi.
I due fratelli si scambiarono uno sguardo, leggendo ciascuno i propri pensieri nell'espressione dell'altro, poi Mizar fece un passo in avanti, appoggiando delicatamente la mano su quella di Ilda ed abbassando il pugnale.
"La sua morte non farebbe che aumentare alla tragedia, privando la nostra amata terra non solo dei suoi difensori, ma anche di una sovrana giusta e generosa… l'unica che può permettere alla propria gente di superare la crisi causata dai malvagi piani di Nettuno. Mizar, Cavaliere di Asgard, non leverà mai la mano su colei che ha giurato di proteggere!" dichiarò, improvvisamente consapevole che rinunciare al titolo ed all'armatura sarebbe stato un affronto imperdonabile alla memoria di coloro che per il bene del regno avevano vissuto e, alla fine, dato la vita.
E così, appena ripresosi, lui ed Alcor, che la pensava allo stesso modo, erano tornati a palazzo, aiutando nella ricostruzione e vedendo pian piano Ilda riprendere forza, tornando ad essere la sovrana di sempre, rigida ma giusta, amante del suo popolo e della pace. Nell'anno che era trascorso, non si era mai pentito del suo gesto. Mai fino ad ora, quando la prospettiva di una nuova guerra, l'idea di non poter più rivedere il fratello ed i genitori, aveva fiaccato il suo cosmo e il suo spirito, rendendolo vulnerabile.
"Indegna è questa esitazione… debole e indegna! Dall'esito di questo scontro non dipende solo la salvezza di due amici… ma anche il destino di Asgard tutta! Chi può sapere cosa farebbe Oberon dopo aver ucciso gli Dei? Cosa gli impedirebbe di muovere guerra anche ad Asgard dopo aver conquistato l'Olimpo? Cosa, se non la presenza di guerrieri valorosi pronti a respingerlo?! Il Generale sta combattendo con tutto se stesso, bruciando il suo cosmo più e più volte contro il nemico. Io che rappresento l'ultima delle stelle dell'Orsa non posso essergli da meno… non gli sarò da meno!!" esclamò, espandendo il suo cosmo e scacciando le tenebre dal suo cuore.
Indech, che si era allontanato di qualche passo, si fermò di scatto, voltandosi a guardarlo. Circondato da un'aura gelida e lucente, Mizar era di nuovo in piedi, pronto alla battaglia.
"Bene… forse hai ancora qualcosa da offrirmi dopotutto!" sorrise soddisfatto.
"Non credere che avrai di nuovo ragione di me così facilmente, avresti dovuto sferrarmi il colpo di grazia quando potevi! In nome dei miei amici, di mio fratello, e dell'amata Asgard ora ti sconfiggero!!" minacciò con convinzione.
"Vedo che hai trovato una nuova sicurezza, il tuo cosmo brilla molto più intensamente di prima…"
"Era fiaccato prima il cosmo di Mizar, riflesso del suo cuore! Avevo accettato con riluttanza di tornare ad essere un guerriero, per senso del dovere più che per reale convinzione… ma ora è diverso! Che la mia vita si perda in questo regno sottomarino se è quel che Odino desidera, ma non si dica che io abbia esitato di fronte al nemico! Se mi lasciassi sconfiggere così facilmente sarei peggiore dell'ultimo dei traditori!!" gridò.
"Finalmente! Finalmente vedo di fronte a me il nemico che tanto agognavo! Finalmente vedo non più un fanciullo tremante ma un vero uomo del Nord! E finalmente potrò rivivere il divertimento di una battaglia sanguinosa che da tanto tempo ormai agogno!" esultò con enfasi Indech, allargando le braccia per la gioia e spalancando gli occhi estatico.
"Ancora parli dei massacri come fonti di divertimento? Che razza di folli Oberon ha al suo seguito??" commentò con sdegno il cavaliere.
"Mpf… non Oberon, ma il sommo Oghma! Oberon non è mai stato fiero di me, mi ha accettato tra le sue schiere ma non mi ha mai amato come tutti gli altri Guardiani! Anzi, se fosse dipeso da lui probabilmente non sarei mai giunto ad Avalon, rimanendo a morire sull'altare dove i miei compagni… tuoi antenati, mi avevano condannato!" disse.
"Cosa?! Sei un uomo di Asgard?!" domandò sbalordito Mizar.
"No, non di Asgard, ma comunque un Vichingo! Un grande Vichingo, il primo a gettarsi sui nemici con la lama in pugno, l'ultimo a fare ritorno alla nave dopo il massacro!" affermò orgoglioso.
"Non può essere, tu menti! Da secoli ormai i vichinghi non navigano più i grandi mari del Nord!" esclamò il cavaliere, sottolineando con disprezzo le ultime parole.
"Non importa, quando Avalon è immersa nelle nebbie il tempo scorre in maniera diversa per i suoi abitanti! I giorni che ho trascorso lì corrispondono a centinaia di anni del mondo esterno! Oggi i vichinghi potranno anche essere scomparsi, ma un tempo solcavamo orgogliosi i mari, alla ricerca di nuovi attracchi da conquistare, di nuove vite da recidere! E tra i miei compagni io ero il più valoroso e forte! Loro combattevano per oro e conquiste, ma a me non interessavano, solo l'estasi della carneficina inebriava i miei sensi, spingendomi ad andare avanti!" ricordò estatico, chiaramente intento a rivivere i suoi giorni di gloria "Finchè un giorno, i miei compagni non decisero di offrire il loro guerriero migliore in sacrificio, per ragioni che nemmeno conosco! Mi catturarono di sorpresa, privandomi della possibilità di cadere combattendo, e legarono sull'altare! Sarebbe stata la fine se il grande Oghma non fosse giunto a salvarmi, attirato dallo scintillio di quello che sarebbe diventato il mio cosmo! Mi liberò, porgendomi una spada per vendicarmi di coloro che mi avevano tradito, ma senza interferire, per non privarmi del mio divertimento! Poi, quando ebbi concluso, mi invitò a venire con lui ad Avalon, offrendosi di diventare il mio maestro, e promettendomi una forza oltre ogni mia immaginazione: il potere del cosmo! Mi parlò di Oberon, mi disse che probabilmente sarebbe contrario, ma non importava… all'epoca passava i suoi anni rintanato nelle librerie del palazzo, intento in infinite ricerche, e ne usciva solo per alcuni viaggi alla ricerca di nuovi seguaci! In lui vedevo riflesse le mie stesse convinzioni, la mia stessa fede nella forza, così accettai. Lo seguii, e divenni Indech di Avalon, il Toro Scarlatto!" concluse soddisfatto.
"Un folle massacratore… tale eri, e tale sei ancora! Questo Oghma non ha fatto altro che darti le zanne, armando la tua follia!" commentò con disprezzo Mizar, disgustato al pensiero dei massacri che un tempo i suoi compatrioti compivano, non solo per conquista e ricchezza ma anche per sete di sangue. Le sue parole però scivolarono senza effetto su Indech, che senza nemmeno ascoltarlo bruciò il suo cosmo, sorridendo sinistramente e sbattendo il pugno nel palmo della mano.
"Se è questo che pensi allora vieni! Combattimi con tutte le tue forze! Fammi sentire vivo!!" gridò spalancando gli occhi e scattando in avanti, con il cosmo concentrato nel pugno. Senza rispondere nulla, Mizar gettò via il mantello che ancora gli copriva le spalle e gli corse incontro, le unghie trasformate in affilati artigli.
Quando i due furono uno di fronte all'altro, Indech sferrò il destro, mirando alla testa di Mizar, che rispose piegandosi fulmineamente per schivarlo e poi facendo scattare gli artigli, che tagliarono lievemente la gamba del Toro Scarlatto tra la cintura ed il copricoscia. Il sorriso del guerriero di Avalon si allargò mentre calava un secondo pugno, che ancora una volta veniva schivato dal difensore di Asgard, stavolta con un movimento laterale.
"La sua velocità è aumentata…" realizzò Indech, mentre Mizar gli si portava di fianco e dirigeva le unghie verso il suo viso. Intuendo il suo piano, il Guardiano gli afferrò il polso e tirò per trascinarlo verso se, incassando contemporaneamente l'altro pugno per colpirlo allo stomaco temporaneamente indifeso. Mizar però sorrise astutamente e, facendo leva sulla presa del nemico, eseguì una perfetta torsione, liberando il polso e colpendo il lato dell'elmo di Indech con il tacco, in un calcio a spazzare. Mentre Indech barcollava di lato, Mizar toccò nuovamente terra a qualche passo di distanza, per poi lanciare una scarica di taglienti colpi luminosi, aprendo ulteriori graffi sul corpo dell'avversario e spingendolo indietro.
"Ecco, il sangue che tanto bramavi!! Bianchi Artigli della Tigre!!" ruggì, e la pioggia di fendenti di luce si fece insostenibile per Indech, che venne sbalzato all'indietro fino a sbattere contro la parete corallina. Nonostante fosse in difficoltà però, il suo viso non tradiva alcuna traccia di timore, solo una crescente soddisfazione.
"Così! Così si combatte! Non fermarti, mostrami tutto quello che hai!!" rise estatico, spezzando l'attacco di Mizar con un fascio di luce e colpendolo al volto con un calcio a spazzare che gli fece sputare sangue, poi all'addome, già ferito, con una ginocchiata, ed infine al mento con un montante che lo sollevò in aria.
"Nonostante le ferite, il suo cosmo non si è affatto indebolito!" realizzò Mizar, compiendo una capriola in aria con un colpo di reni e dandosi la spinta sulle rocce per lanciarsi di nuovo in avanti, con un'altra scarica di artigliate. Correndo loro incontro, incurante del sangue che scorreva sempre più copioso e dello stridere dei fasci di luce sulla sua armatura, Indech concentrò il cosmo nel pugno, affondandolo ancora una volta nell'addome di Mizar. In quel punto l'armatura andò finalmente in pezzi, strappando un grugnito di dolore al ragazzo mentre veniva lanciato indietro. Contemporaneamente però, il Cavaliere di Asgard riuscì a sferrare un calcio al mento del nemico, sbalzandolo indietro di alcuni metri.
Con un clangore metallico, entrambi i guerrieri caddero a terra, incrinando il selciato per il peso delle armature. Mizar respirava affannosamente. Poteva sentire in bocca il sapore del sangue, e fitte dolorose ai fianchi indicavano che almeno una costola era incrinata, forse anche spezzata. Indech continuava a sorridere, anche se ormai era difficile distinguere le zone scoperte del suo corpo dall'armatura, a causa del rosso del sangue.
Senza dir nulla, il Toro Scarlatto sollevò improvvisamente il pugno in aria, ed uno sguardo di trionfo gli attraversò il viso. Intuendo cosa stesse per accadere, Mizar scattò in piedi, ignorando il dolore e facendo esplodere il suo cosmo.
"Per il sommo Oghma! Eruptio Avalonis!!" gridò il Guardiano.
"Ruggite, Bianchi Artigli della Tigre!!" ritorse Mizar.
I due poteri esplosero contemporaneamente. Il suolo ai piedi di Mizar andò in pezzi, divelto dal devastante potere del cosmo di Indech, ed il Cavaliere venne scaraventato in aria, mentre parte degli schinieri e dei copricoscia andava in frantumi per l'impatto, ma nello stesso momento i Bianchi Artigli investirono in pieno Indech, scaraventandolo malamente a terra alcuni passi più indietro.
Per quasi un intero minuto, entrambi rimasero immobili, respirando affannosamente, poi Indech si issò sulla braccia, rimettendosi in piedi "Pocanzi… non erano solo vuote parole… il tuo cosmo sta crescendo, sostenuto dalla determinazione che porti nel cuore!" ansimò "Non fermarti ora, continua così! Da anni non mi divertivo così tanto, da quando facevo allenare il secondo allievo del maestro Oghma! Sento il sangue ribollire dentro di me, nell'attesa della tensione che precede il colpo finale! Riuscirai a resistere fino ad allora?" domandò, ebbro di soddisfazione.
Socchiudendo gli occhi per la rabbia, Mizar si rimise in piedi a sua volta, anche se le gambe non erano più stabili come prima e sanguinavano copiosamente. "Continui a parlare di battaglie e uccisioni come semplici divertimenti! Così basso è il rispetto che hai per la vita? Così grande la tua brama di sangue?"
"Rispetto… come si può aver rispetto per un qualcosa di così fragile… per qualcosa che può essere tagliata al primo capriccio del destino?! Non vi è alcun valore nella vita, non è che una breve parentesi destinata a durare quanto un battito d'ali! La morte è la destinazione che attende tutti gli uomini, indipendentemente da quanto virtuose siano le loro azioni, da quanto profondi i loro principi! E allora è meglio vivere a pieno ogni momento, alla ricerca di quell'attimo fuggente in cui l'ebbrezza domina il corpo e lo spirito! E non vi è ebbrezza maggiore di quella che si prova nel porre fine ad un'altra vita, nella consapevolezza… nella certezza di essere vivi, almeno per un momento, e di avere un potere sugli esseri viventi! Il potere di dar loro la morte!!" gridò, ridendo profondamente.
"Sei un pazzo! Un pazzo degenerato, privo di ogni umanità!!" accusò Mizar, con la voce tremante per la rabbia ed il disprezzo "C'è del vero in quel che dici, la vita è realmente breve come la descrivi… ma proprio per questo bisogna proteggerla, usando il poco tempo che si ha a disposizione per fare qualcosa di buono! Solo così la nostra esistenza può avere un significato!! Quando uccidi qualcuno, non poni solo fine alla sua vita, ma metti fine a tutti i suoi sogni e speranze. A tutto il bene che avrebbe potuto compiere, alle imprese che avrebbe potuto fare, alla gloria che avrebbe potuto conquistare… alla famiglia che avrebbe potuto crearsi! Non vi è alcuna grandezza nel dare la morte… tu stesso hai detto che può giungere per un semplice capriccio del destino! La grandezza sta nel dare la vita… e nel viverla seguendo il cammino più duro e difficile, quello della giustizia!" concluse, con maggiore enfasi di quel che avrebbe voluto.
Le sue parole però non parvero toccare minimamente Indech, che lo fissò quasi con commiserazione.
"Credevo che la determinazione mostrata poco fa nel combattere fosse una prova che avessi capito… ma evidentemente mi sbagliavo. Parli ancora come un ragazzino che non ha mai preso in mano la spada, non si direbbe che hai combattuto una guerra. Non ricordi la gioia di sconfiggere il nemico, l'esaltazione nell'affermare la tua superiorità?"
"No, non le ricordo! Ricordo il dolore alla vista delle tombe dei cavalieri miei compagni! Ricordo il pianto sconsolato delle madri che non avrebbero più rivisto i loro figli, la disperazione della principessa che non avrebbe più rivisto colui con cui era cresciuta! Questo ricordo, non certo vuote soddisfazioni!" rispose amareggiato il ragazzo.
"E sia…" sospirò Indech, chiudendo gli occhi per un attimo. Il sorriso era svanito dal suo volto, e per la prima volta aveva un'espressione seria ed in controllo "Non è più possibile trarre alcun divertimento da questo scontro, il tuo essere restio alla battaglia non lo permette! Non mi resta altro da fare che portare a termine il mio dovere di Guardiano e prendere la tua vita… Chissà, forse, con un pò di fortuna, più tardi qualcun altro scenderà qui sotto alla ricerca del Sigillo, ed avrò una seconda occasione!" sussurrò, espandendo il suo cosmo scarlatto.
Ispirando profondamente, Mizar fece lo stesso, consapevole che forse il duello era arrivato alla stretta finale. Entrambi i contendenti si fissarono negli occhi, non accorgendosi di quattro fasci luminosi che in quel momento stavano solcando il cielo, diretti verso regno del Mar Glaciale Artico, poi i loro cosmi iniziarono a bruciare con intensità.
"Questo di Indech è il pugno! Rimbomba, Eruzione di Avalon!!" tuonò, abbattendo con tutte le forze la mano nel sottosuolo e facendo esplodere il suo cosmo. Piuttosto che limitarsi a crepare la terra, stavolta la mandò direttamente in frantumi aprendo una fenditura in direzione di Mizar. Il cavaliere di Asgard però rimase immobile, con gli occhi chiusi, come in attesa, e ad Indech parve di scorgere qualcosa scintillare attorno a lui, nascosto dal bagliore del cosmo. Poi all'improvviso, attimi prima che il potere del Guardiano lo raggiungesse, il ragazzo aprì gli occhi
"Adesso!" esclamò allargando le braccia e liberando il potere che finora aveva concentrato, il potere del ghiaccio. "Risplendete, silenti Ghiacci di Asgard!!" gridò, scatenando il suo colpo segreto, non contro Indech ma contro il suolo ai suoi piedi, che venne immediatamente coperto da uno spesso strato di ghiaccio.
Il Guardiano di Avalon fece appena in tempo a chiedersi cosa stesse accadendo che la terra attorno a Mizar tremò con violenza, sollevando una spessa nube di polvere e frammenti di pietra. Un sorriso si dipinse sul volto di Indech, ma non durò che brevi attimi, perchè con uno scatto fulmineo Mizar emerse dalla nube, saettando verso di lui con gli artigli sguainati e raggiungendolo in una frazione di secondo.
"Per te è finita! Bianchi Artigli della Tigre!!" gridò, liberando il suo colpo segreto a distanza ravvicinata e travolgendo Indech, che per la prima volta non riuscì a trattenere un urlo di dolore.
Cercando di difendersi dai numerosi fendenti, il guerriero incrociò le braccia davanti al viso e piantò i piedi al suolo, facendo esplodere il suo cosmo e disperdendo i colpi del cavaliere di Asgard. Proprio quando credeva di aver vinto però, vide la sagoma di un'enorme tigre nera balzare ai suoi piedi ed un'attimo dopo la mano di Mizar gli penetrò nel torace, sfondando il pettorale dell'armatura a pochi centimetri dallo sterno e facendo schizzare fuori flotti di sangue. Con un gemito, Indech barcollò all'indietro, mentre Mizar liberava la mano e si allontanava con una capriola, atterrando però meno agilmente del solito a causa di vistose ferite alle gambe, dove ormai l'armatura aveva ceduto in più punti e si erano aperte profonde ferite.
"Avevi… un altro colpo segreto!" mormorò con un misto di rabbia e sorpresa il Guardiano, ripensando a quanto Mizar aveva fatto poco prima ed allo scintillio che lo aveva circondato.
"I Ghiacci di Asgard, che mi hanno protetto dal tuo attacco!" convenne Mizar "E' buona strategia non rivelare subito tutte le proprie armi, l'ho scoperto a mie spese tempo fa, quando un nemico che credevo sconfitto ha rivelato un inatteso e devastante potere!" ed a queste parole per un attimo ripensò ad Andromeda, ed alla tremenda forza della sua Nebulosa.
"Tu invece hai osato troppo ripetendo più e più volte la stessa tecnica, permettendomi gradualmente di concepire un modo per fermarla. Nel colpire il suolo, riversi in esso il tuo cosmo, facendolo poi viaggiare verso il bersaglio ed esplodere sotto di lui. Usando i Ghiacci di Asgard per solidificare la terra ai miei piedi, ho potuto smorzare gli effetti dell'Eruzione di Avalon e colpirti di sorpresa!" spiegò, mentre Indech aggrottava le sopracciglia. In realtà, i Ghiacci di Asgard erano bastati appena a proteggerlo, e se non ne avesse concentrato il potere per parecchi secondi prima di liberarlo, probabilmente il colpo del Guardiano gli avrebbe fatto a pezzi le gambe.
"Giunge il momento del colpo di grazia! Non ti offrirò salva la vita, sarebbe un disonore che non accetteresti, e non posso per…" iniziò, sollevando la mano, ma poi si interruppe, colpito da quel che stava accadendo. Anzichè indebolirsi, il cosmo di Indech stava crescendo di intensità, ed anche l'espressione del Guardiano era cambiata, mutando da sorpresa a inquietante e minacciosa. Con un ghigno sul volto, Indech lo fissò negli occhi.
"Non avrai creduto di essere l'unico ad avere in serbo delle sorprese? Ho con me secoli di esperienza, il discorsetto sul non rivelare subito le proprie armi è stata una delle prime lezioni del grande Oghma, l'ho fatto mio eoni fa!" esclamò, avanzando di un passo "Ora è il tuo turno, scoprirai il motivo per cui mi chiamano il Toro Scarlatto! Sinne fiero, a parte il Maestro sei il secondo a vedere questo potere, il secondo a costringermi a tanto!".
Preoccupato da quel cosmo intensissimo e minaccioso, Mizar indietreggiò di un passo senza neppure rendersene conto, e in quel momento i suoi occhi si accorsero di qualcosa: parte dell'armatura rossa del Toro si stava schiarendo, variando gradualmente verso il bianco. Per un attimo il cavaliere pensò che si trattasse di un riflesso o di un'illusione ottica, ma poi si rese conto che invece stava accadendo realmente, e per di più non era nemmeno l'unico prodigio in atto. Il sangue delle varie ferite di Indech stava infatti svanendo, assorbito dalla corazza quasi come se fosse una spugna.
"Quale stregoneria…" balbettò sbalordito, ricordando improvvisamente un dettaglio che aveva notato solo a livello inconscio: per quanto copiosamente avesse fatto sanguinare il Guardiano, la sua linfa vitale non era mai grondata fino a terra, fermandosi sull'armatura.
Con gli occhi sbarrati, Mizar incrociò lo sguardo di Indech, il cui ghigno si accentuò "La mia armatura è proprio come me, ha sete di sangue!" disse, ridendo sinistramente "Il rosso cremisi di cui è tinta non è altro che il sangue mio e di tutte le mie vittime, che le vestigia del Toro Scarlatto hanno assorbito, pronte ad usarlo al momento opportuno! Nella sua illusione, Oberon aveva forgiato quest'armatura perchè avesse poteri curativi, ma il sommo Oghma ed il vecchio Feron ne hanno segretamente modificato i poteri, mutandola nella mia arma finale! E con quest'arma ora ti finiro! Degno di lode per aver resistito così a lungo, addio Mizar di Asgard! Sacrificio di Sangue!!" gridò.
Prima che Mizar potesse muovere anche solo un muscolo, dall'armatura scarlatta spruzzò un torrente di sangue, diretto verso di lui. Il cavaliere del Nord fece allora esplodere il suo cosmo, cercando di creare una barriera di ghiaccio e contrastarlo, ma non bastò e venne del tutto investito, mentre la linfa vitale di Indech gli avvolgeva completamente il braccio sinistro, la spalla e parte del fianco, strappandogli un grido di agonia. Il sangue infatti ribolliva come lava incandescente, ed il cavaliere poteva sentire l'armatura fondersi e ustionargli la pelle, affondando nella carne in profondità, fino alle osse, causandogli un dolore indicibile.
Totalmente sconvolto, quasi sul punto di svenire, il ragazzo non riuscì nemmeno ad atterrare agilmente sulle gambe e cadde malamente a terra, rotolando e contorcendosi per il dolore. Con la coda dell'occhio vide il braccio sinistro sanguinante e coperto da ustioni, del tutto inutilizzabile.
"Tsk! Come puoi vedere, «far ribollire il sangue» può anche non essere una metafora!" rise Indech avvicinandosi. Una piccola parte della sua armatura, all'altezza del fianco, era adesso più pallida rispetto al resto della corazza, anche se più simile al rosa che al bianco, ma il resto manteneva ancora il suo colore scarlatto.
"Uuh… se una così piccola parte di armatura è riuscita a farmi questo…" pensò preoccupato il ragazzo, sforzandosi di rimettersi in piedi nonostante il dolore gli annebbiasse la vista, causandogli quasi un senso di nausea. I suoi sforzi vennero interrotti bruscamente da Indech, che gli sferrò un calcio al viso, facendogli rotolare via l'elmo e lanciandolo di nuovo a terra, dove il solo strisciare del braccio ferito sul selciato gli strappò un gemito di dolore.
"Non voglio morire così… non qui… lontano dalla mia terra… in un regno nemico…" mormorò il ragazzo stringendo i denti ed usando il braccio sano per rimettersi in piedi appoggiandosi a dei coralli. A pochi passi, Indech lo osservava con la stessa espressione seria mostrata in precedenza.
"Non hai più forze, rinuncia! Nonostante la mia brama di sangue non mi piace veder soffrire inutilmente un nemico ormai impotente! Hai combattuto con coraggio, e sei persino riuscito a ferirmi, ma ormai hai raggiunto il tuo limite! Lascia che cali su di te il colpo di grazia!" commentò. In tutta risposta, Mizar socchiuse gli occhi, cercando di mettere a fuoco la vista annebbiata dal dolore e dalle vertigini, e lanciò un'artigliata in avanti, mirando al volto del Guardiano.
Il suo tentativo andò a vuoto, evitato da un semplice spostamento laterale, ed un attimo dopo il Cavaliere sputò sangue, colpito in pieno stomaco da una ginocchiata che lo fece crollare in avanti, e poi atterrato con un manrovescio alla tempia.
Supino, rantolando per il dolore, impossibilitato a reagire in alcun modo, Mizar vide a fatica Indech che gli si avvicinava, fissandolo con evidente commiserazione.
"Non c'è niente di più triste degli ultimi attimi di un moribondo che non ha accettato il suo destino…" mormorò, sollevando il pugno per finirlo. Ormai certo della fine, Mizar chiuse gli occhi con rassegnazione, sentendo solo il battere del proprio cuore ed un debole suono in lontananza.
Secondo dopo secondo però, quel suono divenne sempre più forte e definito, trasformandosi in una melodia. Una melodia di flauto.
Mizar riaprì gli occhi e si accorse che Indech ora gli voltava le spalle, intento a fissare una nuova figura appena comparsa sul campo di battaglia: Syria delle Sirene. Il generale era visibilmente ferito e la sua armatura era danneggiata in più punti, ma ciononostante ora il suono del suo flauto risuonava deciso nell'aria, e Mizar poteva avvertire il proprio dolore diminuire leggermente ed i suoi sensi schiarirsi.
"E così Tehtra ha fallito…" mormorò Indech, osservando il Generale "Quel bestione era un sentimentale, ma non credevo potesse perdere… specie poi contro un musico!"
"Eppure è così! Nonostante la sua forza, Tehtra è caduto! Stessa fine attende te, suo compagno nell'invasione del regno di Sire Nettuno!" affermò con voce calma il Generale, smettendo per la prima volta di suonare.
"Belle parole, di certo coraggiose, ma che non ti saranno di nessun aiuto! Ostenta pure tutta la sicurezza di cui sei capace, le ferite che porti sul corpo mi rivelano la verità… Ti reggi a stento sulle gambe, il tuo cosmo è quasi esaurito… sei ridotto ai minimi termini! Correre fin qui ti è costato probabilmente le ultime forze che ti erano rimaste, ucciderti sarà fin troppo facile per bastare a divertirmi!" minacciò, avanzando verso di lui.
Syria non rispose niente, timoroso che la sua stessa voce tradisse la fatica che realmente provava. La battaglia con Tehtra gli aveva lasciato ben poco, e correre in soccorso di Mizar l'aveva ulteriormente spossato. Ciononostante però, non aveva dubbi su quel che doveva fare e così si riportò il flauto alle labbra.
"Risuona, dolce melodia di requiem!" sussurrò, prima di ricominciare a suonare il flauto con velocità sempre maggiore. Con suo enorme stupore però, Indech non parve risentire particolarmente della cosa
"E così è proprio la musica la tua arma?! Povero sfortunato, nemici peggiori dei Guardiani di Avalon non potevano capitarti allora!" commentò, avanzando verso il Generale. Syria ripensò a Tehtra, che aveva impiegato parecchio tempo prima di iniziare a risentire degli effetti del suo flauto, e si chiese con orrore se quello fosse un potere comune a tutti i Guardiani e non solo del suo vecchio nemico. Un affondo di Indech lo strappò ai suoi pensieri, obbligandolo a schivare lateralmente, ma le gambe risposero con scoordinata lentezza ed il Generale venne raggiunto in pieno alla spalla e barcollò all'indietro. Cambiando tattica, sferrò allora un fendente con il flauto, riuscendo a centrare Indech vicino alla ferita causatagli da Mizar e strappandogli un grugnito di dolore. Anzichè indietreggiare però, il Guardiano gli afferrò il polso, sfruttando il suo stesso slancio per tirarlo verso se e colpendolo con una violenta gomitata allo zigomo, che si squarciò iniziando subito a sanguinare copiosamente.
Come eccitato alla vista del sangue, Indech sferrò ancora altri colpi, tempestando la gia malridotta armatura di Scaglie, per poi lanciare in aria il Generale con entrambe le mani, sbalzandolo a vari metri di distanza e scattando verso di lui. Stringendo i denti, Syria concentrò però il proprio cosmo nella mano, sferrando improvvisamente un fendente di energia che investì in pieno Indech, facendolo barcollare all'indietro, ed in quel momento il Generale ne approfittò per raggiungerlo e colpirlo allo stomaco e poi alla base del collo con il flauto.
Per un attimo, Indech si piegò in avanti e parve sul punto di crollare, ma poi il suo cosmo esplose di nuovo, obbligando Syria ad indietreggiare di scatto. Sorridendo sinistramente però, il Guardiano affondò il pugno al suolo, sussurrando "Eruptio Avalonis!" e il selciato ai piedi del Generale esplose, scaraventandolo in aria con un grido di dolore e lasciandolo ricadere a terra, con gli schinieri ora segnati da numerose crepe, mentre il flauto gli sfuggiva di mano.
"Sembra che anche il mio cosmo si sia indebolito, l'Eruzione di Avalon non aveva neppure metà della sua solita potenza distruttiva…" commentò pensieroso il Guardiano "Ma non importa, costui è sconfitto ormai, e il Sacrificio di Sangue sancirà il mio trionfo! Sacr…"
Ma prima che Indech potesse sferrare il suo colpo micidiale, un cosmo gelido lo fece rabbrividire, obbligandolo a voltarsi di nuovo. Di fronte a lui, Mizar era di nuovo in piedi, con il braccio sano appoggiato su quello ferito, che sembrava ora avvolto da un sottile strato di ghiaccio.
"Usi il freddo per lenire il dolore?! Una mossa astuta, ma che non ti varrà niente! Un altro colpo dei miei e tutte le nevi di Asgard non basteranno a salvarti!" minacciò il Toro Scarlatto.
"Uh uh… chissà?" rispose Mizar, sorridendo stancamente e socchiudendo gli occhi "Prima hai detto che un tempo avevi desiderato diventare Cavaliere di Asgard. Saprai allora che non ci arrendiamo di fronte a niente, continuando a lottare fino all'ultimo afflato di vita, contro il gelido clima del Nord come contro qualsiasi nemico. Lottiamo affinchè la nostra amata patria non diventi terra di conquiste, e per la speranza di un futuro migliore per la gente che crede in noi, affidandoci l'alto compito della difesa. Ma soprattutto lottiamo per coloro che amiamo, di cui siamo l'unica protezione! In questo momento… una famiglia attende con ansia il mio ritorno davanti al focolare, e con loro un fratello che temevo perduto ed una regina che avevo abbandonato… Se ora morissi, darei loro un dispiacere insopportabile! Se mi lasciassi sconfiggere, li condannerei ad un futuro oscuro! Non mi resta che vincere quindi, perchè i raggi del prossimo sole riflettano su Asgard una luce di speranza! Tu che lotti per semplice brama di sangue non potrai mai vincermi!" esclamò, stringendo il pugno e bruciando il suo cosmo.
Indech aprì la bocca per replicare, ma non uscì alcun suono. Immagini di un passato lontanissimo, precedente ad Avalon, all'addestramento, all'incontro con Oghma, persino agli anni trascorsi combattendo da vichingo, gli balenarono davanti. Immagini di una famiglia, povera ma amorevole, e di pace. E poi immagini di guerrieri invasori, portatori di morte, di grida di paura e dolore, di corpi straziati e di visi, un tempo felici, deformati dalla morte. I visi di coloro che amava, e che non era riuscito a proteggere. E poi altre immagini, più recenti. Il viso di un altro uomo, che lo portava al di là delle mura di nebbia, che gli insegnava a richiamare il cosmo, che gli dava da mangiare, che gioiva nel vederlo con indosso l'armatura del Toro Scarlatto, che lo vedeva partire per il Regno Sottomarino.
"Per voi, grande Oghma, che siete stato come un secondo padre per me!" esclamò Indech, quasi in un sussurro, stringendo il pugno per ricacciare quei dolorosi ricordi negli abissi del passato " Sacrificio di Sangue!!"
Al suo comando, l'armatura sembrò prendere vita, ed un nuovo torrente di sangue incandescente schizzò verso Mizar. Indech si aspettava che il nemico cercasse di contrastarlo, o al più di pararlo, ma con una mossa a sorpresa l'Asgardiano spiccò un salto verso i coralli, usandoli per darsi una seconda spinta e balzare ancora più in alto.
"E' inutile, non puoi sfuggirmi!!" gridò il Guardiano, facendo fuoriuscire ancora più linfa vitale dalla corazza, ma le parole gli morirono in bocca. Con il suo secondo salto infatti, Mizar non si era semplicemente portato in aria, ma si era tuffato nel cielo composto dal fondo della massa marina, pochi metri sopra di loro, scomparendo al suo interno. Nel momento in cui il fiume di sangue ribollente colpì la superfice acquatica, la differenza di temperature generò un'ondata di vapore, che sembrò far sprofondare nella nebbia il campo di battaglia, nascondendo tutto alla vista.
"N…no! In acqua…il sangue perde tutto il suo calore… la mia tecnica è inutile ora!" gridò indietreggiando di un passo, accorgendosi solo allora dell'aria gelida che lo circondava, e dell'esplosione del cosmo nemico.
"Perdonatemi… grande maestro Oghma" sussurrò melanconicamente, chiudendo gli occhi.
"Bianchi Artigli della Tigre!!"
Il colpo segreto di Mizar calò fatalmente sul Guardiano, frantumando il suo elmo e colpendolo mortalmente. Con un ultimo sorriso beffardo sul volto, Indech crollò a terra, privo di vita.
"Ci sono… riuscito!" ansimò Mizar, respirando affannosamente mentre la vista gli si annebbiava per la stanchezza, ormai estenuante. Aveva dovuto far ricorso a tutta la sua abilità per disperdere il calore nel mare ed accumulare subito dopo abbastanza forza per sferrare il colpo finale, ed ora ne pagava il prezzo.
Soddisfatto, si lasciò cadere in avanti, troppo debole e dolorante per restare ancora in piedi. Anzichè sbattere a terra accanto al cadavere di Indech però, si ritrovò tra le braccia di Syria, che lo sostenne.
"Un'ottima strategia" gli disse con un sorriso il Generale.
"Ho semplicemente fatto buon uso del tempo che mi hai procurato con il tuo arrivo inatteso…" rispose il ragazzo, ricambiando stancamente il sorriso del compagno, per poi aggiungere, dopo qualche secondo di pausa "Perchè sei venuto in mio aiuto?"
"Per lo stesso motivo per cui tu hai impedito al Guardiamo di uccidermi: perchè, qualunque siano stati i nostri schieramenti di campo un tempo, almeno per quest'oggi… combattiamo dalla stessa parte!" spiegò semplicemente il Generale.
Mizar non rispose niente, si limitò a raccogliere l'elmo e ad incamminarsi al fianco di Syria, sostenendosi a vicenda. Dopo pochi minuti raggiunsero finalmente le rovine dell'Atlantico del Nord, tra le quali individuarono quel che cercavano: una tavoletta su cui era scritta, in caratteri runici, la parola «Valore».
"Tuo è l'onore!" disse Syria, facendosi da parte. Avvicinatosi, Mizar osservò per qualche secondo il Sigillo, così piccolo e insignificante di fronte all'entità della guerra in corso, e si chiese se anche gli Zaffiri del Nord avessero fatto la stessa impressione ad Andromeda e gli altri cavalieri un tempo. Poi, senza ulteriori indugi, calò deciso il piede su di essa, mandandola in frantumi.
"E adesso andiamo via di qui…!" sospirò, voltandosi verso la direzione da cui erano venuti e accorgendosi improvvisamente di sentire la mancanza delle familiari nevi di casa. Non fece però in tempo a muovere un passo che le parole gli morirono in bocca. Ora che il cosmo di Oberon era scomparso infatti, poteva percepirne un altro, molto più debole, impegnato in una battaglia mortale. Un cosmo ben noto, proveniente da molto lontano, da fuori il Regno Sottomarino, da Asgard!
"A… Alcor…!!"