PENITENZA ETERNA

Nello stesso momento in cui Scorpio frantumò la runa nel deserto libico, sull'Olimpo la barriera creata da Oberon tremulò, simile all'acqua cheta di uno stagno mossa da una pietra. In particolare, il raggio di energia diretto al tempio di Estia si attenuò, e sarebbe scomparso se il resto della barriera non avesse subito compensato l'improvvisa mancanza, adattandosi con un tenue bagliore. Nondimeno, l'intera muraglia appariva ora più sottile, anche se di poco. Tale cambiamento non sfuggì ai Cavalieri dello Zodiaco, che giacevano seduti sullo spiazzo antistante la dimora di Zeus, a pochi metri dal Dio del fulmine e da Nettuno, l'antico nemico che era sorprendentemente giunto in loro soccorso.

"Guardate, amici! La barriera cala d'intensità!" affermò Pegasus con enfasi fissando con attenzione la cupola di luce che li imprigionava.

"Uno dei cavalieri d'oro è riuscito nel suo compito…" commentò Sirio pacatamente, ma senza eccessivo stupore nella voce.

"E' naturale… sono i supremi difensori di Atena, possiamo fidarci di loro, e ne conosciamo la forza ed il valore! Faranno tutto quanto possibile per liberarci e salvare lady Isabel!" disse sicuro Cristal, il cui tono freddo però nascondeva un briciolo di inquietudine per gli amici del Grande Tempio, dovuta non a mancanza di fiducia nei loro confronti, ma alla totale assenza di informazioni sui loro nemici.

"Però i loro avversari sono i Guardiani di Avalon… e non sappiamo nulla di loro. Spero che i nostri amici non corrano rischi…" intervenne allora Andromeda, dando voce ai timori che gravavano sul cuore del Cigno. Come avevano spesso provato a loro spese, andare in battaglia ignari delle capacità del nemico era estremamente rischioso. A queste parole però, Phoenix gli poggiò una mano sulla spalla

"Non temere, sapranno far fronte a qualsiasi nemico, come hanno sempre saputo fare in passato. Persino Nettuno, che un tempo ci è stato avverso, sembra fidarsi di loro… come potremmo proprio noi essere da meno ?" gli disse confortandolo, e strappandogli un sorriso triste.

"Già… Nettuno! Vorrei proprio fargli altre domande… ad esempio sapere perchè si trovava qui! Ma dopo aver parlato con Oberon e spiegato telepaticamente ai cavalieri d'oro e Syria la situazione, è entrato in una specie di trance ed ora sembra immobile!" esclamò Pegasus fissando il Dio, che in effetti era immobile con gli occhi chiusi, apparentemente impegnato solo a sorreggere il tridente con cui proteggere Zeus.

"Evidentemente ha bisogno di tutte le sue forze per contrastare il cosmo di Oberon…" dedusse Phoenix.

"Questo lo so bene! Ma non riesco a sopportare di non poter far nulla, nemmeno parlargli, mentre i cavalieri d'oro combattono al posto nostro! Potessimo almeno abbattere la barriera…!" ribattè il ragazzo, con un gesto di frustrazione.

"Non agitarti e pensa a recuperare le forze" lo rimproverò Sirio "La cupola è impenetrabile dall'interno, ed anche se non lo fosse sei esausto, come pure tutti noi. Non siamo in condizione di essere aiuto a nessuno, neppure a noi stessi. Possiamo solo riposarci ed aspettare il nostro momento, come i Cavalieri d'Oro hanno fatto mentre noi combattevamo sull'Olimpo."

"E va bene… come al solito hai ragione!" ammise Pegasus con un sospiro. In effetti solo stare in piedi era uno sforzo quasi insostenibile dopo tutti i combattimenti affrontati. Ciononostante, il suo cuore continuava ad essere pesante al pensiero dei cavalieri d'oro impegnati in battaglia "Malgrado tutto però temo per loro… state in guardia, amici!" pensò con lo sguardo perso all'orizzonte.

Il timore di Pegasus sarebbe forse diminuito se avesse saputo che uno dei cavalieri suoi amici in quel momento non era troppo lontano dall'Olimpo. Ioria del Leone era infatti giunto a Creta, l'isola che un tempo aveva ospitato gli sfarzi della società Micenea. In realtà, non era la prima volta che calpestava quella terra, già alcuni anni prima era stato inviato lì in missione, su ordine di Gemini nei panni del Grande Sacerdote.

"Quella volta finii per dover combattere contro quel folle di Minosse ed il Minotauro… spero che stavolta le cose vadano in modo più agevole" si disse il ragazzo, ripensando agli eventi del passato, ma non riuscendo a trattenere un sorriso al ricordo di Galan e Lythos, che lo avevano accompagnato in quella missione. Sebbene a volte lo facessero infuriare, per lui erano stati come una famiglia e, nel trovarsi a camminare da solo tra le zone disabitate dell'isola, non poteva fare a meno di sentire la mancanza della loro allegra compagnia.

In quel momento, qualcosa attirò la sua attenzione, mettendolo in allarme. Man mano che camminava, attorno a lui si stava sollevando una nebbia sempre più fitta, cosa innaturale per i territori dell'Egeo, e per di più la temperatura si era abbassata di qualche grado ed il terreno, fino a poco prima roccioso, era ora coperto da uno strato abbastanza spesso di erba verde. Per effetto di ciò, l'intero paesaggio era cambiato, ricordando non più l'isola ellenica, ma le verdi highlands della Scozia.

A conferma che tutto ciò non fosse uno strano fenomeno naturale, un cosmo sconosciuto apparve nella zona, avvolgendola, sebbene la sua fonte fosse ancora a qualche decina di metri di distanza. Come Ioria ebbe modo di percepire però, quel cosmo era strano, diverso da quelli dei numerosi nemici che aveva affrontato in passato. Era forte, ma non riusciva a stabilirne quanto, e risoluto, ma non apertamente ostile o malvagio. Più di ogni altra cosa però, l'eroe poteva avvertire in esso l'oscuro odore della morte. Mai ne aveva sentito un cosmo così carico, neppure in presenza di Cancer o degli Spectre di Hades, era quasi come se l'oscura signora in persona fosse lì di fronte a lui. Tendendo i sensi però, Ioria percepì anche un'altra cosa: una sensazione di familiarità, anche se non sapeva dire dove avesse avvertito un'energia simile in passato, nè cosa destasse in lui questa sensazione.

"Non è il cosmo di un vecchio nemico, nè di qualcun altro io abbia già incontrato… ma c'è qualcosa in esso che mi ricorda il passato… una sensazione che sono sicuro di aver già avvertito un tempo…" realizzò pensieroso, cercando invano di mettere a fuoco la memoria, ma senza successo. "Bah ! A niente servono tutti questi dubbi… colui che emana questo cosmo è un nemico, e ciò è tutto quel che mi serve sapere !" si disse allora, aumentando il passo ed avanzando con decisione verso la fonte dell'energia, pronto alla battaglia. Da quando era arrivato a Creta non aveva cercato in alcun modo di nascondere la sua presenza, convinto dell'inutilità di tale gesto dal momento che quasi sicuramente presto avrebbe dovuto comunque combattere, e non intendeva ripensarci ora.

A conferma di tale destino, dopo pochi passi vide una figura stagliarsi nella nebbia di fronte a lui, ritto e immobile, come ad attenderlo. "Ci siamo dunque…" mormorò avanzando, e fermandosi a qualche metro da lui. Quasi immediatamente, la nebbia che li divideva si diradò, rivelando un ampio spazio erboso pianeggiante, mentre quella attorno a loro si infittì, quasi a separarli dal mondo esterno. Contemporaneamente, lo sconosciuto avanzò di un passo verso Ioria, fissandolo negli occhi senza odio o rancore, ma con decisione. "E così tu sei il cavaliere di Atena giunto per distruggere il sigillo. Bres di Avalon, Guardiano dell'isola mistica, ti dà il suo benvenuto!" esclamò.

"Hai ben detto, sono cavaliere di Atena. Ioria del Leone è il mio nome!" si presentò il cavaliere d'oro, studiando colui che aveva di fronte.

Poco più alto di lui, indossava un'armatura color ocra abbastanza semplice ed essenziale, ma comunque sufficientemente estesa da coprire la maggior parte del corpo. Il pettorale, piatto e privo di decorazioni, proteggeva in maniera uniforme la maggior parte della cassa toracica, terminando a pochi centimetri dal cinturino. Era contiguo ai coprispalla, piccoli e rotondi, simili a quelli del Cigno d'Argento, a loro volta vicini a due copribicipite cilindrici ed ai bracciali, che coprivano interamente la mano e l'avambraccio, terminando con una piccola cresta metallica che arrivava al gomito. Le ginocchiere, i copricoscia e gli schinieri erano un pezzo unico, mentre il cinturino era un piccolo gonnellino, che per forma e lunghezza a Ioria ricordò quello della prima corazza di Pegasus. L'armatura, apparentemente priva di elmo, aveva solo rare decorazioni, composte da simboli celtici posti come fregi sui copribicipite, i bracciali, il pettorale e gli schinieri. Sotto la corazza, erano visibili dei rozzi abiti di stoffa verde. Quanto al guerriero, aveva un'espressione calma, tra il rassegnato ed il risoluto, e gli occhi ed i capelli del medesimo colore, un rosso cupo ed inquietante.

"Non è per te che sono qui, ma per distruggere il sigillo di Oberon. Fatti da parte e non ci sarà battaglia tra noi!" Propose Ioria, pur sapendo che difficilmente avrebbe sortito un qualche effetto. Lo sguardo del Guardiano infatti non sembrava attraversato dal dubbio, anche se stranamente il leone faticava a leggerlo, avvertendo in esso solo quella sconosciuta e misteriosa sensazione di familiarità che aveva percepito, ed ancora percepiva, nel suo cosmo.

"Ma che cos'è ?! Che cosa di costui mi turba a tal modo!" si chiese inutilmente l'eroe, prima che la voce del nemico lo riportasse alla realtà.

"Conosciamo entrambi le ragioni che ci hanno portati fin qui: tu sei venuto per frantumare quel che io sono stato mandato a difendere. Non sprecar dunque il tuo fiato per cercare evitare una battaglia già scritta, ma affrontami, come ci si aspetta da un guerriero!" rispose imperturbabile Bres.

"Vedo che sei un tipo di poche parole, proprio come me, ed è dote che apprezzo in chi combatte. Avrei preferito non trovarla in un nemico, ma visto che non mi lasci alternativa, sarà battaglia. Preparati, perchè ora sentirai il ruggito del possente leone! Per il Sacro Leo!" gridò Ioria, chiudendo gli occhi e sollevando il braccio destro con un movimento fulmineo, che generò un singolo raggio di energia, veloce come la luce.

Incredibilmente però, Bres non sollevò la guardia per difendersi, si limitò ad un impercettibile movimento laterale, sufficiente a permettergli di schivare l'attacco del leone, che si limitò a sfiorarlo.

"L'ha evitato… nonostante fosse alla velocità della luce!" mormorò Ioria a denti stretti, ma il Guardiano non gli diede modo di analizzare ulteriormente la cosa. Con un balzo si librò in aria, ruotando su se stesso e dirigendosi contro il cavaliere d'oro con un calcio. Senza farsi prendere alla sprovvista, Ioria parò l'offensiva con il bracciale dell'armatura d'oro, che resistette senza problemi, e cercò di approfittare dell'attimo in cui l'avversario era sbilanciato per sferrare un pugno ravvicinato col destro. Con un colpo di reni però, Bres riuscì a spostarsi all'ultimo momento, mandando a vuoto anche questo tentativo ed atterrando perfettamente in piedi, a pochi passi di distanza.

Immediatamente, Leo fu su di lui, scatenando una granicola di pugni con entrambe le mani e continuando sempre ad avanzare, nella speranza di trovare un varco nella guardia di Bres, che in realtà non aveva neppure sollevato le difese, ma si limitava ad indietreggiare ed a schivare uno ad uno tutti i colpi, incurante della loro velocità. "E' molto rapido, ma non potrà reggere questo ritmo per sempre…" pensò il cavaliere d'oro, cercando di mettere alle strette l'avversario.

Ad un tratto, Bres decise di cambiare strategia e, roteando sui piedi, compì una piroetta, portandosi di fianco a Ioria e sferrando un attacco a spazzare con il dorso del braccio, diretto alla tempia del guerriero. Grazie a riflessi affinati in mille battaglie però, il cavaliere di Atena si chinò di scatto, e nel contempo spostò tutto il proprio peso sulla gamba destra, sollevando la sinistra in un calcio mirato al viso del Guardiano. Tale tentativo andò a vuoto, perchè Bres riuscì a schivarlo piegando la schiena all'indietro, ma nel far ciò non potè evitare di perdere di vista il nemico per un attimo, permettendo a Ioria di centrarlo al fianco con un pugno, che lo spinse indietro strappandogli un grugnito. Nonostante il colpo diretto però, il Guardiano non aveva danni gravi.

"L'ho colpito in pieno ma la sua armatura è intatta, dev'essere fatta di un materiale molto resistente!" analizzò l'eroe, concentrando le sue forze nel pugno destro e sferrando un triplice attacco alla velocità della luce, dirigendo i colpi al volto, al torace ed all'addome del nemico. Con sua enorme sorpresa però, Bres li parò tutti con un unico movimento del braccio, senza sforzo particolare.

"Incredibile! Non ha nemmeno una crepa! Ora ne sono sicuro, quella non è un'armatura come le altre!" realizzò spalancando gli occhi, mentre un rivolo di sudore gli scorreva sul viso. Il Guardiano parve leggergli nel pensiero ed infatti affermò "Le nostre corazze sono state forgiate con il mitico Orialcon, non puoi sperare di sfondarle con semplici pugni!"

A queste parole, gli occhi di Ioria si strinsero in una fessura minacciosa, e nello stesso momento il suo cosmo si espanse brillante "Poco importa, non è l'armatura il mio obiettivo, ma il tuo corpo! Se un pugno non basta, allora la frantumerò con il colpo segreto del Leone! Per il Sacro Leo!!" gridò l'eroe, generando un mortale reticolato di luce, composto da centinaia di fulmini dalla potenza dirompente. Per la prima volta, l'espressione di Bres parve cambiare leggermente, ed il guerriero si mosse rapidissimo per cercare di passare indenne tra le fitte trame della rete del leone, balzando con agilità e cambiando spesso direzione.

"Una tecnica davvero potente! Se mi colpisse non ne uscirei di certo indenne, nonostante l'armatura! Ma per tua sfortuna la mia difesa non si basa solo su questa corazza!" gridò il Guardiano, mentre con una contorsione in aria schivava l'ultimo dei raggi di luce. Alcuni lo avevano sfiorato, aprendogli dei sottili tagli nelle zone non protette dall'armatura sulle braccia e le gambe, ma nel complesso era riuscitavo ad evitarli egregiamente, nonostante il loro numero e velocità.

"Devo ammettere però che mi hai sorpreso, a guardarti non ti giudicavo così forte! In segno del mio rispetto, ora anch'io ti mostrerò la mia tecnica segreta." affermò improvvisamente, prima che Ioria potesse lanciare una seconda scarica del Sacro Leo. Con un gesto fulmineo, sollevò il braccio come a fendere l'aria, gridando "Gladius Avalonis!!"

Una lama di luce, molto simile all'Excalibur di Capricorn, tagliò il suolo, sfrecciando verso il bersaglio che, ancora proteso nell'attacco, venne preso in controtempo, e riuscì appena ad incrociare le braccia davanti al volto. Per la violenza dell'impatto, l'eroe venne spinto duramente indietro, strappando l'erba da terra ed aprendo con i piedi due solchi nel terreno, ma non cedette.

"Uh?! Hai resistito al taglio della mia spada senza nemmeno un graffio!" commentò in tono meravigliato.

"Non sei l'unico ad essere protetto da una difesa sicura. Le armature d'oro del Grande Tempio, gioiello di solidità non possono essere superate tanto facilmente!" esclamò Ioria trionfante, per poi bruciare il cosmo e gridare "Ed ora è tempo di porre fine a questo scontro!".

"Vuoi tentare di nuovo una tecnica che si è già mostrata inefficace ? Ormai dovresti aver capito che so come evitarla!" ribattè Bres, nell'accorgersi che il cavaliere d'oro era nella posa che preludeva al Sacro Leo. A queste parole però, Ioria sorrise.

"Ti sbagli! Stavolta i miei fulmini non giungeranno dall'aria, ma dalla terra! Lightning Fang!" urlò, affondando il pugno, carico di energia cosmica, nel suolo. Prima ancora che Bres potesse capire cosa stava succedendo, i potenti fulmini emersero sotto di lui, tempestandolo di colpi e scaraventandolo in aria.

"Ha lanciato il suo fulmine sottoterra, dove non sarei stato in grado di vederlo in tempo per evitarlo! Costui è decisamente avvezzo alla battaglia… abile e forte! Non oso nemmeno sperarlo, ma possibile che questo ragazzo sia proprio colui che finalmente esaudirà il mio desiderio ?!" pensò il Guardiano colmo di stupore, mentre con un'agile capriola ritornava a terra. L'armatura aveva retto bene, ma accusava comunque un pò di dolore nei punti in cui i fulmini più potenti si erano abbattuti. Di fronte a lui, Ioria era nuovamente circondato dal proprio cosmo abbagliante, pronto ad un nuovo attacco.

"Le vestigia che indossi ti hanno salvato, ma ora preparati ad un'altra scarica !!" gridò minaccioso l'eroe, sollevando il pugno, pronto ad abbatterlo.

Stavolta però, Bres fu più rapido di lui "Non credere di aver già vinto! Gladius Avalonis!!" urlò, generando un nuovo fendente di luce.

"Mpf, non ha senso tentare una tecnica che si è già mostrata inefficace su di me! La tua spada non può superare l'armatura del Leone, dovresti averlo capito ormai!" dichiarò il ragazzo, badando solo a proteggersi il viso e lasciando il fendente infrangersi sul fianco sinistro, ancora una volta incapace di perforare la corazza.

Con in testa già la sua prossima mossa, Ioria si preparò a tornare all'attacco, ma in quel momento, con immenso stupore, avvertì una dolorosa fitta al costato, e nello stesso istante vide il proprio sangue scarlatto schizzare verso l'esterno, per poi scorrere in sottili rivoli sul lato del cinturino e bagnare l'erba al suolo come rugiada vermiglia.

"Come può essere…?!" balbettò, tastando subito il fianco con la mano "Eppure l'armatura è intatta, non ha buchi!"

"Ti sei affidato troppo a quella corazza, ed ora ne paghi le conseguenze! L'eccessiva sicurezza ti ha tradito!" disse allora Bres, avanzando di un passo, con la mano stesa a taglio, pronta a colpire.

"Spiegati!" lo incitò Ioria.

"E sia, te lo dirò, perchè non puoi porvi rimedio in alcun modo. Non esiste armatura, per quanto resistente, che non abbia dei punti deboli, e questo perchè qualsiasi corazza oltre a proteggere il corpo, deve permettere a chi l'indossa di muoversi liberamente!" iniziò il Guardiano, in tono serio.

"E questo che importanza può avere?!" incalzò il Leone, frustrato.

"Ne ha molta più di quanto immagini. Se il guerriero non dovesse muoversi, si potrebbe costruire un'armatura lavorando un blocco unico di metallo, che quindi sarebbe del tutto impenetrabile. Ovviamente però ciò non è possibile, e quindi le corazze devono essere create facendo collimare con precisione i numerosi pezzi che la compongono, disponendone i giunti in corrispondenza di tutte le articolazioni da cui è formato un corpo umano. Questi giunti, per permettere dei movimenti fluidi, devono essere flessibili, e di conseguenza più deboli!" spiegò con calma, mentre Ioria iniziava ad intuire dove volesse arrivare.

"Inoltre, per quanto precisamente siano disposti, esistono sempre dei minuscoli spazi vuoti tra un pezzo e l'altro di un'armatura. In alcuni casi, come con pettorale e coprispalla, si è ovviato montando un pezzo direttamente sull'altro, ma in altri ciò è impossibile, e quel che ne risulta sono dei piccoli ma pericolosi punti scoperti. Poco fa, non ho fatto altro che colpirti nella fessura tra il pettorale ed il cinturino della tua corazza!" concluse Bres.

"E' impossibile, tu menti! E' uno spazio minuscolo, spesso meno di un millimetro… non puoi essere riuscito a colpirlo con tanta precisione!" affermò con gli occhi sbarrati Ioria, sbalordito dalle capacità del Guardiano.

"Il taglio della mia lama non ha eguali, potrebbe tranciare persino un granello di sabbia! Ma puoi anche non credermi se vuoi, molto presto tutto ciò non avrà più importanza! Gladius Avalonis!" gridò Bres, sferrando un nuovo fendente.

Reagendo immediatamente, Ioria balzò in aria "Ce l'ho fatta! Se ha detto il vero, posso solo cercare di evitarli!" pensò, fissando con rinnovata attenzione un nemico che fino a qualche minuto prima credeva di avere ormai in pugno. In quel momento, Bres fece un gesto col braccio e, prima che Leo potesse rendersene conto, il fendente di energia cambiò direzione, curvandosi e tornando indietro, centrandolo in piena schiena e facendolo precipitare al suolo con un urlo di dolore.

"Devo… reagire!" si disse allora l'eroe stringendo i denti, capovolgendosi in modo da trasformare la caduta in una discesa e scagliando a mezz'aria il Sacro Leo. Ancora una volta, una fitta ragnatela di colpi sfrecciò contro il Guardiano, che spalancò gli occhi e vi corse incontro, evitandoli con una serie di rapidissimi spostamenti laterali, proprio come poco prima. "Non è ancora finita!!" gridò in quel momento il custode della quinta casa dello zodiaco, che nel frattempo aveva avuto modo di toccare di nuovo terra e prepararsi ad un nuovo attacco.

"Lucenti fulmini del leone, dilaniate chi mi è nemico addentandolo con feroci zanne!! Lightning Fang!!" urlò, affondando il pugno nel terreno. A questo gesto però, Bres sorrise astutamente.

"Non puoi sorprendermi due volte con la stessa tecnica!" avvisò, per poi indicare il terreno con il braccio, ruotare su se stesso ad altissima velocità e sferrare il "Gladius Avalonis!!".

A causa del suo movimento rotatorio, il fendente della spada di Avalon formò un cilindro di energia tagliente attorno al Guardiano, proteggendolo da tutti i lati e raggiungendo anche il sottosuolo. Un attimo dopo, attorno a Bres vi fu una violenta esplosione, che scosse e frantumò il terreno, ma il guerriero restò completamente indenne, ed anzi fermò la rotazione ed interruppe il colpo segreto. Sbalordito dalla sua capacità di reazione, Ioria lo fissò immobile.

"Incredibile! Si è difeso creando una barriera cilindrica con il suo stesso colpo segreto… ha eretto un muro capace di disperdere i fulmini del Lightning Fang! Impossibilitata ad andare avanti, la loro energia non ha potuto far altro che accumularsi ed esplodergli attorno, senza tuttavia riuscire a raggiungerlo!" analizzò l'eroe "Un attacco mutato in difesa… non avevo mai visto qualcosa del genere".

In quel momento, Bres scattò di nuovo velocissimo all'attacco, sferrando due fendenti in rapida successione. Preso quasi alla sprovvista, Ioria evitò il primo spostandosi di lato, ma il secondo lo colpì alla gamba sinistra, facendo schizzare flotti di sangue dalla fessura tra la ginocchiera ed il gambale. Prima ancora che il Leone potesse fare qualcosa, Bres gli fu addosso, con un affondo dall'alto verso il basso. Stavolta però l'eroe riuscì ad allontanarsi con un balzo, ed al tempo stesso contrattaccò con una serie di calci alla velocità della luce, e con un fascio di energia. Chinandosi su un lato, il Guardiano evitò quest'ultimo, parando contemporaneamente i calci con dei rapidissimi movimenti del braccio destro e sferrando col sinistro un nuovo fendente, che però andò a vuoto a causa di un balzo di Ioria.

"E' troppo pericoloso in uno spazio ristretto, e può schivare i miei colpi sulle grandi distanze… la mia sola speranza è mantenere lo scontro sulle medie. Questo mi esporrà di più ai suoi fendenti, ma è un rischio che devo correre!" calcolò il cavaliere, saltando indietro in modo da lasciare tra se e Bres uno spazio di circa quattro o cinque metri e balzando in aria, consapevole che in questo modo avrebbe offerto al nemico un'apertura, perchè muoversi a mezz'aria era molto più difficile che a terra. Ignaro delle sue intenzioni, il Guardiano colse l'occasione e continuò l'offensiva gettandosi in avanti.

"Ora!" gridò l'eroe, facendo esplodere il proprio cosmo "Per il Sacro Leo!!"

"Non hai ancora capito che con me non funziona ?!!" ribattè Bres, prima di vedere quanto fitta fosse la rete di luce, e quindi di rendersi conto del piano escogitato dal suo avversario.

"Nessuno può evitare il Sacro Leo da così vicino, sei perduto!" dichiarò Ioria con veemenza, imprimendo ai suoi fulmini la massima forza e velocità. Improvvisamente però, l'espressione di Bres mutò ed il Guardiano spalancò gli occhi, bruciando il suo cosmo. "Piano astuto il tuo, ma schivarli non è l'unico metodo che ho per proteggermi dai tuoi fulmini! Gladius Avalonis!".

"Che vuol fare ?!" si chiese Ioria, prima di intuire l'intento del nemico. Il suo fendente di luce stava letterlamente tranciando alcuni dei fulmini del Sacro Leo, spezzando il reticolato abbastanza da permettere a Bres di procedere in linea retta, portandosi a ridosso del cavaliere, che non aveva possibilità di muoversi a mezz'aria.

"Sei finito!" gli sussurrò il Guardiano, sferrandogli un potente pugno nell'addome con la mano sinistra, e spingendolo ancora più in alto. Contemporaneamente, lo afferrò con la mano destra e fece leva sulla presa per scavalcarlo, ruotare su se stesso e centrarlo nuovamente nello stomaco con un terribile calcio a spazzare sferrato con il tallone ed il retro della gamba.

Sputando sangue, il Leone precipitò verso il suolo, ma Bres non aveva ancora concluso il suo attacco. "Che la spada di Avalon ponga fine alla tua vita! Gladius Avalonis!!" urlò, tempestandolo con una pioggia di fendenti che aprirono numerosi tagli sulle gambe, le braccia e le mani dell'eroe, affondando laddove l'armatura era meno spessa o del tutto inesistente. Circondato da rivoli di sangue, l'eroe sbattè violentemente a terra, frantumando la roccia sotto il manto erboso, che si tinse immediatamente di rosso.

Un attimo dopo, anche Bres toccò terra, e rimase immobile a fissarlo, con un'espressione triste in viso "E' già finita la battaglia… Ti credevo guerriero molto più forte e capace, ma evidentemente mi sbagliavo." mormorò, voltandosi per andar via.

"Non… credere… di aver già… vinto!!" lo fermò però la voce di Ioria, e girandosi di nuovo il Guardiano vide che l'eroe si stava rialzando, coperto di sangue e lividi ma ancora pronto alla battaglia. "La tua virtù guerriera è grande… ma saprò sconfiggerla!" dichiarò il cavaliere, il cui cosmo ora splendeva lucente.

"Ho ancora una freccia nel mio arco!" minacciò, afferrando il polso destro con la mano sinistra ed indicando Bres, che indietreggiò di un passo, non riconoscendo quella posa da battaglia.

"Il Photon Burst, il colpo segreto che ideai grazie agli allenamenti di Micene! Richiede moltissime energie, ma ora so controllarlo molto meglio di un tempo! Devo tentare!!" pensò il cavaliere, passando attraverso gli stadi di Photon Invoke e Cosmos Open. In pochi attimi, un cielo stellato sembrò circondare il campo di battaglia.

"Il suo cosmo sta raggiungendo i limiti massimi!!" si rese conto Bres, la cui espressione era ora un misto indecifrabile tra il timoroso ed il sollevato.

"Photon Drive!!" esclamò in quel momento Ioria, giunto ormai alla penultima fase del suo colpo segreto, e le stelle scintillanti create dal suo cosmo saettarono verso Bres, pronte poi a far esplodere la loro inaudita potenza al suo interno, scatenando il Photon Burst.

In quel momento però, accadde quel che l'eroe non si sarebbe mai immaginato: con una serie di balzi rapidissimi, il Guardiano evitò che le stelle entrassero nel suo corpo, proprio come aveva fatto poco prima con il Sacro Leo. A tale visione, Ioria restò impietrito.

"Non è possibile, senza la fase del Photon Drive, non è possibile eseguire il Photon Burst!" realizzò, cercando, con un terribile sforzo di concentrazione, di generare un numero maggiore di stelle e, soprattutto, di mandarle a segno.

Tutto però fu vano, pur non capendo bene cosa stesse accadendo, Bres continuò a schivarle con una facilità sempre crescente, dal momento che la fatica aveva incominciato a fiaccare le forze di Ioria, che ora stentava a restare in piedi. Ben presto, con la vista che si annebbiava e la testa che gli girava, l'eroe fu costretto ad interrompere l'attacco, abbassando le braccia in affanno. Immediatamente, Bres gli fu dinnanzi.

"Non so cosa tu abbia tentato, ma è chiaro che hai fallito. Hai lottato con coraggio e audacia, te lo riconosco, ma la disparità di valori in campo è ormai evidente. Permettimi di porre fine alle tue sofferenze!" affermò con rammarico, fissando negli occhi il cavaliere d'oro, il cui sguardo non era però affatto domo, ma ancora colmo di determinazione. Per un attimo, ciò lo fece esitare, poi però il Guardiano chiuse gli occhi sussurrando "Gladius Avalonis!" e Ioria cadde circondato da schizzi di sangue.

In quel momento, molto più a Nord, Toro e Syria avanzavano abbastanza speditamente tra le nevi della Norvegia, vicini ai confini del territorio di Asgard. Dopo essere arrivati fin lì muovendosi alla velocità della luce, avevano deciso di procedere più lentamente, per non allarmare le guardie ed essere scambiati per nemici, e si erano incamminati nei sentieri tra i boschi, oltre i quali si trovava la barriera invisibile che divideva la terra di Odino dal resto del mondo, proprio come quella creata da Atena rendeva il Grande Tempio inaccessibile alle persone comuni. La neve, alta fino al ginocchio, li rallentava un pò, ma non era certo un ostacolo, così come non lo erano le temperature glaciali, sebbene entrambi sperassero di raggiungere al più presto il tepore della reggia di Ilda.

Avanzavano in silenzio, faticando ad essere a proprio agio al fianco di qualcuno che fino a poco tempo prima era stato un nemico e non sapendo cosa dirsi. Per un paio di volte, Syria aveva cercato di convincere Toro a lasciarlo proseguire da solo e dirigersi subito più ad Est, verso la sua meta, in Russia, ma il custode della seconda casa aveva sempre rifiutato. "Un incomprensione con Asgard potrebbe costarci molto cara, e tu non sei certo il benvenuto in quei luoghi. Abbiamo già troppi nemici senza dovercene procurare degli altri!" aveva risposto il gigante, che comunque apprezzava la sollecitudine del suo compagno di viaggio.

"E' incredibile che Atena abbia trascorso qui un'intera giornata, senza alcuna copertura particolare…" commentò ad un tratto il musico, quando una gelida sferzata di vento lo fece rabbrividire.

"Non lasciarti ingannare dal suo aspetto fragile. La tempra di lady Isabel è forte quanto il suo spirito!" rispose Toro, guardandosi sospettosamente attorno senza darlo a notare. Gli era parso di vedere un'ombra tra gli alberi e la cosa lo aveva insospettito. Una rapida occhiata a Syria gli confermò che anche il Generale di Nettuno si era accorto della cosa. Non sapendo cos'altro fare, i due si fermarono.

Quasi immediatamente, da dietro gli alberi comparve un gruppo di soldati, con indosso le pesanti uniformi dell'esercito di Asgard. "Chi siete, e per quale motivo vi trovate qui ? Questa zona è sacra, e di certo non avete l'aspetto dei viandanti perduti!" esclamò uno di loro avanzando di un passo.

"Non abbiate timori, veniamo in pace! Portiamo una richiesta d'aiuto da parte di Atena e dobbiamo vedere la sacerdotessa Ilda di Polaris!" spiegò Toro, pensando fosse più saggio non accennare a Nettuno, o al grado di Syria.

"Belle parole le tue, ma come possiamo sapere che non si tratti di un inganno ?" rispose il soldato, incerto.

"Non temere, quell'uomo dice il vero!" affermò in quel momento una voce, ed alzando lo sguardo verso la cima degli alberi, i presenti videro un'ombra comparire da dietro al tronco. "Mizar di Asgard…" mormorò Toro, riconoscendolo.

"Conosco costui, è un cavaliere d'oro di Atene, possiamo fidarci di lui!" esclamò Mizar, il cui sguardo però era cupo e fisso su Syria "Ma per il suo compagno, non sono altrettanto sicuro!" aggiunse balzando a terra, mentre le unghie della sua mano si tramutavano in affilati artigli.

Intanto, a Creta, Bres fissava con crescente stupore il cavaliere di Leo. Due volte l'aveva abbattuto con i suoi fendenti, e due volte si era allontanato credendo di aver ormai vinto, ma entrambe era stato richiamato sui suoi passi dallo scintillante cosmo del guerriero, ancora colmo di energia nonostante le sue condizioni apparissero ormai disperate. Più di ogni altra cosa però, lo stupiva la luce di determinazione che sembrava ardere nei suoi occhi. Per quanti nemici il Guardiano avesse affrontato in passato, non aveva mai visto nessuno così valoroso.

"Straordinario… continui a rialzarti nonostante tutto!" commentò interdetto.

"Mpf… non crederai… che questi miseri taglietti… bastino a fermarmi?!" rispose sprezzante il cavaliere, incurante del sangue che grondava a terra dalle numerose ferite, attraverso le fessure dell'armatura d'oro "Sono un cavaliere di Atena… una ragione molto importante… mi spinge a lottare! Cedimi il passo, io t'avverto, o ben presto la morte ti accoglierà!" gridò minaccioso, sollevando il pugno. A queste ultime parole però, l'espressione di Bres cambiò completamente.

"La morte…" sussurrò con un sorriso carico di profonda amarezza "Non esiste nulla al mondo… che io desideri maggiormente".

"Cosa vuoi dire ?" domandò Ioria, improvvisamente turbato. C'era qualcosa nel tono in cui Bres aveva parlato, nell'espressione triste e rassegnata dei suoi occhi, che lo colpiva nel profondo.

Gli stessi dubbi attraversarono la mente del Guardiano, che inizialmente era deciso ad ignorare quella domanda e concludere subito il duello. "Per quale motivo dovrebbe essere interessato alla mia storia… vuole solo prendere tempo… rifiatare… nella vana speranza di poter ancora vincere" pensò, ma, per quanto sensato apparisse questo ragionamento, l'espressione negli occhi del cavaliere lo faceva esitare. Vi era in lui qualcosa di indescrivibile a parole, qualcosa che lo spingeva a credere di aver finalmente trovato uno spirito affine, qualcuno con cui potersi confidare.

"Che sia lui…" si chiese per la seconda volta, ed alla fine si rasserenò, abbassando le braccia. "Visto che lo desideri tanto, ti narrerò la mia storia" disse, socchiudendo gli occhi, e raggiungendo con il braccio dietro la schiena, per estrarre un piccolo oggetto agganciato al retro del cinturino, un pugnale. Nel vedere l'arma, Ioria sollevò precauzionalmente il braccio, ma Bres lo rassicurò "Non allarmarti, non intendo ingannarti, ma la mia storia è profondamente legata a quest'arma che ora impugno…" disse, osservando la lama con lo sguardo ormai perso nei ricordi.

"Probabilmente lo ignori, ma io non sono nato in questo luogo, nè in quest'epoca… venni alla luce nella verde Scozia, più di 600 anni fa. Mia madre morì di malattia quando ero ancora molto piccolo, e mio padre, che era un guerriero, al servizio di uno dei nobili del luogo, era spesso via, impegnato in battaglie per conquistare nuovi territori o difendere quelli già ottenuti. Io ero troppo piccolo per seguirlo, e così venni affidato all'anziano medico del villaggio, che, col passare degli anni, decise di fare di me il suo pupillo, insegnandomi quel che sapeva, e spiegandomi come curare uomini e animali".

"A quell'epoca era necessario darsi da fare sin da giovani, ed il poter ambire ad una lunga vita era un privilegio riservato per lo più ai nobili. Avevo sette anni quando giunse la notizia che mio padre era morto in battaglia, e tredici quando colui che mi aveva cresciuto si spense, stroncato da un'infezione. Non vi erano altri medici nel villaggio, e ben presto la gente iniziò a venire da me quando aveva bisogno di aiuto. Pur non avendo l'istruzione adatta, avevo sempre seguito con attenzione le azioni del maestro e conoscevo bene tutto quel che c'era da sapere, così finii per diventare il nuovo dottore".

"Passarono in questo modo alcuni anni, finchè, ormai diciessettenne, in un giorno illuminato da un sole accecante, raro per quelle zone, la frattura alla zampa di un cavallo da soma non mi portò in una fattoria ai bordi del villaggio, dove ebbi modo di incontrare per la prima volta la splendida Liamwen, quindicenne figlia del fattore. Fra noi, fu amore a prima vista. Dopo quella volta, ci incontrammo segretamente molte altre, ed i nostri sentimenti continuarono a rafforzarsi finchè, diciennovenne, non trovai il coraggio di chiederla in sposa al padre".

Un sorriso gentile si disegnò sul volto del Guardiano, ormai del tutto abbandonatosi ai ricordi. "Mpf… ancora oggi, a distanza di 600 anni, mi viene da sorridere al pensiero del giorno in cui, vestitomi come meglio potevo, mi recai dal fattore per chiedere la mano di sua figlia. Quel pover uomo per poco non svenne, aveva sempre immaginato che il fiore della sua casa sarebbe andato a qualcuno con delle risorse economiche ben migliori delle mie. Ripresosi, rifiutò immediatamente quella volta… anzi rifiutò molte volte, perchè io continuavo a presentarmi da lui tutti i giorni, facendogli sempre la stessa domanda. Eh eh, un giorno mi inseguì persino per i campi con una vecchia spada in mano, minacciando di tagliarmi la testa se avessi continuato a insistere… Alla fine però, dopo ben nove settimane di richieste consecutive, la mia tenacia, sorretta dall'amore per Liamwen, lo colpì, e finalmente diede il suo benestare. Non dimenticherò mai la sua espressione tra il disperato ed il felice quando pronunciò quelle parole… fu il giorno più bello della mia vita!"

A queste parole, gli occhi di Bres luccicarono di commozione, ed il trasporto con cui stava raccontando colpì Ioria, che riuscì quasi ad immaginare quegli eventi avvenuti più di sei secoli prima. Poi però l'espressione del Guardiano cambiò, incupendosi, ed il sorriso si spense "Quel che accadde dopo, non potrò mai dimenticarlo! Erano passati tre mesi, e mancavano solo quattro giorni alle nozze, quando il mio intero mondo venne distrutto per sempre! Lo ricordo come se fosse ieri… avevo passato l'intero pomeriggio in una locanda, bevendo e scherzando allegramente con degli amici, ridendo e immaginando insieme come sarebbe stata la vita da sposato. Poi, poco prima del tramonto, mi incamminai verso la casa di Liamwen. Per la prima volta da sempre, quando giunsi in prossimità della loro abitazione, il vecchio cane da pastore che normalmente controllava i loro animali non mi corse incontro per salutarmi. Turbato, aumentai l'andatura, iniziando poi a correre disperatamente nell'accorgermi che la porta di legno della casa era stata sfondata. Con il cuore in gola, mi precipitai all'interno, e quel che vidi mi gelò il sangue!"

"Sul pavimento al centro della stanza, nuda con i vestiti strappati, giaceva immobile Liamwen, immersa in un lago di sangue. Attorno a lei, i corpi martoriati della madre, del padre, la cui mano stringeva ancora la vecchia spada, e persino del cane. In preda ad una disperata frenesia, tentai invano di curarla, ma ormai non c'era niente da fare: chi li aveva aggrediti, dopo averla privata della sua virtù, le aveva tagliato la gola. Per me, fu come se il terreno mi venisse tolto da sotto i piedi… crollai in ginocchio, stringendomi la testa tra le mani per svegliarmi da quell'incubo, singhiozzando ed urlando la mia disperazione ai cieli incuranti".

"Sai, dicono che esistano i presagi… foglie che cadono, sensazioni, oggetti che si rompono… segnali che qualcosa di grave sta per accadere a chi si ama. Eppure, in quelle maledette ore prima della tragedia, io non sentii assolutamente nulla… continuai a perdere tempo alla locanda ignaro di tutto…" raccontò con la voce rotta, stringendo con frustazione il pugno mentre le lacrime gli scorrevano sul viso "Forse… se fossi tornato indietro prima… avrei potuto essere a casa durante il massacro, e proteggere Liamwen… o magari morire insieme a lei!"

A queste parole, Ioria iniziò a tremare. Il racconto di Bres stava risvegliando in lui, nel profondo del suo cuore, delle sensazioni che da tempo credeva di essere riuscito a seppellire, a dimenticare. Ignaro di ciò, il Guardiano continuò.

"A causa delle mie grida, la madre di Liamwen si riebbe. Era mortalmente ferita, ma prima di spegnersi riuscì a dirmi quel che era successo: un piccolo gruppo di ragazzi, giunti a cavallo, aveva visto Liamwen e fatto irruzione nella capanna per approfittare di lei, uccidendo chi cercava di fermarli. Le sue parole infiammarono in me il desiderio di vendetta. Precipitatomi fuori dalla capanna, trovai le tracce degli aggressori e le seguii senza un attimo di sosta, correndo ininterrottamente per tutta la notte e tutto il giorno seguente. Al calar delle tenebre, raggiunsi finalmente il loro villaggio, un luogo con cui avevamo anche commerciato in passato. Lì da qualche parte si trovavano coloro che, per puro capriccio, avevano distrutto la mia vita… e probabilmente dormivano tranquillamente, incuranti delle loro colpe".

"A questo pensiero, fu come se un demone si fosse impossessato di me! Non volevo vendicarmi solo degli assassini di Liamwen, ma di tutti quanti, di tutti coloro che vivevano lì. Fuori di me, mi precipitai sul villaggio come un lupo su un recinto d'agnelli… appiccai il fuoco alle prime case ed attesi che la gente uscisse in strada, poi, armato solo di questo pugnale che si chiama Dìoltas mi avventai su di loro accecato dall'ira!".

Il tono in cui Bres stava parlando ora era così intenso, così cupo, che Ioria rabbrividì. Era ovvio che il guerriero stava ormai rivivendo quei momenti nella sua mente.

"Quando tornai in me era ormai l'alba, ed attorno a me, ovunque l'occhio potesse spaziare, vi erano solo cadaveri! Uomini e donne… giovani e anziani… adulti e bambini… in una sola notte, avevo massacrato più di 800 persone!" esclamò, spalancando gli occhi "Mentre io… non avevo che pochi graffi".

"E' terribile…" balbettò Ioria al pensiero di quella strage. Di fronte a lui, Bres alzò gli occhi al cielo

"Si dice che un essere umano capace di uccidere centinaia di suoi simili in poche ore, affrontandole uno ad uno, sia condannato a trasformarsi in un demone. Io non so se ciò sia vero, ma di certo gli Dei non lasciarono impunite le mie colpe: da quel mattino, scoprii che i miei occhi ed i miei capelli, un tempo verdi e castani, erano diventati rossi… il colore del sangue!"

"Avevo vendicato Liamwen… ma nonostante tutto non ero soddisfatto, mi sentivo solo molto, molto stanco. Sicuramente mi stava odiando dall'aldilà, perchè non ero riuscito a salvarla, ma senza di lei la mia vita ormai aveva perso di significato… desideravo soltanto rivederla… così, pronto a porre fine alla mia esistenza, mi trafissi al cuore con le mie mani… Non accadde nulla! La ferita si richiuse immediatamente, scomparendo come se non fosse mai stata aperta. Fu allora che lord Oberon apparve di fronte a me: mi disse che la morte era una punizione troppo blanda per le mie colpe, e che al contrario ero stato condannato alla vita eterna… una vita durante la quale vedere il rosso del sangue riflesso nei miei occhi e nei miei capelli mi avrebbe continuamente ricordato i miei peccati. Da quel momento fui portato ad Avalon, destinato a vivere in una stanza le cui pareti, il soffitto e persino il pavimento, erano completamente ricoperte di specchi, e nella quale avrei rivisto i miei occhi ed i miei capelli riflessi in ogni dove, centinaia e centinaia di volte al giorno! Non mi era concesso togliermi la vita, avrei potuto trovare la pace solo cadendo in una battaglia nella quale mi fossi impegnato al massimo contro il mio nemico, ma purtroppo, per quante guerre abbia combattuto, per quanti uomini abbia affrontato, in più di sei secoli nessuno è mai riuscito a porre fine alla mia sofferenza!".

Con queste parole, Bres tornò a concentrarsi su Ioria, il quale intuì che il racconto ormai era concluso. Ciononostante però, l'eroe non riusciva quasi più a muoversi, la vicenda di Bres l'aveva scosso e sentiva il proprio corpo pesante, lento. Come in una visione, vide il Guardiano avanzare verso di lui, brandendo Dìoltas, fino ad essergli ad un passo. "Quando ti ho visto, avevo sperato fossi tu l'uomo destinato a liberarmi, ma ormai è evidente che mi sono sbagliato!" sussurrò, affondando il pugnale nello stomaco di Ioria. La lama trapassò l'armatura d'oro come se fosse burro, penetrando in profondità e strappando un rantolo di dolore al cavaliere, la cui bocca si riempì di sangue.

"Com'è possibile ?!" balbettò con gli occhi sbarrati, mentre Bres estraeva la lama. Si portò la mano all'addome, cercando di fermare l'emorragia, che già scorreva copiosa, e tossì sangue, barcollando e fissando il nemico.

"Le vostre armature possiedono una vita propria, dono di Atena e di coloro che le forgiarono, e fonte della loro resistenza. Il mio pugnale però ha preso così tante vite nei secoli, che ormai la sua lama risplende sempre del nero bagliore della morte. Non esiste al mondo corazza, che sia in grado di arrestarlo!" spiegò, ed a testimonianza delle sue parole sferrò una serie rapidissima di fendenti, che superarono senza sforzo le difese dell'eroe, aprendogli numerose ferite.

"Non può finire così… d… devo reagire!" balbettò Ioria, cercando di sollevare il braccio e caricare il Sacro Leo, ma Bres lo trafisse alla spalla, perforandolo da parte a parte.

"Ti invidio, ormai sei all'epilogo! Presto sentirai che il tuo cuore, smetterà di battere!" gli sussurrò all'orecchio, ritirando il pugnale e spingendolo a terra. Ioria lo udì appena, attorno a lui ora non vi erano che le tenebre di un oblio senza fine.

Privo di forze, cadde al suolo, non sentendo neppure l'impatto. Aveva gli occhi aperti, ma le pupille erano ormai vitree, ed attorno a se non vedeva o udiva più nulla. Con un ultimo alito di consapevolezza, si rese conto che i cinque sensi ormai lo stavano abbandonando, e decise di accogliere l'oscurità dentro di se, lasciandosi andare alla deriva nel mare delle tenebre.

"Non ce la faccio… non riesco ad opporre resistenza. La sua storia… la sofferenza che ha provato… il dolore… il rimorso… potevo quasi sentirli… così freddi… così devastanti! Forse… era destino… che la mia vita finisse… per mano sua!" pensò, mentre la sua anima sprofondava verso il luogo del non ritorno.

"Destino? Il destino è quello che gli uomini strappano agli Dei combattendo! Fosti tu a dichiararlo un tempo, l'hai forse dimenticato?" esclamò in quel momento una voce forte e decisa, ed un rifulgente bagliore dorato rischiarò l'oscurità, spingendo Ioria a rialzare la testa. Di fronte a lui, Capricorn, suo antico compagno, lo fissava deluso.

"Cosa ti succede, Ioria ? Sei cavaliere d'oro votato alla cura ed alla salvezza di Atena, non è per te la resa! Il giorno in cui l'Ade ti reclamerà, sarà solo dopo aver combattuto fino all'ultimo afflato!" disse in tono di rimprovero "Puoi sconfiggere la sua lama se davvero lo vuoi! Preferisci forse abbandonare i tuoi amici? Abbandonare la Dea che hai giurato di proteggere? Essere spergiuro?"

A queste parole, l'eroe abbassò la testa, stringendo i pugni con crescente frustrazione, ma non rispose nulla.

"Ioria!" lo chiamò in quel momento una seconda voce, che il cavaliere riconobbe immediatamente. "Micene… fratello mio!" esclamò guardando la nuova figura che era apparsa di fronte a lui, luminosa come una stella. Nel suo sguardo c'erano tristezza e compassione, bontà ed affetto, ma nessuna traccia di astio o rabbia. "Vuoi arrenderti di fronte ad un nemico superiore? È questo che ti ho insegnato? È questo che hai fatto in passato? No, non lo è, ed allora erano i divini Titani i tuoi nemici. Ricorda come li affrontasti, come sapesti innalzare il tuo cosmo ai limiti massimi, e fallo ancora!" affermò con trasporto. Il giovane leone però stentava a fissarlo degli occhi, sentendo un enorme peso gravargli sulla coscienza. Fu allora Micene a parlare di nuovo, ora con voce calda e rassicurante, come se fosse a conoscenza del fardello che lo piegava.

"E' il cuore che frena la tua mano! Per un cavaliere di Atena un nobile cuore è fonte di forza, ma solo se il suo spirito è saldo e non venato dal dubbio e dalla paura. Paura che in questo caso non ha ragione d'esistere! Dentro di te tu sai la verità, l'hai sempre saputa! Aggrappati ad essa e rialzati!" esclamò, strappando un gemito al cavaliere del Leone, che rialzò la testa ed annuì, con le lacrime agli occhi. Capricorn e Micene ora sorridevano fieri, mentre le loro figure svanivano pian piano, e l'oscurità si dileguava.

Bres era in piedi, con lo sguardo fisso nella nebbia, attraverso la quale rivedeva la natia Scozia. "Mia dolce Liamwen, neppure questa volta riuscirò a ritrovarti!" mormorò triste. Improvvisamente però, delle onde di luce abbaglianti si allargarono al suolo sotto di lui, strappandolo bruscamente ai ricordi e spingendolo a voltarsi di scatto. Alle sue spalle, circondato da un cosmo caldo e splendente, Ioria si era rialzato. Era immobile, aveva il capo chino e gli occhi socchiusi, ma la sua energia ardeva come non mai.

"Non riesci ad abbandonarti all'oblio che io tanto agogno, cavaliere ?" chiese il Guardiano, senza ottenere alcuna risposta "E' quindi questo il tuo canto del cigno? Il cosmo che brucia ardente per un ultimo istante, prima di spegnersi per sempre?" domandò ancora, con il medesimo risultato di prima. Se non fosse stato per il bagliore del cosmo d'oro, avrebbe considerato Ioria ormai privo di vita.

"E' così dunque… questo è il tuo addio al mondo! Sei un uomo valoroso, non meriti una morte lenta. Permettermi d'aiutarti" affermò allora, brandendo pugnale ed avvicinandosi al nemico.

"Addio!" esclamò, vibrando l'affondo fatale, diretto al cuore del cavaliere. Improvvisamente però, veloce come un fulmine, Ioria afferrò Dìoltas, bloccandolo a pochi millimetri dal suo petto.

"Che vuoi fare?!" gridò allora Bres, cercando invano di liberare l'arma dalla salda presa del cavaliere, la cui mano ora sanguinava copiosamente a causa del contatto con la mortifera lama. "Devo vincerti, mi dispiace" gli rispose l'eroe, ancora con il capo chino e gli occhi socchiusi.

"Credi che non sia quel che anch'io desideri?" ribattè il Guardiano accalorandosi "Quando il nostro combattimento è iniziato, avevo sperato che fossi tu il guerriero abbastanza forte da porre fine alla mia vita, ma purtroppo non è così! Sono condannato a vivere nel dolore! Tu non puoi immaginare quanto desideri porre fine alla mia vita! Non sai cosa io provi giorno dopo giorno!"

"E' come… camminare continuamente sull'orlo di un baratro nero…" rispose Ioria con un sussurro, e gli occhi di Bres si spalancarono dalla sorpresa "Un baratro… da cui spirano un vento gelido e tagliente… una pioggia color pece che ricopre ogni cosa… una nebbia che cela per sempre lo splendore del sole. E il freddo è così intenso e penetrante… che si arriva a desiderare di gettarsi in quell'abisso pur di sfuggirgli… perchè anche la morte sarebbe meglio di un'esistenza così angosciosa".

"Tu sai!" balbettò Bres, indietreggiando di un passo, con gli occhi sbarrati, e fissando il cavaliere che aveva di fronte.

"Quando ho avvertito per la prima volta il tuo cosmo, ho sentito una sensazione familiare, che non sapevo spiegare, ma che mi turbava profondamente. Poi pian piano ho capito: il tuo cosmo, colmo di dolore… l'ho riconosciuto perchè anch'io avevo un cosmo simile un tempo!"

"Devo arguire… che anche tu hai perso qualcuno che amavi ?" domandò allora Bres, con rispetto e genuina tristezza.

"Purtroppo è così. Esattamente quindici anni fa, mio fratello Micene di Sagitter, sacrificò se stesso per salvare noi tutti, sottraendo l'infante Atena alle brame omicide del cavaliere di Gemini! Quel che accadde dopo è parte del mito… ma in seguito venni a sapere un'altra cosa: quella notte, Micene aveva cercato di raggiungermi alla quinta casa… forse per avvisarmi su Gemini, forse per portarmi via con se. La presenza del cosmo di Virgo lo obbligò ad abbandonare quest'idea… sarebbe stato troppo pericoloso ingaggiar battaglia nel cuore delle Dodici Case con un altro cavaliere d'oro. E così, inseguito da coloro che un tempo erano suoi amici, fu costretto alla fuga, ed infine trovò la morte!" raccontò Ioria, alzando poi gli occhi al cielo, mentre calde lacrime gli scorrevano ora sul volto

"E mentre tutto ciò accadeva… mentre colui che mi aveva cresciuto come un padre perdeva la vita, io dormivo tranquillo, alla quinta casa di Leo, ignaro di tutto. Se fossi stato sveglio… o se i miei sensi fossero stati più acuti, avrei potuto avvertire l'esplodere del suo cosmo… correre in suo aiuto… salvarlo! O morire combattendo al suo fianco! Ma non accadde! Non vi furono presagi ad avvisarmi… non vi furono amici a chiamarmi… non seppi quel che era accaduto fino alla mattina seguente, quando ormai era troppo tardi!"

"Da allora, per anni provai un profondo risentimento nei confronti di Virgo, che ai miei occhi, impedendo a mio fratello di raggiungermi, era stato responsabile della sua morte quanto Capricorn o Gemini! Ma in realtà, odiavo me stesso, per non essere stato più capace… ed odiavo Micene, per avermi abbandonato a quel modo! Alla fine, cercai di lenire il mio dolore accettando che fosse un traditore, e quando scoprii che così non era, mi dissi che il suo sacrificio era stato necessario per la salvezza di Atena. Persino dopo allora però… persino dopo averlo rivisto durante la guerra con Hades… in un angolo remoto nel profondo del mio cuore, restò il seme del senso di colpa per non essere riuscito a salvarlo!"

"Combattere contro di te… ha strappato il velo di menzogna dietro cui mi nascondevo, perchè è stato come combattere me stesso ! Quel che io ero stato! Ha fatto germogliare quel seme che credevo scomparso, e mi ha spinto a desiderare la morte, per poter finalmente chiedere perdono a Micene!" confessò fissando il cielo oscurato dalla nebbia, mentre lacrime sempre più copiose gli rigavano il viso. Poi però socchiuse gli occhi e chinò la testa. Riapertili, fissò Bres con determinazione.

"Avevo dunque ragione… noi siamo spiriti affini, uniti dalla tragedia! Capisco il tuo dolore, perchè lo conosco molto bene! Non posso far nulla per me stesso, ma permettimi di aiutare almeno te! Porrò fine alla tua vita, così potrai finalmente rivedere tuo fratello e restare sempre al suo fianco!" disse il Guardiano, quasi commosso, ma Ioria scosse la testa, e nello stesso momento rafforzò la stretta su Dìoltas, rendendo più profonde le ferite alla mano.

"No, ora ho capito! Se scegliessi la morte, le cose resterebbero immutate e la mia esistenza non avrebbe avuto alcuna utilità… sarebbe stato solo un vuoto vegetare, un vagare sull'orlo dell'abisso, incapace di allontanarmi. Lasciarmi cadere spontaneamente nel baratro non renderebbe felice mio fratello! Lui, che ha sacrificato se stesso per il bene di tutti, lui che ci ha dato la speranza di un mondo migliore, non vorrebbe mai che io gettassi via la mia vita in questo modo! No, lui vuole che io continui a vivere, onorando me stesso ed il suo ricordo con le mie azioni! E dentro di me io l'ho sempre saputo, è per questo che anche dopo la sua scomparsa, anche nei momenti più tristi e bui, quando sembrava che tutti mi avessero voltato le spalle, non ho mai posto fine alla mia esistenza. La morte non è la soluzione, la vita lo è!" esclamò con forza, aumentando ancora la stretta sul pugnale, incurante del sangue e del dolore.

"Come può tuo fratello desiderare che tu continui a vivere?! Dal luogo in cui ora riposa di certo ti odia, perchè non hai saputo aiutarlo, ed ora godi di quel che lui non ha più!" gridò Bres, fissando negli occhi il cavaliere d'oro

"Ti sbagli! Chi ci ha amati con tutto se stesso non ci odia dall'aldilà, ma ci sostiene e incoraggia! Il suo ricordo dev'essere fonte di forza, non di disperazione e colpa!" ribattè Ioria, stringendo ulteriormente la presa. La lama di Dìoltas era penetrata in profondità nelle sue carni, e premeva direttamente contro le ossa.

"Smettila! Non puoi spezzare il pugnale, se continui ti taglierai la mano! Ferm…" urlò il Guardiano, ma poi si fermò di colpo. Sulla nera lama di Dìoltas era comparsa una crepa.

"No, non mi fermerò! A te che combatti bramando la morte, ora mostrerò la grandezza della vita!!!" gridò Ioria, concentrando nella mano tutte le sue forze. Per un attimo, parve che il suo sangue stesse ricoprendo completamente la lama nera, poi, con un clangore metallico, Dìoltas andò in pezzi.

"Non… può essere! Come hai fatto ?" balbettò Bres indietreggiando con gli occhi sbarrati.

"Il sangue che ora scorre dalle mie ferite non è quello di chi accetta passivamente la fine, ma quello di chi si aggrappa alla vita con tutte le sue forze. Per la tua arma, che si nutre di morte, non esiste nulla di più letale!" affermò l'eroe, espandendo il proprio cosmo d'oro ed avanzando di un passo.

"Ed ora cedimi il cammino e permettimi di distruggere il sigillo di Oberon, te ne prego!"

"Uuh… dovrei dunque accettare di essere nel torto dopo aver trascorso sei secoli nel dolore? No, non posso farlo! Il rimpianto è tutto quel che mi resta! Come può Liamwen non odiarmi dopo il modo in cui l'ho abbandonata ?!" urlò il Guardiano, quasi tremante per la disperazione.

"Tu non hai nessuna colpa! Liamwen ti amava, dal luogo in cui ora riposa non desidera vederti soffrire, ma affrontare di nuovo la vita con l'energia che avevi quando l'incontrasti per la prima volta!" rispose il cavaliere d'oro con decisione, cercando di arrivare all'animo del suo interlocutore.

"No! No, non lo credo, è un trucco! Stai solo cercando di confondermi! Sta pronto cavaliere, perchè ora ti finirò con la spada di Avalon! Che tu lo desideri o meno, cadrai in Ade!" dichiarò allora Bres, bruciando al massimo il proprio cosmo e sollevando il braccio.

"Non morirò, ho una ragione troppo importante per vivere! Ma se è una prova pratica ciò di cui hai bisogno, allora ti accontenterò! Fatti avanti!" esclamò Ioria, la cui luce ora brillava intensissima.

"E sia!! Gladius Avalonis!!!" gridò Bres, scatenando il suo fendente.

Con un balzo, Ioria saltò in aria, facendo esplodere il suo cosmo "Brucia, lucente costellazione del Leone, fino al limite massimo!!"

"E' tutto inutile, dovresti saperlo orm…" iniziò Bres, ma le parole gli morirono in gola. Sopra il suo nemico, erano comparse altre due figure, coperte da dorate vestigia, che sembravano avvolgerlo con la loro luce accecante. Nello stesso momento, alle spalle di Ioria apparve qualcosa.

"Ma quelle… sono delle ali! Delle ali d'oro!" mormorò il Guardiano con voce rotta dalla sorpresa. Di fronte a lui, il cavaliere di Leo sembrava quasi volare mentre schivava i fendenti della spada di Avalon.

"E non è ancora finita!! Per il Sacro Leo!!" gridò Ioria, scatenando il suo colpo segreto.

Reagendo d'istinto, il Guardiano si mosse per schivarlo, ma si accorse immediatamente che stavolta ciò non bastava. Anche solo sfiorandolo, i colpi del Sacro Leo aprivano profondi tagli sul suo corpo, scheggiando persino la corazza di Orialcon. "E' diverso da prima! E' come se ora i suoi colpi… avessero con se il taglio di una spada affilatissima!!" capì, prima di venire completamente travolto dalla furia del Sacro Leo con un grido di dolore. Il colpo del cavaliere però non si limitò a questo, il suo impeto fu tale da spazzare via le nebbie, aprendo un varco attraverso cui il caldo sole cretese poteva filtrare sul campo di battaglia.

Qualche minuto dopo, riverso al suolo supino, con gli occhi chiusi, sanguinante e con l'armatura ormai piena di crepe, Bres riprese i sensi e ripensò a quanto accaduto. "Non era da solo… due spiriti lo hanno sorretto dall'aldilà… aiutandolo ad aggrapparsi alla vita" realizzò "Possibile che le sue parole fossero vere ? Oh, dolce Liamwen, cosa devo credere?!" si chiese.

Fu allora che si accorse di un piacevole tepore che gli accarezzava il viso. Aprì gli occhi, e venne abbagliato dall'accecante luce del sole che brillava sopra di lui, caldo e splendente "Proprio come quel giorno in Scozia, in cui la vidi per la prima volta…" balbettò, ed in quel momento, al centro della corona solare, comparve una figura femminile dai lunghi capelli d'oro, candida ed eterea. Lo guardò per qualche attimo, sorridendogli con amore, e poi svanì nel nulla.

E Bres pianse.

Intanto, a pochi passi di distanza, Ioria aveva trovato finalmente l'oggetto della sua missione. Una tavoletta di pietra esagonale, dalla quale partiva un raggio di energia cosmica quasi invisibile. Avvicinatosi, la guardò con attenzione: sopra di essa, in caratteri runici, era riportata la parola "sensibilità".

"Che cosa vorrà dire ?" si chiese, pronto a frantumarla con un pugno. "Riponila, il nostro duello non è ancora concluso!" affermò improvvisamente una voce dietro di lui, e voltandosi il cavaliere vide Bres, ora spogliatosi delle vesti di Orialcon.

"Sei ancora deciso a combattere ?" gli chiese con amarezza, lasciando cadere di nuovo a terra il sigillo

"Devo farlo, perchè è mio dovere. Comunque questa battaglia si concluda, non farò ritorno ad Avalon! Non passerò il resto dell'eternità a rimirare la mia immagine, perso in dolorosi ricordi, in cerca della fine! Quando verrà il mio momento, l'accoglierò senza timori, ma fino ad allora io vivrò! Però non posso andarmene lasciando in sospeso un duello, l'onore me lo impone! Proteggere il sigillo è il mio ultimo compito, non solo come Guardiano di Avalon, ma anche come guerriero, ed intendo portarlo a termine!" esclamò con rinnovata decisione. Il suo sguardo ora era completamente diverso da prima, sembrava che le lacrime avessero lavato via ogni traccia di dolore e rimorso.

"E' per questo che ti sei privato dell'armatura ?" domandò Ioria con serietà

"Si. Non è più Bres, Guardiano di Avalon, che hai di fronte, ma Bres, guerriero di Scozia!" affermò con orgoglio il ragazzo.

"Come vuoi, ci affronteremo un'ultima volta! Ma sappi che anch'io ho un codice d'onore, ed esso mi impone di battermi ad armi pari!" sorrise il cavaliere d'oro, e con un gesto si privò dell'armatura del leone, che cadde rumorosamente a terra.

A tale gesto, Bres restò interdetto per qualche attimo, poi sorrise sornione "Sei uno sciocco, non credevo…" disse, sollevando il pugno.

"Mpf… come hai detto tu stesso, siamo spiriti affini, e si dice che tra simili ci si riconosca!" rispose Ioria, facendo lo stesso.

I due si fissarono negli occhi per un attimo, poi si lanciarono l'uno contro l'altro, pugno contro pugno, colpendosi ripetutamente al viso, al petto ed allo stomaco, senza badare a schivare o parare i colpi altrui. Nessuno dei due però accennava a bruciare il cosmo o sferrare un colpo segreto, ad un passante occasionale quella che stava avendo luogo non sarebbe sembrata altro che una zuffa da strada.

"Non… sei… affatto male!" mormorò dopo parecchi minuti Bres, il cui labbro inferiore aveva incominciato a gonfiarsi.

"Anche tu te la cavi…" rispose Ioria, incurante di un ematoma vicino all'occhio sinistro. Si sentiva come se fosse tornato di nuovo ragazzo, ai tempi dell'infanzia felice al Grande Tempio, insieme a Micene, lontano da guerre e morte.

Riprendendo fiato, i due si guardarono in faccia. Ormai sorridevano apertamente ed il sudore ed i colpi avevano cancellato da entrambi i loro volti ogni traccia delle lacrime di poco prima. Senza dir nulla, si lanciarono uno contro l'altro per un ultimo assalto, centrandosi in pieno viso con un diretto, che li lanciò indietro di qualche metro, ansimanti.

"A quanto pare, siamo alla pari! Spero che il tuo onore sia soddisfatto dopo tutti questi lividi…" ironizzò Ioria.

"Si… direi di si…" rise Bres, allungando la mano per raccogliere il sigillo di Oberon, che era a pochi centimetri da lui. Tornando serio, lo fissò per qualche secondo, e poi lo lanciò a Ioria. "É tuo, fanne quel che vuoi!" disse soltanto, prima di accasciarsi sull'erba a riprendere fiato.

Ioria non rispose nulla, si limitò ad annuire e concentrare il proprio cosmo nel pugno, per poi sferrare un fulmine di energia, che disintegrò senza sforzo la tavoletta di pietra a mezz'aria. Nell'istante stesso in cui il sigillo venne rotto, sull'Olimpo la barriera vacillò di nuovo, specie in corrispondenza del tempio di Efesto, adattandosi di nuovo solo dopo qualche attimo. Ioria ne osservò le polveri che venivano portate via dal vento "Micene, e anche tu, Capricorn… mi avete dato la forza di vincere i demoni che si annidavano nel mio cuore. Vi prego, dall'alto del Paradiso dei cavalieri, continuate a vegliare su tutti noi!" mormorò, prima di accasciarsi anche lui sull'erba per recuperare le forze.

Ad Avalon, Oberon aveva seguito l'intero scorrere del combattimento dal suo specchio d'acqua, ed i suoi occhi si socchiusero in una fessura minacciosa, scintillando sinistramente nel buio.