MORTE

Con ancora dinanzi a sé l'immagine di Morte, ghignante e soddisfatto, Phoenix si sentì annegare, mentre tutti i suoi sensi venivano avvolti dall'oscurità. A stento udì la voce di Pegasus urlare il suo nome, a stento lo vide tendere una mano verso di lui, poi tutto scomparve. A circondarlo però non erano tenebre intangibili, ma una sostanza quasi densa, oleosa, soffocante, capace di resistere a qualsiasi suo sforzo per liberarsi senza dargli alcun appiglio.

"Devo uscire di qui, o per me sarà la fine!" pensò, iniziando ad espandere il suo cosmo nel tentativo di bruciare via ciò che l'avvolgeva. Prima che potesse farlo però, le tenebre scomparvero, veloci come erano venute, e l'eroe si ritrovò a sbattere malamente su un pavimento di pietra grezza, tagliata in grosse lastre rettangolari. Alzando la testa e guardandosi attorno, scoprì di essere in una stanza abbastanza grande, spoglia con la sola eccezione di numerose tavole e sedie di legno, rozzamente rifinite rispetto a quelle viste nelle altre sale del castello. Alcuni archi di pietra ed una tromba di scale che scendeva verso il basso, perdendosi nelle profondità della terra, completavano il panorama.

"Sei in quelle che un tempo erano le stanze comuni della servitù, in uno dei livelli inferiori del maniero..." spiegò una voce, anticipando i suoi dubbi. Con passo silenzioso, Morte, Flagello di Erebo, emerse dalle ombre stesse della parete, quasi come uno spettro.

"Tu!" ringhiò rabbiosamente Phoenix, alzandosi di scatto con il pugno serrato. "Avresti fatto meglio a lasciarmi in quell'intruglio nero, così avresti prolungato ancora un po' la tua vita. Perché sappi che ora io vi porrò fine! Non avrò pietà, vendicherò mio fratello Andromeda, che tu hai crudelmente ucciso!"

Senza attendere risposte, il Cavaliere si lanciò in avanti, caricando il pugno di energia e sferrando un fascio di luce verso il capo del nemico. Con un impercettibile movimento laterale però l'avversario lo schivò, lasciandolo infrangere sulla parete alle sue spalle.

"Volutamente o meno, le tue parole sono ironiche, paladino di Atena. Parli di trucchi per prolungare la mia vita, di tentativi di porle fine... non sai forse con chi hai a che fare? Io sono Morte, colui che del creato è la fine, Flagello degli uomini e dei viventi tutti!"

"Morte...!" sussurrò Phoenix, ponendo più attenzione sulla sua lugubre figura e sulla Veste Cinerea che indossava.

Era liscia e aderente, quasi più simile ad una seconda pelle che ad un'armatura, nonostante il metallo risplendesse di neri riflessi corvini. Priva di spuntoni o escrescenze, ad una prima occhiata sembrava decorata solo da un misto di striature e bizzarri rigonfiamenti. Solo fissandola meglio il Cavaliere si accorse di quel che erano in realtà, faticando a trattenere un brivido di disgusto.

La Veste Cinerea raffigurava infatti parti del corpo umano in vari stati di decomposizione. Le striature di muscoli scuoiati su coprispalla, schiniere destro e metà sinistra del pettorale; le sagome degli organi intestinali sull'addome; costole, sterno, tibia e perone sul lato destro del torace e sulla gamba sinistra; le ramificazioni dei nervi sulle braccia ed i polsi, fino alle dita. Per di più, la demarcazione tra le parti non era fluida, ma netta, quasi brusca, con improvvise cicatrici che attraversavano il metallo diagonalmente o orizzontalmente. Ad esempio, in alcuni punti le striature muscolari del torace destro oltrepassavano lo sterno, allungandosi brevemente sul lato sinistro, oppure i nervi delle braccia si diramavano verso la spalla. Il dorso della mano sinistra era coperto da una piastra simile ad un lembo di pelle, e così via, dando alla corazza un'agghiacciante naturalezza, come se si trattasse davvero di un cadavere martoriato.

Eppure, al tempo stesso, il nero splendente del metallo le donava una certa, inquietante bellezza. Quasi un lugubre fascino.

Solo due elementi sfuggivano alle regole di quella strana armatura: lunghe ali di corvo partivano dalla schiena, salendo dietro le spalle ed estendendosi fino alle caviglie. E l'elmo, in realtà dalla forma di cappuccio metallico, che nascondeva gli occhi e la fronte, mostrando solo la metà inferiore del viso, di un pallore spettrale. Per il resto, nulla del Flagello era visibile, all'infuori di qualche ciuffo di capelli bianchi.

Momentaneamente sorpreso da quell'aspetto, Phoenix rimase in silenzio, improvvisamente consapevole anche del peso dello sguardo del nemico. Seppur celati dall'elmo, poteva sentirne gli occhi sondarlo con attenzione, quasi analizzarlo alla ricerca di qualcosa. Se tale indagine avesse avuto successo o meno però l'eroe non poteva dirlo, il volto di Morte non tradiva alcuna emozione.

"La sorte di tuo fratello è la stessa cui è destinata ogni creatura, non ho fatto altro che anticiparla un po'. I tuoi compagni di ventura lo avrebbero presto accompagnato, se Guerra non si fosse messo di mezzo, forte della vuota carica datagli da Erebo! A causa sua, la loro fine è stata temporaneamente ritardata... di poco credo, perché di forza e abilità guerriera mio fratello non è certo scevro. Poco importa comunque, che si diverta pure con le sue battaglie. Tra tutti voi solo tu mi premi..." disse ad un tratto il Flagello, interrompendo il silenzio.

Di fronte alla conferma dei suoi sospetti, l'eroe si accigliò, non potendo impedire ad un rivolo di sudore di scorrergli sul viso. "Questa sensazione... è simile a quel che provai al tempio di Ares, ma al tempo stesso diversa, più incisiva e profonda. Cela qualcosa costui..." pensò. L'esitazione tuttavia non durò che un attimo, poi il dolore della morte di Andromeda tornò a bruciare, ed il guerriero si scosse.

"Parli con orgoglio e tronfia tracotanza, ma non sei la prima divinità della morte che mi sbarra il passo! Hades, Thanatos, entrambi portavano questo titolo, ed entrambi alla fine sono caduti! Medesima sorte toccherà a te!" gridò, espandendo il suo cosmo.

"Tsk, non confondermi con divinità inferiori che hanno in dono appena una misera frazione del mio potere. Io non sono un Dio della morte, io sono la Morte, l'essenza stessa di quel che altri si vantano di governare. In questo medesimo istante, spinto dalle armate di Erebo, il mio abbraccio si estende sul mondo" esclamò in risposta il Flagello, vagamente infastidito.

Phoenix non ribatté, ma fece strisciare il piede lateralmente, preparando un passo in avanti. Aveva parlato anche troppo, la sua risposta sarebbe giunta con i fatti.

Il nemico sembrò pensarla allo stesso modo. Senza preavviso sollevò l'ala sinistra, dal cui interno spirava un cosmo mortifero.

"Le mie parole non bastano, a quel che vedo è necessario un gesto a confermarne la veridicità. Sia, dopotutto anch'io sono bramoso di vederti alla prova: delle pedine placheranno il tuo ardore!" affermò, schioccando le dita. Il cosmo nero aumentò a dismisura, mentre un gelido vento si emanava dall'ala, trascinando con sé lamenti e grida lontane. Le piume corvine sembrarono grondare inchiostro, allargandosi fino ad aprire l'ingresso di un passaggio. Un momento dopo, delle figure emersero dalla Veste Cinerea.

"Non... non è possibile! Voi!" esclamò Phoenix sbalordito, riconoscendo le prime due che gli si stagliarono di fronte. "Non è inganno o illusione, sono proprio loro... Hypnos! Thanatos! Gli Dei Gemelli al servizio di Hades!"

Un momento dopo, altri si unirono a loro, e ben presto sette figure fronteggiavano il Cavaliere della Fenice.

"Chi sono costoro?!" domandò l'eroe a denti stretti.

"Hypnos, Thanatos, Nemesi, Eris, Geras, Biasimo e Inganno. I figli di Erebo, da lui convocati poco dopo il suo ritorno, e giustiziati dagli Imperatori. Indegni di far parte delle sue schiere, sono stati condannati all'eterno oblio. Come tutti i caduti, ora mi appartengono, e l'ordine che impartisco loro è semplice: annientarti!"

A quel comando, senza dire una parola, i sette si mossero all'unisono verso Phoenix, circondandosi di cosmi nerastri.

Fu Geras il primo ad attaccare, con una sfera di energia nel palmo della mano. Il Cavaliere balzò in aria, schivando senza troppi problemi ed accorgendosi che al tocco del nemico la pietra avvizziva, diventando polvere, ma prima che potesse contrattaccare una frusta gli si avvolse attorno alla caviglia.

Con uno strattone, Biasimo lo tirò verso di sé, facendolo schiantare a terra, per poi roteare l'arma sopra la testa intenzionato a sbattere lei ed il guerriero contro la parete.

"Di fruste ne ho patite abbastanza sull'Olimpo..." disse Phoenix, memore del duello contro Megera, e con un colpo di reni piegò il busto, tranciando l'arma con il taglio della mano ed atterrando agilmente con una capriola. In un istante fu sul nemico e gli appoggiò la mano sull'addome, liberando un'ondata di energia e scagliandolo dall'altro lato della sala.

Ad un tratto lo spazio attorno a lui venne distorto, venendo avvolto da onde verdastre e violacee su cui fluttuavano le immagini delle carte dei tarocchi.

"Hypnos!" intuì, riconoscendo il cosmo e balzando all'indietro con una capriola appena in tempo per evitare l'oblio dell'Eternal Drowsiness, dei cui effetti sapeva bene grazie ai racconti di Andromeda e Cristal.

Così facendo tuttavia si ritrovò nel mezzo di un assalto incrociato di Discordia e Geras. Stiletti di luce ed onde biancastre sfrecciarono verso di lui a più riprese, formando dedali e ragnatele fittissime che parvero sopraffarlo completamente.

L'illusione della vittoria però non durò che qualche attimo, poi il cosmo infuocato della Fenice spiegò le ali, dissolvendo le scariche, flebili e pallide al suo confronto. Il vento infuocato che seguì, semplice emanazione del cosmo dell'eroe, gettò indietro Discordia e Geras, sollevandoli da terra come se non fossero che fuscelli ed incrinando persino le loro armature.

Da dietro le spalle del Dio emerse allora Thanatos, le mani congiunte davanti al torace.

Riconoscendo quella tecnica, Phoenix alzò il palmo, bloccandola completamente. "La Terrible Providence non bastò ad uccidermi quando indossavo un'armatura di bronzo, come puoi sperare che ci riesca adesso?" domandò, non senza una punta di sarcasmo, prima di travolgere il nemico con una folata di energia. Il Dio non emesse un suono, neppure quando parte della sua Surplice esplose in frantumi.

"Non sembra neanche più lui, il cosmo di Morte lo ha ridotto ad un fantoccio con la più mera parvenza di vita..." realizzò l'eroe, scoccando un'occhiata al Flagello che era rimasto in disparte, intento ad osservarlo senza tuttavia intervenire. "Non può credere che mi sconfiggano, il loro scopo dev'essere un altro!"

Approfittando di queste riflessioni, Hypnos e Biasimo si portarono sui lati del ragazzo, afferrandogli rispettivamente il braccio sinistro e destro, mentre anche Nemesi balzava alla carica, gli artigli acuminati ed i folti capelli verdi che le incorniciavano il viso.

Con una punta di stizza per essersi lasciato sorprendere, Phoenix fece di nuovo esplodere il suo cosmo, sollevando lingue di fuoco che investirono le divinità, costringendole a lasciare la presa, e travolgendo l'incarnazione della vendetta con un fascio di energia che la centrò a mezz'aria.

Nello stesso momento la lancia di Eris sfrecciò verso di lui, aprendogli un graffio sanguinante sulla guancia. Spostandosi di un passo, il Cavaliere si accorse che il suolo attorno a lui si era mutato in uno spazio distorto. Con la coda dell'occhio vide Inganno allargare un cerchio con le dita, poi un'onda lo investì, facendolo svanire.

Per alcuni secondi, le sette divinità si guardarono meccanicamente attorno, convinte della vittoria. Poi, un momento prima che si voltassero per tornare dal loro nuovo padrone, un'esplosione di fuoco e fiamme divampò al centro della sala, accompagnata dal volo della fenice leggendaria, che calò in picchiata su Inganno, incenerendolo.

Dietro l'ombra del cappuccio, Morte socchiuse gli occhi in una fessura, concedendosi un sorriso.

"Mi dispiace per te, ma ora che lo spirito della fenice dorme di nuovo nelle mie vesti, non è così facile costringermi all'oblio!" avvertì, sollevando contemporaneamente le braccia e caricandole di energia mentre Thanatos, Hypnos, Nemesi, Geras, Biasimo ed Eris si lanciavano contro di lui.

"Anche se siamo nemici ho pena di voi, costretti a questo infausto destino. Ma anche troppo tempo mi avete fatto perdere: Ali della Fenice!!"

Il colpo fiammeggiante investì in pieno i sei, frantumandone le armature e distruggendone i corpi. Appena pochi istanti dopo, sei carcasse incenerite si schiantarono al suolo, prive di vita.

Osservando Hypnos, colui che gli era caduto più vicino, a Phoenix non sfuggì il breve sorriso di sollievo e gratitudine che gli si era disegnato sul viso. Vederlo non fece che aumentare il suo disprezzo nei confronti del Flagello.

"Affidarsi a marionette soggiogate contro la loro volontà, che metodo indegno di condurre la battaglia! È tutta qui la tua forza, servo di Erebo?" ringhiò, fissandolo torvo e circondandosi del suo cosmo, dalla spaventosa aggressività.

"Servo, dici? La tua ignoranza è seconda solo alla tua superbia. La morte non ha padroni, solo alleati, e in questo momento Erebo non è tra loro..." rispose in tono piatto il Flagello, sbalordendo l'eroe.

"Come sarebbe?!"

"Non crucciarti di cose che non ti riguardano, quando le mie scelte di campo saranno note il tuo fato sarà già scritto! Non più schiavi affronterai, ma la morte ed il terrore che da lei spira!" dichiarò, sollevando la mano destra davanti a sé. Rispondendo al suo comando, le ombre della sala accorsero a lui, concentrandosi nel palmo ed allungandosi su entrambi i lati, fino a trasformarsi in una lunga falce d'ebano.

"Cosa?" sussurrò il Cavaliere, alzando immediatamente la guardia. Alla vista di questo gesto, Morte si concesse un sorriso.

"Sinistro Mietitore sono stato chiamato gli uomini, e non a torto, perché non esiste protezione dal mio tocco che tutto recide. Come potrebbero le tue ridicole difese fermarmi? Contempla la forza che mi è propria!" lo derise, aprendo le dita della mano libera. Sembrò non accader nulla, ma poi Phoenix si sentì investire da dozzine di colpi, che lo centrarono al torace ed alle gambe, gettandolo al suolo.

"Uuh... mi ha atterrato con un solo gesto, ma non è questo a preoccuparmi. I suoi colpi... non... non sono riuscito a vederli..." pensò, rialzando la testa ora chiazzata da un rivolo di sangue che sgorgava dall'angolo della bocca.

Di fronte a lui, Morte era di nuovo immobile, apparentemente non interessato a proseguire l'attacco nonostante il momento di vantaggio. A questa visione, Phoenix si rialzò di scatto.

"Se credi che quei pochi colpi mi abbiano sconfitto..." iniziò, lanciandosi alla carica, il pugno destro incassato nel fianco, carico di energia cosmica. Appena pochi passi però ed altri colpi lo investirono, forti come i precedenti ed altrettanto misteriosi.

Un fascio lo investì alla gamba sinistra, sbilanciandolo e smorzando il suo assalto, poi tre scariche fitte e serrate al torace ed alle spalle, seguite da un maglio che esplose sulla tempia, facendolo barcollare e cadere in avanti. Una colonna allora si alzò da terra, centrandolo alla bocca dello stomaco e lanciandolo in aria sanguinante.

"Sono prigioniero del suo giogo, devo reagire!" pensò, spiegando di colpo le ali della corazza e planando all'indietro, in modo da interrompere la spinta e trasformarla in un'improvvisa picchiata.

"La virtù d'attacco non ti fa difetto, ma a te la difesa ora! Ali della Fenice!!" gridò, concedendosi un sorriso nel vedere il colpo segreto centrare in pieno il suo bersaglio.

Fiamme capaci di liquefare persino un'armatura d'oro si alzarono maestose, avvolgendo il Flagello. Ma, laddove altri sarebbero crollati esanimi, Morte non se ne curò affatto, lasciandosi investire da lingue di fuoco e cascate di scintille come se non fossero che innocue gocce d'acqua. Il suo unico gesto fu un manrovescio, con cui colpì il volto di Phoenix, frantumando il diadema e scaraventandolo a terra, dove rotolò fino a sbattere contro la parete.

Con più fatica di prima, il Cavaliere alzò la testa, su cui ora il sangue zampillava da numerose ferite.

"Non capisco, è assurdo... ormai sono in grado di scorgere facilmente anche i colpi alla velocità della luce... allora perché non i suoi?!" si chiese, rialzandosi in qualche modo in piedi.

"Non puoi scorgere quel che è invisibile..." esclamò Morte, leggendogli nel pensiero.

"Invisibile?!"

"E' ovvio, ti basterebbe riflettere. Nessuno può vedere i colpi che sferro finché essi non sono sul bersaglio. La morte non si fa annunciare se non lo desidera, il suo tocco giunge inaspettato e inatteso. Allo stesso modo non puoi vedere i miei attacchi, solo sentirne la forza sulle membra!" spiegò, prima di inclinare leggermente il capo.

"Altre armature sarebbero esplose in frantumi non appena le avessi sfiorate, ma non la tua..."

"Non la mia, tu l'hai detto! E' Vampa di Guerra il nome di queste vesti, rinate con il sangue di Ares! Non l'infrangerai facilmente!" gridò il Cavaliere con un misto di orgoglio e convinzione.

In tutta risposta, il Flagello brandì finalmente la falce, limitandosi ad un laconico "Non ne ho alcun bisogno..."

Un solo gesto e la sua arma fendette l'aria. Nonostante si trovasse ad alcuni metri di distanza, Phoenix ne sentì immediatamente il taglio stridere contro la sua armatura e, un attimo dopo, sulle carni sottostanti.

"E' come l'arma di Kalì, può superare la difesa della cor..." comprese, prima di accorgersi che le forze ed i sensi lo stavano già abbandonando nonostante la ferita non fosse certo letale. Una frazione di secondo più tardi un dolore accecante esplose nel suo corpo, ed egli venne travolto e scaraventato al suolo, dove giacque immobile.

"E' fatale il tocco della mia falce, fatale e inarrestabile, anche per un guerriero tuo pari!" commentò Morte, vedendolo cadere privo di vita. Non c'era trionfo però nella sua voce, solo la più vaga punta di curiosità, mentre si avvicinava al cadavere, già consapevole di quel che stava per accadere.

Come previsto, in pochi attimi lingue di fuoco avvolsero il corpo del guerriero, innalzandosi in una colonna ardente. Incurante del calore, il Flagello rimase immobile ad osservare la scena.

Sotto i suoi occhi, il fuoco si fece così intenso da diventare accecante. Una pioggia di scintille volò ovunque, ed improvvisamente il centro della colonna si gonfiò ed esplose, liberando un uccello fiammeggiante, il becco e gli artigli pronti a ghermire la preda.

"Ali della Fenice!!" ringhiò Phoenix, scagliandosi all'attacco con tutta la forza del suo colpo segreto. Impassibile, Morte non si difese neppure, lasciandolo nuovamente infrangere sulla Veste Cinerea.

"Di nuovo in vita..." commentò piatto.

"Tsk, quel che ho detto alle tue marionette lo ripeto a te: la fenice è immortale, dovrai rassegnarti!" esclamò il Cavaliere, toccando terra alle sue spalle e ruotando sul piede di appoggio per fronteggiarlo ed uscire da quella situazione di stallo.

Non appena ebbe poggiato di nuovo gli occhi su di lui però, Phoenix si accorse subito che qualcosa nel Flagello era cambiato. Il nemico gli dava ora le spalle, eppure l'aura che lo circondava stava mutando, trasformandosi in un nero miasma che aggressivo si agitava nell'aria. Al tempo stesso, il cosmo dell'entità, finora ampio ma calmo, sembrava adesso sul punto di ribollire.

"Lo so bene, la tua esistenza è una macchia che dovrò cancellare, l'unico ostacolo nel disegno che intendo attuare!" esclamò Morte, con più enfasi che mai. "Solo per questo ho deciso di affrontarti di persona, nonostante non mi aggradi la lotta! Da tempo immemore non mi abbandono alla sua furia... ma non potevo lasciarti ai miei fratelli, non tu!" disse, girandosi e avvicinandosi di un passo, le ali improvvisamente agitate dal cosmo che lo circondava.

Phoenix non poté trattenere un brivido. "Che intendi dire?"

"In un tempo remoto, in un'epoca che appartiene agli abissi del tempo, il giovane Titano Crono uccise Urano, macchiandosi del primo omicidio della storia. Quel giorno nacqui io, primo tra i Flagelli, temuto dagli Dei persino più che dagli uomini. Mio compito, dispensare il dono dell'oblio, senza vendette o favoritismi, perché cos'è la morte se non il più grande equalizzatore di tutti?

"Ricchi e poveri, colti e ignoranti, vecchi e giovani, onesti e criminali... tutti sono uguali di fronte alla mia falce. Persino gli Dei possono cadere, ma a te, semplice essere umano, è stata data in dono l'immortalità! La fenice che un tempo solcava i cieli era l'incarnazione della vita proprio come io lo sono della Morte. Un tempo, millenni fa, ella chinò il capo al cospetto di Atena, accettando di bruciare un'ultima volta nella pira in cui fu forgiata l'armatura che indossi. Da allora il suo spirito vive in lei, donando l'immortalità al freddo metallo ed a colui che l'indossa."

Sbalordito da quella rivelazione, l'eroe spalancò gli occhi mentre il Flagello proseguiva.

"Un'armatura superiore a qualunque altra, ma anche un inaccettabile affronto alla prima e più grande legge del creato. Io che ero sempre esistito al di sopra delle emozioni, per la prima volta provai collera. Non potendo distruggerla direttamente, la maledissi, condannandola ad essere per sempre circondata dalla morte, macchiando di fosca tragedia la vita di chiunque cercasse di impadronirsene!"

Colpito dalle implicazioni di quelle parole più che da un qualsiasi attacco, Phoenix barcollò indietro di un passo. "Ma allora... l'inferno dell'Isola della Regina Nera... la tragica fine di tutti gli apprendisti che prima di me lì si recarono..." balbettò.

"Opera mia, e del mio cosmo che sinistro aleggiava. Lo intuì Atena, ma non era nei suoi poteri fermarmi, così come non poté impedirmi di vendicarmi anche di lei, che così sfacciatamente mi aveva sfidato. Portai il mio spirito a riposare nelle profondità della fortezza da lei edificata, il Grande Tempio, alla casa del Cancro, i cui custodi nel corso dei secoli reagirono in vario modo ai miei influssi."

Phoenix però aveva ascoltato a stento queste ultime parole. Il suo intero corpo tremava di rabbia, il pugno destro serrato così forte da far sanguinare le dita.

"Una... sola domanda: una fanciulla che vivesse sull'Isola Nera, uno spirito puro non interessato all'armatura ma vicina a colui che ambiva a conquistarla... avrebbe risentito della tua maledizione?" chiese a denti stretti.

"Il suo fato sarebbe stato segnato, tanto più tragico quanto ella fosse cara all'aspirante Cavaliere..."

"Aaaarrr!!!!!!" gridò Phoenix, spalancando gli occhi, le pupille contratte ed accecate dall'odio. Il suo cosmo esplose, aggressivo come mai, spaccando il suolo ai suoi piedi. L'ira provata quel giorno e liberata sul suo maestro si riaffacciò prepotente, spingendolo a lanciarsi alla carica a testa bassa, con un impeto tale da sorprendere persino il Flagello.

Come poco prima, raggi e colpi invisibili si abbatterono su di lui, ma stavolta nulla poteva arrestare il suo impeto. Incurante del dolore e di nuove ferite sanguinanti, Phoenix si avventò sul nemico, colpendolo al viso con un pugno rabbioso.

Morte barcollò all'indietro, ma il Cavaliere gli afferrò il polso, tirandolo a sé.

"Non solo Andromeda... anche Esmeralda ho perso a causa tua!! Lei che non aveva mai fatto del male a nessuno, lei la cui unica colpa è stata amarmi, e tutto a causa del tuo stupido orgoglio ferito!!" ringhiò, tempestando di pugni la Veste Cinerea, così veloce che Morte perse la presa sulla falce e si trovò ad essere spinto indietro sotto la forza selvaggia di quell'assalto.

Tra tutti i Cavalieri, solo Sirio avrebbe potuto capire quel che il ragazzo stava provando, quel misto di odio, rabbia e senso di colpa che egli aveva provato durante la battaglia con Cancer. All'epoca, l'aura del Dragone si era innalzata a superare quella di un Cavaliere d'Oro. Ora, il cosmo della Fenice, già di proporzioni divine, bruciava inarrestabile come un sole.

"Che colpa ne avevano i ragazzi dell'isola della tua diatriba con Atena, te lo sei chiesto questo? Che colpa ne aveva Esmeralda?!! Rispondimi!!" urlò, sbattendolo contro una colonna che crollò per l'impatto.

"Distruggendoti vendicherò sia Esmeralda che Andromeda, stà pronto! Il fato cui tanti hai condannato ora sarà il tuo, diventerai cenere di cenere! Rogo della Fenice!!"

Come contro la Dea Kalì, il colpo segreto si abbatté sul Flagello, venendo assorbito dalla Veste Cinerea e facendola diventare incandescente. Sotto gli occhi dell'ansimante Phoenix, Morte venne avvolto da una pira fiammeggiante, scomparendo completamente.

"Ci sono... riuscito?" si chiese, riprendendo fiato mentre il suo cosmo calava d'intensità.

In risposta alle sue parole, un'aura nera si innalzò attorno alle fiamme, estinguendole fino all'ultima scintilla.

"Che cosa?!" balbettò, indietreggiando di un passo alla vista della nera figura che di nuovo lo fronteggiava.

"Stolto, come può essere possibile uccidere la Morte?" lo derise il Flagello, lasciando ricomparire in mano la falce. "La tua rabbia mi ha sorpreso, ma non esiste collera in grado di annientarmi. Ammetto di essere deluso, mi aspettavo di meglio dal primo essere umano ad essere riuscito a vincere quella corazza. Ma non importa, anche troppo abbiamo tergiversato, è tempo che il mio disegno si compia!"

Prima che il nemico potesse reagire, Morte conficcò la punta della falce al suolo, liberando un'onda nera che investì il guerriero. Ancora una volta egli si sentì affondare, ma stavolta la sensazione fu molto più incisiva e profonda, persino soffocante. Con un grido strozzato, Phoenix scomparve.

Riaperti gli occhi, l'eroe scoprì di trovarsi su una piccola barca, silenziosamente trascinata da acque color pece. Di fronte a lui, ritto sulla chiglia, con l'arma sollevata innanzi a sé, si ergeva il Flagello.

Fu il freddo la prima cosa che Phoenix sentì, un gelo intensissimo capace di penetrare senza sforzo nel suo corpo, sfiancandolo. Non era l'unica stranezza, i sensi non erano acuti come sempre, il cosmo stentava a bruciare. All'orizzonte scorgeva monti e rive sabbiose, laghi e paludi, ma tutte troppo lontane per poter essere raggiunte.

"Che posto è mai questo, dove siamo?" domandò alla fine, sorpreso e preoccupato dalla fatica necessaria ad esprimere quelle poche parole.

"In uno dei mondi infernali che mi appartengono. Sulle nere acque di Duat, nel regno che un tempo Osiride governava in mio nome...".

"Osiride?!" ripeté Phoenix, allarmato nell'udire il nome della divinità egizia. "Sono nell'aldilà allora! Ma perché mi hai portato qui?"

"Perché nel mondo dei vivi non potrei mai finirti. Per quante volte io ti annienti, la Fenice ti riporterebbe sempre alla vita, sostenuta dal sangue divino che l'ha rianimata, rendendola più forte che mai. Ma qui, nei regni ove la morte è sovrana, il suo potere è indebolito. Qui, oh Cavaliere, tu puoi morire!"

L'ombra di un inquietante sorriso accompagnò queste ultime parole, ma Phoenix non si perse d'animo.

"Morire dici? Sei mal informato, già gli Spectre di Hades cercarono di finirmi in un postaccio simile! Non ebbero fortuna loro, non è detto che l'avrai tu!" gridò, gettandosi in avanti con un sinistro.

I suoi movimenti però erano più lenti del solito, mentre quelli del nemico ancora più rapidi e precisi. Con un solo passo laterale Morte schivò, per poi appoggiare la mano sulla schiena del Cavaliere e sferrare un'onda.

L'eroe cadde in avanti, ma spostando il baricentro riuscì ad eseguire una capriola e tornare in piedi, pronto per un nuovo assalto, un calcio stavolta mirato alle gambe dell'avversario. Il tentativo ebbe successo, ma solo in parte perché l'impatto non fece neppure barcollare il Flagello, che anzi calò la mano con il palmo aperto, investendo Phoenix con una pressione tale da incrinare il pettorale della Vampa di Guerra. Poi lo sollevò per il collo, lanciandolo in aria ed eseguendo una serie di fendenti che sbatterono il paladino di Atena contro l'albero maestro.

Sputando sangue, Phoenix si diede la spinta con le gambe, riuscendo a saltare di lato appena prima che il nemico potesse proseguire l'offensiva e lanciando un pugno di piume metalliche per rallentarlo abbastanza a lungo da far esplodere di nuovo il suo cosmo e scagliare ancora le Ali della Fenice.

Entrambi i tentativi andarono a vuoto, infrangendosi sul dorso del braccio del Flagello che, implacabile, mosse un passo in avanti e colpì con il taglio della mano, mandando in pezzi la parte più esterna del coprispalla sinistro. Rotolando su un fianco, Phoenix cercò di allontanarsi nonostante lo spazio ristretto giocasse a suo sfavore, e concentrò stavolta il cosmo nell'indice.

"Fantasma... Diabolico!!"

Anche quell'arma si rivelò inutile, spegnendosi sul cappuccio della Veste Cinerea. L'attimo necessario per eseguirla permise a Morte di colpire di nuovo, stavolta con una tempesta di dardi invisibili. Migliaia di colpi sollevarono a mezz'aria il guerriero, premendo con crescente pressione su braccia e gambe, pettorale e addome. Schegge e frammenti di armatura schizzarono via, uniti a flotti di sangue, poi un raggio più potente investì l'eroe, sbattendolo contro la murata di prua. Di qualsiasi materiale fosse fatta quella barca, la sua resistenza era incredibile e non cedette minimamente, aumentando la pressione sul corpo e l'armatura fino a renderle insostenibile.

"Sono... alla sua mercé! La sua difesa è impenetrabile, mi è precluso ogni attacco!" realizzò, vomitando sangue, la vista appannata ora anche dal dolore.

Interrotta l'offensiva, Morte lo osservò immobile.

"L'armatura che ora ti protegge... presto la maledirai, a causa sua la tua agonia sarà lunga. Privatene, e ti donerò una fine rapida..." commentò alla fine.

"Mi spiace per te, ma il suicidio non m'alletta. Se vuoi uccidermi, dovrai farlo con le tue mani!" rispose sdegnato, prima di socchiudere gli occhi e aggiungere "Anche se inizio a pensare che non sia tanto facile neppure per te!"

Con uno scatto improvviso si gettò su di lui, afferrandogli il polso sinistro ed osservando con attenzione la mano destra, in cui il Flagello stringeva ancora la falce. Essa non si mosse.

"Come pensavo: avresti potuto uccidermi con un colpo solo della tua arma, ma non l'hai fatto! Qui nelle profondità infernali essa non ha potere!" esclamò trionfante, alzando il pugno libero per colpire.

"Non è esatto..." rispose Morte, fendendo l'aria ed aprendo un profondo taglio diagonale sul pettorale dell'armatura. Sorpreso, Phoenix indietreggiò di un passo e lasciò la presa, ritrovandosi la punta della lama dinanzi al viso.

"E' vero, varcati i cancelli degli Inferi la mia falce perde il suo mortifero tocco. Rimane però comunque l'arma di uno dei cinque Flagelli, sottovalutala a tuo rischio!" sussurrò, colpendo ripetutamente il ragazzo, che fece appena in tempo ad incrociare le braccia davanti al viso.

Tagli sempre più profondi segnarono i bracciali, raggiungendo la carne sottostante e facendo zampillare rivoli di sangue. Piegato in ginocchio, Phoenix strinse i denti, aprendo di scatto le braccia e facendo scorrere gli spuntoni che aveva sui gomiti lungo la lama nel nemico, per cercare di allontanarlo.

Morte non indietreggiò neppure, si limitò ad aprire il palmo dell'altra mano ed un'onda devastante si schiantò a distanza ravvicinata sul Cavaliere, lanciandolo nuovamente indietro contro il bordo della barca.

"Il tuo cosmo è sempre più debole, prossimo all'annullamento. E, purtroppo per te, è rischioso solcare le acque del Duat in queste precarie condizioni..." commentò enigmatico Morte.

Prima che Phoenix potesse capire cosa intendesse, grida e stridii riecheggiarono attorno a lui. Voltandosi allarmato, vide creature alate emergere dalle acque color pece. Demoni dagli occhi sadici e le espressioni malevole, i visi curvi in ghigni crudeli, armati di bastoni, reti e lance.

Si gettarono in picchiata su di lui, senza alcun preavviso, colpendo e tagliando con le loro armi. Un laccio bloccò la caviglia di Phoenix, una lancia gli trapassò la gamba là dove non era protetta dalla Vampa di Guerra, mentre bastoni e mazze prendevano senza sosta di mira il capo scoperto.

"Chi sono costoro?!" gridò il guerriero, allontanandone uno con un manrovescio solo per essere bloccato da una rete, mentre già altre lance calavano su di lui, stridendo impotenti contro l'armatura.

"I demoni dell'abisso che mirano all'anima del defunto. Immortali a meno che non si conosca il loro nome! Implorali, forse ti risparmieranno..."

"Immortali? Forse per un defunto, ma non certo per un Cavaliere di Atena!" ringhiò Phoenix, stanco di essere continuamente sulla difensiva. Il suo cosmo incendiò rete e legacci, liberandolo e facendo indietreggiare le creature per il calore. "Le suppliche che desiderano voleranno da loro sulle Ali della Fenice!"

Sbalorditi da quell'atto di resistenza, il primo visto in millenni di esistenza, i demoni vennero investiti in pieno e ridotti in cenere, corpi carbonizzati che ricaddero nel fiume, scomparendo sotto la superficie.

Neanche il tempo di scoccare un'occhiata di sfida al Flagello che la terra tremò. Voltandosi, Phoenix si accorse che erano giunti in prossimità di una montagna, i cui pendii però vibravano come scossi da un violento terremoto.

Sotto i suoi occhi, la roccia si aprì, lasciando fuoriuscire una gigantesca testa umana.

"La Carne di Isis, così è chiamata! Scacciando i demoni l'hai risvegliata, ed essa ora ti divorerà!" profetizzò Morte, mentre il collo mostruoso si piegava in avanti ed i denti si aprivano. Una pressione incredibile si abbatté sul Cavaliere, piegandolo sulle ginocchia ed impedendogli qualsiasi tentativo di fuga.

Gridando, incrociò le braccia davanti al viso, pronto ad un'ultima, disperata resistenza. "E così, non potendo uccidermi di persona vuoi affidare a lei la tua vendetta?" urlò in un misto di frustrazione e scherno, mentre già stava per essere inghiottito.

All'ultimo momento il cosmo di Morte si accese e lo spazio attorno a loro vibrò. Mentre la Carne di Isis svaniva, l'eroe si ritrovò di nuovo a cadere, fino a sbattere rovinosamente sul pendio roccioso di una collina. Dopo esser ruzzolato per alcuni metri, riuscì ad aggrapparsi ed arrestare la discesa.

Una sola occhiata bastò a dirgli che non si trovavano più sul Duat, tanto era diverso ed arido il panorama che lo circondava. Solo nuda roccia, nera e sterile, illuminata da interminabili distese di fuochi fatui.

"Ed ora... dove..." mormorò Phoenix, cercando invano di rialzarsi. Si sentiva spossato, piegato da una fatica il cui eguale non aveva mai provato.

"La Valle della Morte, che un tempo era l'anticamera dell'Ade, prima che esso svanisse venendo sostituito dall'eterno Paradiso creato da Zeus..." rispose la familiare voce del Flagello. "Hai detto bene, in fondo. Troppe volte la Fenice mi ha schernito sfuggendo al mio abbraccio, ne prolungherò la sofferenza!"

Non c'era emozione nel tono del Flagello, ma la minaccia era reale. Consapevole di ciò, Phoenix cercò di sollevarsi, solo per accorgersi che qualcosa lo teneva ancorato a terra. Dal suolo erano emerse dozzine di putride mani, che gli strinsero gambe e braccia, costringendolo a restare immobile ai piedi del nemico.

"L'orgoglio è il suo punto debole, devo trovare un modo per sfruttarlo!" realizzò il ragazzo. Prima che potesse formulare un piano però, una fiammella fluttuò fino al palmo della mano del Flagello.

"Ora che Hades non è più, questo è il luogo ideale per agire senza esser visti. Qui conserverò la tua anima, in attesa del momento propizio. Non temere però, non sarà da sola..." disse con un sorrisetto. Davanti allo sguardo atterrito di Phoenix, la fiammella mutò forma, riprendendo l'aspetto originario.

"A... Andromeda!!!" gridò il Cavaliere, riconoscendo immediatamente l'amato fratello nonostante il pallore del viso e gli occhi vitrei. "Puoi sentirmi?! Andromeda!!"

"Mpf, non può udirti, è solo un'anima, al mio servizio come tutte. Un assaggio di quel che ti aspetta, presto anche la tua le terrà compagnia!"

"Qu... questo è da vedere!!" ruggì Phoenix, attingendo alla rabbia per ritrovare le energie che sembravano abbandonarlo. Le dita che lo stringevano vennero avvolte dalle fiamme ed egli saltò in avanti con la mano protesa, solo per essere afferrato e tirato giù di nuovo.

"Non v'è molto da vedere, non ti sei accorto che la vita fugge via dal tuo corpo attraverso ogni più piccola ferita? Che sia leggera o mortale, ognuna di esse ti avvicina all'inevitabile fine. Non devo far altro che aprirne di nuove..." disse, calandogli il piede sulla nuca e spingendo fino a fargli affondare il viso nella roccia acuminata.

Poi la sensazione cambiò. Ancora una volta Phoenix si sentì cadere, sprofondare, mentre le forze ed i cinque sensi lo abbandonavano. Un nuovo impatto lo scosse, e stavolta non fu sorpreso di trovarsi su una gelida landa di neve e ghiaccio, martoriato da gelidi cristalli sottili come aghi.

Troppo stanco per provare a rialzarsi, sollevò la testa, notando appena il lago di sangue che si stava allargando sotto il suo corpo.

"Hel, dove riposano i seguaci dei culti del Nord indegni del Valhalla. Il suo non è un gelo comune, ma il freddo che si insinua nelle membra e nello spirito, spingendo a rinunciare alla vita. Presto il tuo sangue congelerà, spaccando i vasi sanguigni e dilaniando muscoli e organi dall'interno. Nelle tue condizioni qui, all'aperto, non dureresti che pochi minuti, ma non temere, non sosterremo qui a lungo: Hela, che in mia vece governa questi luoghi, è fedele ad Erebo e non sono ancora pronto per affrontarlo..."

Nel dir questo, Morte fece un cenno ed il mondo mutò di nuovo, trasformandosi in una vallata ricolma di sangue e carcasse.

"Ashura, il mondo della guerra per i buddhisti. Qui, nel mezzo del mare di fiamme, non brilla mai la luce del sole ed i violenti sono condannati a combattere per l'eternità. Nessuno otterrà mai il premio della vittoria, come nessuno è mai uscito vincitore da alcuna guerra!" spiegò.

A queste parole, Phoenix aprì gli occhi, attraversati da un lampo di comprensione. "Lo conosco... l'ho già visto in passato... è uno dei sei mondi di Virgo, aperti dalla Volta di Minosse. Qui cercò invano di imprigionarmi durante la battaglia della sesta casa..." rifletté, aprendo e chiudendo le dita per cercare di riavviare la circolazione. Il più elementare dei movimenti però era fonte di immenso dolore, i pochi secondi trascorsi nelle steppe di Hel avevano già iniziato a ghiacciare il sangue e indebolire le fibre dei muscoli.

Nel frattempo, orde di uomini armati, sporchi di sangue e con i vestiti strappati, emersero dagli anfratti e si fecero avanti, adocchiandolo come se fosse una preda. Nei confronti di Morte provavano un istintivo terrore, ritraendosi e coprendosi il viso, ma non avevano remore verso Phoenix.

"Presto mi attaccheranno... devo riprendermi... scuotermi!" pensò, cercando di flettere le braccia insensibili. Alzando gli occhi, scorse lo spirito di Andromeda, ancora alle spalle di Morte dopo il cambio di dimensione.

Lentamente, ignorando il dolore, serrò le dita in un pugno.

"Fratello... non lascerò che finisca così..." sussurrò, circondandosi del suo cosmo e riscaldandosi al suo tepore. "Se in te alita una scintilla di vita, brucia, cosmo di Phoenix! Brucia e dammi ancora la forza!!" gridò, alzandosi di scatto proprio nel momento in cui i guerrieri si avventavano su di lui. "Ali della Fenice!!"

Il volo dell'uccello di fuoco si abbatté sui guerrieri, travolgendoli e disperdendoli, ma Phoenix non se ne curò, piegando invece le braccia per cambiare la direzione del suo colpo segreto e mandarlo a schiantarsi contro Morte.

Come previsto, il Flagello non si difese neppure, lasciandosi colpire, ma Phoenix stavolta era pronto. Continuando a bruciare quel che restava del suo cosmo, sollevò entrambe le braccia, innalzando colonne di fuoco. "Ed ora... Rogo della Fenice!!"

Il secondo assalto si unì al primo, trasformando di nuovo il latore della fine in una torcia umana in un'esplosione di fiamme e scintille.

"Sei caduto preda alla disperazione? Le tue tecniche sono inutili, già te l'ho dimostrato!" lo derise Morte.

"Lo so bene!" ritorse Phoenix, prima di concedersi un sorriso "Ma tu invece sembri ignorare il valore di un diversivo!"

Approfittando delle fiamme che oscuravano la vista del nemico, Phoenix si gettò nel rogo, colpendo Morte con una spallata e strappandogli la falce di mano.

"Vediamo adesso se sei vulnerabile alla tua stessa arma!" minacciò, sferrando un fendente dall'alto verso il basso. In silente risposta, per la prima volta Morte alzò le braccia in difesa, ed una sottile crepa si aprì sui bracciali della Veste Cinerea.

"Questa è la strada!" intuì, sentendo rinascere in sé la speranza e intensificando l'attacco con una sequenza di colpi a croce che obbligarono il Flagello a indietreggiare sulla difensiva.

Il clangore degli impatti si fece costante, e le prime schegge nere si staccarono dalla Veste Cinerea. Il Sinistro Mietitore cercò di spiegare le sue ali corvine ma il Cavaliere lo anticipò, colpendo due volte dall'alto e costringendolo a terra.

"Come osi percuotere la morte?! Pagherai per questo affronto!" minacciò il Flagello. Phoenix però lo ignorò, consapevole che una minima distrazione gli avrebbe permesso di riprendere in mano le sorti dello scontro, e, soprattutto, alla ricerca dell'attimo in cui la sua guardia si sarebbe aperta.

Il momento giunse e Morte incespicò su una pietra sporgente. Phoenix lo centrò all'addome con un calcio, facendolo cadere a terra, e sollevò la falce per finirlo.

Per un infelice disegno del destino però, proprio in quell'istante alcuni guerrieri di Ashura, appena sopraggiunti e quindi ignari della forza di Phoenix, si gettarono istintivamente su di lui, troppo concentrato su Morte per accorgersene finché non fu troppo tardi. Un pugnale gli fu conficcato nella schiena, dove l'armatura era spaccata, mani callose gli afferrarono la gola, e soprattutto un colpo di mazza lo raggiunse alla mano, facendogli perdere la presa sulla falce.

L'eroe non impiegò che un attimo a scrollarseli di dosso, ma in quel breve secondo il cosmo di Morte esplose, investendolo con un'energia devastante che lo fece ruzzolare tra le rocce. Infinite crepe si aprirono sul pettorale, le cui punte esplosero in pezzi, come quelle della cintura e delle ali. Di nuovo in possesso della sua arma, il Flagello colpì dal basso verso l'alto, frantumando il coprispalla ed il copribicipite, per poi trafiggere la gamba sinistra con una serie di raggi.

Un secondo fendente trasversale sfregiò l'addome, poi la mano libera si chiuse attorno alla testa del ragazzo, sollevandolo di peso e gettandolo in cielo, dove lo raggiunse con una tempesta di dardi, raggi e fendenti.

Martoriato, l'eroe precipitò a peso morto, incapace persino di spiegare le ali dell'armatura per salvarsi. Soddisfatto, Morte aprì la mano e balzò a sua volta, raggiungendolo a mezz'aria.

I loro sguardi si incrociarono, gli occhi esausti e quasi vitrei di Phoenix con quelli celati dal cappuccio di Morte. Poi, con un gesto deciso, il Flagello gli trapassò il torace fino a far emergere le punta delle dita dalla schiena. Un ultimo grido, e Phoenix precipitò esanime.

Appesantito dalla corazza, l'impatto fu tale da aprire un piccolo cratere, che ben presto venne colmato da un lago di sangue. Avvicinandosi al bordo, Morte lo scrutò con attenzione, accorgendosi che, seppur agonizzante, il Cavaliere si muoveva ancora.

"Resiste ancora in te il soffio della vita, ma solo per poco. È tempo di porvi fine..." avvertì, alzando la falce sopra la testa.

In quel momento, qualcosa sembrò cogliere la sua attenzione: una fiammella azzurra, comparsa dal nulla, che fluttuò fino a lui. Vedendola, il Sinistro Mietitore sorrise soddisfatto.

"Guerra non viene meno alla sua fama, un altro dei tuoi compagni è caduto!" affermò, mentre la fiamma cambiava forma, riprendendo l'aspetto umano di Cristal il Cigno.

Riconoscendolo subito, Phoenix spalancò gli occhi addolorato. "N... no! Cristal!!"

"Il secondo tassello che scivola al suo posto, la seconda pedina che sfrutterò contro Erebo. Riesci a immaginare chi sarà la prossima?" lo derise il Flagello.

Scosso, il paladino di Atena si issò faticosamente sui gomiti, cercando di fermare con una mano l'emorragia del torace, di richiudere in qualche modo le ferite con il calore del cosmo. Lo sguardo era fisso sul nemico, attento e indagatore.

"Basta misteri, devi dirmelo! Già prima hai parlato di un piano, rinnegando la tua fedeltà ad Erebo. Vuoi forse dire che voi Flagelli state portando avanti un disegno diverso dal suo?" domandò con il poco vigore che gli restava.

Morte sembrò soppesare se rispondere o meno, poi scrollò le spalle.

"No, i miei fratelli gli sono fedeli... il mondo che Erebo desidera creare ben si aggrada ai loro desideri" ammise alla fine. "Quando ho riaperto gli occhi sulla Terra, credevo che anche per me fosse così. Più tardi però, mentre solo vagavo nei corridoi di questo palazzo, infastidito da un'inquietudine che non sapevo spiegare, una voce è giunta fino a me. Una che ben conosco, ma che da lungo tempo non udivo..."

"Una voce? A chi apparteneva?"

"Non ti riguarda. Ti basti sapere che mi ha aperto gli occhi, perché nelle sue parole si celava sì melliflua arte oratoria, ma anche una profonda verità. A cosa mi giova l'annientamento degli esseri umani da parte di Erebo? I miei fratelli, Guerra in particolare, anelano il conflitto finale, l'Armageddon, la grande battaglia tra bene e male, il momento che definirà la loro esistenza inondando la terra di agonia, sensi di colpa e sfrenata violenza. Ma per me è diverso, tutte le morti che seguirebbero sarebbero un inno alla mia gloria... intenso, ma breve e fugace.

"Invero, poco mi basterebbe per porre fine io stesso alla razza umana o a quella divina, ma poi? In un mondo senza più creature viventi io stesso smetterei di avere alcun ruolo o potere, finendo per diventare una mera reliquia del passato, pallido e impotente spettro di quel che sono" spiegò.

"Allora è vero... intendi ribellarti?!" esclamò Phoenix, ottenendo in cambio un cenno di assenso.

"Proprio così. Ma Erebo, seppur soggetto alle mie leggi e mortale, è fuori dalla mia portata per decreto del supremo Lord Fato. E' impotente la mia falce su di lui. Come è stato profetizzato, la sua fine può giungere solo per mano mortale, e per ottenerla mi servirò di voi. Come Discordia o Thanatos, resusciterò i vostri corpi, mutandovi in burattini nelle mie mani da usare in battaglia contro Erebo. E, affinché il mio piano abbia successo, voi dovete morire!" concluse, caricando di enfasi le ultime parole.

"A... aspetta... se le cose stanno così potremmo diventare alleati! Semplicemente lasciaci passare e lo sconfiggeremo comunque!"

"Affidare tutto nelle vostre mani? Follia, parole prive di senno! Da soli non ce la fareste mai, la possanza di Erebo è immane, troppo fuori dalla vostra portata. Lasciandovi proseguire senza intervenire esporrei il mio tradimento, rischiando di perdere l'occasione propizia, e dalla collera di Erebo neppure io sarei al sicuro..."

"Eppure insieme potremmo..."

"Ora basta! Il disegno è già in atto, non vi saranno cambiamenti! La tua vita giunge ora a termine, Fenice, per mia mano!" minacciò, preparandosi ad assestare il colpo finale.

Fu una luce a fermarlo. Un bagliore d'oro che illuminò il cielo, splendente come una stella, spingendo entrambi ad alzare la testa.

In quell'istante, una brillante colonna si abbatté sul Flagello, e da essa emerse un'evanescente figura.

"Che il tuo cuore sia saldo, Cavaliere! Non è nei mondi di Ade che è destinata a concludersi la tua epopea, io stesso l'ho appreso a mie spese un tempo!" esclamò una voce ben nota.

Riconoscendo chi era giunto in suo aiuto, Phoenix non poté fare a meno di strabuzzare gli occhi incredulo. "Ma tu sei... Virgo!"

Il custode della sesta casa gli fece un breve saluto. "E' da tempo che non ci vediamo, da prima della partenza per l'Olimpo. Vedo che il tuo aspetto è un po' cambiato, divino è il cosmo che spira dalle tue vesti..."

"Sì, ma non importa ora. Sei anche tu uno spettro di questi luoghi, oppure sei vivo? Ioria e gli altri hanno detto..."

"Non è tempo per le spiegazioni, ad altro vanno rivolti i nostri pensieri!" tagliò corto Virgo, voltandosi verso il Flagello, del tutto incolume dopo il suo attacco, ma visibilmente incuriosito.

"Sei vivo, su questo non c'è dubbio. Ma c'è dell'altro..." intuì il Flagello stesso, sferzando l'aria con la mano. Virgo venne spinto indietro di qualche passo, ma parve anche tremolare.

"Come pensavo, il tuo corpo non è qui, questa è solo l'emanazione del tuo cosmo, proiettata da un altro luogo! Come hai fatto a raggiungerci?"

"Mpf, dei sei mondi di Ade come della Porta Eterna sono stato a lungo custode, non molto mi sfugge di quel che accade al loro interno. Ho percepito il disturbo causato dal vostro scontro, e, riconosciuto il cosmo di Phoenix, sono giunto ad indagare!" spiegò, congiungendo le mani davanti al torace ed unendo pollice ed indice.

In tutta risposta, il Flagello alzò la falce puntandola verso di lui. "Così pare! Ma, più che coraggioso, il tuo è il gesto di un folle. Il cosmo che ti circonda potrà spaventare i mortali ma è nulla in confronto al mio, e quelle sembianze temporanee non ti permetteranno che pochi assalti! Cosa speri di ottenere?"

Phoenix intuì subito la veridicità delle parole del nemico. Per quanto potente, Virgo non avrebbe mai potuto cambiare le sorti di quella battaglia. Eppure, ciononostante, un sorriso piegò le labbra del custode della sesta casa.

"Forse nulla, ma chi può dirlo? A volte è il più leggero petalo di un ciliegio in fiore a far pendere la bilancia da una parte piuttosto che dall'altra. Non potrò vincerti, ma sento che un'altra anima ha varcato anzitempo i cancelli di Ade e potrò indicarle almeno la via fino a noi!"

Prima che Morte o Phoenix potessero fare qualcosa, Virgo aprì le dita, liberando il suo cosmo in un alone d'oro accecante, al cui interno si materializzò una terza figura, coperta di ferite e dall'armatura in pezzi: Sirio il Dragone.

Per un momento fu dimenticata la battaglia, tanta era la sorpresa di queste due apparizioni consecutive.

"Si... Sirio!" esclamò Phoenix, trovando finalmente la forza di rialzarsi mentre l'amico si guardava attorno confuso.

"Phoenix! E... Virgo! Non capisco, dove sono? Stavo combattendo contro Guerra, ricordo il suo tridente. Mi credevo... perduto" balbettò, portandosi istintivamente la mano all'addome.

Phoenix non aveva risposte. Persino Morte era visibilmente sorpreso. Tra i quattro solo Virgo sembrava aver pieno controllo della situazione ed infatti fu lui a prendere la parola.

"Come poc'anzi ho detto a Phoenix, non c'è tempo per le spiegazioni, ti basti sapere che il fuoco della vita brucia ancora in te, e che un amico... anzi tre... hanno bisogno del tuo aiuto!" esclamò, indicandogli il Flagello, alle cui spalle fluttuavano ancora le anime di Cristal e Andromeda.

"Vuoi dire che c'è ancora speranza per loro? Possono essere salvati?!!" si intromise Phoenix, ricevendo un insperato cenno di assenso.

"Tenendole legate a sé, il Flagello ha impedito loro di raggiungere il luogo del sonno eterno. Riportale sulla terra ed i vostri amici si risveglieranno!"

"Ora basta!" lo interruppe Morte, espandendo minacciosamente il suo cosmo. "Qualunque sia il miracolo che vi ha condotti sin qui, le vostre vite saranno recise dalla mia falce!"

Dragone e Phoenix alzarono la guardia, ma il custode della sesta casa unì le mani davanti al petto, facendo esplodere la sua aura innalzata al massimo livello consentitogli in quella forma. "Vi affido la battaglia! Ricordate, nelle vostre mani è il futuro degli uomini!" disse, prima di rilasciare il suo cosmo. "Per il Sacro Virgo!"

Il colpo segreto si abbatté sul Flagello, accecandolo abbagliante prima di venir divelto in due da un fendente della falce, al cui contatto anche il Cavaliere d'Oro scomparve. In quella frazione di secondo però Sirio e Phoenix agirono, portandosi sui lati del nemico.

"Fa attenzione! Le sue difese sono tenaci, gli attacchi devastanti, ma è vulnerabile alle tecniche fisiche più dirette!" avvertì Phoenix sferrando un pugno.

"In questo caso..." rispose Sirio, alzando il taglio della mano "Excalibur!!"

Impreparato di fronte alla sacra spada, Morte tardò un istante a schivare ed una scheggiatura si allargò sul suo coprispalla. Contemporaneamente, Phoenix superò la sua guardia e sferrò un pugno ravvicinato al fianco, facendolo cadere di nuovo verso l'amico, che si piegò ed eseguì il Drago Nascente come un montante, sbalzandolo in aria.

"Il suo cosmo è ampio, ma sembra meno avvezzo alla battaglia rispetto al fratello!" commentò Dragone.

"Non sottovalutarlo, i suoi colpi invisibili sono terribili!"

A conferma di quell'avvertimento, il cosmo del Flagello si innalzò minaccioso. "La mia falce sottratta, comuni mortali che entrano a loro piacimento nel mio regno! Mai fui offeso e dileggiato come in questo giorno, è ora di finirla!" ringhiò, spiegando le ali ed allargando le braccia.

Prima che i Cavalieri potessero fare qualcosa, una pioggia di dardi si scatenò su di loro, tempestandoli incessante. Planando sulle ali, Morte atterrò in mezzo a loro, scaraventandoli in direzioni opposte con ondate di energia che aprirono nuove crepe sulle loro già malridotte armature.

Affondando i piedi nella roccia, Phoenix riuscì a resistere abbastanza a lungo da caricare di nuovo il cosmo nel pugno. "Ali... della Fenice!"

Le fiamme esplosero non sul Flagello ma innanzi a lui, alzando una nuvola di polvere e detriti. In risposta, il Latore della Fine alzò la falce.

"Non è più soltanto lui che affronti! Colpo dei Cento Draghi!!" gridò Sirio, scatenando la tecnica tramandatagli da Libra.

Ruotando sul piede d'appoggio, Morte si girò a fronteggiarlo, lasciando infrangere alcuni draghi sulla Veste Cinerea ed intercettando gli altri con la falce, per poi raggiungere l'eroe con un fendente diagonale.

Tra schizzi di sangue, Dragone crollò in ginocchio ai suoi piedi, inerme al filo dell'arma che stava già per calare di nuovo quando improvvisamente Phoenix si gettò sul nemico, bloccandolo alle spalle.

"Adesso, Sirio!!"

Cogliendo l'occasione, il Cavaliere concentrò di nuovo il cosmo nella mano destra. "Ancora una volta... Excalibur!"

Diretto al cuore del Flagello, l'affondo sarebbe stato fatale se non per una rotazione della falce, che lo intercettò a mezz'aria deviandolo sulla spalla, proprio dove la Veste Cinerea era già stata scheggiata da Phoenix.

Con un rabbioso grido di dolore, Morte si contorse su se stesso.

"Ora... basta!" ululò alzando di scatto le braccia.

Il suo cosmo, già ardente, esplose devastante, travolgendo entrambi, tra schizzi di sangue e frammenti di armature. Un altro gesto e scariche fittissime di raggi invisibili si abbatterono a mezz'aria su di loro, martoriandoli senza lasciarli cadere per parecchi secondi.

Quando finalmente i due si furono schiantati a terra, Morte raggiunse e sovrastò Dragone.

"Tu per primo, invasore!" minacciò afferrandolo per la gola, ma poi si ritrasse di scatto con un urlo, stringendosi la mano come se fosse ferita.

"C'è una forza vitale nella tua armatura!" sibilò con parole velenose "Un potere rigenerante diverso da quello della fenice, di fattura divina, ma comunque in grado di ancorarti al mondo mortale! E' grazie ad esso che sei sopravvissuto all'ingresso nel mio regno!"

"A... Apollo!" comprese Sirio, prima di fermarsi a riflettere su quel che era appena accaduto. "Possibile che...?"

Fuoribondo di rabbia, Morte lo gettò a terra con un manrovescio. "Senza i pieni poteri della mia falce non posso recidere questo legame! Ma la tua intromissione è comunque giunta a termine: ti bandisco per ora dal mio regno, dovrà essere Guerra a finirti! E quando tornerai da me, la tua sofferenza sarà seconda solo a quella del tuo amico!" minacciò, conficcando la sua arma nella terra ai piedi del ragazzo prima che egli potesse reagire.

Istantaneamente, una pozza nera si aprì sotto di lui, iniziando ad ingoiarlo.

"Sirioooo!!" urlò Phoenix, incespicando verso di lui ma troppo lontano per raggiungerlo. L'espressione di Dragone, già immerso fino al bacino, era adesso una di somma urgenza.

"Phoenix! Ricorda le parole di Zeus, è quella la chiave! Phoeniiix!!" gridò, prima di svanire.

A quelle parole, il Cavaliere della Fenice si bloccò di colpo.

"Non sapeva comunque nulla dei miei piani. Lo lascio a te, fratello!" commentò intanto Morte, sollevato al pensiero del rischio corso. Non poteva permettere a Guerra di conoscere le sue intenzioni, o il senso dell'onore lo avrebbe spinto di certo a schierarsi a difesa di Erebo, in un rischioso conflitto fratricida tra Flagelli.

"Ma non sa, e presto un terzo Cavaliere si unirà alle mie schiere!" rifletté, stringendo la presa sulla falce. Solo allora, nel voltarsi verso l'unico avversario rimastogli, si accorse della sua espressione ed un'ombra gli attraversò il viso.

Non c'era più traccia di paura o rassegnazione, solo una disperata determinazione.

"Stai progettando qualcosa, una qualche insana follia partorisce la tua mente, ma non servirà! I tuoi estemporanei alleati sono scomparsi, sei di nuovo alla mia mercé!" avvertì.

"Ti sbagli, grazie ai miei amici ho finalmente tutte le risposte che cercavo! Ora non dovrò far altro che realizzarle!" rispose, con uno strano misto di trionfo e amarezza.

"Che intendi dire?"

"Perché dovrei spiegartelo, per lasciarti organizzare una contromossa? No, sei troppo pericoloso per simili ingenuità! Il significato delle mie parole te lo mostrerò coi fatti!" dichiarò, espandendo quel che restava del suo cosmo.

"Vuote minacce, che non ti salveranno dalla fine che ti attende! Anche troppo si è protratta questa battaglia!" minacciò il nemico, tendendo la falce.

"Anche troppo, su questo siamo d'accordo. È ora di portarla a compimento!" sussurrò Phoenix, inspirando e poi correndo alla carica con le ultime forze che gli restavano, il cosmo concentrato nel dito.

"Fantasma Diabolico!"

Schivando con il più leggero cenno del capo, Morte sorrise. "Sarebbe questo il tuo piano? Ritentare un'arma che si era già mostrata inefficace? Ti compiango!" lo schernì, prima di vibrare un fendente trasversale.

Con una capriola laterale, Phoenix lo evitò e alzò di nuovo il dito. "Prendi ancora: Fantasma Diabolico!"

Sferrato a mezz'aria, il colpo non andò neppure a segno, mancando il Flagello di diversi centimetri.

"Devi aver perso il senno, non c'è altra spiegazione!" commentò, lanciando una tempesta di raggi invisibili.

In tutta risposta, Phoenix colpì il suolo ai suoi piedi con il pugno, sollevando una nuvola di polvere che lo nascose agli occhi del nemico, e contemporaneamente scagliò le sue piume metalliche davanti a sé, i sensi tesi al massimo.

Alcune di loro volarono a vuoto, ma altre impattarono con i raggi del Flagello, deviandoli o venendo deviati, e dando a Phoenix un'idea della loro posizione. Contorcendosi, forte dell'esperienza accumulata contro avversari come Gemini e Mime, chiuse gli occhi e si infilò nel reticolato.

Numerose schegge volarono via dalle parti più esterne dell'armatura, tagli e graffi si aprirono su braccia, gambe e guance, ma alla fine il ragazzo emerse relativamente incolume.

"Fantasma Diabolico!!" gridò più e più volte, lanciando a ripetizione il suo colpo segreto più sottile. In risposta, Morte falciò l'aria e liberò un'onda di energia, frantumando il pettorale della corazza e spingendo il guerriero a terra fino a scavare un solco.

Torreggiando su di lui, preparò l'arma per il colpo di grazia, quando improvvisamente qualcuno si gettò su di lui, sbilanciandolo. Voltandosi, scoprì di essere circondato dagli Ashura, la cui paura reverenziale nei suoi confronti sembrava misteriosamente scomparsa.

"Come osate?!" sibilò, tranciandone due con un solo colpo di falce ed allontanandone un altro con la forza del suo cosmo, prima di accorgersi che avevano tutti una minuscola ferita al centro della fronte.

"Il Fantasma Diabolico!" intuì.

"Non era a te che miravo, ma a loro, per aizzarteli contro! Non amo servirmi degli altri, da anni ormai non uso più questi metodi, ma viste le circostanze farò un'eccezione!" esclamò il Cavaliere, sollevandosi e correndo all'attacco, la mano tesa e pronta a colpire nel varco già aperto dall'Excalibur di Sirio.

Furioso, Morte fece esplodere il suo cosmo, spazzando via chi lo ostacolava, e calò la falce in un fendente verticale dall'alto verso il basso. Stringendo i denti ed ignorando il dolore ormai accecante delle numerose ferite, Phoenix si contorse su se stesso, ruotando sul piede d'appoggio e incontrando la falce con il taglio dell'ala.

Lo stridere del metallo riempì la vallata, illuminata dalle scintille prodotte dallo scontro. Alla fine l'ala si spaccò in pezzi, ma riuscì a deviare abbastanza la falce da permettere a Phoenix di balzare verso il Flagello. Non per colpirlo, ma per superarlo con una capriola e portarsi alle sue spalle, dove fluttuavano le anime di Andromeda e Cristal.

"No!!" ululò Morte, ma era troppo tardi. Con uno sguardo trionfante, Phoenix afferrò gli spiriti degli amici e contemporaneamente bruciò il suo cosmo, svanendo.

Un momento più tardi, l'eroe si materializzò nel salone del palazzo di Oberon dove la battaglia era iniziata. Le anime erano scomparse, ma, socchiudendo gli occhi, gli parve di scorgere delle fiammelle evanescenti attraversare le pareti.

"Andate! Andate da loro e riportateli alla vita!" pregò.

Una vibrazione dell'aria, ed il cosmo immenso e cinereo di Morte apparve alle sue spalle.

"Eri in grado di tornare da solo al mondo dei vivi!" sibilò.

Voltandosi con aria di sfida, Phoenix lo fronteggiò. "Avrei potuto uscire in qualsiasi momento, quante volte le ali della fenice mi hanno condotto fuori dall'Ade? Ma a cosa sarebbe servita la fuga se non ad espormi di nuovo al pieno potere della tua falce? Dovevo affrontarti, affrontarti e sapere!"

"Ed ora sai, ma non ti servirà! Tu l'hai detto, nel mondo dei vivi il tocco della mia falce è di nuovo fatale, presto i tuoi amici mi apparterranno di nuovo! La tua anima in pena darà loro il benvenuto!" ringhiò, ormai privo della ieratica calma che lo aveva caratterizzato all'inizio del duello, pronto a lanciarsi all'attacco per lo scontro finale.

Phoenix chiuse gli occhi, lasciando tornare la memoria alle parole di Zeus sull'Olimpo, ed alla misteriosa bambina che aveva cercato di parlargli durante il duello con Kalì.

La vita e la morte non sono altro che due facce della stessa medaglia, eternamente legate tra loro… perché senza una, l'altra non può esistere!» Zeus, finalmente ho compreso, e grazie alla tua lungimiranza vincerò questa battaglia!" pensò, toccandosi il petto con un misto di soddisfazione e rammarico.

Riaperti gli occhi, fece esplodere il suo cosmo. "Il tempo è giunto: fatti avanti!" gridò, scattando contro il Flagello. Accettando l'invito, Morte fece lo stesso. A pochi metri da lui, piegò la falce per colpire e sferrò un fendente.

Ma, proprio in quel momento fatale, Phoenix balzò in aria, schivando il letale tocco dell'arma, e contemporaneamente aprì di scatto le braccia. "Vai, armatura della fenice!!"

Obbedendo a quell'ultimo comando, la corazza abbandonò il suo corpo, disponendosi su quello di Morte, avvantaggiata anche dalla forma della sua Veste Cinerea.

Prima di poter capire cosa stava accadendo, il Flagello ne fu completamente rivestito ed urlò di dolore, mentre fiamme e oscurità si alternavano ad avvolgere il suo corpo. L'armatura della fenice diventava polvere e si rigenerava istantaneamente, per poi svanire di nuovo, in un ciclo infinito segnato dal costante bruciare delle fiamme.

Lasciando cadere la falce, Morte cercò di strapparsi quell'armatura di dosso, solo per scoprire di non potersi più muovere.

"Che cosa mi hai fatto, Phoenix! Cos'è questo dolore terribile!!" ululò, per la prima volta raggelato dalla paura.

"La tua fine!" rispose laconico il Cavaliere. "Come il tocco della morte è letale a qualsiasi forma di vita, così quello della vita scaccia la morte, mantenendo l'eterno equilibrio del creato! Non è solo un concetto filosofico ma anche una verità: la vita ti dà dolore, per questo hai scacciato Sirio! Per questo ti sei ben visto dall'afferrarmi ed hai ridotto al minimo lo scontro diretto prima di precipitarmi nell'aldilà, dove la mia armatura non poteva più rinascere!

"Ma ora ne sei prigioniero, per sempre! A contatto con il tuo corpo, la mia armatura continuerà a morire e risorgere, bruciandoti con la sua fiamma ricolma di vita, in un ciclo eterno di morte e resurrezione!"

Intuendo la verità nelle parole del nemico, Morte tentò disperatamente di liberarsi, ma ogni suo sforzo era vano. Quanto più il suo cosmo bruciava, altrettanto in fretta l'armatura risorgeva, torturandolo e impedendogli qualsiasi movimento. L'unica sua speranza era che qualcuno lo liberasse dall'esterno. Cercò di concentrarsi per contattare Guerra, o colui che lo aveva indotto alla ribellione.

Anticipandolo, Phoenix lo sollevò per la gola, ignorando il bruciare delle fiamme, e trascinò fino alla tromba delle scale che conduceva alle segrete. "Nessuno ti ritroverà più, la tragica fine di Esmeralda e di tutte le vittime del tuo orgoglio è finalmente vendicata! Addio, Morte!" esclamò, gettandolo di sotto, per poi far crollare il soffitto e bloccare per sempre il passaggio, ponendo fine alle sue grida.

I cosmi di cui era impregnata la fortezza avrebbero celato il suo, specie ora che era divenuto irriconoscibile.

Pensieroso, il ragazzo rimase immobile. Gli era costata questa vittoria, anche l'armatura della fenice era perduta. Avrebbe dovuto affrontare Erebo solo con il suo corpo malridotto, ed un cosmo ormai ai minimi termini.

Eppure, per una volta, neanche questi timori potevano adombrarlo, in un certo senso si sentiva in pace con se stesso. Aveva chiuso un conto aperto che non sapeva neppure di avere.

Aveva vinto.

Girandosi, si lanciò nei corridoi del palazzo.

***

"Cristal! Svegliati Cristal!"

"A... Andromeda! Sei proprio tu, sei vivo!" esclamò il Cigno aprendo gli occhi, prima di portarsi una mano al torace. "E anch'io..."

Scuotendosi, si guardò attorno, riconoscendo il salone semidistrutto.

"Non so bene cosa sia successo, ma poco fa mi sono svegliato dove avevamo affrontato Agonia e Colpa, trovandomi da solo. Poi ho sentito una flebile traccia del tuo cosmo e l'ho seguita per trovarti..." gli spiegò l'amico.

"Che ne è di Guerra?"

"Sconfitto, per mano di Sirio!" gli sorrise l'amico, indicando il compagno esanime a terra.

"Dragone!"

Cristal fece per raggiungerlo, ma Andromeda gli poggiò una mano sulla spalla. "E' stanco! Mi ha detto che Pegasus si sta dirigendo da Erebo, da solo. Dobbiamo raggiungerlo!"

Era raro che fosse proprio Andromeda a suggerire un percorso del genere, conferma della gravità della situazione. Annuendo, Cristal si alzò ed insieme i due varcarono la via che conduceva alla sala del trono.

***

"No!" ruggì Erebo, liberando onde nere nella sala del trono. "Emera non può essere ancora viva! Non le permetterò di tornare a contrastare i miei piani! Mia è quest'epoca!"

Imperturbabili, le Strane Sorelle proseguirono a fissarlo.

"Cerchi di convincere noi o te stesso?"

"Perché sei rimasto qui rintanato invece di condurre personalmente la guerra?"

"E' forse paura quel che ti trattiene? Che ti tinge la voce?" lo provocarono.

"Silenzio!!" ordinò torvo, travolgendole con una scarica nera che le mandò a terra sofferenti. "Anche troppo a lungo sono stato a sentire le vostre inutili chiacchiere! Questa visita è finita, e voi con lei!"

Saette color ebano partirono dalle sue dita, frustrando ripetutamente le fanciulle fino a prostrarle a terra.

"Puoi colpirci, ma non puoi negare le cose..."

"Temi le nostre profezie..."

"Perché sai che in esse si cela la verità..."

"Ascolta dunque il nostro vaticinio!"

"Tutte le tue ombre non possono modificare la realtà..."

"Il tuo regno crollerà!"

Gli occhi di Erebo avvamparono, aumentando la forza dei suoi colpi.

"Scatena pure la tua violenza su di noi..."

"... non puoi distruggerci..."

"...siamo messaggere del Fato... echi che risuonano nella luce e nell'ombra..."

"... le nostre spoglie si ricomporranno!"

"Torneremo!"

"Ed io vi ucciderò di nuovo!" sentenziò Erebo, liberando un'ultima, devastante ondata di energia.

Con un grido agonizzante, le Strane Sorelle scomparvero.

"Ho ucciso Emera, ho ucciso Atena, ho ucciso gli Dei! Nessuno potrà fermarmi, il creato sarà mio!" gridò, ebbro di potere.

"L'universo nelle mani di un tanghero come te? Non credo proprio! I tuoi conti sono sbagliati, sono qui a dimostrarlo!" esordì Pegasus, ergendosi sulla soglia della sala del trono, il pugno teso in avanti.

"Sia questa, l'ultima battaglia!"

***

Sulle pendici del vulcano di Avalon, una figura si sfiorò il mento, aprendo gli occhi tenuti fino a quel momento chiusi.

"E così lo scontro sta per iniziare. Peccato che le mie manipolazioni non siano servite. Morte sarebbe stato un buon diversivo, mi avrebbe consegnato la vittoria su un piatto d'argento. Vorrà dire che dovrò agire di persona... ma non c'è fretta. Quando lo scontro infurierà al massimo, quando i contendenti non avranno occhi per altro, arriverà il mio momento!"

Accarezzandosi la mano destra, Loki scoppiò a ridere trionfante.

 

***************

LA GRANDE GUERRA DI ASGARD

Di draghi e di eroi

"Alle armi! Alle armi!" gridò Søren, comandante di una delle Naglfar che avevano da poco incendiato Atene, e che poi, dirette verso Asgard, erano passate sulla zona delle Meteore. Lì erano state improvvisamente attaccate.

Con un fragore assordante, la nave alla destra della sua esplose in pezzi, attraversata da un raggio di luce rossastra.

"Non riusciamo a fermarli!" gridò uno dei capitani, un momento prima di venir scaraventato via da un'esplosione che fece tremare l'intera imbarcazione. Un bagliore intensissimo ed altre due presero fuoco, scontrandosi tra loro prima di precipitare e lasciare sola quella di Søren.

"E' impossibile! Sono soltanto in tre! Arcieri!!"

Schiere di uomini corsero sulla fiancata, prendendo la mira. Ma, prima che i dardi potessero partire, fili dorati si avvolsero attorno alla nave, stritolandone la prua e facendola schiantare contro uno dei picchi della catena montuosa.

In quel momento, un giovane dai capelli verdini balzò sul ponte di comando. Indossava un'armatura violetta e la sua espressione era sdegnata. "Il nostro amato padrone è caduto per mano vostra, ma non dissacrerete i suoi territori un istante di più!" esclamò, alzando le mani sopra la testa e formando una sfera di energia fiammeggiante. "Fuoco della Corona!!"

Una schiera di soldati fu travolta e carbonizzata, i cadaveri inceneriti gettati oltre le murate. Terrorizzato, Søren indietreggiò di un passo, ordinando a tutti i suoi uomini di attaccare.

Prima che potessero eseguire, altre due figure solcarono il cielo.

"Artiglio Luminoso!!"

"Stretta fluente della Chioma di Berenice!!"

Stritolati o in preda alle fiamme, i soldati vennero spazzati via mentre i due giovani affiancavano il primo.

"C... chi siete?!"

"Atlas della Corona, Jao della Lince e Berenice della Chioma di Berenice! Siamo i Guerrieri Scarlatti del divino Apollo!" si presentarono.

"I... guerrieri di Apollo!!" balbettò Søren, guardandosi disperatamente attorno per una via di fuga. Fu così che scorse altre Naglfar in avvicinamento.

"La flotta del Mar Nero!" gioì, facendo segnali con le mani.

In tutta risposta, uno squadrone di arcieri si schierò lungo il ponte della nave più vicina, incoccando i dardi e prendendo la mira.

"Ora la vedrete!" minacciò Søren rivolto ai Cavalieri di Apollo.

Imperturbabile, Berenice scrollò le spalle. "Veramente a me sembra che stiano mirando a te..."

"C... che cosa?!" biascicò, voltandosi di nuovo. Appena in tempo per venire trafitto da una miriade di frecce, incespicare oltre il bordo e precipitare.

In silenzio, i Guerrieri Scarlatti attesero che le altri Naglfar li raggiungessero. Quella al comando si affiancò alla loro, ed una donna dall'aspetto ieratico salì sul ponte, rivolgendo un cenno di saluto.

"Immaginavo fossi tu, Callisto!" rispose Atlas, guardando le Satelliti, guerriere consacrate alla cacciatrice Artemide, ordinatamente schierate nelle loro corazze bianche o nere. Più volte avevano fatto visita al loro tempio, vista la vicinanza tra i rispettivi signori.

"Non potevo permettere a questa feccia di lordare i boschi della divina Artemide con i loro sporchi passi!" rispose la fanciulla dallo sguardo di ghiaccio.

"Avete sentito anche voi il messaggio quella ragazza poco fa?" si intromise Jao. "Sembra che una grande guerra si stia combattendo a Nord!"

Callisto chiuse per un momento gli occhi, poi si voltò, indicando una flotta di Naglfar all'orizzonte. "Le guerre di Atena o Odino non ci riguardano, non ci sono alleanze a vincolarci. Ma come ho già detto, nessun nemico oltrepasserà questi territori!" dichiarò, sollevando il proprio scettro. "Erebo si pentirà di quel che ha fatto ai nostri signori!"

"Tsk, spietata come sempre..." commentò Atlas, balzando accanto a lei insieme ai compagni, ed espandendo il suo cosmo.

Ad un ordine di Callisto, le navi sotto il suo comando si mossero ad intercettare quelle in avvicinamento.

***

"Avanti! Mostriamo a questi bestioni cos'è la vera forza!" esortò Atlante, porgendo una mano a Thor ed aiutandolo a rialzarsi, prima di abbattere un altro gigante con un fascio di energia.

Sbalordito, il colosso di Asgard si guardò attorno. I discepoli di Virgo avanzavano lenti e compatti, obbligando i nemici a combattere su due fronti, mentre il gruppo di Asher si muoveva rapidissimo. L'Unicorno in particolare era inarrestabile nel falciare nemici e, affiancato da Tisifone e Castalia, aveva già aperto una breccia nelle loro fila.

"Siete... nostri alleati?!" domandò alla fine Thor.

"La malvagità di Erebo ed il coraggio dei Cavalieri dello Zodiaco hanno unito fazioni un tempo divise. Ora combattiamo tutti per la stessa causa: la caduta delle tenebre!" gli sorrise Atlante, prima di dargli le spalle e gettarsi nella mischia.

Thor lo guardò un attimo, poi si massaggiò le costole rotte. "Tsk, se crede di uccidere più nemici di me..." commentò sornione, affiancandolo nella lotta.

***

All'interno delle mura di Asgard, Fafnir, primo seggio di Hela, era di fronte a quattro Cavalieri: Orion e Ioria, che dall'inizio avevano cercato di tenergli testa; Libra, cui egli aveva impedito di raggiungere la nave della regina Hela; e Virgo, appena sceso in campo in aiuto ai compagni.

In quel momento però, tutti e cinque avevano la testa piegata verso l'alto. Un cosmo si era appena spento, dopo aver brillato luminoso nel cielo. Lo Scorpione era caduto.

"Amico mio... anche tu ci hai lasciati..." pianse Ioria, ricordando anni di diverbi e diatribe dietro cui si erano sempre nascosti rispetto e stima reciproca.

"Abbiamo ritrovato un amico... solo per perderne un altro..." commentò amareggiato Doko.

Non erano i soli a soffrire. Soltanto Fafnir aveva avvertito la scomparsa di un'altra aura poco prima di quella di Scorpio.

"Sigmund, dopo tutto questo tempo non sarai più al mio fianco... Eri come un fratello per me... oh, se solo avessimo potuto andarcene e lasciarci alle spalle questa guerra infausta come avresti voluto. Quante nuove avventure ci avrebbero atteso? Quanti mostri da abbattere e fanciulle cui rapire il cuore? E invece..." pensò, serrando il pugno.

Per un attimo, il pensiero di andar via, ripudiare Hela ed Erebo, tornò ad affacciarsi sulla sua mente. Ma non poteva, era Comandante e primo seggio, vincolato da solenne giuramento. Suo dovere era combattere, fino alla morte.

"Così sia!" sospirò, circondandosi del suo immenso cosmo ed attirando subito l'attenzione dei nemici. "Avete ricevuto dei rinforzi, ma che siate quattro o quaranta la vostre fine non cambierà!" minacciò.

Subito, i Cavalieri si misero in posizione. "Non sottovalutatelo, la sua forza è immane!" avvertì Ioria.

"Invero... sembrano due cosmi invece di uno solo!" notò Virgo, aprendo il palmo della mano. "Lo metterò alla prova: Om!"

"Passato è il tempo per prove e tattiche atte a prender tempo, armi come questa non vi daranno mai la vittoria che agognate!" rispose Fafnir, annullandola con un solo gesto e spingendo indietro anche il custode della sesta casa.

"Tutti i nostri sforzi non sono riusciti neppure a ferirlo... come possiamo trionfare?" si chiese Ioria, sentendosi improvvisamente venir meno. Doko però non perse tempo e lo superò, correndo alla carica.

"Nessuna battaglia è persa in partenza! Ricorda Titania!" esclamò, facendo esplodere il suo cosmo. "Colpo Segreto del Drago Nascente!!"

"Hai ben detto!" lo affiancò Orion, incassando le braccia nel torace. "Occhi del Drago, colpite nel segno!!"

"Un altro guerriero sotto il segno del drago, c'è non poca ironia in questo combattimento..." commentò Fafnir, aprendo entrambi i palmi e fermando un colpo segreto con ciascuna mano. "La vostra determinazione è solida, ma non altrettanto può dirsi dei cosmi, stanchi e fiaccati da una giornata di guerra!"

Serrando i pugni, disperse ambo le tecniche, per poi lanciare a sua volta due fasci di luce che colpirono in pieno gli eroi, scaraventandoli tra le macerie.

Con uno scatto improvviso, Ioria si frappose tra loro, il pugno scintillante di luce d'oro. "Ora combatti con me! Per il Sacro Leo!!"

"Queste tecniche segrete le ho già respinte, non hai niente di nuovo da mostrarmi?" gridò, tranciando il reticolato con un movimento a spazzare del braccio.

"Forse lui no, ma le armi di Virgo ancor non le conosci! Abbandono dell'Oriente!" si intromise il biondo Cavaliere, rilasciando l'energia frettolosamente accumulata.

"Meglio... meglio ma non abbastanza!" si complimentò Fafnir, allargando di scatto le braccia. "Lampo del Drago!!"

Un'onda devastante annullò la tecnica della Vergine, incombendo su lui e Ioria. "Devo... fermarlo! Khan!!"

La sfera difensiva si schiantò contro il colpo del Comandante, sembrando per qualche momento in grado di trattenerlo. Poi, ruggendo furioso, un dragone si innalzò alle spalle di Fafnir, aumentando di cento volte la potenza del Lampo.

Il Khan andò in frantumi, riuscendo fortunatamente almeno a smorzare l'impeto dell'attacco. Ciononostante, Virgo e Ioria vennero completamente travolti, schiantandosi contro quel che restava del muro di cinta del palazzo.

Pronto a finirli, Fafnir scattò verso di loro, quando Orion gli si gettò addosso con un grido. "Non gli farai del male!"

Il pugno del primo Cavaliere di Asgard fece barcollare il Comandante, ma solo per un attimo. Schivato il secondo affondo piegandosi sulle ginocchia, l'uomo rispose con una scarica di colpi all'addome che sollevarono Orion da terra facendogli sputare sangue.

Stringendo i denti, l'asgardiano distese l'indice. "Spada..."

"Lento... troppo lento!" esclamò Fafnir, deviandogli il braccio con una gomitata e chiudendogli una mano sul volto. Facendolo ruotare come se non fosse che una marionetta, lo gettò violentemente a terra e scagliò un raggio per finirlo.

Con un balzo disperato però Ioria trascinò appena in tempo al sicuro l'amico, mentre già il cosmo di Libra esplodeva. "Diceva il vero, non possiamo permetterci tentennamenti! Colpo dei Cento Draghi!!"

Un'ombra di curiosità e vago interesse solcò il viso del Comandante. "Un'arma interessante, capace di unire rapidità e potenza... peccato che il tuo cosmo sia troppo flebile per arrecarmi danno, meriterebbe fortuna migliore!"

Incrociate le braccia davanti al petto, le aprì di scatto ad x, rilasciando vortici di energia che dispersero i dragoni senza che neppure uno riuscisse ad andare a segno. Esplosioni concatenate fecero tremare mura e macerie, provocando piogge di detriti e nuvole di polvere.

Un altro gesto e fasci di luce partirono dalle sue dite, detonando attorno al Cavaliere d'Oro, che venne sbalzato al suolo. L'ultimo di loro fu però parato da una barriera di luce.

Avvolto nel suo cosmo, Virgo tornò alla carica. "Visto che le tecniche dirette su di lui sono inutili, ne tenterò una indiretta! Volta di Minosse!!"

Cerchi biancastri partirono dal suo palmo, cercando di strappare l'anima di Fafnir e precipitarla nei sei mondi di Ade. Usando quest'arma, il Cavaliere non poté far a meno di pensare a Phoenix, che aveva lasciato battagliare in compagnia di Sirio.

"Sarai salvo?" si chiese, rattristato dal non potergli concedere più di un fugace pensiero. Non era tempo per le distrazioni, il cosmo del Comandante ardeva contrastando gli effetti del suo colpo segreto.

Dopo qualche istante di equilibrio, Fafnir eseguì una capriola all'indietro, tornando a terra del tutto incolume. "Durante il Ragnarok un seguace di Hela, specie se Comandante, ha piena libertà di attraversare il velo che separa il mondo dei vivi da quello in cui riposano i defunti. Poco importa se sia Hel, il Valhalla o un luogo analogo, una tecnica come questa non può funzionare su di me! Dovete rassegnarvi, spuntata è ogni arma in vostro possesso. Non altrettanto può dirsi per le mie: Lampo del Drago!"

Preso in controtempo per innalzare il Khan, e con la metà superiore dell'armatura in pezzi sin dall'incontro con Erebo in Scozia, Virgo poté solo incrociare le braccia davanti a sé in un disperato tentativo di difesa.

All'ultimo momento però, Libra e Orion si interposero a proteggerlo facendo esplodere i loro cosmi.

"Colpo dei Cento Draghi!"

"Occhi del Drago!!"

In uno scoppio di scintille, le tecniche si scontrarono a mezz'aria, restando più o meno in equilibrio perché Fafnir non aveva impresso la massima energia nella sua arma. Socchiudendo gli occhi si preparò a rimediare, quando scariche elettriche e saette emersero dal suolo attorno ai suoi piedi.

"Lightning Fangs!!" ringhiò Ioria, imprimendo il suo cosmo nella terra di Asgard ed eseguendo per la prima volta il colpo segreto con entrambe le mani.

"Ha istintivamente scelto il momento migliore, se cercassi di contrastarlo verrei travolto dalle tecniche dei suoi compagni..." pensò Fafnir, non riuscendo a trattenere un sorriso spontaneo. L'impeto di Ioria, così come la nobiltà di Orion, gli ricordavano se stesso e Sigmund, nei bei tempi andati.

Sospirando, balzò indietro, sfuggendo alle folgori ed interrompendo l'attacco sugli altri Cavalieri. Immediatamente, i quattro si raggrupparono, cercando di riorganizzarsi.

"Non ho mai visto una tale capacità guerriera, nemmeno in quattro riusciamo a prendere il sopravvento!" commentò Orion, in affanno.

"Forse il Sacro Virgo?" suggerì Ioria, ma il compagno scosse la testa. "Da troppo tempo ormai i miei occhi sono aperti, non sono certo di essere riuscito ad accumulare abbastanza energia da renderlo efficace su un tale avversario. E' potente costui... ed ho la sensazione che non abbia ancora usato i suoi pieni poteri..." notò, ricevendo sguardi preoccupati dai compagni.

"Nel suo cosmo c'è qualcosa che mi sfugge... una dissonanza che non so spiegare..." pensò, prima di ammettere, ad alta voce "Forse la nostra sola speranza di vittoria risiede ancora una volta nella tecnica proibita con cui ottenemmo trionfo su Titania: l'Urlo di Atena!"

Alle sue parole, Orion li guardò confuso, ignaro di cosa stessero parlando, ma Libra inorridì, improvvisamente memore del sacrificio di Kanon. Poi, chinando il capo, sussurrò "In effetti... potrebbe essere l'unica strada..."

Per qualche momento, i Cavalieri d'Oro si scambiarono sguardi indecisi, mentre soppesavano la possibilità di ricorrere di nuovo a quell'espediente che tanto disprezzavano. La tentazione era forte, quella era forse la sola possibilità che restava loro, l'unico trucco che avrebbe sicuramente avuto successo.

"No! Non possiamo!" intervenne improvvisamente Ioria, riportandoli alla realtà. "E' vero, con l'Urlo di Atena potremmo conseguire una facile vittoria... ma stavolta il nemico non è una divinità, ma un uomo, ed un uomo che ci sta combattendo lealmente! E' già un disonore affrontarlo in quattro, ma ricorrere persino alla tecnica proibita... no, sarebbe troppo! Non posso farlo, perdonatemi!" esclamò, serrando frustrato il pugno. Con Orion ignaro dell'esistenza di quella tecnica, la sua defezione legava le mani anche ai compagni.

Libra tuttavia non lo rimproverò, anzi scosse la testa e gli poggiò una mano sulla spalla. "Non scusarti, anzi perdona tu noi. Creatura malefica è la guerra, per un attimo nella sua furia devastatrice avevamo dimenticato che siamo Cavalieri della grande Atena! Non comprometteremo la nostra natura per una chimera di vittoria!" dichiarò, prima di voltarsi verso il custode della sesta casa. "Preparati al Sacro Virgo e che il cielo ci aiuti, noi cercheremo di fornirti l'occasione propizia!"

Annuendo, il Cavaliere d'Oro unì le mani e chiuse gli occhi, cercando di concentrare il cosmo che gli restava. Sorpreso, Orion si avvicinò a Ioria. "Che significa quel gesto?"

"Privandosi dell'uso della vista, Virgo aumenta l'energia del suo cosmo, per poi liberarla di colpo nella sua tecnica più potente!" spiegò in un sussurro, per non farsi udire da Fafnir, che li stava fissando incuriosito. Il Cavaliere del Nord annuì pensieroso.

"Qualunque strategia stiate formulando, spero per voi che sia efficace. Per quanto mi dispiaccia porre fine alla vita di uomini valorosi, è tempo di concludere questa battaglia!" avvertì il Comandante, espandendo la sua aura e spiegando le ali dell'armatura prima di lanciarsi in volo.

"Sta arrivando, state pronti!" avvertì Orion, concentrando le forze nel dito. "Spada di Asgard!"

Il colpo segreto fece esplodere il suolo lungo la traiettoria di Fafnir, obbligandolo a scartare per evitare la colonna di detriti. Approfittandone, Ioria e Libra infiammarono i loro cosmi.

"Sincronizza i tuoi attacchi ai miei. Colpo dei Cento Draghi!"

"Ancora, fino allo sfinimento! Per il Sacro Leo!!"

Lanciate insieme, le due tecniche si combinarono. I dragoni di Cina solcarono il cielo accanto al reticolato del leone, ma riempirono anche gli spazi vuoti al suo interno, rendendolo troppo fitto per poter essere attraversato e troppo ampio per poter essere schivato.

"Solo due combattenti di pari abilità riuscirebbero ad eseguire con tanta perfezione una mossa del genere!" commentò Fafnir, allargando di scatto le braccia "Ma se non posso superarlo, dovrò distruggerlo! Lampo del Drago!"

Devastante, il colpo segreto del primo seggio spazzò via le tecniche dei nemici, che vennero spinti indietro dal contraccolpo. L'esplosione tuttavia abbagliò Fafnir, costringendolo ad abbassare la guardia.

Ritrovata la vista, scoprì che Virgo era ritto di fronte a lui, il cosmo simile ad un fiore di loto in procinto di sbocciare. "Che il cerchio d'Oriente della Vergine si completi!" proclamò spalancando gli occhi. "Per il Sacro Virgo!"

"Che razza di tecnica è mai..." iniziò Fafnir, ma non poté completare la frase. Quando l'onda di luce l'ebbe superato, si accorse sbalordito di aver perso il dono della parola.

Cogliendo l'attimo, Virgo fu su di lui. "Annullamento del secondo senso!"

Stavolta alla luce fecero seguito le tenebre, gli occhi del Comandante divennero opachi e vitrei.

"Annullamento del terzo senso!"

L'udito scomparve, precipitandolo nel silenzio.

"Una tecnica in grado di spegnere i cinque sensi!" comprese finalmente. "Sono stato uno sciocco, non immaginavo avessero a disposizione un'arma del genere!" Un momento più tardi, anche la sensazione dell'armatura sulla pelle, o del suolo sotto i piedi, venne meno.

"Anche il tatto è perduto... se non trovo un modo per annullare questa tecnica per me sarà la fine!" pensò, cercando di bruciare il suo cosmo, ma in quelle condizioni calibrarlo era difficile, specie senza la dovuta calma.

Fu allora, mentre tentava di concentrarsi, che si accorse che qualcosa si stava muovendo appena attorno a lui. Una forza mostruosa, ebbra di gioia al pensiero della libertà. La riconobbe, ed impallidì.

"No! Non ora!"

Virgo era stremato, ma per la prima volta Fafnir sembrava aver accusato il colpo ed era crollato a terra immobile. "Annullamento..." iniziò, deciso a privarlo anche dell'olfatto.

Improvvisamente, un cosmo immenso e spaventosamente aggressivo si innalzò attorno al Comandante, prendendo le sembianze di un enorme dragone, e contemporaneamente la sua armatura iniziò a brillare e pulsare.

"Nemmeno il Sacro Virgo ha avuto effetto!" balbettò Ioria incredulo.

"E'... inusitato!" mormorò il custode della sesta casa, indietreggiando di un passo. Di fronte a lui, il drago si sollevò maestoso e ruggì. Non un ruggito comune, ma un'assordante onda d'urto, che sbatté contro gli impreparati eroi, frantumando parte delle loro corazze e scaraventandoli rovinosamente a terra tra le macerie.

Un secondo ruggito e persino un Khan frettolosamente eretto venne strappato via, travolgendo di nuovo i quattro.

"E' assurdo, non capisco! E' come se la scomparsa dei sensi avesse permesso al suo cosmo di scatenarsi!" disse Virgo, le unghie spaccate, i capelli sporchi di fango e sudore, il volto sanguinante dalla fronte e la bocca.

"Non è l'unico mistero che lo circonda... so che sembra assurdo, ma poco prima del vostro arrivo la sua armatura ha sanguinato!" ricordò Ioria.

"Un'armatura che sanguina? Ma non può essere!"

"A meno che..." mormorò Doko, attirando l'attenzione di tutti. "C'è una possibilità. Se è come credo, si trova proprio lì la chiave dell'enigma!"

Di fronte a loro, il cosmo di Fafnir continuava ad espandersi ed agitarsi. Tanta era la sua forza che pareva persino diventare meno evanescente, come se stesse acquistando solidità.

Accortosene, Doko soppesò un attimo la situazione, prima di voltarsi verso Virgo. "Restituiscigli l'uso dei sensi!"

I Cavalieri lo guardarono perplessi, ma l'espressione di Libra era decisa. "So che è rischioso, ma se le cose stanno come penso potremmo aver liberato un nemico persino peggiore!"

Annuendo, Virgo si rialzò, rilasciando un'onda di luce dorata.

Per qualche istante parve non accadere niente, ma poi Fafnir iniziò a scuotersi, e contemporaneamente il suo cosmo a calare. Non era un processo indolore però, l'aura si agitava e scuoteva vistosamente, tentando di resistere.

"Proprio come una creatura vivente..." pensò Doko.

Quando si fu totalmente chetata, il Comandante si rimise in piedi, provato per lo sforzo.

"E' questo il segreto della tua forza, non è vero? Quella che indossi non è una semplice corazza!" esclamò Libra, guardandolo negli occhi.

Ansimante, Fafnir sostenne il suo sguardo per qualche momento, chiedendosi se fosse il caso di rivelargli tutto o meno. Solo Sigmund, Alberich ed Hela erano stati a parte del suo segreto, e del secondo in particolare avrebbe fatto volentieri a meno, ma i valorosi che aveva di fronte erano così diversi dai Comandanti al cui fianco aveva servito.

Alla fine annuì. "Il possente drago Fafnir, da cui prendo il nome. Sigmund ed io lo affrontammo secoli fa... una vittoria che ci costò cara. Adesso è il prezzo della mia fedeltà alla regina Hela, se tradissi... o abbandonassi... le sue armate, lei lo libererebbe" spiegò, tralasciando volutamente i dettagli del ruolo svolto da Sigmund nella faccenda e ricordando brevemente il passato, quando da Hela si era recato per ottenere la liberazione dell'anima di Sigmund. Quel lontano giorno, la Dea aveva acconsentito alle sue suppliche, ma anche posto quella clausola per tenere sempre stretto a sé il guerriero.

"La belva che abbiamo appena visto..." commentò Orion, memore del drago che lui stesso aveva affrontato nell'addestramento, e di quanto difficile fosse stato ucciderlo.

"Il mio cosmo lo costringe a restare in forma di armatura, ma al tempo stesso esso se ne sazia. Se fuggisse ora, potenziato da secoli al mio fianco, sarebbe inarrestabile. Non posso permettere che un tale flagello sia liberato sugli uomini..."

I Cavalieri furono colpiti da questa spiegazione, Ioria in particolare. "Ma allora... finora hai combattuto contro di noi portando un tale fardello sulle spalle?! La maggior parte del tuo cosmo era teso a tenere imprigionato il mostro?"

Fafnir non rispose nulla, non sopportando di essere oggetto di pietà. Ciononostante, al Cavaliere di Leo tornò in mente una situazione analoga vissuta anni prima, quando Ceo del Lampo Nero lo aveva sfidato a duello pur oberato dalla pressione del Tartaro.

"Eppure... è contraddittorio il tuo comportamento!" intervenne Orion. "Combattendoci, condanni la stessa umanità che così a lungo hai cercato di proteggere! Se le tue parole sono sincere unisciti a noi, e insieme sconfiggeremo sia Hela che il drago".

I tre Cavalieri d'Oro non aggiunsero nulla, ma dai loro occhi era chiaro che condividevano la proposta dell'alleato. In cuor suo Fafnir li ringraziò, prima di scuotere la testa.

"Una proposta che in passato avrei accettato con gioia. La vostra causa è nobile, Sigmund ed io lo sappiamo bene, ma ugualmente devo annientarvi, è mio dovere di primo seggio di Hela! Il destino ha voluto che a lei mi rivolgessi secoli fa, nel momento del bisogno. Poco conta la mia volontà... alla fine, per quanto grandi siano i nostri sforzi, per quanto fieri si possa essere dei traguardi conseguiti, siamo tutti pedine della natura e del fato..."

"Un fatalismo che non ti rende giustizia, anzi ti condanna dalla parte delle tenebre! Riflettici!" lo esortò Libra, ottenendo però un nuovo gesto di diniego.

"Già l'ho fatto, per anni ed anni, ma la conclusione è sempre la medesima. Che io lo volessi o meno, fu Hela ad ascoltare le mie suppliche, non Odino o Atena. Saremmo potuti divenire Einherjar, invece venimmo nominati Comandanti. Non condivido la sua scelta di campo, nondimeno non la tradirò. Dovreste capire, dal poco che so anche voi un tempo avete combattuto dalla parte delle tenebre, anche se vedendovi stento a crederlo".

"Eravamo stati ingannati, la nostra fiducia era mal riposta!" notò Ioria.

"Eppure avete sostenuto lo schieramento di cui il fato vi aveva reso parte. Non stupitevi se anch'io faccio lo stesso..."

Ioria aprì la bocca per controbattere, ma Virgo gli poggiò una mano sulla spalla. "Non possiamo dedicarci a dilemmi filosofici. Anche se in un'altra vita saremmo potuti essere amici, il destino ci ha reso avversari. Dobbiamo prenderne atto e combattere!"

Il Cavaliere di Leo annuì, a malincuore, riprendendo la posizione di lotta insieme a Libra e Virgo stesso. Solo Orion era ancora immobile, pensieroso alle loro spalle. Ad un tratto, si avvicinò al custode della sesta casa, sussurrandogli qualcosa nell'orecchio.

Sorpreso, Virgo si girò verso di lui. "E' possibile, certo... ma anche rischioso. Nelle condizioni in cui versi rischieresti di perdere il senno. Sei sicuro di voler tentare?"

"Devo! Potrebbe essere la chiave per la vittoria, ed il mio cosmo è meno fiacco del vostro, appesantiti anche dalla guerra contro Avalon. Abbi fiducia in me, Cavaliere d'Oro!"

Libra e Ioria li fissarono perplessi, ma il Cavaliere della Vergine annuì lentamente. "Distraete Fafnir per qualche attimo!" sussurrò, congiungendo le mani davanti al torace.

Senza esitare, i due fecero come gli era stato chiesto, nascondendo con i loro corpi i compagni alla vista del Comandante ed espandendo le rispettive aure dorate.

"Andiamo, e che Atena ci sia propizia!" disse Doko, lanciandosi alla carica. "Colpo Segreto del Drago Nascente!"

Senza dir nulla, Fafnir lo parò con il palmo della mano, ruotando sul proprio asse e colpendo Libra con un calcio laterale a spazzare, cui fece seguito una sequela di pugni a volto e torace.

Stringendo i denti, il Cavaliere d'Oro riuscì ad afferrare la mano tesa del nemico e spostò il proprio baricentro, piegandosi per lanciarlo in una mossa di judo.

Fafnir rispose con una capriola a mezz'aria, atterrando sulle gambe, ma prima di poter riprendere l'iniziativa si accorse del cosmo dorato che brillava alle sue spalle.

"Zanna del Leone!!" urlò Ioria, concentrando i suoi fasci di luce in un unico raggio, più potente rispetto a quelli individuali del Sacro Leo. Intuendo il rischio, Fafnir piantò i piedi a terra ed aprì le mani, intercettando l'assalto, e deviandolo verso Doko. Il Cavaliere della Bilancia riuscì a schivare, ma il colpo esplose su un segmento di mura alle sue spalle, facendogliele franare addosso e seppellendolo.

Prima che Ioria potesse correre in aiuto del compagno, il primo seggio fu su di lui, afferrandolo per il polso e colpendolo con una gomitata alla bocca dello stomaco. Sputando sangue, il ragazzo barcollò indietro.

Un secondo pugno frantumò il bracciale sinistro della sua corazza, un terzo spaccò il pettorale. Il quarto gli avrebbe staccato la testa, ma d'un tratto il ragazzo svanì, ricomparendo a qualche metro di distanza.

"Teletrasporto!" intuì Fafnir, guardandosi attorno e notando Virgo, in ginocchio e vistosamente in affanno.

"Abbandono... dell'Oriente!" mormorò.

"Lampo del Drago!" ritorse il suddito di Hela, disperdendo la tecnica del nemico e scaraventando Virgo accanto a Ioria, in un lago di sangue.

"Ormai siete allo stremo, i vostri cosmi prossimi allo sfinimento. Non meritate di continuare a soffrire, vi finirò con la mia arma più potente!" proclamò Fafnir, spiegando le ali della sua armatura e facendo esplodere l'enorme cosmo che gli apparteneva.

"Volo del Dragone!"

Ioria riconobbe subito la tecnica che aveva ucciso Mur. Un'energia terrificante dalla forma di dragone saettò verso di loro, le fauci spalancate per ghermire le loro vite. Si guardò attorno alla ricerca di una via di fuga, ma c'era solo Orion, appoggiato ai resti di una colonna, stranamente immobile come se fosse svenuto.

"Dobbiamo respingerlo, o sarà la fine!" urlò alla fine, facendo esplodere il poco cosmo che gli restava. "Per il Sacro Leo!"

"Khan!!" cercò di appoggiarlo Virgo da terra.

Il reticolato tempestò la belva di scariche, mentre la barriera si ergeva innanzi a lei come un muro. Entrambe furono spazzate via senza neppure rallentarla. Malridotti com'erano, i Cavalieri non avevano modo di correre in salvo.

"E' la fine!" sussurrò Ioria, mentre Virgo eseguiva rapidamente un gesto in direzione di Orion.

Ma, improvvisamente, Libra comparve innanzi a loro, le braccia spalancate, il cosmo ardente fino al parossismo.

"Non lascerò morire anche voi!!!!" gridò, facendo esplodere la propria aura come mai prima, riversando ogni iota di cosmo, volontà, concentrazione e forza vitale nelle mani.

L'esplosione fu devastante. L'armatura della Bilancia andò totalmente in pezzi, le ossa della cassa toracica di Doko si spaccarono con un rumore sordo e fiumi di sangue sprizzarono fuori, mentre i muscoli e la carne circostante venivano ustionati e dilaniati dal calore.

Ma, quando Ioria e Virgo riaprirono gli occhi, Libra era ancora ritto innanzi a loro, mentre del drago di energia non v'era più traccia.

"E' incredibile... l'ha fermato con le sue sole forze!" commentò incredulo il custode della sesta casa.

"Ma a quale prezzo?" sussurrò Ioria con voce rotta.

Come in cenno di silente risposta, le gambe di Doko cedettero ed egli cadde all'indietro, fra le loro braccia, mentre quel che restava della corazza della Bilancia si sgretolava diventando polvere.

Non bastò che uno sguardo a far comprendere ai due che il suo sacrificio era stato fatale.

"No! Non anche voi! Perché l'ha fatto, anziano maestro! Eravate l'ultimo superstite della generazione precedente, la nostra guida, il primo tra noi!!" pianse il Leone, stringendogli la mano.

Al suo tocco, Doko riaprì gli occhi, le pupille ormai vitree.

"Non potevo lasciare... che vi sacrificaste come Kanon. La mia vita... è stata lunga e piena... il futuro non è più mio da scrivere... ma vostro, come di Sirio, Pegasus e gli altri... Unite i miei insegnamenti... alle vostre esperienze... e forgiate la via per il domani..." sussurrò, sorridendo stancamente.

Poi spostò lo sguardo su Fafnir, immobile a qualche metro di distanza. "Il fato... ci pone ogni giorno di fronte a scelte da compiere... ma quello che conta veramente... è vivere senza accumulare mai rimpianti. Vivere... seguendo la propria volontà... senza alcun fardello..." furono le sue parole, prima di chiudere per sempre gli occhi.

"Nobile Libra..." mormorò Virgo con gli occhi chiusi.

"Anziano maestro! Doko!" pianse Ioria.

"E' stato... un valido insegnamento..." mormorò Fafnir, la voce tinta da colpa e rammarico.

Si guardò attorno. Era l'ultimo Comandante, forse l'unico in grado di determinare l'esito di quel conflitto che ormai si stava trascinando verso l'epilogo. Sterminate schiere di cadaveri di entrambi le fazioni coprivano il suolo.

"Che fare?" si torturò. Non sarebbe mai potuto restare neutrale, tradendo Hela si sarebbe poi dovuto schierare in battaglia contro di lei. Poteva farlo? Poteva levare la mano su colei che aveva salvato Sigmund e dato ad entrambi un ruolo di primo piano nel suo esercito? La conosceva forse meglio di chiunque altro, aveva scorto la parte più profonda e segreta del suo cuore in quei secoli trascorsi al suo fianco. Anche mettendo da parte la minaccia del drago, poteva guardarla negli occhi e cercare di ucciderla?

Se lo chiese, cercò di immaginare la scena, e trovò la risposta.

Sospirando amareggiato, si circondò del suo cosmo ed avanzò verso i Cavalieri superstiti, per finirli.

Fu un raggio di luce a fermarlo, esplodendo in mezzo a loro. Avvolto da un alone luminoso, Orion era tornato in campo.

"Sei riuscito, Cavaliere!" esclamò Virgo, palesemente sollevato.

Orion annuì, guardando amareggiato il cadavere di Doko "Forse troppo tardi..." Poi la sua espressione si indurì e tornò a fronteggiare Fafnir, che lo stava studiando un po' incupito. Il cosmo del guerriero del Nord infatti era più intenso di prima ed in esso si scorgevano riflessi argentati e bluetti oltre alla tradizionale tinta bianca. La sua vitalità era in netto contrasto con il volto, che al contrario sembrava persino più stanco e provato.

Prendendo fiato, l'asgardiano si lanciò all'attacco con un calcio volante. Sorpreso dalla sua rapidità, Fafnir bloccò con il dorso del braccio e reagì con un raggio, che però Orion seppe schivare, prima di concentrare l'aura nel dito ed indicare il suolo.

"Spada di Asgard!"

Fafnir sollevò il pugno per annullare quella tecnica, ma all'ultimo istante sembrò cambiare idea ed incrociò le braccia a difesa del volto, prima di essere travolto e sbalzato indietro dall'esplosione.

Spiegando le ali dell'armatura, uscì dalla colonna di detriti, trovandosi però di nuovo di fronte al nemico, che stavolta aveva incassato i pugni nel torace.

"In nome del sommo Odino: Occhi del Drago!!"

Anche stavolta alla reazione iniziale – bloccare con i palmi i due fasci di energia – fecero seguito un istante di stupore ed una nuova contromossa.

"Lampo del Drago!!" gridò, facendo scontrare la propria tecnica con quella del nemico, in un'esplosione che lanciò indietro entrambi di diversi metri.

"C'è qualcosa di diverso in lui... le sue tecniche hanno guadagnato di rapidità e potenza!" realizzò, tornando a scrutare il manto che lo avvolgeva.

Anche Ioria se ne accorse. "C'è un ché di divino nel suo cosmo ora! Tu sai cosa gli è successo, è qualcosa che avete organizzato insieme!" esclamò, chiedendo spiegazioni a Virgo, che fece un cenno di assenso.

"Abbiamo notato più volte che l'energia di Fafnir sfiora il divino, nelle nostre condizioni non siamo assolutamente in grado di tenergli testa. Orion ha formulato un piano che riducesse la differenza di valori in campo, ed ha chiesto il mio aiuto per realizzarlo..."

"Basta parlare per enigmi, di che si tratta?" insistette il leone.

"E'... difficile da spiegare. Come sai, lui e gli altri Cavalieri di Asgard caduti nella guerra dell'anello sono tornati alla vita grazie al cosmo di Odino, di cui sono pregne le loro spoglie grazie ai mesi trascorsi nel Valhalla. Essenzialmente, è come se avessero in loro due cosmi, il proprio e quello del loro Dio. Quest'energia dona loro una nuova vita temporanea, ma non è fonte cui si possa attingere in battaglia.

"Poco fa, Orion mi ha chiesto di privarlo dei cinque sensi, per permettergli di sondare le profondità più remote del proprio essere, alla ricerca del potere di Odino. Un proponimento rischioso, ma anche sensato: come Phoenix alla casa che io presiedo, ha inteso farsi circondare dall'oscurità per trovare quel che era nascosto lontano dalla superficie. In quelle condizioni avrebbe potuto perdere il senno o la vita, ma è riuscito a superare gli ostacoli e raggiungere l'obiettivo che si era prefissato!" concluse.

"Quindi... in questo momento non sta bruciando solo il suo cosmo, ma anche una frazione di quello di Odino?" ripeté Ioria, fissando incredulo il compagno. Per la prima volta stava tenendo in qualche modo testa a Fafnir, anche se nessuno appariva in grado di prendere il sopravvento. In quel momento erano impegnati in una stretta con entrambe le mani, circondati da scariche e saette di energia mentre la terra ai loro piedi tremava e le aure si scontravano a mezz'aria.

Poi il Cavaliere di Leo tornò a notare il viso scavato di Orion, e il pieno significato delle parole di Virgo gli fu chiaro.

"Se sta bruciando il cosmo di Odino... e se è il cosmo di Odino a permettergli di restare tra i viventi..." inorridì.

"Sì, Orion sta letteralmente bruciando la propria vita pur di vincere Fafnir! Se la battaglia si protrarrà troppo a lungo, o se le energie consumate saranno eccessive, scomparirà mutandosi in polvere! Anche così, ogni minuto che passa accorcia sensibilmente il tempo che gli rimane!"

Il primo seggio di Hela era giunto alla medesima conclusione. Troppo tempo aveva trascorso insieme ad una Dea per non percepire la presenza di Odino nel cosmo del nemico.

"E' un suicidio, abbandona questo folle piano! Continuando morirai anche tu, lo sai vero? Forse persino prima di sconfiggermi! Rischia di essere un sacrificio inutile!" esclamò tra i denti.

Orion però non accennava a placarsi. "Lo so bene, è un rischio calcolato! La mia vita ha avuto fine durante la guerra dell'anello! Questa è solo una parentesi, un epilogo di esistenza che voto volentieri a chi amo ed a chi al mio fianco combatte in nome della giustizia!" proclamò, lasciando di scatto la presa ed incassando di nuovo i pugni nei fianchi. "A te la difesa ora! Occhi del Drago!!"

Esplodendo a distanza ravvicinata, il colpo segreto colpì in pieno il Comandante, lanciandolo per la prima volta al suolo. Chiazze di sangue più larghe comparvero sul suo pettorale, grondando a terra, mentre la figura che si agitava nel suo cosmo pareva ora dimenarsi sofferente.

Nell'avvertire le prime fitte di dolore, Fafnir si rese conto di essere in affanno. Troppe le energie consumate per tenere a bada la sua armatura, specie dopo aver usato per ben due volte il Volo del Dragone, arma terribile ma che richiedeva uno sforzo notevole. Per prudenza e senso del dovere avrebbe dovuto dosare le forze e concludere al più presto quel duello. Poteva farlo, anche sorretto dal cosmo di Odino, Orion non sarebbe mai sopravvissuto al Volo del Dragone, e dopo averlo usato la terza volta avrebbe potuto ritirarsi temporaneamente a recuperare le forze.

Eppure, la sfida lo stimolava, riportandolo con la memoria indietro nel tempo ad un'altra epoca, ed alle avventure vissute insieme a Fafnir. Le parole di Libra, vivere senza rimpianti esaudendo i propri desideri, gli si riaffacciarono alla mente.

Sorridendo genuinamente, si alzò di scatto.

"Se è questo che desideri, onorerò la tua volontà! Vediamo quale dei nostri dragoni è il più forte! Lampo del Drago!"

Stavolta fu Orion ad essere preso in controtempo e sbattuto a terra, con un coprispalla e bracciale in pezzi. Avvertendo le intenzioni dell'avversario, si risollevò subito, scatenando una nuova scarica di pugni e fasci di luce.

Vedendoli combattere, cadere e rialzarsi, pugno contro pugno, calcio contro calcio, con schizzi di sangue e frammenti di armature che volavano da entrambe le direzioni, Ioria ricordò istintivamente Bres. La sintonia raggiunta ora tra i due nemici era analoga a quella che lui ed il Guardiano di Avalon avevano saputo trovare al termine del loro duello.

Poi Orion incespicò, improvvisamente in affanno, e l'incantesimo si ruppe. Travolto dal Lampo di Fafnir, per la prima volta parve incapace di rialzarsi.

"Sei... al limite!" commentò il Comandante, notando con una punta di tristezza il suo volto pallido ed emaciato. Considerò il finirlo, ma poi scosse la testa e si voltò verso Ioria e Virgo, non sorpreso di scoprire che stavano espandendo i loro cosmi.

"So che interverreste in suo aiuto. Venite quindi, ed affrontatemi tutti insieme!" disse, indietreggiando di qualche passo per permettere loro di raggiungere Orion ed aiutarlo in piedi.

"Userò per l'ultima volta la mia tecnica più devastante, il Volo del Dragone. Se saprete respingerla, o anticiparmi, la vittoria sarà vostra. In caso contrario..." avvertì. "Comunque vada, è stata una grande battaglia, e di questo vi sono grato. Siete pronti alla lotta, Cavalieri?"

Tra paia d'occhi, esausti ma determinati, lo fissarono.

"Siamo pronti. Hai combattuto in maniera leale, se la vittoria sarà nostra ricorderemo il tuo nome nelle serate tristi!" promise Ioria.

"Ne sarei onorato..." annuì Fafnir.

Senza ulteriori parole, quattro cosmi esplosero.

"Per il Sacro Leo!" urlò il Cavaliere della quinta casa, attaccando per primo. Incassando i pugni, Fafnir rispose con una coppia di possenti raggi di energia. Il primo strappò via il reticolato d'oro. Il secondo fu sul punto di trapassare il Cavaliere quando Orion si gettò su di lui, trascinandolo a terra.

Fafnir tuttavia aveva anticipato un tale sviluppo, anzi ci contava, perché ora entrambi erano nel suo raggio d'azione. Dispiegate le ali, fece esplodere il suo cosmo. "La tecnica finale! Volo del Dragone!"

Proprio nel momento in cui la terrificante arma stava partendo però, la vista gli si sdoppiò. Voltandosi, scorse il terzo avversario con le mani congiunte.

"Non mi è consentito privarti del ben dei sensi, ma almeno posso indebolirli!"

"Il Sacro Virgo!" comprese, seguendo la traiettoria del suo colpo segreto. Distratto in quell'istante fatale, esso colpì Orion e Ioria solo di striscio, frantumando i bracciali delle loro armature ed ustionando gli arti sottostanti, senza però causare danni mortali.

"E' presto per cantar vittoria!". Stringendo i denti, il Comandante riprese il controllo del dragone, modificandone repentinamente la direzione e deviandolo verso Virgo stesso. Ai piedi del Cavaliere d'Oro però la terrà si spaccò, innalzandosi in una colonna di luce.

"Spada di Asgard!!" ruggì Orion, usando la sua arma per allontanare l'alleato dalla traiettoria del dragone alato, che esplose contro la cinta muraria, devastandola completamente.

Immediatamente, Leo rotolò per terra, sollevando entrambe le braccia e conficcandole al suolo. "Andate, Lightning Fangs!!"

Le leonine zanne riemersero attorno al Comandante, trapassando le gambe con centinaia di scariche elettriche. Urlando di dolore, si accorse di non potersi muovere, proprio mentre Orion si lanciava verso di lui dall'alto, il cosmo ardente fino ai limiti massimi.

"In nome del sommo Odino, e di tutti i caduti di questa guerra: Occhi del Drago!!" urlò, imprimendo in esso tutto quel che aveva.

"Non posso muovermi, ma posso ancora respingerli!" avvertì Fafnir, incrociando le braccia. "Lampo del Drago!"

Con un ruggito rabbioso, il suo assalto volò ad intercettare quello del paladino di Asgard. Nello stesso momento in cui stavano per impattare però, una sfera luminosa si chiuse attorno a loro, rinchiudendoli insieme a Fafnir.

"Khan!" gridò Virgo, ancora a terra sanguinante, concentrandosi al massimo non solo per chiuderla, ma anche per restringerla.

"In questo modo... l'esplosione ed il contraccolpo saranno amplificati attorno a me!" comprese Fafnir spalancando gli occhi.

Persino smorzato dal Khan, il boato fu assordante. La barriera stessa andò in pezzi, travolgendo gli esausti Cavalieri con l'onda d'urto come se fossero fuscelli. Le parti già incrinate di armatura si sbriciolarono del tutto, mentre polvere e detriti volavano in ogni direzione.

Quando fu tornata la calma, Ioria alzò la testa. Aveva i capelli sporchi di sangue, il corpo pieno di lividi e ustioni sanguinante, le unghie sporche e spezzate. I compagni non erano in condizioni migliori. Virgo tossiva sangue, Orion era pallido ed immobile, sfinito.

Nel punto dell'esplosione c'era un cratere profondo diversi metri. Di Fafnir non si scorgeva traccia, anche il suo cosmo era scomparso.

"Abbiamo... vinto?" chiese a fatica il leone.

In tutta risposta, un'aura enorme iniziò a bruciare. Circondato da una colonna di luce, il Comandante riemerse innanzi a loro.

"Non... non può essere!" balbettò il Cavaliere.

"E' davvero invincibile costui?" si chiese Orion.

Soltanto allora si accorsero che il cosmo non era lo stesso di prima, ma un'energia malvagia, e che l'armatura del primo seggio, ora visibilmente danneggiata, stava brillando intensissima.

"No... non è Fafnir! E' il drago che sta per liberarsi!" comprese Virgo.

La sua intuizione era corretta. La fiera, non più incatenata dalla ferrea volontà del Comandante e furiosa per il dolore, il primo che provava da secoli, stava spezzando i legacci per riconquistare l'agognata libertà ed aveva preso il controllo del corpo di Fafnir.

Ioria guardò il cadavere di Libra, gli amici moribondi, e sbatté il pugno a terra in un gesto di frustrazione. "N... no! No! Non lascerò che tutto sia vano!" gridò rialzandosi.

Stretta la mano sinistra attorno al polso destro, divaricò le gambe. "Micene, Capricorn, Bres, vecchio maestro... datemi ancora la forza!" supplicò. "Photon Invoke! Cosmos Open!"

Una galassia ricolma di fioche stelle si materializzò attorno a loro. Avvertendo istintivamente un pericolo, il drago si girò verso il ragazzo.

"Dobbiamo... proteggerlo!" disse Orion, facendo ricorso alle ultime forze per issarsi in ginocchio.

"Fino all'ultimo afflato!" gli fece eco Virgo.

Insieme cercarono di distoglierlo con raggi di energia. Ma, senza neanche il tempo per riprendere fiato, erano troppo deboli per scalfirlo.

"Photon... Dri... ve..." sussurrò nel frattempo Ioria, guidando gli astri all'interno dell'armatura. Poi però crollò in ginocchio, sentendosi svenire.

"Le forze... le ultime forze... mi abbandonano!".

L'armatura intanto brillava come un sole. Il drago ormai era quasi completamente in controllo, pochi secondi e sarebbe tornato alla sua forma originaria. Poteva percepire che quei tre guerrieri morenti erano tutto ciò che ancora bloccava la via per la libertà, e sollevò le braccia per spazzarli via.

In quel momento, qualcosa lo bloccò. Il corpo rifiutava di muoversi, ogni singola fibra muscolare si opponeva al suo dominio, resistendo all’aura che pulsava dall’armatura.

"Coraggio, Cavalieri!" risuonò una voce. Alzando la testa, Ioria, Orion e Virgo videro due figure evanescenti alle spalle del drago serrarne le braccia e trattenerlo.

Erano Sigmund e Fafnir stesso. O meglio Helgi, libero da dilemmi e sensi di colpa.

"Non abbiate timori, lo tratterremo noi! Non permettete a questa malvagia creatura di tornare a camminare sul mondo!" li esortò colui che fino a pochi minuti prima avevano combattuto, prima di aggiungere, con un sorriso. "Che almeno il nostro commiato avvenga nel nome della giustizia!"

Ritrovando le forze, Ioria chiuse il pugno. "Anche se solo per pochi fugaci istanti, saremo finalmente alleati!" giurò rialzandosi. "Abbandona questo mondo, demonio! Photon Burst!!"

Con un tripudio di luce dorata, i fotoni riemersero dal cadavere di Fafnir e dall'armatura, attraversandola in ogni parte fino a ridurla in brandelli. Con un ultimo ruggito di agonia, il dragone scomparve, insieme alle anime di Fafnir e Sigmund, finalmente in pace.

Ansimando, Ioria si schiantò a terra, mentre anche Orion e Virgo si piegavano sulle gambe e appoggiavano ai detriti.

"Era l'ultimo Comandante. È... finita!" sussurrò. Non restavano che soldati semplici, arpie e giganti, e presto i loro alleati li avrebbero messi in fuga.

In risposta, il cielo si oscurò come la pece, ed un urlo disumano risuonò nell'aria, venendo udito ovunque e raggelando i combattenti. Un cosmo sproporzionato, a confronto del quale persino Fafnir era poca cosa, si innalzò terrificante. La Naglfar reale esplose in una pioggia di meteore di fuoco che bombardarono il campo di battaglia, martoriando entrambi gli schieramenti.

Virgo fece appena in tempo a richiamare il Khan per proteggere se stesso ed i compagni. Investito in pieno, il palazzo di Ilda tremò e cadde in macerie, come pure il carro di Freja, trapassato da parte a parte. Arpie appena sfiorate solcarono il cielo come torce umane, gridando in preda al dolore, mentre soldati invasori fuggivano atterriti.

Avvolta in un'aura nera, Hela, l'ultima Imperatrice, comparve accanto al cadavere di Fafnir e si chinò ad accarezzarne il viso.

Quando si fu rialzata, il suo volto era contratto in una maschera d'odio. "Indegni mortali, pagherete per il crimine di cui vi siete macchiati. Di voi spazzerò via persino il ricordo!"