L'OMBRA DI HADES

Mentre Pegasus e Dragone varcavano l'uscita del terzo tempio, un'esile figura correva sui gradini della scalinata del monte Olimpo. La sua mente però era altrove, persa in un amaro ricordo. Davanti a se non vedeva più le scale di pietra bianca, ma una sala ornata da statue di demoni. Vedeva una donna dai lunghi capelli corvini che si diceva decisa a difenderlo, vedeva Phoenix, col volto rigato da lacrime amare e la mano grondante sangue, vedeva Isabel, inginocchiata ai suoi piedi, pronta a sacrificare se stessa pur di fermarlo, poi più nulla, solo un dolore al tempo stesso profondo e liberatorio, ed alla fine il volto amico di Pegasus chino su di lui. Ed ora Andromeda stava correndo verso il tempio di Hades, Andromeda che un tempo era stato Hades, il re degli inferi, l'essere più temuto dagli uomini. "Yours Ever", "tuo per sempre" recitava il ciondolo che, a sua insaputa, aveva legato il suo destino a quello del Dio. Quanta verità era celata in quelle due sole parole, Andromeda non era stato posseduto da Hades che per poche ore, eppure ogni singolo momento era ancora vivo in lui, impresso a fuoco nella sua anima. Nei mesi successivi alla battaglia si era sforzato di dimenticare, concentrandosi solo sui suoi amici e sulla minaccia di Zeus, ma quante volte si era svegliato nel cuore della notte, con il cuore che gli batteva all'impazzata e gli occhi colmi di lacrime, quante volte guardandosi allo specchio aveva creduto di vedere il volto di Hades che lo guardava e sorrideva beffardo. "Dimentica !" aveva detto a se stesso, ma è davvero possibile dimenticare quel disprezzo verso la razza umana, quell'ardente desiderio di oscurità ? è davvero possibile dimenticare di essere stati il signore della morte, di essere stato Hades ? In quelle poche ore in cui il Dio aveva preso possesso del suo corpo, era stato come se l'anima gli fosse stata strappata, imprigionata in una parte remota del suo essere, costretta a guardare il male ed il dolore che lo circondava. E' un cavaliere di Atena, ed aveva cercato di uccidere la sua Dea, è un difensore della giustizia, ed aveva cercato di sterminare l'umanità… come avrebbe mai potuto allontanare da se quella triste verità ? Soltanto ora capiva veramente cosa avevano dovuto passare Gemini ed Ilda, suoi nemici d'un tempo. Il quarto tempio era ormai a pochi metri da lui. Mentre correva abbassò lo sguardo verso le catene che porta ai polsi, catene che lo avevano sempre difeso e che tante vittorie gli avevano dato. Era abituato al loro peso, quelle catene erano sempre state parte dell'armatura di Andromeda, eppure ora, mentre avanzava, sentiva il peso di altre catene, le catene dell'innocenza, del rimorso, del dolore, della colpa e, più pesanti di tutte, le catene della paura, ed in quel momento si chiese se queste catene lo abbandoneranno mai, se sarà mai libero dall'incubo di Hades.

Questi pensieri avevano frenato la corsa di Andromeda, ma ora, alzando lo sguardo, il ragazzo si rese conto di essere finalmente arrivato all'ingresso del tempio di Hades. "Ora finirà… in qualche modo ora finirà tutto !" pensò e, dopo aver esitato ancora un attimo, varcò la soglia dell'edificio.

Non molto indietro, Sirio e Pegasus cercavano di affrettarsi sulla scalinata, nonostante il dolore per i colpi subiti iniziasse a farsi sentire. Fortunatamente, le armature divine avevano resistito bene, impedendo che i ragazzi subissero danni seri, ma ciononostante Sirio era ancora dolorante per il colpo ricevuto al petto da Efesto. Cercando di ignorare il dolore, il ragazzo aveva raccontato a Pegasus di come Andromeda avesse insistito per andare avanti, in modo da raggiungere per primo il tempio di Hades. Pegasus lo aveva ascoltato in silenzio, ma al nome della divinità del regno degli inferi si era incupito "Affrettiamoci… non mi piace l'idea che Andromeda sia li da solo !" affermò con tono preoccupato.

"Sono d'accordo ! In teoria non dovrebbero esserci pericoli, abbiamo sconfitto Hades nell'Elisio, e la sua anima dovrebbe essere imprigionata nel Tartaro, quindi ora il tempio dovrebbe essere incustodito. Eppure non sono tranquillo !" commentò Sirio, senza distogliere lo sguardo dai gradini

"Nemmeno io ! Hades è una divinità, chi può sapere quali trucchi può avere ancora in serbo. Coraggio !" incitò Pegasus, sforzandosi di correre ancora più velocemente.

Diverse decine di metri più avanti, Andromeda stava percorrendo i tetri corridoi del tempio di Hades. L'edificio si era rivelato avvolto nella penombra, come se una forza misteriosa impedisse alla luce di filtrare all'interno, ma ben presto i suoi occhi si erano abituati alle tenebre, permettendogli di camminare con relativa rapidità. L'aria era calda e pesante, persino vicino all'entrata, e portava con se uno strano odore di decadimento, simile a quello tipico degli edifici abbandonati da molti anni. Mentre camminava, Andromeda non aveva potuto respingere la sensazione che quel tempio rifiutasse qualsiasi cosa fossa ancora viva, incluse la luce e l'aria. Di tanto in tanto il corridoio si divideva in diramazioni laterali, ma il ragazzo non esitò neppure una volta sulla direzione da seguire, andò avanti come guidato da una forza misteriosa, da una voce proveniente dalle profondità del suo essere. Dopo alcuni minuti, il corridoio terminò davanti all'ingresso di una grande sala, e, col cuore che gli martellava nel petto, Andromeda entrò. A differenza del resto del tempio, la stanza era rischiarata da una luce argentea, che sembrava provenire dalle pareti stesse. Era completamente vuota, eccezion fatta per un oggetto, un oggetto che Andromeda riconobbe subito: la surplice di Hades

L'armatura, nella sua forma assemblata, era sistemata su un piedistallo a forma di colonna, esattamente al centro della stanza. Era priva di crepe, segno che qualcuno, forse Efesto, l'aveva riparata dopo la battaglia all'Elisio. Nella mano destra, il ragazzo vide la spada del Dio, l'arma che tanto dolore aveva causato, e che aveva persino messo fine alla vita di Pegasus, prima che Zeus lo riportasse in vita per farlo partecipare alla grande battaglia. Attratto da una forza irresistibile, Andromeda si avvicinò alla corazza, fino a poter vedere il proprio volto riflesso negli occhi malefici della maschera. Il quel momento, qualcosa dentro il suo essere si mosse, ed il ragazzo fu percosso da un brivido, perché per un attimo gli era sembrato che i suoi capelli nel riflesso fossero neri, e non verdi. Dentro di se, il cavaliere sentì il desiderio di distruggere quella surplice, di farla a pezzi insieme al ricordo della malvagità del Dio. Sollevò la mano per colpire, abbassò il pugno… e lo fermò a pochi centimetri dal bersaglio. Lentamente, il pugno si aprì e, mosso da ragioni che neppure lui conosceva Andromeda protese la mano verso la nera armatura. Non appena la sfiorò, una porta che fino ad ora era stata socchiusa nelle profondità del suo animo, si spalancò, ed un'ombra oscura avvolse il cavaliere di Atena. Per un attimo, Andromeda ebbe una sensazione di vertigine, forte come mai in vita sua, al punto che dovette appoggiarsi all'armatura per non cadere. Senza alcuna ragione, provò contemporaneamente sensazioni di grande gioia e profondo dolore, di infinita tranquillità e di rabbia ardente. All'inizio queste sensazioni sembrarono bilanciarsi, poi però quelle negative iniziarono a prevalere, e nello stesso momento il mondo iniziò a vorticare attorno al giovane eroe. Andromeda si sentì come morire e rinascere al tempo stesso, poi la vista gli si annebbiò per qualche secondo, costringendolo ad abbassare la testa, e quando la rialzò, Hades era di fronte a lui.

Il Dio indossava la sua surplice, priva dell'elmo, e stringeva la spada nella mano destra. I suoi occhi azzurri erano fissi sul cavaliere, ed in essi Andromeda scorse la stessa tristezza che aveva notato all'Elisio. Il ragazzo però si sforzò di evitare quello sguardo e si rimise in piedi, tendendo la catena. A quel gesto, Hades accennò un sorriso e disse "Andromeda, la battaglia all'Elisio non ti ha dunque insegnato nulla ? non sei in grado di sconfiggermi, arrenditi a me ed eviterai di soffrire !". La sua voce risuonò impersonale come sempre, ma Andromeda non prese neppure in considerazione l'offerta del nemico e rispose "Non mi arrenderò a te, né adesso né mai! Se vuoi sconfiggermi dovrai combattere !". Le parole uscirono dalle sue labbra cariche di una rabbia ed un'aggressività che di rado aveva provato. Di tante battaglie che aveva combattuto, ricordava di aver provato una sensazione simile solo contro Lemuri, il generale degli abissi a guardia della colonna dell'Antartico, ma stavolta la sua ira era persino più accesa e vibrante. Senza neppure aspettare la replica di Hades, Andromeda scattò in avanti lanciando la sua catena. L'arma saettò verso il bersaglio, ma quando stava per raggiungerlo, Hades si spostò di lato, evitandola. Al tempo stesso, il Dio sollevò la mano libera, e da essa partì una scarica di energia che sollevò il cavaliere da terra e lo lanciò contro una colonna. L'impatto fu duro, ma Andromeda non sentì neppure il dolore, preso com'era dalla foga della battaglia, e reagì immediatamente lanciando di nuovo la sua arma. Ancora una volta però, Hades si spostò subito prima di ricevere il colpo e, muovendosi con una rapidità incredibile, si portò di fianco ad Andromeda. Il ragazzo fece appena in tempo ad incrociare gli occhi azzurri del Dio, che essi sprigionarono una forte energia, scagliandolo di molti metri all'indietro. Approfittando del momento favorevole, il Dio incalzò il nemico e lanciò contro di lui un fascio di energia, che centrò il bersaglio e scaraventò il ragazzo contro la parete. Con un agile salto però il cavaliere evitò l'assalto successivo, ed al tempo stesso scagliò ancora una volta la sua arma, che saettò verso il volto scoperto di Hades. Per una frazione di secondo, Hades fu sorpreso, poi però mosse la spada in un fendente che deviò la catena. Contemporaneamente, il Dio saltò a sua volta, raggiungendo Andromeda in aria, e con una rapidità impressionante lo colpì allo stomaco con un getto di energia, facendolo precipitare contro il muro. Sottili crepe si disegnarono sul punto dell'impatto, mentre la pressione del colpo spingeva il cavaliere quasi dentro la parete, poi però l'energia si esaurì ed il ragazzo si accasciò al suolo prono. "Devo reagire !" si disse cercando di rimettersi in piedi, ma i suoi muscoli erano ancora doloranti per il colpo subito e non reagirono con la dovuta rapidità. Stranamente però, Hades interruppe l'attacco, dando al ragazzo il tempo di rialzarsi. "Hai capito finalmente che non sei alla mia altezza ?" disse il Dio della morte, la cui espressione era indecifrabile come sempre "Da solo non mi avresti mai sconfitto all'Elisio, sei solo un uomo e non puoi paragonarti a me !" Queste parole furono come un tizzone ardente per l'animo di Andromeda, che con uno scatto rabbioso si lanciò di nuovo all'attacco gridando "Credi di avere già vinto ? ora vedrai ! Onde del Tuono !"

Pegasus e Sirio stavano camminando nel tempio di Hades già da alcuni minuti, confusi dall'oscurità e soprattutto da tutte le diramazioni che il corridoio principale aveva. "E' ridicolo !" disse stizzito Pegasus imboccando l'ennesimo corridoio "Dopo esserci affrettati ad arrivare qui, non riusciamo nemmeno a trovare Andromeda !" "Resta calmo." Gli raccomandò Dragone " avremo bisogno di mantenere il sangue freddo per affrontare Hades, questo è l'ultimo corridoio." Osservando l'amico, Pegasus non poté fare a meno di invidiargli il suo autocontrollo, e si chiese se anche lui avrebbe potuto averlo se si fosse allenato col Maestro dei 5 Picchi invece che con Castalia. D'un tratto però gli tornarono in mente tutte le volte in cui la sacerdotessa lo aveva dovuto sgridare o punire per la sua esuberanza, e sorridendo pensò che nessun maestro sarebbe mai riuscito a migliorarlo in quel senso, neppure se avesse avuto 100 anni a disposizione. "Cos'hai ?" gli chiese Sirio vedendo la sua espressione e sorridendo a sua volta. "Nulla, diciamo che stavo… riflettendo." Rispose Pegasus accentuando il sorriso. Poi però qualcosa colse la sua attenzione "Guarda, sembra che ci sia un po' luce alla fine del corridoio ! Andiamo !" disse tornando subito serio e, seguito dall'amico, corse in quella direzione. Dopo pochi istanti, i due entrarono in una sala rischiarata da una luce argentea. La stanza, seppur ampia, sembrava vuota, ma al centro i cavalieri notarono subito un uomo, in piedi davanti ad un piedistallo sul quale era appoggiata un'armatura nera. "Andromeda !" gridarono all'unisono avvicinandosi all'amico. L'eroe però restò immobile, e quando gli furono più vicini, Sirio e Pegasus si accorsero che i suoi occhi erano completamente bianchi, come privi di pupilla. "Cosa gli è successo… sembra dormire ! eppure la stanza è vuota, non c'è nessuno oltre a noi… chi può avergli fatto ciò ?" si chiese Pegasus. "Andromeda !" gridò Sirio, ma anche stavolta il ragazzo restò immobile. Poi il cavaliere del Dragone spostò lo sguardo sull'armatura, e fu percosso da un brivido nel riconoscerla "Pegasus, guarda ! questa è la surplice di Hades ! Com'è possibile… credevo fosse andata distrutta all'Elisio, come mai ora è qui ?!" disse all'amico. "Chi può saperlo ! Sarà meglio prendere Andromeda ed andarcene fintanto che Hades non è qui. Non so perché, ma questo posto non mi piace affatto. E' da quando siamo entrati che ho una strana sensazione !" rispose Pegasus afferrando il polso dell'amico e cercando di scuoterlo. Improvvisamente, Andromeda sollevò le braccia, e con una scarica di energia lanciò indietro i due cavalieri.

Andromeda era sbalordito, le onde del tuono si erano fermate davanti ad Hades, come se la catena non avesse voluto arrecargli danno. "Andromeda, la tua catena non mi farà del male, devi rassegnarti !" esclamò il signore dell'aldilà. "Com'è possibile, la catena rifiuta di attaccare solo i puri di cuore, ed Hades non lo è di certo. Eppoi fino ad un attimo fa non aveva avuto incertezze, l'aveva perso obbligato ad usare la spada per difendersi. Perché ora si rifiuta di obbedirmi ?!" pensò il cavaliere osservando allibito la sua arma, tesa a mezz'aria. Improvvisamente, Hades sollevò la spada, e nel vederlo il cavaliere si preparò ad usare la catena di difesa. Il Dio però sembrò ignorarlo, con un rapido movimento del polso fece ruotare la spada, in modo che la punta indicasse il suolo, e con un gesto deciso la conficcò nel pavimento accanto a se. "Che significa ?!" gridò il giovane di fronte a quel gesto inaspettato. "Non ho bisogno della mia spada per batterti, oramai persino la tua fidata catena ha accettato la mia superiorità e si è inchinata di fronte al suo nuovo padrone ! Osserva !". ribatté Hades, e ad un cenno della sua mano, la catena d'attacco si sganciò dal bracciale dell'armatura di Andromeda, cadendo al suolo davanti allo sgomento cavaliere. Hades però ignorò l'eroe e continuò "Ed ora, catena, vieni da me !". A questo comando, la catena si sollevò dal suolo e volò verso il Dio, avvolgendosi attorno al suo braccio destro. "No… non può essere vero… la mia catena non può tradirmi in questo modo…" balbettò Andromeda con gli occhi sbarrati, mentre un rivolo di sudore gli scorreva sul volto. "La tua catena ha scelto da che parte stare, arrenditi, o subirai l'impeto della tua stessa arma !" dichiarò Hades avanzando di un passo. Vederlo avvicinare riscosse Andromeda, che sollevò il braccio con la catena di difesa. "Anche se non è forte come quella d'attacco, la catena di difesa è pur sempre un'arma potente, ed Hades se ne accorgerà presto a sue spese !" pensò preparandosi ad attaccare. Il Dio però fu più rapido di lui e con un gesto fulmineo lanciò un fascio di energia con la mano sinistra, raggiungendo il nemico allo stomaco. Il cavaliere barcollò ed indietreggiò di qualche passo, ma l'armatura resse, proteggendolo da danni più seri. "E' stato un colpo potente, ma non definitivo a quel che vedo. Va bene, allora sarà la tua stessa arma a porre fine alla tua esistenza !" disse il re degli inferi, e la catena triangolare saettò verso il padrone di un tempo. "Non ti sarà così facile piegare Andromeda ! Catena, disponiti a difesa !" urlò l'eroe, e la catena circolare iniziò a vorticare attorno a lui, respingendo l'assalto della catena d'attacco. "E' questa dunque la famosa capacità difensiva della catena di Andromeda ?" chiese Hades, ma nella sua voce non c'era la minima traccia di stupore o preoccupazione. "E' questa, e se conosci la sua fama, allora saprai anche che è difesa insuperabile ! Finché sarò protetto da questa catena, le tue azioni saranno vane !". ribatté il cavaliere, non potendo impedire che la sicurezza gli trapelasse dalla voce. Avrebbe vinto questa battaglia, avrebbe fatto pagare Hades per il tormento a cui lo aveva sottoposto all'Inferno, ne era certo, se si può essere certi di qualcosa nella vita. Hades però non parve per nulla intimorito, si limitò ad indicarlo con la mano e dire "Folle, non hai ancora capito che le catene hanno riconosciuto il loro vero padrone ? devo infliggerti una nuova umiliazione, è questo che desideri ? è sia !". Sotto gli occhi increduli del cavaliere, la catena di difesa iniziò a girare sempre più lentamente, e dopo pochi secondi si staccò dal bracciale di Andromeda e cadde al suolo. Senza dire nulla, l'uomo protese il braccio sinistro, e la catena gli si avvolse attorno. Andromeda rimase immobile, troppo stupito per rispondere, ed Hades continuò "La tua amata catena non può più aiutarti ora, così come quell'armatura che indossi. Tu ed i tuoi compagni le chiamate armature divine, ma esse non sono che un oltraggio per le vere divinità, quindi te la toglierò !" disse, e ad un cenno della sua mano, la corazza si sganciò dal corpo del ragazzo e cadde a terra con un rumore metallico. "La catena… l'armatura… me ne ha privato con un solo gesto…che ne sarà di me ?!" si chiese il ragazzo, ma prima che la sua mente sconvolta potesse trovare risposta, Hades avanzò di un passo "Oramai per te è finita ! sarà proprio la tua catena a darti il colpo di grazia ! Onde del Tuono !"

"Onde del Tuono !" gridò Andromeda, e la catena travolse in pieno Pegasus e Sirio, atterrandoli per la quarta volta. "I suoi attacchi si fanno sempre più decisi, se continua così ci ucciderà. Dobbiamo farlo tornare in se, ma come ?" disse Sirio. Fino ad ora le armature divine avevano resistito bene agli assalti della catena, ma dopo l'ultimo colpo, una sottile crepa era apparsa sul fianco destro, e Dragone temeva che la corazza non avrebbe resistito ancora a lungo. La capacità difensiva delle armature divine era grande, ma quella offensiva della catena di Andromeda era tale da eguagliarla, ed inoltre la sua armatura e quella di Pegasus erano già state indebolite dai colpi di Efesto ed Ermes rispettivamente. "Non lo so, ma non possiamo più permetterci di restare fermi. Non desidero essere ucciso da un amico più di quanto desideri essere ucciso da un nemico. Se solo potessimo fermarlo senza fargli del male… o almeno capire cosa lo fa agire in questo modo !" ribatté Pegasus, mentre un rivolo di sangue gli scorreva sul volto da un taglio poco profondo alla fronte. "E' come se fosse in trance ! Se riusciamo a capire chi lo controlla ed a spezzare il legame che li tiene uniti, potremo…" iniziò Sirio, ma all'improvviso la catena circolare schizzò verso di lui. Il ragazzo evitò il colpo con un agile salto, ma a mezz'aria si trovò del tutto indifeso di fronte alla catena d'attacco, che lo centrò in pieno alla spalla, facendolo precipitare pesantemente al suolo. Pegasus cercò di correre in suo soccorso, ma la catena di Andromeda sfrecciò verso di lui. Consapevole che saltando sarebbe caduto nella stessa trappola in cui era caduto Sirio, Pegasus attese fino a quando la catena gli fu vicinissima, poi, con un gesto improvviso, spiegò le ali dell'armatura divina e si librò in volo. Immediatamente la catena di attaccò schizzò verso di lui, ma il ragazzo si aspettava questa mossa e volò a tutta velocità verso la parete, inseguito a pochi centimetri di distanza dall'arma. Poi, a pochi attimi dall'impatto, scartò a destra con un movimento improvviso, così rapido che la catena non poté seguirlo e trapassò il muro. Ripresa quota, il cavaliere osservò per un istante i risultati della sua opera. All'inizio aveva pensato di usare quel trucco per colpire Andromeda stesso, ma poi aveva temuto che un colpo del genere potesse ferirlo seriamente, e quindi aveva usato il muro del tempio. Nonostante il successo del suo piano però, l'eroe non era affatto soddisfatto "Stiamo perdendo tempo, e ne abbiamo così poco a disposizione. Lady Isabel diventa più debole ogni secondo che passa, non possiamo più permetterci di restare sulla difensiva ! Se soltanto Cristal fosse qui… forse il suo gelo potrebbe rallentare la catena, in passato si è dimostrata vulnerabile al freddo !" pensò, e questa distrazione gli costò cara. In una frazione di secondo infatti la catena si mosse come un boomerang, oltrepassando la parete alle sue spalle e centrandolo in pieno alla schiena. Stavolta Pegasus sentì chiaramente il metallo della sua armatura incrinarsi ed un'onda rovente di dolore lo assalì. "Siamo del tutto inermi ! Non possiamo attaccarlo con decisione, altrimenti rischieremmo di ferirlo gravemente, e non abbiamo difese efficaci contro la sua catena " realizzò precipitando al suolo proprio davanti ad Andromeda. Il cavaliere sollevò la mano per colpirlo al collo, l'unica zona non protetta dall'armatura. Intuendo le sue intenzioni, Pegasus cercò di spostarsi, ma la vista era ancora annebbiata a causa del colpo alla schiena e dell'impatto col suolo. "Andromeda ! non farlo, sono io, Pegasus !" gridò allora, e per una frazione di secondo il cavaliere parve esitare, poi però la mano scese con decisione verso il bersaglio. In quel momento però, un fascio di energia centrò Andromeda in pieno petto, facendolo barcollare, ed alzando lo sguardo il guerriero vide che Sirio si era rialzato. "C'è troppo in gioco in questa battaglia ! Non possiamo farci sconfiggere, per nessun motivo, anche se questo vorrà dire colpire un amico ! Pegasus…" disse Dragone, ma il compagno non gli diede il tempo di terminare e, rimessosi in piedi a fatica, iniziò ad agitare le braccia nella posizione che prelude al suo colpo speciale, il Fulmine di Pegasus. "Purtroppo hai ragione. Avrei voluto evitarlo ad ogni costo, ma non abbiamo altra scelta. Per superare questo tempio, dovremo sconfiggere Andromeda !"

Andromeda era a terra, inerme e sanguinante. Le Onde del Tuono lo avevano colpito senza pietà, mentre lui, privo dell'armatura, non aveva potuto difendersi in maniera efficace. Ancora non poteva credere che le catene e l'armatura l'avessero abbandonato a quel modo. Hades era una Divinità potente, questo lo sapeva, ma non gli aveva mai visto usare poteri di questo tipo. "Non mi resta che un modo per distruggerlo… usare il mio colpo più forte aumentandone la potenza fino ai limiti massimi. Annienterò Hades con la Nebulosa di Andromeda !" pensò rialzandosi. Per un attimo ebbe la sensazione che qualcuno lo chiamasse, ma la voce gli giunse flebile e lontana, quindi concluse che doveva essere stato uno scherzo della sua immaginazione. Rimessosi in piedi, iniziò ad espandere il suo cosmo e fronteggiò Hades, che dal canto suo lo guardava in silenzio e non tradiva la minima emozione. Questa sicurezza ebbe l'effetto di irritare il cavaliere, aumentando ancora di più la sua rabbia, al punto che decise di usare subito la Nebulosa alla massima potenza, anziché farla aumentare gradatamente come aveva sempre fatto in passato. In un istante, il terribile potere della Nebulosa iniziò a vorticare attorno a lui, ed Andromeda ebbe appena il tempo di gridare "Per te è finita ! Nebulosa di Andromeda !" che la tempesta si abbatté con tutta la sua violenza sul Dio degli Inferi, il quale non ebbe neppure il tempo di abbozzare un tentativo di difesa. "Ci sono riuscito, finalmente !" pensò Andromeda vedendo Hades scomparire sotto il vento generato dalla Nebulosa, e questo lo fece sorridere. "Andromeda ! Non crederai di avermi sconfitto con una tecnica così insignificante !" dichiarò in quel momento una voce proveniente dall'interno della Nebulosa, e lo stupefatto Andromeda vide l'energia del suo colpo diradarsi all'improvviso, mentre Hades avanzava verso di lui, completamente incolume. A questa visione, Andromeda sentì venirgli meno le forze e crollò in ginocchio con gli occhi sbarrati "Anche la Nebulosa è stata inutile… che ne sarà di me ?" si chiese mentre la speranza lo abbandonava. Intuendo i suoi pensieri, Hades si fermò "Hai capito, finalmente, non puoi nulla contro di me ! Ed ora porrò fine alle tue sofferenze, con il tuo stesso colpo ! Nebulosa di Andromeda !" gridò, e l'impeto della tempesta investì in pieno il cavaliere.

"Fulmine di Pegasus !" gridò il cavaliere lanciando il suo colpo segreto, e decine di fasci luminosi saettarono verso Andromeda. Immediatamente però, la catena circolare si era mossa in difesa del suo padrone, e nessuno dei colpi di Pegasus riuscì ad infrangere quella difesa invalicabile. Senza dare all'avversario il tempo di tentare un nuovo attacco, Andromeda gli lanciò contro la catena triangolare, investendolo al fianco e scaraventandolo al suolo. Visto il nemico in difficoltà, Andromeda abbassò la difesa e mosse un passo verso di lui, e questo era il momento che Dragone stava aspettando. Non appena la catena circolare si abbassò, Sirio si lanciò a tutta velocità verso il nemico. Come si aspettava, la catena percepì immediatamente la minaccia e schizzò verso di lui, ma il cavaliere sollevò lo scudo, angolandolo in modo da deviare l'arma nemica, piuttosto che respingerla, in modo che Andromeda non potesse effettuare subito un altro assalto. Il suo piano ebbe successo, contro lo scudo del Dragone neppure la catena poté nulla e venne deviata lontano, dando al cavaliere il tempo necessario per portarsi a ridosso dell'amico di un tempo. Andromeda indietreggiò di un passo, ma la rapidità dell'avversario lo aveva preso di sorpresa, ed il suo torace era esposto. Sirio si preparò ad approfittare della situazione propizia per sferrare il Drago Nascente, ma all'improvviso delle immagini assalirono la sua mente: Andromeda, che gli urlava di non combattere contro Pegasus senza armatura, Andromeda che veniva mutato in pietra dallo scudo di medusa, Andromeda che gli stringeva la mano alla quarta casa. Dragone sapeva che con un colpo deciso avrebbe potuto metterlo fuori combattimento, almeno temporaneamente, ma sapeva anche che a questa distanza avrebbe rischiato di ferirlo gravemente, e così al posto del Drago Nascente lo colpì allo stomaco con un semplice pugno, facendolo indietreggiare di qualche passo. Ovviamente un attacco come quello non poteva avere conseguenze durature su un cavaliere, specialmente su qualcuno che era protetto da un'armatura divina, ed infatti Sirio non fu affatto stupito nel vedere Andromeda che sollevava il braccio per colpirlo. In quel momento, una scarica di colpi si riversò sul cavaliere, e voltandosi Sirio vide che Pegasus si era rialzato. Spinto dall'impeto dei colpi, Andromeda fu lanciato verso la parete, ma l'energia si rivelò insufficiente, e piantando i piedi in terra, il guerriero riuscì a fermarsi prima di sbattere al muro. "Pegasus ha frenato il colpo" comprese subito Dragone, e, guardando il compagno, vide che i suoi occhi erano afflitti dallo stesso dilemma che lo aveva tormentato un attimo prima: per quanto si sforzassero, non riuscivano a colpire con decisione. E dopo tutto come avrebbero potuto ? Andromeda era come un fratello per loro, insieme avevano ricevuto il battesimo delle armi, combattendo fianco a fianco contro gli eserciti che il male, nelle sue diverse forme, gli aveva mandato contro. Cavalieri, generali, spectre… insieme avevano affrontato qualsiasi minaccia, contando l'uno sull'altro, il destino non poteva chiedere loro un sacrificio del genere. Per loro sfortuna però, Andromeda non sembrava essere afflitto dagli stessi scrupoli, ed all'improvviso i due cavalieri sentirono che il loro avversario stava aumentando il suo cosmo. Per un istante i due rimasero immobili, incerti, poi forti raffiche di vento iniziarono a sprigionarsi dal corpo del ragazzo, ed i guerrieri capirono: Andromeda stava per attaccarli con la sua arma più letale. L'intensità del vento aumentò rapidamente e Sirio, intuito il pericolo, corse verso Pegasus sollevando lo scudo. "Nebulosa di Andromeda !" tuonò il cavaliere, e la tempesta si abbatté su di loro in tutta la sua potenza. Per alcuni secondi sembrò che lo scudo del Dragone potesse resistere, poi però l'impeto dei venti ebbe il sopravvento e travolse i due amici. "Andromedaaa" gridarono, poi furono spazzati via.

"Andromedaaa" Per la seconda volta in poco tempo, Andromeda ebbe la sensazione che qualcuno lo stesse chiamando, ma non riuscì a capire di chi si trattasse. Quel debole suono ebbe però l'effetto di scuotere la sua mente, spingendolo ad aprire stancamente gli occhi. Attorno a lui non c'era nulla, solo tenebre, ed in quel momento il ragazzo si sentì incredibilmente stanco e desiderò dormire. Non sentiva più il dolore dei colpi subiti, anzi non sentiva più nulla, il suo spirito bramava solo il sonno, e lui chiuse di nuovo gli occhi. Mentre sprofondava lentamente nel mare dell'oblio, i volti di Pegasus, Sirio, Cristal e Phoenix gli apparvero davanti. "Perdonatemi amici, sono stato sconfitto. La catena, l'armatura, la nebulosa… tutto mi ha abbandonato. Non mi resta più nulla… non ho altre armi per distruggere Hades" sussurrò loro. In quel momento, al suono di quelle parole, qualcosa si scosse nella sua mente. "Distruggere Hades" aveva detto, e quelle parole gli erano sgorgate dal cuore. Nel corso di tutto il combattimento, aveva sentito un odio profondo verso il Dio, ma per quanto si sforzasse, non riusciva a capire la fonte. Era entrato nel tempio deciso a chiudere i conti con le ombre del suo passato, ma si stava comportando proprio come il Dio dal quale desiderava tanto essere diverso. Durante tutto lo scontro, aveva sempre impresso la massima energia nei colpi, scagliandoli non per ferire, ma per uccidere. Ovviamente tali azioni erano giustificabili se si considerava che da quella battaglia dipendeva la salvezza dell'umanità, ma Andromeda sentì che non era stato per il bene degli uomini che aveva lottato in quel modo, né tantomeno per far trionfare la giustizia. Al contrario aveva combattuto spinto dall'odio, dalla rabbia e dal disprezzo, e per quanto si sforzasse, non riusciva a capire cosa lo avesse spinto a provare quelle sensazioni. "Quando ? quando ho cominciato ad agire in questo modo ?" si chiese passando in rassegna gli ultimi avvenimenti. Non era pervaso dall'odio quando era entrato nel tempio, di questo era certo. Era successo tutto dopo, ma quando ? D'un tratto ricordò: si era avvicinato alla surplice di Hades, l'aveva sfiorata, ed in quel momento la chiazza nera dell'odio aveva preso a diffondersi nel suo animo. Era tutta opera di Hades quindi, ma perché ? perché aveva alimentato la rabbia in lui, rendendolo più mortale che mai ? si chiese, ma dopo tutto che importava saperlo, Hades ormai aveva vinto. "Andromeda !" lo chiamò improvvisamente qualcuno, ed aprendo gli occhi, il ragazzo riconobbe la familiare figura del suo maestro Albione. L'uomo lo osservava con lo sguardo di sempre, nel quale si leggevano fiducia e rispetto, affetto e decisione. Guardandolo, Andromeda ricordò quanto gli doveva, se non fosse stato per lui e per Nemes non sarebbe mai sopravvissuto all'addestramento. Il maestro gli era sempre stato accanto, l'aveva allenato mostrandosi severo, ma mai crudele, e, cosa più importante, aveva nutrito fiducia nel suo giovane allievo in momenti in cui neppure il ragazzo credeva più in se stesso. "Maestro, perché siete qui ?" gli chiese con un filo di voce "Andromeda, non capisci ? torna indietro fino a quel lontano giorno, sull'isola di Andromeda, quando affrontasti la prova ultima per la conquista dell'armatura, e ricorda quel che ti dissi" rispose l'uomo, e la verità si fece strada nell'animo di Andromeda, insieme al ricordo di quelle parole "Io credo in te, in te ripongo fiducia. E' il punto debole che mostra anche la tua forza: il cuore, così nobile da saper perdonare, ma forte da ribellarsi al destino. Essere cavalieri significa aver sprezzo del pericolo e rivelarsi decisi in battaglia, non mostrare mai segni di debolezza. Essere cavalieri di Atena significa invece saper distinguere il bene dal male. E' debolezza il tuo nobile cuore se vuoi essere cavaliere, e forza se vuoi essere cavaliere di Atena. E' forza il tuo nobile cuore, ricordalo !" gli aveva detto Albione. Con un lampo di consapevolezza, Andromeda guardò il maestro "Ma allora…"

"Si, Hades non ha mirato a spezzare il tuo corpo, ma il tuo spirito. La sua malvagità ti ha pervaso, e più la tua rabbia ed il tuo odio aumentavano, più la tua forza diminuiva. Ma ora è tempo di porre fine alla battaglia. Ricorda quel che ti dissi, e sii cavaliere di Atena !" affermò Albione, prima di sparire.

"Maestro, non vi deluderò !" dichiarò Andromeda, e le tenebre attorno a lui si dissolsero, mentre il ragazzo si rimetteva in piedi. Hades lo osservò rialzarsi, ma tacque finché l'eroe non fu ritto di fronte a lui "Avresti dovuto restare a terra ad aspettare la fine. Non hai speranze contro di me, credevo l'avessi capito ormai."

"Le tue provocazioni non serviranno. Non permetterò più alla rabbia di dominarmi !" ribatté Andromeda, ed a queste parole gli occhi di Hades si incupirono

"Hai capito tutto dunque, ma questa scoperta non ti darà comunque la vittoria. Prima di finirti però, ti rivelerò tutta la verità, dopo tutto è giusto che tu sappia. Quando questo scontro è iniziato, ho accennato alla grande battaglia combattuta all'Elisio. Ebbe sappi che a causa di quella sconfitta, il mio corpo è ora imprigionato nel Tartaro, la parte più oscura dell'Inferno, l'unica che ha resistito alla distruzione del mio regno."

"Il tuo corpo è nel Tartaro ? ma questo significa che…"

"Esattamente. Sono le nostre anime che stanno combattendo, ed il premio per il vincitore è il possesso del tuo corpo ! Un corpo che appartiene di diritto a me, e che ora reclamo ! Un tempo la tua anima ed il cosmo di Atena mi hanno scacciato, ma questo non si ripeterà, perché stavolta la tua anima sarà distrutta !" affermò Hades avvicinandosi al piedistallo della sua surplice, ed Andromeda capì subito che quella era la verità, chiedendosi come aveva potuto essere così cieco da non accorgersi che durante tutto lo scontro, la surplice di Hades era rimasta sul piedistallo, sebbene il Dio l'avesse apparentemente indosso. Leggendo lo sgomento negli occhi del suo giovane avversario, Hades continuò "Ti sei rialzato, ma oramai la battaglia è finita, il tuo corpo è già mio, e te lo dimostrerò !" disse indicando il muro. In quel momento, l'immagine della parete parve tremolare, ed al suo posto apparve una specie di finestra. Guardando attraverso di essa, Andromeda vide se stesso pronto a colpire Pegasus e Dragone, che erano in terra ai suoi piedi.

"Che significa ?" gridò, alla vista del sangue che scorreva da molteplici ferite sui corpi dei due amici

"Il tuo corpo mi obbedisce, e sta uccidendo i tuoi amici. Per ora è in una specie di trance e la sua forza è limitata, ma non appena mi sarà sbarazzato di te, potrò impossessarmene completamente e rinascere sulla terra !" affermò il Dio. A queste parole, Andromeda sentì la rabbia ardere dentro di lui, e comprese che Hades gli aveva detto tutto per averlo di nuovo in suo potere. "Ed ora ti finirò ! Sei privo di difese e basterà un solo colpo per farlo. Addio, Andromeda !" gridò Hades lanciandogli un fascio di energia. Ignorando il Dio e le immagini sul muro, il ragazzo iniziò allora a concentrarsi e pensò ai suoi amici, a Lady Isabel, al piccolo Kiki, a Nemes e ad Albione. I loro volti apparvero nella sua mente, e la sua ira svanì. In quello stesso istante l'armatura tornò a disporsi sul suo corpo, proteggendolo dal colpo di Hades.

Pegasus era a terra, cosciente, ma troppo intorpidito per muoversi. La Nebulosa lo aveva investito in pieno ed il ragazzo aveva bisogno di tempo per riprendersi del tutto. Vide Andromeda avvicinarsi con la mano sollevata, ma non era nelle condizioni di muoversi, e pensò che non avrebbe mai immaginato che un giorno sarebbe stato ucciso da un suo amico. Andromeda si preparò ad abbassare il pugno, ma improvvisamente barcollò e si portò la mano al volto, come se fosse confuso.

Con la pace nel cuore, Andromeda avanzò lentamente verso Hades, che indietreggiò di un passo "E' sia ! Avrei voluto evitarti quest'umiliazione, ma non mi lasci scelta ! Sarà la tua stessa arma a porre fine alla tua esistenza ! Onde del Tuono !" affermò il Dio scagliando entrambe le catene contro Andromeda. Il ragazzo però si mantenne concentrato sui suoi amici, e fu assalito da una sensazione di pace, la pace che può prosperare solo in un mondo governato dalla giustizia. Le catene si fermarono a metà strada, come se avessero perso la loro energia, e caddero a terra, per poi riagganciarsi ai bracciali dell'armatura di Andromeda.

Davanti agli sguardi confusi di Pegasus e Sirio, Andromeda crollò su un ginocchio.

Hades indietreggiò di un altro passo. Andromeda notò che stava avvicinandosi alla sua spada, ancora conficcata al suolo, ma non se ne preoccupò. "Non osare un passo di più, ti avverto ! Tu credi di potermi respingere, ma non puoi farlo, perché dentro di te, tu desideri essere come me, e tutti gli uomini che hai ucciso ne sono la prova ! Non puoi sconfiggermi ! Prendi ora: Nebulosa di Andromeda !" gridò Hades, mentre la tempesta si abbatteva contro Andromeda. Il ragazzo non accolse la provocazione, e pensò alla freschezza delle prime giornate di primavera, quando i fiori ricominciavano a sbocciare, ed al calore delle serate passate conversando e scherzando con i suoi amici, nella grande villa di Lady Isabel. Una leggera brezza, tutto quello che restava della Nebulosa, gli mosse leggermente i capelli.

Sotto gli occhi di Sirio e Pegasus, Andromeda emise un gemito di dolore e si portò entrambe le mani alla testa.

Hades indietreggiò ancora, ed impugnò la spada liberandola dal suolo, pronto ad attaccare. Andromeda lo guardò negli occhi "Hai detto che non posso sconfiggerti perché desidero essere come te, ma ti sbagli. E' vero, ho ucciso molti nemici nel corso delle tante battaglie, ma non ce n'è uno del quale non abbia sofferto la scomparsa. Quando arriverà il mio momento, pagherò per la loro morte, ma fino ad allora continuerò a combattere perché le lacrime si mutino in sorrisi e mai più nessuno debba soffrire a causa del male. Sono un cavaliere di Atena, e lotterò per far trionfare la giustizia !" affermò con voce colma di determinazione, e la spada di Hades divenne polvere nelle mani del Dio che, disarmato, si lanciò urlando contro il nemico. Andromeda sollevò allora la catena e sussurrò "va, mia fedele Catena di Andromeda !", poi lanciò la sua arma, non verso Hades, ma verso il vero nemico, la sua surplice che giaceva immota sul piedistallo. La catena saettò verso il bersaglio e centrò la maschera. Sottili crepe si disegnarono sul volto malvagio, poi la maschera andò in pezzi, ed Hades scomparve.

Andromeda fu assalito da un senso di vertigine e chiuse gli occhi. Quando li riaprì, Pegasus e Sirio erano accanto a lui. "Amici…" disse guardandoli, e gli occhi gli si riempirono di lacrime di gioia.

Rapidamente, Andromeda raccontò a Pegasus e Sirio quello che gli era successo, spiegando anche come aveva fatto a capire dove dirigere l'ultimo attacco "La surplice di Hades era l'unico oggetto "reale" che c'era, e tutto è iniziato quando l'avevo toccata, quindi ho immaginato che fosse stata lei a permettere allo spirito di Hades di risorgere dentro di me" disse con un sorriso. Poi, in fretta per recuperare il tempo perduto, i tre amici uscirono dal tempio, varcando la porta che era apparsa nella sala nello stesso momento in cui Andromeda era tornato. Uscito al sole, il ragazzo apprezzò il contatto della luce e dell'aria fresca sul suo volto, poi, mentre i due compagni correvano davanti a lui, si girò un attimo e lanciò un'ultima occhiata al tempio di Hades, per poi abbassare lo sguardo sulle sue catene. Adesso l'unico peso che sentiva era il loro, comunque la battaglia finale fosse finita, Andromeda aveva vinto.