NELLE MANI DELLA CACCIATRICE
Nello stesso momento in cui Phoenix ed Ares si affrontavano nello scontro decisivo, Pegasus e Dragone raggiunsero finalmente l'ingresso del settimo tempio divino. Compiuta era dunque metà della missione, oramai solo altri sei templi li separavano da Zeus e dalla salvezza di Atena. Nonostante il dolore, la stanchezza e la fatica i due eroi non esitarono un attimo, si limitarono ad osservare per qualche secondo la facciata dell'edificio prima di avviarsi con decisione verso l'entrata. A differenza degli altri templi, il cui interno era invisibile dall'esterno perché avvolto dall'oscurità, stavolta l'entrata emetteva una luce accecante, troppo intensa per vedervi attraverso, ma questo non bastò a fermare i cavalieri.
"Eccoci al settimo tempio, Artemide ne è la custode. Sei pronto, Sirio ?" domandò Pegasus prima di varcare la soglia. "Come sempre" rispose Dragone al suo fianco, e senza ulteriori indugi i due amici entrarono.
Non appena dentro, i ragazzi furono abbagliati dall'intensità della luce, talmente forte da obbligarli a chiudere gli occhi per qualche secondo. Subito però avvertirono sui loro corpi una piacevole sensazione di frescura, simile a quella prodotta dalla brezza primaverile, e nello stesso momento ebbero la sensazione che la luce si stesse attenuando. Quando riaprirono gli occhi, scoprirono con stupore di non essere all'interno di un edificio chiuso, ma in una rigogliosa foresta, in cui la luce solare filtrava tra le fronde degli alberi alti e maestosi. Come avevano avvertito all'ingresso, un piacevole vento rinfrescava l'ambiente, ed il suolo stesso non era fatto di pietra ma di semplice terreno. Più confusi che spaventati, i due amici si guardarono attorno, alla ricerca del nemico e soprattutto della via per l'ottavo tempio. A vista d'occhio però non c'erano che alberi e cespugli, e così, dopo uno sguardo d'intesa, i due iniziarono ad avanzare con cautela in quella che speravano fosse la direzione giusta.
Per diversi minuti non accadde nulla, la foresta era immersa nel più completo silenzio, e l'unico rumore che i cavalieri sentivano erano i loro stessi passi sul terreno. D'un tratto però, Dragone si bloccò, ed immediatamente Pegasus fece lo stesso.
"Che succede, amico ?" chiese al compagno dopo essersi guardato attorno preoccupato.
"Sento qualcosa, un fruscio… in lontananza…" rispose Sirio, e contemporaneamente chiuse gli occhi per potersi concentrare meglio ed individuare la fonte del rumore. "Laggiù !" disse infine, indicando col braccio verso i cespugli alla sua destra.
"Hai ragione, ora lo sento anch'io…" sussurrò Pegasus, e con prudenza i cavalieri si avviarono in quella direzione, scostando i rami con le mani in modo da poter vedere meglio. Dopo alcuni interminabili secondi di tensione, i due si fecero strada attraverso le ultime fronde, e si trovarono davanti alla causa del mistero: una sorgente, splendida e cristallina. Il rumore non era provocato d'altro che dallo scorrere dell'acqua che sgorgava da alcune rocce per andare a formare un laghetto, azzurro come il cielo d'estate. Incantati da un simile spettacolo della natura, Pegasus e Dragone si avvicinarono. "Quale meraviglia ! Credi… che sia una trappola ?" domandò il primo, ma Sirio scosse la testa e rispose "No, molti miti sono stati scritti in onore di Artemide, ma nessuno la descrive come tessitrice d'inganni. Non abbiamo nulla da temere !".
Ora più tranquillo, Pegasus immerse le mani nel lago, le unì a formare una coppa e bevve avidamente, usando poi l'acqua rimasta per bagnarsi il viso. "E' freschissima, dovresti provare anche tu, Sirio !" esclamò prima di avanzare di qualche passo verso il centro del lago, dove l'acqua gli arrivava a metà torace, e di immergersi completamente per qualche secondo. Sorridendo, Dragone seguì il suo esempio e si bagnò a sua volta. Entrambi gli eroi sapevano che il tempo a loro disposizione era poco, ma, dopo ore di battaglie, un semplice goccio d'acqua dava loro un piacere indescrivibile, ed i cavalieri furono felici di prendersi quei pochi minuti di ristoro. L'acqua fresca lavò via le tracce di sangue e sporcizia dai loro volti e dalle armature e diede sollievo alle ferite più superficiali, che iniziarono a dolere molto di meno. Ritemprati, i cavalieri bevvero un ultimo sorso d'acqua ed uscirono dalla fonte, pronti a riprendere la ricerca per l'uscita. Improvvisamente però, le fronde degli alberi iniziarono a muoversi per il vento, le acque si agitarono, ed un cosmo potentissimo apparve attorno ai due amici. Avvolta in un alone di luce argentea, Artemide comparve dai cespugli davanti a loro. La Dea indossava un'armatura d'oro bianco e argento, adornata da decorazioni d'oro giallo sui coprispalla, sui bordi della cintura, dei bracciali, dei gambali e sul pettorale, dove prendevano la forma di due falci incrociate. L'elmo, a forma di diadema, le proteggeva la fronte e le orecchie lasciandole scoperto il volto, ed era abbellito da fregi d'oro a forma di gocce di rugiada. Il volto stesso della Dea era bellissimo, gli occhi ed i capelli azzurri come il cielo si contrapponevano ad una carnagione bianca come l'astro lunare. Persino Sirio, che pure aveva incontrato Afrodite al terzo tempio, non poté fare a meno di restare ammirato dallo splendore di Artemide.
La sorpresa causata dall'arrivo della Dea però non durò che pochi secondi, poi la donna parlò: "Chi siete voi che avete osato invadere il mio tempio e bagnarvi alla mia fonte ? per un tale atto sacrilego preparatevi a subire la mia ira !" disse con voce chiaramente ostile. Immediatamente, i cavalieri sollevarono le difese, tristemente consapevoli che il ristoro di cui avevano goduto poco prima ora era perso, sostituito da una nuova battaglia. "Siamo cavalieri di Atena, Dea della giustizia ! Ti preghiamo, lasciaci passare pacificamente, non siamo assetati di lotta, solo raggiungere Zeus ci preme !" esclamò Pegasus, nella speranza che almeno Artemide non si rivelasse ostile.
"Cavalieri di Atena dite ? dunque è vero ! Mia sorella ha deciso di mettere a rischio la sua esistenza di divinità e di opporsi alla volontà del Padre di tutti. Voi siete i mortali che hanno sconfitto Nettuno ed Hades quando hanno cercato di prendere possesso della terra… è incredibile che siate riusciti in imprese del genere, ed è ancora più incredibili che siate arrivati fino a questo settimo tempio, ma non vi permetterò di andare oltre ! Come il sommo Zeus ha decretato, voi cavalieri non uscirete vivi di qui !"
"Artemide, figlia di Zeus e Dea della caccia... evidentemente ci è nemica !" sussurrò Sirio dopo aver sentito la minaccia della Dea e la sua voce irata.
Ciononostante però, il cavaliere volle fare un tentativo "Signora dei boschi, perdona la nostra intrusione nel tuo regno ! E' l'ansia per Atena che guida i nostri passi, ed il tempio di Zeus è il nostro solo obiettivo. Non desideriamo profanare la tua dimora, indicaci l'uscita e saremo ben lieti di raggiungerla senza ulteriori soste ! Noi non ti siamo nemici !" dichiarò l'eroe, ed in un gesto di pace abbassò le braccia, abbandonando la posizione di difesa che aveva assunto all'apparire della divinità.
"La tua voce sembra sincera, ma il vostro stesso aspetto vi smaschera. Portate ancora ben visibili sui vostri corpi le ferite ottenute battagliando numi a me amici, e con il vostro sangue impuro avete persino insudiciato la mia fonte ! Questo gesto da solo basta a giustificare la mia ira, ma anche se così non fosse, mio padre Zeus ha ordinato a tutti noi che abitiamo sull'Olimpo di combattere voi invasori. Nessuna divinità vi cederà pacificamente il passo, e certo non lo farò io !" rispose imperiosa Artemide dopo aver osservato i ragazzi che aveva di fronte. Come ebbe finito di pronunciare queste parole, la Dea sollevò minacciosamente la mano.
"Era troppo sperare che almeno un Dio fosse dalla nostra parte !" sbottò Pegasus sollevando la guardia, ma la sua difesa fu vana, dalla mano di Artemide partì un'onda di luce che centrò i due cavalieri gettandoli all'indietro.
"Non deturperò il mio meraviglioso bosco ! Mi libererò di voi con un colpo solo !" esclamò la Dea nello spingere via i ragazzi, ma improvvisamente Pegasus e Dragone iniziarono ad espandere i loro cosmi e piantarono i piedi a terra, resistendo sempre di più al potere del nume. All'inizio i loro piedi sembravano scavare un solco nel terreno man mano che venivano spinti indietro, ma ad ogni secondo che passava, la loro resistenza aumentava, ed alla fine i due non indietreggiarono più di un millimetro. "Mi spiace, ma dovrai rovinare il tuo bel giardino se vuoi liberarti di noi !" avvertì Pegasus, mentre l'energia che avrebbe dovuto travolgerli si riversava sul suolo, bruciando l'erba ed aprendo crepe nel terreno.
"Sono in fin di vita, privi di forze, eppur mi resistono !" constatò sbalordita Artemide, ed alle sue parole Pegasus sorrise "Preparati, presto faremo anche di più ! Avremmo voluto evitare la battaglia, ma visto che non ci lasci altra scelta..." minacciò, e nello stesso momento lui e Sirio bruciarono ancora di più i loro cosmi ed iniziarono a respingere l'energia di Artemide, fino a rilanciarla contro la Dea, che venne investita in pieno. "Ma che cosa..." ebbe il tempo di esclamare la donna prima che a contatto col suo corpo l'energia esplodesse, sollevando una fitta nuvola di polvere. Per un attimo Dragone e Pegasus si scambiarono uno sguardo di vittoria, ma la loro speranza fu di breve durata, in un lampo di luce la polvere si diradò ed Artemide riapparve, completamente illesa.
"Vi avevo sottovalutati, lo ammetto ! Mi ero lasciata ingannare dal vostro aspetto ed avevo creduto di avere gioco facile... proprio io, la somma cacciatrice, avevo sbagliato nel giudicar le mie prede ! Ma non illudetevi, non ripeterò lo stesso errore ! Questa sarà la mia più grande caccia !" dichiarò con gli occhi che le brillavano dall'eccitazione.
"Fa del tuo meglio !" ritorse Pegasus, pronto alla battaglia.
Intanto, molto più indietro, Cristal e Andromeda erano finalmente vicini all'entrata del sesto tempio. Il brivido provato poco prima ed un timore irrefrenabile avevano spinto Andromeda, appena ripresosi, ad avanzare con tutte le sue forze vesto la costruzione, incurante del dolore e del sangue che gocciolava a terra. "Rallenta, Andromeda ! A quest'andatura le ferite che ti ha inferto Eolo potrebbero aggravarsi ! Tuo fratello è forte, non gli sarà successo nulla di irreparabile !" cercò di trattenerlo Cristal, ma il ragazzo sembrò non sentire neanche l'avvertimento dell'amico, si limitò a ripetere "Phoenix... è la dentro... devo raggiungerlo !".
Seppur preoccupato, Cristal non poté far altro che annuire ed affrettarsi dietro al compagno. Anche lui era gravemente ferito, per via degli scontri con Estia ed Eolo, ed a tratti la vista sembrava annebbiarsi per la stanchezza, ma non aveva dovuto subire anche gli assalti di Efesto o gli inganni di Hades, e quindi riusciva a mantenere un'andatura discreta più agevolmente dell'amico. Esteriormente si sforzava di ignorare il dolore e si mostrava sicuro sulle condizioni dei compagni, ma anche il suo cuore era oppresso dalla paura e dalla preoccupazione. Il cosmo di Phoenix sembrava scomparso dopo la grande esplosione avvertita poco prima, e anche quelli di Pegasus e Sirio erano deboli. Inoltre l'energia di Atena si faceva sempre più impercettibile ad ogni secondo, e mai come stavolta il cavaliere era in ansia per la sua Dea.
"Ci siamo finalmente..." mormorò Andromeda al suo fianco, riportandolo alla realtà. I due cavalieri avevano infatti raggiunto l'ingresso del sesto tempio, e senza esitazioni ne varcarono la soglia e si incamminarono nei bui corridoi. Dopo lunghi minuti di angoscia e incertezza, finalmente raggiunsero quella che sembrava la sala centrale, e subito videro i segni delle furiose battaglie che ivi erano state combattute. Il suolo e le pareti erano piene di crepe e bruciature, e qui e lì c'erano frammenti di armature e macchie di sangue fresco. Alla parete, una delle lame ancora grondava sangue, ed il rumore delle gocce sul suolo era l'unica cosa che spezzava il silenzio del tempio. Per alcuni secondi i due amici si guardarono attorno sgomenti, poi si accorsero che, di fronte al loro, due figure giacevano immobili sul pavimento. La più vicina era un uomo che nessuno dei due aveva mai incontrato prima, ma la seconda era un volto ben noto.
"Phoenix !" gridò Andromeda correndo a soccorrere il fratello. Il cavaliere della fenice era pieno di ferite e non rispose minimamente all'invocazione, cosa che aumentò ancora di più i timori del ragazzo. "Non sarà..." balbettò Andromeda terrorizzato, ma subito Cristal appoggiò un dito alla base del collo del cavaliere esanime, e dopo pochi attimi disse "Non temere, il battito è appena percettibile, ma Phoenix è vivo !".
"Oh, Atena, ti ringrazio !" gioì Andromeda, col volto rigato da lacrime di gioia. Alcune di esse caddero sul volto di Phoenix, che pur non riaprendo gli occhi sembrò agitarsi e mormorò "La fenice... la fenice...".
"Sta delirando, qualsiasi cosa l'abbia ridotto così, era molto potente !" concluse Cristal con tono preoccupato. Improvvisamente però, avvertì uno scontro di cosmi provenire dal settimo tempio, e subito riconobbe quelli di Pegasus e Dragone. "I nostri amici stanno già combattendo al tempio di Artemide, dobbiamo proseguire !" affermò preoccupato.
"Ma non possiamo lasciare qui Phoenix, se Ares dovesse svegliarsi prima di lui, lo ucciderà !" ribatté Andromeda girandosi a guardare il Dio della guerra, il cui torace si alzava ed abbassava con regolarità, segno inequivocabile che era ancora vivo. Cristal fu colto dal dubbio, se anche fossero riusciti a svegliarlo, Phoenix era chiaramente troppo debole per poter camminare da solo, e trasportandolo di peso non sarebbero riusciti a raggiungere Pegasus e Sirio, che avrebbero dovuto continuare a combattere da soli non solo contro Artemide, ma anche contro le divinità dei templi successivi. D'altra parte abbandonare il compagno era un'idea che lo ripugnava. L'unica possibilità sarebbe stata attaccare Ares e cercare di finirlo, in modo che non costituisse più una minaccia per Phoenix, ma colpire un nemico inerme andava contro tutti i suoi principi, senza contare che avrebbero rischiato di risvegliarlo, e l'ultima cosa di cui avevano bisogno era una battaglia inutile. Alla fine, il cavaliere si convinse che portare via Phoenix era l'unica soluzione "Aiutami a sollevarlo, lo porteremo via di qui !" disse chinandosi. Andromeda gli sorrise grato, poi però lo fermò con la mano "Penserò io a portare Phoenix, tu non perdere tempo e corri al settimo tempio, laggiù degli amici potrebbero aver bisogno di te !"
Cristal esitò "Sei sicuro ? così resterai solo, e nelle tue condizioni..." ma Andromeda apparve irremovibile e rispose "Non temere, sono un cavaliere, non è così facile liberarsi di me. Ora va, io e Phoenix ti raggiungeremo presto !". Convinto dal tono dell'amico più che dalle sue parole, Cristal annuì e senza aggiungere altro si avviò il più velocemente possibile verso l'uscita del tempio. "E' andato Cristal, ed è giusto così. Non temere, fratello, avrò io cura di te per una volta..." mormorò Andromeda non appena la figura del cavaliere del cigno scomparve fra le ombre del tempio. Poi, senza perdere altro tempo, il ragazzo si rialzò e prese sottobraccio il corpo del fratello. Una fitta di dolore lo attraversò non appena mosse il primo passo, strappandogli una smorfia dal volto, una ferita si riaprì ed un rivolo di sangue prese a scorrergli sul fianco, ma l'eroe strinse i denti ed iniziò lentamente ad avanzare.
"Fulmine di Pegasus !" urlò il primo cavaliere di Atena nel lanciare il suo colpo prediletto contro Artemide. Con un gesto improvviso la Dea eseguì un salto mortale all'indietro, schivando l'assalto che si infranse sugli alberi alle sue spalle. Subito Sirio scattò verso di lei, poi, a pochi metri di distanza, saltò in aria e gridò "Colpo segreto del Drago Nascente !", sferrando la sua potente tecnica col piede. Anche stavolta però Artemide non si lasciò prendere impreparata e parò l'attacco col dorso del braccio senza riportare alcun danno. Perso lo slancio iniziale, Sirio cadde al suolo, ma con una mossa improvvisa atterrò sulla mano, e ruotando su di essa cercò di colpire con un calcio le gambe della Dea. Benché colta di sorpresa, la Divinità riuscì all'ultimo secondo a schivare anche questa mossa con un salto, ma si accorse troppo tardi che in realtà si trattava di un trucco per permettere a Pegasus di attaccare di nuovo, ed infatti ora si trovò con la guardia scoperta. Cogliendo l'attimo, Pegasus spiegò le ali della sua armatura e volò a tutta velocità verso di lei, poi, ad appena pochi centimetri di distanza, lanciò ancora una volta il suo micidiale fulmine, centrandola in pieno petto. Gridando, più per la sorpresa che per il dolore, Artemide venne lanciata contro alcuni alberi, che spezzò di netto, per poi cadere tra i cespugli. "E' stato troppo facile, non abbassare la guardia !" consigliò Dragone al compagno, memore di quanto in fretta la Dea avesse reagito pochi minuti prima, ed infatti, con un movimento talmente fulmineo da essere appena visibile, Artemide scattò fuori dai cespugli e corse verso di loro. Non disse nulla, non un grido di collera o una minaccia, ma in una frazione di secondo fu davanti a Pegasus e lo centrò alla spalla con un sinistro. "Il braccio... lo sento come intorpidirsi..." ebbe appena il tempo di pensare il ragazzo prima che la Dea lo colpisse di nuovo con una scarica di energia, lanciandolo contro un albero. L'impatto non fu troppo violento, ma annebbiò la vista dell'eroe e subito Artemide gli fu di nuovo addosso. "L'armatura ti protegge, ma hai comunque un punto debole !" sorrise la custode del settimo tempio prima di mirare alla gola del cavaliere con la punta delle dita. Il suo affondo mortale però si limitò a trapassare da parte a parte l'albero sul quale Pegasus era appoggiato, con un tuffo disperato infatti Sirio era riuscito a spostare il compagno appena in tempo, salvandogli la vita.
"Lasciala a me, tu riprendi le forze..." sussurrò il cavaliere del Dragone appoggiando a terra l'amico, ancora intontito. "Ha mirato subito all'area più vulnerabile, devo stare in guardia, una sola distrazione potrebbe costarmi la vita..." analizzò l'eroe, e prima che potesse fare ulteriori riflessioni Artemide frantumò il tronco in cui la sua mano era imprigionata e col braccio agitò un fendente verso di lui. Il movimento d'aria partì come un'onda, schiacciando l'erba al suolo ed investendo il cavaliere, che fu obbligato ad indietreggiare ed a proteggersi gli occhi dalla polvere. Come già aveva fatto con Pegasus, Artemide corse verso di lui e sferrò un pugno, ma stavolta Dragone si aspettava una mossa del genere e bloccò il polso dell'avversaria, per poi sfruttare il suo stesso slancio in modo da lanciarla via. Pronto al contrattacco, Dragone scattò verso di lei e lanciò un fascio di energia. La Dea però lo schivò con una capriola, poi sollevò le braccia in direzione del nemico e gridò "Dardi divini !". Le decorazioni a forma di falce sui suoi bracciali si illuminarono e da essi scaturì una pioggia di dardi luminosi, argentei come la luna. Colto di sorpresa, Dragone riuscì comunque a ruotare lo scudo per pararne il più possibile, ma ben presto la loro velocità ed il loro numero divenne insostenibile. "Sono... troppi !" ebbe appena il tempo di dire il cavaliere prima di venire travolto e scaraventato al suolo. Con una luce di vittoria negli occhi, Artemide avanzò verso di lui, ma proprio in quel momento una pioggia di colpi azzurri fu lanciata verso di lei, obbligandola a sollevare le braccia per difendersi. Voltandosi alla sua destra, la Dea vide che Pegasus si era rialzato ed era di nuovo pronto alla lotta. Nonostante la sorpresa però il nume non disse nulla, si limitò a saltare all'indietro in modo da avere entrambi i nemici nel suo campo visivo.
"Non sei affatto loquace ! Cos'è, non siamo degni delle tue parole ?" la stuzzicò Pegasus, infastidito dal suo prolungato silenzio, ed al tempo stesso determinato a dare a Sirio qualche secondo per rialzarsi. Alla sua domanda, Artemide sorrise "Io non sono come gli altri Dei che avete affrontato, io sono una cacciatrice, quando inseguo una preda non spreco fiato o energie in vuote minacce o discorsi, tutto il mio essere è concentrato sulla caccia, teso ad agire, altro non conta !" disse seria.
"Dunque per te noi non saremmo altro che delle prede da cacciare ?" ritorse Pegasus con veemenza, ma Artemide non si fece impressionare dal suo tono e annuì "Esatto, prede e null'altro ! Prima vi ho fatto sfogare, come avrei fatto con un animale selvaggio, ed ora vi finirò ! E' questa la terribile fine a cui è destinato chi invade il bosco a me sacro !"
"Allora è per questo che prima hai mirato alla gola di Pegasus ? per colpire il suo unico punto debole ?" domandò Sirio, che nel frattempo si era rialzato, seppur a stento.
"Certo, non ha senso colpire una preda dove è più protetta, è un assurdo spreco di forze, specie quando per eliminarla basta un colpo ben assestato in un punto vulnerabile !" spiegò la Dea.
"E' esperta conoscitrice della caccia e combatte con lucidità... dovremo stare in guardia, un solo errore potrebbe esserci fatale... Se almeno sapessimo dov'è l'uscita uno di noi potrebbe proseguire, così siamo alla sua mercè !" pensò preoccupato Pegasus guardandosi attorno con la coda dell'occhio. Accortasi di ciò, Artemide sorrise maliziosa e disse "Vorreste sapere qual'è la via per proseguire, non è vero ? E va bene, ve l'indicherò, è giusto dare alle prede una speranza di salvezza...". Mentre parlava, la Dea sollevò il braccio ed indicò due alberi poco lontani alla sua destra, i cui rami più alti si incrociavano a formare un arco.
"Quella è la via ! Attraversate l'arco e sarete di nuovo nel tempio... in salvo ! Coraggio, tentate pure... " concluse con un sorriso di sfida. Pur sollevati dall'avere un obiettivo da raggiungere, Pegasus e Sirio non si mossero, entrambi infatti avevano compreso il secondo fine che la Dea aveva avuto nel mostrar loro l'uscita. Ora che sapevano dove andare, i loro tentativi di fuga sarebbero stati prevedibili, Artemide non doveva più cercare di abbatterli, ma semplicemente proteggere l'uscita. Ciononostante, la vita stessa di Atena era in pericolo, quindi era necessario correre il rischio. Consapevole di ciò, Pegasus sussurrò "Dragone, affronterò io Artemide, tu cerca di proseguire verso l'ottavo tempio !"
"Ne sei certo ? nelle tue condizioni non hai possibilità di farcela. Forse dovremmo combattere insieme per una volta..." rispose Sirio, usando lo scudo per nascondere la bocca allo sguardo di Artemide, in modo che non potesse capire i loro discorsi. Pegasus però fu irremovibile "No, se anche riuscissimo a sconfiggerla, arriveremmo esausti all'ottavo tempio ! Uno di noi deve proseguire... tu !" dichiarò, e suo malgrado Sirio sospirò ed annuì. Accennando un sorriso, Pegasus riprese "Bene ! Io distrarrò Artemide, appena è in difficoltà corri verso l'uscita !", poi, senza ulteriori indugi, corse verso la nemica e gridò "Cadi, Dea della caccia ! Fulmine di Pegasus !".
Ancora una volta, la sua pioggia di colpi saettò verso il bersaglio. Per una frazione di secondo la Dea sembrò sorridere, poi cercò di sollevare la difesa, ma era troppo tardi, l'assalto del cavaliere la colpì in pieno, lanciandola contro gli alberi e facendola precipitare nel folto dei cespugli.
"Ora, Sirio !" urlò Pegasus, e subito il cavaliere scattò verso l'uscita del tempio. Mentre l'amico correva però, Pegasus si rese conto che Artemide era completamente scomparsa tra le foglie. "Perché non esce, non è possibile che sia bastato quel fulmine... ma forse..." La consapevolezza lo fece vacillare come neanche un colpo nemico avrebbe potuto. Immediatamente si voltò verso Sirio, ormai vicino all'uscita, ma prima che potesse chiamarlo, Artemide emerse dai cespugli, ponendosi proprio tra Dragone e l'arcata. "Così prevedibili... e così vicini alla fine !" commentò la Dea, il cui corpo iniziò a brillare di una luce argentea. La donna avvicinò le mani davanti a se, ed il bagliore confluì fra esse, formando una sfera. "Raggio lunare !" gridò Artemide prima di lanciare il suo colpo segreto contro l'eroe. In un disperato tentativo, Sirio sollevò lo scudo, ma purtroppo non bastò e con un grido di dolore venne travolto in pieno. Pegasus non poté fare altro che guardare mentre l'amico veniva sbalzato in aria, per poi ricadere con violenza inaudita al suolo, vicino al lago, dove giacque immobile.
"Sirioooo" urlò Pegasus correndo a soccorrere l'amico, ma Artemide si mosse velocissima e si frappose tra i due compagni. Sollevando il braccio, la Dea sussurrò "Dardi divini", ed un'ondata di colpi raggiunse il cavaliere all'addome, al volto ed al torace, buttandolo contro un albero.
"E... era... una trappola..." mormorò Pegasus dopo essere ricaduto a terra. Una fitta di dolore improvvisa lo obbligò a portarsi la mano al fianco, la costola fratturata nello scontro con Ares gli doleva più che mai, ed anche le altre ferite ardevano come il fuoco. La testa gli girava paurosamente e persino parlare era un tormento, ma ciononostante il cavaliere proseguì "Ti sei fatta c... colpire di proposito... ed hai usato i... cespugli... per raggiungere Sirio... senza essere vista..."
"Esatto, vedo che hai capito. E con questo la caccia si conclude ! Insieme avevate appena una possibilità su un milione di superarmi, da solo non ne hai nessuna ! Il tuo amico è già caduto, ora lo raggiungerai !" disse la Dea con solennità, e mentre parlava iniziò ad espandere il suo cosmo, pronta a lanciare il colpo finale.
"Stavolta è la fine, non riuscirò a rialzarmi in tempo per fermarla... però... la testa va un pò meglio, se solo avessi qualche altro secondo... devo provare a distrarla..." pensò. Poi, ad alta voce "Aspetta, prima di morire c'è ancora una cosa che voglio sapere..." iniziò, ma Artemide non gli diede neppure il tempo di finire la frase "Il tempo delle parole è finito ! Ora morirai come il sommo Zeus ha decretato ! Addio !" gridò nel sollevare la mano, per poi lasciarla scendere a tutta velocità verso il volto del cavaliere.
Certo della fine, Pegasus chiuse gli occhi, ma a pochi millimetri dal suo viso Artemide si bloccò e volse la testa verso la parte del bosco dalla quale i cavalieri erano entrati. Per un attimo la Dea restò immobile, poi sussurrò "Qualcuno si sta avvicinando al settimo tempio... pochi passi e vi sarà entrato ! Certamente un altro cavaliere..."
"Questo cosmo... Cristal !" mormorò Pegasus nel riconoscere l'energia emanata dall'amico. A queste sue parole, Artemide sorrise e ritirò il braccio. "Bene, a quanto pare da preda sei passato ad esca..." disse prima di colpire il ragazzo con un calcio alla testa, facendogli perdere i sensi. Fatto ciò, la Dea spiccò un salto e sparì tra le fronde degli alberi.
Poco lontano, Cristal era ormai vicino alla facciata del tempio. Dopo aver lasciato Andromeda si era sforzato di correre nonostante le sue precarie condizioni, ed in effetti era riuscito a raggiungere abbastanza rapidamente la dimora di Artemide, ma ora ne pagava il prezzo. Le ferite al petto gli facevano male, il respiro era affannoso, le gambe lo reggevano appena e la vista era debole. "Sono arrivato... ma devo rifiatare..." pensò fermandosi a pochi passi dall'entrata. "Spero che Andromeda e Phoenix stiano bene... forse non avrei dovuto lasciarli soli... nelle loro condizioni sono pressoché indifesi di fronte ad un attacco..." rifletté guardando indietro, nella direzione del sesto tempio. Poi però gli tornarono in mente le parole di Andromeda, che lo aveva esortato a non curarsi di loro e proseguire, e così il ragazzo mise da parte ogni esitazione. Col passare dei secondi il dolore si attenuò un poco ed anche il respiro si fece più regolare, così poté prepararsi ad entrare nel settimo tempio. Per un attimo però ebbe una sensazione simile ad un giramento di testa, l'edificio che era davanti a lui parve sdoppiarsi e sfocarsi, al punto da obbligarlo a sfregarsi l'occhio sano con la mano per alcuni istanti. Quando lo riaprì il problema sembrò essere passato, e senza ulteriori pause il ragazzo varcò l'ingresso, ammantato da una luce accecante.
Come già Sirio e Pegasus prima di lui, anche Cristal rimase stupefatto alla vista del bosco che apparentemente si trovava all'interno dell'edificio. La sua sorpresa però fu di breve durata, ben presto infatti avvertì il cosmo di Pegasus, vicino ma anche molto debole, e senza esitare si avviò nella direzione da cui proveniva, raggiungendolo dopo pochi minuti.
"Pegasus !" gridò non appena scorse il corpo privo di sensi dell'amico "... ed anche Sirio ! chi li avrà ridotti in queste condizioni ?!" si chiese. Subito si precipitò verso il primo e dopo essersi accovacciato si accertò delle sue condizioni, "E' ferito dappertutto, ed ha almeno una costola rotta..." comprese osservandolo e passando delicatamente la mano sul fianco, dove l'armatura divina era maggiormente danneggiata. "Non posso curarlo, ma forse posso fare qualcosa che gli darà un pò di sollievo..." pensò, mentre la sua mente tornava indietro nel tempo, al periodo dell'addestramento.
Un giorno uno dei bambini del villaggio siberiano vicino al quale lui ed il maestro abitavano si era fatto male in seguito ad una brutta caduta su dei cocci di vetro ed alcuni frammenti gli erano penetrati nel ginocchio. Il dottore del villaggio lo aveva subito soccorso, ma purtroppo a causa degli scarsi collegamenti del luogo non aveva a disposizione dell'anestetico per calmare il bambino mentre estraeva i frammenti. Il Maestro dei Ghiacci, che era al villaggio insieme a Cristal per comprare delle provviste, lo aveva aiutato usando i suoi poteri di ghiaccio per rinfrescare la ferita mentre il medico operava, ed il bambino ne aveva tratto evidente sollievo, al punto che aveva persino smesso di piangere. "Il freddo non può guarire le ferite, ma talvolta può alleviarne il dolore perché ne rallenta la trasmissione al cervello e contrasta il processo di infiammazione. Non funziona con qualsiasi tipo di ferita, e inoltre è necessaria molta prudenza, perché una temperatura troppo bassa potrebbe causare l'effetto opposto, ma a volte può riuscire a dare sollievo." Aveva spiegato l'uomo al giovane allievo mentre tornavano a casa. "Un giorno insegnerete anche a me come si fa ?" gli aveva chiesto Cristal, pieno di stupore ed ammirazione. Il maestro aveva sorriso ed arruffandogli i capelli aveva risposto "Ma certo, quando sarai in grado di padroneggiare le energie fredde te lo insegnerò ! Ed ora sbrighiamoci, Abadir sarà stanco di aspettarci..."
A questo ricordo, l'ombra di una lacrima velò l'occhio del cavaliere, quando Cristal era partito per partecipare alla Guerra Galattica, il maestro gli aveva promesso che al suo ritorno gli avrebbe insegnato proprio quel trucco, ma a causa di un destino crudele il loro incontro successivo li avrebbe visti nemici e purtroppo sarebbe stato l'ultimo. Dopo di allora il ragazzo non aveva più pensato a quel lontano giorno, soprattutto perché temeva di non riuscire a controllare con abbastanza precisione le energie fredde, specie con l'appannamento e la stanchezza che seguono ogni scontro. Ora però aveva raggiunto il rango di cavaliere divino ed era tempo di superare quel dubbio, tanto più che un amico aveva bisogno di lui. Concentrandosi e respirando profondamente, il ragazzo iniziò lentamente ad espandere il suo cosmo, non tanto formare del ghiaccio, ma abbastanza da abbassare la temperatura di parecchi gradi. Col passare dei secondi sentì di avere sempre più controllo e quando ebbe finalmente raggiunto la temperatura giusta, di un paio di gradi sopra lo zero, appoggiò la mano destra sul pettorale del compagno, poi la sinistra sul volto, e le lasciò lì per parecchi secondi. "Ora starai un pò meglio, amico mio. Ed adesso pensiamo a Sirio." disse alzandosi ed andando verso il Dragone. Non appena mosse un passo però, un'ombra saltò dagli alberi verso di lui, e prima che potesse difendersi, lo centrò al volto con un calcio, atterrandolo. Rialzando la testa, il cavaliere vide una donna in armatura color oro e argento davanti a se. Tentò di reagire, ma l'avversaria non gliene diede il tempo, corse in avanti e lo raggiunse al volto con una serie di pugni, per poi sferrare un montante che sollevò letteralmente il ragazzo da terra e lo gettò indietro per alcuni metri. "Tu devi essere Artemide... come mai ti mostri solo ora ?" chiese a stento l'eroe dopo essersi pulito col polso un rivolo di sangue che gli scorreva dalla bocca.
"Sarebbe stato troppo facile... una vera cacciatrice non colpisce la preda alle spalle, preferisce guardarla negli occhi mentre esala l'ultimo respiro ! I tuoi amici sono già caduti, e tu ora li seguirai ! Dardi Divini !" dichiarò prima di lanciare il suo micidiale colpo. Cristal incrociò le braccia davanti al volto per difendersi, ma improvvisamente un grido rimbombò nell'aria "Fulmine di Pegasus !". Una miriade di colpi azzurri si scontrò a mezz'aria con i dardi divini di Artemide, cosicché le due tecniche si annullarono a vicenda, e girandosi il cavaliere del cigno scoprì con gioia che Pegasus era di nuovo in piedi.
"Pegasus ! Hai ripreso i sensi ?!" esclamò nel corrergli incontro.
"Già, ed ora mi sento anche un pò meglio ! Opera tua ?" rispose il cavaliere guardandosi le ferite. Cristal annuì e Pegasus volse lo sguardo in direzione prima di Sirio, ancora svenuto, e poi di Artemide. "Ce la fai a proseguire ?" chiese infine.
Questa domanda prese di sorpresa il cavaliere del cigno, che ormai era pronto allo scontro con la Dea, ed infatti esitò prima di rispondere. "Penso di si, non mi ha colpito molto duramente... ma sei sicuro di voler combattere da solo ?"
"Si, ormai la conosco e so come difendermi dai suoi colpi. Tu prosegui verso il tempio di Dionisio ! Per uscire devi attraversare quella specie di arco tra gli alberi, io ti coprirò !" affermò l'eroe.
"Va bene... ma stai attento !" accettò Cristal prima di scattare verso l'uscita. Artemide si mosse per intercettarlo, ma Pegasus era già pronto e la lanciò un altro "Fulmine di Pegasus !". La moltitudine di fasci luminosi centrò la Dea, gettandola nel folto dei cespugli. "Eh no... stavolta non mi ingannerai !" pensò Pegasus, memore del modo in cui la divinità lo aveva ingannato per colpire Sirio. "Eccoti un'altra scarica !" gridò bruciando il suo cosmo e lanciando ancora una volta il suo colpo segreto. Stavolta però non lo diresse su un solo punto, ma ruotò su se stesso, in modo da formare un arco che colpisse tutti i cespugli, proprio come aveva fatto tanto tempo prima al castello di Morgana, quando doveva trovare il vero elmo del Sagittario in mezzo alle illusioni della donna. Anche stavolta la tattica del ragazzo ebbe effetto, i colpi bruciarono le foglie dei cespugli e spezzarono i rami, rendendo inutilizzabile il nascondiglio di Artemide, che si era già portata molto vicino a Cristal.
"Per te è la fine !" gridò Pegasus dirigendo i colpi su di lei. Colta di sorpresa, la Dea sollevò il braccio ed urlò "Dardi divini !".
Le sue falci di luce si scontrarono a mezz'aria con i colpi di Pegasus, e nessuno dei due sembrava in grado di prevalere.
"Pazzo ! Credi che il tuo cosmo possa competere con il mio ?!" urlò Artemide, ma all'improvviso si rese conto che alcuni colpi del fulmine la stavano sfiorando. "Non è possibile ! Stanno aumentando di potenza e velocità... non riesco a contrastarli... sono troppi ! aaahhh" gridò terrorizzata prima che la potenza del fulmine avesse il sopravvento, travolgendola e facendole volare via la corona. Completamente indifesa, la Dea venne colpita in pieno e sbalzata in aria con una forza tale da abbattere gli alberi contro i quali si scontrò, poi ricadde violentemente a terra, proprio mentre Cristal oltrepassava l'arco ed usciva dal tempio.
"Non è possibile... è riuscito ad emanare una forza pari alla mia... e non solo ! Sento che il suo cosmo sta aumentando sempre di più... che abbia raggiunto... il nono senso ?!" si chiese la Dea spalancando gli occhi per lo stupore.
"E' così dunque, cavaliere ? hai raggiunto il nono senso ?" domandò a voce alta rialzandosi.
"Non lo so, ma sento chiaramente che grazie all'esperienza acquisita nei templi inferiori il mio cosmo sta diventando sempre più potente ! Cedi il passo, ora ! Oppure preparati alla resa !" dichiarò l'eroe espandendo ulteriormente il suo cosmo.
"Ed io dovrei arrendermi ? proprio qui, nel tempio di cui sono guardiana ?! No, non lo farò mai ! E' vero, l'esperienza ti ha reso più forte, ma questo non ti basterà !" ribatté Artemide, ed a conferma delle sue parole si lasciò circondare dal bagliore del suo cosmo.
"Sento che l'effetto delle cure di Cristal sta svanendo... presto le ferite faranno male di nuovo ! Devo agire in fretta !" pensò Pegasus. Intanto però Artemide non rimase a guardare, portò le mani davanti al petto e urlò "Preparati a subire il mio colpo supremo ! Raggio Lunare !"
"Sta arrivando ! Coraggio, Pegasus, è giunto il tempo, trova la forza dentro di te ! Devo ricordare... le dodici case, quando vidi i colpi alla velocità della luce... Asgard, quando ribattei l'assalto di Thor... e soprattutto il tempio di Ermes, quando sfiorai il nono senso ! Fu quella la prima volta ! Brucia, costellazione dalle tredici stelle, fino all'ultimo cosmooo !" gridò l'eroe bruciando il suo cosmo come mai prima d'ora ed aprendo le mani per difendersi. In un'esplosione di luce, il Raggio Lunare colpì l'eroe, ma con immenso stupore di Artemide il ragazzo stava resistendo.
"Di nuovo resiste ai miei colpi ! Come all'inizio della battaglia ! Possibile che questi cavalieri siano dotati di tale insospettabile forza ! Non posso lasciarmi sconfiggere... metterò tutta me stessa !" disse stupefatta la Dea prima di aumentare l'energia del suo attacco. A causa dell'enorme potere sprigionato il terreno ai piedi di Pegasus andò in pezzi, mentre le protezioni per i palmi del ragazzo sembravano diventare incandescenti e le sue mani sanguinavano. Nonostante tutto però, l'eroe resisteva ancora, oramai la luce del suo cosmo era abbagliante.
"E' inutile ! Non cederooo !" urlò il cavaliere, e con un ultimo sforzo deviò il Raggio Lunare in modo che colpisse il suolo tra lui ed Artemide. Si sollevò un'enorme nuvola di polvere, la terra tremò e le acque del laghetto si agitarono, al punto che alcuni schizzi raggiunsero Dragone, facendogli riprendere lentamente i sensi. Artemide però non se ne accorse, la sua attenzione era completamente rivolta all'avversario, scomparso dietro il muro di polvere.
"Come hai fatto, cavaliere ?! Come ti sei salvato da quel colpo mortale ?! Raggiungendo il nono senso ?" gridò la Dea
"Si ! Raggiungendo il nono senso e trovando la forza dentro di me !" ribatté Pegasus, ma la sua voce sembrava provenire dall'alto. Alzando lo sguardo Artemide scoprì che l'avversario aveva spiccato un salto ed ora si librava in aria grazie alle ali della sua armatura.
"Maledetto ! Ma non mi sfuggirai di nuovo ! Raggio Lunare !" disse la Dea usando ancora una volta la sua tecnica micidiale, ma stavolta il cavaliere era preparato e con un colpo di reni fece una capriola laterale e schivò l'assalto portandosi a testa in giù.
"E' tutto inutile ! Ed ora è giunta la tua ora ! Cometa di Pegasus !" gridò l'eroe. Circondata da un'aura accecante, la cometa sfrecciò alla velocità della luce verso Artemide.
"E' diretta su di me... non posso evitarla... aaahhh" urlò la divinità prima di essere travolta dal terribile assalto. La potenza dell'impatto fu enorme ed Artemide venne lanciata indietro e sbatté violentemente a terra. Pegasus atterrò di fronte a lei.
"C... come... hai... f... fatto ?" gli domandò a fatica la cacciatrice sollevando la testa.
"Ho capito che come tutti i cacciatori la tua forza risiede nell'attacco e non nella difesa. Respinto il Raggio Lunare, il resto è stato facile..." spiegò il cavaliere fissando il suo bel volto, ora sporco di terra.
"Sei... stato... abile !" sussurrò la Dea prima di svenire.
"Pegasus !" gridò Sirio raggiungendo il compagno alle spalle "Ci sei riuscito ! Hai sconfitto Artemide... e da solo !" si complimentò. Pegasus non si girò, si limitò ad annuire e disse "Cristal è gia sulla via per l'ottavo tempio... potrebbe aver bisogno d'aiuto !"
"Dobbiamo raggiungerlo allora !" concordò Dragone superando il compagno con uno scatto e correndo verso l'uscita. Dopo pochi passi però si rese conto che Pegasus non lo stava seguendo e si voltò a guardarlo. Il cavaliere era rimasto immobile, era pallidissimo ed il sangue gli gocciolava a terra dalla ferita al fianco.
"P... perdonami... Sirio !" mormorò il ragazzo, poi crollò a terra sotto gli occhi sbarrati di Sirio.
"Pegasuuus !!!"