Saint Seiya Gigantomachia
di Kurumada Masami e Hamazaki Tatsuya
(tradotto da ALEDILEO, dallo spagnolo all’italiano - final editing by Shiryu)
CAPITOLO DI SANGUE
Cronos
Nel lago sotterraneo sotto il Vulcano Arima, Pegasus e Chimera, la Bestia Multiforme, sono in piedi l’uno di fronte all’altro.
I guerrieri di Athena lottano soltanto con il corpo, ma questo non significa che non sappiano usare armi. Hanno bisogno di conoscerle, poiché i loro avversari non seguono alcuna proibizione in tal senso. Così, nonostante ciò che conti in origine sia il corpo, l’addestramento dei Cavalieri include il combattimento contro avversari armati.
Le articolazioni della pesante armatura di Adamas del Gigante scricchiolano con i suoi gesti. Per Pegasus, dotato dell’agilità di un cavallo che attraversa i cieli, i movimenti del mostro sono impacciati come quelli di un burattino mal gestito.
In quell’istante, Chimera lancia un attacco tagliente in direzione di Pegasus, un colpo pesante e duro, però sorprendentemente rapido, come una raffica di vento. Il Cavaliere sente brividi percorrergli la spina dorsale nello schivare per un pelo la traiettoria della lama, retrocedendo fino ad una roccia conficcata nel mezzo del lago sotterraneo.
Agitando l’enorme spada in movimenti circolari, solamente con la mano destra, il Gigante si avvicina a Pegasus, passo dopo passo, con un andamento lento ma preciso.
La spada di Serpente, in mano alla Bestia Multiforme, ha il bordo dentato come quello di una sega.
Raggiunto dal colpo incendiario, Pegasus è lanciato nuovamente verso il lago sotterraneo, dove una scia di vapore acqueo marca la traiettoria della spada di Chimera. Il Cavaliere si solleva, dopo aver inghiottito un po’ di acqua. Nonostante la sua ampiezza, il lago è poco profondo. Considerando anche le aree più profonde, l’acqua non arriva alla cintura di Pegasus.
La parte più potente della Sacra Armatura, il pettorale, presenta segni profondi di lama dentata, discendendo dalla spalla sinistra. Se Pegasus fosse stato un passo avanti, il suo cuore sarebbe stato raggiunto dalle fiamme.
Chimera cammina dentro il lago, lanciando un altro colpo della sua enorme lama contro Pegasus, facendo scricchiolare la sua Adamas e generando un’immensa colonna di acqua. Il Cavaliere non ha altra scelta che retrocedere il più possibile di fronte all’impetuosità delle esplosioni.
"Il momento in cui inizia il suo attacco è strano!" –Pensa Pegasus. –"E’ impossibile calcolarlo o contrattaccare!".
Di fatto sembra che vi sia una strana variazione dentro ogni attacco di Chimera: il movimento del suo braccio, il movimento che compie per dare l’impulso, la velocità della spada e la sua traiettoria non sembrano appartenere al medesimo attacco, un po’ in ritardo, un po’ precipitoso. Tutto questo confonde Pegasus.
"È come se… non fossero movimenti umani!" –Conclude il giovane, prima di contrattaccare.
Ma il suo sforzo è inutile. Centinaia di meteore che superano la velocità del suono sono nuovamente respinte, senza alcuna eccezione, dallo scudo di capra.
Le sue mani, le sue braccia e il suo petto sembrano aver toccato delle braci ardenti. Le dita gli ardono dolorosamente: sono ustionate. Al tempo stesso, l’acqua intorno a Chimera inizia ad evaporare.
Il mostro era come una fonte di calore intenso, che a poco a poco stava riscaldando tutto il lago, nonostante il gigantesco volume di acqua. Il Cosmo della fiera che si combina con molte altre sembra illimitato.
L’attacco centra in pieno il Cavaliere, graffiandolo difficilmente, tagliando l’acqua del lago sotterraneo, che evapora completamente. Tutto l’ambiente è coperto da un calore umido, come quello di una sauna.
È stato raggiunto alle gambe dalla spada. La sua forma a seghetto è anche più terribile del colpo di una spada affilata: la carne graffiata non può essere suturata e l’emorragia non riesce a fermarsi.
Coperto dal vapore biancastro dell’acqua, Chimera guarda Pegasus con disprezzo. Ha occhi di leone, sullo scudo nella mano sinistra l’immagine di una capra demoniaca e la spada che sembra un serpente velenoso nella mano destra.
Pegasus si solleva usando tutta la sua forza, espandendo al massimo il suo Cosmo. Il suo stile di combattimento è uno dei più ortodossi tra i Cavalieri; si compone basicamente di pugni, calci e eventuali tecniche di protezione. È importante ricordare che le tecniche di lotta dei Cavalieri non hanno relazione diretta con la forza fisica. Esse si definiscono in base al Cosmo: è per questo che la complessità fisica di Pegasus, piccola per un guerriero, non rappresenta alcuno svantaggio di fronte ai potenti e boriosi Giganti.
Oltre a ciò, l’Armatura della costellazione di Pegasus è una protezione fenomenale, che accompagna fino all’estremo il movimento agilissimo di Pegasus. Anziché avvolgere il Cavaliere come una roccia, essa non impone la benché minima restrizione ai suoi movimenti.
Il cavallo celeste nitrisce, circondandosi da un’aura azzurra. Questo è il suono del Cosmo di Pegasus che è stato elevato al massimo.
La stella rubino perde il suo luccichio oscuro, diventando una pietra opaca, priva del fulgore delle stelle. Lo scudo di capra viene dilaniato, proprio come la maschera del Leone, la nobile Adamas. Chimera, la Bestia Multiforme, cade con fracasso sul lago sotterraneo.
Dopo aver esaurito tutte le sue forze nell’attacco, Pegasus si lascia cadere sull’acqua. Quando si rialza, osserva con la coda dell’occhio il Gigante, ancora ricoperto della sua Adamas, che adesso sembra un’Armatura morta.
L’interno dell’Armatura nel fondo del lago trasparente è vuoto e non emette più alcun calore. Il Cosmo che sembrava infinto era scomparso insieme alle fiammate.
Dominato da un’insicurezza indescrivibile, Pegasus barcolla all’indietro e si siede sulle rocce ai margini del lago, esaurendo definitivamente le sue energie.
Pegasus cerca di arrampicarsi sui macigni, ma l’attacco della COMETA ha logorato il suo Cosmo. Le gambe lacerate non gli obbediscono e scivola, ruzzolando verso il basso.
2
Adesso vi è una improbabile cappa di neve nelle profondità del Vulcano Arima e le sue pareti sono completamente coperte di gelo.
Ortro prende lo slancio. I suoi piedi affondano nel duro suolo, lasciando orme visibili. Il Gigante lancia un attacco strisciante, pesante e rapido come una palla di cannone, mandando in frantumi una colonna di pietra di cinque metri di diametro. Questa è la forza dei Giganti, che equivale a, e può anche superare, quella dei Cavalieri che dominano le tecniche di lotta di Athena.
Il limitato spazio gelato è il campo di battaglia di Cristal. Quando il suo cosmo si eleva molto più del normale, l’attacco del Cavaliere distrugge e, in alcuni casi, paralizza il movimento degli atomi. Questa è la tecnica di lotta del gelo.
Cristal osserva con disprezzo Ortro, adesso un blocco di ghiaccio accanto ai resti della colonna di roccia, prima di andare ad investigare in un’altra zona, alla ricerca dei suoi compagni. Ma è molto difficile captare il Cosmo degli altri Cavalieri, anche perché si trova nella Terra Sacra dei Giganti, satura dell’ostilità di Tifone.
In quel momento, dense tenebre circondano i due avversari. La caverna sotterranea perde la sua sottile luminosità.
Cristal è in allerta, ma anche così non riesce ad impedire che la sua spalla sia raggiunta da un oggetto volante che gli causa un dolore terribile. Lanciato in aria e rotolando al suolo, il Cavaliere si abbassa istintivamente dietro una roccia. Ma è comunque raggiunto nuovamente, prima che riesca a riprendersi. È possibile udire il suono della Sacra Armatura che viene limata dalla frizione.
Cristal è turbato. Come riesce Ortro a localizzarlo precisamente in quell’oscurità?
Senza la minima traccia di un Cosmo, artigliate invisibili penetrano profondamente la carne di Cristal. Ortro esplode in una risata provocatoria.
"È come essere morsi da un animale selvaggio!" – Pensa il giovane. –"Quindi il mostro bicefalo della mitologia esiste nel mondo reale?". Incapace di determinare la posizione del nemico, Cristal si sente perduto in un turbine di confusione. "Calmati!" –Pensa. –"Il maestro mi ha insegnato a rimanere calmo in momenti del genere, durante il combattimento. È necessario mantenersi freddi come le pianure gelate della Siberia!"
Le due zanne collimano contro qualcosa nelle tenebre. In poco tempo quello strano luccichio ritorna nella caverna. Cristal scorge adesso due fiere cadute vicino a sé. Avevano una brillantezza oscura della stella dello Zaffiro: erano le parti dell’Armatura, in forma di cani maligni, che si appoggiano sopra le spalle del Gigante. Prima, il Cavaliere aveva creduto che il suo avversario si imponesse con la forza, attaccando con il contatto fisico, ma in quel momento era chiaro che egli manipolava questi "cani" attraverso la psicocinesi. Così poteva attaccare da lontano, un’abilità perfetta per l’oscurità.
I pezzi di cani maligni sono intrappolati al suolo da circoli di gelo e neppure la stessa psicocinesi di Ortro riesce a muovere le loro teste congelate.
Cristal agita le braccia, che scintillano in una cortina di gelo, avvolte in finissime membrane di energia gelata.
Addestrato in Siberia Orientale, il cui inverno è praticamente un mondo senza sole, il Cavaliere del Cigno fu istruito dal suo maestro Acquarius a lottare nelle tenebre.
Cristal avanza, fino a posizionarsi a un passo da Ortro.
L’attacco fa volar via l’elmo di Adamas e un uragano gelato solleva in alto il corpo pesantissimo di Ortro, scaraventandolo con forza contro il tetto della caverna, formando al tempo stesso una colonna di gelo alta più di dieci metri.
Ma un boato fa sì che il Cavaliere del Cigno si volti di nuovo rapidamente. Il corpo di Ortro, il Malefico Cane Bicefalo, rompe la colonna di gelo, cadendo al suolo.
Davanti agli occhi increduli di Cristal, sotto l’elmo divelto dall’AURORA DEL NORD non vi era alcuna testa. Era un Gigante acefalo.
Gridando come una fiera, Ortro colloca le sue braccia nel suolo, posizionando le sue quattro estremità in contatto con la terra. Nello spazio vuoto lasciato dagli spallacci, due teste di cane spuntano, come se l’armatura fosse il guscio di una tartaruga.
Neanche lo stesso Cristal riesce a nascondere lo spavento di fronte a tale orribile visione.
Il mostro della mitologia, esattamente come era descritto.
Davanti a lui si trova un cane a due teste, che esala cattiveria, coperto da un’Armatura di Adamas. Il suo portamento è quello di un orso gigantesco. Passando da bipede a quadrupede, Ortro raggiunge Cristal con una velocità incomparabilmente maggiore a quella del suo attacco precedente. Le due teste maligne mordono le braccia di Cristal, con l’Armatura e tutto il resto. Non mollano la presa, comportandosi proprio come cani addestrati. Ortro adesso è una fiera sprovvista di ragione.
Come una fiera impazzita, Ortro lecca piacevolmente il sangue di Cristal tutto attorno alle sue zanne.
Reagendo al cambio di temperatura, Ortro avanza nuovamente verso Cristal.
All’abbassare le braccia che aveva collocato sulla sua testa, Cristal lancia esplodere il Cosmo accumulato dentro di sé, impossibile da essere detenuto ancora, la più potente tecnica di combattimento di gelo. La tecnica che il Cavaliere ereditò dal suo maestro Acquarius.
Nello stesso istante tutto si congela. Il freddo infinitamente vicino allo zero assoluto spegne il luccichio dello Zaffiro, stella del colore delle tenebre. L’Adamas perde la sua energia mistica e adesso non sembra più un’Armatura esageratamente pesante. Anche la voce del mostro demoniaco, una mescolanza di lacrime e ruggiti, si congela istantaneamente.
Ortro, il Malefico Cane Bicefalo, è ridotto a schegge di gelo e si sgretola in tanti frammenti. Ma il prezzo della vittoria è alto. Dopo aver convertito tutta la sua energia vitale in freddo e aver trasformato la caverna in una grotta di gelo, il guerriero silenzioso cade al suolo.
3
Concentrando tutte le forze del suo corpo, l’attacco del Cavaliere del Dragone raggiunge in pieno Ladone, il Drago dalle Cento Teste, e lo lancia contro una colonna di pietra della caverna.
Facendo un cenno di assenso con la testa, Mei esce per una grande cavità con rocce appuntite, la cavità boccale di una fiera colossale, in direzione di un corridoio che lo conduce sempre più in profondità, nelle viscere della Terra.
Sirio concentra il proprio Cosmo, fino a non udire più i passi di Mei, portandolo in seguito in direzione del nemico. Vari pezzi di colonne di roccia, così grandi che sarebbero necessarie due braccia per avvolgerli, sono distrutti, ridotti a polvere, e si riuniscono come particelle nell’aria.
All’udire queste parole Sirio ricorda un’antica leggenda. Ladone è il nome del mostro della mitologia greca, il Dragone che non dorme mai, guardiano dei pomi d’oro del giardino delle Esperidi, situato al limitare tra il giorno e la notte.
Nonostante sia stato colpito dal COLPO SEGRETO DEL DRAGO NASCENTE, il Cosmo di Ladone si eleva ulteriormente.
Ma Sirio non si lascia sconfiggere tanto facilmente. Grazie alla Sacra Armatura, protetta dal sangue di Athena, il Cavaliere è capace di rompere il timore del Dio dei Giganti, convertendo la sua lealtà alla Dea in forza.
Il braccio destro dell’Adamas, che rappresenta la testa del Drago maligno, rilascia un raggio di luce che attraversa la caverna. Si ode il suono di qualcosa che echeggia, seguito dal rumore del crollo della parete dietro Sirio. L’onda d’urto, identica a quella che aveva attraversato Nicole, è stata deviata dal Cavaliere del Dragone.
Senz’altro attendere, Sirio attacca, usando il proprio corpo come arma.
Ma il gigantesco Cosmo di Ladone respinge il Cavaliere, scaraventandolo al suolo.
Sirio balza all’indietro, riuscendo a porsi in una buona posizione di lotta.
Sirio sente il Cosmo di Ladone espandersi continuamente, in tutte le direzioni.
Una declamazione di distruzione, autosufficiente, provvista persino dell’intenzione di uccidere. Una visione poderosa invade il mondo senza luce di Sirio. Poco importa cosa vi sia davanti: lo scudo, la Sacra Armatura, nessuna difesa che conosca, nessuna difesa conosciuta. Immagini delle tenebre.
Un Dragone tenebroso, sotto forma di un pesce abissale, divora lo spirito di Sirio, il quale emette un grido pieno di orrore.
Ladone lancia un’onda d’urto uguale a quella che aveva attraversato il cuore di Nicole, ma Sirio riesce a bloccare l’attacco con il suo scudo.
Nel dir questo Sirio si libera dell’Armatura della sua Costellazione, mettendo da parte la sua Sacra Armatura.
Un dragone appare sulla schiena di Sirio nel momento in cui si libera dell’Armatura.
Non è un tatuaggio. Il dragone nascente sorge sulla schiena di Sirio quando il Cosmo della sua anima raggiunge il suo punto culminante.
La sua energia vitale diventa incandescente. A fatica i veritieri dragoni sono avvolti in essa.
Il dragone nascente adotta come dimora il pugno di Sirio, il cui Cosmo raggiunge il limite massimo.
Sirio non può vedere, ma percepisce che il Cosmo del Gigante, il Dragone dalle Cento Teste, che si mostrava prima così potente, scompare in quel momento.
Nel dir questo, il corpo di Sirio cade in avanti. Prima di perdere conoscenza, si preoccupa per il Cosmo dei suoi compagni, sentendo, anche se debolmente, il Cosmo di Pegasus e Cristal. Più in basso, nelle profondità del vulcano, riesce a sentire il Cosmo di Andromeda.
Sirio usa le sue ultime forze per allungare il braccio, nel tentativo di cercare suo fratello, quindi perde i sensi e cade lungo disteso, con le braccia allungate.
La voce di Mei sta cercando di aiutare Pegasus a riprendere conoscenza. La sua visione è annebbiata e non riesce a mettere a fuoco niente. Forse il suo cervello lo stava anestetizzando. Sente male alle gambe, massacrate dalla spada di Chimera, la Bestia Multiforme.
Mei appoggia Pegasus con attenzione al suolo, si rialza e corre via senza guadarsi indietro.
Ancora intorpidito, praticamente incosciente, Pegasus cerca di captare il Cosmo di Mei, senza successo. Solo riesce a sentire, lievemente, il Cosmo di Sirio, Cristal e Andromeda.
Pegasus cerca di chiamarlo ma non ha più forze neppure per dire il nome di suo fratello.
All’udire la voce di Mei, Cristal il Cigno solleva il suo viso il massimo che può.
Irritato con se stesso per il suo stato attuale, incapace di muovere almeno un dito come vorrebbe, Cristal si guarda intorno alla ricerca di qualcuno.
Una volta il Cavaliere sente, anche se minimamente, il Cosmo degli altri suoi fratelli, ma non vi è segnale di quello di Mei, con il quale aveva appena parlato.
L’altare maligno delle strane terre, che imprigiona la donna serpente in cinta, freme. La "Prigione del Tempo Sospeso" che attornia Echidna si può rompere in qualunque momento. Un vento…
4
Il Cavaliere di Andromeda, che aveva sacrificato la sua unica arma di attacco per trasmettere ad Athena la localizzazione dei Giganti, è legato ad una colonna del Tempio. Sembra non essere cosciente. Non vi è niente inoltre che confermi che sia vivo. Anche nel caso lo sia, certamente sarebbe senza forze a causa della barriera di Flegra, per non aver ricevuto il Sangue di Athena. È un cosmo praticamente estinto dalla tempesta di Tifone.
Sono in una grande grotta, più vasta del Tempio sigillato sotto il Monte Etna: la "dimora di Typhoeus". Sopra l’altare di terre strane, è inchiodata una donna.
La donna ha capelli scuri e leggeri, la pelle serica, i seni rotondi come una Dea della fertilità e la cintura spunta su un corpo femminile impeccabile.
Però la sua metà inferiore fu trasformata in serpente.
Un centinaio di serpenti lambiscono il suo corpo quando la bufera passa accanto a lui. I capelli argentati si agitano all’indietro, ma Mei non ha timore.
Tifone inspira a fondo e assorbe, dalle narici, tutta l’energia che aveva impiegato nel campo di forza. La tenue luminosità si dissipa e un’oscurità assoluta occupa tutti gli spazi della caverna. L’unico punto luminoso adesso è l’alone di fiamme e lampi dello stesso Tifone. A malapena il suo corpo divino illumina il Tempio Sotterraneo.
Da quell’angolazione Tifone sembra ancora più grande. Sarà un’illusione provocata dalla luce? La sua figura colossale personifica nitidamente il timore di incontrarlo in questa Terra Sacra dei Giganti.
Mei cammina in direzione del Tempio.
Un momento molto breve, formato da attacchi e difese ad alta velocità, rompendo il Tempio stesso. Un istinto assassino, oscuro e intarsiato, percorre l’atmosfera in tutte le direzioni. I fili di Oricalco sciolti nelle tenebre sono inceneriti dall’emisfero destro di Tifone e distrutti da quello sinistro.
Il Dio dei Giganti bilancia le mani per far sì che le fiamme raggiungano la roccia e i lampi tocchino il tetto, le pareti e il pavimento del Tempio, incendiandoli, quindi colpisce il pavimento con il piede per provocare bufere e con esse onde di vuoto che corrono nell’aria. Non vi sono tecniche o abilità, soltanto un potere divino capace di far tremare i cieli.
Agitando i grandi scudi delle sue due braccia, Mei riesce a schivare due attacchi del Dio gigante.
Nonostante sia incompleto, Tifone è comunque un Dio. Un fragile umano non potrebbe mai uguagliare la sua forza.
In quel momento Tifone esala la sua energia vitale. Mei è lanciato contro una parete dal "Kiai" (3) liberato in tutte le direzioni, portando con sé i propri scudi e tutta l’Armatura. I due occhi di Tifone brillano più intensamente nell’oscurità, fissando Mei. Lo sguardo maligno si fissa sulle gambe di Mei, creando un’onda assassina di distruzione.
Mei perde la parola. La sua gamba sinistra è schiantata. Anzi, è divelta dal corpo.
Appoggiato alla parete, Mei rimane in piedi con la gamba che gli resta e guarda la coscia della gamba sinistra che non ha più.
Mei non riesce a crederlo: non vi è segnale di pulsazione o di battito cardiaco.
5
Il Dio dei Giganti lascia Mei disteso al suolo e cammina in direzione dell’altare. Osserva con sguardo di pura lussuria l’ultima delle donne Giganti, la forma femminile prescelta.
Perché la donna Gigante non è decimata per il timore quando il suo nome è stato pronunciato dal Dio a cui ella rende culto? Sarà a causa del sigillo della Prigione del Tempo Sospeso? La cosa più probabile è che Echidna non sia il suo vero nome, bensì un nomignolo dispregiativo dato ad una povera donna che ha la metà del suo corpo trasformato in un serpente in un brutto tiro sinistro di un Dio.
In quel momento si rompe il bozzolo temporale, la borsa fetale. Il ventre di Echidna inizia a muoversi. I suoi lunghi capelli ondulano. La sua pelle serica comincia a farsi leggermente rossa. I seni rotondi dondolano e la cintura fina si muove in forma seducente.
La creatura squarcia dal dentro la pancia del serpente. Non ha testa. Quell’essere fatto unicamente di corpo, simile ad un feto, il vero corpo di Tifone, è una grande pietra preziosa, anche più trasparente del cristallo. Il luccichio dell’Adamas è del diamante del colore delle tenebre: Cornalina.
Si muove la Volontà Divina del Dio Gigante delle tempeste. Nello stessa maniera in cui accadde nel Monte Etna, quando si trasferì dal corpo di Mei a quello del Sommo Sacerdote Encelado, la sua aura adesso si trasferisce verso il ricettacolo di Adamas delle tenebre.
Ma, prima che riesca a realizzare l’operazione, l’altare è avvolto dalle fiamme. Nel Tempio Sotterraneo accerchiato dalle tenebre, dove fino a poco prima egli stesso era l’unica fonte di luce, Tifone si ferma, illuminato dalle fiamme che incendiano l’altare. La sua volontà è congelata. La forma femminile di Echidna è consumata dalle fiamme infernali del Karma, davanti ai suoi occhi, senza che egli possa fare niente.
I lunghi capelli della donna si incendiano, la pelle è in ebollizione, l’aria calda aspirata dai polmoni corrompe la carne dall’interno.
Tutto ciò è stato trasformato in cenere dal battito fiammeggiante di queste ali.
Il ricettacolo di Adamas che aveva rotto la pancia del serpente, fragile e vuoto, immediatamente si trasforma in carbone e si sparge in forma di ceneri.
In mezzo alla tempesta di Tifone, Phoenix afferra le catene che imprigionano il suo fratello materno e, dopo aver appurato che stava respirando, lo carica sulle sue spalle.
Phoenix, il Cavaliere che non sorride, esce portando Andromeda con sé.
Il Cavaliere della Costellazione della Chioma di Berenice, il portatore della Sacra Armatura senza gerarchia, li osserva finché non escono dal suo campo visivo e, in seguito, si volta verso il Dio.
I riccioli dei fili di Oricalco, totalmente alieni alla volontà di Tifone, erano cresciuti fino alla gamba strappata e l’avevano raccolta, portandola e riunendola al giovane. I fili chiudono le ferite e suturano l’amputazione.
Mei si solleva e cammina in direzione del Dio dei Giganti, che corre, disperato, nel recinto. Nel campo di battaglia della Gigantomachia stanno solamente Mei, Tifone e le ceneri della distruzione. Il mondo del Cavaliere è nel più assoluto silenzio.
"Finalmente ascolto la voce delle stelle!" – Pensa.
Mei controlla i fili taglienti che si mescolano nelle tenebre.
Note
1) SAPPHEIROS ENEDRA: una possibile traduzione è: Inganno dello Zaffiro.
2) Il Ki è l’Essenza individuale.
3) Il Kiai nelle arti marziali è il grido che accompagna i momenti "topici" di un kata (forma) o di un kumite (combattimento). In realtà è un'espressione di senso compiuto: Ki sta per energia vitale e ai può essere tradotto come unione. L'individuo unisce la propria energia vitale e quella della natura attraverso l'espirazione provocata dalla forte contrazione addominale. E' basandosi su questo principio che Ivo DePalma ha ideato il celebre "yaiii" di Pegasus.