Saint Seiya Gigantomachia

di Kurumada Masami e Hamazaki Tatsuya

(tradotto da ALEDILEO, dal francese all’italiano - final editing by Shiryu)

CAPITOLO DI MEI

Resurrezione

Terremoti fanno tremare l’isola in modo spaventoso, come se stesse scaricando l’odio accumulato dai Giganti sotto l’Etna. Pegasus è sepolto sotto le ceneri recenti che cadono sulle pendici del vulcano. È stato lanciato contro il versante della montagna dall’impatto con il corpo di Agrios, la Forza Bruta. Il sangue che scende dalla sua fronte è assorbito in fretta dal suolo spugnoso.

Pegasus sa che solo qualcuno capace di esteriorizzare il proprio cosmo, qualcuno che domina la tecnica di lotta in grado di distruggere gli atomi, potrebbe essere capace di danneggiare la sua Sacra Armatura, più resistente di qualsiasi metallo nell’universo.

Pegasus e Agrios si affrontano su un declivio scivoloso, a dieci metri l’uno dall’altro. Mentre nessun attacco di lotta o di arti marziali potrebbe essere lanciato da quella distanza, per i Cavalieri, che lottano a velocità supersoniche, questo è uno spazio minimo.

Di fatto, in quel momento, raggiunto da centinaia di pugni luminosi, il Gigante non si abbandona ad alcuna reazione, rimanendo immobile per tutto il tempo.

E un’altra volta Agrios tocca il suolo con una delle sue mani, curvandosi per guadagnare spinta. Per questo terribile Gigante, l’astuzia non è necessaria. Gli basta lanciarsi sopra il nemico con la sua durissima armatura e il peso sovraumano del suo corpo.

Il suolo pare esplodere all’avanzare di Agrios, sollevando un’enorme colonna di cenere. Pegasus non riesce ad evitarlo e il Gigante afferra i suoi piedi come se stesse giocando un match di football americano, lanciando il Cavaliere al suolo, con tutto il peso del suo corpo, ad una velocità sorprendente.

Agrios contempla per qualche secondo l’efficacia della sua tecnica, liberando lentamente il corpo immobile di Pegasus, con un’espressione soddisfatta nell’aver adempiuto al suo lavoro.

Il corpo del giovane ha assorbito tutta l’energia distruttiva dell’Adamas e dell’impressionante massa corporea di Agrios.

Un raggio di luce si espande repentinamente nell’aria. Agrios è preso di sorpresa dallo scatto della Meteora di Pegasus, che fino a poco prima pareva moribondo. I due nemici tornano a mantenere una certa distanza tra di loro, mentre un forte vento trascina via le ceneri dal suolo.

E nuovamente il suolo pare esplodere. I due si scontrano in aria con un suono pesante che mette fine al movimento. Una quantità tremenda di sangue tinge il suolo coperto di ceneri. Agrios ha un’enorme incisione sulla fronte e geme di dolore con la sua voce gutturale.

Pegasus respinge con la spalla il corpo traballante di Agrios. Il suo cosmo provoca un’esplosione sorprendente, proiettando il giovane in un balzo, mentre vola in cielo, portando con sé il Gigante in un flusso di sangue.

Avvolto dall’aura alata del mitologico cavallo, Pegasus discende in direzione della terra, facendo sì che il suo nemico sbatta la testa nel suolo.

Con questo colpo una stella colossale cade dal cielo. L’impatto fa fremere la terra con una forza comparabile alla collisione di un asteroide, aprendo un enorme cratere sul fianco della montagna. La figura di Pegasus emerge da una nuvola di ceneri gigantesca.

Il Cavaliere barcolla leggermente e flette le sue ginocchia. "C’è mancato poco!" Dice a se stesso. Pegasus è in un così grande stato di eccitazione che non sa se ridere o lasciarsi cadere all’indietro dal batticuore. È cosciente che non avrebbe vinto il combattimento se non avesse rischiato la propria vita. Avere l’abilità di dominare l’essenza della distruzione significa che ogni battaglia di un Cavaliere contro un avversario alla sua altezza è una visita ai domini della morte.

Pegasus non sente più il cosmo di Agrios, fino a poco prima tanto aggressivo e brutale.

***

La catena stellare vibra nella penombra, formando una galassia a spirale.

Il metallo gira nell’aria come onde agitate, respingendo con successo il lampo. Thoas si ritira, dopo due tentativi respinti dalla catena.

È impossibile seguire con gli occhi questo movimento supersonico e Andromeda in questo momento non riesce ad identificare la vera posizione di Thoas. Però la Catena di Andromeda è immune ad illusioni di questo tipo. Quando il Gigante cerca di lanciare un colpo in direzione del Cavaliere, essa localizza precisamente la sua posizione e lo raggiunge con un’esplosione che fa sì che la cenere vulcanica accumulata si sollevi nell’aria. Nell’impatto, la maschera di Adamas di Thoas cade al suolo.

Andromeda rimane intoccabile nel campo di battaglia, accerchiato dalle ceneri. La sua fedele arma, la sua catena, si mantiene in formazione, formando una nube di stelle.

Il Gigante non crede a ciò che sta ascoltando.

Ma Andromeda riafferma la sua posizione.

Andromeda sente che lo spirito di Thoas si amplifica. Come una spada giapponese che ottiene lucentezza e bellezza nelle mani di un artigiano, il Cosmo del Gigante si fa sempre più limpido e affilato. L’artigiano che fabbrica la spada non ha paura di produrre strumenti di morte, né al tempo stesso nutre intenzioni omicide quando perfeziona una Katana. Le guerre, a sua volta, non sono soltanto fatte di combattimenti tra armi e scudi, prive di ogni passione, completamente sprovviste di sentimenti.

Thoas, con il Cosmo in forte espansione, colpisce inaspettatamente Andromeda.

Una ferita, in seguito due. Un filo di sangue fuoriesce dalle braccia del Cavaliere, ma l’emorragia diventa in fretta seria dal momento che nuove ferite appaiaono su tutto il suo corpo.

Il Cavaliere sta venendo attaccato da onde di impatto, fini come aculei, lanciate dalla mano di Thoas come proiettili. Il Gigante, la sua arma potentissima e i suoi attacchi attraversano il corpo di Andromeda senza bisogno di toccarlo.

Andromeda percepisce che il sangue non si ferma, grondando continuamente dalle ferite. Persino un minimo taglio, minuscolo come la punta di un ago, sanguina in un modo che impaurisce.

Uno dei soldati semplici assassinati al Grande Tempio la notte precedente era stato ucciso da quell’attacco, fatale addirittura per i Cavalieri, che sono di carne e ossa, e muoiono al perdere di un terzo del sangue dal loro corpo.

Andromeda cade sulle ginocchia, perdendo le speranze. Thoas si avvicina e si rivolge a lui con voce apparentemente carina.

Il Gigante si sta proprio burlando di lui. Il suo passo successivo è interrotto da una terribile reazione della Catena.

Il Gigante percepisce il cosmo di Andromeda crescere rapidamente, nonostante il ragazzo sia quasi morto, con poco sangue rimasto nelle vene.

L’arma avanza verso il nemico, tracciando un segno di zigzag nell’aria, accompagnata da scariche elettriche. Thoas reagisce con un grido.

Scintille si proiettano nell’aria, ma il Gigante afferra la Catena con le mani, ignorando completamente l’elettricità che essa emana.

Thoas agita la Catena, facendo tremare Andromeda, nonostante la pressione esercitata sia minima. La pressione sanguigna del ragazzo diminuisce progressivamente, facendo sì che il flusso dell’emorragia causata dallo Stigma cominci a poco a poco a diminuire. Le estremità delle sue dita stanno impallidendo e formicolando senza forze.

Thoas incrocia le braccia, assumendo per la prima volta una posizione di combattimento.

Andromeda tiene comunque la forza per gridare.

Un raggio di luce straccia una nube di stelle. L’impatto del pugno di Thoas, cento volte più potente degli attacchi delle sue dita, distrugge la Nebulosa. Con grande disperazione di Andromeda, la Catena cade al suolo, senza reagire.

Pochi secondi prima che Thoas lanci l’attacco finale, il Gigante percepisce qualcosa di strano ai suoi piedi. Senza che se ne fosse accorto, la superficie annerita della montagna aveva acquistato una tenue copertura bianca. Una sensazione gelata.

La gelata sta coprendo la montagna. Aria fredda sul suolo. Cristalli di gelo sempre più grandi e più numerosi si accumulano da tutte le parti.

Il Gigante percepisce dall’Armatura Sacra del giovane che si tratta di un altro Cavaliere di Athena.

Nonostante il nome giapponese, Cristal ha gli occhi azzurri, poiché è figlio di una russa, Natassia, e di un giapponese, Alman di Thule. È infatti uno dei figli non riconosciuti del vecchio, uno dei cento fratelli a metà inviati nei più diversi luoghi del mondo per diventare Cavalieri. Uno dei dieci sopravvissuti a quell’addestramento mortale.

La sua Sacra Armatura è un’Armatura di gelo, originaria delle eterne nevi artiche. Ha le ali scolpite in bassorilievo sulla regione pettorale e un elmo adornato a forma di piume. Il sinuoso complesso trasmette un’impressione di soavità, riflettendo nell’aria il nome del Cavaliere. Cristal sembra uscito da un romanzo europeo. Non è più un bambino, ma ancora non è un adolescente. Possiede una lucentezza peculiare, che si incontra raramente nei giovani della sua età, che gli conferisce un’aria di nobiltà. I suoi occhi di un azzurro limpido sono ciò che più risalta sul suo viso, che pare respingere l’intimidazione altrui, esprimendo al tempo stesso solitudine e nostalgia.

Il colpo più potente di Thoas sembra avanzare verso Cristal rompendo la cortina di neve, però finisce lontano dal Cavaliere e taglia appena l’aria.

Il Gigante non capisce come ciò sia potuto accadere così rapidamente. I cerchi di cristalli di gelo aumentano gradualmente in quantità, congelando sempre di più le gambe di Thoas sopra l’Adamas. Cristalli di ghiaccio delle più svariate dimensioni appaiano come illusioni nel campo innevato, in piena estate siciliana.

Cos’è l’energia, o "Ki" del freddo? La temperatura è un’unità di misura dell’agitazione molecolare. Quanto più intensa è l’agitazione delle molecole in una sostanza, maggiore è la sua temperatura, e quanto meno è intensa minore è la temperatura. La relazione tra calore e freddo è come quella tra la dinamica e la statica. Se la tecnica di lotta che distrugge gli atomi è dinamica, poiché avviene attraverso il calore, quella che interrompe il movimento è la tecnica dell’immobilizzazione, che è messa in atto dal freddo.

Cristal il Cigno è uno dei pochi Cavalieri che dominano la tecnica del gelo. Il suo potente colpo fa sì che il Cosmo di Thoas, il Lampo Veloce, rimanga imprigionato nel campo di neve e ceneri vulcaniche, dominato da un suono perpetuo. Il Cavaliere si volta verso Andromeda.

Il suo dito indice tocca l’Armatura di Andromeda all’altezza del cuore, fermando immediatamente l’emorragia dello Stigma.

Senza dubbio andare dalla Siberia fino in Sicilia in un arco di tempo molto breve deve essere stato logorante per il piccolo Kiki.

Mentre la sua Armatura di Andromeda non è stata distrutta, la Catena si mantiene tramite energie extradimensionali, ricomponendosi completamente quando alcuni anelli si rompono in battaglia.

Andromeda accenna un timido sorriso e i due Cavalieri riprendono la scalata dell’Etna, in direzione del Cosmo di Pegasus.


***

"Sento tracce di cosmo che provengono da là sotto!" Pegasus guarda l’interno di un antico cratere, attualmente inattivo, ma che per secoli, forse anche millenni, ha eruttato fuoco e fumo. Il Cavaliere di Pegasus non riesce a comprendere se l’energia che sente appartiene alla signorina Yulij o ai Giganti.

Sta sudando molto, di un sudore freddo e sgradevole.

L’aria a quell’altezza non è molto densa, ma insufficiente per influenzare un Cavaliere.

Pegasus non riesce a trovare spiegazione alcuna per il suo stato. Nonostante la lotta contro Agrios sia stata dura, egli non riesce a credere che gli abbia provocato così gravi conseguenze. Un passo falso e la superficie della montagna sembra franare. Pegasus scivola e quasi cade dentro il cratere, ma è salvato da un’inaspettata mano amica.

Il giovane solleva il corpo di Pegasus con il suo braccio.

Mei era riuscito a scappare dal Gigante, poiché conosce ogni centimetro della regione. Aldilà di questo, come spia del Grande Tempio, ha appreso come dissimulare il segno del suo Cosmo, depistando quindi i suoi inseguitori.

In quel momento Andromeda e Cristal appaiono non molto lontano, salendo la montagna in direzione di Pegasus e Mei. Finalmente i quattro si riuniscono, sul bordo dell’antico cratere.

Il giovane alza le spalle facendo una faccia buffa che fa esplodere Pegasus e Andromeda in una veloce risata.

Cristal si volta, in silenzio, in direzione del cratere, indicando una fessura tra due enormi rocce che sembrano labbra semiaperte. Il quartetto si dirige verso l’apertura nella roccia, discendendo con attenzione nella fragile e friabile superficie interna del cratere.

Andromeda spia nella fenditura.

Dopo le parole di Pegasus, gli amici scendono nell’apertura nella roccia, usando la Catena di Andromeda come una corda. Quando raggiungono la base della caverna percepiscono che non sono rinchiusi nell’oscurità, come avevano immaginato una volta che si erano lasciati addietro la luce del giorno.

Pegasus e Andromeda aprono la fila, seguiti da Cristal e, ultimo, Mei. La grotta è vasta, quel che basta per aprire le braccia, ed essi riescono a vedere alcuni metri davanti a loro grazie a quella fantastica e inspiegabile luce. Toni che vanno dal dorato chiaro al profondo rosso cinabro si proiettano sulle pareti di pietra, variando ciclicamente la loro intensità.

Una sensazione sempre più sgradevole invade i giovani man mano che avanzano in direzione del fondo della caverna, da cui proviene il Cosmo.

A quella profondità stanno tutti sudando molto.

Sarà questa fenditura un cammino per il centro della Terra? I Cavalieri stanno venendo attratti alla frontiera dell’Inferno? Nonostante questi tenebrosi pensieri, il quartetto prosegue, instancabile, il suo cammino verso il fondo.

***

L’altare emana un male di origine sconosciuta. Un suono greve, ogni tanto il vento, domina l’ambiente.

Yulij è sbalordita, con la faccia caduta in avanti e i capelli argentati macchiati di sangue.

Il tunnel da dove erano arrivati si apre repentinamente in un’immensa caverna, così grande come un anfiteatro. Un boato poderoso. Il vulcano pare tremare con una frequenza sempre maggiore. Stalattiti si staccano e cadono dal soffitto. Il luogo sembra sul punto di crollare da un momento all’altro. Il calore è intenso e soffocante, è calore di magma. Un suono costante e rabbrividente risuona nell’aria. Sarà il vento? Sembra un grido acuto provocato da un uragano.

La Catena di Andromeda si irrigidisce. Nel centro della grande apertura vi è un enorme altare di pietra. La superficie increspata mantiene la stessa luce tremolante del corridoio da cui i giovani sono arrivati, dominati adesso da una sensazione inquietante di trovarsi all’interno di gigantesche viscere.

Incatenata per le braccia alla roccia, con la testa curvata sul davanti, è impossibile capire se sia viva o morta.

Cristal mantiene lo sguardo sul nemico. Con un movimento improvviso, il Cavaliere del Cigno si lancia in direzione del Gigante. Il suo corpo si copre di cristalli di neve.

L’attacco di gelo colpisce Encelado, preso di sorpresa, ma nonostante ciò il possente Gigante riesce a respingere l’energia gelata, rimandandola indietro verso Cristal. L’onda di impatto si solleva nell’aria e travolge Mei e gli altri Cavalieri, che si trovavano a decine di metri di distanza, lanciandoli contro le pareti della caverna.

L’attacco di Encelado è lo stesso che avevamo visto a Taormina. L’impatto causato dal colpo, simile ad un’esplosione, è maggiore all’interno di questo ambiente chiuso.

L’aura delle costellazioni dei Cavalieri, Pegasus, Andromeda e Cigno, risplende attorno ai tre giovani. Stelle appaiono nell’aria e si accendono all’interno della caverna, nelle profondità della Terra.

Il cavallo alato galoppa, la Catena di Andromeda si trasforma in luminosa elettricità e il Cigno spicca il volo.

Andromeda e Cristal osservano perplessi l’attacco di Pegasus. L’Armatura di Bronzo si rompe e il sangue inizia a sgorgare dal costato del Cavaliere. Un pugno lo colpisce con la forza simile ad un coltello che taglia un sottile strato di grasso.

Anche Cristal, che solitamente non perde mai la calma, rimane a bocca aperta nel vedere tale scena. Mei sta assassinando Pegasus, con la sua mano affondata nel corpo del ragazzo fino alla radice delle dita. Il giovane ritira il coltello con un brusco movimento, facendo sì che il sangue inizi a sgorgare con intensità sempre maggiore.

Una pressione formidabile. I Cavalieri percepiscono che quello non può essere, in nessuna ipotesi, un semplice soldato che non è riuscito a diventare Cavaliere.

Mei passa le dita sulla sua faccia, macchiandosi di sangue.

Andromeda e Cristal si allontanano da Mei in un secondo, mettendosi a distanza di sicurezza, incapaci di stare troppo vicini a quella incredibile energia.

Cristal si posiziona per il combattimento, considerando il suo fratello acquisito come un nemico

E non è solo. Agrios, la Forza Bruta, sta di fronte all’altare e il viso magro di Pallas, lo Spirito Stupido, appare all’entrata della grande caverna. I quattro Giganti accerchiano i Cavalieri.

Sotto l’attento sguardo dei Cavalieri, il giovane strappa la sua stessa pelle, con un atteggiamento sinistro, sprovvisto di qualsiasi ragione, che congela Andromeda e Cristal dalla punta dei piedi fino alla radice dei loro capelli. Un demonio divoratore di persone emerge dall’interno di Mei, gemendo e grugnendo. L’essere lecca alcune gocce di sangue di Pegasus, che ancora grondano dalle dita e, rubando la gola e la lingua di Mei, rivela il suo vero nome.

***

La voce delle tenebre risuona nelle profondità di un abisso perduto. Gli occhi fiammeggianti, le lingue nere, cento testa di serpenti, padre di tutte le creature maligne, signore di tutti i venti collerici.

I Cavalieri sono adesso di fronte all’ultimo Gigante, nato dall’unione della Terra con il Mondo dei Morti.

I quattro Giganti sono prostrati di fronte a Mei, o di colui che dovrebbe essere Mei. La luce intensa si proietta in forma caotica per il vasto spazio vuoto. Solamente con somma difficoltà, Cristal e Andromeda riescono ad assistere alla scena.

Il timore è l’essenza degli Dei. Alle origini, gli Dei nacquero nel timore. Erano persone intimorite coloro che li veneravano, offrendo loro sacrifici nel tentativo di attenuare la paura che sentivano.

Una volontà divina nel suo formato più arcaico, nuda nelle sue origini, è rinchiusa dentro il corpo di Mei.

A poco e poco Cristal e Andromeda sentono come i loro cuori schiacciati. In questo momento, persino gli stessi Giganti, estremamente in tensione, si sentono impauriti.

Così erano adorati i primi Dei del mondo. Nello stesso modo in cui fissare direttamente la vera forma del Dio farebbe perdere la vista, l’atto di pronunciare il suo nome farebbe cadere la lingua e gli farebbe perdere la parola.

Glam!! Una nuova onda d’urto, potente al punto di essere udibile, manda in frantumi il bastone di Encelado. Come incoerenza pura, le parole di Tifone non hanno alcuna logica. Al contrario, il Dio sta soltanto liberandosi di tutta la sua rabbia, in atti di puro egoismo, creando un tifone senza direzione. Allo stesso modo, i Giganti, finora così oppressori, così padroni di sé, adesso non riescono a discutere con Tifone. Per loro, il Dio è puro timore, qualcosa da dover essere placato.

Encelado risponde, con le mani tremolanti, afferrando la punta del bastone distrutto.

Lo sguardo di Tifone quasi uccide Andromeda. In situazioni estreme per la paura, la Catena di Andromeda emana un suono acuto, come una corda di uno strumento musicale tirata al limite, sul punto di rompersi.

Cristal serra le labbra, presentendo ciò che stava per accadere.

Il cosmo percorre il corpo dei Cavalieri attraverso la corrente sanguigna. Per ciò, il sangue di un Cavaliere è colmo di questa energia, la fonte di tutte le forme di vita. La prova di ciò è la storia ben nota che è necessario un volume immenso di sangue di Cavaliere per ridare la vita ad un’Armatura distrutta in combattimento. Anche questa è una cerimonia, un rituale per inserire nella corazza una nuova energia vitale, il Cosmo, attraverso il sangue di un Cavaliere.

Tifone, un tempo Mei, si avvicina a poco a poco a Cristal e Andromeda.

Con un movimento brusco il Dio solleva le sue mani, afferrando le gole dei due giovani.

Nell’istante stesso in cui gli Dei pronunciano i nomi uno dell’altro, esplodono i loro spiriti presenti nelle loro parole. Tifone e Athena vengono ricoperti da un alone luminoso ed iniziano a risplendere. Un’energia equivalente allo scontro tra galassie copre tutti i presenti in una massa offuscante. Le volontà degli Dei si scontrano all’interno della grotta. I sei sensi, quando sono esposti agli Dei, vengono negati e diventano inutilizzabili. Soltanto rimane il Cosmo, l’unica cosa che conserva l’identità individuale di ognuno degli esseri viventi presenti.

Lady Isabel, la Dea Athena, si mantiene serena in mezzo all’alone luminoso. Quindi si inginocchia, facendo passare silenziosamente la sua mano riconfortante sul corpo di Pegasus. L’emorragia viene miracolosamente fermata.

In quel momento i potenti Giganti sono dominati dalla pressione di Athena, che agli occhi di chiunque sembrerebbe un’umana qualunque.

Il Dio dei Giganti, nella forma di Mei, è completamente nudo. Sotto i capelli, adesso di un nero profondo, la creatura lancia fiamme con il suo sguardo maligno.

Non esiste possibilità di dialogo con Tifone, il qualche si limita a dire tutto ciò che gli viene alla mente, non ammettendo qualunque negoziazione. Ignorando l’ordine di Athena, il Dio dei Giganti sale tranquillamente gli scalini dell’altare.

Il Dio dei Giganti sa che Athena non lo farebbe. La sua volontà non le permetterebbe mai di ferire uno dei suoi protettori. E il suo fragile corpo appartiene a Mei.

Le Armature di Adamas sono in frantumi e il corpo di Mei, che adesso è posseduto da Tifone, è bagnato di sangue.

Agrios e Thoas hanno delle convulsioni, in piedi, dopo che le loro Armature di Adamas sono state perforate. Mei, posseduto adesso da Tifone, ha trapassato con i suoi pugni irrobustiti l’addome dei Giganti, rompendo le loro viscere con vigore. I loro organi sono adesso esposti e sono espulsi in seguito alla pressione interna dell’organismo, per spargersi finalmente al suolo. I due cadono a terra e il sangue delle loro ferite viene assorbito dal pavimento del tempio sotterraneo.

Un fracasso fa tremare l’enorme caverna. Lo scudo di Flegra riprende a pulsare con un nuovo flusso colossale di Cosmo.

Encelado si curva di fronte alle parole del Dio. Nonostante stiano affogando nella pozza formata dalle proprie viscere, con il volto totalmente sfigurato dal dolore, Agrios e Thoas si prostrano in una specie di preghiera a Tifone.

I Giganti, già condannati, danno la loro ultima prova di lealtà, bruciando il loro Cosmo nel momento culminante delle loro vite, offrendolo al loro Dio. I Cosmi di Agrios, la Forza Bruta, e di Thoas, il Lampo Veloce, sono divorati da Mei, posseduto da Tifone.

Encelado, la Voce Serrata, si consegna totalmente, con l’anima annullata dalle parole del Dio, riducendosi letteralmente ad un pupazzo con una maschera demoniaca, dallo sguardo turbato e dalla postura indecisa.

Un vento colmo di cattivi auspici fa rabbrividire i Cavalieri. Un alone abbandona il fragile corpo di Mei, formando un’aurea fiammeggiante che si separa dalla figura umana: Tifone, il cui nome deriva dal tifone, il Signore di tutti i venti maligni.

La divina volontà dei Giganti si ferma a metà del cammino, prima di essere trasferita nel corpo di Encelado.

Fino ad ora un burattino nelle mani di Tifone, Mei subisce un’evidente trasformazione. I suoi capelli recuperano il colore argenteo, la brillantezza torbida e fiammeggiante lascia il suo sguardo e le labbra trasmettono le parole della volontà a cui dovrebbero appartenere.

Un’ombra sfreccia volando. Artigli tagliano la carne.

Il sangue zampilla come una palla di fango, scorrendo al suolo. Il corpo del giovane si inclina pesantemente.

Nello stesso istante, la volontà di Tifone risplende, radiante, trasferendosi nel corpo di Encelado. Il Dio prende per sé le energie dei Giganti, unendole a quelle dei frammenti del cosmo accumulato nello scudo di Flegra, creando così un vortice di luce. La maschera demoniaca di Encelado cade dal suo volto, sbattendo al suolo. La sua veste sacerdote si riduce in polvere, perdendosi nell’aria. Al suo posto, rompendo la pelle dall’interno, nasce una nuova Armatura di Adamas, dotata di una lucentezza color onice, mai vista prima.

Il Dio si trova adesso in un corpo potente. Il Signore dei Giganti, divoratore di sacrifici umani e maestro dei venti di cattivo auspicio, si rivela finalmente. La nuova immagine di Tifone è completamente asimmetrica. Il lato destro è formato da fiamme infinite, mentre nel lato sinistro un vento vaga senza rotta. I colori degli occhi, i capelli, la pelle, il formato stesso dell’Adamas, tutto è diametralmente opposto a partire da un’immaginaria linea verticale che divide al centro il suo corpo.

Il nuovo Tifone è certamente bello. La sua figura fisica e la sua voce sono belle, così come le fiamme che scaturiscono dall’arcobaleno all’occhio destro. Fulmini bianco-azzurri sono lanciati da ogni poro della sua pelle, sul lato sinistro.

Tifone apre largamente le braccia. Mei non riesce a muoversi, seriamente ferito dagli artigli di Pallas.

Ma nel momento in cui i suoi pugni di fuoco e vento malvagio si sollevano, Athena lancia il suo Bastone d’Oro. All’altezza della testa di Mei i Cosmi delle due Divinità si scontrano. Gli attacchi sono annullati, riducendo entrambi il potere dell’altro ad un livello minimo.

Dallo spazio vuoto sorge uno scrigno adornato dalle stelle del firmamento. Non è di oro, né d’argento, né di bronzo, è semplicemente nero come la notte.

Tifone inizia a ricordare qualcosa di antico.

Detto questo, lo scrigno si apre in aria, rivelando un’Armatura brillante, che assorbe a sé tutta la luce all’esterno. La sagoma della costellazione di Mei inizia a prendere forma: una donna, di lato. I suoi lunghi capelli ondeggiano con un bel luccichio che ricorda l’immagine di un dipinto brillante. La figura tutta nera si scompone, aderendo al corpo di Mei.

Tifone riesce finalmente a recuperare il ricordo del nome della costellazione, che era rimasta sigillata insieme alla sua volontà da tempi immemorabili.

Mei lancia un attacco che raggiunge il mento non protetto di Tifone, lanciando indietro con forza il Dio dei Gitani. Tifone perde sangue. La sua possente mandibola è recisa nel mezzo.

Lava si solleva con forza, formando una colonna di fuoco. Un suono impressionante risuona nell’intera grotta. Rocce si staccano dalle pareti, cadendo come una pioggia di meteoriti. La colonna di fuoco di Tifone raggiunge il tetto della caverna e attraversa la barriera di pietra, giungendo in superficie.

Il magma ardente comincia a vuotarsi dalle fenditure aperte nel terreno.

Il Monte Etna, la pietra angolare del sigillo che imprigionava i Giganti, scompare all’interno della lava e della distruzione.