AXIA PRESENTA:
PER SEMPRE
La pallida luce del sole penetra dolcemente dalle persiane socchiuse di villa Toohle, disegnando nella stanza poco prima buia arabeschi luminosi. Alcuni raggi, raggiunto l’elegante letto, si mescolano con le pieghe delle bianche coperte, quasi volessero avvolgere e proteggere le membra della persona coricata. Un raggio, più invadente, colpisce infine gli occhi del ragazzo, destandolo dal sonno. Sirio apre delicatamente gli scuri occhi, dai quali però traspare solo una profonda tristezza. A fatica si mette seduto sul letto, scostando leggermente le coperte; il suo corpo è coperto da bende, ma il dolore provocatogli dalle ferite il cavaliere del Dragone non lo avverte neppure; è un’altra la sofferenza atroce che lo dilania, ma non nelle carni, nello spirito. Nella sua mente si ripresentano, ossessive, soffocanti, le ultime immagini dello scontro con Hades: la spada, quella spada che ha trafitto Pegasus, la loro decisione di restare a combattere, l’unione dei loro cosmi con quello di Athena… poi il nulla. Di come loro siano ritornati sulla terra lui nulla sa, ma non vuole neanche più sapere, non gli interessa. Solo in quella stanza, assalito da quei pensieri, Sirio si copre gli occhi con le mani, incapace di frenare le proprie lacrime. Fra i singhiozzi soffocati d Sirio si intrufola un leggere picchiettio: qualcuno bussa alla porta. Il ragazzo fa solo in tempo ad asciugarsi velocemente gli occhi, che la porta si apre lentamente, permettendo a qualcuno di entrare, ed è poi repentinamente richiusa. Sirio guarda il compagno, investito dalla tremula luce che filtra dalle persiane; accenna un sorriso che quasi subito si spegne. Poi il silenzio…alcuni minuti di silenzio…il ragazzo si avvicina a Sirio, chiedendogli: "Come stai, Sirio? Un po’ meglio o le tue ferite ti procurano ancora dolore?". "No, un po’ meglio, Crystal, grazie". "Ne sono felice…in questa stanza è troppo buio, sembra l’Ade, ma fuori il sole inizia a splendere" afferma Crystal e così dicendo si stacca dal compagno avvicinandosi alla finestra, che spalanca, permettendo così al primo sole di entrare, portandosi seco un’aria fresca, pungente, quella tipica che segue un’abbondante nevicata. Sirio, ancora seduto sul letto, guarda il compagno fermo davanti alla finestra, vestito con un chiaro pigiama; nota le bende sotto la casacca, le fasce attorno ai polsi e alle mani: Crystal non versa in condizioni migliori delle sue, lui pure è coperto di ferite. Il volto del biondo cavaliere è accarezzato da quella pallida luce solare che fa risplendere la sua chioma dorata. Ora lo sguardo di Sirio si sofferma sugli occhi dell’amico: azzurri, limpidi come il ghiaccio, ma non algidi, freddi come un tempo e osservandoli meglio Sirio nota che sono pieni di lacrime che il cavaliere tenta di nascondere e cacciare indietro. "Lasciale sfogare, non reprimerle – gli dice Sirio col volto rigato dalle lacrime – non puoi frenarle per sempre… e più ci provi più si accresce dentro te quel dolore…". Crystal non risponde subito, ma le lacrime iniziano a scendere, bagnano le rosate guance, fanno risplendere come diamanti quegli occhi cristallini. Ma quel pianto, per quanto consolatorio, non basta e Crystal, appoggiati i gomiti alla finestra, inizia a singhiozzare, seppur sommessamente. Lenito un po’ il dolore, il cavaliere del cigno riprende posizione eretta e, con gli occhi ancora lacrimanti, inizia a parlare: "Eppure…eppure non ci credo, non voglio crederci…Mi sembra impossibile non vederlo più entrare dal cancello della villa; non riesco a pensare che non rivedrò più quel suo sorriso vivace e sbruffone, illuminato da quegli occhi castani pieni d’ardore…Non riesco a pensarlo, non voglio pensarlo…Sirio, anche tu come me stai piangendo, piangi e come me soffri…Oh cielo impietoso, perché, perché hai voluto che quella battaglia avesse un ‘sì tragico epilogo, perché?…- di colpo Crystal ruota il busto e solleva la mano chiusa a pugno rivolto a Sirio, ansimante, gli occhi sbarrati – Perché…perché ci ha lasciati…perché?". Queste le parole soffocate dalle lacrime del cavaliere del cigno che, distrutto dal dolore che gli lacera il cuore, ora piange senza vergogna, senza pudore di fronte ad un compagno, ad un amico che sa poterlo capire, comprendere; no, non perché come lui cavaliere, ma perché afflitto dai medesimi dubbi pensieri, rimorsi. Sirio ha ascoltato muto, silenzioso lo sfogo di Crystal, uno sfogo che mai si sarebbe aspettato così profondo da lui, solitamente così freddo. Con le lacrime che ancora piovono dai suoi scuri occhi, Sirio risponde con la sua voce gentile, ma sembra più una risposta rivolta se stesso, alle sue domande, che a quelle di Crystal: "La giustizia…, la giustizia in cui credeva fermamente celo ha tolto, ci ha privati della sua vitalità… per la giustizia è vissuto, ha combattuto, è stato ferito…è…è morto per la giustizia. La dea per cui ci battiamo ha rispetto per la vita umana eppure… eppure è stato necessario quel sacrificio. Ma era… era davvero inevitabile…o forse…forse…", non può più parlare, non riesce più a parlare, il dolore gli taglia a mezzo la voce. Ma a cosa servono le parole…Crystal e Sirio sono amici ormai da anni; insieme hanno combattuto, sofferto, gioito; la loro amicizia è salda, forte, fraterna. No, no…superflue sono le parole, puro sfogo, perché entrambi sanno ciò che provano, entrambi conoscono il dolore che li pervade…Superflue sono le parole e così si limitano a piangere ormai, l’uno in piedi davanti alla finestra, l’altro seduto sul letto, cercandosi con gli occhi umidi per confortarsi, per trovare in quegli sguardi le parole che mai riusciranno a pronunciare…
Una nuvoletta di vapore si alza dall’elegante tazza da thè posta sulla scrivania. Bianca, leggera, quella sottile linea disegno nell’aria, quasi annoiata, figure misteriose: avanza verso destra per poi tornare indietro, si piega per poi risollevarsi, si arrotola su se stessa, infine è spezzata. Lady Isabel, seduta sulla poltrona di pelle nell’ufficio che fu di suo nonno, sorseggia lentamente la bevanda, gli occhi chiusi. Sulla scrivania davanti a lei fogli, pratiche, resoconti, bilanci… lì giace il lavoro che a lei spetta come capo della Fondazione, ma la penna della ragazza è stanca ed è lì sul tavolo, abbandonata. Isabel riapre gli occhi, bellissimi, ma profondamente tristi, di una tristezza senza limiti; sospira e intanto due lacrime iniziano ha rigarle le guance delicate. Davanti a lei, in una argentea cornice, una foto dei suoi cavalieri, scattata prima di Asgard. Il sorriso è sui loro volti sereni, da loro trapela vitalità, gioia di vivere, speranza per il futuro…una di quelle speranze è stata recisa; carezzando la foto Lady Isabel è assalita dai ricordi delle passate imprese, sino all’ultima, tragica battaglia. "Buongiorno, Milady.", una voce gentile è quella che distoglie Isabel da quei pensieri e alzando gli occhi la fanciulla vede innanzi a sé Crystal e Sirio, in piedi accanto alla porta, rischiarati dal tremolante fuoco acceso nel caminetto, unica fonte di luce poiché le finestre sono chiuse da pesanti tende di scuro broccato. Come già nella stanza del compagno Crystal si avvicina alla finestra e separa le tende, permettendo al pallido sole di rischiarare la stanza; poi, rivolto quasi a se stesso, inizia a parlare: "Il sole è fonte di vita… e lui era vivo; la gioia che da lui trapelava riscaldava tutti noi, come ora questo sole riscalda le nostre membra…non lasciamolo fuori, lasciamolo entrare…L’Orco era buio, oscuro regno ctocto, ma questa è la terra…La terra illuminata dal sole per la quale si è battuto… la terra che amava…non lasciamola fuori." Nella stanza si diffonde il silenzio, rotto soltanto dai sommessi singhiozzi dei tre presenti; un energico bussare li riporta però alla realtà e Mylock entra reggendo un vassoi da colazione che appoggia sul tavolino davanti al fuoco; subito si rivolge ai due ragazzi, con parole per nulla consolatrici: "Finalmente vi siete decisi a scendere; credevo che ormai avreste preteso la colazione in camera sempre. Rammentatevi che la villa appartiene a Lady Isabel, lei è la duchessa oltre che Athena, a lei spettano, se lo desidera, tali onori, non a voi". I ragazzi restano indifferenti, ma Isabel freme: Crystal e Sirio hanno rischiato la vita più di una volta per salvarla, per lei sono stati feriti, in lei trovavano il miglio balsamo alle loro ferite, nel saperla salva… ed ora, dopo un lungo periodo di convalescenza, ora che ancora alcune loro ferite sanguinano, ora dovrebbero sentirsi colpevoli, colpevoli di esser stati deboli, Isabel non riesce a frenare lo sdegno e, alzatasi di scatto, apostrofa il servitore: "Mylock, volete tacere? Sirio e Crystal hanno rischiato la vita per me… ed ora voi vorreste privarli anche solo di quel poco riposo che può dare sollievo al loro corpo sofferente?" .Mylock è interdetto, nulla risponde; si limita ad abbassare lo sguardo, accenna un inchino e si ritira, confuso e umiliato. La rabbia è ora svanita dal volto della fanciulla che rivolge un tenero sorriso si scusa ai suoi cavalieri, esortandoli a sedere ed a rifocillarsi perché, a dispetto delle parole di Mylock, Isabel sente che loro sono i padroni della villa, perché loro rendono viva quella casa immensa che altrimenti sarebbe troppo triste e vuota…loro la rendono viva… anche se è una vita triste, fatta di lacrime, rimpianti, ricordi…
Nevica…e il bianco manto si mescola alla pioggia che scende, mentre un vento gelido spira, sferzando i volti di pochi intirizziti passanti. Solitaria, una figura si staglia sul mare in burrasca; i verdi capelli, scompigliati dal vento, sembrano danzare, ma dagli smeraldi occhi di Andromeda scendono lacrime…lacrime di dolore. Dopo alcuni minuti il cavaliere si strofina energicamente la manica del maglione sugli occhi arrossati da tanto pianto…anni prima, il giorno precedente la partenza per l’Isola di Andromeda, aveva promesso al fratello che sarebbe stato forte, che sarebbe diventato un guerriero…quante lacrime aveva versato dopo quel giorno, ma mai con vergogna,… mai nessuna era bruciata come quelle che versa ora. Volte le spalle al mare, Andromeda si incammina lemme per una passeggiata che non ha mete, illuminato dai fanali delle poche macchine, mentre la neve lentamente ricopre le fresche impronte del cavaliere. Nella sua mente si affollano pensieri, ricordi, sensazioni…ma no, non suoi, di Hades. Mai ha nessuno lo aveva raccontato, nemmeno a Phoenix, ma la breve esperienza vissuta nelle vesti di Hades ha lasciato una traccia dentro di lui. "Ricordo tutti i pensieri di Hades, il suo odio per gli uomini, il suo desiderio di distruggerli, l’immagine della terra trasformata in un inferno…"e insieme a questi pensieri le lacrime gli risalgono agli occhi, per poi scendergli lungo le guance, rigandogli il volto. Ma non sono i ricordi la spada più pungente che gli trafigge il cuore…è il rimorso…il rimorso di non esser riuscito ad eliminare completamente l’anima del dio quando si era impadronita del suo corpo… "Se solo ci fossi riuscito, se avessi tentato…quel sacrificio era evitabile…A causa mia…a causa della mia incapacità, della mia debolezza si è spento…"; le lacrime ormai gli annebbiano la vista, crolla in ginocchio, le mani strette a pugno…i singhiozzi Andromeda non li frena, non tenta neanche di frenarli tanto è grande il suo dolore. Una mano si poggia sulla sua spalla, facendolo sussultare, aprire gli occhi, e una voce dolce cerca di consolarlo: "Si è spento col sorriso sulle labbra, fra le braccia della dea per la quale ha donato la vita…mai cavaliere ebbe fortuna più grande…Per colpa tua?…Morto per colpa tua, dici?…No, Andromeda, no…non devi neanche pensarlo, supporlo…", mentre un altro ragazzo si inginocchia davanti a lui e dolcemente gli solleva il mento, costringendo quegli immensi occhi verdi e buoni a fissarsi nei suoi, limpidi e azzurri. Crystal sorride dolcemente all’amico, un sorriso triste per quanto consolatorio, per poi tergerli le lacrime con un dito. Volgendo leggermente indietro lo sguardo, Andromeda vede Sirio in piedi accanto a lui, gli occhi tristi ma il volto ammiccante un sorriso. Crystal aiuta il compagno ad alzarsi, ma lo sguardo di Andromeda non è fermo negli occhi azzurri dell’amico, spazia oltre, attratto da una massa informe: "Il Palazzo dei Tornei, non mi ero accorto di esservi arrivato…guardate, amici, in che stato versa…che tristezza ne trapela…Ora che anche il quartier generale è tornato nella villa di Milady, il palazzo è abbandonato a se stesso". A quelle parole anche Crystal e Sirio si voltano verso l’imponente edificio diroccato. Entrano percorrendo i lunghi e bui corridoi dai quali filtra l’acqua piovana e giungono nella sala principale: macerie sono ciò che li circonda, ed infatti dopo l’incendio e lo scontro con Babel altro non è rimasto. Si siedono sugli spalti, abbastanza in alto da poter vedere il ring esagonale. Non nevica più, ma il vento soffia ancora impetuoso e solleva la nuova neve, spandendo nell’aria cristalli di ghiaccio danzanti, che a Crystal ricordano la prima volta che usò la "Polvere di Diamanti" in quell’immensa arena. "Ricordate i giorni del torneo?" domanda poi ai compagni, ma senza aspettare risposta prosegue, "Ci ritrovammo dopo sei anni di addestramento come estranei, le prove cui ci avevano sottoposto ci avevano temprato, ma avevano anche chiuso in fondo al nostro cuore l’amicizia. Da estranei combattevamo su quel ring, da ragazzi estranei combattevamo…eppure eravamo ragazzi che avevano vissuto come fratelli alla villa di Milady…". Poi Crystal interrompe il discorso, per riprendere fiato o placare le emozioni che violente erompono nel suo animo già provato nel ridestare quei giorni…Quante cose erano cambiate da allora, quale sentimento di sincera amicizia li aveva legati, uniti…erano stati forti della loro amicizia, si erano sentiti protetti perché si sorreggevano a vicenda…i loro cosmi in battaglia sempre si erano cercati e sostenuti a vicenda…ma ora quel legame era stato spezzato. È Andromeda allora a parlare, la voce colma di tristezza: "E’ vero, avevamo vissuto assieme…eppure combattevamo come nemici…ricordo la nostra determinazione, la nostra gioia nel far sfoggio delle armature conquistate, l’orgoglio di mostrare la nostra preparazione atletica…". Tace e volge lo sguardo al biondo cavaliere alla sua destra…ma questi non lo vede, qualcos’altro ha attirato la sua attenzione: le lacrime di Dragone. Sirio è seduto un po’ più in la, solitario, e nell’udire i discorsi dei compagni gli sono tornate alla mente le immagini del suo scontro con Pegasus: ricorda la caduta fuori dal ring, la vittoria dell’amico, rivive la sensazione del suo cuore che si ferma…ed ecco, dolorosa, soffocante, riaffiora alla memoria di Dragone l’immagine di Pegasus barcollante, sanguinante, in piedi con Crystal accanto, pronto a rischiare la vita pur di non perdere la speranza di salvare l’amico. Sirio tenta di scacciare quell’immagine…non vi riesce…il volto di Pegasus rigato di sangue, il suo respiro affannoso sono impressi a fuoco nella sua mente…si comprime le mani sulla testa, inizia a scuoterla fra i singhiozzi e i "no" soffocati…Sirio non riesce a reggere l’immagine che riaffiora alla sua mente…non riesce a scacciare i grandi occhi castani di Pegasus, quegli occhi così ardenti, così pieni di vitalità e speranza. Crystal e Andromeda non resistono alla vista dell’amico in quelle condizioni, sopraffatto dal dolore e gli si avvicinano. Andromeda siede davanti a lui, gli prende le mani nelle sue, stringendole con forza. Sirio alza gli scuri occhi pieni di lacrime e li fissa in quelli del compagno, pure bagnati di pianto; intanto Crystal, sedutosi accanto a lui, gli pone un braccio attorno alle spalle, stringendogli quella destra, e pone la mano libera sulle sue e di Amdromeda, rivolgendo a terra lo sguardo, mentre due lacrime gli rigano il bel viso. Il Vento è cessato e la neve riprende a cadere lieve sui tre ragazzi che, così uniti, piangono in silenzio…piangono, altro ora non possono fare…piangere e ricordare, riportare alla mente quei ricordi…quei ricordi così dolorosi, che lacerano il cuore, eppure così dolci per loro…
Di nuovo ha smesso di nevicare, di nuovo un pallido sole invernale che si avvia al tramonto fa capolino fra le nubi…Nella sua piccola stanza in riva al mare, Phoenix è sdraiato sul letto, sfatto ormai da giorni. Dalla grande finestra che da sul terrazzo penetra la crepuscolare luce del sole, che allunga e deforma le ombre degli oggetti che colpisce. Solo con la sua solitudine, Phoenix rivive ad occhi aperti le ultime fasi dello scontro con Hades: ricorda l’arrivo al tempio del Dio, l’unione delle "Ali della Fenice" con il "Fulmine" dell’amico, la fusione dei loro cosmi che permise il ferimento di Hades…ed assieme a questi pensieri un lieve e triste sorriso si dipinge sul volto temprato del giovane. Ma ecco gli scuri occhi del cavaliere inumidirsi, iniziare a brillare come se in essi risplendesse un piccolo firmamento…Phoenix piange…una delle poche volte che il cavaliere della Fenice ha pianto è quella…ma neanche un cavaliere temprato dal fuoco di mille battaglie può restare insensibile alle emozioni che scaturiscono nell’animo…Phoenix piange, piange per quel ragazzo col quale, come nemico, si è scontrato e a fianco del quale ha combattuto…Un dolore lancinante gli attanaglia il cuore, gli lacera lo spirito…nella mente della Fenice è riaffiorata l’immagine del compagno morente…Phoenix non sopporta quella visione, inizia a muoversi mentre nell’animo aumenta ancora quel rimorso, quel senso di colpevolezza e impotenza apparsi durante l’ultima fase dello scontro e che neanche il tempo riuscirà mai a cancellare. Con uno scarto più brusco, Phoenix si porta seduto sul letto, il respiro affannoso, i lapislazzuli occhi sbarrati, asciutti…non una lacrima riga il suo volto…non perché le trattenga, non, ma perché non ha neanche più la forza per piangere…Resta così seduto, ansimante, mentre gli ultimi raggi di un pallido sole avvolgono la stanza e il cavaliere…la sua mente è persa nel vuoto, il suo animo intriso dal senso di colpa e dal rimorso…il silenzio regna nella stanza…Un leggero picchiettio ed una voce nota lo richiamano alla realtà; Andromeda è entrato nella stanza, seguito da Crystal e Sirio; Phoenix fissa per un istante gli amici, i compagni di tante battaglie…poi abbassa confuso lo sguardo, imbarazzato di mostrarsi così debole e facilmente soggetto alle lacrime…Sirio gli si avvicina, iniziando a parlare con voce gentile: "Non vergognarti, Phoenix…sfoga il tuo dolore…non è segno di debolezza il pianto se il tuo cuore urla per il dolore…non sono segno di debolezza le lacrime…non lo sono…", e mentre parla il viso gentile è rigato dal pianto. Phoenix si accorge di ciò, per poi volgere lo sguardo ad Andromeda e Crystal che, con gli occhi chiusi e i volti rivolti a terra, piangono sommessamente…la Fenice si sente compresa, capita, ed ora lacrime abbondanti bagnano gli occhi del giovane. Sirio pone allora la sua mano sulla spalla del compagno per dargli conforto, ma a quel semplice gesto Phoenix ha uno scarto brusco, contrae i denti per soffocare come un urlo di dolore. I cavalieri sono interdetti e nel ritirare la mano Sirio nota che è sporca di sangue…A quella vista Andromeda si precipita dal fratello e, presa la forte mano di lui nelle sue, candide e tremanti, con voce stentata ma decisa chiede spiegazioni: perché quel sangue, qual è il motivo per cui lì, fra le immacolate coperte, giacciono, strappate lacerate, macchiate di scarlatta linfa vitale, le bende, le sue bende…spiegazioni queste che la Fenice sembra restia a dare. Non ottenendo risposta il cavaliere di Andromeda si allarma maggiormente, il tono della sua voce passa da deciso a supplichevole…ma ancora il fratello tace. Crystal allora, impietosito, si avvicina all’amico, parlandogli per rincuorarlo ed esortarlo a non chiedere spiegazioni al fratello, ma a limitarsi a medicargli nuovamente le ferite. Andromeda si tranquillizza, gli occhi ansiosi ritornano calmi, il respiro concitato si placa… comprende…non è giusto chiedere spiegazioni al fratello, costringerlo a riaprire una ferita che alcun farmaco può guarire…Il silenzio cala nuovamente nella stanza mentre Andromeda medica amorevolmente il fratello, osservato silenziosamente da Crystal e Sirio, che nel rivedere i due fratelli così vicini avvertono una sensazione di profonda vicinanza fra i loro cosmi e la mente loro ritorna ai ricordi di un tempo, si rivedono bambini nella villa di Milady, rivedono Andromeda, allora così piccolo e fragile in apparenza, correre a cercare rifugio e conforto nel rassicurante abbraccio del fratello e a quella visione un dolce sorriso si dipinge sui loro volti tristi. Ma ecco, una nuova immagine muta quel momento di serenità interiore in dolore…agli occhi della mente affiora l’immagine di un bambino strappato a forza dalle braccia della sorella, in loro si fa strada il ricordo del desiderio del ragazzo di riabbracciare colei che lo aveva allevato con l’affetto di una madre, e di una sorella. Un nome…in un nome solo era racchiuso lo scopo di quel ragazzo…un nome solo…un nome sussurrato nelle difficoltà…Patricia….Crystal e Sirio si fissano negli occhi, specchi di due caratteri così diversi eppure in quel momento così vicini…non occorrono parole…in quelli sguardi c’è tutto un dolore…e lacrime rigano il volto dei ragazzi. Sentendo lo scatto della chiusura della cassetta medica, Phoenix si scuote dal torpore in cui era caduto, e inizia a parlare, lì, in quella stanza avvolta dagli ultimi raggi di un pallido sole invernale prossimo a scomparire nel mare…inizia a parlare, lo sguardo fisso nel vuoto, mentre lacrime cocenti gli rigano il volto…lì, forse per la prima volta, sente di essere veramente parte dei cavalieri, ragazzi uniti nella giustizia, accomunati nel dolore….Sempre si è mostrato risoluto, determinato; sempre ha mostrato un carattere duro e orgoglioso, da guerriero…ma ora è stanco, il rimorso e il senso di colpa lo stanno distruggendo e a questi si aggiunge la consapevolezza di una profonda ingiustizia…non riesce più a tacere, deve parlare, sfogarsi…e così fa: "Perché…perché lui?…Perché proprio lui? Oh destino avverso, perché ci ha privati di lui, del suo sorriso…della sua vitalità…No, no…non lui, non lui doveva spegnersi…ma io, io…io che mi ero votato al male, io che tanto ho fatto soffrire…io dovevo morire, non lui…Le palme mie bruciano di sangue ingeneroso…è forse questo, questo il motivo per cui non sono degno neanche di perdere la vita per Athena?…E’ forse questo?…"; i singhiozzi si mescolano alle parole del bruno cavaliere…Phoenix piange nuovamente…I tre ragazzi comprendono ora … comprendono ciò che distrugge l’amico: l’ingiustizia…l’ingiustizia della vita a lui resa….Nella mente di Phoenix, ossessiva, l’immagine della spada del dio infero che sibila verso il cuore del compagno di quel cavaliere che è morto col sorriso sulle labbra, che ha dato la vita per un sogno di giustizia…rivede se stesso, la mano tesa verso quell’arma mortale, rivive la sensazione di impotenza, di incapacità, di impossibilità di mutare il destino…rivive il suo desiderio di afferrare l’arma mortale, conficcarsela nel petto pur di sottrarle il suo bersaglio….Andromeda ha udito la confessione del fratello, quelle parole che mai si sarebbe aspettato di sentir pronunciare; con le guance rigate di lacrime lo abbraccia, cercando in quel semplice contatto la tranquillità e la sicurezza che da piccolo vi trovava…nulla ora.. e Andromeda lo sa, neanche il fratello è capace di attenuare quel dolore quel senso di vuoto che lo pervade…mentre ad ogni nuovo singhiozzo Phoenix lo stringe a sé con più forza, perché non svanisca anche lui, per dargli un conforto che non può essere tale. Sirio si è lasciato sedere su una poltroncina, le braccia conserte, il volto basso accarezzato dall’ultimo sole…piange Dragone, piange anche lui per quell’amico, quel fratello perso e per il senso d’impotenza provato quel giorno,; piange, e lacrime bagnano il suo viso gentile. Intanto Crystal si è avvicinato alla portafinestra, che ha spalancato, lasciandosi investire da una ventata d’aria pungente profumata di salsedine. Il silenzio si è nuovamente impadronito della stanza, rotto solamente, ogni tanto, dai singhiozzi di Andromeda…un silenzio profondo, come un manto di tenebre che tutto avvolge…ma ecco alcune note dolci, gentili, diffondersi nell’aria, sollevando quello scuro velo che avvolge il cuore…Sirio, Andromeda e Phoenix sono strappati ai loro pensieri, alle loro lacrime da quel suono melodioso…lo ascoltano ad occhi chiusi, cercando di assaporarlo sino in fondo e contemporaneamente le lacrima risalgono ai loro occhi; la hanno riconosciuta…quella melodia, quella dolce musica era quella preferita da Pegasus. I loro sguardi interrogativi sono rivolti a Crystal, appoggiato alla ringhiera, i biondi capelli scompigliati dal vento, i socchiusi occhi azzurri bagnati da lacrime che la brezza marina dolcemente strappa al viso del giovane per disperderle nell’aria, luccicanti come perle; il ragazzo intona sulla sua armonica a bocca quella melodia gioiosa, ma per loro permeata di una triste gioia…Perché il cavaliere del cigno la esegue, perché vuole torturare ancora il suo cuore e quello sei compagni? Queste ed altre domande si leggono negli occhi umidi di Sirio, Andromeda e Phoenix; ma Crystal continua quella melodia che li lacera dentro e, senza smettere di suonare, inizia a parlare, sa di essere sentito anche se non parla ai compagni con le parole, anche se parla loro con il pensiero…sa di essere capito: "Un giorno Acquarius mi disse di abbandonare i ricordi…il passato, le emozioni bisogna lasciarseli alle spalle e guardare solo avanti…ma io non voglio dimenticarlo, non voglio…Se lo facessi lo perderei di nuovo, per sempre…No, noi non lo dimenticheremo, noi non ti dimenticheremo…sapremo essere cavalieri anche fra il ricordo e il triste rimpianto di lui…Nel suo ricordo troveremo la forza per tornare ad essere quelli che eravamo …torneremo i cavalieri di un tempo proprio ricordando la sua vitalità, la sua voglia di vivere…Lui è con noi, sempre lo è stato e sempre lo sarà…in noi vivrà il suo ricordo…mai sarà dimenticato perché lui è con noi, lui è dentro di noi..". L’ultima nota è stata eseguita e Crystal allontana lo strumento emettendo un profondo sospiro; una mano gli si posa sulla spalla e riaprendo gli occhi pieni di lacrime il cavaliere vede Sirio, Andromeda e Phoenix attorno a lui, come lui con gli occhi tristi brillanti come pietre preziose, come lui con il volto rigato dalle lacrime, ma il loro viso è illuminato da un dolce sorriso. Il disco solare è ormai tramontato e mentre nel terso cielo invernale appaiono le prime stelle, i cavalieri volgono lo sguardo al mare, laggiù dove le scure onde incoronate di un liliale serto si uniscono con l’infinito del firmamento…il cuore di quei ragazzi è ora come quel cielo, limpido e sereno, anche se triste…ma ormai sanno di non essere più soli…erano cinque ragazzi uniti da un sogno di pace e giustizia…cinque amici erano, sono e sempre saranno…sempre…uniti ora e per sempre…per sempre.
FINE