Capitolo 40: L’Astuto Serpente

I Cavalieri d’oro, assieme al divino Waboose ed ai loro alleati, erano come paralizzati nella zona centrale dell’accampamento Hayoka: i versi della Sfinge avevano bloccato ogni loro movimento, mentre una figura si stava lentamente rivelando fra loro.

Questi pareva essere una fanciulla dalla pelle stranamente pallida, come si poteva notare dalle sinuose e bianche braccia, il corpo era quasi totalmente coperto da un’armatura bluastra, dai contorni dorati, costituita da spalliere doppie e lunghi gambali con il tacco. Ciò che però più risaltava di questa misteriosa nemica era il volto, completamente nascosto dietro una maschera dorata, eccetto che per i sottili occhi, simili a serpenti, gli stessi serpenti raffigurati nel diadema in cui era incastonata la maschera della donna, mentre lunghi e verdi capelli scendevano fino alla sua cinta.

"Chi sei tu?", riuscì appena a dire Golia del Toro, paralizzando come i vari compagni, "Chi sono io, cavaliere d’oro? Forse le mie spoglie mortali, sotto cui mi sono celata per così tanto tempo, impediscono a voi, cavalieri d’Atena, colpevoli della morte delle mie sorelle, di riconoscermi?", domandò la dura voce della nemica, "Ebbene, sappi che hai davanti Steno, l’ultima delle tre Gorgoni", si presentò la creatura mitologica, sbalordendo i presenti per le sue mitiche origini.

"Leggo stupore nei vostri occhi, miseri mortali, persino in quelli della divinità che si trova fra voi, eppure dovevate immaginare che non potevano essere le misere pedine di Amaterasu ed Erebo a condurre questa guerra, anzi, persino quelle due divinità erano la nostra fanteria, tant’è che non sono riusciti a crearvi dei veri problemi logistici", osservò la Gorgone, camminando fra i nemici paralizzati, "toccherà a me ed ai figli della Nera Imperatrice, come la Sfinge che mi accompagna, vincervi e riprendere le Chiavi che libereranno il nostro Sovrano", spiegò con voce beffarda il mostro, mentre gli sguardi degli astanti si riempivano di disprezzo per quella creatura infernale.

"Malgrado legga in voi la volontà di combattere, non potrò avere la mia vendetta sui santi d’Atena, non è fra gli ordini impartitimi quello di uccidervi, uno solo è lo scontro cui dovrò prendere parte, mentre, probabilmente, i quattro fratelli della Sfinge massacreranno i vostri guardiani", li sbeffeggiò la Gorgone, prima di fermarsi un attimo ed alzare il capo verso la zona occidentale: "lo avvertite, vero?", domandò, "uno scontro è già iniziato in questi territori", concluse divertita.

Vake del Serpente osservava il gigantesco volatile nero che lo sovrastava, "Interessante", sussurrò fra se il nativo americano nel notare per la prima volta un particolare che, poco prima, gli era completamente sfuggito, ma quella riflessione fu subito interrotta da una folata d’aria che prese origine dal maestoso avvoltoio nero.

L’Hayoka dovette compiere un agile salto per evitare di essere tranciato di netto da quella specie di lama di vento, la stessa che aprì un profondo solco nel terreno sotto di lui; Vake, però, non si limitò a evitare l’attacco, bensì, impugnò la propria frusta e con un veloce gesto la cinse ad uno spunto della parete rocciosa dietro di lui, arrampicandosi rapidamente sulla stessa, così da raggiungere una posizione ben più elevata.

"Bene, invasore", esordì il pellerossa una volta sulla parete, "chiunque tu sia, penso che tu possa ormai mostrare il tuo vero aspetto, quella sorta di mascherata è inutile", avvisò l’Hayoka, ma in tutta risposta l’Avvoltoio gigante proruppe con un’altra serie di fendenti d’aria, che frantumarono il terreno attorno a Vake che, solo con una veloce capriola all’indietro, riuscì ad evitare di essere colpito.

"Il momento della battaglia arriverà, invasore, ma prima desidero vedere il vero aspetto del mio avversario", continuò l’Hayoka del Serpente, "quella che mi mostri per ora, non so come, ma è un’emanazione cosmica; il tuo vero aspetto non può essere quello: l’ombra che produci ti ha tradito, è un’ombra troppo piccola per una bestia tanto grande e tanto vicina", concluse Vake, sollevando la frusta contro l’avversario lontano in cielo.

"Questa è la mia forma, in realtà", esordì, dopo alcuni attimi, una voce proveniente dall’avvoltoio nero che si alzava in cielo, prima che, in un soffio di vento, quel mostro alato scomparisse, lasciando il posto ad un corpo umano.

Era infatti un uomo quello che si trovava dinanzi a Vake, un guerriero dai corti capelli d’argento ed i lineamenti duri, il cui corpo era coperto da una grossa armatura nera fatta di piume sul tronco, con delle ali stilizzate sulle braccia e degli artigli sui gambali, mentre una maschera a forma di Avvoltoio ne celava il volto, lasciando vedere solo due occhi completamente rossi, come posseduti.

"Chi sei, invasore?", domandò allora l’Hayoka, "Il nome di questo corpo non ti sarà necessario saperlo, ma sappi che lo spirito che lo guida è quello del Grande Avvoltoio Nero, la creatura che servì Zeus nell’era del Mito, torturando il titano Prometheus, finché Eracle non giunse a liberarlo, strappando il mio vero corpo dal mondo degli uomini", si presentò la creatura nemica.

"Dunque sei come gli Horsemen? Tramite quell’armatura hai ripreso forma umana?", incalzò ancora Vake, "Al contrario, l’armatura è stata creata per proteggere questo corpo mortale, affinché potessi usarlo il più a lungo possibile, il mio spirito, risvegliato da colei che mi comanda, mia madre, fu sigillato dentro questo sventurato, prendendone possesso", spiegò con ilarità il mostro, che si reggeva alto nel cielo grazie a delle correnti ascensionali da lui comandate.

"Ora, giovane mortale, basta con le chiacchiere", avvisò subito dopo l’Avvoltoio Nero, "ti ho concesso di vedere questo aspetto umano che possiedo per ora, ma non avrai modo di descriverlo a nessuno, cadrai adesso, combattendo con me", concluse l’essere, sferrando un altro assalto di vento, "Ali Taglienti", tuonò il mostro.

Vake dovette nuovamente spostarsi con rapidità, cercando un punto ancora più rialzato da cui poter colpire il nemico, ma costatando, con sua grande costernazione, che il punto su cui si trovava era già il più alto possibile in quella zona, "Sembra che dovrò pensare a qualcosa di diverso dal corpo a corpo", pensò fra se l’Hayoka, portandosi ad una distanza di sicurezza dall’attacco nemico.

"Snake Whip", tuonò il nativo americano mentre il terreno sotto di lui sembrava scavarsi, finché, proprio sotto l’Avvoltoio nero, non si aprì un cratere da cui nacque un serpente di sabbia e pietra che volò rapido verso il bersaglio.

L’animale si mosse con fare sinuoso, lanciandosi verso l’Avvoltoio nero, che con un rapido movimento evitò il contatto con l’assalto nemico, "Non è così facile evitare la Frusta Serpente", lo ammonì però Vake, mentre ancora una volta la bestia di sabbia si scagliava contro la propria preda.

Il nero rapace si spostò quindi sulla sinistra, librandosi sempre a mezz’aria, così da evitare un nuovo morso del rettile di sabbia, che subito continuò l’assalto con un secondo colpo, gettandosi dall’alto sul mostro invasore, che stavolta dovette planare più in basso per evitarlo, spostandosi subito sulla destra a causa di una rapida variazione sulla traiettoria della bestia sabbiosa.

Per diversi minuti l’Avvoltoio nero fu costretto a rapidi, quanto inaspettati, cambiamenti di posizione, che lo costringevano a spostarsi da destra a sinistra, dal basso verso l’alto, in modo apparentemente causale, finché, dopo una nuova planata, per evitare il mostro di sabbia, un’altra frusta s’avvolse al braccio del Nero Rapace, quella dell’Hayoka.

"Ora sei all’altezza che volevo", lo ammonì il nativo americano, con un sarcastico sorriso dipinto sul volto, ma l’avversario non replicò, semplicemente, aumentando il proprio cosmo, piroettò su se stesso con una tale violenza che, per poco, l’Hayoka non lasciò la presa sulla frusta; Vake, però, resse allo strattone, anzi ne usufruì per sollevarsi di qualche passo da terra, finché, d’improvviso, parve quasi che il suo piede si appoggiasse su qualcosa, a mezz’aria, qualcosa su cui il pellerossa fece leva per darsi una spinta verso l’alto, raggiungendo così il Nero Rapace, al cui collo strinse la frusta.

"Ma come?", balbettò l’Avvoltoio Nero, "Come sei riuscito a raggiungermi?", tuonò infuriato, "Cosa pensi abbia fatto lanciandoti contro la Frusta Serpente? Ho studiato i tuoi movimenti", spiegò con calma l’Hayoka, "Doveva essere una ragione sul perché riuscivi a galleggiare a mezz’aria e così, movendo contro di te il mio attacco ho potuto comprendere: ti sostieni su un piccolo mulinello d’aria, proprio come le lame di vento che mi hai lanciato contro, solo che, in questo caso, è una spirale di vento su cui cammini, giusto?", domandò, con una certa soddisfazione, Vake.

"Ora, mostro mitologico, è tempo che questo corpo sia liberato dalla tua oscura presenza", avvisò il nativo americano, mentre un vasto cosmo pareva circondarlo, un cosmo ben diverso da quello con cui aveva attaccato fino a poco prima, molto più pacifico.

"Come osi?", tuonò allora il nero Rapace, "Artiglio Vorticante!", urlò ed una spirale di lame proruppe dall’intero corpo dell’Avvoltoio Nero, dilaniando le vestigia di Vake in più punti e danneggiandone la frusta, prima che l’Hayoka ferito ricadesse al suolo.

"Ti sei dimenticato del Serpente che attendeva", avvisò, ricadendo, il nativo americano, mentre lo "Snake Whip" si scagliava per l’ultima volta contro il bersaglio, infrangendosi su esso, ma ferendo il corpo umano di cui si era impossessato l’Avvoltoio Nero.

Il mostro mitologico, ferito dall’attacco nemico, guardò con stupore il sangue che uscì, per la violenza dell’impatto, dalle sue labbra, "Come hai potuto, tu che sei un uomo, osare ferire me, che ho origini dal Mito?", tuonò infuriato l’essere volante.

"Proprio perché sono un uomo e nemmeno forte quanto i cavalieri di Atena ed i loro passati alleati, tu tendi a sottovalutarmi, creatura volante, dubiti di quella che è la vera forza degli esseri comuni: l’ingegno", ribatté con tono serio Vake, ferito e steso al suolo.

"Parli come lui, piccolo uomo, come quello stolto titano per cui fui condannato a morire e come lui soffrirai indicibili pene, poiché, se è vero che io odio Zeus, è ancora più vero che disprezzo gli uomini!", ringhiò infuriato l’Avvoltoio Nero, pronto a continuare la battaglia.

Nella zona meridionale dell’accampamento pellerossa, Daidaros di Cefeo e Bow dello Storione osservavano il gigantesco mostro che gli si parava davanti.

"Quella è l’Idra", osservò stupito il figlio di Shun, "No, è solo l’espansione del cosmo di qualcuno, chi non mi è dato saperlo, ma avverto chiaramente l’inganno sotto quel rosso manto di colore", spiegò con tono sereno l’Hayoka, senza intimorirsi, o allontanarsi, dalle sinuose teste di serpente che si muovevano intorno a lui.

"Questo è un velo con cui il nostro vero nemico vuole evitare di mostrarsi a noi", avvisò il pellerossa, cercando di comprendere chi si celasse dietro quella mostruosa figura, finché una voce sibilante non proruppe dall’interno della mostruosità: "Teste dell’Idra", sussurrò.

Due teste di serpente, di un colore ben più acceso e scarlatto, si sollevarono dal piccolo nugolo di serpi, gettandosi contro Bow, "Attento Hayoka!", urlò allora Daidaros, lanciando la propria catena in supporto all’alleato, così da colpire le due teste, che, però, non scomparirono, bensì, divennero quattro.

"Come narra il mito: ogni volta che una delle teste dell’Idra di Lerna viene recisa, due nascono al suo posto", affermò sorpreso il figlio di Shun, che non s’aspettava di dover combattere contro una mitologica creatura.

Le quattro teste di serpente parvero notare solo in quel momento il cavaliere d’argento e subito si lanciarono fameliche contro di lui, ma l’Hayoka fu più veloce nell’avvicinarsi all’alleato, "Sembra che, colpendolo, riusciremmo solo ad aumentare il numero dei nemici, quindi, santo di Atena, permettimi di propendere verso una difesa più statica, ma sicura", propose con velocità Bow, mentre già un cosmo dai molteplici colori si disponeva sul suo indice, prendendo poi la forma di una sfera, che si chiuse su di lui e su Daidaros, "Drop Color", sussurrò ancora il nativo americano, mentre la barriera si chiudeva su di loro.

I famelici serpenti cozzarono contro quella sfera dai molteplici colori, "Nessuna creatura è mai riuscita ad infrangere questa barriera, specie se all’interno il cosmo continua a dargli forza, questo è uno degli scudi Hayoka più portentosi", affermò con soddisfazione Bow, voltandosi quietamente verso l’alleato.

"Ed ora che faremo?", chiese Daidaros, "Aspetteremo, che qualcuno sopraggiunga in nostro aiuto, o che il nemico se ne vada", rispose l’Hayoka, sorprendendolo, "Che cosa?", incalzò il figlio di Shun, "Non devo preoccuparmi solo della mia vita, cavaliere, ma anche della tua e non posso al qual tempo mantenere sollevate le difese ed offendere il nemico, perciò dovremo attendere. Sono certo che nessuno dei nostri compagni avrà danno da questa tattica", spiegò con tono deciso l’altro.

"Ma come puoi dire questo? I nostri compagni stanno combattendo! I miei, come anche i tuoi", sbottò infuriato Daidaros, "lascia che io possa affrontare questo mostro", concluse con decisione.

"No, finché sarò a guardia dei confini meridionali, il sangue di un alleato non ne bagnerà il terreno; più della mia vita mi preme della tua che rischieresti senza problemi in questa battaglia", tagliò corto Bow, "non temere per Vake e gli altri: né l’astuto serpente, né la Lontra, o il Corvo, sono guerrieri da poco, anzi ben abili sono in battaglia", concluse l’Hayoka dello Storione, mentre, in cuor suo sapeva che sia lo spirito di Shiqo, turbato dalla perdita di Firon, sia l’anima di Taimap del Castoro, desiderosa di combattere, potevano dirsi al massimo delle loro possibilità per una battaglia con mostri di questa specie.

"Dunque ti ricordo il nobile Prometheus, che tanto fece per gli uomini?", domandò Vake al suo nemico, cercando, in questo modo, di riprendere fiato e, allo stesso tempo, di ottenere informazioni da lui.

"Sì, quello stesso Prometheus che pochi anni fa fu riportato sulla terra da Urano e si scatenò contro gli stessi umani che diceva di aiutare, quel vile ipocrita", ringhiò in tutta risposta l’Avvoltoio Nero, scrutando dall’alto il nemico ferito.

"Tu parli così di quel titano, ma egli alla fine della sua unica battaglia, preferì la sconfitta per gli uomini e per i suoi fratelli, rinunciò a combattere per salvare più vite possibile", obbiettò allora l’Hayoka, indicando una nuova chiave di lettura al suo interlocutore.

"Pensi forse che io non lo conoscessi? Per secoli ho masticato le sue interiora, udendone le parole, false ed ipocrite", ringhiò l’altro, "una volta gli chiesi persino perché aveva scelto quella sofferenza, perché si era schierato dalla parte degli uomini dopo aver tradito il proprio padre ed i suoi fratelli titani e sai cosa mi rispose? Che aveva fiducia negli uomini", tuonò con voce sempre più disgustata il Nero Rapace.

"Mi raccontò che aveva tradito i compagni perché non poteva accettare un mondo schiavo della tirannide di Urano, per questo si era schierato con Zeus, poi, però, aveva visto la grandezza dell’uomo, intrappolata solo dalle sue scarse conoscenze, così lui, Prometheus, aveva offerto la fiamma, la prima fonte di sapere, agli uomini, affinché riuscissero a liberarsi dai ceppi dell’ignoranza e potessero elevarsi ai livelli degli dei", raccontò disgustato l’Avvoltoio Nero.

"Egli era un essere saggio e generoso", analizzò con serenità Vake, "No! Egli era un blasfemo. Il mondo delle divinità non è stato creato per gli uomini, non a loro sarà dato di regnare sui Cieli dell’Olimpo, nei Mari, o nelle profondità degli Inferi. Non gli uomini sono stati scelti dal Fato come esseri superiori, bensì chi dalle divinità ha avuto origine, gli dei stessi e, quando questi si dimostreranno fallaci, colui che potrà prendere il loro posto dovrà avere origini divine e quello è il nostro Sovrano, il Messaggero di un nuovo inizio che Zeus intrappolò fra i fulmini!", esclamò in preda all’esaltazione il mostruoso essere.

"Tu parli di un Messaggero, ma ciò che noi conosciamo, Rapace Nero, è una Bestia, mostro terribile che fece fuggire gli dei dell’Olimpo, finché il signore del Fulmine non ebbe di lui ragione", osservò allora Vake, mentre lo sguardo che si intravedeva del suo interlocutore pareva diventare folle di rabbia.

"Non osare, misero uomo, egli risorgerà quest’oggi e voi ne vedrete la grandezza, il potere che voi definite oscuro, un potere generatore di Caos, porterà anche oltre il Caos, porterà ad un nuovo Ordine, quello di noi, creature del Mito, progenie che discende da Gea e dalle fauci del Tartaro! Egli, il Messaggero che avete imprigionato, ci è padre, come la nostra Nera Imperatrice ci è madre, mia e di tutti gli altri guerrieri che assalgono voi e gli alleati che avete mandato da Erebo ed Amaterasu e non avrete modo di vincerci! Voi cadrete per mano del nuovo Ordine!", tuonò, sempre più ebro delle proprie convinzioni, il Nero Avvoltoio.

"Se credi così tanto in queste parole, creatura volante, allora perché servivi Zeus?", domandò ironico Vake, "Io, come molti miei fratelli, abbiamo atteso: dopo che il Signore dell’Olimpo vinse nostro Padre, la Nera Imperatrice ci consigliò di attendere. Ma, anziché la vittoria, dovemmo accettare il servilismo a quella misera divinità discendente da Crono, finché Eracle, il più lampante caso di un uomo che ascende al titolo di divinità non ci sconfisse; egli, un essere tanto immondo quanto forte, vinse me e tutti i miei fratelli, uno dopo l’altro", rimpianse con voce ferma il mostro volante.

"Eracle e Prometheus, coloro che tu definisci esseri immondi e folli, sono in realtà degli eroi per gli uomini, come lo sono i cavalieri a cui siamo alleati, individui che andarono oltre il misero interesse per se stessi al fine di salvare tutte le genti, di aiutarle dinanzi a dei quali sono quelli dell’Europa tutta, cioè divinità egoiste, che si preoccupano solo di se stesse", replicò con tono fermo l’Hayoka, "ed ora, proprio in onore di quei passati eroi, tu, Avvoltoio Nero, cadrai dinanzi al Costrittore del Deserto", avvisò il nativo americano, prima che il terreno lo inghiottisse al suo interno, sbalordendo così il volatile nemico.

"Dove ti nascondi, codardo?", ringhiò, dopo una veloce perlustrazione visiva, l’Avvoltoio Nero, "Non mi nascondo, mio volante nemico, bensì uso al meglio ogni virtù del Serpente del Deserto che convivendo con quest’arido clima, sa ben celarsi in mezzo alla sabbia e sa altrettanto bene come usarla a proprio vantaggio in ogni situazione", avvisò la voce di Vake, che pareva provenire dall’intero territorio sottostante, prima che il cosmo dell’Hayoka esplodesse con vastissima potenza.

"Ora preparati, Oscuro Rapace, poiché lo spirito del Serpente rivelerà la sua massima forma dinanzi agli occhi del corpo che hai rubato", ammonì il pellerossa, "Desert Constrictor", tuonò infine.

Dopo quelle semplici parole, la superficie sotto cui si celava l’Hayoka parve prendere forma, la forma di un gigantesco serpente che, sinuoso, si muoveva al suo interno, animando ogni piccolo sasso al suo passaggio, ogni granello di sabbia pareva mosso dall’unico ed immenso corpo di un gigantesco costrittore nascosto sottoterra, finché, d’improvviso, una maestosa bocca proruppe dal terreno.

L’attacco parve all’Avvoltoio Nero molto simile al precedente, ma stavolta la bocca non era semplice estremità di una frusta di sabbia dalla forma di serpente, bensì pareva quasi una cosa viva ed animata, parte di un vero serpente che saettò, evitando la spirale di vento che circondava il mostruoso nemico, riconoscendo il pericolo insito in essa e, arrivando dall’alto sull’Oscuro Rapace, gli piovve addosso come un mantello tanto vasto da inghiottirlo.

Per alcuni interminabili secondi, l’Avvoltoio Nero non vide niente, finché non capì di essere all’interno del serpente di sabbia.

"Pensi di intrappolarmi qui dentro?", domandò la voce del mostro volante, "No, penso di vincerti qui dentro", esclamò la voce di Vake, mentre questi appariva dalla sabbia delle pareti interne della bestia; "di norma questo serpente sarebbe ottimo da utilizzare sul terreno, poiché può aprire delle sabbie mobili ai piedi del mio avversario, bloccandolo al suo interno, ma anche così può essere utilizzato: anche tu, adesso, sei immobilizzato dalla sabbia che ci circonda", spiegò l’Hayoka, mentre il nemico cercava inutilmente di liberarsi, quando la mano del pellerossa si posò sul suo elmo.

Delle antiche parole proruppero dalla bocca del nativo americano, "Se anche questo corpo non si muove, sarà il mio cosmo divino ad abbatterti, misero mortale", ringhiò l’Oscuro Rapace, "Becco Perforante", urlò poi, mentre un vortice di vento si materializzava dinanzi alla maschera nera.

Quando il colpo fu lanciato, la sabbia che costituiva il Costrittore parve dividersi, spargendosi nell’aria circostante per il vorticare del vento al suo interno, mentre solo in quel momento il cosmo di Vake brillava sulla sua mano, poggiata sopra il capo del nemico, ma proprio questo gesto impedì all’Hayoka di evitare la violenza dell’attacco avverso, che perforò il pettorale destro del Serpente, trapassando le carni del nativo americano che volò indietro, verso il suolo.

"La vittoria è mia", esultò l’Avvoltoio Nero, vedendo il nemico cadere malamente al suolo.

"Pensavo di avertelo spiegato", sussurrò allora il pellerossa, "Non è il primo attacco quello importante, né il secondo, ma il terzo, quello decisivo", continuò, mentre la sabbia, che ancora si trovava a mezz’aria, brillò dell’energia cosmica dell’Hayoka, "Sand Fangs", urlò allora Vake.

Centinaia di granelli di sabbia parvero udire quelle parole, brillando di un’energia cosmica che li fece apparire simili ad altrettante zanne di serpenti, zanne che volarono rapide e senza sosta verso l’Avvoltoio Nero, colpendolo e facendolo precipitare al suolo.

Il mostro cadde supino, dolorante e sofferente, "Come hai osato?", tuonò infuriato l’essere volante; "Il primo attacco, il Costrittore del Deserto, era portato solo per darmi due vantaggi: cioè avvicinarmi a te e disperdere più sabbia possibile nella zona circostante, senza sabbia non avrei mai avuto la vittoria, ma questo era un fattore che tu non calcolavi. Una volta avvicinatomi a te ho potuto poggiare la mano e quindi concentrare su di essa il mio cosmo, disperdendo la sabbia, così da ottenere altri due vantaggi: più angoli offensivi per i granelli che avrei usato nel terzo colpo, ma soprattutto utilizzare un sigillo degli Hayoka che ti ha permesso di avvertire gli effetti dell’attacco che sarebbe giunto per terzo.

E proprio questo attacco è stato quello fondamentale: il veleno del Serpente ha stordito il corpo di cui hai preso possesso paralizzandolo e grazie al mio tocco anche tu, che non eri capace di percepire il dolore, hai assaporato la potenza delle zanne viola, potenza che tuttora paralizza nel dolore il tuo cosmo, cosa che mi darà la vittoria", concluse Vake, avvicinandosi, spinto dal terreno, al suo avversario.

"Davvero pensi di potermi vincere? Misero uomo, sei ferito gravemente, come pensi di portare a segno un attacco mortale contro di me, che sono tuttora quasi illeso?", ringhiò il nemico con tono offeso, "Io sono uno dei dodici Hayoka, non è il mio fine uccidere chi mi è avverso, bensì liberarlo dal male che intrappola il suo cuore, in questo caso, dovrò semplicemente rimandare la tua anima negli abissi del Tartaro, dove Eracle già una volta ti spedì, così da liberare l’uomo che stai utilizzando", rispose semplicemente Vake, mentre poggiava la mano sanguinante sul capo dell’Avvoltoio Nero.

Nuove parole proruppero dalla bocca dell’Hayoka, ricche di antichi significati, mentre il suo cosmo confluiva sulla fronte del nemico, attirando a se una nera aura che, lentamente confluì in un globo di oscura energia, "Questo eri tu, Avvoltoio Nero, prima di invadere il corpo di un uomo innocente, e questo tornerai ad essere", concluse semplicemente Vake, prima che quell’energia si perdesse nell’aere circostante, lasciando, ben presto, il sacro territorio delle divinità pellerossa.

Subito dopo fu l’armatura nera a staccarsi da quel corpo, ormai privo della mitologica volontà che la legava ad esso, "Le sabbie di questa pianura ti inghiotta, memoria di un essere mostruoso, che tu non possa più volare e portare distruzione", sussurrò ancora il nativo americano, mentre le oscure vestigia, ricomposte nella forma dell’Avvoltoio nero, scomparivano, ingurgitate dal terreno sottostante.

"E tu, uomo che sei stato intrappolato da un mostro, riposa ora, poiché il veleno del Serpente non era in quantità tanto elevata da esserti letale, per quanto, devo purtroppo ammettere, soffrirai abbastanza per il siero di cui faccio uso", concluse, sollevandosi sulle propria ginocchia, l’Hayoka.

Quando un sospiro di sollievo nacque dalle labbra di Vake, un ruggito lo sopì: il nativo americano non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi, un feroce artiglio aveva già perforato il suo corpo all’altezza dell’addome, "Ancora?", sospirò con dolorante ironia il guerriero pellerossa, voltandosi verso la figura di un gigantesco leone nero che, vedendolo cadere al suolo, sanguinante, si allontanò da quel luogo, incurante del fatto che l’Hayoka del Serpente fosse sì al suolo, ma ancora vivo, seppur agonizzante.

Shiqo della Lontra correva incessantemente, aveva sentito il cosmo di Vake vincere su quello di uno dei loro invasori e poi aveva avvertito che il mostro da lui lasciato libero di muoversi nella zona settentrionale, aveva colpito alle spalle l’Hayoka del Serpente, lasciandolo moribondo, per poi dirigersi verso i confini meridionali, ma in quel momento non era quello il bersaglio del guardiano dell’Inverno, né suo intento era soccorrere Taimap, impegnato in un altro combattimento, bensì raggiungere la zona centrale del sacro accampamento, dove già una terza battaglia stava per iniziare.