Capitolo III: All’ombra del grande albero di noce
- Questa volta non posso esserti di alcun aiuto – rispose sconsolato, ma trapelava una punta di irritazione, il fratello bibliotecario – non ho mai sentito pronunciare questo nome e non ho mai letto un libro in cui comparisse -.
- Atokos. E’ un nome greco. Potremmo consultare un testo sulla storia della Grecia – suggerì Christ
- Hai idea di quanti libri sulla Grecia ci siano nella nostra biblioteca? Potremmo impiegarci dei mesi e non è detto che troveremmo quello che ti serve – mentre pronunciava queste parole vide l’altro toccare con la mano la spalla ferita – Come procede la guarigione? Il fratello infermiere ha detto che ti stai riprendendo in maniera sorprendente per un uomo. Devi avere la pelle dura Christ! -.
Questi non rispose. Salutò distrattamente e uscì dalla sala. Impiegare dei mesi, non aveva tutto questo tempo, era già passato più di un mese e non era giunto ad alcuna conclusione. Non bastasse questo era anche stato ferito alla spalla, se si fosse trovato a dover combattere contro un cavaliere la cosa lo avrebbe svantaggiato. E poi c’era da risolvere l’enigma Atokos, un punto di partenza per lui inutile dal momento che non era in grado di collegarlo ad alcuna cosa. Ma era pur sempre un punto di partenza, pensò tra sé sforzandosi nel convincersi di avere almeno un elemento a suo favore. Atokos. Chi poteva dargli l’informazione che cercava? Dovette constatare quello che era restio ad ammettere, ma soprattutto a fare: se desiderava trovare un cavaliere bisognava per forza tornare ad Atene, al Grande Tempio. Ma nelle circostanze in cui lo aveva abbandonato anni fa il suo ritorno di certo non sarebbe stato accolto con gioia.
Ritornò di nuovo dal bibliotecario.
- Guarda chi si rivede – disse con fare distratto il confratello mentre era intento a scrivere su di una pergamena. Christ gli si avvicinò.
- Ho bisogno di sapere se ci sono navi che a giorni partiranno per la Grecia –
- Dovresti chiederlo a chi di dovere. Comunque che io sappia non ce ne sono -.
Il volto di Christ lasciava trapelare delusione. Stava per uscire, l’altro lo fece arrestare con queste parole:
- Ma una nave domani salperà per Porto Ercole, nello Stato della Chiesa. Aspetta a interrompermi. Si trova vicino Roma, da lì potresti percorrere un’antica strada romana che molti nostri confratelli utilizzano per andare in Terrasanta, so che per questo quelli del posto la chiamano strada dei templari (1). Termina in una città chiamata Brindisi, dal cui porto partono molte navi che salpano anche per la Grecia -.
- Grazie – furono le uniche parole di Christ prima di salutarlo.
- Non si può dire che tu sia un tipo loquace – sentenziò il bibliotecario – ma a dispetto delle dicerie che corrono sul tuo conto posso dire che per quanto mi riguarda nelle tue azioni io ho visto solo una cosa: giustizia! Per quel poco che ti conosco è sempre stata questa a orientarti nelle azioni. E questo mi basta per esserti d’aiuto ogni volta che ne avrai bisogno. So di certo che per molto tempo non ci vedremo più, che il Signore ti protegga -.
Christ uscì dalla biblioteca colpito dalle parole dell’altro e ancora più deciso a tornare al Grande Tempio.
E’ per perseguire la giustizia tra gli uomini che me ne andai, pensava tra sé, ed è per la stessa ragione che devo farvi ritorno, e in cuor suo sentiva una profonda gratitudine per le parole del bibliotecario, ed anche per Jean, colui che gli aveva mostrato quando ce n’era stato bisogno che non tutti gli esseri umani perseguono esclusivamente ed egoisticamente i propri fini. Anche se pochi vi è ancora chi cerca uno scopo più alto nella vita. Già, Jean. Chissà come avrebbe reagito alla notizia che stava per lasciare Parigi.
Christ si diresse nella propria cella. Entratovi sostò per qualche istante di fronte alla cassa metallica. Da quanto tempo non indossava la sua armatura! Forse un anno, a lui sembrava una vita. Non ne era entusiasta ma sapeva benissimo che a breve ne avrebbe avuto bisogno. Prese quindi lo scrigno e facendo passare entrambe le braccia attraverso le cinghie di cuoio lo caricò sulle spalle. Una piccola smorfia di dolore si delineò sul viso quando quella ferita si trovò a doverne sopportare il peso.
Con quel bagaglio ripercorse il corridoio che aveva sul lato destro le bifore decorate a mosaico dorato entrando ancora una volta nell’infermeria. Nella penombra vide Jean con una spada in mano.
- Anche se non sono guarito del tutto ora va molto meglio – furono queste le parole che lo accolsero – vedi, adesso sono in grado di combattere! Ma cosa ci fai con quello scrigno?
Non aveva certo bisogno di una risposta Jean, a quel modo lo aveva visto il primo giorno che si erano incontrati, entrambi desiderosi di entrare nell’ordine. Dentro di sé sapeva che questo era un addio. Lo guardò fisso negli occhi.
- Ti ho chiesto di aiutarmi – disse con fare serio – non di combattere da solo questa guerra. Se tu parti io vengo con te, perché sono sicuro che sai qualcosa che io non so, te lo leggo negli occhi. Io ero presente quel giorno e a me spetta vendicare la morte di Michel e degli altri -.
- Mi dispiace –
- Non ci sono parole che tengano – continuò Jean – adesso accompagnami nella mia cella a preparami per il viaggio –
Christ gli si avvicinò come a dargli una mano per reggersi ma appena gli fu vicino con il taglio della mano destra lo colpì alla nuca.
-Perché, amico? – e Jean svenne perdendo i sensi. Chirst lo afferrò prima che crollasse a terra e lo distese sul letto.
- Proprio perché sei mio amico devo impedirti di venire con me – disse, ma sapeva bene che l’altro non poteva più ascoltarlo - è troppo pericoloso. Il nemico che dovrò affrontare è fuori dalla tua portata – sospirò – e forse anche dalla mia.
***
A bordo di una nave del Tempio stava viaggiando alla volta di Porto Ercole ormai da poco più di una settimana. Con il consenso del Grande Maestro erano salpati da Harfleur, da lì circumnavigando la penisola iberica erano entrati nel Mediterraneo passando per le Colonne di Ercole. Marsiglia, Genova, Pisa, queste alcune città che avevano toccato per rifornirsi di cibo fresco ed acqua. Ed ora la meta gli appariva di fronte agli occhi. Il mare azzurro, sotto un caldo sole estivo, era calmo e la nave poté attraccare con facilità nel porto. Dopo essersi rifocillati tutti i templari furono intenti a scaricare il carico a terra e a collocarlo su alcuni carri trainati da coppie di buoi. Senza perder tempo finito il lavoro partirono per la città Eterna, Roma.
Vi arrivarono a sera tarda, quando le porte erano ormai chiuse. Non fu facile ma alla fine fu aperta loro una posterla. Si decise di andare a letto per scaricare i carri l’indomani, dopo essersi riposati. Christ fece altrettanto. Ma il suo sonno durò solo poche ore. Al primo albeggiare era già sveglio, diretto alla stalla della commenda per prendere un cavallo, magari già ferrato. Lo trovò. Vi collocò sopra la sella e come bagaglio lo scrigno e con quello si allontanò. Le porte della città erano ormai aperte e lasciare Roma non gli fu difficile, aveva indosso l’abito di un templare, l’ordine più valoroso che ci fosse.
Iniziava adesso la seconda parte del viaggio, quella che lo avrebbe condotto a Brindisi. Gli bastò chiedere a un soldato per trovare la strada dei templari e al galoppo si lanciò per percorrerla. Viaggiò quasi sempre da solo, gli era stato detto che la cosa non era sicura ma nessun malintenzionato gli sbarrò la via.
Oramai era quasi a metà del percorso, quando intravide in lontananza una città. Proprio in quel momento raggiunse un pastore che portava al pascolo alcune pecore. In quello stesso istante notò che il cielo si stava oscurando, preannunciando aria di tempesta. Quello che gli parve strano era che questo temporale sembrava nascere da un luogo preciso, un punto posto non molto lontano dalla città.
- Come si chiama? – chiese Christ al pastore indicando il borgo.
- Un tempo, quando l’aquila di Roma spiegava le sue ali sul mondo intero, il suo nome era foriero di tristi fatti.- nella voce dell’uomo si percepiva chiaramente la paura -Per scacciarne l’essenza nefanda il suo nome fu mutato in Benevento, ma ai nostri giorni il suo ventre malefico ne sta riespellendo tutto il male. Figure sataniche, delle streghe, si radunano presso l’albero di noce che il nostro buon vescovo Barbato aveva divelto e che ora il diavolo stesso ha ripiantato rigoglioso più di prima. Templare se puoi non fermarti, ma guarda e passa!-
Ciò che si parava di fronte ai suoi occhi era terribilmente mirabile. Non sapeva come spiegare l’evento se non fosse che in quello stesso istante percepì un cosmo molto potente, quasi doppio, maligno. No, non era doppio, si trattava di due distinti cosmi, adesso li sentiva con chiarezza. Entrambi erano molto potenti, l’uno effettivamente maligno, l’altro…simile a quello che aveva percepito la sera in cui Lalibela gli aveva portato il messaggio del Grande Sacerdote, ma non lo stesso. Si trattava dunque di un altro cavaliere d’oro. E poi il pastore aveva parlato di streghe, tutto era cominciato proprio con la caccia a una strega. Christ spronò il cavallo in direzione dell’origine del temporale.
Tenendo ben salde tra le mani le briglie incitava il cavallo a percorrere la strada più veloce che potesse. Attraversò quindi la piana dirigendosi verso la zona che tanto lo aveva colpito, e più si avvicinava più si rendeva conto che quella si trovava presso l’argine di un fiume. Infine cominciò a intravedere la cima di un albero, in particolare di un albero di noce. Il cielo nel frattempo si era fatto più scuro e di tanto in tanto uno squarcio di luce pallida vi si apriva, seguito immediatamente dal fragore di un tuono.
Adesso poteva finalmente scorgere il maestoso albero nella sua interezza, comprendendo allo stesso tempo che il cosmo malefico proveniva proprio da quello. Ma nelle sue vicinanze vi era la fonte dell’altro. Aguzzò lo sguardo e gli sembrò di vedere una figura piccola, a prima vista di una persona molto vecchia. Non poteva crederci, indossava l’abito talare, ma quello dei sacerdoti della chiesa che faceva capo a Bisanzio!
Fu in quel preciso istante che avvertì qualcosa di strano, la presenza di altri tre cosmi, di varia potenza. Non ebbe però il tempo di comprendere con esattezza di cosa si trattasse che vide con chiarezza il colpo di una frusta lanciato contro di lui. Rapidamente Christ balzò dal cavallo e mentre il suo corpo si librava ancora in aria posizionò le sue braccia a mo’ di croce urlando – CROSSBLADE!- e di scatto le allargò, mentre da queste partirono due fasci luminosi in direzione della frusta, tagliandola come coltelli affilati.
Riuscì appena a toccare terra, che un altro colpo, questa volta un calcio, lo colpì in pieno petto con forza inaudita, scaraventandolo contro una roccia. L’impatto fu di tale potenza da procurare delle vistose crepe nella pietra, ma anche da fargli ricomparire il dolore alla spalla. Una figura femminile, vestita allo stesso modo di Lalibela e Clio, e come quest’ultima con il volto coperto da una maschera, gli si parò davanti urlando –HEAVYJUMP!- e con rapidità fece un salto che la portò esattamente sopra il cavaliere, per poi ricadere verso di lui protendendo in avanti la punta del piede destro. Proprio mentre stava per colpirlo Christ raccolse le sue energie per compiere un rapido balzo in avanti e schivare il colpo, così potente da mandare definitivamente in frantumi la roccia.
Mentre si stava rialzando da terra, guardandosi attorno in cerca del cavallo con sopra lo scrigno e cercando di capire bene cosa stesse accadendo, tre figure, tre sacerdotesse vestite col saio ormai a lui ben noto gli si posero di fronte.
-Vediamo se sai difenderti dai nostri colpi congiunti – disse una e tutte assunsero una posizione d’attacco. Stavano ormai per sferrare i loro colpi quando una voce le fece arrestare.
- Melpomene, Polimnia, Urania, adesso basta, è pur sempre uno dei nostri! – A parlare con voce imperiosa era stato l’anziano sacerdote che si trovava presso l’albero.
Christ nella foga di parare gli attacchi e cercare un modo per rispondervi si era quasi dimenticato di lui. Ma adesso non poteva di certo, sebbene molto vecchio il cosmo simile a quello di Lalibela promanava proprio da quell’individuo. Vedendo che le tre donne, nonostante lo tenessero costantemente sott’occhio con il loro vigile sguardo, non sembravano più una minaccia, al profferire di quello che sembrava il loro capo si erano addirittura inginocchiate, decise di andargli incontro e considerando che l’ultima volta che aveva avuto di fronte un cavaliere d’oro ne era uscito malconcio, guardava con molta attenzione qualsiasi cosa intorno a lui sembrasse anche solo accennare a muoversi. O almeno tentò di farlo, perché quando fu ormai prossimo all’albero e si accorse che su di esso vi era apposto un pezzo di papiro con su scritto
Ἀθηνᾶ il suo sguardo ne fu rapito.- Un sigillo della dea- esclamò con stupore – ma allora…-
- 237 anni fa è qui che la dea sigillò le 108 stelle demoniache al servizio di Hades al termine dell’ultima guerra sacra – a parlare era stato l’anziano – ma ormai il sigillo sta perdendo il suo potere, guarda il cielo, guarda le nere nubi che si addensano sull’albero! Il male sta ormai raccogliendo le sue energie per sferrare un nuovo attacco, persino la gente comune può avvertirla, non certo sotto forma di cosmo come noi, ma percepisce un che di negativo, di morte-
- L’albero malefico di cui parlava il pastore – osservò Christ tra sé. Poi, rivolto al prete – Perché mi dici questo? Non sai neanche chi sono –
- Oh, invece sì, cavaliere, ho visto con attenzione le decorazioni del tuo scrigno, sei colui a cui è stato concesso di indossare l’armatura della CROCE DEL SUD –
- Mi è concesso sapere il tuo nome? – chiese Christ, stupito dalla capacità di osservazione dell’altro.
- Janos, cavaliere d’oro dei Gemelli, colui che sopravisse all’ultima guerra sacra ed ebbe da Atena stessa l’incarico di vigilare presso il sigillo. Perché ti dico questo? Perché ogni cavaliere di Atena sappia che una nuova guerra sacra sta per profilarsi all’orizzonte e che deve pertanto prepararsi a combattere, anche quelli che hanno voltato le spalle al Grande Tempio –
- Come fai a saperlo – Christ era sempre più incredulo.
- Sebbene io viva qui da più di due secoli senza potermi concedere un attimo di distrazione dal mio compito il Grande Sacerdote mi ha concesso tre aiuti, tre sacerdotesse che si occupassero di informarmi su quanto accade e perché tengano alla larga le persone dalle vicinanze, soprattutto in questi tempi tristi. Compito ingrato, poiché le ha rese non accette al genere umano, ormai dimentico della tutela di Atena sul mondo per seguire un altro Dio, altrettanto buono e giusto ma che non perdona coloro che giurano fedeltà all’antica dea bandendoli da ogni vivere civile. Nei tempi andati, quando il sigillo conservava ancora tutto il suo potere e l’albero non poteva nuocere, qualche uomo si è spinto fin quaggiù parlando con me, chiedendo il mio nome. Ma di quei tempi sereni solo questo resta, e così le tre sacerdotesse sono temute con un nome che riecheggia il ricordo del mio, janare –
Mentre diceva questo Christ lo osservò con attenzione. Era rimasto colpito dalla veneranda età, nessun comune mortale poteva avere 237 anni ma tempo dietro, quando si era addestrato al Grande Tempio aveva sentito parlare, seppur in maniera vaga, di un uomo a cui era stato fatto dono da Atena stessa il misopethamenos, assai prezioso, dal momento che concedeva al destinatario la facoltà di avere in un anno lo stesso numero di battiti del cuore che una persona ha in un giorno. Era quindi Janos quell’uomo ma come poteva lui, così vecchio, continuare ad essere investito di un compito che richiedeva forze fresche? L’età ormai lo aveva piegato, reso basso di statura, i suoi capelli bianchi, la pelle rugosa e violacea. Una cosa in particolare lo aveva però colpito, gli occhi, uno di colore nero, l’altro azzurro ma entrambi ardevano come quelli di un giovane nel fiore degli anni.
Christ, constatato che quest’incontro si stava svolgendo senza che potesse correre alcun pericolo, pensò che forse poteva avere il permesso di porre una domanda che gli premeva molto.
- Atokos – disse – tu che conosci molte cose di noi cavalieri, questo nome ti dice qualcosa? –
L’altro stette per un istante, poi disse – Perché hai deciso di abbandonare il Grande Tempio? Dalle tue parole valuterò se rispondere o meno a ciò che mi chiedi -.
- Perché? – gli occhi di Christ si riempirono d’ira – perché a volte la giustizia d’Atena e quella degli uomini possono non coincidere, ecco perché. Se forze nemiche paragonabili a noi cavalieri minacciano il genere umano veniamo chiamati in suo soccorso, ma se queste si annidano nell’animo stesso degli uomini, se un uomo è causa di sofferenza per un suo simile a noi non è dato intervenire. Per questo ho deciso di andarmene, per cercare dei cavalieri che fossero votati al bene anche nella vita quotidiana -.
- E li hai trovati? –
- Da principio credevo di sì- Christ chiuse gli occhi e strinse i pugni - per questo sono entrato a far parte dell’ordine del Tempio di Gerusalemme, ma col passare dei giorni mi sono reso conto che l’ordine non fa che perseguire un solo bene, il suo. E per questo non si fa scrupoli a sacrificare le vite di chi gliel’affida -.
- E’ della gioventù combattere per grandi ideali. Ma gli uomini sono e saranno sempre schiavi delle proprie passioni, e se noi per giunta ci ergessimo non solo a loro giudici ma anche a loro tutori, privandoli del libero arbitrio che gli è stato fatto dono, in virtù poi della nostra superiore forza, faremmo davvero il loro bene? Rispondi! –
Christ restò in silenzio, stringendo ancora più forte i pugni. Poi proruppe dicendo - No. Ci ho messo del tempo ma alla fine l’ho capito –
L’anziano sorrise con benevolenza poi disse - Dove sei diretto, cavaliere? –
- Mi hanno detto che dalla città di Brindisi partono navi per la Grecia…-
- Allora vai a Brindisi, là tutto ti sarà chiaro, non hai bisogno di alcuna informazione da me – .
Per tutto il tempo del loro incontro il cavaliere d’oro non si era mosso da vicino l’albero.
Christ si guardò ancora una volta attorno per scorgere il suo cavallo. Lo trovò e vi si diresse. Mentre faceva ciò incrociò la sacerdotessa che aveva tentato di colpirlo con la frusta.
- Mi dispiace per la tua arma –
- Non preoccuparti – rispose l’altra e dal tono della voce sembrava sorridere dietro la maschera – una frusta si può riparare, una vita troncata no –
Christ montò sul cavallo poi, rivolgendosi all’anziano uomo – A Brindisi troverò quindi la risposta che cercò, troverò questo Atokos – sorrise.
- Così sarà – sentenziò l’altro – e dopo farai ritorno al Grande Tempio, anche se la cosa non ti aggrada, promettimelo –
- Se vi sarà il tempo di farlo, dalle tue parole ho compreso che una nuova guerra sacra è alle porte –
- Tranquillo cavaliere, il sigillo perderà completamente il suo potere solo fra sette anni, per allora prepara spirito e corpo -.
- Che Atena ti assista – lo salutarono le tre sacerdotesse.
- Che Atena mi perdoni – disse Christ e spronò il cavallo per continuare il suo viaggio.
Non appena si fu allontanato Janos chiamò a sé Polimina.
- Raggiungi Atene – disse – e dì al Grande Sacerdote che abbiamo ritrovato un cavaliere che credevamo perso. Ma digli anche di mandargli qualcuno che lo assista nella sua impresa se non vogliamo perderlo nuovamente, e questa volta per sempre!-
NOTE
1: Si tratta dell’antica via Appia, chiamata così nel Medioevo perché usata dai Templari per raggiungere Brindisi, importante porto per la Terrasanta.
2: Erano porte secondarie, di dimensioni modeste, che si aprivano lungo le mura della città. Potevano servire per scopi militari ma anche per scopi di servizio, per far entrare le persone fidate all’interno della città di notte, quando le porte cittadine venivano chiuse fino all’arrivo del nuovo giorno.