Capitolo VI- Il ritorno

Quando Christ e Clio raggiunsero la nave la notte ormai era scesa. Decisero che si sarebbero messi in viaggio l'indomani, alla luce del caldo sole d'agosto, così ne approfittarono per riposare sul ponte dell'imbarcazione, godendo della fresca brezza marina estiva che recava sollievo ai loro corpi arsi dalla calura e stremati dalla lotta. Si stesero sulle assi del ponte, illuminati dalla pallida ma rischiarante luce della luna piena, attorniata dalle stelle, quella sera splendenti più che mai.

- E' come se volessero proteggerci – disse la sacerdotessa, distesa supina sul legno, con le mani dietro la testa.

- Quanto ci vorrà per raggiungere Atene? - chiese Christ, quasi non avesse sentito le parole dell'altra.

- Non molto. Se leveremo l'ancora di buon ora saremo all'antico porto verso sera. E di là ad Atene. Questa notte sarà meglio dormire con le nostre armature addosso, per maggiore difesa, dalle sue ultime parole ho inteso che Erato stava eseguendo il volere di qualcun altro ma non mi ha detto chi fosse, potrebbe trattarsi anche di un nostro pari, vanno prese tutte le precauzioni possibili. Domani, appena svegli, potremo riporle negli scrigni – tacque per un attimo, poi ricordò e continuò – la tua tunica di templare, sarà meglio non indossarla, qui in Oriente non è ben vista dopo quello che è accaduto quasi cinquant'anni fa, al tempo del sacco di Costantinopoli. Non che tema per la tua vita, ma bisogna passare inosservati, questo è il volere del Grande Sacerdote -.

Christ nel frattempo si era seduto, appoggiando la schiena al parapetto della nave. Il suo viso era pensoso.

- Prima di spirare ha nominato il Graal. La coppa sacra per i cristiani d'occidente. Conosci la sua storia? - chiese guardando finalmente verso il firmamento stellato.

- Qualcosa sul suo conto è giunto anche da noi ad Atene, ma credevamo fosse una leggenda -

- Per i cristiani d'occidente non lo è. Secondo la loro religione il figlio incarnato del loro Dio, Gesù, sarebbe morto crocifisso dai romani. Uno dei suoi seguaci, Giuseppe d'Arimatea, raccolse in una coppa, la stessa nella quale il loro maestro aveva bevuto la sera in cui fu catturato, il suo sangue. Dopo questo triste avvenimento, tutt'altro che avviliti, i discepoli di Gesù si sparsero per il mondo per diffondere il suo verbo. Giuseppe si recò in Britannia, ne divenne addirittura il primo vescovo. Con sé aveva quella coppa, il graal. Nel corso dei secoli diversi uomini re, signori della guerra, monaci hanno cercato di ritrovarlo, tutti senza successo. -

- Tra questi anche Erato – riprese Clio – o meglio, qualcuno ha incaricato Erato di farlo. Ma chi? -

- Senz'altro qualcuno molto forte e potente – sentenziò Chirst – Erato era pur sempre una sacerdotessa del Grande Tempio, un uomo comune non poteva spingerla alla ricerca -

Clio lo interruppe – dimentichi la sua sete di ricchezze. Forse le avevano promesso una lauta ricompensa -.

- Forse – ripeté Christ – ma qualcosa mi dice che questa ipotesi è da scartare. Quelle ricchezze Erato avrebbe potuto conseguirle in maniera più fruttuosa che in una ricerca senza successo. Mi chiedo solo quale forza oscura si nasconda dietro tutto questo -.

Immersi in quel discorso non si erano accorti che ormai era notte fonda. Concordarono di avere assoluto bisogno di riposo, per cui smisero di parlare e si lasciarono cadere tra le braccia di Morfeo.

La notte passò tranquilla.

L'indomani, alle prime luci dell'alba, Christ si svegliò. Volse lo sguardo nel posto dove aveva dormito Clio ma la sacerdotessa non c'era. Preoccupato balzò in piedi gridando il suo nome.

Lei comparve da sotto coperta.

- Guarda cosa ho trovato – mostrò al cavaliere un abito lacero ma che sembrava avere la sua misura – puoi indossare questo al posto dell'abito da templare -.

Entrambi si tolsero l'armatura riponendola nello scrigno, poi Christ si mise addosso quella veste, Clio il solito saio marrone con cappuccio.

Fatto questo levarono l'ancora, spiegarono le vele e salparono in direzione di Atene.

Il viaggio non fu angustiato da alcun pericolo e come previsto da Clio al calar del sole dalla poppa della nave i due poterono intravedere l'insenatura dell'antico porto di Atene. Abbandonato ormai da secoli, del passato splendore non restava che qualche testimonianza, sbiadita dal tempo. Dimenticata ormai la sua importante funzione di nodo dei traffici marittimi nell'Egeo, non era ora che un oscuro porticciolo per pescatori e rifugio per i pirati. Perduto persino il suo illustre nome, Pireo, da un po' a questa parte i pochi frequentatori avevano cominciato a denominarlo riferendosi a un elemento che lo rendeva caratteristico, un'antica scultura dalla foggia di leone: Porto Leone.

Attraccarono a un piccolo molo mal ridotto e scesero a terra. In zona non vi erano che pochi anziani pescatori intenti a tirar su le reti e a portare a casa il magro raccolto che il mare gli aveva riservato quel giorno. Con gli scrigni sulla schiena iniziarono a percorrere l'antica via, anch'essa ormai malridotta, che dai tempi dell'antica Grecia collegava il porto ad Atene. Cammin facendo la notte calò su di loro e quando si resero conto che da un bel po' non avevano incontrato anima viva –Ormai il coprifuoco è iniziato, è inutile indugiare a passo d'uomo – disse Clio – possiamo arrivare ad Atene e al tempio in men che non si dica sfruttando la nostra rapidità di movimento. Christ, seguimi! - e rapida scattò correndo a una velocità fulminea. Il cavaliere della Croce del Sud, alla stessa velocità, le tenne dietro fino a che innanzi a loro non si pararono le mura di Atene. A quella vista, con la stessa velocità, girarono a sinistra e proseguirono ancora un poco fino a quando di fronte a loro non intravidero un casolare. Si fermarono.

- Ci siamo – disse Clio guardando in direzione di Christ. Questi era fermo, con lo sguardo fisso verso la costruzione: varcarla significava ritornare al Grande Tempio. Un flusso ininterrotto di ricordi lo assalì, ma ben presto con la mente lì dominò. Strinse i pugni, deglutì, si stava facendo coraggio per il gesto che dì lì a poco avrebbe fatto. Solo gli restava il dubbio di quale sarebbe stata la reazione degli altri cavalieri. Sapeva che il Grande Sacerdote lo aveva perdonato, ma gli altri avevano fatto lo stesso?

Mentre pensava a tutto questo la porta di legno della costruzione cigolando sì aprì e da quella ne uscì un giovane sui diciotto anni, dai folti capelli castani che lì invitò ad entrare.

- Christ – disse Clio – è ora! -.

Nello stesso istante mossero i loro passi, ma camminando tra gli strumenti della bottega del maniscalco, e specchiandosi al chiaro di luna nella vasca per raffreddare il metallo il cavaliere della Croce del Sud si rese conto che opposti erano invece i loro sentimenti: felice per il ritorno a casa la sacerdotessa, titubante e pieno di dubbi il suo.

Sull'uscio furono accolti da Odisseo, il maniscalco.

- Sono contento di rivederti Clio – e mentre diceva queste parole il suo viso sorrideva. Diversa fu l'espressione quando fu il momento di salutare Christ. Lo scrutò bene in viso, poi disse: - Hai dunque intrapreso la strada che ti ha ricondotto a casa, Hristov-.

Altri ricordi lo investirono nel sentirsi chiamare a quel modo ma l'altro stava continuando a parlare – se mi fosse stata data scelta se accoglierti o meno mi sarei battuto fino alla morte per evitare che tu potessi varcare la mia soglia, ma se il venerando Janos e il Grande Sacerdote ti hanno voluto qui obbedisco al loro volere e ti accolgo nella mia modesta casa. Entrate dunque – e detto questo si scostò per lasciare loro libero il passaggio. Una volta che furono dentro li invitò a sedersi al tavolo per mangiare qualcosa – sarete affamati per il viaggio – disse dirigendosi verso una credenza da cui prese del pane e del vino – ristoratevi pure alla mia umile tavola -.

- Odisseo – fece subito Clio – non abbiamo tempo per questo, dobbiamo vedere il Grande Sacerdote, è molto importante, sappiamo...-

- Domani! – la interruppe il maniscalco – ora mangiate e riposatevi, dormirete qui. Domani tu, Hristov- e guardò verso di lui - sarai ricevuto dal Grande Sacerdote. A lui racconterai tutto -

- Ed io? - disse di scatto la sacerdotessa – anche io ho il diritto di parlare con lui. Io ho udito le parole di Erato su cui è bene riflettere -

- Quanto a te, Clio- riprese l'altro come se non fosse mai stato interrotto -la nostra guida qui in Grecia ha ordinato che tu faccia ritorno ai tuoi alloggi per riposare e ritemprare il corpo dopo questo scontro. Non obiettare, questo è il suo volere. - Tacque per un istante – nella stanza di fianco ho preparato due giacigli con della paglia, dormirete lì stanotte, domani entrerete nella zona del Grande Tempio. Quanto a me, ora ho del lavoro che mi attende, per questo vi lascio finire la vostra cena, buonanotte – detto questo uscì e si diresse nel cortile. Di lì a poco lo udirono intento nel proprio lavoro.

In silenzio consumarono la cena, poi si coricarono sui giacigli di paglia. Stanchi per ciò che avevano affrontato e sentendosi al sicuro, e a casa, furono sopraffatti da un sonno profondo.

Fu Odisseo a svegliarli il giorno seguente.

- Il sole è alto – disse scuotendo entrambi – è ora che attraversiate gli scudi. Ma prima prendete – e porse loro due ciotole in terracotta ricolme di latte – è fresco, appena munto, vedrete che vi ristorerà-.

Senza nulla profferire i due presero le ciotole dalle mani di Odisseo e bevvero. Quindi si alzarono, caricarono in schiena i propri scrigni e si diressero verso una piccola porta che dava sul retro della casa. Clio si rivolse a Odisseo – ci rivedremo presto? -

- Questo solo il fato può saperlo – e sorrise lievemente alla sacerdotessa.

- Un attimo Clio – disse Chirst mentre la sua destra si poggiava sulla spalla di lei, come a volerla bloccare.

L'altra tolse la mano dalla spalla e – non è più tempo d'indugiare – disse – è ora di tornare - ed aprì la porta. Fatto questo attraversò la soglia, seguita dopo poco dal cavaliere della Croce del Sud.

Un bagliore intenso colpì Chirst in viso, così forte che dovette coprire i suoi occhi con una mano, ma non appena la vista si abituò l'abbassò, e vide. Il luogo dove aveva trascorso un lungo periodo della sua vita, Il Grande Tempio, ancora una volta si parava innanzi i suoi occhi. Poteva scorgere tutto, il villaggio di Rodorio, la meridiana, le dodici case (adesso sapeva che non erano vuoti scrigni atti a impaurire chi si fosse addentrato nell'area sacra, i cavalieri d'oro esistevano realmente!) il Sancta Sanctorum, persino l'Upsos ton Asterion, tutto immerso nella luce calda e abbagliante di una giornata d'estate in Grecia.

- Le nostre strade si dividono qui – la voce di Clio lo richiamò in sé – ma ti prego, a te è stato affidato l'onore e l'onere di raccontare al Grande Sacerdote quanto accaduto ad Atokos e le ultime parole di Erato, quindi sii preciso nel riportarle -

- Tu cosa farai, sacerdotessa dell'Ofiuco? -

- Non hai sentito le parole di Odisseo? A me spetta il meritato riposo – ma dal tono della voce si intuiva benissimo che Clio non era affatto contenta per il premio che le avevano voluto riservare – non mi va di indugiare in saluti. Non ti dico addio, ora che sei tornato sarà solo un a presto -

- A presto – ripeté Christ e i due si accomiatarono.

La donna prese la via degli acquartieramenti delle sacerdotesse, Chirst quella della Sala dell'Udienza del Grande Sacerdote.

Stava proprio percorrendo questa quando a un certo punto un ragazzino, apparentemente sui quindici anni, gli si affiancò. Per un po' lo lasciò fare, ma allorché si rese conto che quello lo stava seguendo si voltò verso di lui.

- E tu chi saresti – disse a quel punto il giovane scrutandolo attentamente in viso – non ti ho mai visto qui -

Christ continuò a camminare come se nulla fosse.

- Hei, sto dicendo a te – lo sguardo aveva assunto un aspetto minaccioso, a voler spaventare quello che per lui era un intruso – Chi sei? Guarda che qui non puoi entrare – e gli si parò davanti.

- Ragazzino – disse seccato Chirst – scansati -

- Guarda che ho un nome -

- Ah, sì?- il cavaliere cominciava a spazientirsi.

- Sì, mi chiamo Kieran. E adesso dimmi come ti chiami o il tuo cammino si interrompe qui -.

Immediatamente, a quelle parole, Christ allungò un braccio a volerlo allontanare, in verità energicamente dal momento che voleva terminare quell'assurdo dialogo, ma con sua sorpresa il ragazzo bloccò con una mano il gesto. Fu solo allora che realizzò che il ragazzo emanava un cosmo di una certa potenza.

- Solo adesso lo hai capito? – disse soddisfatto l'altro come se dallo sguardo di Chirst avesse compreso quello che stava pensando – sono un cavaliere, proprio come te! - sorrise quindi sardonico – e adesso dimmi il tuo nome -.

- Hristov – rispose secco – cavaliere della Croce del Sud -.

- Ho sentito parlare di te – adesso il tono del ragazzo era provocatorio – tu sei uno di quei codardi che ha lasciato il Grande Tempio!-

A quelle parole Christ si adombrò. Lo avevano ferito. Poteva anche ritenere di essere considerato un traditore, ma un codardo no. E invece, ora pensava, era così che al Grande Tempio lo avevano etichettato. Un fuggiasco, uno che era andato via, ma non per mettersi contro il volere del Grande Sacerdote, come aveva fatto Erato, semplicemente per non dover più combattere, per scomparire, quindi un codardo.

Sospirò e riprese a camminare.

- Perché non dici più nulla – Kieran continuava a seguirlo – allora le voci sono vere...-

- Ragazzo, ora basta! - nel pronunciare queste parole Christ strinse i pugni e digrignò i denti.

Fu a quel punto che l'altro si mise in posizione d'attacco, esclamando – dimostrami coi fatti che mi sbaglio! -.

- Kieran! Lascialo passare! Ha udienza presso il Grande Sacerdote! - a pronunciare quelle parole era stato un uomo vestito come i soldati del Grande Tempio ma con indosso un mantello beige. Il volto incorniciato da lunghi capelli biondi, sopracciglia dello stesso colore e puntiformi, una cicatrice sulla guancia sinistra, i suoi occhi azzurri e penetranti.

A quelle parole Christ si voltò verso di lui e lo riconobbe - Il capitano del corpo di guardia del Grande Tempio, Eloha!-.

Il volto dell'altro rimase serio – Un mio soldato aveva riferito di averti visto, volevo tagliargli una mano perché l'ho considerato un bugiardo: non potevi essere tanto sciocco da fare ritorno qui – si avvicinò quindi a Christ e nel farlo il suo volto da severo divenne sorridente – bentornato a casa, amico mio – e lo abbracciò.

- Ho avuto paura che alla fine anche tu ti fossi convinto che sono un codardo – disse Christ mentre ricambiava l'abbraccio – E' bello rivederti, amico -.

Ebbero appena il tempo per quel gesto di fraterna amicizia che il ragazzo sbuffando disse canzonandoli – Quanto siete commoventi. Ciò non toglie che lui deve dimostrarmi coi fatti che non è un codardo -.

- Non hai sentito quello che ho detto poco fa?- lo aveva ripreso Eloha - Deve recarsi presso il Grande Sacerdote, non ha tempo per i tuoi sciocchi giochi...-

- D'accordo, d'accordo, ma io lo seguo lo stesso, anche perché il Grande Sacerdote ha chiamato anche me – e tutti e tre, incuriositi dalla cosa, si diressero verso la sala delle udienze.

***

Clio era ormai giunta innanzi agli alloggi delle sacerdotesse, quando sentì qualcuno dietro di lei dire queste parole:

- Erato, ha sofferto molto? -

Avrebbe potuto riconoscere quella voce tra mille, era del suo maestro, Deioneo. Si voltò e ne scorse la figura alta e slanciata, e scrutando i suoi occhi marroni si rese conto che un'infinita tristezza lo attanagliava.

- Maestro, sapete che questo era il volere del Grande Sacerdote. Ma non dovete tediarvi, è stata lei a scegliere il suo destino -.

- No, Clio. Perché io ho influito su quel destino – tacque per un istante, sospirò, poi riprese – Il Grande Sacerdote aveva decretato la sua prigionia a Capo Sunion. Se non l'avessi convinto a commutare quella pena con l'esilio Erato sarebbe ancora viva, e forse redenta. Stolto, sono uno stolto ad aver ritenuto che le mie idee fossero migliori di quelle della nostra guida, e questo è stato l'effetto- e dicendo ciò, mosso dalla rabbia, colpì con un pugno una parete posta vicino a lui procurando una piccola breccia in quella.

- Maestro – riprese Clio – voi mi avete insegnato che la vita è una strada tortuosa, piena di ostacoli che non sempre riusciamo a scorgere, possiamo solo percorrerla con coraggio e gioire per i tratti in discesa che essa inaspettatamente ci offre. E mi avete insegnato che se non abbiamo visto un sasso che ci ha fatto inciampare è inutile imprecare per la caduta e rammaricarci di non averlo visto prima, perché mai potremmo tornare indietro e cambiare ciò che è stato, dobbiamo solo trovare la forza di rialzarci e riprendere la strada, facendo tesoro di quanto è accaduto perché non si ripeta più. Quando avete supplicato il Grande Sacerdote non potevate sapere che Erato avrebbe fatto presa sugli animi velati da un'ombra di cupidigia degli uomini messi a sua custodia. Fare quello che ho fatto mi è costato molto, ma di certo non accuso il vostro operare - .

- Dolce Clio, non pensare che le tue parole non mi siano di conforto, ma in questo momento troppo forte è il dolore per quanto accaduto –

Mentre stava dicendo ciò un bambina, di circa 9 anni, si avvicinò loro.

- Finalmente ti ho trovato! – disse la piccola con tono allegro non appena li ebbe raggiunti, poi volgendosi verso Deioneo – è da un po' che ti cercavo. Dammi la tua mano – e non appena quello gliela porse la bambina annodò al polso un braccialetto di fiori di campo – li ho raccolti io per farti questo regalo, ci ho messo tutta la mattinata – . Il suo volto era sorridente, almeno fino a quando non scrutò il volto triste dell'uomo.

- In passato vi siete preso cura di me ed Erato, ora c'è lei, Sophia – riprese Clio mentre, facendo passare le sue braccia tra i lunghi capelli viola della bimba, quasi a volerla rassicurare, la stava abbracciando – è ancora piccola ed ha bisogno di voi, ha bisogno di sentirsi protetta. Vedendovi in questo stato non suscitate in lei che preoccupazione. E invece ha bisogno di vedervi sereno -.

- Hai ragione – disse a quel punto Deioneo – non posso mostrarmi a lei in questo modo – prese quindi in braccio Sophia, e nel sollevarla su entrambi i volti apparve un sorriso – è un regalo bellissimo, grazie Sophia – la strinse forte a sé mentre il suo volto ora guardava Clio – oggi hai dimostrato che non ho più nulla da insegnarti. Sono orgoglioso di te, sacerdotessa di Atena! - poi si rivolse alla piccola – e ora andiamo, voglio vedere dove hai raccolto questi bellissimi fiori -.

Stava per allontanarsi quando la donna gli rivolse queste parole – Spero che un giorno mi direte perché avete preso questa bambina come fosse vostra figlia -

- Un giorno...- e si accomiatò.

***

Christ, Kieran ed Eloha erano ormai giunti di fronte al portale d'ingresso della Sala delle Udienze. Nettamente separato dalle stanze del Grande Sacerdote, la costruzione si trovava ai piedi dell'altura le cui scalinate, attraverso le dodici case, conducevano al Sancta Sanctorum, a lui solamente accessibile.

- Qui finisce il mio cammino – disse quindi Eloha – il mio compito era quello di accompagnarti ma non di entrare, cosa che invece dovete fare tu e Kieran -.

Stranamente l'ansia del ritorno che lo aveva attanagliato fino a poco prima si era dileguata del tutto, forse perché in cuor suo sapeva che il Grande Sacerdote lo aveva perdonato. Invitò allora il giovane cavaliere a seguirlo e insieme salirono i tre scalini che conducevano all'interno.

Entrarono. Nella luce tenue della sala si scorgeva l'anziana, ma solenne figura del Grande Sacerdote assisa su di un trono, vestita di una tunica bianca con orli di porpora. Una stola scura bordata d'oro scendeva lungo le spalle e il capo era coperto da un elmo dorato sormontato da un drago con ali spiegate. I capelli lunghi e bianchi erano la sola cosa che lasciavano trapelare la veneranda età dell'uomo, dal momento che il viso era celato da una maschera nera.

- Avvicinatevi – disse ai due con voce ferma. Così fecero. Ma mentre incedeva Christ non poté fare a meno di pensare alla prima volta che, ancora ragazzo, era entrato per la prima volta nella Sala delle udienze, e ricordò.