Capitolo III

Il mattino seguente era ancora nella stessa posizione, ma lo stomaco gli ricordò che non mangiava da molti giorni. Infatti per prepararsi alla prova ultima aveva dovuto osservare il più stretto digiuno. Un giorno, forse, si sarebbe elevato al di sopra dei bisogni del corpo, ma per il momento sentiva una gran fame. Consumò una frugale colazione, fedele al comandamento che lui stesso si era imposto di nutrirsi solo lo stretto indispensabile: lo stesso Buddha aveva fatto così, e lui ne aveva dedotto che la via per il Nirvana passava anche da un regime alimentare sobrio.

Mentre mangiava sentì che qualcuno bussava ai grandi portali della Sesta Casa. Un servitore andò ad aprire, ed entrò una delle guardie di palazzo, che gli aveva portato la convocazione per una delle solite riunioni periodiche dei Cavalieri d’Oro, che si tenevano nella Sala dello Zodiaco. Lui si era appena messo a tavola, e sognava quel momento da molti giorni, ma capì che non poteva presentarsi in ritardo alla sua prima riunione. Di solito non si discutevano argomenti importanti, ma il Grande Sacerdote aveva ordinato che tutti i Cavalieri d’Oro fossero sempre presenti. L’unico che non partecipava era Dauko della Bilancia: Tien-Zin non aveva mai cercato di obbligarlo a tornare, ben conoscendo, e temendo, la sua grande forza.

Shiddarta ignorò le veementi proteste del suo stomaco: una riunione dei Cavalieri d’Oro, per quanto priva di importanza, si svolgeva alla presenza del Grande Sacerdote, e la tradizione imponeva che tutti si presentassero vestiti della propria armatura. Lo scrigno d’oro era là, in mezzo alla sala, e lo attendeva pronto a rivelare la Sacra Armatura in esso custodita. I servitori erano schierati lungo le pareti, e attendevano la prima vestizione del loro nuovo padrone.

Shiddarta afferrò la maniglia e tirò. Una gran luce illuminò la sala, e l’Armatura d’Oro della costellazione della Vergine apparve: un angelo in preghiera, inginocchiato e a mani giunte. I pezzi si separarono e si disposero sul suo corpo, tra le esclamazioni di sorpresa dei servitori.

Lungo la strada immaginò come sarebbe stato conoscere gli altri Cavalieri d’Oro. Da quando aveva iniziato l’addestramento, non li aveva più visti. Tien-Zin infatti lo aveva fatto allenare nel più totale isolamento, e spesso lo aveva lasciato per mesi a meditare in un tempio in India, venendo a recuperarlo solo quando ormai era tra la vita e la morte per la stanchezza e lo sforzo.

Un po’ a sorpresa, fu il primo a giungere nella Sala dello Zodiaco, una stanza circolare con alte colonne, sulle quali c’erano delle statue raffiguranti le dodici costellazioni principali. Mentre le osservava, sentì una voce provenire dall’alto.

L’istante dopo, il Grande Sacerdote apparve al centro della sala.

Shiddarta si girò, e vide un ragazzo di corporatura robusta e dai corti capelli viola, seguito da un giovane che sopra l’armatura portava un mantello azzurro.

Colui che aveva parlato era Rimon del Leone, famoso per la sua spacconeria e per essere sempre in cerca di qualche occasione per menar le mani.

Adam dello Scorpione apparve nella Sala dello Zodiaco. Era un giovane alto, con lunghi capelli blu scuro. L’Armatura d’Oro si adattava alla perfezione al suo corpo muscoloso ed allenato. La mano destra era appoggiata su un fianco, e il dito indice batteva con noncuranza sulla coscia. Chi non conosceva il potere del Cavaliere d’Oro dello Scorpione non avrebbe mai potuto immaginare che in quel dito si celava una morte lenta e dolorosa.

Ignorando gli altri, Adam si rivolse direttamente a Shiddarta.

E i suoi sospetti risultarono fondati. Prima giunse Tragos del Capricorno, un ragazzo dai corti capelli castani, che parlava poco ma che era capace di imprevisti e incontrollabili scatti d’ira. Poi arrivò Karden del Cancro, avvolto in un mantello nero e con un’espressione che ricordava quella di un uccello da preda. Annunciati da alti schiamazzi e grida oscene arrivarono poi Idas dei Gemelli e Nexos del Sagittario, sui cui volti si poteva leggere chiaramente la notte di bagordi appena trascorsa.

Keimon dell’Acquario entrò nella Sala dello Zodiaco. Non salutò nessuno, ma si appoggiò alla colonna del suo segno, a braccia conserte, e rimase in silenzio, assorto nei suoi pensieri. Il suo carattere freddo e scostante era noto a tutti, e gli altri non si stupirono di quell’atteggiamento. Shiddarta pensò che sarebbe stato bene presentarsi, ma decise che forse era meglio rimandare a un’altra occasione.

L’istante successivo Sion si materializzò in mezzo alla stanza. Shiddarta rimase a bocca aperta di fronte a quello che doveva apparirgli un prodigio.

Shiddarta stava per chiedergli come facesse a conoscere il suo nome, ma rifletté che sarebbe stato sconveniente rispondere a una domanda con un’altra domanda. Così farfugliò qualcosa di adatto alla circostanza e prese posto sotto la colonna della Vergine.

Keimon raccontò dell’assalto alla Bastiglia, e spiegò senza mezzi termini l’odio profondo verso i nobili che covava nei cuori del popolo. La classe aristocratica doveva ora fare i conti con il Terzo Stato, che aveva oppresso e schiavizzato per secoli. E tutto lasciava prevedere che la ribellione non si sarebbe limitata a Parigi, ma che avrebbe dilagato nel resto della Francia, e forse in tutta l’Europa. Non menzionò però il suo incontro con Maximilien Robespierre, preferendo tenere per sé quelle parole.