CAPITOLO TRENTACINQUESIMO: DONNE A CONFRONTO.
All’interno della prima cella dell’Heraion di Samo, Alcione della Piovra stava affrontando Didone, la Regina Fenicia che si era gettata su un rogo di fiamme, trafiggendosi il petto con la spada di Enea, dopo essere stata abbandonata dall’eroe troiano. Era, mossa a compassione dalle sue grida, e profondamente invisa ad Enea, l’aveva salvata, facendola salire all’Olimpo come sua ancella. Ma per tutti quei lunghissimi anni, quasi tre millenni, Didone non era mai riuscita a dimenticare il dolore e l’umiliazione subite da un uomo a cui aveva offerto tutto, persino la vita.
"Come puoi difenderlo? Tu sei donna, anche se hai rinunciato a parte della tua femminilità! Dovresti comprendere il mio dolore, il sentimento di abbandono in cui la mia anima è sprofondata!!!" –Gridò Didone, scatenando un fiammeggiante assalto contro l’Hero della Piovra.
"Ed infatti lo capisco, Regina di Cartagine, e me ne dolgo, poiché sento che il tuo cuore è sincero e che il tuo amore per Enea è stato puro e autentico, e come tale più difficile da dimenticare!" –Precisò Alcione, balzando da un lato all’altro della stanza, in modo da evitare le guizzanti fiamme mortali di Didone. –"Pur tuttavia, dall’alto della mia posizione di distacco, ti invito a considerare tutte le forze in gioco, che, lo sai bene anche tu, andavano al di là del semplice rapporto tra di voi! Enea, ne sono certa, avrebbe voluto rimanere con te, ma su di lui gravava il destino di un popolo intero, forse di un mondo intero, ed egli, sostenuto dagli Dei, quegli stessi Dei che lo avevano salvato all’inferno di Troia, aveva la responsabilità morale di andare avanti, per dare una terra ad un popolo disperso sulle onde di un mare ostile!"
"Idiozie! Avrebbe potuto rimanere con me, a Cartagine, se avesse voluto! Se io fossi stata davvero importante per lui! E non fossi stata un oggetto, uno squallido e sterile oggetto da gettare via, quando la sua utilità era giunta a termine!" –Gridò Didone, ergendosi tra le fiamme che la circondavano, come un martire sul rogo. –"Osservami ora, Alcione della Piovra, e guarda questo senso di morte che mi avvolge! Guarda come sinuose e sensuali le lunghe lingue di fuoco si allungano sul mio corpo, quasi volessero strappar via le vesti che mi proteggono! Guarda come fremono le fiamme dell’Inferno al mio cospetto! Fremono e tremano, poiché sanno che non possono ferirmi, sanno che non possono raggiungermi e che io, in tremila anni, ho acquisito un potere tale da controllarle e farle mie!"
"Sei dunque immortale, Didone? Era ti ha fatto dono della vita eterna?!" –Chiese Alcione, con una preoccupazione montante. Se Didone è realmente immortale, come posso sconfiggerla? Come posso ferirla? I miei colpi, per quanto potenti possano essere, non riusciranno mai ad ucciderla! Rifletté la donna, prima di schizzare di lato, evitando un nuovo fiammeggiante assalto della Regina Fenicia.
"Era ha salvato la mia anima, Alcione, ed essa si erge adesso di fronte a te, in queste spoglie umane che di umano hanno solo la parvenza! Poiché l’essenza, da cui traggo forza ed energia cosmica, è eterna e capace di vincere il trascorrere del tempo!" –Spiegò Didone, confermando i terribili sospetti dell’Hero. –"Immagina un’anima che ha vissuto tremila anni con l’odio nel cuore, ferita dalla persona in cui maggiormente aveva riposto fiducia, delusa dal più grande e potente sentimento che mai una persona possa provare: l’amore! Immaginala, Alcione, e temi il mio rancore, temi la mia collera, poiché adesso la riverserò su di te!!! Rogo di Didone!!!"
Una gigantesca palla infuocata sfrecciò verso l’Hero alla velocità della luce, obbligando Alcione a difendersi con un secco colpo dei suoi tentacoli, che spaccarono la sfera, lasciando che le fiamme si schiantassero al suolo. Ma subito dovette fronteggiarne un’altra, e un’altra ancora. Saettavano verso di lei come globi infuocati, generate dal cosmo di Didone, che pareva imbevuto di odio e rancore, di un’ira sconfinata che il tempo non era riuscito a cancellare. Alcione cercava di difendersi, roteando i suoi lunghi tentacoli, usandoli come catene difensive per impedire alle bombe di fuoco di raggiungerla, ma così facendo disperdeva le fiamme, che continuavano ad ardere attorno a lei, scivolando sul pavimento di marmo, anime erranti partecipi dello stesso dolore della loro Regina.
"Hai creato con le tue stesse mani il rogo su cui il tuo corpo verrà offerto in sacrificio!" –Ironizzò Didone, osservando l’oceano di fiamme che si estendeva attorno all’Hero della Terza Legione, un oceano che sembrava vivo, che pareva avvicinarsi sempre di più alla donna, che ancora si ergeva, a fatica e sudando, al centro di esso, roteando i suoi tentacoli. Li sbatté più volte a terra, cercando di spegnere con essi le fiamme mortali, ma fallì, facendole soltanto schizzare in aria, per osservarle poi ricadere a terra, unendosi con le altre lingue di fuoco loro sorelle e stringersi sempre di più attorno ad Alcione.
"Didone! Riesco a sentire le tue fiamme, riesco a percepire l’ardente ira che ancora ti muove! La sento chiaramente emergere in questo oceano sconfinato di dolore!" –Gridò Alcione, sudando sempre di più, a causa dell’elevata temperatura. –"E me ne dispiaccio, perché credimi, nell’ascoltare la tua storia, e nel sentire la bontà del tuo cuore ferito, hai diritto a tutta la comprensione di una donna! E forse di un’amica!"
"Risparmiami la morale, Alcione!" –Commentò seccamente Didone, sollevando il braccio destro e aizzando le fiamme nell’ultima avanzata verso l’Hero di Ercole. –"In questa vita, perso l’amore, persa la mia città, persa la mia gente, mi è stato negato tutto, persino l’affetto di un amico! E non saranno le tue deboli parole, pronunciate soltanto per aver salva la vita, a mutare le mie opinioni su Enea o su me stessa!"
"Le mie parole sono sincere, prive di ogni velleità opportunistica! Ma se ad esse non vuoi prestare ascolto…" –Esclamò Alcione, espandendo il suo cosmo, profondo come gli abissi dell’oceano. –"…Presta ascolto alla purezza del mio cosmo!!! Alti flutti spumeggianti !!!" –Gridò l’Hero, liberando il suo immenso potere.
Onde alte, simili ai marosi che imperversano nel mare grosso, sorsero dietro di lei, abbattendosi con veemenza sulle fiamme circostanti, spegnendole all’istante, prima di continuare la loro corsa verso la Regina Fenicia, che tentò di difendersi avvolgendosi in una sfera di fuoco, senza riuscirvi. Le fiamme ardenti di Didone vennero spente e la donna spinta indietro, travolta dai cavalloni di energia acquatica evocati da Alcione, che crollò sulle ginocchia poco dopo, per riprendere fiato, stanca per la lotta continua.
L’acqua nel frattempo prese a scorrere via, scivolando fuori dalla prima cella dell’Heraion e lasciando una grande pozza al centro della quale Didone si rimise in piedi poco dopo, con le vesti ed i capelli inzuppati, ma nient’altro segno visibile di danni subiti. I flutti spumeggianti raggiunsero anche Gerione e gli altri Heroes della Terza Legione, ammassati sul lato settentrionale della cella, tra i detriti del muro e delle colonne crollate in precedenza, risvegliandoli dallo svenimento. A fatica, il secondo ufficiale della Legione del Mare riuscì a rimettersi in piedi, scuotendosi dal torpore in cui era precipitato. Aveva l’armatura gravemente danneggiata, una brutta ferita sopra la tempia ed era privo delle fruste, distrutte da Didone mezz’ora prima. Proteus e Arsinoe si risollevarono poco dopo, aiutando Nesso, ancora troppo debole. Impiegarono qualche secondo per focalizzare la scena, restando impressionanti dal poderoso assalto di fiamme amare che Didone stava dirigendo contro la loro Comandante.
"Ti credevo di un’altra pasta, Alcione della Piovra!" –Esclamò la Regina Fenicia. –"Diversa indubbiamente! Forse migliore!"
"Perché come sono in realtà? Non soddisfo i tuoi canoni di perfezione femminile?" –Ironizzò Alcione, rispondendo all’assalto di Didone con un violento maroso.
"Non è questo il punto! Non è soltanto l’esteriorità a rendere una donna tale! Non basta un paio di belle gambe lunghe a conquistare lo sguardo di un uomo! Esse servono ad attirarlo, ma per tenerlo a sé, per sempre, una donna deve saper amare, deve essere in grado di mettere tutta se stessa nelle mani dell’uomo con cui vuole trascorrere il resto della vita, dell’uomo che ha scelto come padre dei suoi figli!" –Disse Didone, ricordando con dolore, e con rabbia, i pensieri sul futuro che l’avevano invasa tremila anni prima, quando passeggiava con Enea lungo le operose strade di Cartagine e sognava il figlio che avrebbe voluto avere da lui. –"Tu, che difendi le mancanze di Enea, che giustifichi l’abbandono e l’oblio, e la morte a cui mi ha condannato, dimostri di non provare comprensione per me, che sono donna al pari tuo, e forse anche di più!" –Concluse la conversazione seccamente Didone, scatenando un turbinante assalto di fuoco che schiacciò Alcione contro il muro anteriore, facendola ricadere a terra poco dopo.
"Sei nel torto!" –Esclamò Alcione, rialzandosi, ma Didone la fulminò con uno sguardo, inchiodandola alla parete con i suoi enormi poteri.
"Non sei nella posizione adatta per giudicare la mia sofferenza!" –Sentenziò la donna, sollevando immense colonne di fuoco, dagli spettrali riflessi, che avvolsero Alcione, chiudendosi su di lei fino a formare una gabbia di incandescente energia. –"Questa sarà la tua prigione, Alcione! Durerà poco, molto poco rispetto al dolore che ho provato io per tremila anni, ma almeno servirà per ricordare anche a te, che hai avuto l’ardire di giudicarmi, cosa significa la sofferenza! Ogni minuto la gabbia si stringerà su di te, aumentando inesorabilmente ad ogni movimento brusco che farai, fino a stridere sulla tua corazza, frantumandola e dilaniando le tue giovani carni! Diverrai cenere ed io la spargerò al vento, dall’alto dell’Heraion di Samo, facendoti il dono che io non ho avuto! Il riposo eterno!" –Sospirò Didone, con un tono di voce più calmo, quasi fatalistico e rassegnato.
"Liberala immediatamente!!!" –Esclamò una decisa voce maschile, che obbligò la donna a voltarsi verso nord, ove incontrò lo sguardo irato di Gerione del Calamaro.
"Vuoi provare anche tu le sofferenze a cui ho destinato il tuo Comandante, stupido concentrato di ormoni maschili?!" –Ironizzò Didone, bruciando il proprio cosmo, fino a circondarsi di guizzanti fiamme, che subito diresse contro Gerione, il quale fu abile a gettarsi a terra, rotolando sul pavimento scivoloso ed evitandole. –"Credi che le tue abilità circensi bastino per arrivare a me?" –Esclamò la donna, liberando un’immensa fiamma che fece ribollire il pavimento, trasformandolo in un camminamento di tizzoni ardenti.
"Aaargh!!" –Gridò Gerione, cercando di fuggire da quella brace assassina che pareva comparire ovunque egli ponesse piede.
"Gerione!!!" –Intervennero Arsinoe dello Scoiattolo e Proteus della Razza. –"Grande Razza!!! Ghiande Esplosive!!!" –E scagliarono i loro colpi contro Didone, che li fermò, lasciandoli schiantare su una sfera di fuoco con la quale si difese, prima di spingerla verso di loro con un secco colpo del braccio destro. Proteus, Arsinoe e Gerione vennero travolti dal vorticar di fiamme della Regina di Cartagine e scaraventati nuovamente contro il muro settentrionale, sfondandolo e precipitando all’esterno, sotto il cielo di quella mattina greca ormai tinta di sangue.
"Voi non siete Alcione! Non avete la sua forza né siete degni di attenzione alcuna!" –Commentò Didone acidamente, prima di concentrare una nuova sfera di fuoco tra le mani e dirigerla verso i tre Heroes, i quali però furono abili e svelti a balzare lateralmente per evitarla, lasciando che si schiantasse sul pendio dietro di loro, incendiandolo.
"Noi non siamo Alcione, questo è vero! Ma da anni ci impegniamo ad esserlo! A fare tutto il possibile per avvicinarci a lei!" –Esclamò Gerione, correndo dentro la cella, avvolto in un’aura color verde smeraldo. –"Per avere un minimo della sua umanità, della sua forza d’animo, della sua volontà! Per poter sperare di essere un giorno grandi come lei!"
"Gerione!" –Mormorò Alcione, commossa dalle parole dell’amico.
"Nobili parole le tue, Gerione del Calamaro! Se tu non fossi un uomo quasi le prenderei per vere!" –Ironizzò Didone, lanciandogli contro una nuova sfera infuocata, che Gerione evitò balzando in alto ed aggrappandosi ad una colonna con le mani, sfruttando le ventose speciali di cui la sua corazza del Calamaro era dotata, che gli permettevano di aderire alle superfici lisce.
"Dovresti farlo invece, perché è così! Fruste del Tuono!!!" –Esclamò Gerione, staccandosi dalla colonna e lanciandosi dall’alto contro Didone, scatenando i guizzanti fulmini verdi di cui era padrone. –"Non ho bisogno delle mie fruste per scagliare il mio colpo segreto! Ciò che mi serve è solo la forza di volontà!"
"No!" –Affermò seriamente Didone, fermando l’assalto di Gerione con un muro di fiamme e bloccando i movimenti del ragazzo a mezz’aria. –"Ciò che ti serve è una buona dose di fortuna, che tu non hai!!!" –Aggiunse, scatenando un inferno di fiamme contro l’ufficiale della Legione dei Mari, che venne travolto da distanza ravvicinata e scaraventato indietro, con la corazza distrutta e numerose ustioni sul corpo.
L’Hero del Calamaro si schiantò malamente molti metri addietro, debole e incapace di rialzarsi, di fronte agli occhi sconcertati dei suoi compagni e di Alcione, che reagì istintivamente espandendo il proprio cosmo e cercando di liberarsi da quella stretta morsa che stava diventando sempre più piccola. Mosse con forza i suoi tentacoli, nel tentativo di scardinare le maglie della gabbia di fuoco, ma non vi riuscì, osservando con orrore la distruzione delle sue lunghe protesi al contatto con l’incandescente energia di Didone.
"Non possiamo esitare con lei!" –Esclamò Proteus della Razza, bruciando il proprio cosmo e lanciando il suo colpo avanti, sotto forma di un’enorme razza energetica.
"Ghiande esplosive!!!" –Lo seguì Arsinoe, scagliando migliaia di piccole bombe di energia cosmica contro la donna, la quale sorrise maliziosamente, scuotendo la testa, prima di parare il loro assalto congiunto con un muro di fiamme, prima di disperderlo con un secco colpo del braccio.
"Non avete imparato proprio niente!" –Commentò Didone, prima di bloccarsi d’istinto, accorgendosi che Arsinoe e Proteus non erano più davanti a lei. Li cercò con il cosmo, ma li trovò troppo tardi, quando ormai erano alle sue spalle, ad una distanza troppo vicina da non aver il tempo di voltarsi e travolgerli.
"Tu dici?!" –Esclamò Proteus, con voce fiera, unendo il proprio cosmo a quello di Arsinoe e dirigendo il loro assalto energetico contro Didone, che venne colpita alla schiena e scaraventata avanti, sbattendo la faccia sul marmo distrutto della cella.
"Potrei quasi abituarmi a lavorare in coppia con te!" –Ironizzò Arsinoe, atterrando a fianco dell’Hero della Razza. Dopo aver lanciato i loro colpi segreti infatti, i due, sicuri che Didone li avrebbe parati e dispersi con il fuoco, come aveva fatto in precedenza, erano schizzati di lato, superando il loro stesso assalto e portandosi dietro di lei, per caricare un nuovo attacco congiunto, sperando che quella tattica potesse servire loro per portarsi in vantaggio.
"Temo che dovremo abituarci alla prospettiva di morire assieme!" –Commentò Proteus con un sospiro, alla vista della Regina di Cartagine alzarsi nuovamente e voltarsi verso di loro, rimasti in piedi al centro della cella, senza aver subito alcun danno apparente.
"Una strategia notevole!" –Esclamò la donna, allungando una mano dietro di sé, per tastare il punto della schiena dove i due l’avevano colpita e sentendo una crepa nella sua Veste Divina. –"Se l’avversario fosse stato un altro, magari uno di quegli sciocchi principi mortali che si atteggiano a signori dell’universo, investiti dal sommo Dio creatore di una missione a cui non possono sottrarsi, forse avreste avuto la vittoria! Ma da me, l’immortale Regina Fenicia, avrete soltanto la morte!" –Sentenziò Didone, espandendo il proprio cosmo e concentrandolo sotto forma di un globo di energia infuocata che diresse con forza e alla velocità della luce contro i due Heroes, che, indeboliti per lo sforzo sostenuto, non riuscirono ad evitarlo, venendo investiti in pieno. –"Rogo di Didone!!!" –Le corazze dello Scoiattolo e della Razza andarono in frantumi e i corpi nudi di Arsinoe e Proteus si incenerirono pochi istanti dopo, tra grida disumane di dolore, travolti dalla devastante fiamma infernale che Didone aveva evocato. –"Così, sul rogo di Didone, altri mortali hanno incontrato la morte, trovando infine sollievo dalle sofferenze di questo mondo!" –Commentò la Regina, volgendo lo sguardo verso la sua prigioniera.
"Da come ne parli, sembra che la morte sia un premio, un rifugio per chiunque voglia sottrarsi al dolore della vita!" –Esclamò Alcione, con gli occhi carichi di lacrime per aver assistito, impotente spettatrice, alla tragica morte di Arsinoe e Proteus. –"Non pensi che in realtà sia la fine della felicità e della vita di un uomo? Non credi di arrogarti un diritto che spetta soltanto a Dio?!"
"No, Alcione della Piovra! Non lo credo!" –Rispose decisa Didone. –"E non lo penseresti neanche tu se avessi vissuto tremila anni con un’angoscia montante nel cuore, con uno spettro da cui non sei in grado di liberarti e che sei obbligata ad osservare ogni notte, quando cinico e soddisfatto si distende sul letto accanto a te, senza mai lasciarti, tormentando la tua anima e legandosi ad essa in un legame indissolubile!" –Esclamò la Regina, slacciando i bracciali protettivi della sua Veste Divina e rivelando i suoi polsi al Comandante degli Heroes. Erano sfregiati, pieni di tagli e di ferite, anche profonde, segni evidenti del male che la donna aveva deciso di infliggersi in quegli anni in cui, dopo aver lasciato l’Olimpo e essersi rifugiata ad Argo, aveva dovuto ammettere di aver fallito, di non essere riuscita a dimenticare se stessa e il suo passato, di non essere riuscita ad andare oltre.
"Didone… tu…" –Mormorò Alcione, scuotendo la testa sconvolta. Ma la stridente voce di un uomo distrasse entrambe le donne, obbligando il Comandante della Legione del Mare a sollevare lo sguardo al di là della snella figura di Didone.
"Perdonatemi, mia regina!" –Esclamò Miseno del Pesce Rombo, uno degli Heroes della Legione del Mare, afferrando Didone da dietro in modo da bloccarle le braccia e avvolgerla nel cosmo che stava concentrando attorno a sé. –"Perdonate la mia inutilità! Non sono servito a molto come Heroes!" –Commentò l’uomo, riferendosi alle sue scarse capacità in battaglia, di cui sia Alcione che gli altri compagni erano a conoscenza, per quanto nessuno lo avesse mai rimproverato per questo.
Dopo che Didone aveva travolto Gerione e gli altri con il suo Turbinio di fiamme amare, Miseno si era nascosto dietro un gruppo di colonne crollate, incapace di decidere cosa fare. Avrebbe potuto lanciarsi contro Didone, ma lei certamente lo avrebbe ucciso prima ancora di scagliare il proprio colpo segreto, lento e debole come era. Avrebbe potuto andarsene, sgattaiolare fuori dal tempio, silenzioso e abile a non farsi notare, e lasciare una battaglia in cui non c’era posto per lui. Ma alla fine aveva preferito aspettare, concentrando il cosmo dentro di sé, per liberarlo in una sola volta, nell’unico modo che aveva per poter recare danno all’invincibile Regina Fenicia.
"Miseno!!! Che cosa stai dicendo?!" –Gridò Alcione, spaventata.
"Perdonatemi, mia regina! Vi chiedo soltanto questo! Sono sempre stato inutile e scarso in battaglia, abile soltanto a penetrare le linee nemiche senza farmi scoprire, abile soltanto a strisciare nell’ombra e là rimanervi, ad attendere la quiete dopo la tempesta, incapace di affrontarla a testa alta come Gerione e i miei compagni hanno sempre fatto!" –Spiegò Miseno. –"Attirato dalla gloria e dalla possibilità di acquisire un potere maggiore, accettai l’offerta di Lica della Seppia, divenendo uno Shadow Hero, che avrebbe dovuto ribellarsi a voi e recuperare la Lama degli Spiriti! Ma non ce l’ho fatta! È ironico, quasi ridicolo! Sono stato troppo debole persino per tradirvi! Mi è mancato il coraggio! O forse non ho mai desiderato completamente farlo perché a voi devo la mia investitura, a voi devo la sincerità con cui mi avete guardato nonostante fossi inferiore alla media dei miei compagni! Questo è il mio dono, per ringraziarvi della vostra onestà e per pagare le mie colpe e le mie debolezze! Per voi, Comandante Alcione, soltanto per voi!!!" –Esclamò Miseno, lasciando esplodere tutto il suo cosmo, stretto al corpo esile di Didone.
Vi fu una violenta esplosione di luce, che fece tremare le mura e le colonne dell’Heraion, abbattendone alcune e scuotendo persino la gabbia di fuoco in cui Alcione era rinchiusa, spingendo indietro la donna, fino a farla schiantare contro alcune maglie ardenti, danneggiando la sua corazza. Quando la luce cessò, e la polvere iniziò a diradarsi, Alcione poté osservare la sagoma di Didone emergere dalle rovine, con la Veste Divina notevolmente danneggiata e i coprispalla sporgenti distrutti, con ciocche di capelli bruciati e strappati e un taglio lungo il viso. Di Miseno non vi era più traccia alcuna.
"Quanti altri dovranno morire?" –Domandò la donna, avvicinandosi ad Alcione. –"Perché tu possa trovare la forza di uscire da quella gabbia e impugnare l’unica arma che possa uccidermi, l’unica arma che possa liberarmi da questa eterna prigionia?!"
Alcione si irrigidì, comprendendo le volontà della Regina, troppo legata ad Era, troppo grata alla Dea Madre per averla salvata e accolta nella sua casa, avendo compassione e comprensione per una donna che aveva provato i suoi stessi patimenti, per ammettere di voler rinunciare a quel premio, a quell’immortalità che col tempo e con il continuo ritornare del fantasma di Enea e del loro amore perduto, era divenuta una punizione. Un tormento indescrivibile.
"Onorerò il mio patto con Era fino in fondo, Alcione! Sappilo!" –Tuonò Didone, ergendosi di fronte all’Hero, avvolta in un turbinar di fiamme che rendeva la sua figura un’infernale apparizione. –"Molto di più dovrai impegnarti se vorrai oltrepassare la soglia che ti separa dalla seconda cella! Molto di più dovrai impegnarti per impedirmi di uccidere gli ultimi due compagni della tua brigata!" –Aggiunse la donna, riferendosi a Nesso e a Gerione che, seppur debolissimi, giacevano ancora vivi in mezzo a cumuli di detriti e mucchi di rimpianti.
"Io… saprò vincerti!!!" –Gridò infine Alcione, bruciando il suo cosmo, lasciandolo scivolare fuori dalla stretta morsa di quella gabbia infernale, come freschi flutti spumeggianti, prima di concentrarlo e liberarlo di colpo. –"Esplosione dei Silenti Abissi!!!" –Urlò la donna, disintegrando la prigione in cui era reclusa e travolgendo Didone, che venne scaraventata indietro con una violenza immane, abbattendosi sul muro dall’altro lato della stanza e facendone crollare un pezzo sopra di lei. –"Vuoi che mi impegni? Vuoi un combattimento all’ultimo sangue, senza tregue né rispetto per il proprio avversario? Allora lo avrai, Didone! Ti giuro che lo avrai! La cattiveria che hai dimostrato, massacrando gli Heroes miei compagni, era ingiustificata, poiché deriva soltanto dall’odio che provi per te stessa, per non essere stata abbastanza forte da dimenticare Enea, per non essere stata in grado di andare oltre e rifarti una vita! Sei stata debole e indolente, naufraga solitaria in un oceano di ricordi, a cui hai permesso di affogarti, abbandonando ogni speranza nel futuro!!!" –Esclamò Alcione, sollevando il braccio destro ed evocando alte onde di energia acquatica, che subito si abbatterono su Didone, schiacciandola a terra. –"Alti flutti spumeggianti!!!"
I cavalloni di acqua ed energia sballottarono Didone per l’enorme sala, schiantandola contro la parete meridionale con una pressione immensa, tale da impedire alla Regina qualsiasi movimento. Uno dopo l’altro, uno di seguito all’altro, senza darle tregua, senza darle la possibilità di reagire. Un maremoto di energia che distrusse il muro, aprendo una breccia verso l’esterno, da cui l’acqua scrosciò fuori con impeto devastante. Alcione scattò avanti, lanciando i tentacoli del suo braccio sinistro, quelli ancora intatti, e afferrando con essi la Regina Fenicia, fermando ogni suo movimento ed iniziando a stritolarla con forza, schiantando la sua corazza.
"Era questo che volevi, Didone? Era questa la forza che volevi che io mostrassi?" –Ringhiò Alcione, furiosa come non era mai stata prima. –"Hai tirato fuori il lato peggiore di me, inquinando le fresche acque di cui sono signora e padrona! E adesso ne pagherai le conseguenze! Adesso vendicherò Miseno, Arsinoe, Proteus e tutti gli altri Heroes caduti in questa sporca guerra!!!" –Gridò, sollevando il braccio destro al cielo, evocando immense onde che sorsero dietro di lei, mentre con i tentacoli del sinistro teneva ancora Didone prigioniera. Ma prima di scagliare il poderoso assalto le tornarono alla mente le parole di Ercole, Dio dell’Onestà, e di Linceo, precedente Hero della Piovra e suo mentore.
"Siamo Eroi, non assassini! E come tutti gli Eroi, siamo destinati a rimanere soli!" –Alcione sorrise, ricordando Linceo con ammirazione e tristezza, prima di abbassare il braccio destro, placando la furia offensiva dei cavalloni di energia. Didone approfittò di quella momentanea incertezza della sua avversaria per far esplodere il suo cosmo, in un turbine di fuoco, che spazzò via i tentacoli che la tenevano prigioniera, reinviandoli contro Alcione, che barcollò non poco per rimanere in piedi.
"Hai sprecato l’unica occasione per vincermi! Adesso non ti sarà facile sorprendermi di nuovo! Ed io potrò finalmente giustiziarti per aver preso le difese di Enea, per aver avallato la tesi secondo cui per un destino di gloria e per ambizioni di potere un uomo debba rinunciare all’amore, al vero amore!" –Esclamò Didone, espandendo al massimo il suo cosmo, che riempì l’intero salone di fiamme. –"Turbinio di fiamme amare!!!" –E scagliò contro Alcione il massimo dei suoi colpi, avvolgendola in un vortice di fuoco, facendola roteare su se stessa, mentre lingue fiammeggianti le danneggiavano l’armatura, bruciandole la veste e la pelle al di sotto di essa, fino a farla schiantare malamente contro quel che restava della parete sul lato nord, che crollò su di lei, schiacciandola.
Didone rimase ad aspettare che l’Hero si rialzasse, contando i minuti che scandirono il tempo, certa che Alcione avrebbe trovato la forza per mettersi nuovamente in piedi. A fatica, tossendo e ansimando, l’Hero della Piovra sollevò i detriti e i pezzi di muro caduti su di lei, aiutandosi con i suoi robusti tentacoli, prima di emergere e incamminarsi a passo stanco verso la Regina Fenicia, che la osservò con stizza, trovandola sporca e debole, incapace di sopportare un altro assalto. A sorpresa, invece, Alcione scattò avanti, lanciando i tentacoli della Piovra contro di lei, che fu agile a balzare in alto, evitandoli, e poi a tuffarsi contro l’Hero, colpendola con un calcio sulla mascella, spingendola indietro, prima di travolgerla con un’onda di pura energia, che sbatté Alcione contro una colonna, danneggiando ulteriormente la sua corazza.
"Il tempo di combattere è finito! Adesso è giunto il momento dell’ultimo rito!" –Esclamò Didone, sollevando immense colonne di fuoco, che accerchiarono Alcione, delimitando lo spazio dentro al quale l’atto rituale avrebbe avuto luogo. –"Rogo di Didone!!!" –Gridò la donna, concentrando il cosmo in una sfera infuocata e lanciandola contro Alcione, dandole l’ultimo saluto. Ma prima che una delle due potesse muovere un muscolo, una figura sfrecciò in mezzo al cerchio di fiamme, intercettando l’attacco di Didone e ricevendolo in pieno petto, stringendo i denti per il dolore, ma senza emettere alcun grido. Stoico, come soltanto un Eroe sapeva essere.
Gerione ricadde a terra in una pozza di sangue, con il corpo ricoperto di ustioni e il bel viso sfregiato, e Alcione fu subito su di lui, chinandosi in lacrime sull’amico al cui fianco aveva trascorso una vita intera.
"A.. Alcione.." –Balbettò Gerione, mentre i sensi lo abbandonavano. –"Alcione! Promettimi… promettimi che tornerai a Spinalonga! Che combatterai per il nostro popolo, per dare loro la libertà! La libertà che abbiamo sognato insieme!"
"Gerione… perché? Perché?!" –Pianse Alcione, lasciando cadere le sue fresche lacrime sul volto incenerito dell’amico, stringendolo a sé come un fratello.
"Un giorno… ci rivedremo… e torneremo a correre insieme per i viottoli sterrati di Creta, alla ricerca del Minotauro e dei tesori di Cnosso… torneremo a nuotare nelle verdi acque intorno all’isola, assieme agli amici e ai genitori che abbiamo perduto! Alcione…" –La chiamò nuovamente Gerione, chiudendo gli occhi. –"Promettimelo, Alcione! Spinalonga ha bisogno… di te!"
Alcione rimase a piangere per qualche minuto, sul corpo spento di Gerione, sul corpo dell’amico più vecchio e sincero che mai avesse avuto. L’amico che, come lei, era scampato alla conquista di Spinalonga e al massacro degli Ottomani. L’amico insieme al quale aveva sognato per anni di liberare l’isola cretese e restituirle la libertà, come i loro avi avrebbero desiderato. L’amico che aveva condannato a morte per la sua debolezza, per la sua ritrosia ad uccidere una donna il cui dolore aveva cercato di comprendere, al punto da interiorizzarlo e farlo proprio. Ma adesso, quel dolore aveva mietuto un’altra vittima, l’unica che Alcione non avrebbe mai voluto stringere tra le braccia.
Facendosi forza, Alcione si rialzò ed espanse il suo cosmo, che si palesò attorno a lei come immense onde di energia che sfrecciarono impetuose contro la Regina Fenicia, rimasta silenziosa ad assistere alla scena, all’ultimo saluto tra due vecchi amici, rivedendo per un momento le lacrime di Anna, sua amata sorella, di fronte al suo corpo straziato. Riprendendosi, Didone liberò le guizzanti fiamme del suo cosmo, fermando l’avanzata dei cavalloni di energia, scontrandosi nel bel mezzo della cella, che ribolliva dall’energia scatenata.
"Turbinio di Fiamme Amare!!!" –Gridò Didone, liberando il suo devastante assalto. Ma quella volta Alcione seppe resistere, piantandosi nel terreno con i tentacoli della sua corazza, che spaccarono il marmo incrinato, impedendo alla donna di venir sbattuta via, prima di scatenare l’immenso potere dell’oceano.
"Esplosione dei Silenti Abissi!!!" –Urlò Alcione, travolgendo Didone con una vera e propria deflagrazione di energia, che spazzò via tutte le fiamme della Regina Fenicia, scaraventandola indietro e disintegrando la sua Veste Divina. Per la potenza dell’impatto, Didone ricadde a terra sbattendo la testa e perdendo sangue dal cranio, ma riuscì comunque a rimettersi in piedi, dolorante e con il fisico duramente provato, schiava di quell’immortalità che la condannava ad un eterno dolore. Con rabbia si lanciò verso Alcione, accorgendosi soltanto all’ultimo che l’Hero si era chinata sul corpo inerme di Nesso, per raccogliere l’unica arma che avrebbe potuto ucciderla.
Si scontrarono a mezz’aria, Alcione e Didone, in un turbine di fiamme e di acqua, con lividi sul volto e nel cuore, per darsi l’ultimo saluto. La Lama degli Spiriti affondò nel petto di Didone, trapassandole il cuore e strappandole un gemito di dolore fisico, il primo che riusciva a provare fin da quando si era lasciata cadere sulla spada di Enea. Satura di cosmo e di energia, la Lama degli Spiriti si disintegrò nelle mani di Alcione, spingendo l’Hero indietro con una piccola esplosione, che ferì il suo braccio destro, mentre Didone, boccheggiando per qualche istante, riuscì soltanto ad emettere un ultimo suono prima di svanire.
"Gra... Grazie!" –E la sua anima si dissolse completamente. Alcione crollò a terra, sui frammenti sbriciolati della Lama, e le tornarono in mente le parole di Ercole e del Saggio del Jamir al riguardo. La Lama degli Spiriti era nata dalle lacrime di una donna, che tanto aveva pianto e sofferto per amore al punto da dare la vita, e sarebbe stata distrutta soltanto a causa di un’altra donna che avrebbe portato in grembo la stessa sofferenza. Come infatti era accaduto.