CAPITOLO TRENTADUESIMO: LA DEA DELL’ARCOBALENO

Mentre Adone e Deianira si lanciavano insieme per l’ultima volta contro Borea, il freddo Vento del Nord, i rimanenti Heroes erano impegnati ad affrontare i soldati semplici che Era aveva vigliaccamente inviato contro di loro. Uomini comuni, contadini, maniscalchi, pescatori delle isole dell’Egeo, obbligati ad accettare una volontà divina a cui non potevano opporsi in alcun modo, per non incorrere nelle ire del potente Argo. Alcione della Piovra, Marcantonio dello Specchio e Chirone del Centauro, i tre Comandanti delle Legioni di Ercole, avevano suggerito ai loro compagni di non utilizzare armi né colpi segreti contro queste persone, vittime involontarie di un potere che non erano in grado di contrastare. Ma così facendo la battaglia pareva destinata a procrastinarsi a lungo tempo, logorando anche le attese degli Heroes, determinati ad incontrare Era e regolare i conti con lei. Anche Tersite della Mongolfiera e Penelope del Serpente avevano raggiunto i compagni, dopo aver lasciato Nestore dell’Orso, con Dione e Polissena, ad affrontare Partenope.

"Fermatevi, uomini liberi di Samo!" –Esclamò infine una voce, distraendo tutti i contendenti dallo scontro e obbligandoli a voltarsi verso il basso, verso il sentiero che dalla spiaggia conduceva su per la collina più alta, fino all’Heraion di Era. Là, tra gli arbusti incolti e macchiati dal dolore, apparve Ercole, Dio dell’Onestà, prontamente riconosciuto dai soldati di Era, che indietreggiarono impauriti. –"Non avete motivo per arretrare, uomini liberi di Samo! Questa è la vostra terra, non la mia, ove io sono giunto in veste di visitatore, per incontrare la Regina di quest’isola, Signora dell’Olimpo! Non la guerra muove i miei passi, né quelli dei miei compagni, che hanno avuto buon cuore e intelligenza di non usare i loro poteri contro avversari al di sotto delle loro possibilità, ma soltanto il desiderio di confrontarmi con colei che questo conflitto ha iniziato! Scansatevi dunque e avrete salva la vita! Scendete a Samo, salite sulle navi e veleggiate via, verso le vostre famiglie e le vite che avete abbandonato, obbligati ad imbracciare le armi contro la vostra volontà!"

"La nostra volontà è di combattervi, possente Ercole!" –Esclamò un gruppo di uomini, avanzando uno al fianco dell’altro, mentre gli Heroes si facevano indietro, aprendosi a ventaglio attorno al loro Dio, senza reagire.

"Non è vero! E questo io lo sento!" –Precisò Ercole, fissando gli uomini con sguardo deciso, ma pieno di tristezza. –"Non ho bisogno di prestare ascolto alle vostre parole, dettate soltanto dalla paura della rappresaglia che temete possa scatenarsi su di voi! No, non riuscirete ad ingannare il mio cuore, che riconosce la purezza del vostro animo e il grido disperato di liberazione che da esso si leva! Andatevene, e non vi farà fatto alcun male!"

I soldati di Era esitarono per un momento, guardandosi smarriti tra di loro, mentre Ercole e gli Heroes rimasero immobili di fronte ad essi. Ma prima che potessero prendere una qualsiasi decisione, vennero tutti travolti da un possente attacco energetico, che si materializzò sotto forma di dirompenti fasci di luce dai mille colori, che apparvero dall’alto del colle, abbattendosi sui soldati e sugli Heroes e scatenando il panico.

"No!!!" –Esclamò una squillante voce di donna, mentre una veloce sagoma balzava nel cielo sopra di loro, proiettando la sua pericolosa ombra su tutti i presenti. –"È tardi ormai! In guerra non sono ammessi dubbi o esitazioni! Quando questi si verificano, quando non è chiaro il motivo per cui un soldato combatte, allora egli non è degno del nome che porta, egli è soltanto un vigliacco, un uomo inconcludente, incapace di portare a termine la missione suprema di cui la sua Regina lo ha investito!" –Affermò con enfasi, Iris, la Messaggera degli Dei, comparendo sul campo di battaglia, sollevata da un luminoso tappeto di sette colori, prima di investire i soldati semplici di Era, e qualche Heroes troppo vicino a loro, con un devastante flutto energetico, facendo strage di tutti i loro dubbi e delle loro umane incertezze.

"Iris!!!" –Ringhiò Ercole, rattristato alla vista del massacro operato dalla Messaggera di Era. –"È così grande e cieca la fede che riponi nella tua Dea da spingerti ad uccidere i suoi stessi servitori con tale noncuranza?!"

"Di quali servitori stai parlando? Soltanto i Sommi Sacerdoti Argo e Didone separano ormai voi Heroes da Era! Costoro erano soltanto un gruppo di derelitti infedeli, incapaci di cogliere la profonda essenza dell’animo di Era, incapaci di meritare la gloria di cui la mia Regina avrebbe fatto loro dono! Hanno esitato, prestando ascolto alle tue parole, hanno lasciato che il dubbio li cogliesse, perdendo di vista lo scopo della loro missione, lo scopo primario della loro stessa esistenza!" –Li accusò Iris, osservando con disprezzo i cadaveri dei soldati sparsi nel suolo circostante.

"Le tue parole sono deliranti e fanatiche, Iris, e offendono il ricordo di questi uomini che sopraffatti dal terrore hanno dovuto muovere guerra contro di noi!" –Tuonò Ercole, ma Iris non lo prese affatto sul serio.

"Ricordo?! Un soldato che non sa essere tale, che tradisce la causa per cui deve lottare, non merita che i posteri ricordino il suo nome! No, merita soltanto di perdersi nella dimenticanza, gettato via in una fossa anonima e punito per il peccato supremo di cui si è macchiato. Il rifiuto di servire il Dio a cui tutto deve!" –Sentenziò Iris, prima di espandere il suo cosmo. –"Ma se davvero vuoi farti portatore delle cause perse degli uomini, Sommo Ercole, vieni avanti e mostrami l’ardore che anima questi esseri inferiori! Io ti aspetterò a testa alta e saprò oppormi strenuamente per difendere il mondo divino che hai rinnegato! Il mondo olimpico che hai accantonato!"

Ercole non rispose alle provocazioni di Iris, scuotendo la testa e sospirando, prima di sollevare la possente clava e generare una devastante onda di energia, che squarciò il terreno di fronte a lui, abbattendosi sulla Messaggera degli Dei. Ma Iris subito sfrecciò via, lasciando dietro di sé una scia di sette colori: rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto, che si ricomposero alle spalle di Ercole, mostrando nuovamente l’avvenente figura della figlia di Taumante e Elettra.

"È veloce!" –Commentò Ercole, riconoscendo che Iris aveva schivato il suo assalto, frammentando il suo cosmo in sette scie di colore che avevano superato persino la velocità della luce, prerogativa riservata soltanto agli Dei. Quindi si voltò, sollevando nuovamente la clava per battersi con lei, ma il suo braccio fu fermato dalla mano di Polifemo del Ciclope, Hero della Seconda Legione e storico compagno di avventure del Dio, che lo incitò a correre avanti, assieme alla Terza e alla Sesta Legione.

"Non perdere tempo con i pesci piccoli, mio Signore!" –Esclamò Polifemo, subito affiancato dagli altri Heroes della Seconda Legione. –"Lasciali a noi, che saremo ben lieti di pescarli! Tu corri da Era e dalle la lezione che merita!" –Ercole esitò un poco, titubante a lasciare i propri soldati alla mercè di quella fanatica servitrice della Regina dell’Olimpo, ma poi convenne che fosse la soluzione migliore e si incamminò verso la cima dell’Heraion, seguito da Alcione della Piovra e da Chirone del Centauro, con gli Heroes della Terza e della Sesta Legione al seguito, e da Marcantonio dello Specchio, che Polifemo insistette per togliere dallo scontro. Ma Iris, a tale vista, balzò in sella al suo arcobaleno di luce, sfrecciando nel cielo fino a piombare contro Ercole e gli altri Heroes, per impedire loro di procedere oltre.

"Non ti permetterò di andartene, uomo meschino che hai offeso gli Dei!" –Ringhiò Iris, scatenando le sue furiose onde di energia. Ma improvvisamente una violenta tempesta si abbatté su di lei, mentre turbini di nuvole la avvolsero, sbattendola al suolo e permettendo ad Alcione, Chirone, Marcantonio ed Ercole di proseguire.

"Ali del Mito!" –Gridò Neottolemo del Vascello, con il corpo interamente avvolto da strati vorticanti di nubi.

"Come osate, stolti, opporvi al potere degli Dei? Siete forse così folli da aver perso il senno, dopo anni trascorsi barricati dietro le vetuste mura di Tirinto?!" –Ringhiò Iris, rialzandosi e balzando in aria, per osservare coloro che avevano osato sfidarla. Erano sette uomini, tutti appartenenti alla Seconda Legione: oltre a Polifemo del Ciclope e a Neottolemo del Vascello, erano rimasti al loro fianco Odysseus di Ecatonchirus, Tersite della Mongolfiera, Crisore di Procuste, Leonida della Spada e Temistocle del Pentagono, l’intera Legione d’Onore, priva del suo Comandante, il cui ruolo gli altri ritenevano fosse necessario a fianco del Sommo Ercole.

"Ti affronteremo noi tutti!" –Esclamò Crisore di Procuste, avanzando con baldanza.

"In sette siete? Bene, a voi opporrò i sette colori dell’arcobaleno, di cui sono Signora e Dea! Chi vuol essere il primo a morire? Scegliete voi o vi ucciderò tutti con un colpo solo!"

"Pecchi di umiltà, Messaggera dell’Olimpo!" –Esclamò Crisore, andandole incontro e sollevando la sua ascia con la mano destra. –"Difetto imperdonabile se si vuol vincere una guerra!" –Aggiunse, bruciando il proprio cosmo, prima di scattare contro la Dea, con l’ascia sollevata, e calarla di colpo, liberando centinaia di fendenti energetici. –"Ascia da battaglia!!!" –Ma Iris non sembrò affatto impressionata dalla tecnica dell’Hero, che definì rozza e piuttosto lenta, riuscendo ad evitare gli affondi di Crisore, che non raggiungevano la velocità della luce, con semplici spostamenti laterali, prima di contrattaccare. Sollevò il braccio destro al cielo e poi lo abbassò di colpo, generando un fendente di energia cosmica che attraversò l’Hero verticalmente, da capo a piedi, spingendolo indietro di parecchi metri, con l’armatura danneggiata e ferite sanguinanti, di fronte agli occhi preoccupati dei suoi compagni.

"Quanto spreco di forze!" –Commentò la Dea, mentre Crisore tentava di rimettersi in piedi, sputando sangue e bava. –"Tanti colpi dati a casaccio e neppure uno che mi abbia raggiunto! Ne avresti di strada da fare ragazzo, per raggiungere un miserabile livello tale per cui tu possa anche soltanto ardire di combattere con me! Peccato che quel giorno non arriverà mai, perché morirai prima!" –Aggiunse, sollevando nuovamente il braccio al cielo e caricandolo del suo cosmo violaceo.

"Continui a peccare di superbia, maledetta! E tutta questa presunzione ti perderà!" –Intervenne il giovane Temistocle del Pentagono, lanciandosi avanti, mentre tutto attorno a lui comparivano spuntoni di energia. –"Aculei pungenti!"

Iris si limitò a sorridere prima di volgere il palmo della mano destra verso Temistocle, lasciando che un’accesa luce gialla lo illuminasse trasformandosi in sottili linee di energia, che distrussero tutti gli aculei del ragazzo, trafiggendo il suo corpo. Gridando di dolore, Temistocle si accasciò a terra, mentre un deciso raggio gli trapassava un polmone, mozzandogli il respiro, prima che Polifemo fosse su di lui per trascinarlo indietro.

"Quale potenza!" –Disse Leonida e anche Odysseus non poté che dargli ragione.

"Allora, chi sarà il prossimo? Venite pure tutti insieme! Non vi temo! Un Dio non ha niente da temere dagli umani!" –Esclamò Iris, espandendo il proprio cosmo.

"Se così fosse, per quale motivo Borea e i Venti sono stati sconfitti? Sono stati gli uomini a far provare loro la paura di perdere una battaglia e di cadere in Ade!" –Commentò Neottolemo, avanzando a passo lento di fronte ai compagni, unico tra i sette a non essere rimasto eccessivamente impressionato dai poteri di Iris. –"Se gli uomini fossero esseri così inferiori come tu li dipingi, con cinico disprezzo, come hanno potuto sconfiggere tali Divinità?!"

"Borea e i suoi fratelli erano Divinità inferiori, figli di colei che rifiutò l’Olimpo e il suo sposo Astreo per scegliere l’abbraccio di un mortale! Il loro cosmo e il loro nome sono infetti dall’abbandono da parte di Eos della sua natura divina e questo li ha portati alla sconfitta!" –Commentò Iris, raccontando in breve ai sette compagni la storia di Eos, Dea dell’Aurora, e del principe troiano Titone, da lei così tanto amato al punto da abbandonare l’Olimpo. –"Come possono i figli di una Divinità che ha rinunciato alla sua divina essenza essere degni di sollevare la palma della vittoria?!"

"Disprezzi gli uomini, disprezzi gli Dei che giudichi inferiori, disprezzi Ercole ed Eos perché hanno trovato amore e felicità negli uomini! C’è qualcuno al mondo che meriti le tue lodi, Iris? O sei soltanto una zitella inacidita incapace di comprendere tutto ciò che non conosce soltanto perché non l’ha mai provato?!" –Domandò Neottolemo, con tono sarcastico, facendo infuriare la Messaggera degli Dei.

"L’unica che merita le mie lodi è la mia Signora, Regina dell’Olimpo! A lei sola devo rispondere delle mie azioni! Non certamente a te, soldato presuntuoso!" –Lo zittì lei, messa a disagio dalla calma imperturbabile dell’Hero, prima di chiedergli chi fosse.

"È Neottolemo del Vascello il mio nome celeste, Hero di Ercole e timoniere della Nave di Argo! Ho avuto modo anch’io di arrabbiarmi con la vita, di imprecare contro il destino e contro gli uomini, poiché anni addietro, quando ero giovane e convinto di avere il mondo in mano, persi la donna che tanto amavo, la donna con cui ero cresciuto e con cui avrei voluto stare per l’eternità! Ironia della sorte, fu l’amico migliore che avevo, compagno di addestramento e di emozioni fin dalla più tenera età, a portarmela via! Fui triste, questo è vero, ma non mi arresi! Non gettai via la vita e le mie speranze nel futuro, rifugiandomi nel cinismo e nella frustrazione, che mi avrebbero reso un disprezzatore di cose belle! Anche se forse sarebbe stato mio diritto! No, continuai ad andare avanti, accantonando la delusione e poi superandola, grazie ad Ercole, grazie ai miei compagni, grazie alla vita di gruppo che abbiamo sempre vissuto assieme a Tirinto, che ci ha permesso di condividere gioie e dolori, usando le prime per vincere i secondi!" –Rispose l’uomo, prima di sollevare il braccio, attorno al quale turbini di nubi e di cosmo iniziarono a radunarsi, di fronte allo sguardo inquieto della Dea, che decise di anticipare l’avversario e scagliargli contro le devastanti onde dell’iride. –"Ali del Mito!" –Tuonò Neottolemo, liberando il possente turbinio del suo cosmo, che si schiantò contro le onde di Iris, generando una violenta esplosione che spinse entrambi indietro.

Polifemo e gli altri furono subito su Neottolemo, che aveva perso l’elmo per l’onda d’urto generatasi, per aiutarlo a rialzarsi, e subito notarono che Iris era già in piedi, balzata con uno scatto veloce sulla cima di una sporgenza rocciosa sopra di loro, a pochi metri dall’ingresso dell’Heraion di Era, dentro al quale cosmi accesi stavano già fronteggiandosi. Prima che potessero muoversi, la Messaggera degli Dei mostrò loro il palmo della mano destra, che si illuminò di un’accesa luce gialla, simile al bagliore del sole, prima che la Dea dirigesse contro di loro il suo attacco.

"Giallo di sole!" –Mormorò Iris, mentre una fitta pioggia di raggi energetici piombava sui sette compagni, obbligandoli a separarsi e a scattare via, in direzioni diverse, per evitare di essere trafitti da quei dardi sottili ma penetranti, capaci di sfondare le difese avversari e ferire gli organi interni. Nel tentativo di reagire, Temistocle del Pentagono si lanciò nuovamente avanti, dirigendo i suoi Aculei pungenti contro i raggi di Iris, riuscendo a neutralizzarne parecchi, ma non tutti, che scendevano ad una velocità superiore rispetto a quella con cui egli poteva muoversi. In suo aiuto venne allora Leonida della Spada, che puntò l’indice destro verso Iris, sprigionando i suoi decisi raggi energetici, che si scontrarono con quelli prodotti dalla Dea, annullandosi a vicenda, di fronte agli occhi stupefatti di Iris.

"Come puoi?" –Ringhiò furiosa, osservando la nobile calma dell’Hero della Spada.

"Ti ho osservato quando hai scagliato il tuo colpo la prima volta, Messaggera degli Dei! E ho notato l’andamento dei tuoi raggi! Essi partono da un nucleo centrale, rappresentato dal palmo della tua mano, e si diffondono tutti attorno, espandendosi progressivamente ma sempre concentrando la maggioranza dei raggi al centro! Solo pochi, in effetti, colpiscono le aree laterali! Ed io, che ho occhio sufficientemente acuto, grazie all’allenamento di spada che ho ricevuto, sono riuscito a neutralizzare il mucchio centrale dei tuo colpi, vanificando gli altri di conseguenza!" –Spiegò Leonida della Spada, senza ammettere di essere stato raggiunto da una decina di raggi energetici, che lo avevano perforato e ferito. –"Il tuo colpo segreto è ormai vano!"

"Umpf! Credi davvero di aver visto tutto?" –Ironizzò Iris. –"Hai già dimenticato le mie parole? Sette colori per sette guerrieri! Avete neutralizzato soltanto il primo, il giallo, che dal sole prende il suo potere, ma ne rimangono ancora sei, e le vostre difese vacillano ad ogni gesto che compio! Riuscirete a sopportarli tutti? Riuscirete a resistere alla foga dell’arcobaleno o sarete spazzati via?! Ih ih ih!" –Rise la Dea, prima di concentrare il suo cosmo, dal color violetto, sul braccio destro e generare un violento fendente di energia, che spaccò il suolo di fronte a lei, abbattendosi sugli Heroes e spingendoli di lato, prima di attraversare il braccio destro di Leonida, distruggendo la protezione della sua Armatura. –"L’antilope è morta! Il prossimo sarai tu!" –Ironizzò, riferendosi all’immagine scolpita sul bracciale dell’armatura della Spada. –"Viola di lama!" –Esclamò, ripetendo l’attacco. Un nuovo fendente di energia sfrecciò verso i sette Heroes, che dovettero lanciarsi verso ogni lato per non essere travolti, ma ebbero un’amara sorpresa quando costatarono di essere comunque stati feriti tutti quanti. Il fendente infatti si era separato all’ultimo in sette fendenti minori, trapassando ciascuno dei guerrieri di Ercole, che ormai credeva di aver evitato l’attacco.

"Una buona tecnica non credete? È il viola, il colore della metamorfosi, del mistero, del mistico! Il colore che non può essere percepito da occhio umano, poiché è capace di cambiare, di trasmutarsi improvvisamente, e ferire al cuore!!!" –Gridò Iris, lanciandosi improvvisamente avanti, con il braccio teso e un fendente di energia diretto verso il corpo ferito di Temistocle del Pentagono. Ma Crisore di Procuste balzò agilmente davanti al compagno, sollevando l’ascia di scatto e poi abbassandola su Iris, per colpirle il braccio. Ci riuscì, ma l’attacco poco coordinato scheggiò soltanto la corazza protettiva della Dea, che affondò il braccio destro nel cuore di Crisore, prima di liberarsi di lui con una brusca spinta, di fronte agli occhi sconvolti dei compagni. –"Ahia! Hai scalfito la mia Veste Divina, danneggiando le splendide rifiniture che il gobbo Efesto decorò per me!" –Mormorò, tastandosi il braccio.

"Scalfire è poca cosa rispetto alla punizione che meriteresti per aver ferito un nostro compagno! Tuono di Eracle!!!" –Gridò Polifemo, concentrando il cosmo sulle braccia e dirigendo le due potenti comete contro Iris, che fu presa in pieno petto e spinta indietro, ma riuscì ad evocare il suo arcobaleno di energia, che la avvolse e la sollevò in aria, impedendole di schiantarsi contro la parete di roccia dietro di lei. Ma non riuscì a rimanervi in sella per molto che dovette fronteggiare il nuovo assalto di Neottolemo, che scatenò un possente turbinio di nubi e di venti contro la Messaggera, avvolgendola in un vorticare impetuoso che la scaraventò a terra, facendole sbattere la testa sul selciato e perdere persino l’elmo protettivo.

"Maledetti! O siete dei temerari o siete dei folli!" –Ringhiò la Dea dai capelli verdi, sollevandosi nuovamente in piedi. Solo allora si accorse che l’intero spiazzo al di fuori dell’Heraion, ove avevano combattuto fino a quel momento, era piombato in una valle di nebbia, che andava aumentando sempre di più, fino a divenire un muro così fitto da rendere difficoltoso vedere anche a pochi metri di distanza. –"Quale ridicolo trucco è mai questo? Credete che anche senza vedervi io non riesca a percepire la vostra presenza?!" –Mormorò la Dea, socchiudendo gli occhi e usando il cosmo per localizzare i suoi avversari, senza però riuscire a trovarli. –"Com’è possibile? Non può una nebbia essere così fitta da neutralizzare i sensi di un Dio!!!"

"Le tue certezze di vittoria presso svaniranno, Iris!" –Esclamò una voce, che alla Dea parve quella di Neottolemo del Vascello. –"Così forse imparerai che nella vita non esistono certezze assolute, ma tutto è mutevole, come l’ondeggiare del mare!" –Aggiunse un’altra voce, o forse la stessa, che Iris non era in grado di localizzare, prima che una raffica di fasci luminosi e di attacchi di vario genere piombasse su di lei, colpendola su tutto il corpo e sbattendola a terra.

"Ho capito, adesso!" –Si disse, rialzandosi. –"La nebbia è composta da cosmo che non soltanto mi impedisce di trovarvi ma anche di capire da quale direzione provengono i vostri attacchi! Intelligente tecnica, non c’è dubbio! Ma saprò superarla!" –Esclamò, balzando in alto, in sella al suo lucente arcobaleno, fino a portarsi al di sopra della cortina di nebbia e sollevare il braccio destro, volgendo il palmo verso il basso. Subito una luce gialla iniziò a brillare e migliaia di migliaia di fasci energetici, sottili come raggi di sole, caddero dalla sua mano, abbattendosi come fitta pioggia sulla cortina di nebbia che circondava la piccola radura dove Iris era stata accerchiata, l’unica zona scoperta in quella scura foschia. –"Che ne pensi adesso, Leonida della Spada? Ho migliorato il mio Giallo di Sole, eliminando il centro e concentrando tutto il mio potere verso l’esterno, verso il cerchio di nebbia ove siete nascosti, uomini vigliacchi!"

Ma Iris non riuscì a terminare la frase che, con sua somma sorpresa, venne scaraventata indietro, dall’onda d’urto generata dal sollevarsi della Nave di Argo, che sbucò fuori improvvisamente dalla cortina di nebbia, avvolta nell’ardente cosmo del suo Comandante Neottolemo. Raggiunta l’altezza a cui si trovava Iris, Crisore di Procuste, con le sue ultime forze, fu il primo a lanciarsi al di fuori, con l’ascia sollevata e diretta verso il fianco di Iris, ma la Dea, più rapida, lo trafisse con una fitta pioggia di fasci energetici, trapassando il suo corpo martoriato che precipitò a terra, con il sorriso sul volto, poiché tutto era andato come avevano concordato. Distratta da lui infatti, Iris non poté evitare la fitta pioggia di Aculei pungenti di Temistocle, che la raggiunse al braccio sinistro, proprio mentre il possente Polifemo del Ciclope si lanciava su di lei, afferrandola e stringendola a sé con le sue robuste braccia.

"Lasciami, maledizione! Lasciami, stupido!!!" –Gridò Iris, che stava precipitando a terra assieme a Polifemo, incapace di liberarsi da quella stretta morsa che le soffocava persino i polmoni, facendo scricchiolare la Veste Divina.

"Hai avuto un’ottima idea, Tersite!" –Commentò Neottolemo, rivolgendosi all’Hero della Mongolfiera, in piedi a fianco al timone. –"Le tue nebbie ci hanno protetto e garantito l’effetto sorpresa!"

"Lieto di essere stato utile, comandante!" –Rispose a fatica l’Hero, che aveva dovuto utilizzare gran parte del cosmo per generare una barriera così fitta da poter resistere, anche se solo per pochi minuti, al Divino Cosmo di Iris. In tutta risposta, Neottolemo virò la Nave di Argo verso il basso, inseguendo i corpi di Polifemo e Iris in caduta libera, mentre Temistocle, Leonida e Odysseus si sporgevano sul ponte per osservare.

Iris riuscì ad avvolgere il suo corpo nel lucente arcobaleno, che frenò in parte la caduta dei due, ma non fu in grado di liberarsi della presa robusta di Polifemo, abituato a sradicare tronchi di alberi e a trasportare grossi massi, gli stessi con cui anni addietro, assieme a Marcantonio, a Nestore e ad Ercole, aveva edificato le mura di Tirinto, le mura della sua casa. Si schiantarono così malamente, ruzzolando per diversi metri sul selciato, prima che potessero entrambi rimettersi in piedi, lui con il coprispalla destro distrutto e con parecchie contusioni sul corpo, lei piena di lividi ma con la Veste Divina ancora intatta. Subito, mentre la Nave di Argo planava su di loro, Polifemo caricò il braccio del suo cosmo incandescente, per scagliare un destro contro la Dea da distanza ravvicinata, ma questa lo sorprese, avvolgendolo nel suo cosmo dall’intenso color arancione.

"Arancio di nettare!" –Commentò la Dea, ansimando a fatica, fisicamente indebolita dagli sforzi sostenuti. Polifemo cercò di resistere a quella strana magia, a quella malia che pareva incantarlo, che pareva inebriarlo, quasi fossero intriganti odori capaci di paralizzare i propri sensi. Cercò di non respirare, di tapparsi il naso, di coprirsi con una mano, ma Iris, sorridendo maliziosamente, lo pregò di non sforzarsi troppo, poiché il nettare di cui era intriso il suo attacco penetrava attraverso la pelle, fondendosi con essa e conducendo alla paralisi completa.

"Se poco ancora mi resta da vivere, voglio almeno usare questi ultimi minuti per strapparti quel maledetto sorriso da carogna infame e per mostrarti come sei realmente! Una donna sola e impaurita da tutto ciò che non conosce! Dagli uomini soprattutto, intesi sia come esseri viventi sia come sesso maschile, da cui ti tieni vigliaccamente lontana! Muori! Tuono di Eracle!!!" –Gridò Polifemo, scatenando la furia del suo attacco e investendo la Dea in pieno petto, scaraventandola indietro e strappandole un grido, proprio mentre Neottolemo e gli altri atterravano vicino ai due contendenti, balzando immediatamente fuori.

"Procuste!!! –Gridò Leonida, osservando il corpo distrutto dell’amico schiantatosi poco distante da loro. –"La corsa verso il Tempio di Era è fonte di troppe lacrime per noi Heroes! Troppo a lungo abbiamo vissuto insieme, troppe esperienze ed emozioni abbiamo condiviso da poter rimanere inermi ad osservare una simile strage perpetuata con arroganza e senza alcuna motivazione! No, non esistono valide motivazioni per uccidere degli amici, degli uomini che insieme sono cresciuti e hanno imparato ad apprezzare le cose semplici della vita! E tu, gretta Divinità, che niente del mondo apprezzi se non il fanatismo integralista della tua Dea gelosa, sentirai sulla tua pelle quanto potente sia il sentimento d’affetto che lega questi Heroes! Che lega la Legione d’Onore!" –Esclamò Leonida, sollevando il braccio destro e concentrando il cosmo sulla punta dell’indice. –"Lama dell’Onore!!!" –Gridò, liberando il suo attacco, sotto forma di fitta pioggia di raggi energetici, come quelli che la Dea utilizzò per contrastarlo, sfoderando il suo Giallo di Sole.

"Maledizione! L’abilità di questo guerriero nel dirigere i suoi raggi è spaventosa! Riesce a colpire ciascuno dei trecentomila fasci energetici che gli scaglio contro ogni secondo con i suoi tocchi di lama! E sembra migliorare col passare del tempo!" –Rifletté Iris, riconoscendo la precisione d’attacco di Leonida e decidendo quindi di cambiare tecnica. Con un abile balzo, saltò in alto, compiendo una capriola su se stessa e atterrando in cima ad una sporgenza rocciosa, prima di sollevare entrambe le mani al cielo e abbassarle poi con forza, invadendo lo spiazzo con il suo cosmo, carico di luminose striature verdi. –"Verde di campo!" –Esclamò, con un sorriso malizioso, osservando le facce stupite degli Heroes sotto di lei, che non notarono nessun apparente cambiamento nel paesaggio né alcun attacco dirigersi verso di loro.

"Beh? Hai esaurito le tue forze, Messaggera degli Dei? O i tuoi trucchi più non funzionano?!" –Ironizzò Temistocle del Pentagono, facendosi avanti.

"Perché non provi a scoprirlo da solo, ragazzino!" – Ridacchiò la Dea, balzando indietro e iniziando a correre. A tale vista Temistocle le si gettò dietro, subito seguito da Leonida, Odysseus e Neottolemo, mentre Tersite rimase a prendersi cura di Polifemo, che respirava a fatica per le velenose essenze di cui il suo corpo era stato inebriato. Ma Neottolemo, mentre correvano dietro a Iris, che sfrecciava felice nel vento, sorretta dal suo leggiadro arcobaleno, fu il primo a rendersi conto che qualcosa non andava. Che qualche potere misterioso aveva mutato lo spazio attorno a loro.

"Fermi! Non andate oltre!" –Gridò, frenando l’avanzata dei tre compagni. –"Non vi accorgete che qualcosa è cambiato? Non siamo più in cima al colle di Samo!"

"Che stai dicendo, Neottolemo?" –Domandò Temistocle, indicando la cima della collina. –"Non vedi l’Heraion ergersi sopra di noi! Pochi metri e saremo arrivati!"

"E tu non ti accorgi che abbiamo corso per cinque minuti, senza mai muoverci dallo stesso punto, quando avremmo avuto bisogno soltanto di un balzo per raggiungere l’ingresso del Tempio di Era?!" –Ribatté Neottolemo, prima che la risata beffarda di Iris richiamasse la loro attenzione, obbligandoli a voltarsi verso la sporgenza rocciosa ove la Dea faceva capriole sul suo arcobaleno, completamente disinteressata a loro.

"Adesso mi ha stufato! Aculei pungenti, trafiggetela!!!" –Gridò Temistocle, lanciandosi avanti e dirigendo contro di lei il suo attacco energetico. Ma Iris non se ne curò neppure, continuando a rotolarsi sul suo arcobaleno, mentre gli spuntoni di energia di Temistocle si conficcavano nel suolo, qualche metro avanti a lei. –"Com’è possibile che non l’abbiano raggiunta?" –Si chiese il ragazzo, riprovando. Ma anche quella volta i suoi aculei di energia non arrivarono fino alla Dea, che sembrava sempre lì, vicino a loro, eppure irraggiungibile.

"Lascia provare me stavolta!" –Intervenne Leonida della Spada, sollevando l’indice destro e dirigendo verso la Dea i suoi sottili raggi energetici. Ma Iris non si curò neppure di quella fitta pioggia, che sembrò abbattersi ai suoi piedi, o forse qualche metro prima, senza che gli Heroes riuscissero a quantificare la distanza. –"Com’è possibile? Lo spazio è stato allungato? È stato distorto? Lei… lei sembra così vicina a noi, ma non riusciamo a raggiungerla!"

"E non ci riuscirete mai, poveri sciocchi!" –Esclamò infine la Dea, ergendosi sul pinnacolo roccioso, avvolta dal suo luminoso cosmo che risplendeva di sette accesi colori. –"Resterete per sempre prigionieri del mio Verde di campo, il cui potere è quello di allungare lo spazio che circonda i miei avversari, rendendolo simile ad un immenso campo, ove la meta finale sembra illusoriamente vicina, quando invece è infinitamente lontana! Ah ah ah!" –Rise la Dea, montando in sella al suo arcobaleno e portandosi sopra gli Heroes, prima di sollevare il palmo al cielo e dirigere violenti raggi energetici verso di loro. –"Giallo di sole!" –Una fitta pioggia di fasci di luce iniziò a cadere da ogni direzione, non soltanto dal luogo in cui la Dea sembrava ergersi, ma anche da tutte le altre direzioni, trapassando i guerrieri, che non riuscivano a contrastare tutti quegli assalti continui. Neppure Leonida della Spada, la cui precisione nel colpire era nota tra tutti gli Heroes, poté sopportare una simile pressione, cadendo trafitto assieme ai suoi compagni.

"Ali del Mito!" –Gridò Neottolemo, caricando il suo turbinante attacco di nuvole e vento, ma anch’esso servì soltanto per spazzar via un gruppo di fasci energetici, permettendo agli Heroes di respirare per una manciata di secondi, prima che la pioggia continua riprendesse con maggiore intensità.

Temistocle del Pentagono, la cui armatura era la meno coprente tra i quattro Heroes, venne trafitto in varie parti del corpo, schizzando sangue attorno a lui, ma decise comunque di tentare l’ultimo assalto, facendo esplodere il suo cosmo e dirigendolo interamente contro la Dea sotto forma di migliaia di spuntoni energetici. Iris sorrise maliziosamente, senza che nessuno di essi riuscisse a raggiungerlo, mentre un violento raggio di sole giallo trapassò Temistocle al cuore, gettandolo a terra. Leonida si chinò su di lui, solo per sentirsi stringere la mano un’ultima volta e vederlo spegnersi tra le sue braccia. Questa sarà la fine di tutti noi! Mormorò l’Hero della Spada, mentre i raggi di energia lo trafiggevano alle spalle e al braccio destro. Improvvisamente una luce calda e abbagliante invase l’intero spiazzo ove gli Hero e la Dea si trovavano, una luce che, come la pioggia di Iris, pareva provenire da ogni direzione o da nessuna direzione particolare. I raggi energetici della Dea dell’Arcobaleno vennero spazzati via, mentre un mantello protettivo sembrò ricoprire i quattro Eroi di Ercole, proteggendoli dai violenti attacchi del mondo esterno e recando loro una confortevole sensazione di sollievo.

"Questo cosmo!" –Mormorò Leonida, socchiudendo gli occhi e lasciandosi inebriare da quell’atmosfera di pace, di quiete serena che pareva provenire da profonde meditazioni. –"Io lo conosco!" –Quindi riaprì gli occhi all’improvviso, mentre una luce accesa squarciava lo spazio attorno a loro e Tiresia dell’Altare e Pasifae del Cancro apparvero sul campo di battaglia.