CAPITOLO VENTINOVESIMO: VERSO SAMO

Ercole trascorse buona parte della notte a conversare di fronte a un caldo fuoco di bivacco, nel piazzale di Tirinto, con i quattro Comandanti superstiti delle sue Legioni: Marcantonio dello Specchio, Alcione della Piovra, Nestore dell’Orso e Chirone del Centauro, raggiunti dopo qualche ora da Adone dell’Uccello del Paradiso, stufo di giacere su un letto nell’infermeria, sorvegliato a vista dalla premurosa Deianira del Lofoforo. Il Dio e i cinque Comandanti parlarono degli scontri avvenuti in quella lunga giornata, di Eolo e di Iris, di Partenope e degli Shadow Heroes, ricordando con affetto e con onore i caduti che avevano dato la vita affinché una nuova alba potesse nascere sulla città di Tirinto.

"E al sorgere di quell’alba marceremo su Samo!" –Esclamò infine Ercole, alzandosi in piedi e tirando uno sguardo verso Oriente, mentre una fresca brezza gli solleticava il viso. Per un attimo, al Dio parve di udire il suono sgradevole della sghignazzata di Era fluttuare nel vento e giungere fino a lui, superando le porte della sua città. Si incupì, pensando al massacro che avrebbe avuto luogo l’indomani, prima di scuotere la testa e allontanarsi, lasciando i cinque Comandanti in una nuvola di silenzio.

"Cosa troveremo sull’Isola di Samo?" –Mormorò infine Alcione della Piovra, alzandosi a sua volta, per scendere nell’infermeria e controllare la salute di Nesso e di Gerione. Nessuno rispose, poiché era chiaro a tutti i Comandanti che a Samo avrebbero trovato la morte. Per loro e per tutti i loro guerrieri.

L’indomani, mentre i primi raggi del sole illuminavano il Portone Principale di Tirinto, le Legioni di Heroes ricomponevano le loro fila nel piazzale della fortezza, forse per l’ultima volta. Erano rimasti in trentanove, ma a tutti sembrò di essere ancora meno, abituati all’ammasso, seppur sempre ordinato, di guerrieri incolonnati di fronte al loro Signore. La stessa sensazione invase l’animo di Ercole quando uscì fuori dalla fortezza, rivestito dalla splendida Glory, con il mantello che frusciava lungo la schiena e la Clava solidamente nelle sue mani. Guardò per un momento gli Heroes negli occhi, prima di rivolgere loro parole di incoraggiamento.

"Non vi dirò più di difendere Tirinto, miei fidati Heroes, poiché oggi, per la prima volta, esporteremo un conflitto al di là delle mura della nostra città! Non vi dirò più di rimanere in attesa, ad attendere che il nemico avanzi fino a portarsi di fronte a noi, poiché oggi saremo noi ad avanzare! Non vi dirò più di comportarvi da Eroi, poiché già lo siete! Nell’animo, io lo sento, lo siete sempre stati!" –Esclamò Ercole, spostando lo sguardo su ognuno dei suoi trentanove guerrieri. Dei suoi trentanove compagni. –"Oggi vi dirò di seguire il cuore e fare ciò che ritenete giusto! Vi ho insegnato per anni che la guerra non è l’arma migliore a cui ricorrere, per risolvere problemi e controversie, ed oggi vi guiderò verso la peggiore in cui mai avreste potuto essere coinvolti! Per questo voglio che sappiate che se qualcuno tra voi non condivide questa mia decisione, avrà tutta la mia comprensione e la mia benevolenza! Rimarrà qua, a Tirinto, a difendere il passato e il ricordo di cui le mura della nostra città sono impregnate, e nessuno oserà dire niente contro di lui!"

Nessuno dei trentanove Heroes parlò e nessuno spostò lo sguardo da dove aveva guardato fino a quel momento: negli occhi ardenti di vita di Ercole, che sorrisero, luccicando nelle timide luci dell’alba, prima che il Dio dell’Onestà sciogliesse le righe, ordinando a tutti di prepararsi per la partenza.

"Grazie!" –Mormorò soltanto il Dio, prima di dirigersi verso la Nave di Argo, seguito da Marcantonio dello Specchio e dagli altri Heroes della Seconda Legione.

La notte stessa aveva già dato disposizioni, in accordo con i suoi Comandanti, sulle modalità della partenza e non ebbe bisogno di ripetersi, che tutti sapevano già come procedere. Artemidoro della Renna e Anfitrione del Camoscio, due Heroes della Terza Legione, rimasero a Tirinto, non essendo abili in combattimento, incaricati da Ercole stesso di recuperare i corpi di tutti i caduti e preparare le salme per la cremazione, aiutati dagli abitanti di Tirinto: contadini, artigiani e giovani allievi degli Heroes. Tutti gli Heroes morti, compresi coloro che avevano tradito, avrebbero avuto diritto ad un rito funebre e nessuno sarebbe rimasto in balia degli avvoltoi e della dimenticanza.

Pochi istanti più tardi la grande Nave di Argo si sollevò in aria, con la bandiera di Ercole che garriva sull’albero maestro, veleggiando nel cielo del mattino, mentre i raggi del sole scivolavano sulla figura femminile incisa a prua del vascello e gli Heroes, voltando lo sguardo verso il basso, osservarono la fortezza di Tirinto farsi sempre più piccola, fino a scomparire. Le sorrisero, sperando di potervi un giorno fare ritorno. Marcantonio mise una mano sulla spalla di Polifemo del Ciclope, annuendo con il capo e incitandolo ad essere forte, poiché quel giorno avrebbero dovuto lottare anche per loro, non soltanto per Ercole. Bensì per difendere un mondo in cui avevano vissuto per anni e in cui erano cresciuti e diventati uomini, un mondo che ormai apparteneva anche a loro. Che era loro. E per esso avrebbero lottato fino a morire.

In quello stesso momento, Era, Regina dell’Olimpo, seduta sull’alto trono intarsiato nella terza cella dell’Heraion di Samo, sorrideva soddisfatta, avendo sentito i cosmi di Ercole e degli Heroes mettersi in movimento e lasciare Tirinto. Di fronte a lei, in ginocchio ai piedi della scalinata di marmo grigio, i due Sacerdoti di Era, Argo e Didone, attendevano le sue disposizioni, assieme a Iris, la Messaggera degli Dei. All’esterno dell’Heraion, con lo sguardo proteso verso occidente, l’ultimo Kouros fissava il mare, immobile come una statua greca, certo che presto Ercole e gli altri Heroes sarebbero giunti. E allora avrebbe avuto luogo l’ultima battaglia.

"Li ho persi!" –Mormorò improvvisamente Era, scuotendo la testa distrattamente. –"Non riesco più ad avvertire il cosmo di Ercole e degli Heroes!"


Argo e Didone non dissero niente, per paura di scatenare l’ira della loro Regina, ma si limitarono a scambiarsi un’occhiata di sorpresa, quasi di smarrimento, prima di sollevare nuovamente lo sguardo verso il trono, osservando Era recuperare la concentrazione perduta, nel tentativo di individuare Ercole e i suoi guerrieri.

Il Dio dell’Onestà e i suoi Comandanti avevano ideato infatti un piano intelligente, dettato dalla prudenza e soprattutto dal tentativo di nascondere il più possibile la loro presenza, fino a portarsi a ridosso dell’isola di Samo. Ercole aveva appreso da Nestore dell’Orso l’esatta localizzazione del nuovo Santuario della Regina degli Dei e sapeva che Era li stava aspettando; ciononostante volle comunque offrirle le minori possibilità per ostacolare il loro arrivo. Per questo motivo aveva chiesto a tutti gli Heroes di ridurre al massimo il loro cosmo, in modo da renderlo quasi impercettibile, mentre Tersite della Mongolfiera avvolgeva i loro corpi in cumuli di nembi e nuvole, sì da renderli ulteriormente nascosti al penetrante sguardo della Grande Dea Madre, e aveva diviso gli Heroes superstiti in gruppi, che avrebbero raggiunto Samo in modalità differenti.

Splendido, con lo sguardo fisso avanti a sé, verso il tempio greco che si stagliava sulla sommità dell’alto colle dell’isola di Samo, Ercole risplendeva nel sole del mattino, sul ponte della nave di Alcione, abbracciando con il suo caldo cosmo tutti gli Heroes presenti, per confortarli e dare forse loro l’ultima carezza prima della guerra. Vicino a lui, Alcione della Piovra e gli altri cinque Heroes della Legione del Mare, assieme ai cinque guerrieri della Sesta Legione, veleggiavano verso Oriente, fendendo le onde dell’Egeo orientale con la nave con cui Alcione e i suoi compagni erano salpati il giorno precedente. Attorno a loro, nelle fresche acque del Mar Egeo, un gruppo di delfini apriva loro la via nella fitta cortina di nubi che Tersite aveva creato, mentre Nesso del Pesce Soldato e Pasifae del Cancro cavalcavano sul dorso di due di loro, guidando il resto del branco.

Nel cielo sopra di loro, avvolta tra le nuvole, la Nave di Argo, guidata da Neottolemo del Vascello, scivolava silenziosamente verso Oriente, conducendo verso Samo l’intera Seconda Legione e i tre Heroes della Legione dei Fiori sopravvissuti, affiancati da una mongolfiera su cui viaggiavano Tersite, creatore delle nuvole artificiali che permettevano loro di non essere percepiti, e Nestore dell’Orso, assieme agli altri quattro Heroes della Quarta Legione: Penelope, Dione, Teseo e Polissena. In testa, di fronte alla Nave di Argo e alla mongolfiera, aprivano la via i sei Heroes della Prima Legione, capitanati da Adone dell’Uccello del Paradiso, che sbattevano nel cielo le loro scintillanti ali colorate. Anche Antioco del Quetzal volava con i suoi compagni, essendo le sue ali state riparate in nottata dall’abile maestria di Druso di Anteus, che non aveva riposato un momento per cercare di sistemare alla meglio i danni subiti dalle corazze dei suoi compagni.

"Ci siamo!" –Esclamò Adone, il cui sguardo acuto era capace di trapassare persino le nuvole. –"Samo è sotto di noi!" –Aggiunse, disponendo i suoi Heroes per un primo assalto frontale.

Accadde tutto in un attimo, più veloce della luce. Ercole sollevò la clava, spostandola con un colpo secco da sinistra verso destra, generando una gigantesca onda di energia che sfrecciò nel mare, increspandolo, schiantandosi contro Samo e scuotendo l’intera isola. Soltanto Era, assisa sul suo trono intarsiato, parve non barcollare, anche se si passò sensualmente un dito sulle labbra, sentendo il sangue fuoriuscire da un leggero taglio sul labbro inferiore.

"Sono qui!" –Esclamò il Sacerdote Argo, rialzandosi, dopo essere stato atterrato dall’onda di energia generata da Ercole.

Nello stesso momento Adone dell’Uccello del Paradiso si lanciò in picchiata, seguito dai cinque Heroes della sua Legione, sfrecciando verso l’Isola di Samo avvolto nel suo cosmo lucente e scagliando violenti assalti energetici dall’alto, sotto forma di bombe di energia che distrussero il terreno sottostante. La Nave di Argo squarciò le nuvole, guidata con epica maestria da Neottolemo, risplendendo come un lampo nel sole del mattino, mentre gli Heroes della Seconda Legione gridavano eccitati, con i cosmi che sferragliavano di pura energia, gettandosi all’inseguimento dei loro compagni alati, mentre dal basso Nesso e Pasifae cercavano un luogo sicuro ove la nave di Alcione potesse attraccare. Ma la risposta di Era non tardò ad arrivare.

Con una potenza da non aver niente da invidiare all’assalto di Ercole, la Regina dell’Olimpo generò un’immensa bomba di energia, che si espanse circolarmente dall’Heraion di Samo, inghiottendo tutto ciò che incontrò nel suo rapido cammino. Gli Heroes della Legione Alata cercarono di mettersi in salvo, ma non riuscirono ad evitare di essere travolti dalla potentissima esplosione di luce. Ascalafo della Civetta e Laomene della Farfalla vennero disintegrati in un solo istante, mentre Deianira del Lofoforo faceva da scudo al Comandante Adone, per proteggerlo dall’onda devastante, venendo entrambi scaraventati a terra, con le corazze danneggiate. Anche Eumene della Mosca e Antioco del Quetzal furono sospinti indietro, schiantandosi malamente sul terreno roccioso del basso versante della collina di Samo, con le ali delle Armature distrutte. Neottolemo del Vascello dovette mettere tutto se stesso per tenere saldamente il timone, mentre i suoi compagni creavano una cupola di energia cosmica attorno alla Nave di Argo, per evitare che lo scafo si schiantasse per la pressione generatasi.

A causa della potente esplosione energetica, il mare attorno a Samo si increspò improvvisamente e molti delfini furono uccisi all’istante, mentre Nesso e Pasifae vennero scaraventati in alto, schiantandosi sulla spiaggia poco dopo. La nave di Alcione esplose, annientata dallo strapotere della Regina dell’Olimpo, mentre Ercole cercava di contrastare il cosmo di Era opponendovi il proprio e dava ordini ai suoi Heroes di proseguire nuotando.

"Buona fortuna, ragazzi!" –Mormorò il Dio, prima di respingere con forza l’assalto di Era, rinviandolo al mittente ed osservandolo schiantarsi sulla collina ove sorgeva l’Heraion.

"Ad Ercole piace il gioco duro!" –Commentò la Regina dell’Olimpo, dall’alto del trono. –"E il gioco duro avrà! Uccideteli tutti! Nessuno escluso!" –Tuonò, ordinando ai suoi servitori di prendere posizione. –"Ma lasciate Ercole a me soltanto! Lui è mio!" –Sibilò, con un sorriso che sembrò per un momento sfigurare la sua bellezza.

In quel momento il Gigante di Pietra ruggì, risvegliando le acque del Mar Egeo con un boato fragoroso, prima di dirigersi verso i piedi della collina di Samo, ove Nesso, Pasifae e gli altri Heroes della Prima, Terza e Sesta Legione si stavano radunando. Non appena lo videro, i guerrieri di Ercole diressero contro di lui i loro attacchi congiunti, per rallentarne l’avanzata, sortendo l’unico effetto di farlo imbestialire ulteriormente, senza scalfirne la superficie, sorretto dal divino cosmo di Era. Il Kouros sbatteva con forza i suoi enormi piedi, creando fenditure nel terreno e obbligando i guerrieri di Ercole a muoversi continuamente, per non cadere nelle faglie o non essere schiacciati dalla sua mole robusta.

Ripresosi dallo stordimento, Nesso del Pesce Soldato si rimise in piedi, lanciando uno sguardo verso Alcione, la quale, seppur sospirando, annuì con il capo, prima di richiamare gli Heroes della Legione del Mare, portandoli via da quello scontro.

"Gerione! Arsinoe! Proteus!" –Li chiamò Alcione. –"Non sprecate energie contro un muro che non siete in grado di abbattere! Procediamo oltre!" –Esclamò il Comandante, iniziando ad inerpicarsi lungo l’erto pendio di Samo.

Gerione e gli altri cinque Heroes della Legione del Mare inizialmente non compresero l’ordine di Alcione, ma mentre erano ancora intenti a rifletterci sopra videro Nesso scattare come un fulmine verso il Gigante di Pietra, evitando di essere schiacciato dai suoi robusti piedi e piazzandosi proprio sotto di lui. Mentre il Kouros chinava un braccio a terra, per afferrare il ragazzo, Nesso fu abile a balzare sulla mano stessa, usandola poi come trampolino per saltare ancora più in alto e scagliare un arpione dal suo bracciale sinistro. Questo, legato ad una fune, si arrotolò attorno al collo del Gigante di Pietra e Nesso lo usò come leva per tirarsi su, fino ad atterrare sulle spalle dell’immensa creatura, di fronte agli occhi pieni di spavento e di ammirazione dei suoi compagni. Poco distante, Chirone del Centauro, che già aveva assistito alle acrobazie dell’Hero del Pesce Soldato, sorrideva con fierezza.

"Stai attento, ragazzo! Avrei voluto averti nella mia legione, per combattere al tuo fianco! A fianco dell’eroe che mi ricorda me stesso da ragazzo! Ma temo che non ci vedremo mai più!" –Commentò, prima di ordinare agli Heroes della Legione Furiosa, Diomede, Aureliano e Druso, di seguirlo lungo il pendio, dietro ad Alcione e alla Terza Legione.

Pochi minuti più tardi un gruppo di guerrieri armati di spade e di scudi iniziò a scendere la collina, lanciandosi contro gli Heroes di Ercole. Erano i soldati semplici di Era, una minima barriera che la Regina dell’Olimpo aveva sollevato contro i guerrieri di Ercole, per ritardare la loro avanzata e soprattutto per obbligarli a sporcarsi le mani. Costoro erano infatti soltanto degli uomini, come gli Heroes erano stati in origine, privi di qualsiasi potere o di cosmo, sorretti soltanto da un ordine imperioso che la Grande Dea Madre aveva dato loro. Un ordine al quale, anche volendo, non avrebbero potuto sottrarsi. Erano ragazzi o adulti, abitanti di Samo e delle isole circostanti, a cui Argo si era presentato quella notte, intimandoli di servire la Grande Dea Madre, per non incorrere nel suo castigo.

"Cosa ne sarebbe dei vostri raccolti senza il tepore benevolo della Madre Terra?!" –Aveva tuonato il Sacerdote di Era. –"Cosa ne sarebbe dei vostri armenti senza la calda protezione di Era, che come una Madre difende i propri figli? In cambio, lei chiede soltanto a voi di difendere lei, dai mostri che verranno! Uomini senza cuore né fede, determinati soltanto a distruggere e a portare il caos, facendo strage di donne e bambini, rubando le vostre mandrie e distruggendo i vigneti e gli uliveti ove lente e faticose sono trascorse le ore della vostra vita, infangando il rinato tempio di Era Argiva!"

Le parole di Argo avevano spaventato buona parte degli uomini, intimoriti al pensiero di perdere la famiglia o il lavoro della propria vita, spingendoli ad abbracciare le armi senza remore alcuna. Ma la maggioranza, che ben conosceva la leggenda della Gelosia di Era, e che ben compreso aveva l’ostilità che da millenni la opponeva ad Ercole, chinò il capo sconfitta, accettando l’ingrata sorte che pareva essersi palesata loro. Nessuno di questi uomini era certo che Ercole e i suoi Heroes fossero dei distruttori, e venissero a portare la guerra, ma tutti erano ben consapevoli che sia obbedendo agli ordini dell’Oracolo sia rifiutandosi avrebbero incontrato comunque la morte. Per tale motivo scelsero di cadere da eroi, come gli uomini che avrebbero affrontato in battaglia. Senza contare i rischi a cui andavano incontro, i soldati semplici si lanciarono lungo il pendio della collina di Samo, contro gli Heroes di Ercole, sollevando le spade e le lance che reggevano in mano.

Diomede della Balestra incoccò un paio di frecce, puntando il braccio contro di loro. Ma Chirone lo fermò prima che le scoccasse.

"Ne basterebbero un paio per abbatterli!" –Commentò Diomede.

"Siamo degli Eroi, non degli assassini!" –Rispose Chirone, con lo sguardo fiero, ricordando le parole del Dio dell’Onestà.

"Dici il vero, Chirone del Centauro!" –Intervenne Alcione della Piovra. –"E gli eroi combattono senza trucchi!" –E si lanciò avanti, evitando le lance che i soldati le lanciavano contro. Sfrecciò in mezzo a loro, senza colpirli con i suoi tentacoli o con il suo colpo segreto, cercando soltanto di non essere ferita, quindi li colpì alla nuca, afferrandone un paio e lanciandoli contro gli altri. Gerione la seguì all’istante, iniziando un violento corpo a corpo contro altri soldati semplici, presto imitato dai compagni della Terza e Sesta Legione.

Intanto, sulle spalle del Kouros, Nesso sollevò la Lama degli Spiriti, che portava legata alla cintura, bruciando il suo cosmo e caricandone l’arma, prima di affondarla nel tozzo collo di pietra del Gigante, che emise un grido disperato, quasi un lamento proveniente dalle profondità infernali. A tale vista, gli Heroes della Seconda e della Quinta Legione, che stavano scendendo dal cielo sulla Nave di Argo, concentrarono il loro cosmo in una potente sfera di energia, che diressero contro il corpo del Gigante, facendolo esplodere pochi istanti dopo, riducendolo ad un mucchio di ciottoli e pietra. Nesso fu svelto a balzare a terra poco prima che il Kouros venisse distrutto, rotolando sul versante scosceso, sentendosi improvvisamente debole.

Ruzzolò per qualche metro, prima di fermarsi, e faticò qualche minuto prima di riuscire a rimettersi in piedi. Gli doleva la testa, sentendola sul punto di scoppiare, come se mille tamburi stessero suonando dentro di lui. Allungò una mano verso il terreno e vide la Lama degli Spiriti a pochi metri brillare sinistramente. Non aveva più la lucentezza e lo splendore del primo momento in cui l’aveva impugnata, del primo momento in cui, per salvare Gleno di Regula dal massacro operato da Austro, Vento dell’Ovest, l’aveva sfoderata, tenendola stretta nella sua mano. Adesso emanava un pallido bagliore, quasi uno spettrale riflesso di morte, in cui Nesso, per la prima volta, con preoccupazione e dolore, riuscì a vedere il suo volto.

Avrebbe voluto lasciarla lì, a marcire sul terreno, ad attendere una frana che presto l’avrebbe seppellita, cadendo in un profondo dimenticatoio, ove nessuno più avrebbe potuto ritrovarla. Ove nessuno più avrebbe potuto impugnarla, osservando la sua vita venire risucchiata via, in un turbine di dolore e di lamenti. Ma Alcione l’aveva avvisato. La Lama degli Spiriti era nata dalle lacrime di una donna, ed era imbevuta di sangue e di morte, e soprattutto di tanta sofferenza. La stessa che avrebbe provato chi l’avesse impugnata, anche per fare del bene. Scuotendo la testa, Nesso si chinò ed afferrò la spada, iniziando ad inerpicarsi lungo un sentiero scosceso, diretto verso l’Heraion, conscio che non vi fossero altre alternative.

Sopra di lui, Neottolemo del Vascello stava guidando la Nave di Argo verso terra, per atterrare in un piccolo spazio sul medio versante della collina di Samo, quando un’improvvisa raffica di vento freddo investì il vascello, facendolo tremare e obbligando tutti i passeggeri a stringersi nei loro mantelli e a coprirsi gli occhi. Borea, figlio di Eos e Vento del Nord, apparve nel cielo di fronte a loro, volando ad ali spiegate in un turbine di gelo.

"Spazzali via, Vento del Nord!" –Gridò il Dio, generando una violenta tempesta di energia fredda, che spinse indietro la Nave di Argo, iniziando a ricoprirla lentamente di ghiaccio. Di un consistente strato di ghiaccio che rese il vascello sempre più pesante, al punto da rendere impossibile continuare a governarlo e a mantenerlo in aria. Neottolemo fece il possibile ma la Nave iniziò a scricchiolare sinistramente, appesantendosi sempre più e precipitando verso terra, dove Borea li stava dirigendo con un potentissimo vento freddo.

Improvvisamente l’infuocata sagoma di un serpente piumato sfrecciò nel cielo sopra Samo, trinciando a metà la tempesta di ghiaccio di Borea e liberando il vascello dalla corrente distruttiva del Dio. Neottolemo riuscì a riprenderne il controllo, anche se solo per pochi istanti, impedendo che la Nave di Argo si schiantasse contro il fianco della montagna, ma vi sbattesse semplicemente con gran rumore. Marcantonio ordinò ai sette Heroes della Seconda Legione e ai tre Heroes della Legione dei Fiori di balzare a terra, prima di entrare in collisione con il colle, proprio mentre Antioco del Quetzal, Hero del Serpente Piumato, balzava in alto, dirigendo un nuovo assalto contro Borea.

"Un serpente di piume?!" –Esclamò Borea, evitando l’attacco di Antioco e rimanendo sospeso in aria, avvolto in un turbine di energia fredda.

"Tale è il simbolo che mi rappresenta! Il Dio Azteco Quetzalcoatl!" –Spiegò Antioco, presentandosi al Dio. –"Nella terra di cui sono originario, quella che gli spagnoli chiamano il Vicereame della Nuova Spagna, il Dio Quetzalcoatl è venerato come il Serpente con le piume ed è stato spesso considerato come il Dio della stella del mattino, portatore di luce! Le fiamme che lo avvolgono sono le fiamme di una nuova alba, come il mondo che Ercole sta cercando di costruire!"

"Mi sorprende che Ercole abbia accolto uno straniero nelle sue fila! Un ragazzo proveniente addirittura dalle lontane terre al di là dell’oceano!" –Commentò Borea. –"Forse l’abilità di voi americani è superiore a quella dei valenti greci?!"

"Non è la provenienza a determinare l’abilità di un uomo, ma la fede che lo muove e la determinazione che in essa egli pone!" –Rispose Antioco, bruciando il proprio cosmo, carico di fiamme accese. –"Ed io non ne sono certo sprovvisto! Fuoco del Serpente Piumato!!!" –Gridò, dirigendo un nuovo assalto contro Borea, il quale non ebbe alcun problema ad incrociare le braccia avanti a sé, creando con le correnti fredde da lui dominate un muro di energia glaciale sulla quale l’assalto si infranse, senza riuscire ad abbatterlo.

"Miseri sono i tuoi poteri! Ben più ardente fiamma dovrai accendere se vorrai sconfiggere me, il Vento del Nord!" –Tuonò Borea, sollevando il ragazzo dal suolo, avvolto in un turbine di gelo, e scagliandolo lontano.

"Quetzal!!!" –Urlarono gli Heroes della Seconda Legione, pronti per affrontare Borea al posto del compagno che li aveva aiutati a scendere a terra. Ma una voce decisa li fermò, mentre un’ombra veloce passava sopra le loro teste.

"Lasciate a noi costui! Egli è avversario adatto alla Legione che sfreccia libera nei cieli!" –Esclamò Adone dell’Uccello del Paradiso, accendendo il suo cosmo di bagliori luminosi. –"Lacci del Cuore!" –Gridò Adone, liberando i lacci elastici della sua corazza, dotati di un gancio a forma di cuore, che scivolarono nell’aria fino ad arrotolarsi attorno al braccio di Borea. –"Adesso! Andate! Seguite Alcione e Chirone! Noi vi raggiungeremo!" –Ordinò il Comandante della Prima Legione a Marcantonio e agli altri Heroes, che annuirono, seppure restii ad abbandonare la battaglia.

"Li lascio passare poiché so che altri estirperanno l’erbaccia che voi uomini rappresentate!" –Commentò Borea, osservando gli Heroes della Seconda e della Quinta Legione correre avanti, lungo il pendio della collina. –"Non certo perché non sarei in grado di fermarli!" –Aggiunse, tornando a fissare Adone.

In un attimo, il Comandante della Prima Legione sentì un brivido correre lungo la sua schiena, mentre una fredda corrente di energia spazzava via l’aria, travolgendo Deianira del Lofoforo che stava correndo in suo aiuto e sbattendola a terra, poco distante da Antioco del Quetzal e da Eumene della Mosca, che aveva raggiunto l’amico per sincerarsi delle sue condizioni. Borea posò lo sguardo sui lacci che avevano momentaneamente fermato il suo braccio destro, dirigendovi il suo freddo cosmo, e Adone rimase sconcertato nell’osservare le sue corde speciali congelarsi all’istante, prima di andare in frantumi. Definitivamente.

"Incredibile!!!" –Sgranò gli occhi sbalordito. –"Ha congelato i miei Lacci! Eppure sono composti dallo stesso materiale della mia corazza, che è pari, in proporzione, alle corazze dei Cavalieri d’Oro di Atena, ulteriormente potenziata dal frammento di Glory, di cui Ercole ci ha fatto dono!! La potenza del Vento del Nord è immensa!"

"Voglio che tu sappia che per quanto grandi siano le tue difese, e per quanto resistenti le corazze che ti proteggono, non saranno mai abbastanza per consentirti di rimanere immune al mio gelo! Esso tutto paralizza, tutto annienta! Non vi è materiale sulla Terra che possa resistervi! Inoltre, mio fratello Euro ha donato la sua vita ed il suo cosmo per permettermi di salvarmi dagli abissi di Ade! Perciò adesso siamo in due nello stesso corpo! Il mio potere è doppio e il mio gelo è due volte pericoloso!" –Spiegò Borea, con voce orgogliosa. –"Se Agamennone del Leone fosse vivo, potrebbe confermarlo!"

"Agamennone?!" –Replicò Adone, irato. –"Sei stato dunque tu il suo carnefice?"

"Agamennone del Leone è stato un valoroso! Si è battuto con onore per tutta la durata del nostro scontro, pur essendo un uomo, e come tale a me inferiore! Non si è tirato indietro neppure di fronte alla morte! Ma l’ha accettata, andandole gloriosamente incontro!" –Commentò Borea, prima di aggiungere tra sé, quasi ancora riflettesse sulle ultime parole dell’Hero caduto. –"Forse per insegnarmi qualcosa che ancora non sono riuscito a comprendere!" –Poi recuperò il suo tono orgoglioso e superbo. –"Egli era difeso da un’impenetrabile corazza, resa ancora più resistente dalla pelle del Leone di Nemea, ma io, Vento del Nord, sono riuscito ad abbassare il mio gelo fino a distruggerla! Perciò tu, uomo, che hai difese inferiori rispetto a quelle del possente Leone, che speranze nutri? Le speranze di uno stolto!" –Aggiunse, dirigendo contro Adone una violenta tempesta di energia fredda, che travolse il Comandante della Prima Legione, scaraventandolo indietro, fino a farlo schiantare al suolo.

Quando si rialzò, presto raggiunto da Deianira, Antioco e Eumene, Adone si accorse con orrore che la sua corazza era ricoperta da un leggero strato di ghiaccio. Superficiale, per il momento, si disse. Ma quanto scenderà? Basterà la fiamma che alberga nei nostri cuori a fronteggiare un gelo così impetuoso? Così penetrante? Così mortale?! Sospirò, prima di lanciarsi nuovamente contro il suo avversario. Ma la giovane voce di Antioco ed Eumene lo fermò.

"Comandante! Non da solo!" –Esclamarono i due amici. –"Lasciateci combattere al vostro fianco! Sarebbe un onore, per noi!" –Aggiunsero, affiancati da Deianira, il cui volto, se Adone avesse potuto vederlo, nascosto dall’argentea maschera, tradiva un’ansia crescente per l’uomo che amava.

"No!" –Rispose Adone, con tono deciso, prima di abbandonarsi ad un sorriso orgoglioso. –"Sarebbe un onore per me!" –E incitò i tre guerrieri ad espandere il loro cosmo, più di quanto avessero fatto fino ad allora. –"Che la fiamma della giustizia e dell’onestà, che Ercole ha in noi instillato, come seme in un fertile campo, infiammi la nostra anima, ardendo all’infinito!!!"

I quattro Heroes della Prima Legione unirono i loro cosmi, generando un assalto simile ad un’incandescente cometa di energia, che sfrecciò sul basso versante della collina di Samo, incendiando l’erba e i pochi arbusti presenti e obbligando Borea ad incrociare le braccia di fronte a sé, creando un muro di ghiaccio contro il quale l’attacco si schiantò. Ma l’impeto di tale assalto spinse il Dio indietro di qualche metro e quando la sua potenza si esaurì e Borea poté controllare i bracciali della sua Armatura, notò con orrore che essi stavano fumando, surriscaldati enormemente dal calore generato dai quattro cosmi congiunti. Cosmi accesi da un fuoco ardente, che Borea ben conosceva, poiché era la stessa fiamma, carica di passione e di desiderio di giustizia, che aveva intravisto negli occhi e nelle azioni di Agamennone. Borea si scosse, cercando di liberarsi dai pensieri dell’Hero del Leone di Nemea, che sovente tornavano a colpirlo, circolando attorno a lui in una serie infinita di anelli concentrici. Prima di adottare qualsiasi contromossa, il Vento del Nord dovette affrontare un rapido assalto di Antioco del Quetzal, balzato in aria con un salto acrobatico, che diresse contro di lui una manciata di lunghe e affusolate piume infuocate, che si conficcarono nel terreno, incendiandolo, mentre il Dio saltava in alto per evitarle.

"Occhi della Mosca!!!" –Gridò allora Eumene, dirigendo le due comete di energia contro Borea, appena balzato in aria, che dovette muoversi rapidamente per schivare l’assalto, prima di ritrovarsi di fronte Antioco, con il pugno carico di energia infuocata.

Stufo di giocare, il Dio del Vento del Nord bloccò l’attacco di Quetzal fermandogli il pugno con la propria mano carica di fredda energia, congelando all’istante la fiamma che sgorgava da Antioco, prima di lanciarlo indietro con forza, avvolto in un turbine di gelo, facendolo schiantare contro l’amico e abbattendoli entrambi.

Nuovamente atterrato sul selciato, Borea serrò i pugni, prima di voltarsi all’indietro, ove sapeva che avrebbe incontrato Adone dell’Uccello del Paradiso, in piedi infatti dietro di lui, con le braccia appoggiate ai fianchi, che lo fissava. Borea si mosse per travolgerlo con il suo gelo, ma improvvisamente si accorse di non riuscire più a muoversi. Il suo corpo era bloccato, i suoi centri nervosi parevano sussultare al ritmo di una musica che lentamente stava penetrando dentro di lui, paralizzando i suoi muscoli. A fatica, Borea volse lo sguardo a terra, ove vide migliaia di piume disposte a cerchio attorno a lui, in modo da formare una piccola gabbia, mantenuta in forza dal canto congiunto di Deianira del Lofoforo e di Adone dell’Uccello del Paradiso. Erano soltanto in due, ma avrebbero fatto il possibile per garantire l’eternità alla Danza di Piume.