CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO: IL MELOGRANO ASSASSINO

Nella radura ai margini del bosco abbattuto, a sud di Tirinto, dove quella mattina Chirone del Centauro e gli Heroes della Sesta Legione avevano affrontato i Kouroi, tentando di intrappolarli all’interno di una tela di Aureliano, adesso, nel pomeriggio di quel lungo giorno, il Comandante della Legione Furiosa stava fronteggiando la follia distruttiva di Partenope del Melograno, un tempo uno degli Heroes più fedeli ad Ercole, ma in realtà il suo più acerrimo nemico, avendo tessuto per anni le fila di un piano per distruggere le Legioni dell’interno. A fianco del Comandante vi erano Mistagogo di Tifone, Diomede della Balestra e Aureliano del Pittore, che nascondevano i corpi feriti di Gleno di Regula e di Argo del Cane, due giovani della Quarta Legione, che li avevano aiutati ad uscire dalla tela di Aureliano.

"Quanta sofferenza alberga nell’animo di Era, voi non potete capitare!" –Esclamò Partenope, abbassando lo sguardo per un momento, quasi volesse rendere Chirone e gli altri partecipi di un dolore universale. Il dolore di Era, e anche il suo. –"Quanto il suo orgoglio di donna ha dovuto sopportare in questi anni, in questi lunghi secoli in cui ha vissuto a fianco di un uomo che non l’ha mai capita! Di un uomo che continuamente le ha recato offesa, disinteressandosi di lei, ricevuta in dono come si offre un oggetto in regalo, e affondando per passione nel corpo di un’altra Divinità o, peggio ancora, possedendo il mortale corpo di un essere umano! Per una donna sarebbe difficile sopportare tutto questo, ma per lei, che è la Regina dell’Olimpo, la Signora degli Dei, è stato ancora più grave sostenere questo peso! Quanti sguardi maliziosi ha dovuto incontrare! Quanti sorrisi beffardi le ninfe e i satiri le hanno rivolto, ogni volta in cui Era scendeva dal suo Tempio, per bagnarsi nelle fresche acque dello stagno di Dioniso o per assaporare qualche grappolo d’uva delle vigne sacre del Dio del Vino! E quante voci sul suo conto, circolate senza tregua per i corridoi di marmo bianco dell’Olimpo, le hanno ferito il cuore come la lama di un coltello! E quante notti, senza luna né stelle, ha trascorso a singhiozzare nella sua camera, rinchiusa tra le lenzuola che le adoratrici dell’Isola di Samo un tempo avevano tessuto per lei! Ora voi, stupidi uomini, riuscite a comprendere quanto dolore si cela dietro tutto questo?" –Gridò Partenope, voltandosi di scatto verso i quattro Heroes e spingendoli indietro, con un’accecante onda di energia.

"Riuscite a comprendere cosa vuol dire aver vissuto mille anni sperando che l’uomo a cui era stata data in sposa, l’uomo che l’aveva sedotta con un malizioso inganno, si accorgesse di lei, di quanto fosse bella e donna? Riuscite a comprendere cosa significhi vivere mille anni struggendosi in una logorante attesa, per poi giungere all’unica maledetta conclusione? Che quel giorno, che Era tanto aveva atteso, forse non arriverà mai! Che ha trascorso una vita intera, la vita di una Divinità, non l’effimera vita di un uomo, ad inseguire un sogno che non diverrà mai realtà!" –Esclamò Partenope, e a Chirone parve quasi di notare i suoi occhi bagnarsi di lacrime. –"Soltanto noi, che di Era siamo servitori ed Emissari, e come tali portatori della sua fede, possiamo comprendere il suo dolore! Noi, che da Era siamo stati scelti, tra tutti gli uomini mortali, per elevarci e portare nel mondo il suo credo! Il credo di una donna a cui sono stati portati via l’amore e i sogni, e a cui nient’altro da credere resta se non la vendetta, a cui nessun altro motivo per cui lottare resta se non dimostrare a Zeus di aver vissuto per secoli in un errore, mostrando al Dio il frutto dello sbaglio fatto tempo addietro, vederlo inchinarsi di fronte a lui, implorando perdono, strisciando come un uomo, privo ormai del suo Cosmo Divino!"

"Sei pazzo Partenope!" –Gridò infine Chirone del Centauro. –"Ercole non si inginocchierà mai di fronte ad Era, né a Zeus! Né perderà il suo rango di Divinità per soddisfare i capricci di una donna sessualmente frustrata!"

"Taciiii blasfemo!!!" –Ringhiò Partenope, scaraventando Chirone contro un albero, schiacciandolo con una gigantesca onda di energia che disintegrò l’elmo del Centauro, rivelando gli occhi accesi del Comandante della Legione Furiosa. –"Cosa ne sai tu delle donne? Cosa ne sai di quanto soffrono e piangono? Credi che l’amore debba risolversi tutto nel sesso, in uno sterile incontro di corpi freddi che a nient’altro mirano se non ad un piacere effimero e momentaneo? E non pensi all’eternità, alla gloria di un sentimento capace di vincere persino il trascorrere inesorabile del tempo?! No, Chirone, tu non puoi comprendere le sofferenze della mia Regina! Tu sei soltanto un uomo, un vuoto corpo, privo di spirito e di eternità, ed io, che sono asceso al cielo degli Dei, ti infliggerò così tanto dolore che rimpiangerai di non aver mai provato amore in tutta la tua vita!"

"Lascia che sia io a decidere come vivere la mia vita!" –Replicò Chirone, rimettendosi in piedi e avanzando con baldanza, mentre l’aura rossastra del suo cosmo lo circondava. –"Lascia a me l’onore e l’onere dei rimorsi e dei rimpianti!"

"Bastardo! Ti fai gioco di me!!!" –Ringhiò Partenope, espandendo il proprio cosmo e sollevando nuovamente la collana che teneva in mano. –"In queste perle è racchiuso tutto il dolore delle persone a cui ho rubato la vita, punendole per non aver compreso la sofferenza della Regina degli Dei! Queste perle un tempo erano chicchi di melograno, su cui Era pianse nelle sue lunghe notti insonni, nelle veglie trascorse inutilmente ad attendere l’uomo da cui credeva di ricevere amore, ma da cui ebbe soltanto un titolo onorifico e tanti dispiaceri! Piangendo, questi chicchi sono stati infusi del suo cosmo, trasformandosi in splendide perle, capaci di attrarre a sé tutti gli spiriti degli uomini che si abbandonano al dolore! Che sono vittime del dolore! E di tutte le emozioni negative che ad esso si accompagnano! Rancore, odio, frustrazione, vendetta, invidia, gelosia, amori non corrisposti! Ogni anima trova il suo giusto posto all’interno di questa collana, di questo nido ove dimorerà per l’eternità! Poiché non esiste anima, non esiste uomo, che non abbia provato almeno una volta sentimenti negativi! E la dimostrazione di questo potere l’avete avuta poc’anzi, quando, liberando il mio potere, vi ho prostrato in ginocchio, prosciugando parte delle vostre energie!"

"Cosa stai farneticando?" –Ringhiò Chirone, ponendosi di fronte ai suoi tre guerrieri, le cui condizioni, al Comandante era chiaro, non erano delle migliori, essendo molto deboli. –"Quale insana follia ha partorito la tua mente?"

"Non ti senti fiacco e vuoto, Chirone? Non senti le gambe pregarti di non sforzarle più, di non obbligarle ad avanzare ulteriormente, abbandonandoti al riposo e alla quiete?!" –Sogghignò Partenope. –"Eppure hai già subito l’Annichilamento dell’Anima, seppur non al suo massimo potere! Vuoi forse farmi credere di esserne rimasto immune?!"

Chirone strinse i pugni, brontolando tra sé, incapace di ammettere che le parole provocatorie di Partenope erano vere. L’assalto che aveva scagliato contro tutti loro, pochi minuti prima, l’abbagliante luce che li aveva accecati, aveva sottratto parte della loro energia, palesandosi come un ventaglio scintillante che si era richiuso, portando con sé una parte della loro essenza vitale. L’anima era davvero stata intaccata, e il fatto che Diomede e Aureliano fossero crollati in ginocchio e che suo fratello Mistagogo, ardito e temerario in battaglia, avesse bisogno di appoggiarsi ansimante ad un albero, per respirare di nuovo, ne erano una dimostrazione palese. Eppure Chirone continuava a reggersi sulle sue gambe, indebolito indubbiamente, ma non spossato come i suoi compagni. Perché? Si chiese il Comandante, ringhiando contro l’Hero traditore.

"Non lo immagini?!" –Sogghignò Partenope, sfoderando un sorriso luminoso. –"Che delusione ho provato nell’affrontare quell’inetto di Tereo! Una vera pena! Un vero fungo andato a male! Non ha neppure tentato di liberarsi dalla morsa del mio Melograno Assassino! Come può una vittoria così schiacciante, così umiliante, soddisfare il mio smisurato ego, il mio smisurato bisogno di confrontarmi con un uomo vero e vincerlo?!"

"Se è uno scontro diretto che brami, tale scontro avrai! Chirone del Centauro non si tirerà mai indietro di fronte ad una battaglia!" –Gridò con fierezza l’Hero di Ercole, espandendo il suo cosmo fino ad avvolgere se stesso in una sfera di infuocata energia, prima di sollevare lo sguardo verso Partenope. Una frazione di secondo dopo, la potente sfera energetica sfrecciava già verso l’Emissario di Era, come una vera e propria bomba umana, dalla forza immane.

Partenope non riuscì ad evitare di essere travolto da tale sorprendente forza e velocità e venne spinto indietro, prima di scaraventare lontano Chirone e il suo cosmo ardente con una poderosa onda di energia. Ma il Comandante della Sesta Legione fu abile a balzare in alto, atterrando compostamente a piedi uniti sul terreno, a fianco degli esausti Diomede, Aureliano e Mistagogo.

"Quando il mio corpo è avvolto dalla fiamma astrale che dimora dentro di me niente è in grado di raggiungermi, neppure i tuoi anelli di energia!" –Esclamò Chirone, le cui sembianze parevano quelle di una stella, tanto vivo e acceso era il rossore che emanava.

"Lo vedremo! Anelli di Luce!!!" –Gridò Partenope, scatenando con rinnovata intensità il suo assalto, la cui forma molto ricordava i cerchi concentrici generati da un sasso cadendo in acqua. Ma Chirone mise tutto se stesso nel cosmo che lo attorniava, riuscendo a contrastare l’impeto di quei cerchi energetici. –"Una sfida appassionante! Ma che saprò vincere!" –Sibilò l’Hero traditore, placando il suo assalto ed evocando una miriade di rossi fiori di melograno, che apparvero attorno al suo corpo prima di essere scagliati con forza avanti, verso i guerrieri di Ercole. –"Melograni Assassini!!! Saziatevi della loro energia!!!" –Gridò Partenope, dirigendo i suoi fiori contro la sfera che attorniava Chirone e, in numero minore, contro gli altri Heroes, di cui ben poco ormai si interessava, convinto che, come gli Heroes della Legione dei Fiori, fossero ormai fiacchi e sconfitti.

Diomede tentò di difendersi, colpendo i melograni in volo con le sue frecce, mentre Mistagogo ricreò il suo Tifone di Energia, seppure di intensità inferiore al solito, per travolgere i rimanenti. I fiori che si diressero contro Chirone sfiorarono a malapena la sua barriera di fiamma ardente, prima di essere carbonizzati, annientati con un colpo solo dalla devastante esplosione di energia che sorse dalla sfera stessa, raggiungendo persino Partenope e scaraventandolo indietro di qualche metro.

"Meraviglioso!!!" –Commentò Partenope, sorridendo maliziosamente a Chirone. –"Una tale dimostrazione di forza, resistenza ed energia non può che far gioire il mio cuore annoiatosi per la facilità riscontrata nel massacrare gli Heroes tebani! Tu, Chirone, sei la mia ancora di salvezza dalla monotonia di questo mondo! Ah ah ah!!!"

"Smetti di parlare e combatti, ipocrita!" –Ringhiò Chirone, scattando avanti come una bomba di energia, avvolto ancora nel suo cosmo ardente. Ma non riuscì a travolgere Partenope come aveva fatto in precedenza, poiché non appena si mosse, l’Hero traditore sollevò la collana di perle al cielo, espandendo il suo cosmo e generando una violenta esplosione di luce che abbagliò nuovamente l’intera radura.

Pallido, e a tratti un po’ grigiastro, quasi una luce carica di malinconia e tristezza, il bagliore generato da Partenope accecò nuovamente tutti gli Heroes presenti, mentre l’Emissario di Era roteava sopra di sé la sua arma e lamenti e grida di dolore parevano risuonare nella radura macchiata di sangue.

"Udite queste voci? Sono i lamenti delle anime di cui mi sono cibato! Sono le grida strazianti degli uomini a cui ho rubato il futuro, condannandoli ad un’eterna agonia nelle sconfinate terre del limbo!" –Esclamò Partenope, osservando con piacere le smorfie di disgusto sui volti dei suoi avversari. –"Ogni perla, ogni chicco di melograno che compone questa collana rappresenta una mia vittoria e presto anche voi farete parte della mia collezione di trofei!" –Aggiunse, prima di scatenare la potenza devastante del suo attacco. –"Annichilamento dell’Anima!!!" –Gridò, liberando il potere racchiuso nella collana del melograno.

Diomede e Aureliano crollarono a terra, cercando di avanzare a tastoni sul suolo, mentre le forze sembravano abbandonarli, svuotati dall’interno, quasi prosciugati della loro energia vitale. Chirone cercò di resistere, scagliandosi come una valanga contro Partenope, ma la sfera di infuocata energia che lo rivestiva si dissolse pochi istanti dopo, svanendo nell’immensa luce, venendo assorbita dalla collana.

"È vano ogni tuo movimento, Chirone! Non hai udito la mia spiegazione? La collana del melograno è nata dal dolore della Grande Dea, è intrisa di sofferenza e figlia del peccato, e attira a sé tutti i rancori e le sofferenze degli uomini! Perché, in fondo, cos’altro è la vita di un uomo se non un’esistenza di dolore e peccato?"

"Sbagli! Esistono anche uomini giusti, che non errano e dedicano la loro vita al bene, ad aiutare gli altri!" –Rispose Chirone, ma Partenope lo interruppe nuovamente.

"Idiozie! La vita degli uomini è fin dalla nascita dominata dal dolore e dall’errore! Qualsiasi uomo durante la propria vita commette sbagli, anche nelle scelte più semplici che compie! Qualsiasi uomo durante la propria vita prova rancore, tristezza, gelosia, sconforto, nei confronti degli altri o di se stesso, macchiando il suo cuore di sentimenti negativi! E tu ne sei un esempio, oh mio orgoglioso capitano della Legione Furiosa! Quanti uomini hai ucciso? Quanti ne hai massacrati per soddisfare la tua brama di gloria in battaglia, la tua sanguinaria fame di vittoria?"

"Ho combattuto per ciò che ritenevo giusto, Partenope, affrontando briganti e i Turchi invasori, e lottando spesso a fianco di Ercole!" –Rispose Chirone.

"E puoi dire a te stesso di non aver mai lottato per il piacere innato di scendere in battaglia e far sfoggio delle tue abilità guerriere? Puoi ammettere di fronte a Dio di non aver mai peccato nell’uccidere altri uomini e che farlo significa portare giustizia?" –Ironizzò Partenope, zittendo Chirone, che abbassò il capo, non sapendo come rispondere.

Avrebbe potuto anche mentirgli, ma questo non avrebbe cambiato la realtà dei fatti. Il Comandante della Legione Furiosa, lui stesso lo aveva ammesso più volte, era un guerriero, a tratti un po’ barbaro, che aveva dato la vita alla guerra e alla battaglia, sentendole ribollire nel suo sangue, venendo spesso ingaggiato fin da ragazzo come mercenario al servizio del miglior offerente. Soltanto in seguito al suo incontro con Ercole, Chirone aveva compreso che la guerra non poteva essere l’unico modo per risolvere i problemi, né tra uomini né tra Stati sovrani, ponendo quindi i suoi servizi a disposizione del Dio dell’Onestà.

"Non ascoltarlo, Chirone!!!" –Gridò una voce improvvisamente, rubando l’Hero ai suoi pensieri. –"Nostro padre sarebbe fiero di te! Io sono fiero di te!!!" –Si fece avanti Mistagogo di Tifone, accendendo il suo cosmo dai bagliori rosati e argentei. –"Non lasciare che quest’uomo viscido e menzognero insinui il dubbio dentro di te, ma valuta il tuo operato senza paura del giudizio finale!"

"Mistagogo!" –Mormorò Chirone, osservando il fratello avanzare fino a porsi al suo fianco, incurante delle forze che gli venivano meno, assorbite dalla collana di Partenope.

"Ricordi quando abbiamo assalito quella nave ottomana in Tessaglia? Ne uccidemmo la metà, questo è vero! Ma se non l’avessimo fatto, se non fossimo intervenuti, quanti bambini, donne o anziani di quel villaggio di pescatori sarebbero morti, massacrati senza possibilità alcuna di difendersi? Quante vite abbiamo salvato, sia pur peccando e macchiando le nostre mani di sangue?!" –Esclamò fiero l’Hero del Tifone. –"Se un giorno dovremo pagare per aver combattuto per difendere degli innocenti, allora affronteremo il giudizio a testa alta! Ma nell’attesa…" –E volse lo sguardo verso Partenope, che sembrava infastidito da quell’intervento. –"…nell’attesa lotteremo con tutte le nostre forze per difendere ciò che ci è caro!!! Tifone di Energia!!!" –Gridò Mistagogo, lanciandosi avanti e travolgendo tutto con il suo mulinello di energia cosmica, di potenza incredibilmente superiore ad ogni assalto lanciato in precedenza. –"Ricordalo fratello!!! Ricorda… mi!" –Aggiunse, prima che un’onda devastante di luce pallida lo investisse, cancellando la sua anima.

"Stolto!" –Mormorò Partenope, arrotolando la collana di melograno attorno al suo braccio destro e placando la sua offensiva. –"Quali speranze aveva un assassino come lui, barbaro uomo dedito soltanto alla guerra, di opporsi all’Annichilamento dell’Anima? Nessuna! E credo anch’egli lo sapesse! Vigliaccamente ha rinunciato a combattere, gettandosi senza speranza alcuna verso la fine, impaurito dalla sofferenza e dai tormenti di una morte crudele che gli avrei destinato, credendo di poter incontrare la salvezza! Ma ha errato, poiché il mondo in cui la sua anima è precipitata adesso è un mondo di sofferenza continua, ove egli proverà su se stesso le terribili pene che ha comminato ai suoi avversari in vita!"

"Sbagli! Mistagogo non aveva certamente paura della morte, né di te, che ti atteggi a rappresentante del Dio degli Inferi, quando in realtà sei soltanto un pavido cialtrone!" –Esclamò Chirone, con rabbia montante. –"Mistagogo era un guerriero ed è caduto con onore, come tutti gli Heroes della mia Legione, che tu e quel barbaro ignorante di Ificle avete contribuito a distruggere! Perciò ascoltami bene, scagnozzo di Era, come tu hai giurato di combattere per difendere l’onore di una donna stuprata nei sentimenti, io combatterò per l’onore mio e dei guerrieri che hanno creduto in me, al punto da morire al mio fianco, senza arretrare di un passo alcuno! Questo per me è il coraggio! Questo per me significa vivere la vita fino in fondo, diventando immortali! Poiché gli spiriti degli uomini caduti quest’oggi rimarranno dentro di me per l’eternità e si uniranno alle anime di tutti coloro che hanno vissuto per qualcosa, lottando per una causa giusta, con valore e coraggio, inciampando e cadendo nel fango e trovando ogni volta la forza di rialzarsi, anche se sporchi e stanchi, con lo sguardo limpido di chi non si arrende!" –Detto questo, Chirone si lanciò come una bomba contro l’Hero del Melograno, incurante dell’energia che gli veniva sottratta ad ogni attimo in cui si avvicinava a lui.

La potenza dell’assalto di Chirone fu tale da spingere Partenope indietro, facendolo barcollare per qualche istante, prima che riuscisse a piantare di nuovo i piedi nel terreno, spazzando via il Comandante della Legione Furiosa con un’abbagliante onda di pallida luce, assorbendo ancora un po’ della sua rabbia, un po’ del suo dolore, un po’ della sua natura guerrafondaia.

"Abbraccerai presto le anime di coloro che sono morti, Chirone, poiché tra poco li raggiungerai! Ah ah ah!" –Esclamò Partenope, roteando la collana di melograno, mentre Diomede e Aureliano, seppur deboli, affiancavano il loro Comandante, pronti a dare la vita per proteggerlo. –"Ascolta tuo fratello! Ascolta le grida di un peccatore, la cui anima è corrosa dal male e intrisa da un senso di morte!!!"

Per un attimo a Chirone e agli altri due Heroes parve vedere evanescenti figure fluttuare nell’aria circostante, mentre strilli acuti, simili a implacabili lamenti, anticipavano visioni atroci ai loro occhi. A Chirone sembrò di vedere Tereo del Fungo, Liriope del Narciso, Ila del Tulipano, Eumolpo della Spiga, Kore del Cipresso e altri guerrieri uccisi da Partenope disperarsi selvaggiamente, segnati da tormenti indescrivibili, precipitati continuamente nei gironi dell’Inferno, mentre pene terribili venivano loro inflitte. Infine, solitario ed errabondo, Chirone rivide lo spirito di suo fratello, del fratello al cui fianco aveva a lungo lottato, camerati della stessa Legione impegnati in una guerra continua contro la vita. Sospirò per un momento, mentre lacrime brillarono sui suoi occhi per la prima volta, sugli occhi dell’uomo che non aveva mai pianto, neppure quando erano morti i suoi genitori, massacrati davanti ai suoi occhi durante un attacco ottomano.

"Grazie!" –Mormorò infine Chirone, ripulendo dal dubbio il suo cuore, e preparandosi per l’ultimo attacco, proprio mentre Partenope sollevava la collana di melograno, con un ghigno perverso sulle labbra. Ma prima che potesse scatenare l’Annichilamento dell’Anima, una luce improvvisa lo travolse, sovrastando il pallido bagliore di morte delle anime erranti che aveva imprigionato. –"Cosa?!"

Argo del Cane e Gleno di Regula, i due Heroes della Quarta Legione, avanzarono a passo deciso, tenendosi per mano, verso il centro della radura, passando accanto ai corpi stanchi di Chirone, Diomede e Aureliano, con il volto calmo e sereno, privo di quell’ansia e di quella rabbia che sembravano tratteggiare gli Heroes della Legione Furiosa.

"Ragazzi! Cosa fate? Allontanatevi! È pericoloso!!!" –Gridò premurosamente Aureliano del Pittore, ma la risposta di Argo gli tolse ogni dubbio.

"Nient’affatto! Per noi non lo è!" –Sorrise il giovane Hero del Cane, voltandosi verso i tre Heroes. –"La collana di melograno agisce sui sentimenti negativi che dominano l’uomo: rabbia, dolore, collera, gelosia, brama di gloria! Ma noi, che di tali emozioni siamo privi, poiché non abbiamo mai permesso loro di dominare il nostro animo, non risentiamo del suo oscuro influsso!"

"Sciocchezze! Siete uomini come tutti gli altri e possedete un cuore impuro, macerato dalle sofferenze che hanno segnato la vostra vita! Orfani, deboli e feriti, avete assistito impotenti al massacro dei vostri compagni, incapaci di far qualsiasi cosa per aiutarli! Il senso di colpa domina il vostro animo e vi abbatte nello sconforto, nella disperazione dell’inutilità della vostra esistenza!" –Esclamò Partenope, sollevando la collana di perle e dirigendo la luce verso i due, avendo però un’amara sorpresa. Il bagliore di morte della sua arma sembrava tentennare di fronte al limpido cosmo dei due giovani, quasi avesse paura, quasi provasse incertezza, davanti a un’anima così immacolata e pura. –"Come può essere?!"

"Il profilo con cui ci hai descritto, Partenope del Melograno, non ci si addice!" –Rispose calmo Argo del Cane, socchiudendo gli occhi, assieme all’amico, e lasciando che i loro cosmi si unissero, aprendosi come il calice di un fiore. –"Non c’è dolore nel nostro animo, soltanto felicità e speranza! Felicità perché abbiamo avuto la fortuna di conoscerci e vivere insieme in quest’epoca, amici sinceri, quasi fratelli, incapaci di abbandonarsi l’un l’altro! Felicità perché siamo stati investiti dall’onore di marciare con le Legioni di Ercole, servendo uomini valorosi come il capitano Agamennone o la premurosa Niobe, mettendo la nostra vita al servizio di una causa giusta, come quella incarnata dal Dio dell’Onestà! Felicità, infine, poiché daremo la vita per salvare quella di tre nostri compagni, impedendo che a loro sia fatto del male! Come possiamo provare dolore per aver vissuto una vita così intensa, così bella, così dedita agli altri e al futuro?" –Sorrise Argo del Cane, prima di liberare assieme all’amico tutto il loro cosmo. –"È la speranza del futuro che ci darà la forza per sconfiggere il rancore e l’odio che dimorano nella tua collana, Partenope!!!"

Un’abbagliante esplosione di luce travolse la radura, mentre i cosmi incontaminati di Argo e di Gleno sopraffacevano gli strazianti lamenti e i dolorosi spiriti incarnati dalla collana del Melograno, spingendo via lo stesso Partenope, danneggiando persino un coprispalla della sua corazza. Chirone, Diomede e Aureliano furono spinti indietro, accecati da tale angelico splendore, quasi divino, che distrusse la collana di perle, liberando le anime di coloro che troppo a lungo vi avevano dimorato e sofferto. Decine e decine di spiriti parvero dissolversi nel vento, finalmente liberi da quegli immani patimenti, finalmente pronti per ascendere al Paradiso dei Cavalieri, ove insieme si sarebbero ritrovati.

"Comandante Chirone! È stato un onore dare la vita per salvare voi e i vostri Heroes, uomini coraggiosi che non hanno indietreggiato di un passo per difendere i loro ideali e i nostri corpi!" –Fu l’ultima frase di Argo del Cane che Chirone udì nella propria mente, prima che la luce si attenuasse, lasciando soltanto una leggera foschia.

Chirone, Diomede e Aureliano si rimisero in piedi, sentendosi finalmente liberi, svincolati da quel potere malefico che prosciugava continuamente le loro forze. Un rumore di rami spezzati li fece voltare, per trovarsi di fronte l’irato volto di Partenope del Melograno che li fissava con disprezzo. La sua Armatura aveva subito qualche graffio e al collo non portava più alcuna collana, distrutta dall’idealismo puro e sincero di due giovani. Forse i più adatti, pensò sospirando il Comandante Chirone, per vincere il rancore e il cinismo degli uomini adulti!

"Mai avrei creduto di incontrare uomini dotati di un animo così puro, uniti da un affetto così sincero da divenire un potere superiore al dolore che caratterizza la vita umana!" –Confessò Partenope, stringendo l’aria con la mano destra, ancora incredulo di aver perso la propria collana.

"Vivi in un errore, Partenope, se credi che la vita sia solo dolore e morte! E forse… vivi anche male con te stesso!" –Commentò Chirone. –"La vedi questa nebbia che adesso si va diradando? Io credo sia la stessa che ottenebra il tuo cuore, impedendoti di vedere la realtà e mostrandoti soltanto uno squarcio inquinato di essa! Una nebbia sì fitta o un muro sì grosso che, non vi penetrando l’occhio degli uomini, tanto sa el popolo di quello che fa chi governa o della ragione perché lo fa, quanto delle cose che fanno in India!" –Mormorò tra sé Chirone.

"Che stai dicendo?" –Domandò Partenope, senza comprendere.

"Citavo un poeta fiorentino del ‘500! Francesco Guicciardini!" –Spiegò Chirone, con un sorriso soddisfatto sulle labbra. –"Mio padre era un guerriero e ha insegnato a me e a mio fratello il culto della guerra, supremo compimento dei doveri di un maschio, per la protezione della famiglia e della patria; ma mia madre era una poetessa, e amava trascorrere le giornate a leggere nei prati, incurante di tutto il resto del mondo! La sera, prima di coricarmi, mi leggeva brani di autori italiani e greci, considerandoli i migliori del mondo, poiché i più adatti a cogliere la realtà circostante! E tu, con quel velo di nebbia sul cuore, mi hai ricordato una massima dei Ricordi del Guicciardini!" –Commentò Chirone, prima di lasciarsi scappare un moto ironico. –"È strano! Aver vissuto per così tanti anni pensando alla guerra, a quanto fosse eroico scendere in battaglia, a quanto in essa avrei potuto trovare pace e realizzazione dei miei ideali, e aver dimenticato tante altre cose, come le poesie che mi legavano a mia madre!"

"Non disperarti per lei, poiché presto la incontrerai di nuovo! L’Inferno è un luogo ospitale e sono certo che tua madre ti avrà riservato un letto accanto a lei!" –Sghignazzò Partenope, espandendo il suo cosmo. –"Le madri sanno sempre cosa è meglio per i loro figli!"

"All’Inferno finirai tu, Partenope!" –Esclamò Chirone, ritrovando tutta la sua grinta combattiva. Balzò in alto, lasciando esplodere il suo cosmo, che avvolse il cielo con un’aura cosmica rossastra, prima che una fitta pioggia di lava scendesse sulla radura, convergendo su Partenope. –"Lapilli di lava, cadete!!!"

Partenope schizzò come un fulmine nella radura, cercando di evitare la fitta pioggia di magma ardente, con grande difficoltà, poiché la velocità di esecuzione degli attacchi di Chirone era uguale alla propria, raggiungendo quella della luce, il cui superamento era consentito soltanto agli Dei. Ed egli maledisse per la prima volta le sue origini umane, e il mancato riconoscimento del suo status divino.

"Ercole!!! Io ti odiooo!!!" –Gridò Partenope, fermandosi improvvisamente e facendo esplodere il suo cosmo, che si presentò sotto forma di un unico violento anello di luce, che travolse i lapilli infuocati che cadevano, estinguendo il magma di Chirone e facendo precipitare l’intera radura in un artificiale silenzio.

Indebolito per lo sforzo, Partenope si lasciò cadere a terra volontariamente, sentendosi stanco per la prima volta dall’inizio di quella lunga giornata. Aveva massacrato Tereo del Fungo e altri sei Heroes a Tebe, intrappolato Nestore dell’Orso e Giasone del Cavallo, ucciso l’anima di Mistagogo di Tifone e adesso avrebbe annientato anche Chirone del Centauro e i suoi due compagni, prima di fare ritorno a Samo. Là, tra le mura del nuovo Heraion, la Regina degli Dei lo avrebbe accolto con amore e con l’affetto di una madre, lodandolo per la sua iniziativa e per i risultati conseguiti, superiori indubbiamente a quelli di Kyros del Pavone e di Boopis della Vacca, indegni parigrado da cui Partenope aveva sempre cercato di differenziarsi. Soprattutto da Kyros, che godeva della benedizione di Argo, il Sacerdote di Era, mentre lui, che si era formato da solo, senza maestri né addestramento alcuno, tranne quello che si era imposto, veniva confuso assieme agli altri. Lui, che avrebbe dovuto sedere alla destra di Era come suo Oracolo, l’unico in grado di comprenderla completamente, più di quanto persino Argo poteva fare. Poiché Argo, per quanto vicino alla Dea, non poteva conoscere il segreto che lo riguardava, il legame profondo che univa Partenope ad Era, di cui soltanto loro due erano a conoscenza.

Facendosi forza, Partenope si rimise in piedi, accorgendosi di essere rimasto solo. Infastidito e sospettoso, l’Emissario di Era fendette l’aria con i suoi sensi, cercando i cosmi di Chirone e degli altri due Heroes, senza riuscire a trovarli. Insistette, nel tentativo di cogliere ogni minimo movimento, ogni minimo suono che pervadesse la radura, ma dovette ammettere, con sommo stupore, di aver perso ogni traccia dei suoi avversari. Non troppo convinto, iniziò a camminare, dirigendosi verso il limitare della radura, ove il gruppo di Heroes stava sostando quando li aveva scovati, ove giacevano i corpi degli altri Heroes della Sesta Legione massacrati da Ificle.

Con stupore, raggiunti i margini della natura, non trovò assolutamente niente, soltanto erba, e un senso soffocante di inquietudine, come se lo spazio intorno a sé si fosse improvvisamente ridotto, come se l’aria avesse iniziato a mancargli. Sconvolto, si guardò intorno con rabbia e con il sospetto crescente di essere caduto in una trappola dei suoi avversari, anche se ancora non riusciva a comprendere in che modo, né esserne sicuro. Corse di lato, tornò indietro, ritornò sui suoi passi, finché non fu costretto ad ammettere di essere stato intrappolato. Adesso sapeva dove si trovava, adesso aveva ben chiaro il motivo per cui non riusciva a trovare né Chirone né alcun altro all’interno di quello spazio. Perché non era più nella radura dove aveva combattuto, ma nella radura fittizia, immaginaria, dipinta da Aureliano del Pittore su tela e nella quale l’Hero traditore del Melograno era condannato a rimanere per l’eternità.