EPILOGO

Era una notte senza stelle quella che accompagnava i passi del Grande Sacerdote. Nel desolato silenzio di quel tradito Santuario, colui che un tempo era stato Saga di Gemini camminava per i corridoi della Tredicesima Casa, ricoperto dalla lunga tunica bianca dell’Oracolo di Athena. L’elmo rosso in testa, la maschera sul volto, una tremenda angoscia nel cuore. Un sibilo di dolore che gli tagliava la schiena in due, come una fredda lama affilata, come la gelida arma che stringeva in mano. Un’ombra gliene aveva fatto dono ed egli l’aveva stretta, annientando gli ultimi barlumi di volontà che la sua macerata anima tentava di far nuovamente emergere, mettendo da parte tutto, il suo vero io prima di ogni altra cosa.

Uscì dalle Stanze del Grande Sacerdote, raggiungendo un padiglione laterale, che Arles aveva adibito a residenza privata della neonata Dea della Giustizia, futura luce che avrebbe dovuto illuminare gli uomini, guidando i Cavalieri della speranza. Cavalieri di cui Saga stesso faceva parte.

Un tempo ne ho fatto parte! Ripeté a se stesso, trascinandosi fino al padiglione dove riposava Athena. Ma quel tempo è passato! Quel tempo è ormai sbiadito ricordo, foglia caduca in balia del vento, che questi miei passi spazzeranno via! Ed aprì il pesante portone, entrando all’interno della costruzione.

La Vergine Dea giaceva in una morbida cuccetta, tenera bambina da poca giunta al mondo e costretta a lottare fin da subito per la propria sopravvivenza. Dormiva, Athena dormiva, e parve non accorgersi dell’uomo incappucciato, dagli occhi iniettati di sangue, che sollevò il gladio d’oro sopra di lei, facendolo scintillare alla luce delle torce affisse alle pareti.

Perdonatemi! Fu l’unica cosa che pronunciò Saga, calando il dorato fendente sulla bambina. Possiate… perdonarmi!

"Noooo!!!" –Gridò una voce, risuonando come una sentenza d’accusa nel sepolcrale silenzio di quel chiosco.

Una mano fermò la disperata discesa del gladio d’oro, ferendo la coraggiosa pelle che la ricopriva, ed impedendo il compiersi dell’atroce delitto.

"A tal punto giunge la vostra infamia? Siete pazzo, Arles!" –Esclamò una decisa voce maschile, comparendo al fianco dell’uomo ammantato.

"Micene! Finiscila, idiota!" –Gridò questi, liberando la presa del gladio dalla stretta del ragazzo e spingendolo via con un brusco strattone.

Senza aggiungere altro, cercando di anticipare i veloci movimenti del Cavaliere del Sagittario, l’uomo che Sion aveva scelto come custode della Dea Athena, Saga si gettò sulla bambina, desideroso di affondare l’oscura lama dentro di lei. E in quel momento, mentre quel che rimaneva del valoroso Cavaliere dei Gemelli piangeva amare lacrime di sangue, testimoni sofferenti di quel fratricida spettacolo, Saga non seppe più chi era. Se era Gemini, se era Kanon, se era Arles, o se non era nessuno di loro o tutti quanti. Egli era il caos, di quello ne era certo, e il suo compito era distruggere gli equilibri del mondo, accelerando l’avvento di una nuova tenebra.

Micene anticipò la lama dorata, salvando Athena e andando incontro al suo destino. Quella notte, sotto il cielo di Grecia, Saga e Micene uscirono dalla storia. Ed entrarono nel mito.