CAPITOLO TRENTADUESIMO: UN FUTURO INCERTO.

Magnifico e splendente, avvolto da un’aura di luce che neppure i Dodici Cavalieri d’Oro di Athena erano capaci di emanare, Amon Ra, il Dio del Sole Egizio apparve in cima ad una duna di sabbia, frenando la discesa di Apopi verso suo figlio Febo. Indossava la sua Armatura Divina, dagli accesi colori arancio e oro, formata da un gonnellino pieghevole, in grado di adattarsi ai bruschi movimenti di una battaglia, che copriva in parte i gambali, da un pettorale rifinito in oro, al centro del quale splendeva il simbolo di Ra, un cerchio con un punto in mezzo, il simbolo del Sole, da due coprispalla arcuati, dai bracciali intarsiati e dall’elmo, un vero e proprio copricapo regale formato da due corna di ariete, al centro delle quali era incastonato il Disco del Sole.

"Non osare levare la mano su mio figlio, lurido Serpente Cosmico!" –Esclamò Amon Ra, stringendo con forza il suo scettro divino, un lungo bastone dorato, simile a quelli di Anubi e di Osiride, in cima al quale era fissato il simbolo del Sole.

"Amon Ra!" –Sibilò Apopi, sollevandosi e sbuffando fiamme di odio, alla vista del suo mortale nemico, della sua nemesi, la luce del sole, che egli massimamente detestava. –"Sei venuto ad offrirmi la tua vita? Non vale molto, ma è un antipasto interessante! Prima di prendermi il resto!" –Ringhiò il Serpente, scuotendosi con forza.

"Non banchetterai quest’oggi, immonda creatura! Troppo hai respirato l’aria di questa Terra, tu che soltanto miri alla sua distruzione!" –Esclamò Amon, puntando lo scettro verso il viso di Apopi. –"Mira lo Scettro di Ra! Mira il Disco del Sole! E restane ottenebrato!" –Detto questo lo Scettro di Amon Ra sprigionò un violento raggio di luce, diretto verso gli occhi di Apopi, i quali, quasi vittima di un incantesimo suadente, non riuscirono a staccarsi da esso, per quanto male facesse loro.

Il Serpente Cosmico si scosse, muovendo con violenza l’intero suo corpo, mentre le nuvole nel cielo svanirono all’istante, rivelando un Sole al tramonto, ma ancora in grado di illuminare. Alla vista di quel panorama, del Supremo Dio del Sole stagliarsi sulla sabbia d’Egitto, con il corpo celeste alle sue spalle irradiare le ultime luci del giorno, Osiride, Horus e Febo si inginocchiarono e levarono un canto ad Amon, attingendo ad uno degli Inni Sacri composti per la divinità tebana.

"Chinati davanti a te stanno gli dei, lodando la forza del creatore. Re e capo di ogni Dio, noi celebriamo la tua forza perché tu ci hai creati. Ti veneriamo perché tu ci hai formati. Cantiamo inni di lode perché tu ci protegga!"

La forza di quel canto e la purezza dei cuori che lo innalzarono invasero l’aere, diffondendosi lungo le dune e tra le sabbie del Sahara, invadendo le case e i villaggi, le oasi e le grandi città, udite da tutti coloro che avevano atteso il ritorno di Amon Ra per tutti quei secoli. Anche Achoris e sua moglie sorrisero, stringendo i figli a sé, mentre rivoli di lacrime solcarono il loro volto.

"Graurrr!!!" –Ringhiò furioso Apopi, eruttando una violenta fiammata di oscura energia, che diresse contro la duna dove si ergeva Amon Ra.

"Padreee!" –Gridò Febo, alla vista di quelle terribili vampate che si abbatterono sul Dio, sollevando un immenso polverone di sabbia.

Quando la sabbia si diradò e i suoi occhi poterono vedere di nuovo, Febo notò che suo Padre era ancora là, ritto sulla duna, circondato dal suo lucente cosmo, protetto da una cupola di energia che sembrava richiamare direttamente la corona solare. Tutto intorno ad essa si avvolgevano le oscure fiamme di Apopi, che come serpi si snodavano sulla sua superficie, cercando di fondere la barriera e raggiungere il Dio al suo interno. Una violenta esplosione del cosmo di Amon spazzò via le venefiche fiamme del Serpente Cosmico, mentre il Dio caricava nuovamente il suo Scettro, puntandolo contro Apopi.

"Odio lo Scettro del Sole! Odio il Sole stesso, che produce luce!" –Sibilò Apopi, scuotendo il suo smisurato corpo. –"Ti ucciderò Amon e spegnerò il Sole, avvolgendo la Terra in una tenebra senza fine!" –E nel dir questo schiacciò il Dio a terra con un secco colpo della sua immensa coda di rettile.

Febo, nel vedere il Padre in pericolo, si lanciò avanti, caricando il palmo destro di rovente energia, che diresse contro il viso del Serpente sotto forma di una gigantesca bomba di luce. Ma ad Apopi bastò un soffio del suo alito fiammeggiante per travolgere la sfera incandescente di Febo e farla propria, rinviandola al mittente insieme ad una fitta pioggia di vampe di fuoco nero.

Febo tentò di evitare le immonde vampate devastatrici, rotolando in fretta sul terreno, ma presto si trovò circondato, avvolto in una spirale di fiamme oscure che si stringeva sempre di più attorno a lui. Determinato a non arrendersi, il figlio di Amon sollevò la mano destra al cielo, espandendo il suo cosmo lucente ed evocando il Talismano di cui era custode: lo Specchio del Sole. Lo afferrò, dirigendo il suo raggio proprio verso gli occhi di Apopi, sicuro che, come il Padre gli aveva mostrato, avessero in ostilità l’abbagliante luce delle stelle.

"Specchio del Sole!!! Illumina la via!" –Gridò Febo, mentre una gigantesca onda di luce, partita dallo scettro, travolse le fiamme attorno, dirigendosi verso il volto dell’immondo serpente.

Apopi fu accecato e si imbestialì furiosamente, emettendo orribili suoni gutturali e scuotendo l’intera massa putrida del suo corpo. Lo smottamento del terreno scaraventò i Cavalieri da una parte e dall’altra, ormai allo stremo e delle forze, ed anche Febo venne colpito da un violento colpo di coda del Serpente, cadendo a terra e perdendo la presa dello Specchio del Sole. Diminuendo l’intensità della luce, per quanto ancora abbagliato e stordito, Apopi si gettò in picchiata su Febo, per annientarlo con le sue terrificanti vampate di fiamme oscure, che circondarono il ragazzo, stringendolo in una spirale mortale.

"Quale onore osservare il figlio del mio primo nemico ardere ai miei piedi!" –Sibilò Apopi, spalancando le immense fauci della sua testa e gettandosi su Febo.

Ma improvvisamente violente ondate di energia acquatica spensero le oscure fiamme che imprigionavano il Cavaliere del Sole, mentre una potente bomba di energia azzurra sfrecciò nell’aria, centrando in pieno la gola del Serpente Cosmico ed esplodendo al suo interno.

"Maremoto dei Mari Azzurri!" –Esclamò Marins, apparendo sul campo di battaglia in cima ad uno spumeggiante cavallone di energia acquatica. Travolse le fiamme ed afferrò Febo per un braccio, portandolo fuori dal raggio di azione delle vampe del Serpente Cosmico.

"Sei tornato?!" –Sorrise Febo, felice di rivederlo.

"Ho fatto una promessa al mio Maestro, garantendo che ti avrei condotto da lui, sano e salvo!" –Spiegò Marins. –"Non sono tipo da infrangere i giuramenti con così tanta facilità!" –E depositò Febo a terra, prima che il cavallone di energia lo sollevasse nuovamente, avvolto nel suo cosmo azzurro come il mare. –"Talismani!" –Gridò, sollevando la mano destra al cielo, ed un magnifico tridente, rifinito di scaglie d’oro, apparve nella sua mano destra. –"Tridente dei Mari Azzurri!" –Esclamò Marins, lanciandosi con gran foga contro Apopi.

Il Tridente dei Mari Azzurri lasciò partire una violenta scarica di energia, colpendo il Serpente nel punto di attaccamento della testa al resto del tozzo corpo, facendolo barcollare per un momento e gridare di dolore, prima che nuove vampate di fetida energia infuocata fossero sprigionate dalle sue fauci. Marins venne travolto e precipitò dal cavallone, ma prima di cadere riuscì a lanciare il Tridente, caricandolo di tutta l’energia cosmica che teneva dentro, contro il collo del Serpente, piantandolo proprio dove lo aveva colpito in precedenza, tra gli strepiti dell’immonda creatura.

Marins ricadde a terra sbattendo una spalla e incrinando un coprispalla della sua splendida armatura, proprio mentre Apopi si agitava freneticamente, contorcendosi su stesso e attorcigliandosi, per riuscire a togliere quel fastidioso forcone intriso di lucente energia delle stelle. Muovendosi e sprizzando fiamme in continuazione, Apopi sovrastò il Cavaliere dei Mari Azzurri, schiacciandolo e poi sbattendolo via, davanti agli occhi preoccupati di Febo.

"Che strepitio!" –Tuonò una voce improvvisamente, attirando l’attenzione del Serpente Cosmico, che riconobbe la voce del suo primo nemico. –"Non hai dunque dignità, serpe? Non riesci a soffrire in silenzio? Abbi carattere, te ne prego, perché il dolore che hai provato adesso non è niente rispetto a quanto io te ne infliggerò!" –Esclamò Amon Ra, ergendosi nuovamente sulla duna di sabbia, con le vesti un po’ sporche e lo sguardo stanco, ma determinato a non arrendersi.

"Non parlare di dolore, Amon Ra! Poiché sono maestro, io, nell’infliggerlo!" –Sibilò Apopi, eruttando venefiche vampate di fiamme oscure.

"Per quanto tempo abbiamo combattuto, Apep?" –Chiese Amon Ra, espandendo il suo cosmo lucente. –"Per tremila anni, ogni giorno, nel momento in cui il Sole sorgeva sull’Egitto, i sacerdoti sacri pronunciavano formule magiche, bruciando i simulacri di cera che ti rappresentavano, per propiziare la vittoria delle forze della luce, ripetendo questo rito varie volte al giorno, così come Iside utilizzava le arti magiche per limitare i tuoi movimenti! E ogni notte alla settima ora, tu, Oscuro Demonio, tentavi di contrastare il cammino delle forze della luce! Ancora non ti sei stancato? Ancora non si è placata la tua avversione nei confronti del Sole?"

"Sono nato nell’Ombra, Dio Amon Ra, e della tenebra più fitta sono figlio, creato da Neith, Signora della Guerra, derivante dal Caos primordiale! Il mio scopo, la mia intera esistenza su questa Terra è votata a renderla un luogo oscuro, dove nessun fuoco e nessuna luce osino più brillare! Un’immensa oscurità!!" –Sibilò Apopi, gettandosi in picchiata su Amon, il quale lo fermò con il potere del suo cosmo, iniziando a ripetere frasi di un antico rito, con cui già in precedenza lo aveva sconfitto.

"Vattene, o demone Apopi, sennò tu sarai sommerso nelle profondità del Lago del Cielo, là, ove il tuo Padre celeste aveva ordinato il tuo massacro... Non appressarti al luogo in cui Ra ebbe i natali! In verità tu ne hai timore! Guarda! Io sono Ra! Io semino il Terrore! Indietreggia quindi, demone, davanti alle frecce della mia Luce che ti fanno male!" –Esclamò Ra, ripetendo frasi del Libro dei Morti, e liberando il suo violento cosmo, sotto forma di frecce di luce che diresse verso il volto di Apopi.

Il Serpente Cosmico strillò, emettendo versi osceni, mentre tutto il suo viso veniva traforato dai dardi di luce, forgiati dall’energia divina del possente Amon Ra. Approfittando di quel momento di follia di Apopi, in cui la creatura non riusciva a controllarsi, Micene ordinò agli altri Cavalieri di unire tutti i loro poteri, concentrando i loro cosmi nella Freccia d’Oro del Sagittario.

"State pronti?" –Esclamò Micene, affiancato da Ioria, Capricorn, Albione, Cancer, sebbene restio a dover dipendere da lui, Horus e Osiride. –"Adesso!" –Gridò, liberando la Freccia dorata di Sagitter, che sfrecciò nel tramonto egiziano, carica dell’energia riunita di sette cosmi, conficcandosi proprio dove era già stato piantato il Tridente dei Mari Azzurri, dove già esisteva una ferita aperta che doleva al Serpente per l’iniezione di luce a cui era sottoposto.

Raggiunto dalla Freccia di Sagitter, e trapassato da migliaia di dardi di luce, Apopi strillò disperatamente, sentendo per la prima volta l’enorme pesantezza del suo corpo mostruoso. Amon Ra, determinato a porre termine a quell’eterno scontro, si sollevò in aria, espandendo tutto il suo cosmo e caricando il bastone che reggeva in mano. Il simbolo del Sole si illuminò e un raggio di energia schizzò nell’aria diretto verso un occhio di Apopi, trapassandolo e facendolo esplodere. Un secondo raggio centrò il secondo occhio dopo pochi istanti, tra la grida mostruose del Serpente Cosmico.

Improvvisamente tutto il suo corpo fu cosparso di sigilli di luce, che appesantirono la sua rozza massa, rendendo sempre più difficili i suoi movimenti. Amon sorrise, riconoscendo la timida figura di Iside ergersi sulle mura di Karnak, assistita da un gruppo di sacerdoti sacri, uniti insieme nella ripetizione di un rito che da millenni non veniva praticato. Apopi venne fermato, bloccato da sigilli di luce che stridevano con forza sulle sue squame, distruggendole al contatto, prima che Amon si portasse proprio di fronte a lui, con il Disco del Sole, incastonato nelle corna del suo elmo, carico di potentissima energia cosmica. Il Dio Ra lo prese e lo gettò nelle fauci di Apopi, osservandolo raggiare tra colonne di fumo e fiamme oscure, prima di conficcarsi nella sua gola.

"Allontanatevi!" –Gridò Amon Ra, discendendo a terra, proprio mentre Apopi barcollava su se stesso e dalle sue fauci uscivano vampe di fiamma e fumo. Il Disco del Sole, simbolo supremo del potere del Dio, liberò la sua immensa energia pochi istanti dopo, distruggendo dall’interno il Serpente Cosmico.

Una devastante bomba di luce esplose nel cielo d’Egitto, annientando il nemico dell’Ordine Cosmico, il Serpente Apep, rappresentazione dell’Oscurità. La sua tenebrosa massa venne arsa completamente, divorata dalle fiamme del sole; le scaglie andarono in frantumi e la sua carcassa immonda crollò sul terreno sabbioso pochi istanti più tardi, continuando ad ardere, a bruciare, divorata da un fuoco divino che nessuna pioggia avrebbe potuto spegnere.

" In verità, Ra ha sconfitto Apep!" –Commentò Horus, citando Il Libro dei Morti.

Micene e gli altri, che si sorreggevano a vicenda, stanchi per la lunga giornata di combattimenti, tirarono un sospiro di sollievo e seguirono Horus e Osiride, diretti verso Amon Ra, che contemplava la distruzione del suo mortale nemico, della sua nemesi, dall’alto di una duna di sabbia.

Febo, rimasto in disparte, corse invece a sincerarsi delle condizioni di Marins, schiacciato nel terreno da un potente colpo della sinuosa coda di Apopi.

"Non… preoccuparti, amico!" –Balbettò Marins, con lividi sul volto e crepe sulla sua corazza. –"Come ti ho detto in precedenza, non è nel mio destino, né nel tuo, morire qua quest’oggi! Siamo parte di un progetto più grandioso, che va aldilà dell’Egitto, Febo! Accettalo, prima che puoi, e afferra la mia mano!"

Febo esitò per un momento, ancora legato alla sua terra, al Padre che adesso aveva ritrovato e con cui poteva trascorrere del tempo insieme, quel tempo che lui stesso gli aveva negato in passato. Ma se davvero era previsto nel suo destino qualcosa di più elevato, qualcosa in grado di proteggere gli equilibri del mondo dal Caos futuro, allora era suo dovere prendervi parte, per evitare nuove guerre e nuova devastazione. Titubante, allungò una mano verso il ragazzo dagli occhi azzurri, prima di stringerla con forza nella propria. Marins sorride, prima che entrambi venissero inghiottiti da un lampo di luce che esplose, portandoli via dall’Egitto. Via da quella guerra che ormai non gli apparteneva più.

Amon Ra, in piedi sulla duna di sabbia, sentì il cosmo di Febo scomparire e per un momento ebbe un sussulto, rattristandosi. Ma poi sorrise, ripensando alla conversazione avuta con lui poche ore prima, al coraggio che aveva dimostrato osando aprire i portoni del Santuario di Amon e disturbare il suo sonno durato secoli.

Febo deve seguire la sua strada! Rifletté Amon Ra. Sono certo che già è alla ricerca di nuove esperienze, affamato di vita e di conoscenza! Ovunque la lunga strada della sua vita lo porti, adesso che è entrato ufficialmente nel mondo, spero che trovi il tempo per ricordarsi di suo Padre, e tornare a trovarlo per trascorrere del tempo insieme. Quel tempo che io non gli ho concesso quando eravamo ancora giovani!

"Cosa vi ha fatto cambiare idea, possente Amon Ra?" –Domandò Micene, avvicinandosi al Dio, seguito dai suoi compagni.

"La volontà di dimostrarti che avevi torto, Cavaliere del Sagittario!" –Esclamò Amon, prima di esplodere in una grossa risata assieme al ragazzo. –"O forse qualcosa che hai detto, e che mi ha fatto capire che per quanto possa essere incerto il futuro è più gratificante viverlo, con i suoi rischi e i suoi pericoli, che non evitarlo e sfuggirlo! Non basterebbe una vita per contenere un rimpianto, neppure quella di una Divinità!" –Sorrise Amon Ra, e a Micene apparve molto più giovane rispetto al vecchio aggrinzito che aveva conosciuto all’interno del Tempio di Karnak.

"Siamo lieti di rivederti, Dio Ra!" –Esclamarono Horus e Osiride, inginocchiandosi di fronte al Dio.

"Sono felice anch’io di sapervi sani e salvi!" –Commentò Amon Ra, prima di invitare tutti i presenti a rientrare a Karnak.

Quella sera Micene, Ioria, Capricorn, Cancer e Albione furono ospiti di Amon Ra e della sua corte, invitati ad un eccezionale banchetto tenutosi nella Sala delle Feste, sul retro del Santuario di Amon, una delle poche sale rimaste integre dopo le devastazioni operate a causa della guerra. I Cavalieri di Athena comunque non si trannero per molto tempo, essendo stanchi e desiderosi di rientrare al Grande Tempio, per fare poi rapporto al Grande Sacerdote in relazione agli eventi accaduti.

"Non vi tratterrò oltre, Cavalieri di Athena!" –Esclamò Amon, affiancato da Iside, Horus e Osiride. –"Ma prima che ve ne andiate voglio esprimervi la mia riconoscenza, i miei personali ringraziamenti per quanto avete fatto! In passato vi sono stati screzi tra Atene e l’Egitto, malumori e soprattutto molta indifferenza, troppa indifferenza, che ci hanno portato a vivere in due mondi diversi, in due universi lontani, credendo di poter vivere autonomamente senza curarsi delle sorti del vicino! Ma io credo, e l’ho imparato a mie spese, che se non ci diamo una mano, se non ci stringiamo insieme, per difenderci dall’ombra crescente, non saremo in grado di arginare la marea nera montante!"

"Sapremo mantenerci uniti, possente Amon Ra! È interesse di tutti noi proteggere la luce e la giustizia dalle oscure forze distruttrici del Caos! E voi, da oggi, potrete contare su validi alleati!" –Rispose Micene.

"Su validi amici, preferirei dire!" –Sorrise Amon, prima di congedare i Cavalieri di Athena.

"Mio Padre vi spedirà direttamente in Grecia, in modo da evitarvi stancanti spostamenti!" –Commentò Horus, salutando i Cavalieri e rimanendo a fianco di Ra, osservando Micene e gli altri lasciare la Sala delle Feste. Voltandosi verso il Dio, notò la sua aria cupa e imbronciata. –"Qualcosa vi turba mio Signore? È la scomparsa di Febo che vi preoccupa?"

"Nobile cuore il tuo, Micene di Sagitter!" –Commentò a bassa voce Amon. –"Generoso ed eroico! Quanti altri Cavalieri possono vantarsi di tale titolo? Ma temo per te, ragazzo! Sì, temo per te! In duemila anni fuori dal mondo ho disimparato molte tecniche, ma se riesco ancora ad interpretare i segni del destino leggo che il tuo è macchiato da un’ombra! E dal segno dell’infamia!" –E più Amon non parlò, lasciando Horus ai suoi pensieri.

Osiride, fuori dal Tempio di Karnak, pronunciò formule magiche di un rito che permetteva di scavalcare le dimensioni ed inviò Micene e gli altri Cavalieri in Grecia, conducendoli proprio al Cancello Principale del Grande Tempio, oltre il quale i suoi poteri non potevano procedere.

"Dobbiamo fare rapporto al Grande Sacerdote!" –Esclamò Micene, entrando nel Grande Tempio.

"Verrò con te! Come rappresentante della fallita ambasciata di pace!" –Gli andò dietro Capricorn, incamminandosi verso le Dodici Case dello Zodiaco.

Albione rimase ancora un po’ nel piazzale antistante al Cancello Principale, a conversare con alcuni soldati che gli raccontarono gli avvenimenti della lunga giornata, dall’interruzione dei Giochi Panatenaici all’invasione dei Guerrieri Egizi. Quando si voltò, per incamminarsi verso l’infermeria, per far medicare alcune sue ferite, trovò Ioria dietro di lui, che lo aspettava.

"Ioria!" –Esclamò sorpreso. –"Credevo tu fossi già alla Quinta Casa a riposarti! Galan sarà in ansia per te e Micene!"

"Non volevo andarmene senza ringraziarti!" –Commentò Ioria, accennando un sorriso.

"Ringraziarmi? E perché dovresti?" –Sgranò gli occhi Albione, sorpreso. –"Dovrei essere io a ringraziare te, per tutte le volte in cui mi hai tirato fuori dai guai!"

"Per essermi stato accanto! Per non avermi giudicato! Per essere rimasto in silenzio e aver compreso qualcosa di me anche dai miei silenzi!" –Rispose Ioria, prima di volgergli le spalle. –"Non sono un ingrato, Albione, anche se forse, per tante cose, sono ancora un bambino! Ma ho dodici anni, cosa pretendono tutti da me?!" –Ironizzò brontolando, incamminandosi verso le Dodici Case.

Albione sorrise, osservando la chioma fulva di Ioria scomparire nella semioscurità di quella sera. E rifletté che il ragazzo era cambiato. Forse di poco, ma certamente questa Guerra, nella sua atrocità, è stata un’esperienza anche per lui! L’ho notato dal suo sguardo, quando fuori dalla Piramide Nera si è lanciato contro i Soldati del Sole Nero! C’era una determinazione tutta diversa nei suoi occhi, che invece prima era soppiantata da un senso del dovere ancora non troppo chiaro! A sue spese Ioria sta scoprendo che vi è una profonda differenza tra il fare qualcosa perché lo si deve fare e fare qualcosa perché lo si vuole realmente fare! E sollevò lo sguardo verso la Tredicesima Casa, immaginando che Micene e Shura fossero giunti al cospetto del Grande Sacerdote.

Quando i due Cavalieri d’Oro entrarono nelle Stanze dell’Oracolo di Athena sembrò ad entrambi di trovarle più fredde, ma non dissero niente, credendo che ciò fosse dovuto all’escursione termica con il caldo Egitto. Trovarono il Grande Sacerdote sul trono in velluto rosso, ricoperto dalla sua bianca tunica e con il volto coperto da una maschera incastonata in un elmo dorato. Si inginocchiarono di fronte a lui, iniziando il resoconto delle loro avventure in Egitto, ma non appena lo sentirono parlare sia Micene che Shura compresero che non si trattava del Grande Sacerdote.

"Arles!" –Esclamò Micene, per quanto non fosse completamente convinto. –"Dov’è il Sacerdote?"

"Sta riposando nelle sue Stanze private! È troppo debole e stanco per conferire con voi adesso!" –Spiegò Arles, cercando di adottare un tono di voce suadente. –"Questa guerra lo ha sconvolto parecchio, lo ha affaticato, come se avesse dovuto sostenerla in prima persona! Ha avuto parecchi mancamenti ed elevate linee di febbre! Per qualche terribile istante ho persino creduto che l’avrei perduto!"

"E adesso come sta?!" –Incalzò Micene, preoccupato per le sorti dell’uomo.

"Un po’ meglio!" –Rispose Arles, prima di aggiungere a bassa voce. –"Ma non credo che sopravviverà ancora per molto! Una grande ombra è scesa sulla Terra e non so per quanto ancora riuscirà a sopportarne il peso!"

Micene e Shura non dissero niente, chinando il capo in segno di rispettoso silenzio. Fu Arles ad invitare entrambi a tornare alle proprie Case, ringraziandoli per le preziose informazioni e complimentandosi per l’esito finale della Guerra d’Egitto.

"A tal proposito, mio Signore…" –Lo interruppe Shura. –"Io non credo di meritarmi alcun complimento! Anzi, dovrei essere rimproverato per l’inettitudine dimostrata! Non sono stato all’altezza della missione affidatami dal Grande Sacerdote, né ho saputo difendere il Cavaliere di Gemini, di cui abbiamo perso le tracce, né ho saputo scongiurare la Guerra!"

"Sei troppo duro con te stesso, Shura!" –Esclamò Micene.

"Micene ha ragione!" –Affermò Arles, sollevandosi in piedi e giganteggiando sui due Cavalieri d’Oro. –"Non accusarti, ma sforzati di migliorare! Gemini inoltre non è scomparso, ma è rientrato quest’oggi al Grande Tempio!"

"Che cosa?!" –Sgranarono entrambi gli occhi. –"E dov’è adesso?!"

"Il Grande Sacerdote gli ha affidato un’importante missione! Sorvegliare il Tempio Sottomarino di Nettuno, in vista della sua rinascita! L’Oracolo teme che il sigillo di Athena stia per perdere la sua efficacia e ha ritenuto opportuno inviare una stretta sorveglianza per essere preparati nel caso questo accada!" –Spiegò Arles, rimettendosi a sedere sul trono. –"Poiché Gemini, proprio come Shura, si torturava per aver fallito, ha chiesto a gran voce che gli venisse affidata una nuova missione, per poter recuperare la stima che aveva perso di se stesso!"

"Capisco!" –Balbettò Micene, un po’ stordito da tutta quella situazione. Non aggiunse altro e si incamminò verso l’uscita, dopo essersi congedato dal Primo Ministro. Shura invece rimase ancora per qualche minuto, attratto da qualcosa che neppure lui sapeva bene cosa fosse. Qualcosa che ancora lo legava all’uomo sullo scranno di velluto rosso.

"Qualcosa ti turba, giovane Shura?" –Chiese Arles, notando l’agitazione sul volto del Cavaliere di Capricorn.

"Credo di non essere all’altezza, mio Signore! Certamente non all’altezza di Micene!" –Confessò il Cavaliere, ma Arles si sollevò nuovamente, quasi di scatto, e a Shura sembrò cogliere un moto d’ira nel sentir tessere le lodi di Micene.

"Sei un Cavaliere d’Oro, Shura! E hai operato bene! Hai operato secondo giustizia!" –Esclamò Arles, scendendo i gradini del palco rialzato. –"Hai operato come bene si confà ad un Cavaliere di Athena, il cui compito è proprio quello di realizzare la giustizia suprema!"

"È per questo che mi batto, Primo Ministro!" –Commentò Capricorn, mentre Arles gli girava intorno con passo lento.

"Vorrei che tutti i Cavalieri avessero il tuo spiccato senso di giustizia!" –Affermò con aria preoccupata. –"Ma temo che a molti manchi e che alcuni usino i loro poteri soltanto per scopi personali! Per emergere, per ottenere gloria e onori o magari per alzarsi al di sopra degli altri e mirare al potere! Adesso che il Sacerdote è vecchio e stanco in molti potrebbero aspirare alla sua carica, tentati dall’ambizione e dalla volontà di dominio!"

"Voi credete?" –Domandò Shura, non troppo convinto.

"Io ne temo, Shura!" –Rispose Arles, sedendosi nuovamente sul trono. –"Temo che qualcuno possa utilizzare i propri poteri per egoistici motivi personali, e ciò è contrario al volere di Athena!" –Fece una pausa e poi riprese. –"Per tanto, come Primo Ministro, farò tutto ciò che è in mio potere per frenare la loro ambizione, per oppormi alle loro avide mire, poiché esse portano soltanto al tradimento!"

Shura uscì poco dopo dalle Stanze del Grande Sacerdote, riflettendo sulle parole pronunciate da Arles. In generale era d’accordo con lui, convenendo che lo scopo dei Cavalieri fosse quello di realizzare la giustizia e non soddisfare le proprie ambizioni personali, ma ritenne che il suo quadro fosse troppo pessimistico.

Gemini, seduto sul trono, mascherato come Arles, sogghignava felice, per aver ingannato due Cavalieri d’Oro, e per aver insinuato nell’animo di Capricorn il dubbio. In quel modo, tessendo la tela del proprio inganno, alimentando dubbi e sospetti, contava di riuscire a controllare tutti i Cavalieri del Grande Tempio di Athena. Ma per farlo doveva uccidere la Dea.