CAPITOLO VENTOTTESIMO: NEGLI INFERI.
Quando Micene, Febo e Marins riaprirono gli occhi si accorsero di essere distesi su un brullo terreno roccioso, completamente immersi nell’oscurità. Erano storditi, con forti dolori alla testa, e impiegarono qualche minuto per riuscire a vedere, per focalizzare i loro sensi sull’ambiente circostante, un ambiente sconosciuto e poco attraente.
"Do.. dove siamo?" –Balbettò Micene, mettendosi in piedi.
"All’Inferno, credo!" –Rispose Febo, guardandosi intorno.
Il cielo era scuro, privo di luci e di punti di riferimento, un’immensa massa di oscurità che incuteva tristezza e pareva opprimere gli animi insicuri dei tre giovani. Il terreno attorno a loro era roccioso, brullo, abbandonato a se stesso, e Micene ebbe l’impressione di trovarsi in una conca, una piccola vallata in mezzo alle montagne, come nei monti rocciosi dietro Atene in cui era solito recarsi per addestrare Ioria.
"Siamo in Amenti!" –Esclamò Febo. –"Questo è l’Inferno Egizio!" –E fece cenno ai due ragazzi di seguirlo.
Si arrampicarono lungo un’ostica parete rocciosa, facendo attenzione al terreno che franava spesso sotto di loro, fino a giungere ad una piccola sporgenza, da cui sentirono provenire una leggera brezza. Era aria calda, come quella del deserto, che non rendeva certamente facile la respirazione, ma era comunque un punto di svolta rispetto all’opprimente cappa della conca interna, dove sembrava davvero che mancasse l’aria.
Febo li condusse sulla sporgenza, una piccola terrazza panoramica, e mostrò loro Amenti che sorgeva di fronte a loro, estendendosi verso Ovest, secondo l’immagine tradizionale dell’Inferno Egizio che vedeva nell’Occidente, nelle vaste terre desertiche del Sahara, il simbolo del regno della morte.
"È un’immensa piana senza fine!" –Mormorò Micene, alla vista di quello sconfinato paesaggio che si allungava di fronte a loro. Qualche luce baluginava fioca in lontananza e questo per un momento gli rasserenò il cuore, piuttosto restio a tutta quella oscurità.
"Dobbiamo fare molta attenzione!" –Spiegò Febo, ricordando le descrizioni e i racconti che Osiride gli aveva fatto talvolta. –"L’Inferno non è soltanto il luogo di soggiorno delle anime vuote, di quelle che, dopo la Pesatura dell’Anima, non riescono ad accedere al paradiso! Ma è anche un luogo dove si addensano creature mostruose e primordiali, recluse negli oscuri anfratti di questi abissi per impedire loro di portare morte e distruzione nel mondo!"
"Dove troveremo Osiride e suo figlio?" –Si disse Marins, un po’ scoraggiato.
"Non sento la loro presenza qua vicino!" –Mormorò Febo. –"Qualunque cosa sia accaduta, credo che lo scopriremo soltanto al Palazzo di Osiride!"
"E dove si trova il suo Tempio?" –Domandò Micene.
"Alla fine di Amenti!" –Rispose Febo, indicando un punto imprecisato nell’oscuro cielo avanti a sé. –‘"L’anima, una volta separata dal corpo, giunge in Amenti e deve affrontare un lungo viaggio, quasi una purificazione preparatoria in vista del giudizio, verso Ovest! Evitare o combattere contro gli sciacalli che si annidano nelle grotte, salire le cime perigliose di aspre montagne, come questa, di cui Amenti è disseminato, valicare corsi d’acqua ed evitare le scimmie che pescano con le reti! Se riesce a superare questi ostacoli, l’anima giunge alla Sala del Giudizio di Osiride ed il suo cuore viene pesato sulla Bilancia Sacra nella Sala delle Verità, per vedere se sia pesante o leggero, mentre il morto recita di fronte alle Divinità presenti, capeggiate da Osiride, un versetto del Libro dei Morti! Se il cuore è più leggero della Piuma di Maat l’anima può essere ammessa al Paradiso e ricongiungersi ai suoi cari!"
"In caso contrario…" –Ironizzò Marins. –"C’è sempre una bestia affamata!"
"Non faccio io le leggi di questo mondo!" –Lo chetò Febo, irritato dalla battuta del ragazzo. Ma consapevole della dura veridicità di quelle parole.
"D’accordo!" –Intervenne Micene, con grinta. –"Al Palazzo di Osiride allora! Là troveremo la soluzione di tutto questo mistero!"
Febo e Marins annuirono e si lanciarono dietro a Micene giù, di sotto, lungo la scarpata della montagna, scivolando tra rocce frananti e polvere, fino a giungere ad un sentiero, che puntava dritto verso il deserto, tra cime aspre e grotte di sciacalli. Lo presero, sfrecciando veloci come fulmini, quasi alla velocità della luce. Evitarono alcuni cani della morte, stordendoli, e allontanarono le scimmie con le loro reti, continuando a correre avanti, verso Ovest, inseguendo le deboli luci che baluginavano in lontananza. Era tardi, questo lo sapevano tutti e tre, e dovevano affrettarsi, senza perdersi in quei rituali che non li riguardavano.
"Mi sorprende che nessuno tenti di fermarci!" –Esclamò Micene, correndo come un fulmine
"Non sono necessarie guardie! Solitamente qua vengono soltanto le anime dei defunti!" –Spiegò Febo. –"E Horus e Osiride sono finora stati in grado di mantenere l’ordine! Anche se, ne sono certo, in alcuni oscuri anfratti neppure loro hanno ardito recarsi! Vi sono creature, qua sotto, più tenebrose e malvagie della notte stessa, figlie del Caos primordiale!"
"Spero proprio di non imbatterci in una di esse!" –Ironizzò Marins, continuando a correre insieme ai due compagni.
Dopo aver attraversato parecchie miglia di terreno arido e pietroso i tre compagni si ritrovarono all’ingresso di un complesso Templare, costituito da un alto muro rettangolare, utilizzato come recinzione, sui quattro angoli del quale spiccavano fuochi ardenti, collocati in enormi vasi, le luci baluginanti che Micene aveva visto da lontano. All’interno del recinto, dopo un ampio piazzale deserto, sorgeva il Palazzo del Giudizio di Osiride, che Febo trovò magnifico, come il Dio lo aveva sempre descritto.
"Siamo infine giunti!" –Mormorò Micene.
"Così sembra!" –Rispose Febo, con una certa apprensione nel cuore.
Tutto era silenzio intorno a loro, tutto era vuoto e vacuo, persino il loro respiro si perdeva nella cappa di pesante aria che pareva soffocarli ed opprimerli. Nessuna guardia, nessuna anima errante, neppure un morto in fila, in attesa di ricevere il giudizio. Pareva che Amenti fosse un luogo disabitato da secoli, dimenticato sotto strati di polvere.
"Consiglio di fare attenzione!" –Esclamò Micene, avanzando nel piazzale, affiancato da Febo e Marins. I tre si guardarono intorno con ansietà, giungendo di fronte al Palazzo del Giudizio ed iniziando a salire lentamente i gradini del Tempio, affondando i loro piedi in strati di sabbia e polvere che parevano esservisi depositati durante lunghi anni.
Entrarono nel Palazzo, attraversando il colonnato esterno, e si ritrovarono in un’immensa sala dall’altissimo soffitto, alla fine della quale sorgeva, rialzato da terra da una ventina di gradini, un grande altare, con un trono al centro di esso: il trono di Osiride. Ai piedi della scalinata vi erano alcuni vasi riempiti di fuoco, che crepitava silenzioso nella notte, allungando le ombre dei tre Cavalieri sul pavimento sabbioso. Soltanto alla fine, quando quasi giunsero ai piedi dell’altare, notarono che vicino al trono, con le spalle rivolte alla sala, vi era un uomo ammantato da un grigio mantello.
"Osiride?!" –Balbettò Febo tra sé, e per un momento la contentezza nel rivedere il Dio gli fece dimenticare ogni prudenza, spingendolo a correre verso di lui.
"Febooo!" –Lo chiamarono Micene e Marins, mentre l’uomo ammantato si voltava con un brusco scatto.
"No!" –Esclamò, e la sua voce tuonò come un giudizio di morte, risuonando nel sepolcrale silenzio di quel Tempio abbandonato. Puntò un dito contro Febo, che subito si ritrovò avvolto in incandescenti fiamme, che sembravano intenzionate a stritolarlo. –"Non è Osiride il Signore di Amenti! Ih ih ih ih!" –Sghignazzò l’uomo, gettando via il mantello lacero con cui era rivestito e rivelando il suo vero volto.
"An.. Anhar?!" –Balbettò Febo incredulo, prima di liberarsi dal vorticare di fiamme ed attaccare verbalmente la Bocca di Ra. –"Bastardo! Che cosa hai fatto ad Horus e ad Osiride? Dove sono?"
"Non avere fretta, giovane figlio di Grecia! Presto li raggiungerai!" –Sibilò Anhar, ricoperto dalla sua Armatura scarlatta, mentre i suoi occhi infuocati brillavano come piccoli fari nella semioscurità di quella Sala. –"Credevate forse che non vi avessi sentito arrivare? Stavo per andarmene, ma ho pensato di aspettarvi! E di darvi il benvenuto all’Inferno! Uah ah ah ah!" –Ed esplose in una nuova folle risata isterica.
"Io.. ti detesto Anhar! Ti odio con tutto me stesso!" –Gridò Febo, concentrando una sfera di energia cosmica sul palmo della mano destra e lanciandosi avanti, contro il Consigliere di Amon. –"Bomba del Sole!"
Ma Anhar non dovette sforzarsi troppo per evitare l’incandescente globo di energia, portando avanti il braccio destro, sul cui palmo aperto il globo scivolò, rotolando su se stesso per un istante, prima che Anhar lo rinviasse indietro, con un brusco movimento del braccio. Febo venne investito in pieno dal suo stesso attacco e si schiantò molti metri addietro, con le vesti bruciate e numerose ustioni sul corpo.
"La tua boria non si addice al figlio di un Dio, giovane Febo!" –Esclamò Anhar, con un malizioso sorriso sul volto. –"Ma, d’altronde, hai sempre preferito essere un bastardo greco, piuttosto che un ricco e potente principe egiziano!"
"Non mi interessa la ricchezza, né la potenza, Anhar! Dovresti averlo capito ormai!" –Esclamò Febo, rimettendosi in piedi, aiutato da Marins. –"Mi preme soltanto ritrovare Osiride e Horus!"
"Se è soltanto questo che vuoi!" –Sibilò Anhar, mentre una sinistra luce scintillava nei suoi occhi.
Improvvisamente il terreno parve tremare sotto i piedi dei Cavalieri, in preda ad un forte smottamento, mentre grida bestiali, di creature sconosciute, esplosero in lamenti selvaggi. Febo e gli altri non riuscirono a percepire da dove provenissero quei rumori, quegli spaventosi versi, ma parve loro che invadessero tutta la stanza, saturando la greve aria in cui erano imbevuti.
Un secondo colpo fece tremare tutta la Sala del Giudizio di Osiride, mentre le mura e le colonne laterali crollavano e i grandi blocchi di granito, di cui era composto il pavimento, parvero sollevarsi caoticamente, come se qualcosa nascosto, celato nelle profondità del Tempio, improvvisamente si fosse destato e stesse cercando di uscire.
"Quale creatura infernale è mai questa?" –Brontolò Micene, ripensando a quanto Febo aveva narrato loro. –"Cosa emerge dagli anfratti dell’Inferno?" –Aggiunse, osservando l’immensa sagoma di una creatura primordiale affiorare tra la pietra e la polvere.
Vi fu un nuovo spaventoso grido, che parve ai Cavalieri quasi un sibilo disperato, che anticipò l’apparizione di un’immensa creatura, orrida e tetra come la notte, che emerse dal sottosuolo, distruggendo l’intero pavimento del Tempio, l’altare, il trono, facendo crollare tutta la reggia dove Osiride un tempo aveva dimorato. Tra la polvere e le pietre gramolate, Micene e gli altri osservarono la squamosa sagoma di un essere ignoto, dalle parvenze simili a quelle di uno smisurato serpente, con un tozzo corpo curvilineo rivestito da una dura pelle squamata, simile ad una corazza protettiva.
"Dei dell’Olimpo!" –Esclamò Micene, alla vista di tale grandissima bestia.
"Ma… non può essere!!!" –Gridò Febo, indietreggiando tra le rovine, con un brivido nel cuore. Così freddo che gli parve di sentire la lama di un pugnale strusciare sul suo collo e giocare con la sua pelle. –"Apopi!!!"
Nel sentire il suo nome, la bestia si scosse ulteriormente, liberandosi dai frammenti di roccia e dalla sabbia, e si erse, alta, immensa, torreggiante sopra di loro, decine e decine di metri di pelle squamosa, di una potenza oscura generata nella notte dei tempi dal Caos primordiale.
"Oh, possente Ra!" –Mormorò Febo, con gli occhi gonfi di lacrime e di terrore. –"Quale tremendo male è stato liberato! La nemesi di Amon, il suo più mortale nemico!"
"Chi è questo serpentone?" –Domandò Marins.
"È Apopi, o Apep, la principale Divinità del Buio! Un gigantesco serpente, acerrimo nemico di Amon Ra, con cui il Dio lottò per millenni, in un ciclo continuo di scontro tra le forze della luce e del sole e quelle della tenebra!" –Rispose Febo.
"Parli bene di me, ragazzetto?" –Sibilò improvvisamente la creatura, torreggiando su di loro. Mosse il corpo sinuoso, scendendo con la testa verso i Cavalieri, aprendo le sue immense fauci da rettile, mostrando enormi ed affilati denti circondati da fiamme mortali.
"Muori!!!" –Gridò Micene, incoccando velocissimo una freccia e mirando alle fauci di Apopi. Ma al Dio Serpente bastò voltarsi, per deviare il dardo dorato con la sua corazzata pelle squamata.
In tutta risposta, liberò immense vampate di energia fiammeggiante, che si abbatterono come pioggia di lapilli sui tre Cavalieri, obbligati a correre in direzioni diverse, per evitare di essere travolti. Ma ovunque si dirigessero, Apopi giganteggiava sempre su di loro, investendoli di mortifere fiamme di oscura energia.
Marins tentò di reagire, bruciando il proprio cosmo ed evocando fresche onde di acqua azzurra, dirigendole verso la gola del serpente.
"Maremoto dei Mari Azzurri!" –Gridò, creando un turbinante vortice di energia acquatica, che il Dio Serpente spense con una violenta fiammata.
"Per il Sacro Sagitter!" –Gli andò dietro Micene, scagliando migliaia di sfere energetiche verso il viso del Dio, che si sbarazzò di lui con un violento colpo di coda, una gigantesca frustrata che scaraventò Micene contro le mura anteriori del Tempio, facendole crollare su di lui.
"Non riusciremo a batterlo! È un nemico al di sopra delle nostre possibilità! Neppure i Dodici Cavalieri d’Oro di Atene riuscirebbero a sconfiggerlo!" –Esclamò Febo, arrancando tra i detriti e le fiamme.
"Che… cosa?!" –Esclamò Micene, liberandosi dalle macerie.
"Apopi è una creatura nata dal Caos, opposta e simmetrica ad Amon, è la sua nemesi, il lato oscuro del Sole!" –Spiegò Febo. –"Una tale potenza ancestrale può essere vinta soltanto da una Divinità suo pari, non da semplici Cavalieri!"
La conversazione tra i tre compagni fu interrotta da una violenta bomba di energia cosmica, che esplose vicino a loro, scaraventandoli lontano, feriti e un po’ bruciacchiati, mentre un’atletica figura balzava in mezzo alle fiamme, sogghignando per il suo trionfo.
"Che ve ne pare, allora? Non è una creatura stupenda?!" –Esclamò Anhar, mentre Apopi si agitava, dimenandosi, distruggendo quel che restava del Tempio di Osiride e uscendo finalmente fuori, all’aperto, sotto l’oscuro cielo di Amenti che tanto amava, che tanto adorava, al punto da volerlo estendere all’intera Terra, facendone il suo Regno, il Regno delle Tenebre.
"Sei un folle, Anhar!" –Gridò Febo, rimettendosi in piedi. –"Hai risvegliato un potere troppo grande, che non riuscirai a controllare! Apopi mira soltanto alla distruzione della Terra!"
"E chi vuole controllarlo? Non ho certo una tale pretesa!" –Esclamò Anhar, osservando il gigantesco serpente distruggere tutto, strisciando e dimenandosi intorno a loro. –"Ho avuto quello che cercavo da questa guerra! Seminare il seme del Caos! A voi adesso risolvere il vostro problema!"
"Il problema è anche tuo!" –Esclamò Micene, incoccando con un balzo una freccia e scagliandola contro Anhar, che non riuscì ad evitarla completamente, venendo colpito alla spalla destra.
"Aaargh! Maledetto Cavaliere di Athena!" –Sibilò Anhar, tastandosi la spalla sanguinante. Ed in tutta risposta espanse il suo cosmo fiammeggiante al massimo, creando una potente tempesta di energia cosmica che diresse contro Micene. –"Apocalisse Divina! Spazzalo via!" –Esclamò, sollevando il braccio destro al cielo e liberando tutto il suo devastante potere.
Micene venne investito in pieno, ma tentò comunque di resistere all’implacabile tempesta di infuocata energia oscura. Febo si mosse per intervenire, ma il ragazzo lo pregò di andarsene, di correre a cercare Osiride e Horus, se ancora fossero vivi, e di ricondurli da Iside, come le avevano promesso.
"Non posso lasciarti da solo!" –Esclamò Febo, tentennando.
"Non puoi, devi!" –Rispose Micene, bruciando il suo cosmo dorato. L’impetuosità dell’energia lucente sprigionata parve frenare per un momento la devastante tempesta di infuocata energia, mentre il Cavaliere d’Oro concentrava il suo cosmo sotto forma di dorati dardi di luce. –"Infinity Break!" –Gridò, scagliando migliaia e migliaia di frecce di luce contro Anhar.
Alcune vennero travolte dall’infuocata tempesta di oscura energia, ma altre continuarono il loro percorso, conficcandosi nell’Armatura scarlatta di Anhar e trapassando il suo corpo.
"Sono con te!" –Esclamò Marins, affiancando Micene, ma il dolore per essere stato ferito fece aumentare l’ira di Anhar, che aumentò al massimo il potere dell’Apocalisse Divina, spazzando via i due Cavalieri e tutte le pietre e le rocce attorno a loro.
Febo nel frattempo aveva raggiunto le prigioni sotterranee del Tempio di Osiride, facendo molta attenzione a non essere visto da Apopi, il quale per il momento sembrava talmente in estasi per essere stato liberato e per potersi nuovamente affacciare al cielo di tenebra da disinteressarsi dei Cavalieri. La Sala del Giudizio era completamente franata, distrutta dal Serpente Cosmico, e alcune gallerie che conducevano ai sotterranei non erano più agibili, ma Febo tentò comunque di scendere ai piani inferiori, mentre rivoli di sabbia scivolavano sottoterra, rendendo ancora più difficoltoso il passaggio. Febo si infilò in un pertugio rimasto libero, scivolando tra una colonna franata e altri massi smossi, ritrovandosi in un corridoio che scendeva in profondità, nella più completa oscurità.
I movimenti bruschi del Serpente Cosmico facevano tremare l’intero terreno, forse l’intero Inferno, e smuovevano continuamente pietre e sabbia che crollavano sottoterra, aumentando il panico nel figlio di Amon. Ma la sua determinazione di ritrovare Horus e Osiride era grande da vincere anche la paura della tenebra e della morte e lo spinse a procedere, a spingersi ancora più in basso, fino al livello delle segrete, nelle sale dove venivano incarcerati i nemici. Là, nella più completa oscurità, Febo parve udire una flebile voce che lo chiamava, qualcuno che parlava al suo cosmo. Il ragazzo si lasciò guidare, mentre tutto il suo corpo era circondato da lucenti bagliori, creati dal suo cosmo, capaci di rischiarare l’ambiente circostante.
Finalmente Febo trovò Horus e Osiride, per quanto i loro volti fossero così stanchi e deformati da renderli difficilmente riconoscibili. Ma egli aveva ascoltato il cosmo ed esso l’aveva condotto fino là. Horus e Osiride erano stati incatenati, avvolti in una robusta catena grigia, e appesi a un muro per le braccia e per le gambe, probabilmente dopo essere stati sconfitti in battaglia, forse da Anhar o da Apopi stesso. Febo posò le proprie mani sui cuori dei due uomini, cercando di risvegliarli, di infondere in loro luce e calore, felice per averli ritrovati, ma preoccupato per le loro sorti.
Horus, dopo qualche minuto, finalmente parve muovere il capo, dando un cenno di vita. Ma non riuscì a fare altro, soltanto a comunicare con Febo tramite il cosmo.
"Fe… Febo!! Sei tu?!" –Balbettò il Dio Falco.
"Sono proprio io, Horus! Sono venuto a liberarvi!"
"Vattene.. vattene via! O Apep ucciderà anche te!" –Mormorò Horus, dando conferma ai sospetti di Febo. –"Il Dio Serpente è tornato… risvegliato da un oscuro potere, affamato come mai è stato prima! Ha prosciugato le nostre energie, nutrendosi del nostro cosmo e del nostro spirito, riducendoci a vuote larve prive di forze!"
"Questo è terribile!" –Esclamò Febo. –"Dobbiamo fermarlo! Due amici lo stanno affrontando al piano di sopra, ma da soli non ce la faremo! Abbiamo bisogno di voi!"
"Possiamo fare ben poco per voi, figliolo!" –Intervenne Osiride per la prima volta nella conversazione, essendosi ripreso da pochi istanti, grazie al caldo cosmo di Febo.
"Dio Osiride!" –Esclamò Febo, felice di rivederlo e sentirlo parlare.
"I nostri poteri sono finiti ormai! Siamo stati svuotati, prosciugati fino all’ultima goccia!" –Balbettò Osiride con tristezza. –"Siamo vuoti corpi inutili! Lasciaci qua e vattene via, ragazzo! Vattene finchè sei in tempo!"
"Non me ne andrò senza portarvi con me! Iside vi aspetta a Karnak, Dio Osiride!" –Esclamò Febo, con determinazione, prima che una devastante sfera di energia infuocata lo colpisse alla schiena, scaraventandolo contro il muro.
"Dovresti ascoltare i consigli di chi ti ha caro!" –Sibilò Anhar, entrando nella sala sotterranea, circondato da un oscuro turbinio di fiamme.
"Anhar! Maledetto! Cosa hai fatto a Micene e a Marins?" –Esclamò Febo, rabbioso.
"Ooh, i due bambini… stanno giocando… con gli animali!" –Sghignazzò Anhar, mentre una violenta scossa fece tremare le fondamenta del complesso templare.
"Maledetto! Apopi li ucciderà!" –Gridò Febo, bruciando il proprio cosmo, sempre di più, fino a limiti a cui mai era arrivato prima. Le motivazioni che lo sorreggevano in quel momento, salvare Micene e Marins e liberare Horus e Osiride riportandoli a Karnak, divennero fiamma lucente, che diede nuova forza e vigore al suo stanco corpo. In un lampo, Febo si ritrovò avvolto da una luminosa aura, calda come il Sole, splendente come il firmamento. Un’aura di luce che stupì persino lo stesso Anhar.
Improvvisamente un’Armatura scintillante, disposta in modo da formare un Sole raggiante, apparve nello stanzone sotterraneo, proprio sopra Febo, rischiarando con la sua luce l’intero ambiente.
"Ma…cos’è?" –Balbettò Febo, mentre una misteriosa forza pareva spingerlo verso la corazza.
Anhar, che aveva intuito, e temeva la potenza di quell’Armatura, fece per intervenire, attaccando il ragazzo con una sfera di fuoco, ma venne travolto da una gigantesca ondata di energia acquatica, che lo scaraventò contro un muro laterale, anticipando l’arrivo di Marins, con il corpo carico di energia cosmica, azzurra come il mare.
"È la tua Armatura, Febo! O forse dovrei chiamarti Cavaliere del Sole!" –Esclamò Marins, incitando l’amico ad indossarla.
Febo, stupito, si avvicinò all’Armatura del Sole, la quale si scompose e andò ad aderire perfettamente al suo corpo, dando nuove energie al giovane Cavaliere. Come fosse un gesto abituale, che aveva eseguito altre volte, Febo aprì la mano destra avanti a sé, concentrando il cosmo tutto intorno a sé.
"Talismani!" –Gridò, mentre Marins sorrideva soddisfatto. Uno specchio da impugnare apparve di fronte a lui, con un trasparente vetro incastonato in una splendida cornice intarsiata dal color rosso fuoco, con decorazioni dai riflessi dorati.. –"Specchio del Sole!" –Esclamò Febo, impugnandolo con forza.
Quindi si voltò verso Horus e Osiride, rimasti abbagliati dalla trasformazione del ragazzo, e rinfrancati da quell’energia lucente che li aveva invasi, e distrusse le catene che li tenevano prigionieri con un fascio di energia proveniente dallo Specchio del Sole. In quel momento il terreno tremò di nuovo, e per lo smottamento zolle di terra e pietre iniziarono a franare all’interno, obbligando Marins, Febo, Horus e Osiride a fuggire via alla svelta da quell’abisso. Prima di lasciare lo stanzone, Marins si voltò indietro, per cercare tracce di Anhar, ma non ne trovò, e capì che aveva già lasciato le segrete di nascosto, e forse persino Amenti.
Usciti all’esterno i quattro trovarono l’immonda sagoma di Apopi innalzarsi sull’intero mondo, mentre il corpo inerme di Micene giaceva poco distante, scaraventato da un colpo di coda del Dio Serpente contro un muro. Marins corse subito verso di lui, in colpa per averlo lasciato da solo a fronteggiare quell’orrida creatura.
"Micene!" –Esclamò, dando qualche schiaffo al ragazzo per farlo riprendere. Micene balbettò qualcosa e poi riaprì gli occhi, un po’ stordito e con il viso pieno di ferite. Marins sorrise, abbracciandolo.
"Stai bene per fortuna! Il Maestro non vorrebbe che ti accadesse qualcosa di male! Anche se egli è certo che ciò non avverrà quest’oggi!" –Esclamò Marins.
"Il Maestro? Ma di cosa stai parlando Marins?" –Domandò Micene, che cominciava ad essere stufo di troppi misteri irrisolti.
"Colui che mi ha addestrato ed ha scoperto l’energia cosmica latente che giaceva dentro di me, elevandomi al rango di Cavaliere delle Stelle!!" –Spiegò Marins.
"Cavaliere delle Stelle?! Come Jonathan di Dinasty?" –Esclamò Micene.
"Come Jonathan, e come Reis! Per adesso siamo soltanto in tre, ma il Maestro è certo che aumenteremo di numero!"
"Quale.. Maestro?" –Azzardò la domanda Micene, per quanto dentro di sé avesse già la risposta.
"Il Signore dell’Isola Sacra!" –Rispose Marins, con un tono di profondo rispetto.
Micene si scosse e per un momento rabbrividì, mentre le mani di Marins lo afferravano per rimetterlo in piedi. Il suo Maestro era lo stesso che aveva addestrato quei ragazzi, probabilmente negli anni successivi all’investitura di Micene. Ma perché non mi ha mai detto niente? Si chiese, ma Marins lo sorprese con una nuova frase.
"Egli ha grandi progetti per te! Ti tiene in alta considerazione! È convinto che nel tuo destino vi siano grandi impresi, maggiori di quelle che hai compiuto finora! Sconfiggere Tifone, abbattere i Guerrieri Egizi saranno niente in confronto a ciò per cui sarai ricordato! Il Cavaliere della Leggenda! Il salvatore di Athena!" –Esclamò Marins, prima di chiudere il discorso. –"Ma non chiedermi altro! Sai quanto il Maestro tenga ai suoi segreti!"
La conversazione tra i due fu interrotta da un violento assalto di Apopi, che aveva iniziato a scagliare vampate energetiche contro Febo e gli altri, obbligando tutti i Cavalieri e le Divinità a riunirsi tra loro alla ricerca di un modo per contrastarlo.
"Possente Osiride, cosa possiamo fare? Le nostre forze sono nulla contro di lui!" –Esclamò Febo, con preoccupazione.
"Dici il vero, ragazzo mio!" –Rispose il Dio. –"Apopi è il grande serpente cosmico, che per millenni ha combattuto con Ra, ogni notte! In questa lotta, tutte le notti, Apopi attaccava il Sole, mentre questo viaggiava sulla sua barca, e ogni notte Amon Ra aveva la meglio, ma questa vittoria non era affatto scontata! Fu soltanto con uno stratagemma che riuscimmo a confinare Apopi in Amenti, incatenandolo con una potente catena formata dai cosmi di tutti gli Dei e intrisa di essenza solare, che per lui è il massimo della disperazione! La stessa catena, seppur privata di molti poteri con il trascorrere dei secoli, con cui Apopi ed Anhar ci avevano incatenato!"
"Dunque…" –Intervenne Febo, sospirando. –"Se ho ben capito c’è solo un modo per sconfiggerlo!"
"Precisamente! C’è solo una persona che può vincerlo!" –Aggiunse Osiride.
Una nuova vampata di Apopi si abbatté su di loro, dividendoli e scaraventandoli lontano, tra i detriti e la sabbia, mentre il Dio Serpente scendeva su di loro. Micene, Febo e Marins gli scagliarono contro i loro colpi segreti, ma parvero fare soltanto il solletico a quell’oscura creatura. Questo diede però il tempo ad Osiride di concentrare i propri sensi e pronunciare alcune formule sacre. Il terreno si smosse improvvisamente e parve crescere sotto di loro, sospingendo tutti quanti, compreso il gigantesco Serpente, compresa una parte di Amenti, verso l’alto. Osiride aveva infatti aperto le porte dell’Inferno e stava conducendo tutti quanti nel mondo della luce.