CAPITOLO VENTUNESIMO: IL TEMPIO DEL SOLE.

Lungo il Viale delle Sfingi di Karnak la lotta era in pieno svolgimento: Micene di Sagitter e Jonathan di Dinasty si erano lanciati correndo lungo il sacro viale, cercando di evitare gli affondi energetici delle Spade del Sole brandite dai Guerrieri difensori del Tempio. Per quanto entrambi fossero abili e veloci, l’impresa non si rivelò affatto semplice a causa dell’alto numero di soldati presenti, che sfiorava il centinaio, e della dedizione enorme che mettevano nella loro causa: difendere il Tempio del loro Dio, barbaramente attaccato da Cavalieri sconosciuti ed infedeli.

Micene aveva tentato di parlare con loro, di spiegare che desideravano solamente incontrare Amon Ra, ma il secco no ricevuto in risposta dai Guerrieri egizi fu accompagnato da un poderoso assalto.

"Non abbiamo molto tempo, Micene!" –Esclamò Jonathan, sollevando lo Scettro d’Oro e caricandolo del suo lucente cosmo. –"Penserò io a questi, tu cerca di raggiungere il portone d’ingresso! Sei l’unico che può parlare con Ra!"

"L’unico eh?!" –Ironizzò Micene. –"Vorrei proprio sapere cosa ho di così unico per cui mi è stata affidata da non so chi questa missione!"

"Il Maestro ritiene che tu abbia il cuore più puro ed eroico dell’universo, e che la tua anima sia devota sinceramente alla giustizia e alla libertà! E questo tuo senso di giustizia ti aprirà le porte di Karnak!" –Gridò Jonathan, prima di scattare avanti, puntando lo Scettro d’Oro verso i Guerrieri egizi.

Immediatamente rapidi fasci di luce si abbatterono sui soldati africani, trapassandoli da parte a parte e facendoli accasciare a terra. Coloro che riuscivano a schivare i raggi lucenti, tentavano di contrattaccare con le loro Spade del Sole, ma Jonathan era abile abbastanza da evitare di mettersi nella traiettoria delle armi infuocate, ingaggiando violenti corpo a corpo.

Micene, approfittando dell’aiuto del ragazzo, scattò avanti alla velocità della luce, superando la prima linea di Guerrieri, balzando in alto, sopra di loro, e colpendoli con le sue frecce lucenti. Sbaragliati gli avversari, corse avanti, trafiggendone altri, fino a portarsi di fronte al portale meridionale d’ingresso del Tempio di Karnak, che conduceva proprio al Tempio del Giubileo di Amenhotep II, il settimo sovrano della XVIII Dinastia Egizia, dove Febo aveva incontrato il suo informatore Ashabad. Su entrambe le ante del grande portone era scavato, in media grandezza, l’Occhio di Ra.

Per un momento Micene provò una grande soggezione di fronte a quel simbolo sacro, che tanto aveva significato per le popolazioni egizie tempi addietro. Provò soggezione ma si sforzò di non averne, sentendo le grida di Jonathan dietro di lui, che lo incitava a proseguire, udendo il violento rumore dello scontro in corso alle sue spalle. Sorrise, chiedendosi cosa stesse facendo Ioria in quel momento. Ma immaginò che stesse bene, attivo e combattente come sempre. Come Jonathan, che il fratello molto gli ricordava. Sganciò l’Arco d’Oro dalla cintura dell’Armatura del Sagittario e lo aprì, incoccando una freccia e caricandola di tutto il suo potente cosmo. Ra, si disse, stringendo i denti, vengo da te! Fu un attimo e il portone saltò in aria, rivelando, tra la sabbia e la polvere sollevatisi, l’ingresso del grande complesso templare, al cui interno, Micene lo sentiva chiaramente, chiedendosi per quale motivo, già uno scontro era in corso.

La Dea Iside infatti, dopo aver assistito impotente alla cattura e alla condanna di Febo, il figlio di Ra, di cui si sentiva Madre oltre che responsabile, aveva riflettuto parecchio su cosa fare, e convenuto che la cosa migliore fosse parlare direttamente con il Sommo Dio. Così si era inginocchiata nella Sala Ipostila di fronte al portone d’ingresso del suo Santuario privato, proprio nel cuore del complesso templare di Karnak, costituto oltre che dal Santuario di Ra anche dal Salone delle Feste. Si era inginocchiata ed aveva iniziato a pregare.

"Oh possente Amon Ra, che del Sole sei l’emblema ed il Signore, ascolta la mia voce, quella di una Divinità a te devota, a te amica!" –Mormorò Iside, espandendo il proprio cosmo, fino a lambire il portone, le mura, il freddo granito che la separava dal Dio. –"Da molti secoli non incontro il tuo sguardo, da quando, deluso dal mondo, ti rifugiasti nel tuo privato tabernacolo! Non sono qua per criticare la tua decisione, a cui a te soltanto spetta il giudizio! No, sono qua per Febo, tuo figlio! Perché ha bisogno di te!"

Iside parlava con voce soffusa, ma decisa, come il suo carattere, come i suoi attributi, di Grande Madre della Terra, figura consolatoria per eccellenza del pantheon divino egizio. Ma parlava anche con forte apprensione, per il futuro di Febo e per il destino della stessa Karnak. Forze oscure erano in moto, adesso lo percepiva chiaramente, fin da quando aveva sentito esplodere il cosmo di Anhar, ed era certa che tali forze fossero direttamente connesse con la scomparsa di Osiride, suo sposo, e del figlio Horus.

"Non chiedo niente per me! Non chiedo che tu mi renda il mio sposo, riempiendo il vuoto delle mie notti insonni, riempiendo il mio cuore, adesso colmo di affanni! Né chiedo tu mi mostri dove si trova mio figlio, il mio amato Horus, il cui volo alto nel cielo ancora vorrei ammirare!" –Singhiozzò Iside. –"Ma chiedo aiuto per Febo, per il ragazzo che salvasti secoli prima! Che strappasti dalla maledetta Delfi che gli diede i natali, ma che lo condannò pure a morte, per mano di un Dio invidioso! Che portasti qua, a Karnak, donandogli una vita ed una felicità di cui, se le tue scelte fossero state diverse, non avrebbe potuto gioire! Che sottraesti allo scorrere inesorabile del tempo, quando ancora era un quindicenne dai biondi capelli al vento, donandogli lo splendore di una vita immortale, seppure statica e nostalgicamente monotona! Adesso ha bisogno di te! Ha bisogno di un consiglio, di una guida!" – E quasi sussurrando aggiunse. –"Ha bisogno di un padre!"

Non appena ebbe terminato la sua preghiera, la Dea Iside fu investita in pieno da una violenta tempesta di infuocata energia cosmica. Guizzanti fulmini assassini si abbatterono su di lei, trafiggendola e sollevandola da terra, fino a farla schiantare contro il muro di fronte a lei e farla accasciare al suolo. Tentò di alzarsi, di rimettersi in piedi, ma crollò nuovamente al suolo esanime.

"Resta a terra, vacca!" –Esclamò, deridendola, una voce maschile, mentre passi decisi si avvicinavano a lei. –"Anche tu hai deciso di abbandonare il possente Ra?"

Iside sollevò a fatica la testa, mentre rivoli di sangue le segnavano il viso, incrociando il demoniaco sguardo di Anhar, il Consigliere di Amon Ra, eccitato come mai lo aveva visto prima. I suoi occhi scuri sembravano brillare di oscuri riflessi di morte, mentre vivide fiamme danzavano al loro interno, le stesse che la stavano stritolando. Indossava le sue abituali veste scure, fermate in vita da una fusciacca rossastra, ma quella volta, Iside lo notò subito, restandone spaventata, avevano una strana forma, quasi innaturale a vedersi. Come se fossero usate per coprire qualcosa che stava sotto. Un riflesso scarlatto che fece sussultare la Dea.

"Se tanto brami rivedere tuo figlio, allora ti accontenterò! Lo raggiungerai nell’Oltretomba!" –Sibilò il Consigliere, sollevando il braccio destro sopra la donna.

Le dita della sua mano si caricarono del suo scarlatto cosmo, diventando affilati artigli infuocati pronti a ghermire, mentre la sua diabolica risata risuonava nell’intera Sala Ipostila. Ma prima che potesse calare la mannaia su Iside, fu bloccato dal deciso suono di una voce proveniente da dietro di lui.

"Non osare toccarla!" –Tuonò un ragazzo, apparendo nel corridoio e facendo voltare Anhar nella sua direzione.

"Ooh.. Febo!" –Esclamò Anhar, osservando il volto stanco e ferito del ragazzo. –"Il soggiorno nelle prigioni ha migliorato il tuo aspetto, a quanto vedo!" –Ironizzò, prima di scagliargli contro violenti artigliate di energia cosmica.

Febo seppe evitarle con destrezza, schizzando tra un fascio energetico e l’altro, prima di portarsi a pochi passi di distanza dal Consigliere e dalla madre che voleva salvare.

"Bastardo, prendi!" –Esclamò il giovane, concentrando il cosmo sul palmo della mano destra e poggiandola sul petto di Anhar, che fu scaraventato indietro di parecchi metri, senza comunque perdere l’equilibrio e il controllo di sé.

"Madre!" –Mormorò Febo, chinandosi su Iside e verificando le sue condizioni. –"State bene?"

"Fe.. Febooo!" –Balbettò la Dea.

"Non abbiate timore! Vi porterò fuori da qui, sana e salva! Ve lo prometto!" –Esclamò il ragazzo, rialzandosi.

"Vattene!" –Gli ordinò la Dea, con le ultime forze che aveva in corpo. –"Vattene via! Non voglio perdere un altro figlio!"

"Questo non accadrà! E sono certo che non ne avete perso neanche uno!" –Rispose Febo, mentre Iside si accasciava a terra, perdendo i sensi.

"Ma bene! Non soltanto hai violato la legge del Sommo Ra, colui al quale tutto devi e a cui tutto è dovuto! Ma persisti nel tuo errore!" –Gli gridò contro Anhar. –"Non è stata sufficiente la benevolenza e l’intercessione della Dea Iside, che per te si è piegata a mendicare la pietà di Ra! No, ancora persisti nel tuo errore e volgi i pugni contro di me, a cui dovresti rispetto in quanto Bocca di Ra! Poiché io sono per te, e per tutti gli abitanti di questo Tempio, la volontà di Ra! Io sono Ra!" –Gridò Anhar, delirando come un folle, prima di abbandonarsi ad una violenta risata sadica.

"Tu sei soltanto un impostore! Un folle venuto dal nulla! E nel nulla ritornerai!" –Rispose Febo, bruciando il proprio cosmo.

"Lo vedremo!" –Strinse i denti Anhar, prima di lanciare un violento fischio.

Pochi secondi dopo decine e decine di Guerrieri del Sole, armati delle loro Spade infuocate, apparvero nei corridoi e si lanciarono contro Febo, ascoltando gli ordini del Consigliere, che era anche responsabile della sicurezza di Karnak e quindi Comandante degli Eserciti dei Guerrieri del Sole.

"Uccidetelo! È un traditore! Un figlio bastardo di Atene che ha osato levare la mano contro Ra e contro Iside!" –Tuonò, infiammando gli animi dei soldati egizi. –"Non vedete là, la Dea inerme, contro cui quest’ingrato giovane ha rivolto i pugni?! Vendicatela! Vendicate il vostro Dio, il possente Amon Ra!"

Nel sentire quelle parole, pronunciate con tale enfasi e determinazione, i cuori dei Guerrieri del Sole si infiammarono ulteriormente, convincendosi della veridicità delle sue parole, per quanto riottosi ancora molti fossero nell’agire contro il figlio di Ra. Contro un ragazzo che, seppur di origini straniere, non aveva mai lesinato amore verso suo padre, né verso tutti gli abitanti del Tempio di Karnak, soldati semplici compresi.

"Perdonatemi!" –Balbettò Febo, con le lacrime agli occhi, mentre i Guerrieri egizi si lanciavano contro di lui. Concentrò il proprio cosmo, sotto forma di un’incandescente sfera di energia, sulla mano destra e poi lo scagliò contro di loro. –"Bomba del Sole!"

La devastante esplosione travolse tutti i soldati egiziani, scaraventandoli lontano, gettandoli a terra, feriti e moribondi, ed obbligò lo stesso Anhar a sollevare le braccia, per proteggersi dall’abbagliante potenza prodotta. Quando la luce si diradò, poté notare di essere rimasto solo con il suo avversario, separato da un pavimento di cadaveri e di corpi ammucchiati. Incrociò per un momento il triste sguardo di Febo, prima di lanciarsi avanti, verso il ragazzo che fece altrettanto, scontrandosi a mezz’aria e venendo respinto indietro.

"Cadi!" –Gridò Anhar, piombando dall’alto, come una furia imbestialita, sul giovane figlio di Ra. Lunghi artigli fiammeggianti schiacciarono Febo a terra, penetrando le sue giovani carni non protette da corazza alcuna, facendolo urlare disperatamente di dolore. –"Hai fatto il passo più lungo della gamba, ragazzo! Sfidare Ra è follia, ma sfidare me, che ne sono la Bocca, e la nemesi, è morte assicurata!" – E sollevò di peso Febo, scagliandolo contro un muro, su cui il giovane si schiantò, ricadendo a terra, lussandosi una spalla.

"Giunge infine la morte, Febo! Preparati a rivedere il tuo amato fratello, Horus, e suo padre! All’Inferno!! Uah ah ah!!!" –Esclamò Anhar, sghignazzando.

"Bastardo! Che cosa hai fatto ad Horus? Cos’è accaduto?" –Domandò Febo, rialzandosi e sputando sangue.

"Potrai vedere tu stesso, da morto, il modo in cui sono stati… trattenuti! Uahahahah!" –Sghignazzò Anhar, espandendo il proprio cosmo, rossastro come le fiammeggianti vampe che sorsero a lui intorno, invadendo l’intero spazio, quasi a ricreare l’inferno nel quale Anhar voleva inviare Febo. –"Muori, adesso!" –Esclamò il Consigliere, sollevando immense vampe di energia cosmica e scagliandole contro il ragazzo.

Ma inaspettatamente le fiamme furono spente da scroscianti onde di acqua azzurra, percorse da una violenta tensione elettromagnetica. Di fronte agli occhi sbigottiti di Anhar, una figura apparve cavalcando un’onda azzurra, puntando proprio su di lui e travolgendolo in pieno.

"Ma.. che.. succede?" –Balbettò Febo, barcollando, mentre un ragazzo, apparentemente della sua stessa età, gli si avvicinava sorridendo.

"Stai bene?" –Domandò il giovane dai profondi occhi blu.

Febo annuì con il capo, osservando lo splendore della sua corazza, dominata da tre colori: l’oro, l’arancio e l’azzurro mare. Era un’Armatura luminosa, dalle forme aerodinamiche, che copriva gran parte del corpo, contribuendo a dare un’immagine snella del ragazzo che la indossava, e forse anche a renderlo più alto. I colori predominanti erano l’arancio e l’oro e apparentemente somigliava alle corazze di scaglie d’oro dei Generali di Poseidone, il Dio greco del Mare, che Febo aveva visto in numerose illustrazioni. Ma l’Armatura dello sconosciuto giunto in suo soccorso andava oltre, costellata di parti azzurre, che sembravano emanare direttamente il sapore del mare.

"Chi sei?" –Domandò Febo.

Marins il mio nome celeste, Cavaliere dei Mari Azzurri!" –Esclamò il ragazzo con un gran sorriso.

Non era molto alto e sembrava non avere più di quattordici anni. Aveva un viso maschile, con duri zigomi, corti capelli marroni tirati all’indietro, fermati dall’elmo a diadema della sua armatura, al centro del quale spiccava, come simbolo, un tridente dorato. Ma erano gli occhi la cosa che maggiormente attirò Febo, azzurri e profondi come il mare stesso, che in quegli occhi sembrava essersi nascosto.

"Perdonami se ho tardato, ma…" –Esclamò Marins, voltandosi verso Anhar, che si era ripreso e rimesso in piedi, superando lo stupore iniziale. –"Insieme possiamo sconfiggerlo! Sei con me?"

"Sì.. sì!" –Mormorò Febo, ancora stordito. E fece per aprire la bocca per chiedere qualcos’altro, ma Marins lo prevenne.

"Le spiegazioni a dopo!" –Esclamò, prima di bruciare il proprio cosmo.

"Un altro invasore?!" –Gridò Anhar, irritato per essere stato disturbato in malo modo. Aveva gettato via le sue vesti, rivelando una scarlatta Armatura dagli oscuri riflessi di morte. La quale, Febo lo notò subito, non aveva niente di egizio. –"E chi sei tu? La tua Armatura non sembra una dei Cavalieri d’Oro di Athena?" –Chiese Anhar.

"Non ad Athena sono infatti consacrato, ma alla giustizia, qualunque sia la Divinità che la difenda!" –Rispose Marins, con tono deciso.

"Giustizia?! Una causa persa in partenza!" –Lo sbeffeggiò Anhar, sputando a terra.

"Non esistono cause perse, impostore, ma semplicemente sogni e ideali, che con le nostre forze, con il nostro ardente impegno, possiamo trasformare in realtà!" –Esclamò Marins, espandendo il proprio cosmo azzurro.

"Oppure possono portare alla morte!" –Sibilò Anhar, scatenando la violenza devastante del suo assalto energetico, pari ad un’immensa tempesta di infuocata energia cosmica. –"Apocalisse Divina!"

"Insieme, Febo!" –Esclamò Marins, prima di evocare il suo potere nascosto. –"Maremoto dei Mari Azzurri!" –Ed un violento moto ondoso, carico di energia cosmica, sfrecciò verso Anhar.

"Bomba del Sole!" –Tuonò Febo, scagliando una nuova grande sfera di infuocato plasma contro il Consigliere.

Lo scontro tra i tre cosmi fu spaventoso e la pressione generatasi scaraventò tutti indietro, distruggendo il soffitto della Sala Ipostila e tutte le mura circostanti. Anche Seth, assiso sul suo trono a Tebe, la udì, e si preoccupò non poco delle difficoltà in cui il suo piano stava incorrendo. I Guerrieri del Sole Nero stavano riportando difficoltà maggiori del previsto: Onuris era morto, ed anche la Mummia sembrava scomparsa, mentre anche al Grande Tempio di Athena le cose non andavano meglio, con Upuaut che ancora non era rientrato per comunicare la propria vittoria e l’occupazione di quel luogo.

Quando la polvere si diradò, e Febo e Marins riuscirono a rimettersi in piedi, tossendo e sputando sangue per le ferite riportate, osservarono lo sfacelo dell’antico Tempio, una parte del quale era crollata durante l’esplosione, rivelando il cielo aperto sopra di esso. Un cielo che Febo non osservava da molto tempo. Per un attimo la luce del sole lo raggiunse, spuntando malizioso da dietro le nuvole, e Febo si coprì il viso con un braccio, quasi accecato. Ma poi, mentre un sorriso compariva sul suo volto, tolse il braccio e si lasciò cullare da quello splendido e naturale potere, immortale come il Dio che lo aveva procreato. Lo scosse Marins, poggiandogli una mano su una spalla, ed insieme iniziarono a guardarsi intorno, cercando il nemico contro cui stavano combattendo. Ma di Anhar non vi erano più tracce. Vi era soltanto un ragazzo, sui diciotto anni, rivestito da una dorata corazza alata, che li fissava incuriosito e al tempo stesso preoccupato, incerto sulla situazione.

"Sono Micene di Sagitter, Cavaliere d’Oro di Athena!" –Esclamò il ragazzo, facendosi largo tra le macerie del palazzo crollato. –"E sono qua per conferire con il Sommo Ra!"

"Un Cavaliere di Athena?!?" –Esclamò Febo, alla cui vista sembrò rasserenarsi. –"Sei il benvenuto a Karnak, Micene di Sagitter!" –E gli andò incontro, seguito da Marins. –"Perdona l’accoglienza che hai ricevuto, ma una grave crisi ha colpito l’Egitto! Una crisi il cui epicentro sembra l’ombra nascosta nella Piramide Nera!"

"La Piramide di là dal fiume? A Tebe?" –Domandò Micene. –"Dove erano diretti Shura e Saga! Chissà cosa è accaduto loro!" –Mormorò tra sé.

"Dimmi, Cavaliere del Sagittario! Cosa succede nelle sabbie dell’Africa? Seth ha inviato i suoi Guerrieri del Sole Nero contro voi Cavalieri di Athena?" –Domandò Febo.

"I miei compagni stanno combattendo intorno alla Piramide Nera! Siamo arrivati qua senza un programma, senza sapere chi avremmo incontrato, trascinati contro la nostra volontà in una guerra che non avremmo mai voluto combattere!" –Spiegò Micene, per difendere il suo operato e quello dei suoi compagni. Ed iniziò a raccontare a Febo e a Marins gli eventi degli ultimi giorni: dall’improvviso attacco dei Guerrieri del Sole al Cancello Principale del Grande Tempio di Athena, all’ambasciata di Shura e Saga, di cui perse avevano le tracce, alla nuova offensiva lanciata da Seth ad Atene.

Terminato il breve e frenetico racconto, Micene assistette ad un gesto che lo stupì considerevolmente, e stupì anche lo stesso Marins. Febo si inginocchiò di fronte al Cavaliere d’Oro, chiedendo perdono.

"Perdona le offese che hai ricevuto, Micene del Sagittario! Perdona il sangue greco che è stato versato! L’Egitto non avrebbe voluto muovervi guerra!" –Mormorò Febo, con gli occhi lucidi ma una grande determinazione nella voce. –"Mio padre non avrebbe mai voluto muovervi guerra!" –Aggiunse, rimettendosi in piedi e fissando Micene negli occhi. –"Ci sono state rivalità in passato, c’è stata inimicizia, e forse disinteresse nel superarla! Ma Amon non ha mai voluto estendere il suo regno aldilà delle mura in mattoni rossi di questo Tempio! Fu ingannato, come lo siamo stati tutti noi, da un maligno Consigliere, che Seth aveva probabilmente corrotto, attratto a sé con la promessa di sicuri doni e facili vittorie, e il buon nome di questa terra fu infangato! Spero che un giorno potrai perdonarci, che Athena possa perdonarci! Presta ascolto alle mie parole, Cavaliere d’Oro di Atene, perché vengono dal figlio di Amon Ra e della Sacerdotessa di Apollo! Febo è il mio nome, e sono pronto a combattere al tuo fianco pur di pagare i debiti di cui l’Egitto si è fatto carico, pur di lavare la vergognosa onta cui siamo stati costretti!"

Micene osservò il ragazzo e rimase stupito dalla nobiltà delle sue parole. Doveva avere pochi anni più di Ioria, una corporatura esile e snella, ma un portamento fiero. Anche in quel momento, con le vesti lacere, sporco di sangue e di polvere, con lividi sul volto e graffi sul candido viso, Febo aveva tutta l’autorità e la possanza di un principe, di un figlio di una dinastia regale.

"Non le parole laveranno il sangue versato in questi giorni tristi, in cui siamo rimasti vittime di un inganno, ma le nostre azioni! E tu, figlio di Ra, sarai l’esempio! Per me e per le generazioni che verranno!" –Esclamò Micene con un sorriso, allungando la mano verso Febo, che la afferrò, stringendola con vigore.

Terminate le brevi spiegazioni, Febo tornò a prendersi cura di sua madre, la Dea Iside, riparata in un angolo dal crollo delle macerie. Micene e Marins lo seguirono all’istante, aiutandolo a sollevarla e a curarla. Le sue condizioni fisiche non sembravano preoccupanti ma il suo cuore sembrava singhiozzare lacrime di dolore.

"Horus! Horus!" –Ripeteva Iside, quasi delirante.

"Chi è Horus?" –Chiese Micene.

"Suo figlio! Il Dio del Falco, il castigatore di Seth!" –Spiegò Febo, iniziando a raccontare la storia della famiglia di Horus e del primo tradimento di Seth. –"Horus, o Horo, significa Colui che è in alto, ed è la Divinità egizia rappresentante il falco! Figlio di Iside e di Osiride, il Dio dell’Oltretomba, che a sua volta era fratello di Seth, l’ingannatore che adesso siede sul trono di Tebe! Osiride era molto amato dalle genti per la sua magnanimità e per la sua prodigalità nei confronti degli altri. Portò infatti la civiltà agli uomini, insegnando loro come coltivare la terra e produrre il vino! Ma Seth, invidioso del suo successo, cospirò per ucciderlo!

Costruì in segreto una bara preziosa fatta appositamente per il fratello e poi tenne un banchetto, nel quale annunciò che ne avrebbe fatto dono a colui al quale si fosse adattata. Dopo che alcuni ebbero provato senza successo, Seth incoraggiò il fratello a provarla. Appena Osiride vi si adagiò dentro, il coperchio venne chiuso e sigillato. Seth e i suoi complici gettarono la bara nel Nilo, facendo annegare Osiride. Questo atto simboleggerebbe l’annuale inondazione del Nilo.

Ma Iside, sua sorella e amante, riportò Osiride alla vita, grazie ai suoi poteri magici. Prima che si potesse vendicare, il Dio fu nuovamente ucciso da Seth, che fece a pezzi il suo corpo, spargendo i quattordici pezzi in vari luoghi. Ma Iside e la sorella Nefti li ritrovarono tutti, tranne i genitali, e riuscirono a riportarlo in vita. Il figlio che Osiride aveva concepito con Iside, Horus, quando fu abbastanza grande, affrontò Seth in combattimento. Fu una lotta lunga e aspra, dagli esiti incerti, e in essa Horus perse un occhio e Seth un testicolo, finché l’intervento del Supremo Ra, mio Padre, non vi pose fine, decretando Horus vincitore e bandendo per sempre Seth dall’Egitto!".

"Ma adesso è tornato!" –Esclamò Micene. –"Ed ha radunato un esercito al suo servizio!"

"Un esercito di carogne! Predoni pagati con le ricchezze rubate alle altre Divinità e che intende ricompensare con i tesori di Atene e di Karnak!" –Tuonò Febo, irato. –"Non so come sia riuscito a tornare dall’ombra in cui era stato confinato, ma sono certo che ha plagiato Anhar, il Consigliere di Ra, spingendolo ad inviare Osiride e Horus nell’Oltretomba e prendendoli prigionieri!"

"Un piano ben congeniato!" –Mormorò Marins.

"Devo scendere nell’Oltretomba! Osiride e Horus devono essere liberati!" –Esclamò Febo infine. –"Sono gli unici che possono affrontare Seth! Da soli, contro un Dio, non avremmo speranze! Nessuno di noi le avrebbe!"

"E come pensi di recarti nell’Oltretomba, Febo?" –Domandò Micene. –"Possiedi il potere del Dio Osiride?!"

"No!" –Rispose riflettendo Febo, sconsolato, realizzando di non avere idea di come raggiungere gli Inferi, se non morendo a sua volta.

"Non è necessario morire per scendere agli Inferi!" –Esclamò una leggera voce di donna, prima di scoppiare a tossire nervosamente.

"Iside!" –Esclamarono i tre ragazzi, voltandosi verso la donna, che a fatica stava tentando di parlare. –"Non sforzarti, madre!" –Le sussurrò Febo, ma Iside lo pregò di non preoccuparsi.

"Ci sono due modi per raggiungere l’Oltretomba da vivi: possederne la chiave, come il mio sposo, il Dio che presiede ai morti, e mio figlio, oppure risvegliare la vostra coscienza più profonda, il senso ultimo di un Cavaliere, capace di portarvi vivi nell’aldilà, bruciando al massimo il vostro cosmo!"

"Il senso ultimo?!" –Balbettò Micene, che aveva intuito a cosa si riferisse Iside.

"Proprio così, Cavaliere di Athena! Bruciate il vostro cosmo, superando il settimo senso, e andate aldilà, raggiungendo l’ottavo senso! Ciò che vi permetterà di arrivare vivi nell’Oltretomba!" –Spiegò Iside, osservando i volti sconcertati dei tre ragazzi. –"Ne sarete capaci?"

"Noi… ci proveremo, Dea Iside!" –Esclamò Micene, serrando i pugni.

"Troveremo Osiride e Horus e li riporteremo a Karnak sani e salvi!" –Aggiunse Febo, baciando la madre sulla fronte, prima di iniziare a bruciare il proprio cosmo, ardente come il sole.

Micene e Marins fecero altrettanto, espandendo la loro energia cosmica fino ai limiti estremi dell’universo, fino all’ottavo senso, e Iside venne in loro aiuto, avvolgendo i tre ragazzi nel suo caldo cosmo, in modo da dargli ulteriore forza e protezione in quel viaggio verso l’ignoto. Vi fu una violenta esplosione di luce che spinse la Dea indietro, obbligandola a coprirsi gli occhi. Quando li riaprì si accorse di essere rimasta sola.