CAPITOLO DICIASSETTESIMO: LA GUIDA DA SEGUIRE.

Per ripararsi dalla violenta tempesta di sabbia, Eurialo e Niso avevano dovuto faticare parecchio. Il corpulento Cavaliere del Dorado aveva preso l’amico sotto la sua protezione e assieme a lui aveva cercato di avanzare in quel territorio sconosciuto. In lontananza, parve loro di udire i cosmi di Ioria e Micene, di Cancer e di Albione, ma non seppero comprendere dove si trovassero, non avendo le capacità sensoriali sufficienti, soprattutto immersi in quel devastante turbinio cosmico.

Niso soprattutto era il più preoccupato, ancora ferito dal taglio della Spada del Sole, e inquieto nel trovarsi in una situazione completamente nuova e sconosciuta, privo di una guida che potesse indicargli la via. La stretta morsa di Eurialo si chiuse sul suo braccio, per tenerlo vicino a sé. Niso sorrise, sollevando lo sguardo verso l’amico, e riflettendo che dopo tutto una guida l’aveva, la stessa che gli aveva insegnato a vivere negli anni precedenti: il suo migliore amico, Eurialo del Dorado.

"Resta vicino a me, Niso! Abbiamo perso i nostri compagni!" –Esclamò Eurialo. –"Non possiamo permetterci di perderci anche noi!"

"Non preoccuparti, Eurialo! Li ritroveremo!" –Rispose Niso, non troppo sicuro della propria affermazione.

In fondo quella era la sua prima vera missione, poiché finora aveva sempre combattuto durante incontri amichevoli con Eurialo o altri Cavalieri di Bronzo e d’Argento nell’Arena del Grande Tempio nel corso di spettacoli organizzati o nelle palestre. Era la prima volta che si trovava in un territorio ostile, coinvolto in una guerra di cui sapevano poco o niente.

Eurialo avvistò delle rovine, resti di un’abbandonata costruzione, circondata da alte palme smosse dal vento, e propose a Niso di avvicinarsi ad essa, per trovarvi momentaneo riparo da quelle raffiche di energia che stridevano intorno a loro. Restarono accucciati contro quel decadente muro per una decina di minuti, vicini l’uno all’altro, finché non parve loro che la tempesta diminuisse di intensità, fino a scemare, permettendo loro di muoversi nuovamente.

Un riflesso dorato luccicò poco distante dai due Cavalieri, i quali, riconosciuta la lucente figura, si sentirono immediatamente ristorati, soltanto dalla sua presenza. Era il Cavaliere d’Oro a cui il Sacerdote aveva affidato il comando della missione, e nelle cui mani le loro vite si trovavano: Micene di Sagitter.

"Micene!" –Esclamò Eurialo, correndo verso il ragazzo, seguito da Niso.

"Eurialo! Niso!" –Li chiamò Micene, osservandoli avvicinarsi. –"Temevo di avervi perduto!"

"La tempesta ci ha disorientato, perdonaci! Ma adesso che la sua furia si è placata resteremo al tuo fianco!"

"Bene! Andiamo!" –Esclamò Micene bruscamente, iniziando a correre nel deserto sabbioso.

Eurialo non aggiunse altro, un po’ stupito dai modi burberi del Cavaliere d’Oro, ma non si fece troppe domande, lanciandosi dietro a Micene, subito seguito da Niso. Forse avrebbero gradito qualche parola di conforto, spaesati come si sentivano in quel mondo lontano. Ma credettero che Micene fosse piuttosto spazientito, sia per la scomparsa di Ioria e di Cancer, che per i continui ritardi della missione. Improvvisamente iniziarono a sentirsi fuori luogo, a seguire a rotta di collo la veloce corsa di un Cavaliere d’Oro, un Cavaliere che era infinitamente loro superiore. Tutto il senso di onore e gratitudine che avevano inizialmente provato, per essere al suo fianco, adesso era scomparso e stava lasciando spazio ad un pericoloso sentimento di inquietudine e di inadeguatezza.

Niso si fermò improvvisamente, lasciandosi cadere al suolo, troppo stanco per continuare a correre sotto il sole. La ferita sul fianco, seppure cicatrizzata da Shaka della Vergine, sembrava improvvisamente essersi riaperta ed una fitta di dolore lo fece accasciare a terra, preoccupando l’amico Eurialo, che fece per scusarsi con Micene.

"Poco importa!" –Esclamò questi, avvicinandosi al corpulento Cavaliere del Dorado. –"Siamo giunti proprio dove volevo arrivare!" –Aggiunse, mentre il sorriso sul suo volto mutò improvvisamente, diventando un temibile ghigno.

Prima che Eurialo potesse dire qualcosa, Micene sollevò il braccio destro alla velocità della luce, piegando le dita verso il basso, come fossero un fendente, e le conficcò con forza nella schiena del Cavaliere di Bronzo, frantumando la sua protezione e facendo schizzare sangue dalle ferite. Un secondo dopo, le possenti ginocchia di Eurialo si schiantavano sul deserto sabbioso, mentre un calcio alla schiena da parte di Micene lo faceva rotolare avanti.

Niso, che aveva seguito l’intera scena dal basso, rimase con gli occhi attoniti e stupefatti ma gli morì persino il fiato in gola per gridare. Tentò di rimettersi in piedi e correre in aiuto dell’amico, ma bastò uno sguardo di Micene per fermarlo a mezz’aria, mentre tutto intorno a lui stridevano folgori di dorata energia.

"Muori anche tu!" –Esclamò Micene, puntando l’indice destro avanti.

Le folgori di energia cosmica percossero l’intero corpo di Niso, distruggendo parte della sua protezione di Bronzo, fino a farlo accasciare a terra in una pozza di sangue e sofferenza. Davanti agli occhi soddisfatti di colui che avevano considerato amico e comandante fino a pochi attimi prima.

Micene sogghignò, tronfio del suo successo, prima di voltare loro le spalle, abbandonando le due carcasse nella vastità del deserto. Con le ultime forze, prima che i sensi lo abbandonassero, Niso sollevò gli occhi al cielo e gli parve di vedere la sfuggente sagoma del Cavaliere di Sagitter mutare forma, diventare più esile, evanescente come un’ombra, e poi scomparire. Non vide altro e cadde nel nulla.

Non seppe quanto tempo rimase inerme al suolo, a rantolare come una lucertola sotto il caldo sole egiziano, ma quando riuscì a riaprire nuovamente gli occhi, Niso accusava un profondo mal di testa. Frastornato, tentò di rimettersi in piedi, osservando i danni che la corazza di bronzo del Tucano aveva subito. I pezzi multicolore che la componevano erano stati notevolmente danneggiati e per un momento Niso sembrò aver dimenticato che era stato proprio Micene, un Cavaliere di Athena, a compiere un simile atto. La vista del grosso corpo di Eurialo disteso poco distante, ancora svenuto, lo fece riprendere e alzare di scatto, iniziando a correre verso di lui. Lo schiaffeggiò un po’ sulle guance per farlo rinvenire, osservando con preoccupazione la ferita sulla schiena. Prima che potesse fare altro, sentì un cosmo ostile raggiungerlo ed esplodere vicino a loro, mentre una piuma volteggiava nell’aria posandosi proprio sul palmo della sua mano.

"Immaginavo che vi fossero dei superstiti!" –Commentò un’acida voce. –"Quel ghoul fa le cose così per fare, soltanto per catturare le lodi di Seth, senza curarsi di portare fino in fondo le missioni affidategli!"

Niso sollevò lo sguardo, posandolo su quello di un’orrenda figura apparsa poco distante da lui. Una figura a metà tra l’animalesco e il grottesco.

"Pazienza! Toccherà a me, Ammit, la Divoratrice, terminare questo sporco lavoro!" –Aggiunse l’acida voce. –"Siete pronti a morire, Cavalieri di Athena? Presto le vostre stanche carni saranno cibo per l’insaziabile Ammut!"

"Chi sei?" –Gridò Niso spaventato, mettendosi in piedi.

Davanti a lui vi era una mostruosa creatura, che non assomigliava ad alcun animale conosciuto, essendo un ibrido tra tre animali diversi: il corpo era sicuramente quello di un leone, i cui arti anteriori erano simili a pelose braccia dotate di affilati artigli, ma era innestato su corte gambe di ippopotamo, che accorciavano la sua figura, donandogli tozzi arti inferiori. La testa poi era come la testa di un coccodrillo, con lunghe fila di denti artigliati ed una grossa lingua rossa. Era in piedi, ritta sulle zampe posteriori, e questo le donava un aspetto similmente umano, per quanto il corpo e le movenze la facessero apparire simile ad una bestia

"Ammit, o Ammut, la Divoratrice!" –Si presentò la creatura, avanzando a passo lento verso Niso. –"Sono il Guerriero del Sole Nero creato da Seth sul modello della divina servitrice di Maat! Ammut assiste alla psicostasia insieme agli altri Dei, ovvero alla cerimonia a cui i defunti sono sottoposti prima di poter accedere all’aldilà! È nota come "pesatura dell’anima" o "pesatura del cuore" poiché esso fa muovere la bilancia del destino del defunto! Su un piatto della bilancia viene messo il cuore del defunto, mentre sull’altro piatto si trova la piuma della verità ovvero la piuma di Maat, simbolo di giustizia e purezza, e si procederà al giudizio! Se infatti il cuore, inteso come registratore di tutte le azioni, buone o malvagie, compiute durante la vita, bilancia la piuma, allora il defunto viene dichiarato giusto o giustificato, ed ammesso al regno dei morti, ma se invece la piuma di Maat pesa meno del cuore del defunto allora questi viene dato in pasto ad Ammit, "colei che ingoia il defunto", morendo definitivamente!"

"Quindi..." –Mormorò Niso, osservando la piuma che stringeva in mano. –"Questa è la piuma di Maat?!"

"Esattamente!" –Sogghignò la bestia, prima di gettarsi a terra, poggiando gli arti anteriori al suolo, mettendosi a quattro zampe, come una fiera pronta a caricare. –"Ed immagino che il tuo cuore pesi molto di più!"

Non aggiunse altro e balzò in avanti, scattando su Niso, che fu lesto ad evitare l’assalto della creatura mitologica, scivolando di lato sulla sabbia, mentre Ammit roteava su se stessa per lanciarsi nuovamente alla carica. Niso sollevò i bracciali bronzei per difendersi dalle violente artigliate della bestia immonda ma non riusciva a liberarsene, obbligato a indietreggiare continuamente per non essere ferito o sbranato da quelle orride fauci di denti aguzzi che sbraitavano volgarmente.

Con un secco colpo di mascella Ammit azzannò il braccio sinistro di Niso, frantumando in quel punto l’Armatura di Bronzo del Tucano, ma ferendo il ragazzo solo superficialmente, ed egli approfittò di quel momento per colpire il suo avversario con un pugno diretto sul collo, proprio dove la spaventosa testa di coccodrillo si fondeva con il corpo di leone. Ammit tirò un grido e fu obbligata a spalancare le sue mostruose fauci, permettendo a Niso di liberarsi e scivolare via, giù da una collinetta di sabbia, prendendo momentaneamente le distanze da essa.

"Grrr... piccoletto infame!" –Sibilò Ammit irata, barcollando leggermente, prima di rimettersi a quattro zampe e lanciarsi giù dalla duna all’inseguimento di Niso.

Ma il Cavaliere di Bronzo, che si aspettava una reazione simile, non si fece cogliere impreparato, bruciando il proprio cosmo, che circondò il suo esile corpo con mille striature multicolori. L’elmo della sua corazza, a forma di becco arancione, brillò per un momento, prima che Niso liberasse il proprio colpo segreto.

"Becco del Tucano!" –Urlò, mentre una variopinta sagoma di energia viaggiava contro Ammit, ad una velocità inferiore a quella del suono.

La Divoratrice cercò di spostarsi di lato, ma la pesantezza dei suoi arti inferiori rendeva lenti i suoi spostamenti laterali, ed infatti venne raggiunta alla gamba destra dall’assalto cosmico di Niso, che comprese il punto debole della sua avversaria: la scarsa velocità difensiva. Un dato interessante, che avrebbe dovuto sfruttare, per riuscire a compensare la sua carenza in attacchi definitivi.

Niso infatti sapeva di non essere un Cavaliere molto potente e lo stesso Eurialo, durante l’addestramento, spesso gli aveva fatto presente di non possedere un attacco vigoroso. Ma egli sapeva bilanciare con la velocità e la destrezza in combattimento la mancanza di forza fisica, e quello, si disse, era certamente il momento migliore per mettersi alla prova.

"Ti piace giocare, eh?" –Ruggì Ammit, rannicchiandosi su se stessa, come una testuggine. –"Metterò presto la parola fine su questo sciocco gioco!" –E iniziò a rotolare sulla duna sabbiosa, sfrecciando verso Niso, che tentò di evitare di essere colpito balzando in alto, usando le piccole ali striate dell’Armatura del Tucano.

Ma la creatura mostruosa non lo lasciò andare lontano, allungando un braccio artigliato ed afferrando il ragazzo per un piede, impedendogli di volare via. Con brutalità lo sbatté a terra, stringendo ferocemente i suoi artigli sulla corazza, scuotendolo come uno straccio fino a distruggere le ali dell’Armatura dl Tucano, fissate alla schiena, tra le grida di Niso. Quindi Ammit sollevò l’altro braccio, allungando di parecchi centimetri gli unghioni affilati della sua mano felina, calandoli di colpo sul Cavaliere di Athena, che si dimenò all’impazzata, riuscendo ad evitare di essere ferito direttamente. Gli artigli di Ammit gli graffiarono il viso e gli aprirono ferite sul corpo, stridendo con vigore sulla sua corazza, mentre il variopinto cosmo del Tucano circondava il Cavaliere di Athena.

"Becco del Tucano!" –Gridò Niso, caricando nuovamente l’elmo del suo cosmo.

Ma il beffardo ghigno comparso sul muso della bestia gli fece presagire che quella volta il suo colpo segreto non avrebbe avuto successo. Con una brusca mossa, Ammit si avventò sul cranio di Niso, aprendo le terrificanti fauci e richiudendole poco dopo su di esso, frantumando l’elmo di bronzo e ferendo il ragazzo sul cranio, strappandogli ciuffi di capelli biondi, tra le grida terrorizzate e i tentativi di dimenarsi di Niso stesso. Il Cavaliere di Athena riuscì a colpire Ammit con una gomitata sul collo, obbligandolo a lasciare la presa, prima di montare sopra il suo corpo peloso e afferrargli la grossa gola con entrambe le mani.

"Aaaaah!!!" –Gridò Niso, cercando di soffocare la bestia mostruosa, che si dimenava sotto di lui.

"Roaaarrr!" – Una tremenda artigliata scaraventò Niso lontano, facendolo piombare con un tuffo sordo nella sabbia, con il volto grondante sangue e la corazza quasi distrutta.

Dei numerosi colori di cui era stato ricoperto in precedenza, adesso Niso era ornato soltanto di due tinte: il polveroso colore della sabbia, di cui il suo corpo, a forza di rotolarsi su di essa, era ricoperto, e il rosso del sangue che grondava dalle numerose ferite che le braccia artigliate di Ammit avevano aperto sul suo corpo, mescolandosi ai granelli di rena, dando al ragazzo un aria sporca e terribilmente stanca. Come in effetti si sentiva.

Boccheggiò per un momento, ansimando terribilmente, mentre l’immonda creatura si rimetteva in piedi, sui suoi arti inferiori, accendendo per la prima volta l’oscuro cosmo che aveva tenuto nascosto. Un’aura violacea ricoprì il suo corpo, mentre Ammit muoveva coordinatamente le braccia artigliate e la sua testa da coccodrillo.

"Fauci divoratrici!" –Gridò. –"Sbranatelo!" – E scagliò il proprio assalto energetico contro Niso, il quale non fu abbastanza svelto ad evitarlo.

Vide arrivare verso di sé oscure sagome di mostri dalle fauci aperte, con lunghe fila di denti aguzzi pronti per chiudersi su di lui, circondate da violacee scintille di cosmo. Tentò di muoversi, di evitare di essere sbranato da quell’assalto energetico, ma non ci riuscì e fu raggiunto sul fianco destro. Accecato dalle scintille, quando riuscì a focalizzare il dolore, tra le grida indicibili della sua voce, che non riusciva neppure ad udire, tanto debole si sentiva, vide la terrificante sagoma di Ammit china su di lui. La Divoratrice aveva infatti azzannato un fianco del ragazzo, affondando nella giovane carne scoperta, mentre fiotti di sangue uscivano vigorosi macchiando la bocca del coccodrillo.

Con una mossa brusca, Ammit scaraventò Niso lontano, facendolo schiantare nella sabbia, in una pozza di sangue. Soddisfatta, e sicura che presto gli avvoltoi avrebbero banchettato con la sua carcassa, si incamminò a passo lento verso la cima della collinetta di sabbia, dove il corpo inerme di Eurialo la attendeva.

"Doppio banchetto quest’oggi!" –Sogghignò, iniziando ad arrampicarsi sulla duna.

Niso rimase là sotto il sole, per qualche interminabile minuto, durante i quali vide tutta la sua giovane vita scorrergli davanti, come la pellicola di un film. Vide se stesso in una strada di periferia di una grande città, abbandonato a ridosso dei cadaveri dei suoi genitori, uccisi in una faida di sangue tra gruppi etnici rivali, tipica delle bidonvilles dell’America Latina. Vide il cielo chiudersi sopra di lui, in quel giorno di pioggia, le nuvole addensarsi e scaricare sul suo viso una rossa pioggia di sangue. Ed oggi, come quel giorno, pensò che nient’altro gli sarebbe rimasto da vivere.

Lentamente iniziò a sentire caldo, un tiepido raggio di sole scaldargli il cuore, mentre il sorridente viso di un robusto ragazzo lo guardava con affetto, e lo portava via, da quella grigia realtà. Vide Eurialo e Nonna Ada che lo accolsero nella loro famiglia, che lo fecero rinascere ad una nuova vita, che Niso scelse di consacrare ad Athena e alla giustizia, come la famiglia di Eurialo e Aldebaran aveva scelto di fare da tempo. Uno dopo l’altro i mesi passarono, e mentre Niso cresceva, diventando da bambino un giovane adolescente, in lui cresceva anche l’amore per gli ideali di giustizia e la sua voglia di apprendere, oltre che una profonda ammirazione per il suo maestro, il suo amico del cuore, Eurialo.

Per lui aveva scelto di diventare Cavaliere, per combattere al suo fianco, e proteggerlo nei momenti bui, riscattando l’antico debito che aveva dato origine alla loro amicizia. Alla loro storica amicizia che era durata per dodici lunghi anni, diventando un patto di sangue tra due fratelli, ritrovatisi a condividere lo stesso destino.

"Ti ho fatto una promessa, quel giorno!" – Rifletté Niso, ricordando il giorno della sua investitura a Cavaliere di Bronzo del Tucano. –"Che avrei combattuto, con tutto me stesso, per dimostrarmi degno della fiducia che mi desti in quel lontano giorno di pioggia! Sei sempre stato iperprotettivo nei miei confronti... Credo sia giunto il momento di renderti il favore!" –E riaprì gli occhi, iniziando a muoversi, nel disperato tentativo di rimettersi in piedi.

Ammit era intanto giunta sulla sommità della duna di sabbia, pregustando già la nuova leccornia che l’attendeva, quando sentì innalzarsi un fonte cosmo dalla base della collinetta. Stupita, e stordita, si voltò indietro, giusto per vedere Niso mettersi in piedi, pur barcollando leggermente.

"Sei ancora vivo?!" –Ringhiò la bestia, volgendo nuovamente i bassi verso il ragazzo, ed osservandolo barcollare come una foglia al vento dall’alto della collinetta.

"Vivrò, finché avrò un amico da difendere!" –Rispose Niso, prima di raccogliere le braccia al petto, socchiudendo gli occhi verdi, e bruciare al massimo il suo cosmo.

Un’immensa energia sorse da lui, simile ad una cascata dalle mille luci, luccicante come l’arcobaleno, sorreggendo il corpo stanco del ragazzo, che ormai stava in piedi solo grazie alla forza del suo cosmo. Sangue scorreva copioso dalle sue ferite, e la vista andava annebbiandosi sempre di più. Per questo non doveva perdersi in tentennamenti, per questo doveva agire adesso, prima che la vita lo abbandonasse.

"Muori, ragazzino! Ammut viene a prendere il suo tributo!" –Ringhiò Ammit, sollevandosi sugli arti posteriori e muovendo le braccia artigliate, caricandole del suo violaceo cosmo. –"Sono la Divoratrice dei cuori grevi, e con essi banchetto! Lascia che possa sfamarmi con la tua carcassa! Fauci Divoratrici!" –E nient’altro aggiunse, balzando in alto, per piombare proprio su Niso.

Il Cavaliere di Athena, raccolte tutte le sue energie, fece esplodere il suo cosmo, dirigendolo con le braccia verso l’alto, verso la creatura animalesca che stava balzando su di lui. Una piccola galassia a forma di batuffolo di luce apparve intorno a lui, riempiendo la vallata sabbiosa, prima di scoppiare con violenza, liberando una devastante potenza energetica.

"Piccola Nube di Magellano!" –Tuonò Niso, dirigendo la nebulosa di energia contro Ammit.

La bestia, sorpresa da un siffatto potere recondito, venne investita in pieno e disintegrata dal potere della Nebulosa di Magellano. I suoi resti maciullati si schiantarono sordamente nella sabbia attorno, mentre Niso crollava sulle ginocchia, privo ormai di forza fisica. Ma ancora non poteva arrendersi. Ancora, lo sentiva, la sua missione non poteva dirsi conclusa. Usando solo le dita delle mani, strisciò sulla collina sabbiosa, lasciandosi dietro una macabra scia di sangue, trascinando il volto stanco nella rena, con le sue ultime forze. Solo per giungere in cima alla duna e sincerarsi delle sorti dell’amico.

In quel momento, risvegliato dall’esplosione cosmica della Nube di Magellano, Eurialo riprese i sensi, contorcendosi su se stesso per il dolore alla schiena. Impiegò non poco per rimettere in ordine gli scompigliati frammenti della sua memoria, ma quando riuscì a ricordare la prima cosa che notò fu l’assenza di Niso al suo fianco. Un attimo dopo, un gemito attrasse la sua attenzione, facendolo voltare bruscamente verso destra, per osservare l’amico agonizzante strisciare verso di lui.

Urlando, Eurialo corse verso Niso, chinandosi su di lui, voltandolo, con il capo verso il cielo, per osservargli il volto affaticato e sporco, sfregiato da mille ferite che Ammit gli aveva inflitto. Cercò di pulirlo, domandandogli confusamente cosa fosse accaduto e chi avesse osato ferirlo, ma i continui balbettii di Niso non placarono il suo animo, disperato e sgomento. Pianse, Eurialo pianse, per quanto proprio lui in passato si era raccomandato più volte con l’amico di non piangere, di essere forte e deciso in battaglia, anche a costo di mettere da parte i sentimenti, poiché nocivi durante una guerra.

"Se dovessi morire, non voglio vederti piangere e disperarti per me, Niso!" –Gli aveva detto un giorno Eurialo. –"Ma dovrai combattere ancora, e forse di più, anche per me! Come io avrei fatto se fossi al tuo fianco!"

Mai come in quel momento quelle parole gli pesarono sul cuore, come una spada affilata. Mai come in quel momento gli parvero false.

"Io non ci sono stato!" –Mormorò Eurialo, posando il corpo inerme di Niso a terra. –"Ti ho lasciato da solo in questo deserto di sangue!" –Si colpevolizzò, mentre lacrime rigavano il suo volto.

Improvvisamente, numerosi cosmi ostili apparvero intorno ai due Cavalieri di Athena, e quando Eurialo si voltò trovò una trentina di Guerrieri del Sole Nero con le Spade sguainate, pronti per attaccarlo. L’esplosione violenta del cosmo di Niso aveva spinto Seth ad inviare prontamente una pattuglia in quella direzione, nel pieno del deserto, per controllare e, eventualmente, uccidere eventuali superstiti.

"Sorprende che tu sia ancora vivo, grassone!" –Lo etichettò un Guerriero del Sole Nero. –"Ben due Guerrieri sono stati inviati da Seth contro di voi! Come hai potuto opporti a loro?!"

"Non l’ho fatto invece! Non ho affrontato, né incontrato, i due Guerrieri di cui parli!" –Rispose Eurialo, con determinazione. –"È stato il mio amico, che vedi riverso al suolo, ad affrontare e vincere uno di loro! L’altro mi è ignoto chi sia, ma gradirei confrontarmi con lui, cosicché possa conoscere l’ira di Eurialo del Dorado!"

"Temo che non potrai scaricare la tua frustrazione su di lui, Cavaliere!" –Gli risposero i Guerrieri egizi a tono. –"Poiché Ghoul ha ormai raggiunto il Grande Tempio di Athena, assieme ad Upuaut e agli altri! A quest’ora starà massacrando altri tuoi compagni!"

"Ghoul, hai detto?! Adesso capisco!" –Rifletté Eurialo. –"I Ghoul sono creature che vivono nel deserto, demoni mutaforma capaci di assumere le sembianze di qualunque animale, specialmente delle iene! Che esista un Guerriero con un potere simile?"

"Non preoccuparti di lui, ma pensa a te piuttosto!" –Esclamarono i Soldati del Sole Nero, avventandosi su Eurialo. –"Sei solo contro tutti noi! Iaaaah! Uccidiamoloo!"

"Umpf... Siete voi a dovervi preoccupare!" –Gridò Eurialo. –"Ancora non conoscete l’ira del Dorado!" –E nel dir questo scattò in avanti, molto velocemente, evitando gli affondi di energia infuocata dei Guerrieri egiziani, balzando su di loro e colpendoli al collo e nell’alto petto, trafiggendoli con la sua spada di bronzo.

Ne abbatté una decina, lasciando i loro corpi crollare a terra, mentre fiotti di sangue zampillavano fuori da sottili fori creati da Eurialo sui loro corpi, imbrattando le loro vesti color verde scuro. Gli altri si riunirono, leggermente intimoriti dalla velocità del Cavaliere, che sapeva raggiungere con colpi precisi i centri nevralgici dei suoi avversari.

"Cosa hai fatto loro?!" –Domandarono alcuni.

"Li ho trafitti!" –Rispose Eurialo. –"Con la mia spada!" –E sollevò il braccio destro, ricoperto da un copribracciale di bronzo dal color verde acqua, a cui era affissa una pinna del Dorado. Stretta e lunga, come un sottile ma perforante stiletto, una lama partiva dal suo braccio per sporgere all’infuori di una ventina di centimetri. Quella era la spada del Dorado, ovvero del Pescespada.

Rapido, Eurialo scattò avanti, infilzando con forza alcuni Guerrieri che gli si fecero incontro. Altri rimasero compatti, dirigendo i raggi energetici delle loro Spade del Sole contro di lui, obbligandolo a muoversi continuamente, per non essere ferito, ma fu comunque raggiunto alla gamba sinistra e la sua armatura ci crepò in più punti, facendolo urlare per un momento dal dolore. Ma poi il pensiero di Niso, corpo abbandonato sotto il cocente sole di Egitto, in balia di barbari assetati di sangue, lo fece riprendere e scattare nuovamente avanti come una furia.

La Spada del Dorado infilzò un paio di Guerrieri, e poi un altro paio, e un paio ancora, e quando Eurialo non riusciva a muoverla in tempo, riusciva comunque ad usare le sue robuste mani per afferrare i colli dei soldati egiziani e sbattere le loro teste una contro l’altra, fino ad abbatterli tutti. Ne rimasero soltanto quattro, raggruppati tra di loro, con le Spade puntate verso Eurialo, in piedi a venti metri di distanza. I Guerrieri fecero brillare le loro lame, dirigendo i caloriferi raggi contro Eurialo, il quale fu abile ad evitarli, scagliando il suo assalto da distanza.

Quattro stiletti di luce saettarono nell’aria, trapassando i corpi dei soldati egiziani, che caddero a terra, in una pozza di sangue, mentre Eurialo si fermava per un momento a respirare, ansimando per la fatica sostenuta nell’affrontare un così elevato numero di avversari contemporaneamente. Nonostante alcune ferite sul corpo e crepe sull’armatura del Dorado se l’era cavata piuttosto bene.

"Difenderò Niso da chiunque oserà levare la mano su di lui! Sappiatelo!" –Gridò, prima di ritornare verso il corpo inerme dell’amico.

In quella, un cosmo immenso apparve dietro di lui, tra i cadaveri abbandonati dei Guerrieri Egizi. Era un uomo, o così parve ad Eurialo, anche se le sembianze erano animalesche, canine per l’esattezza. Alto e snello, ricoperto da un’Armatura marrone rifinita di oro, il Dio Anubi aveva grandi orecchia che spuntavano sotto i lunghi capelli violacei che scendevano a caschetto fino alle spalle. In mano stringeva una frusta e i suoi occhi puntavano Eurialo con decisione.

"Hai tu, forse, la forza per opporti alla Pesatura dell’Anima?!" –Gli chiese, ed Eurialo capì che il suo momento era giunto.