CAPITOLO SEDICESIMO: L’ASSALTO.
Al Grande Tempio di Athena era appena iniziata la gara di lancio del disco, una disciplina particolarmente amata dai greci, al punto che era stata inserita nel cosiddetto pentathlon, competizione che, con la XVIII Olimpiade nel 708 a.C., entrò a far parte di quei giochi, e che venne in seguito inserita in tutti gli altri.
L’ippodromo dove avevano corso le quadrighe era stato opportunamente dotato di indici per le misurazioni, piantando picchetti nel suolo, nel grande terreno centrale. Vi erano una trentina di atleti intorno alla piazzola di tiro, tutti emozionati ed intenti a parlare tra loro e farsi vanto dei loro migliori tiri durante l’allenamento. L’araldo richiamò l’attenzione dei discoboli in gara e del pubblico radunato attorno, annunciando l’ordine di lancio. Il primo spettava di diritto all’organizzatore dell’evento, il maestro Koroibos, che aveva sempre ottenuto ottime prestazione nel lancio del disco.
Koroibos si presentò quindi sulla piazzola di tiro, con un disco in bronzo di venticinque centimetri di diametro, con sopra raffigurate scene di atleti in gara nell’Età Classica. A lui spettava il tiro inaugurale, ovviamente fuori gara. Tra gli applausi scroscianti della folla, che chiamava a gran voce il suo nome, Koroibos sollevò l’attrezzo all’indietro, tenendo il braccio teso, si ripiegò su se stesso, come facevano gli antichi discoboli, e infine si alzò, lanciando il disco avanti. I misuratori segnarono quarantaquattro metri. Un buon risultato, si disse l’uomo, considerando la tecnica che aveva utilizzato, basata più sull’eleganza del movimento che non sul risultato.
Dopo di lui si prepararono gli altri atleti, ma non appena il primo discobolo raggiunse la piazzola vi un tremendo boato. Un’esplosione fragorosa proveniente dal Cancello Principale. La folla iniziò a gridare, correndo via spaventata, senza capire cosa stesse accadendo né dove dirigersi. I soldati di stanza nell’ippodromo dovettero faticare parecchio per mantenere la calma e invitare tutti i presenti a non farsi prendere dal panico, attuando gli ordini che avevano ricevuto dall’alto.
Koroibos, che immaginava cosa stesse accadendo, abbandonò il campo e si unì ai soldati, nel difficile compito di tranquillizzare gli animi della folla e di spingerla verso l’uscita. Con il Grande Sacerdote infatti era stato convenuto di dirigere il pubblico, in caso di emergenza, verso zone particolari del Grande Tempio, al fine di metterlo al sicuro. A chi gli chiedeva cosa stesse accadendo, cosa fossero quelle grida furiose e quei rumori di lotta che venivano dal Cancello Principale, Koroibos non seppe cosa rispondere, invitando tutti a rimanere calmi. Ma in fondo al cuore sapeva benissimo che il Grande Tempio era stato attaccato.
Nonostante le sentinelle disposte sulle mura esterne, nessuno si accorse di nulla, nessuno notò niente finché il grande portone del Cancello Principale non esplose, scaraventando via tutti i soldati intorno ad esso. Dalle rovine apparve un’intera squadra di Guerrieri Egizi: cinque Guerrieri rivestiti da Armature che, seppure di diversa fattura, richiamavano le corazze dei protettori di Athena, e un centinaio di Guerrieri dalle vesti verdi e dorate, identici a coloro che avevano assalito lo stesso Cancello qualche giorno prima.
"Ottimo lavoro, Kepri!" –Esclamò un uomo dalla possente voce maschile. –"I tuoi scarabei hanno nascosto la nostra presenza fin sotto le mura del Santuario di Athena!"
Immediatamente, anche sapendo di non aver speranza alcuna, i soldati del Grande Tempio si lanciarono all’assalto, per fermare l’invasione di questi Guerrieri sconosciuti, ma furono tutti scaraventati via da una violenta tempesta. Uno dei cinque Guerrieri Egizi ricoperti da un’Armatura creò un forte vento caldo che diresse contro di loro, spazzandoli via.
"Tempismo perfetto, Ghibli!" –Esclamò il Comandante dell’Esercito del Sole Nero. – "Tu e la Sfinge divertitevi con questi soldati! Massacrateli tutti finché non avranno capito a quale Divinità dovranno rendere omaggio, da questo momento in poi! Ah ah ah! Kepri, Aspide! Voi due venite con me, insieme a sessanta Guerrieri!" –E scattò avanti, travolgendo alcuni soldati semplici che tentarono di fermarlo.
I tre Guerrieri del Sole Nero, seguiti dagli altri sessanta soldati, sfrecciarono lungo la Via Maestra del Grande Tempio, che dal Cancello Principale raggiungeva la piazza centrale, dove partivano le diramazioni per l’Arena, per il cimitero dei Cavalieri e per le Dodici Case dello Zodiaco, meta ultima dei Guerrieri Egizi. Improvvisamente alcuni pugni di energia cosmica fendettero l’aria, obbligando il gruppetto a separarsi, anticipando l’arrivo di un Cavaliere dall’Armatura violacea simboleggiante un Cane.
"Chi sei, Cavaliere?" –Domandò il Guerriero egizio che guidava il gruppo.
"Colui che fermerà la vostra corsa, barbari invasori del Grande Tempio di Athena! Orione del Cane Maggiore, uno dei Cavalieri d’Argento!" –Esclamò l’uomo, concentrando l’energia del suo cosmo sul pugno destro. -"Great Mountain Smasher!" –Gridò, scattando contro il Guerriero egizio di fronte a lui, il quale non ebbe alcun problema ad evitare il suo attacco, semplicemente spostandosi di lato.
Ancora stupito per la facilità con cui l’uomo aveva schivato il suo assalto, Orione dovette fronteggiare l’improvviso attacco dei Guerrieri egizi, i quali, armati delle loro Spade del Sole, iniziarono a lanciare fendenti energetici contro di lui, che dovette muoversi velocemente per non farsi colpire. Intento ad evitare i fasci roventi, Orione non poté evitare un colpo di mazza, brandita da Upuaut, il Comandante dell’Esercito Egizio, che lo centrò in pieno petto, scaraventandolo contro una parete rocciosa alle sue spalle, prima di ricadere a terra, con l’Armatura danneggiata e percorsa da violente scariche energetiche.
"Lasciamo qui qualche soldato e andiamo avanti!" –Mormorò il Comandante, agganciando nuovamente la sua mazza alla cintura. E si mosse per passare oltre, presto seguito dagli altri due Guerrieri Egizi e da una quarantina di soldati semplici.
"A.. Aspettate!" –Mormorò Orione, tentando di rialzarsi. Ma fu nuovamente raggiunto da un fascio di energia rovente che gli trinciò la sporgenza del coprispalla destro. –"Maledette canaglie!" –Gridò il Cavaliere, bruciando il proprio cosmo.
Come un proiettile schizzato a gran velocità, il Cavaliere d’Argento sfrecciò tra i suoi nemici alla velocità del suono, evitando i loro fendenti distruttori e colpendoli con i suoi pugni di energia cosmica. Ne abbatté cinque, e i rimanenti si concentrarono tra loro per tentare un assalto congiunto, ma non si avvidero di una devastante tempesta di energia cosmica che li travolse, creando una piccola tromba d’aria. Sbatterono tra loro, roteando in aria per qualche minuto, prima di schiantarsi sul selciato, con le vesti lacere e le ossa distrutte.
"Perdona il nostro ritardo!" –Esclamò Argetti, spuntando insieme a Dedalus. –"Abbiamo eliminato qualche Soldato del Sole che aveva raggiunto l’ippodromo! Il pubblico è stato messo al sicuro!"
"Adesso possiamo seguire i Guerrieri egizi!" –Esclamò Dedalus, seguendo con lo sguardo la direzione in cui si erano incamminati gli invasori. Le guglie della prima Casa dello Zodiaco spuntavano poco distanti.
"No!" –Li sorprese Orione, proponendo loro di tornare al Cancello Principale. –"Non saremmo di grande aiuto contro di loro! Se ne occuperanno i Cavalieri d’Oro!"
"Che cosa?! Vuoi lasciare a dei dodicenni il compito di difendere il Sacerdote e il Grande Tempio? Saranno sopraffatti dalla loro superiorità numerica!" –Protestò Argetti.
"Non ricordi le parole di Koroibos? Eppure le hai sentite poche ore fa! Non è solo la forza fisica a condurre alla vittoria in battaglia, ma lo splendore di un cosmo ardente che lotta per la giustizia!" –Spiegò Orione, incitando gli amici a seguirlo. –"E nessuno può superare i Cavalieri d’Oro di Athena in quanto a splendore del cosmo!"
Senz’altro aggiungere Orione si lanciò avanti, verso il Cancello Principale, dove sentiva che un’aspra lotta era in corso. Argetti e Dedalus non fecero troppe domande, limitandosi a seguire l’amico. Quando raggiunsero il piazzale antistante trovarono un macabro spettacolo di fronte ai loro occhi: i soldati semplici di Athena, per quanto in prevalenza numerica, stavano venendo massacrati dalle Spade del Sole dei soldati egizi, mentre un Guerriero, ricoperto da un’Armatura colorata, rideva tra sé, osservando la scena, in attesa di qualche avversario del loro calibro.
Senza esitare, Orione, Dedalus e Argetti si gettarono nella mischia, sollevando il morale dei soldati del Grande Tempio e colpendo più volte i Guerrieri Egizi. Argetti ne afferrò un paio con le sue robuste braccia, sollevandoli da terra e sbattendo le loro teste insieme, distruggendole. Dedalus sfrecciò tra loro, veloce come un fulmine, percuotendoli violentemente, seguito da Orione. Ma il loro intervento fu interrotto improvvisamente da un forte vento caldo che iniziò a soffiare su tutti loro. Un’aria rovente, a tratti soffocante.
I tre Cavalieri di Athena furono sollevati da terra e scaraventati lontano, insieme ai soldati semplici, e quando si rialzarono videro con orrore l’effetto di quell’aria bruciante. Le protezioni di rame e cuoio dei soldati semplici si stavano letteralmente liquefacendo e i loro corpi erano in preda di spasimi notevoli, dovuti all’aumento imprevisto ed esorbitante della loro temperatura corporea. Anche Orione, Dedalus e Argetti iniziarono a soffrire il caldo afoso di quell’aria torrida, che li faceva sudare e ansimare, per quanto le loro Armature d’Argento consentissero una maggiore protezione.
"Senza quelle corazze, vi stareste crogiolando al sole come i vostri subalterni!" –Esclamò una voce acuta. –"Il caldo soffio del ghibli non risparmia nessuno! Soprattutto uomini che ad esso non sono abituati!"
Orione, Dedalus e Argetti osservarono il loro avversario, l’uomo dal quale sembrava partire quell’aria rovente: un Guerriero egizio dall’Armatura arancione e rosata. Era un uomo di media altezza e di corporatura tonica, con un viso abbronzato e folte sopracciglia viola, come il colore dei suoi capelli, mossi e lasciati liberi di danzare al vento. L’Armatura non presentava fregi particolari, eccezion fatta per la sua forma piuttosto affusolata, che richiamava alla mente le turbinanti tempeste di sabbia del deserto africano.
"Ghibli è il mio nome, come il forte vento che soffia da sud!" –Si presentò questi, passando lo sguardo sui tre Cavalieri d’Argento, con soddisfazione e superiorità. –"Non sprecate neppure il vostro tempo a rialzarvi, tanto non riuscirete mai a giungere fino a me!" –Aggiunse, deridendoli, espandendo il proprio cosmo.
Immediatamente un forte vento iniziò a soffiare sulla piazza del Grande Tempio, un vento caldo e secco, carico di polvere e di sabbia, proprio come il vento che soffia dalle coste libiche, che obbligò i tre Cavalieri a coprirsi gli occhi, permettendo al Guerriero Egizio di balzare in mezzo a loro e colpirli con pugni diretti sul viso e sul corpo. Orione e Dedalus furono lanciati lontano, ma con Argetti il Guerriero Egizio ebbe maggiori problemi data la sua corporatura massiccia di centocinquanta chili.
"A terra bestione!" –Esclamò Ghibli, sollevando il braccio destro e liberando una violenta tempesta di calda energia cosmica. –"Turbine rovento del Sahara!!"
Il mulinello di polvere ed energia cosmica travolse Argetti, roteando vorticosamente intorno a lui, sollevandolo da terra fino a farlo schiantare contro le mura perimetrali del Grande Tempio, che subito crollarono su di lui. Nel frattempo Orione e Dedalus si erano rimessi in piedi, osservando, con orrore, il deterioramento delle loro corazze.
"Siete forse sordi Cavalieri di Athena? Eppure dovreste intendere il mio idioma!" –Esclamò superbo il Guerriero Egizio. –"Così grande è la potenza del possente Ghibli che, per quanto le vostre Armature siano d’argento, e come tali maggiormente resistenti rispetto alle semplici protezioni di rame e di cuoio dei vostri soldati, prima o poi anch’esse cederanno, liquefacendosi a causa degli spossanti assalti del caldo Ghibli! Così sfiancante che il Dio Seth diede a me l’incarico di disorientare i vostri compagni che poche ore fa giunsero in Egitto, perdendoli tra le dune sabbiose del deserto!"
"Superbo!" –Lo etichettò Orione, con disprezzo. –"Credi che basti una folata di vento per far cedere le nostre Armature? Credi che basti averci atterrato un paio di volte per avere ragione dei Cavalieri di Athena? Abbiamo ricevuto l’ordine preciso di difendere il Tempio della nostra Dea, e sapremo eseguire tale disposizione nel migliore dei modi!"
"Non importa quante volte ci abbatterai! Troveremo la forza per rialzarci sempre e comunque!" –Continuò Dedalus, aiutando Argetti a liberarsi dalle macerie crollate su di lui.
"Una tale determinazione vi fa onore! Ma non crediate che basti la tenacia per vincere in battaglia!" –Rispose Ghibli, espandendo nuovamente il suo cosmo, carico di sfumature arancio e rosa. –"Se non si hanno i mezzi per lottare, poco importa quanto grande sia il nostro ardore! Poiché comunque cadremo!" –E liberò una nuova possente tempesta calda e secca, dirigendola contro i tre Cavalieri, i quali seppero unire i loro cosmi, creando una barriera difensiva.
"Umpf! Ritardare l’inevitabile non servirà a niente, soltanto a prolungare la vostra agonia!" –Brontolò Ghibli, aumentando l’intensità del vento.
In quel momento, Orione e Dedalus scattarono ai lati del Guerriero Egizio, uno a destra, l’altro a sinistra, concentrando l’energia cosmica nelle loro mani, mentre Argetti, rimasto in piedi di fronte a Ghibli, a sostenere con sforzo la sua tempesta di sabbia e polvere, fece esplodere il suo cosmo, liberando il potere della costellazione di Eracle.
"Cornexolos!" –Gridò il Cavaliere d’Argento, unendo le braccia e sollevandole poi rapidamente, così da creare un vortice di energia da contrapporre al caldo soffio del Ghibli.
I due turbini energetici si schiantarono l’uno sull’altro, vibrando fortemente, avvolgendosi, stridendo con vigore, mentre dirompenti scintille di cosmo percorsero l’aria, caricandola di una violenta tensione. Ghibli, concentrato sul proprio resistente avversario, non riuscì ad evitare però l’assalto incrociato degli altri Cavalieri, i quali, ciascuno dal proprio lato, scagliarono contro di lui sfere di energia, obbligando il Guerriero Egizio a saltare in alto, allentando la concentrazione sul Turbine del Sahara, permettendo così ad Argetti di spingere maggiormente, al punto da travolgerlo e scaraventarlo lontano.
Ghibli ruzzolò sul selciato polveroso per parecchi metri, danneggiando una spalliera della sua corazza e perdendo l’elmo, ma seppe subito rimettersi in piedi, amareggiato per essere stato atterrato così malamente, da guerrieri che, a suo parere, non erano degni neppure di lucidare la sua Armatura.
"Vi farò pagare questa insolenza, cani ateniesi!" –Ringhiò Ghibli, iniziando a perdere la calma.
"Modera i tuoi termini, arrogante egiziano!" –Lo zittì Orione. –"Le offese razziali non si addicono al rango di un Cavaliere, a qualunque Divinità sia fedele!"
"Inoltre, per completezza..." –Aggiunse Dedalus. –"Nessuno di noi è originario di Atene, poiché io sono messicano, Orione è tedesco, mentre Argetti è africano come te, ma proveniente dall’Uganda!"
"Che m’importa da dove venite, Cavalieri! Tanto finirete tutti all’inferno, poiché morire è il destino degli uomini!" –Esclamò Ghibli, più con rabbia che con violenza. –"A nessuna Divinità sono devoto, io combatto soltanto per denaro! Solo per questo ho accettato l’offerta del Dio Seth di unirmi a lui!"
"Offerta?!" –Chiesero i Cavalieri d’Argento, non essendo al corrente degli eventi recenti dell’Egitto.
"Noi tutti Guerrieri Egizi abbiamo accettato l’offerta del Dio Seth, di combattere per lui, semplicemente perché essa permetteva di abbandonare la nostra vecchia condizione, di predoneria e sbandamento, in nome della possibilità di avere un futuro! Qualcuno lo ha fatto per gloria, come Upuaut, qualcuno lo ha fatto per vendetta e per dimostrare di essere ancora qualcuno, come Onuris, qualcun altro, come me, lo ha fatto per denaro! Per il denaro che non ho mai avuto, e con il quale forse avrei potuto salvare mia figlia!"
"Tua figlia?!" –Sgranò gli occhi Orione, ma Ghibli pareva aver perso qualunque desiderio di parlare. Bruciò nuovamente il suo cosmo, accendendo l’aria dei bagliori arancione e rosati dell’energia da lui prodotta, e liberò un nuovo turbinante assalto contro i tre Cavalieri di Athena, i quali, per difendersi, tentarono di ripetere la tecnica usata prima, unendo i loro cosmi per creare una barriera protettiva.
Ma Ghibli, che non era affatto uno stolto, balzò su di loro dall’alto, scaricando su di loro l’intera potenza del vento sahariano, frantumando l’esile barriera e schiacciando i tre Cavalieri al suolo.
"Aaargh!" –Gridò Dedalus, sprofondando nel selciato. –"Ci sta schiacciandooo!!!"
"Devo... fare qualcosa!!" –Balbettò Argetti, piegato a terra come i suoi compagni. Riuscì a stento a sollevare il braccio sinistro, ricoperto da un bracciale verdastro con affissi degli spuntoni, e lo caricò del suo cosmo. –"Yaaah!!!" –Urlò, scagliando una decina di spuntoni affilati contro il Guerriero Egizio, fluttuante in aria sopra di loro.
La quasi totalità di essi fu travolta dalla tempesta di sabbia e fu spazzata via, ma uno riuscì a raggiungere il bersaglio, conficcandosi nell’Armatura di Ghibli all’altezza della coscia destra. Non fu una ferita profonda, ma sufficiente per distrarlo e sbilanciarlo, obbligandolo a ridiscendere a terra, placando la tempesta di sabbia ed energia.
Orione e Dedalus si rimisero subito in piedi, lanciandosi contro il Guerriero Egizio. Il Cavaliere del Cane Maggiore lo colpì in pieno petto con un pugno di energia cosmica, scagliandolo indietro di parecchi metri, prima che Dedalus fosse su di lui, pronto per colpirlo a sua volta. Ma Ghibli fu lesto ad evitare l’assalto del ragazzo, fermando il suo braccio con la mano destra e ribaltandolo, fino a farlo schiantare nel terreno. Non ebbe il tempo di fare altro che fu nuovamente assalito da Orione, lanciatosi contro di lui come un proiettile umano, caricato di tutto il suo cosmo.
Orione travolse Ghibli, scagliandolo indietro ad una velocità superiore a quella del suono, ed entrambi si schiantarono contro l’edificio delle guardie di stanza al Cancello Principale, facendolo crollare su di loro. Bruciando il proprio cosmo, Ghibli tentò di liberarsi dalle macerie, sollevandole con una tempesta di sabbia ed energia, che gli permise di rimettersi in piedi, proprio per trovarsi Argetti e Dedalus di fronte, agguerriti più che mai.
Con i suoi poteri, sollevò detriti e pezzi di muro, lanciando tutto contro i due Cavalieri d’Argento, ma Argetti si mise davanti a Dedalus per proteggerlo, iniziando a tempestare di pugni violenti tutte le macerie e i materiali che Ghibli scagliava contro di loro. Esauriti quelli, Ghibli si preparò ad utilizzare il suo colpo segreto, ma Dedalus scattò su di lui, veloce come se stesse gareggiando nei tanto agognati Giochi Olimpici, colpendolo con un pugno di energia, non molto potente ma sufficiente per spingerlo un po’ indietro, permettendo ad Argetti di liberare il Cornexolos, e travolgere il Guerriero Egiziano.
Risucchiato all’interno del mulinello energetico, Ghibli sentì una forte pressione crepargli la corazza in più punti, e quando improvvisamente il vento cessò si ritrovò sospeso in aria, in procinto di precipitare a terra. In un momento, cercando con lo sguardo il terreno venti metri più sotto, parve vedere il volto di sua figlia sorridere, per un’ultima volta, prima che la malattia la spegnesse, lasciandolo da solo, con tutti i suoi rimorsi e i suoi tormenti di padre infelice e fallito. Come se le forze gli venissero meno, Ghibli precipitò verso terra, venendo presto colpito da un forte calcio in pieno petto, che lo scagliò molti metri distante, facendolo schiantare al suolo con l’armatura danneggiata e numerose ferite sanguinanti sul corpo.
Dedalus, che lo aveva colpito in volo con il suo Labirinto Oscuro, atterrò accanto a lui, presto raggiunto da Argetti e da Orione, liberatisi dalle macerie. E per un momento si augurarono di non dover più combatterlo. Ma Ghibli si rimise ancora in piedi, ansimando e perdendo sangue dalle labbra, ma determinato a continuare a lottare.
"Ormai lotto soltanto per te, figlia mia! Come padre ho fallito, tenterò di salvare l’onore e la dignità di un guerriero!" –Mormorò Ghibli, ma le sue parole furono udite anche da Orione, che nuovamente domandò spiegazioni all’uomo. –"Mia figlia aveva una malattia incurabile con gli scarsi mezzi a disposizione della mia popolazione, Cavaliere di Athena! Se avessi avuto il denaro necessario, avrei potuto portarla via, in qualche città sviluppata, dove poterla curare! E forse, oggi, sarebbe ancora con me!"
"Mi dispiace, Guerriero Egizio! È triste perdere qualcuno che si ama, qualcuno che, in fondo, non abbiamo mai conosciuto completamente!" –Rispose Orione. –"Come tu hai perso tua figlia, noi abbiamo perso i genitori, rimanendo orfani, soli con la nostra fede in Athena! Ma ogni giorno ci ripetiamo che se i nostri genitori potessero vederci, dal luogo in cui si trovano adesso, vorremmo che fossero fieri di noi! Non credi che tua figlia vorrebbe lo stesso?" –Domandò Orione, lasciando Ghibli per un momento pensieroso.
"Sì, credo che tu abbia ragione, Cavaliere!" –Sorrise Ghibli. –"Proprio per questo, vi combatterò ugualmente, perché lei possa vedere che suo padre lotta con tenacia e non scappa pavido!"
"Ghibli..." –Mormorò Orione, ma ormai si rese conto che non vi era altro da aggiungere. Il Cavaliere del Cane Maggiore bruciò nuovamente il suo cosmo, unendolo a quello dei suoi compagni, mentre Ghibli faceva altrettanto liberando la più violenta tempesta di sabbia, polvere ed energia cosmica che aveva lanciato fino ad allora.
"Insieme, compagni!" –Gridò Dedalus, concentrando il cosmo sul pugno destro.
"Great Mountain Smasher!" –Gli andò dietro Orione.
"Cornexolos!" –Concluse Argetti, liberando il suo turbine di energia.
Il potere unito dei tre cosmi d’Argento contrastò il Turbine rovente del Sahara, creando un immenso scontro di energie cosmiche, che sferzarono l’aria sollevando polvere e sabbia, aprendo fenditure nel terreno e scagliando via tutto ciò che si trovava nell’aria circostante. I soldati del Grande Tempio furono spinti indietro dalla forza d’urto dei due turbini energetici, mentre altri corsero a ripararsi dietro le mura, ma anch’esse presto cedettero, schiantandosi per l’enorme pressione.
Infine, tutto ebbe termine. I due mulinelli di energia si avvolsero l’uno nell’altro, aggrovigliandosi come serpenti incolleriti, ed esplodendo, scaraventando indietro tutti i contendenti, facendoli schiantare a terra, con le Armature danneggiate e numerose contusioni sul corpo. Fu Orione il primo a rimettersi in piedi, presto seguito da Argetti, che aiutò Dedalus, che zoppicava alla gamba destra, a camminare.
I tre Cavalieri raggiunsero il corpo ferito di Ghibli, schiantandosi contro i resti delle mura esterne del Grande Tempio, ferito dal crollo di un enorme mattone sul cranio, e lo trovarono agonizzante, perso ormai nei suoi ricordi. Orione si chinò su di lui, prendendogli la mano e rimanendo al suo fianco mentre la sua anima abbandonava quella terra, lasciando soltanto un vuoto corpo sanguinante. Immediatamente, calda sabbia sahariana iniziò a ricoprire il suo corpo, fondendosi con l’uomo stesso, creando una nuova sagoma di polvere e sabbia. Un vento caldo spirò d’un tratto, obbligando Orione, Dedalus e Argetti a coprirsi gli occhi, e spargendo le polveri del Guerriero Egizio. Quando i Cavalieri d’Argento riaprirono gli occhi, si accorsero che di Ghibli non vi era più traccia alcuna. Orione sorrise, alzando gli occhi al cielo, e si augurò che il vento lo avesse trasportato via, lontano dalla guerra, fino a ritrovare sua figlia.
Grida improvvise provenienti da non molto distante richiamarono i tre compagni alla realtà. Il Grande Tempio era stato invaso e, considerando l’assenza di ben otto Cavalieri e l’enorme folla presente quel giorno, era loro priorità fondamentale combattere fino allo stremo delle forze per liberarlo.
Altri Guerrieri Egizi, armati delle loro Spade del Sole, avevano infatti raggiunto l’infermeria del Grande Tempio, affondando le loro lame infuocate nei petti di deboli ed indifesi. A nulla valsero le grida delle donne e delle sacerdotesse, poiché anch’esse furono travolte, come i soldati semplici che tentarono di fermare la loro avanzata.
"Non temere!" –Disse Nonna Ada, rincantucciata in un angolo dell’infermeria, con il piccolo Retsu tra le braccia. –"Ti proteggerò, qualunque cosa accada!"
"Verranno a salvarci?" –Mormorò Retsu, udendo le grida selvagge dei Guerrieri invasori sopraffare le impavide voci dei soldati di Athena.
Improvvisamente tutto tacque e a Nonna Ada, che poteva seguire la scena dalle grandi vetrate dell’infermeria, parve di vedere un’orribile sagoma animalesca giungere sul campo di battaglia, e zittire con un suo verso le grida dei soldati.
"Lasciate a me questa marmaglia! Voi affondate le vostre Spade nei corpi inermi di quest’ospedale!" –Sibilò una selvaggia voce di donna. –"A niente serviranno dei feriti e dei debosciati nel nuovo impero del Sole Nero che nascerà quest’oggi!"
E senz’altro aggiungere la figura orribile si avventò sui soldati semplici del Grande Tempio, che tentarono di difendersi con lance e con spade, venendo presto sopraffatti, davanti alle grida preoccupate degli abitanti e delle sacerdotesse riunite nell’infermeria. I Guerrieri Egizi, approfittando dell’intervento della loro superiore, scattarono verso i civili, con lo scopo di massacrarli, ma caddero improvvisamente di fronte ai loro occhi spaventati, uno dopo l’altro, accasciandosi a terra portandosi le mani al collo.
"Uh?!" –Ringhiò la donna, che stava affrontando i soldati del Grande Tempio.
I Guerrieri Egizi stavano crollando al suolo, trafitti al collo da rapide e affilate armi. Un fruscio, come il suono di un oggetto roteante su se stesso, distrasse nuovamente la terribile donna, facendola balzare indietro, allontanandosi dai soldati di Athena, mentre uno strano arnese si conficcava nel terreno alla sua destra. Era un piccolo triangolo dalle sfumature argentee.
L’animalesca donna non ebbe tempo di riflettere che fu costretta ad affrontare un nuovo assalto. Come fitta pioggia, una moltitudine di questi piccoli triangoli rotanti, dai bordi affilati come lama, saettavano verso di lei ed ella dovette adoperarsi al massimo per evitarli, non riuscendo completamente nel suo intento. Fu colpita in vari punti del corpo, dove la sua nera corazza non la ricopriva, ed in altre zone protette vide con orrore i triangoli argentati conficcarsi nella sua armatura e far zampillare il sangue nero.
"Aaargh!! Chi sei? Mostrati!!!" –Ringhiò la donna, furibonda più che mai, mentre un uomo alto e snello appariva di fronte a lei, tra gli sguardi rasserenati dei presenti, che, appoggiati al muro dell’infermeria, parevano condannati in attesa dell’esecuzione.
Biondo, con mossi capelli al vento, e ricoperto da una bluastra Armatura d’Argento, Noesis del Triangolo stringeva tra l’indice ed il medio destro un triangolo argentato, identico a quelli che aveva lanciato contro i Guerrieri Egizi, uccidendone la maggioranza. Dei rimanenti se ne sarebbero occupati i soldati semplici del Grande Tempio, mentre egli avrebbe affrontato la terribile donna dalle sembianze della crudele Sfinge.