CAPITOLO TREDICESIMO: QUANTE VERITA’?

Il grande salone in cui Seth aveva ricevuto Saga e Shura era scarsamente illuminato, soltanto qualche candela baluginava fioca, mentre un acro odore di incenso pervadeva l’intera stanza. Seth, il Dio della Siccità e del Cattivo Tempo sedeva su un alto scranno, in legno intarsiato, circondato da decine di serpenti che sibilavano ai suoi piedi e intorno alle sue braccia, ed egli eccitatamente li accarezzava, osservandoli mentre si insinuavano sotto le sue vesti in un pericoloso gioco dei sensi.

"Dio Seth!" –Esclamò una profonda voce maschile. –"I Cavalieri di Athena marciano separati verso Tebe! Non dovremmo fermarli?" –Domandò.

"Mi consideri proprio uno stratega di bassa lega, eh Anubi?" –Ironizzò Seth, continuando ad accarezzare i suoi serpenti. –"Ho già dato disposizioni per attaccare tutti i sei Cavalieri che Atene ci ha inviato contro! Chi credi che abbia provocato la tempesta di sabbia?"

"Dovresti ringraziare me per questo!" –Esclamò una terza voce, irrompendo bruscamente nella stanza.

Seth e Anubi si voltarono verso l’ingresso, osservando il robusto uomo entrare a passo deciso nel salone. Era alto e massiccio, dal viso maschile e vissuto, con segni di cicatrice sull’occhio destro, che gli dava un aspetto vagamente deforme. I capelli erano radi e brizzolati, e uno sfregio sopra l’orecchio rendeva la sua presenza ancora meno piacevole. Indossava un’armatura grigiastra, che copriva solo parte del suo corpo, ed era rifinita con una folta pelliccia grigia, dello stesso animale con cui aveva realizzato il mantello che gli copriva la schiena. Alla cintura portava affissa una mazza ed un arco, strumenti di caccia e di lotta con cui abilmente sapeva giostrare.

Upuaut era il suo nome, il Dio Lupo della Morte e della Guerra, nonché il Comandante dell’Esercito di Seth, l’Esercito del Sole Nero.

"Spaccone come sempre, vero Upuaut?" –Ironizzò Seth, senza dar troppo preso alle fanfaronate del suo Comandante.

"Chiedo solo che il mio merito venga riconosciuto!" –Precisò Upuaut con voce rude e decisa. –"Non è per questo che ci paghi, Sommo Seth?" –Aggiunse, e al Dio della Siccità non poté sfuggire il tono sarcastico, quasi provocatorio, con cui lo disse.

"Quali sono i piani allora?!" –Esclamò Anubi, premendo su Seth per una rapida distruzione dell’esercito di Athena. –"Prima eliminiamo questi scomodi avversari poi potremo dedicarci al nostro vero obiettivo: la conquista di Karnak!"

"Non bruciare i tempi, mio fido alleato!" –Lo calmò Seth. –"Karnak può attendere! Dopo tutto sono secoli che Ra si è rinchiuso in quel tempio… Non sarà certo per difendere Atene dalle nostre mire espansionistiche che abbandonerà il suo volontario isolamento!"

"Ma il nostro scopo finale non era abbattere Ra e conquistare Karnak?" –Chiese Anubi.

"Lo era, e lo è ancora!" –Rispose Seth. –"Ma come ogni obiettivo finale per essere raggiunto ha bisogno di mete mediane, che facciano crescere il nostro potere e la nostra forza, incutendo paura nell’animo dei nostri avversari! E conquistare Atene, vendicandoci di quelle deprecabili Divinità greche, che si sono sempre considerate a noi superiori, sarà un successo senza precedenti, un risultato che Ra mai ha raggiunto!"

"Ra non vi ha mai pensato ad invadere Atene!" –Precisò Upuaut, con voce maliziosa.

"Tu chiudi la bocca! Sei un soldato, non uno stratega, e sei pagato per eseguire i miei ordini non per giudicarli!" –Lo chetò Seth, ma Upuaut non lo prese troppo sul serio, esplodendo in una risatina isterica.

"Seth! Credi davvero che sia saggio attaccare Atene?!" –Domandò Anubi con preoccupazione. –"Informatori di oltremare mi hanno riferito che il Grande Sacerdote ha nominato otto nuovi Cavalieri d’Oro, completando le schiere del suo esercito!"

"E temi forse dei ragazzini, Anubi?" –Lo derise Seth. –"Non ho forse ucciso la scorsa notte i due Cavalieri d’Oro inviati a Tebe come ambasciatori? Se quella era la media dei difensori di Atene, mi chiedo cosa mai potranno fare dei dodicenni?!"

"Per la verità non sei stato tu ad ucciderli! Ma noi, i Guerrieri del Sole Nero!" –Precisò Upuaut, intervenendo nuovamente nella conversazione.

Seth, adirato oltre ogni limite, si voltò verso di lui, fissandolo con i suoi occhi rossi e scagliandogli contro una violenta scarica di energia cosmica, guizzanti fulmini che spinsero il Comandante dell’Esercito del Sole Nero indietro di parecchi metri, per quanto egli tentasse di difendersi incrociando le braccia avanti a sé.

"Attaccheremo Atene! Questo stesso giorno!" –Tuonò quindi il Dio Seth alzandosi in piedi. –"Mostreremo a quei bastardi greci la nostra superiorità, il trionfo di un popolo dimenticato tra le sabbie del tempo! Atene sarà nostra ed il potere e le ricchezze che contiene finanzieranno la conquista finale di Karnak, e l’abbattimento di Ra!"

"Mi auguro che tutto proceda come hai previsto!" –Mormorò Anubi, non troppo convinto del piano di Seth.

"Tira fuori la grinta, cane di un Dio minore!" –Lo schernì Seth, criticando la sua demotivata partecipazione. –"Ho capito perché vuoi attaccare prima Karnak! Perché temi la collera di Ra, tu, figlio di Osiride che al Dio dell’Oltretomba ti ribellasti!"

Anubi non rispose, chinando il capo in segno di sdegno, ed in parte sentendosi colpevole per il tradimento operato. Aveva contribuito infatti a far sì che Osiride e suo figlio Horus si perdessero per sempre nell’Aldilà, sgombrando il campo da eventuali ostacoli per la conquista di Karnak.

"Se i miei progetti non ti soddisfano, Dio Anubi…" –Lo schernì Seth. –"Puoi andartene adesso! Quella è la porta!" –Ed indicò il portone d’ingresso con un brusco gesto del braccio destro. –"Ma se non temi la collera di Ra, allora resta! Resta ed ammira il mio trionfo! Il trionfo di un Dio dimenticato che brama di gloria e di prendersi la sua meritata rivincita!" –Esclamò esaltato il Dio, abbandonandosi a pazze risate di autocompiacimento.

"Upuaut! Fai entrare i miei Guerrieri!" –Esclamò quindi Seth, richiamando il suo Comandante, il quale si avvicinò al portone d’ingresso, ordinando ai soldati di entrare all’interno, per ricevere dal loro Signore il proprio compito.

Nove Guerrieri entrarono all’interno della Sala del Trono, che, sommandosi al Comandante Upuaut e alle due Divinità fedeli a Seth, Anubi, il Dio guardiano degli Inferi, e Sobek, il Dio Coccodrillo, portavano a dodici il numero dei combattenti di cui il Dio della Siccità poteva disporre. Dodici guerrieri devoti al male e alla tenebra, da contrapporre, nella sua ottica, ai dodici Cavalieri d’Oro di Athena.

"Siamo pronti alla guerra mio Signore!" –Esclamò una decisa voce di donna.

"Me ne compiaccio, Sfinge!" –Sibilò Seth, osservando le fattezze di colei che aveva parlato.

Era una figura di media altezza, ricoperta da una nera Armatura simboleggiante la mitologica creatura di cui portava il nome: la Sfinge. Biologicamente era una donna, ma di femminile non aveva più niente, neppure il nome, che giaceva dimenticato negli abissi della sua memoria. Ella, come i suoi compagni, era semplicemente una predona, una disadattata che aveva trascorso gli ultimi anni a rubare alle carovane che coraggiosamente percorrevano il deserto del Sahara, appostandosi nelle poche oasi di acqua fresca ed assalendole senza esitazioni, depredandole delle loro ricchezze. Era una donna, ma adesso sembrava una bestia, risultato dei terrificanti esperimenti condotti da Seth nei sotterranei della Piramide Nera. Esperimenti che avevano dato forza e potere ai predoni che avevano accettato la sua offerta, trasmutando le forme dei loro corpi, in bestie o altri esseri abominevoli.

"Quali sono i nostri compiti, Dio Seth?" –Domandò nuovamente la nera Sfinge.

"Ho intenzione di dividervi in due gruppi! Il primo attaccherà i sei disperati che Athena ci ha inviato contro, mentre il secondo gruppo assalirà direttamente Atene, il cuore dell’impero!" –Esclamò Seth, alzandosi in piedi baldanzoso. –"Abbattete quelle sporche mura vecchie di mille e mille anni, uccidete quei patetici Cavalieri dalle lucenti Armature e tagliate la testa del vecchio Sacerdote!"

"Siii!! Yeah!!!" –Grida animalesche di violenta eccitazione si levarono dai Guerrieri del Sole Nero, concordi ed esaltati dalla prospettiva bellica che Seth offriva loro.

"Ma portatemi la testa dell’Oracolo di Athena! La appenderò qua, nella Piramide Nera, in bella mostra! E la ostenterò a tutti coloro che oseranno dubitare ancora dei Signori delle Sabbie Eterne! L’Egitto non è morto, e Ra, che ha scelto di uscire dal mondo, abbandonando i suoi figli ed il suo popolo ad un destino di fame e di stenti, sarà costretto ad ammettere il suo fallimento e ad abiurare alla propria fede isolazionista, cedendomi lo scettro del potere!"

"Voi credete che lo farà?" –Accennò la domanda Anubi, preoccupato dall’eventuale castigo del Dio del Sole.

"Ha forse altre scelte?!" –Ironizzò Seth. –"Cosa potrebbe mai fare quel vecchio Re, ingobbito sul suo trono, nelle silenziose ombre di Karnak?" – E mentalmente aggiunse: E avvelenato dal suo Consigliere, mio fido alleato!

"Ra pagherà amaramente l’abbandono in cui ha lasciato il suo popolo, dimenticato tra le sabbie africane, senza una guida né una fede! Sconterà le sue colpe insieme a tutte le Divinità perdute nel Tempio di Karnak!" –Gridò Sfinge, invasa dall’ira.

"Le pagherà, mia abominevole Sfinge, le pagherà! Per questo vi ho scelto! Per il vostro rancore, per l’odio che provate nei confronti degli Dei! Di quegli stessi Dei che vi hanno dimenticato, abbandonandovi alla morte senza interesse alcuno!" –Esclamò Seth, eccitando ulteriormente gli invasati animi dei Guerrieri. –"Upuaut! A te l’alto incarico di distruggere il Santuario di Athena e sterminare i suoi abitanti! Non avere pietà, non avere compassione! Che niente freni il tuo animo, neppure l’innocente sguardo di un neonato! Perché anch’egli è figlio della Grecia e di quel Tempio maledetto! Anch’egli vi ha deriso, schernito, sottomesso, come i suoi avi prima di lui! E anch’egli pagherà con la vita il prezzo di questo nuovo ordine che daremo al mondo!"

"Sarà un piacere occupare il Grande Tempio!" –Sibilò Upuaut, a denti stretti.

"In nome di Seth!" –Precisò il Dio, tirandogli un’occhiata sorniona. –"Sfinge! Ghibli! Kepri! Aspide! Voi andrete in Grecia con Upuaut! Mi aspetto grandi risultati da voi!"

"E noi, Dio Seth?" –Domandò una voce, fino a quel momento rimasta silenziosa, ad osservare invidiosamente il tronfio sguardo del Comandante Upuaut.

"Voi, Onuris, difenderete l’Egitto, sterminando i Cavalieri che Athena ha inviato contro di noi, mostrando loro il nostro immenso potenziale!" –Decretò Seth.

"Mi faccia andare in Grecia!" –Incalzò Onuris, ma lo sguardo secco di Seth lo zittì.

"No! Tu guiderai i Guerrieri del Sole Nero rimasti in Egitto!" –Precisò, prima di incitarli a partire. –"E adesso andate, l’effetto della tempesta di sabbia creata da Ghibli sta scemando! Presto i Cavalieri di Athena saranno in vista di Tebe!"

Upuaut e i Guerrieri del Sole Nero uscirono dalla stanza, seguiti dal Dio Anubi, lasciando il Dio Seth assiso sul suo trono, con centinaia di velenosi serpenti addosso.

"Non hai sentito i miei ordini, Onuris?" –Ironizzò il Dio, rivolgendosi all’ultimo Guerriero rimasto, inginocchiato di fronte al trono.

Era un uomo piuttosto alto, sui trentacinque anni, con folti capelli verdastri ed un copricapo con quattro piume. Indossava una corazza raffigurante un leone, e stringeva in mano una lancia. Era Onuris, l’antica Divinità egizia della Guerra.

"Li ho udito, Dio Seth! Ma non li approvo!" –Esclamò Onuris, con rabbia. –"Perché inviate Upuaut in Grecia, relegando me, il Dio della Guerra e della Distruzione, a sporcarsi le mani contro degli sporchi bastardi ateniesi invasori? Lasciatemi guidare l’Esercito del Sole Nero ad Atene e vi prometto l’oro di quella città in dodici ore!"

"Upuaut me lo ha promesso in dieci!" –Ironizzò il Dio, carezzando i suoi serpenti.

"Upuaut è un incapace!" –Sibilò Onuris, invidioso dei successi del Comandante.

"Taci!" –Lo fulminò Seth, scagliandogli contro verdastri fulmini energetici. –"La tua invidia per Upuaut è ingiustificata e nuoce alla mia causa! Ti ho richiamato dal limbo degli Inferi in cui giacevi su suggerimento di Anubi! Non farmi pentire della mia scelta, Onuris! Non ho tempo da dedicare alle tue questioni personali!"

"Aaargh…!" –Gridò Onuris, ricadendo al suolo, mentre Seth placava le scariche energetiche. –"Sì! Ma rimarrò sempre io il Dio della Guerra, l’unico capace di guidare le armate egizie!" –Aggiunse, allontanandosi insoddisfatto.

Forse un tempo, mio fido Onuris… Forse un tempo… Mormorò Seth. Quando eri un fedelissimo di Ra ed il patrono degli eserciti. Ma quel tempo ormai è leggenda, perso nelle sabbie del tempo. Adesso sei soltanto un mercenario al mio servizio, e se tieni alla tua vita ti consiglio di adempiere al tuo lavoro nel migliore dei modi!

***

Nello stesso momento all’interno del Tempio di Karnak, una figura ammantata procedeva silenziosamente lungo i corridoi dell’antico santuario, cercando di rimanere nell’ombra e non essere notato. Era Febo, il figlio di Ra, le cui preoccupazioni erano andate aumentando nel corso dell’ultimo giorno. Aveva buone capacità extrasensoriali e, per quanto le possenti mura di Karnak, intrise dal cosmo di Amon Ra, limitassero i propri sensi, percepiva chiaramente qualcosa che non andava, una rottura nell’equilibrio. Cosmi inquieti si aggiravano tra le sabbie del Sahara, puntando su Tebe, e tutto intorno alla città violenti scontri erano iniziati.

Cosa sta succedendo fuori da qui? Si chiese, come mai se lo era chiesto prima. Cosa c’è aldilà di queste mura? Cosa c’è di così terribile da cui mio padre ha scelto di isolarsi, proteggendo me e la nostra famiglia dai mali del mondo esterno?
Ooh Padre, ho così tante domande da porti! Tu che mi hai dato la vita, nonostante provenissi da un mondo diverso dal tuo, a tratti lontano, a tratti ostile! Tu che mi hai difeso, togliendomi dal mondo e rinchiudendomi qua, nel Tempio di Ipetisur, il luogo eletto per eccellenza! Quando potrò abbracciarti nuovamente?

Si domandò Febo, prima di superare la sorveglianza delle ultime guardie e scivolare verso un ingresso laterale del Tempio di Karnak. Si trovava in un padiglione a sud del blocco centrale del Santuario di Amon Ra, molto vicino alle mura perimetrali che delimitavano il confine del luogo eletto. Era il Tempio del Giubileo di Amenhotep II, il settimo sovrano della XVIII dinastia egizia, vissuto alla fine del XV secolo a.C., e Febo aveva scoperto poco tempo prima, per puro caso, una finestra all’altezza del suolo, ostruita con sbarre di ferro, ma non completamente bloccata, al punto che poteva passarvi tranquillamente l’aria.

In quel punto, Febo aveva dato appuntamento ad un informatore, un uomo fidato che viveva a Luxor, incaricato di scoprire cosa stesse accadendo sotto il sole di Egitto.

"Amico mio!" –Mormorò Febo, inginocchiandosi fino a cercare con lo sguardo gli occhi dell’uomo all’esterno. –"Quali notizie mi porti?"

"Ooh, mio Signore! Non dovrei essere qua!" –Esclamò l’uomo, tremando impaurito. –"La collera di Ra! La collera divina cadrà su di me per questo tradimento!"

"Questo non è tradimento, Ashabad! Nessun castigo ti raggiungerà! Io, Febo, figlio di Amon Ra, non lo permetterò!" –Esclamò con voce decisa il biondo figlio del Sole.

"Siete coraggioso, giovane Dio, ma anche stolto! Se Ra si accorgesse di noi… se Ra sapesse…" –Continuò a tremare Ashabad, ricoperto dai suoi cenci polverosi.

"Non pensare a Ra, ma alle notizie che mi porti! Cosa hai scoperto? Cosa sta accadendo a Tebe?"

"Una tempesta, mio Signore! Una tempesta carica di odio!" –Balbettò Ashabad, bisbigliando alle sbarre ferrate. –"Seth, l’antico avversario di vostro padre, ha ripreso il potere e siede sul trono di Tebe!"

"Seth?!" –Gridò sconcertato Febo, tappandosi poi la bocca con le mani. –"Ma com’è possibile? Dopo la congiura contro Osiride fu assassinato da Horus, suo figlio, e rinchiuso negli Inferi!"

E in quel momento, dentro di sé, Febo parve ricordare parole ascoltate in precedenza, parole che adesso sembravano prendere la giusta luce, come tessere di un mosaico che lentamente andava formandosi.

Ricordò Iside, la Dea della Maternità, e le amare lacrime che le avevano rigato il volto nelle ultime notti. Ricordò il suo dolore nel sapere il marito ed il figlio lontani, persi chissà dove nelle desolate lande infernali.

"Sono in pena per Osiride e per Horus, Febo! Così tanto che il pensiero di loro sovente mi ritorna in mente, e non mi dà pace, non mi dà tregua! È come un requiem di morte che suona dentro di me! Ed io non riesco a farlo tacere, non riesco a trovare un modo per spegnere questa musica che mi angoscia l’anima, che mi fa presagire oscuri segni di un futuro più incerto che mai!" –Aveva mormorato il giorno prima Iside, chiedendosi dove fossero il suo amato e suo figlio, incaricati da Ra, per bocca di Anhar, di scendere negli Inferi in missione.

Che vi sia una connessione tra la ricomparsa di Seth e la scomparsa di Osiride e Horus? Rifletté Febo, con forte apprensione. Quel serpente di un traditore deve aver trovato un modo per ritornare in vita e probabilmente avrà voluto vendicarsi degli Dei che lo combatterono nei tempi antichi!

"Cos’altro sai, Ashabad?" –Incalzò Febo, per avere altre notizie da portare poi a Iside, e allo stesso Ra.

"Seth si è proclamato Signore dell’Egitto, colui che ha riunificato le sabbiose terre dimenticate, sopraffacendo tutti gli altri Dei minori!"

"Dei minori?! Osa sfidare il grande Ra?!" –Sbottò Febo adirato.

"Nooo… Nooo mio Signore! Seth è astuto! Davanti al popolo, alle genti egiziane, ammucchiate nelle loro case e rintanate nelle oasi, si è presentato come un salvatore! Come un inviato di Ra, di cui ha ripreso il simbolo, l’occhio, ponendolo in alto, in cima alla grande Piramide che ha fatto costruire! L’Occhio di Ra, guida per tutti i viandanti spersi!"

"Quel maledetto! Usa simboli che non gli appartengono! Non ha dunque rispetto per nessuno?" –Tuonò Febo infervorato.

"E non è tutto! Pare che abbia dichiarato guerra ad Atene!" –Bisbigliò infine Ashabad. –"I suoi Guerrieri sono sulle tracce dei Cavalieri di Athena, accusati di essere invasori dell’Egitto e di aver portato la guerra in questa terra di pace!"

"Non potrà esservi pace fin quando Seth, il Dio cospiratore, sarà presente!" –Sentenziò Febo.

"Pur tuttavia… da quando egli siede sul trono di Tebe le guerre civili sono cessate, le rivolte sono lontane, e le genti lavorano volenterose nei campi irrigati dalle piene del Nilo! I predoni sono stati cacciati, poiché molti di essi sono stati inseriti all’interno dell’Esercito regolare del Dio, l’Esercito del Sole Nero!"

"Vorresti forse insinuare che la sua tirannia dovrebbe continuare? Che essa potrebbe portare dei benefici?"

"No, mio Signore! Io amo la libertà! Ma amo anche il mio Paese, la mia Terra, quella stessa Terra che molti Dei troppo a lungo hanno dimenticato!" –Mormorò Ashabad, con un pizzico di malinconia nella voce. –"Non siamo devoti al male, giovane Febo! Ma neppure possiamo evitare di tendere la mano a chi ci offre un pezzo di pane e protezione nel nostro lavoro da parte dei predoni e delle intemperie! La scorsa primavera, quando una violenta tempesta si abbatté per cinque giorni su Luxor, Seth diede ordine ai suoi Guerrieri di condurre tutti gli abitanti della città all’interno della Piramide, perché vi trovassero riparo! E fece riparare tutte le abitazioni crollate!"

"Capisco… Un esempio da ammirare!" –Ironizzò Febo.

"Forse… Un uomo impara più dai propri errori che dai propri rimpianti!" –Mormorò Ashabad. -"Molti lo seguirebbero in questa folle impresa, perché in debito si sentono nei suoi confronti! E forse egli ci sperava, su questa riconoscenza, e sull’antipatia da sempre provata nei confronti degli Europei, coloro che ci sottomisero secoli addietro, culturalmente e politicamente!" –Spiegò Ashabad. –"In confidenza, figlio di Ra, vi prego! Fate attenzione! Seth è infido e malvagio e non esiterebbe a sollevare la gente, e i suoi Guerrieri, contro di voi e contro Ra, il Dio scomparso che ha abbandonato il suo popolo alla fame e alla povertà!"

"Mio Padre non ha abbandonato l’Egitto! Egli è rimasto semplicemente deluso dagli uomini, disgustato dal loro egoismo, dal loro sfrenato materialismo!" –Esclamò Febo, rendendosi conto, mentre parlava, di quanto sbagliata fosse stata la sua reazione. Sbagliata perché lo ha portato a perdere il controllo dell’Egitto, del suo popolo, con cui ha cessato ogni legame, e quindi ogni potere.

"Non aver timore, mio fido Ashabad! La tirannia di Seth è destinata a cadere! In Egitto può esistere soltanto un occhio, quello di Amon Ra!" –Esclamò Febo, preparandosi per allontanarsi.

"Mi auguro soltanto che sappia vedere bene, nel cuore del suo popolo!" –Mormorò Ashabad, prima di avvolgersi nel suo mantello polveroso, coprirsi il viso come un beduino, e allontanarsi dal Tempio.

Febo rimase solo con i suoi pensieri, mentre si allontanava a passo svelto dal Tempio del Giubileo di Amenhotep II. Se fosse rimasto qualche secondo in più, avrebbe visto un uomo dagli occhi rossi come brace fissarlo dall’ombra in cui era nascosto, la stessa ombra che gli divorava il cuore. Anhar fece un segno e un paio di Guerrieri del Sole Nero uscirono dalle tenebre e varcarono i portici dei Propilei del Sud, mettendosi sulle tracce del vecchio Ashabad. Bastò un colpo di spada per mettere fine al suo cuore stanco.

E adesso occupiamoci del Figlio! Mormorò il Consigliere, avviandosi verso il cuore del Tempio: il Santuario di Amon Ra, nelle cui antiche stanze il Dio si era rinchiuso secoli addietro. Là, di fronte al porticato rifinito d’oro, dove l’Occhio di Ra era impresso, Anhar era sicuro che avrebbe trovato la sua preda.

Febo camminò a passo deciso fino alle grandi porte dorate dopo le quali si entrava nelle stanze di Ra, nelle stanze di suo Padre. Dove lui aveva avuto accesso soltanto una volta, quando era ancora bambino. Non ricordava neppure lui quanti anni erano passati, poiché il tempo, da quando Ra era uscito dal mondo, a Karnak si era fermato. Non vi erano più calendari di cui tenere conto, giorni da segnare e da ricordare, perché da quel momento i giorni erano diventati tutti uguali, lenti e interminabili. Ed ogni giorno non aveva nome, come non lo aveva il successivo, perdendo ogni significato, ma permettendo a coloro che vivevano all’interno del Tempio di mantenersi per l’eternità. Rimanendo fuori dal tempo.

"Lasciatemi passare! Devo vedere mio Padre!" –Esclamò con voce decisa Febo, rivolgendosi ai due soldati di guardia al portone dorato.

Tanta era l’autorità che videro in lui, il figlio del loro Dio, nonostante mai l’avesse esercitata, che per un momento i due soldati furono quasi tentati di lasciarlo passare. Ma poi ricordarono gli ordini di Anhar, il Consigliere di Amon, la Bocca di Ra, ordini che mai avrebbero potuto mettere in dubbio.

"Non ci è concesso, Febo, figlio di Ra!" –Rispose uno dei due soldati. –"Perdonaci!"

"Lasciatemi entrare!" –Ripeté Febo. –"Ho bisogno di conferire con mio Padre adesso!"

"Questo non è possibile! Gli ordini che abbiamo ricevuto da Anhar sono chiari e…" – Ma il soldato non riuscì a terminare la propria frase che fu afferrato da Febo per il colletto della divisa che portava e scaraventato contro l’altro, che si era mosso per prestargli aiuto.

"Anhar è soltanto un consigliere! Io sono suo Figlio!" –Tuonò, e i suoi occhi verdi brillarono, quasi per la commozione con cui aveva pronunciato quelle parole.

"Errore!" –Sibilò una voce, comparendo nell’ampio corridoio alle spalle di Febo. –"Io sono il Consigliere! La Bocca di Ra, espressione della Divina Volontà del Dio del Sole! Mentre tu, uomo, sei soltanto un figlio bastardo, avvelenato seme greco trapiantato in terra d’Africa che tuo Padre ha avuto la bontà di risparmiare!"

"Come osi, carogna infame?" –Tuonò Febo, fissando Anhar con sguardo adirato.

Il Consigliere era di fronte a lui, ricoperto dalle sue vesti nere, fermate in vita da una fusciacca scarlatta. Lo sguardo fiero e sarcastico al tempo stesso, gli occhi scuri e iniettati di sangue, il viso maschile e ruvido, come la sua personalità. Anhar, mormorò Febo. Rimpiango il giorno in cui mio Padre ti scelse come suo Consigliere! E per un momento lo sfiorò il dubbio di non ricordare neppure quel giorno, nonostante non dovesse essere molto tempo addietro. In tempi recenti rispetto alla decisione di Amon di uscire dal tempo e rinchiudersi nelle sue stanze! E allora come ha potuto Anhar essere nominato Consigliere?

Febo scosse la testa per cacciare quei pensieri. Non capiva cosa stesse accadendo ma sentì improvvisamente una gran confusione ronzargli dentro, una sensazione capace di mettere in crisi il suo inconscio, frammentando l’ordine equilibrato su cui la sua esistenza si era basata sino a quel momento.

"Ra non può ricevere nessuno! Dovresti averlo capito ormai!" –Sibilò Anhar.

"Taci maledetto! Cosa hai fatto a mio padre, eh?" –Gridò Febo. –"Hai avvelenato la sua mente in questi anni, privandola del desiderio di rivedere noi, la sua famiglia!"

"Tu non sei la sua famiglia, figlio bastardo, ma l’illegittimo sbaglio di un adolescente attratto dal prosperoso seno di una sgualdrina di Delfi!" –Esclamò Anhar, tagliente.

"Maledettoooo!!!" –Gridò Febo, bruciando il proprio cosmo e lanciandosi all’assalto.

Una sfera di energia cosmica, lucente come il sole, apparve sulla sua mano destra, prima che egli la scagliasse avanti alla velocità della luce, contro Anhar.

Il Consigliere, preso alla sprovvista da un così violento attacco, incrociò le braccia avanti a sé, frenando il devastante impeto di quella bomba di energia cosmica. Quando sollevò lo sguardo si accorse che Febo non era più davanti a lui, bensì sopra, balzato in aria per scendere in picchiata su di lui.

"Accetta l’inevitabile, Febo! Ra ti ha dimenticato! E non lo biasimo per questo!" –Ironizzò Anhar, evitando gli affondi energetici del figlio di Amon. –"Cosa mai avrebbe potuto avere da te, un bastardo greco, un Dio che può tutto?! Egli, capo dell’Enneade egiziana, si è creato da solo, da Mehturt, un tumulo nato dalle acque del Nilo! Di cosa mai poteva aver bisogno una così potente Divinità?"

E nel dir questo fermò il pugno di Febo che puntava su di lui, schiacciò la sua mano con forza, mentre il biondino cercava di liberarla, stringendo i denti, e lo scaraventò con violenza contro una parete laterale, su cui Febo si schiantò malamente. Immediatamente immense vampate di energia cosmica sorsero dal suolo, abbattendosi sul ragazzo e stritolandolo con vigore, fino a soffocarlo nelle loro oscure fiamme.

"Che il tuo sacrificio sia di esempio a tutti coloro che osano sfidare l’autorità del Creatore!" –Sentenziò Anhar, prima di liberare una violenta tempesta energetica, che travolse Febo, schiacciandolo al suo interno, tra vorticanti vampate di fuoco e di energia cosmica. A tutti coloro che osano sfidare la mia autorità! Ah ah ah!

Numerosi muri interni del Tempio di Ra crollarono per la violenta esplosione, spazzando via stanze intere e i loro arredamenti, e quando la polvere si diradò, i soldati chiamati da Anhar poterono trovare il corpo ferito e debilitato di Febo, sommerso dai detriti. Il viso del ragazzo era pallido e pieno di tagli e ferite, i capelli biondi erano sporchi, macchiati di sangue e di polvere, ma ancora era vivo, per quanto ansimasse a fatica.

Anhar si fece largo tra i soldati, che liberarono la carcassa inerme di Febo dalle macerie, giungendo fin sopra di lui. Concentrò il cosmo sulla mano destra, sotto forma di fiammeggianti artigli di energia cosmica, e si mosse per calarla su di lui, prima che una decisa voce di donna lo chiamasse, bloccandolo.

"Fermati!" –Esclamò Iside, comparendo tra le macerie. –"Se davvero Febo si è macchiato di tale colpa, se davvero è un traditore, come tu lo accusi, sarà Ra stesso a condannarlo! O il mio sposo, il Signore dei Morti, a portarlo agli Inferi con sé!"

Anhar rimase in silenzio per un momento, indeciso sul da farsi. Avrebbe voluto uccidere Febo in quel momento, senza rimandare tutto ad un tempo indeterminato, ma l’autorità della Dea della Maternità era grande, su di lui e su tutti i soldati e gli abitanti del Tempio di Karnak, e rifiutarle una simile richiesta, per altro legittima, agli occhi di tutti avrebbe causato danni alla sua immagine.

"E sia dunque!" –Esclamò, placando il suo cosmo offensivo. –"Portatelo nei sotterranei e imprigionatelo! Sarà Osiride a valutare il suo comportamento offensivo!" –E si allontanò, ordinando ai soldati di rinchiudere Febo nelle segrete.

Ridacchiò, soddisfatto del proprio operato, e sicuro che mai nessuno avrebbe più cercato il corpo di Febo. Osiride era morto agli Inferi e suo figlio Horus con lui, ed egli non avrebbe avuto alcun problema a sbarazzarsi anche del figlio bastardo di Ra una sera successiva.