CAPITOLO TRENTUNESIMO. LA FURIA DEL LEONE.
Flegias era infuriato con il Messaggero degli Dei per non essere riuscito a recuperare il Vaso di Nettuno. Nonostante l’estrema sincerità con cui Ermes aveva spiegato l’accaduto, il figlio di Ares non poteva fare a meno di guardarlo con sospetto, detestandolo ancora di più di quanto aveva fatto finora. Zeus era stato molto accondiscendente, limitandosi ad esprimere il proprio rammarico per non poter liberare il suo adorato fratello, ma senza infuriarsi troppo.
"Ti preoccupi troppo, figlio di Ares!" –Esclamò Ermes, uscendo dalla Sala del Trono insieme a Flegias. –I Cavalieri Celesti difenderanno l’Olimpo come hanno sempre fatto, permettendo al nostro Signore di vincere anche questa guerra, senza risvegliare Divinità sopite!"
"Lo spero vivamente!" –Commentò acidamente Flegias, dirigendosi verso l’uscita del Tempio di Zeus. –"Altrimenti farai bene ad affilare le tue armi, nel caso i Cavalieri di Atena riescano a giungere fin qua! Come Messaggero del Sommo Zeus, devi anche essere pronto a morire per lui!"
Ermes non rispose, fermandosi atterrito dall’asprezza delle parole di Flegias. Scosse il capo e poi annunciò che sarebbe rientrato al Tempio dei Mercanti, avendo percepito, in quel momento, due grandi emanazioni cosmiche raggiungere l’Olimpo, e desideroso di parlare con loro.
Flegias entrò nel salone d’ingresso del Tempio del Dio dell’Olimpo, dove trovò una gran quantità di Cavalieri Celesti pronti per combattere. Rappresentavano l’ultima difesa, nel caso i Cavalieri di Atena fossero riusciti ad arrivare fino al Cancello del Fulmine. Flegias si guardò intorno e trovò chi stava cercando: Phantom, dell’Eridano Celeste, il Luogotenente dell’Olimpo, che stava parlando con un altro Cavaliere di una possibile strategia per fermare l’avanzata degli invasori.
"Phantom!" – Esclamò Flegias, avvicinandosi al tavolo a cui erano seduti i due.
Il Luogotenente dell’Olimpo si alzò immediatamente in piedi, salutando il figlio di Ares, e lo stesso fece l’altro giovane Cavaliere. Ma Flegias lo zittì, intimandogli di seguirlo.
"Che succede?" –Domandò Phantom.
"Non senti il suo cosmo?!" –Esclamò Flegias, sempre irato. –"Un Cavaliere di Atena si sta avvicinando alla Reggia di Zeus! Si trova al Tempio del Sole, e sembra che sia solo!"
"Manderò subito una pattuglia! Non gli permetteremo di…" –Ma Flegias lo zittì di nuovo.
"No, niente pattuglia! Gli ultimi Cavalieri Celesti dovranno rimanere qua a difendere la Reggia di Zeus! Andrai tu!"
"Io?!"
"Esattamente! Uccidilo sul posto, non permettergli di proseguire! È oltraggioso che sia riuscito ad arrivare fin là!" –Sibilò Flegias, prima di voltarsi e andarsene, lasciando Phantom ai suoi pensieri.
Il Luogotenente dell’Olimpo dovette ammettere, con amarezza, che quella volta non aveva possibilità alcuna di tirarsi indietro. Finora aveva evitato di scendere direttamente in campo, limitandosi a pianificare la difesa del Cancello del Fulmine, ma adesso, con un ordine impartitogli proprio da Flegias, doveva combattere di persona. Recuperò l’elmo dell’armatura e scattò via, diretto verso il Tempio di Apollo, per affrontare il Cavaliere solitario.
Dopo aver lasciato Phantom, Flegias uscì nel giardino che circondava la Reggia di Zeus, proprio dove Castalia e il Luogotenente dell’Olimpo avevano parlato la prima volta. Non gli importava niente di Phantom, né dei Cavalieri Celesti o delle altre Divinità che aveva trascinato in guerra. In quella folle guerra che, come Ermes aveva fatto notare a Zeus poc’anzi, non avrebbe mai dovuto essere combattuta. Non c’è bisogno di un motivo per dichiarare una guerra! Ironizzò il figlio di Ares. Il potere e la volontà di dominio sono argomenti convincenti per armare un esercito e mandarlo a morire! Soprattutto quando la posta in gioco è il dominio sul mondo intero!.
In un attimo fece mente locale di tutti gli elementi che in quel momento giocavano a suo favore, ma gliene venne in mente solo uno: il caos. Il delirio cosmico che regnava sull’Olimpo, lo scintillante esplodere di cosmi che si scontravano, di emozioni che dominavano l’animo dei Cavalieri e delle Divinità. Energia allo stato puro che presto sarebbe finita nelle sue mani. Ooh, sì! Sibilò, mentre nei suoi occhi neri brillava una spettrale fiamma. Nel mio palmo, un’energia inesauribile! Ed esplose in una sadica risata, toccando con la mano una pietra nera che portava al collo.
Quando Phantom arrivò al Tempio del Sole, lo trovò disabitato come sempre. Dopo la decisione di Apollo, presa mesi prima, di abbandonare l’Olimpo per combattere Atena, e la sua susseguente sconfitta, il Tempio era rimasto vuoto. Le Muse, eterne complici dell’armonia del Dio, erano tornate alle loro fonti, sul Monte Elicona, in attesa che un nuovo sole sorgesse sul mondo. Dietro al tempio si estendeva un fitto bosco di lauri, che declinava a sud in un leggero pendio che conduceva alla Foresta di Artemide, mentre a nord, proprio a ridosso della montagna sacra, si aprivano le inebrianti terre stagnanti di Dioniso.
Il Luogotenente concentrò i sensi e non ci mise molto per trovare il suo avversario, il quale lo aveva sicuramente sentito arrivare e lo stava attendendo nel bosco di lauri. Phantom lo raggiunse in un secondo e si trovò di fronte un giovane sui venticinque anni, alto e ben fatto, con un viso maschile, occhi verdi e corti capelli castani. Indossava un’armatura dorata e Phantom intuì si trattasse di uno degli ultimi Cavalieri di Atena arrivati sull’Olimpo, non avendolo incontrato al Grande Tempio il giorno prima.
"Chi sei, Cavaliere d’Oro?"
"Ioria, del segno del Leone! E tu?"
"Sono Phantom dell’Eridano Celeste, Luogotenente dell’Olimpo, e sono stato inviato per fermarti!"
"Ed io vado piuttosto di fretta, Luogotenente!" –Esclamò Ioria, con baldanza. –"Perciò ti prego di lasciarmi passare!"
"Mi dispiace, Cavaliere, ma mi è impossibile accondiscendere alla tua richiesta! Non so dove tu sia diretto, ma immagino alla Reggia del Divino Zeus, il Dio di cui sono il protettore!"
Ad essere sinceri non so neppure io dove sto andando! Commentò Ioria, che finora aveva semplicemente proceduto in mezzo agli alberi, seguendo un cosmo amico, che aveva tanto cercato nelle ultime ore, senza aver chiaro dove si stesse recando.
"Non sapevo ci fossero Cavalieri d’Oro vivi! Credevo foste tutti morti durante la Guerra Sacra!"
"Lo abbiamo creduto anche noi, Cavaliere! Ma a quanto pare ci è stata data una nuova opportunità per essere utili, ad Atena e alla giustizia!"
"Conosco il vostro valore, Cavaliere d’Oro, e so che non sarà una facile battaglia!" –Commentò Phantom, iniziando a bruciare il proprio cosmo.
"Sei ancora in tempo per lasciarmi passare, Luogotenente! Non avverto malvagità in te, né bramosia o desiderio di lotta! No, il tuo animo è quieto e nobile, e non desidera questa battaglia!"
"Tuttavia non posso evitarla!" –Urlò infine Phantom, scattando avanti, mentre una lucente sfera si concentrava nella sua mano. –"E neppure tu!" –E la scagliò contro Ioria, che fu abile a scattare di lato, evitando l’incandescente globo e bruciando il proprio cosmo.
"Per il Sacro Leo!" –Esclamò, muovendo il braccio destro. –"Lightning Plasma!"
Un fitto reticolato di luce si abbatté velocemente con Phantom, ma questi, con notevole sforzo e concentrazione, riuscì ad evitare quasi tutti i fendenti luminosi e a muoversi in mezzo all’intreccio luminoso fin a giungere davanti al Cavaliere di Leo. Sollevò l’indice destro, evocando la rigogliosa natura del fiume Eridano, che si manifestò sotto forma di liane e piante rampicanti che spuntarono dal terreno sotto e intorno ai piedi di Ioria, avvinghiandosi su di lui e stritolandolo.
"Aargh!" – Urlò il Cavaliere d’Oro, dimenandosi per liberarsi da quella presa micidiale.
"Le liane dell’Eridano ti stritoleranno vivo, Cavaliere! Una fine certamente non eroica, né degna del tuo rango!" –Esclamò Phantom, osservando i furiosi tentativi di Ioria di uscire dalla mortale presa.
Il cosmo dorato del Leone esplose in tutta la sua furia pochi istanti dopo, ardendo come fiamme immortali e bruciando le liane che tentavano di stritolarlo; con rapidi movimenti delle braccia, Ioria trinciò gli ultimi residui vegetali, grazie ai propri affilati artigli.
"E adesso difenditi, Luogotenente!" –Urlò, determinato più che mai a superare quell’ostacolo e a raggiungere il cosmo di cui era alla ricerca. –"Lightning Bolt!" –E scagliò una violenta sfera incandescente contro Phantom, che, sorpreso dalla capacità di ripresa di Ioria e dalla velocità e violenza dell’attacco, non riuscì ad evitarla completamente, venendo raggiunto alla spalla sinistra.
Quando ricadde a terra, Phantom si accorse con dolore che il coprispalla, già danneggiato da Artemide, era completamente distrutto, e sangue scorreva copioso dalla ferita riapertasi.
"Eri già ferito?" –Commentò Ioria, osservando il ragazzo rimettersi in piedi.
"È soltanto un graffio!" –Stigmatizzò Phantom, stringendo i denti per non mostrare il dolore che invece sentiva. –"Combatti piuttosto!"
E Ioria non si fece pregare, caricando una nuova sfera incandescente. Phantom, per evitarla, saltò in alto, afferrando un ramo e tirandosi su, usando il solo braccio destro. Fu colpito alle gambe dal colpo di Ioria, ma non cedette e balzò avanti, scagliando numerosi pugni di energia contro di lui.
Il Cavaliere d’Oro evitò tutti i colpi del nemico, muovendosi lateralmente alla velocità della luce, prima di fermarsi, in posizione difensiva, pronto per contrattaccare. Ma Phantom lo anticipò, bruciando al massimo il proprio cosmo, e chiudendo le braccia a sé; quindi le aprì di scatto, liberando una travolgente energia sotto forma di un vorticoso turbine che scagliò contro Ioria.
"Gorgo dell’Eridano! Spazzalo via!" –Urlò, dirigendo il vortice verso Leo.
Ioria incrociò le mani avanti a sé, per contenere l’impatto con il colpo di Phantom, ma fu comunque travolto e sballottato, fino a schiantarsi contro un albero poco distante. Tuttavia non riportò altre ferite, se non una secca botta alla schiena, attutita dalla sua nuova resistente Armatura d’Oro. Quando si rimise in piedi si accorse che Phantom era inginocchiato a terra, e si teneva la spalla dolorante, mentre rivoli di sangue sporcavano la sua mano. Il Luogotenente imprecò per qualche secondo, prima di rimettersi in piedi, davanti agli occhi attoniti, e preoccupati, di Ioria.
"Chi ti ha procurato una simile ferita?"
"Non sono cose che ti riguardano, Cavaliere di Atena!" –Rispose Phantom, bruciando il cosmo.
"Deve farti più male di quanto tu voglia farmi credere, se ti impedisce di scagliare i tuoi colpi alla massima potenza! Se un vortice come quello, lanciato espandendo al massimo il proprio cosmo, mi avesse raggiunto, saresti dovuto venire a cercare i miei resti ad Atene!"
"Credo che la lama che mi ha ferito fosse avvelenata!" –Balbettò Phantom, quasi parlando con se stesso. –"I miei sensi si stanno appannando!"
"Smettila di combattere, Cavaliere Celeste! È evidente che non sei in grado di confrontarti con un nemico adesso! Consentimi di passare e di portare aiuto a un’amica in difficoltà!"
"Un’amica?!"
"Proprio così..." –Commentò Ioria, mantenendo i suoi occhi verdi su quelli del Luogotenente.
I due restarono a guardarsi per qualche secondo, senza che nessuno dicesse niente, e Phantom per un momento fu tentato di lasciarlo davvero passare quel Cavaliere di Atena, avvertendo in lui, oltre che bontà d’animo e fierezza, anche una sensazione conosciuta. Ma alla fine, il dovere di servire il proprio Signore e difendere l’Olimpo dagli invasori, anche se degni di ammirazione e lode, vinse anche in lui. Si rialzò e bruciò al massimo il proprio cosmo, obbligando Ioria a fare altrettanto. Mi resta la forza per un solo colpo! Commentò, incrociando le braccia al petto. Che Zeus sia con me!
"Gorgo dell’Eridano!" –Urlò Phantom, scagliando il vortice energetico.
"E sia dunque! Che il Sacro Leo decida la mia sorte!" –Commentò amaramente Ioria, che avrebbe preferito evitare di confrontarsi con quel cosmo nobile, e per niente ostile, che aveva riconosciuto.
Il Cavaliere del Leone espanse il suo cosmo dorato fino ai limiti estremi, portando avanti le robuste braccia e contenendo, con grande sforzo, il gorgo energetico di Phantom.
"Che cosa?!" –Urlò il Luogotenente, stupito, mentre Ioria, invocando Atena, respingeva con tutta la sua forza il Gorgo dell’Eridano, rimandandolo indietro, contro il suo stesso creatore.
Phantom fu travolto e spinto in alto, mentre Ioria balzava su di lui liberando gli artigli del leone e trafiggendolo in numerose parti del corpo, frantumando la sua Armatura Divina. Il Luogotenente ricadde a terra con la faccia in una pozza di sangue, rantolando al suolo, prima di riuscire a voltarsi e a trascinarsi fino ad un lauro, al tronco del quale si appoggiò, affannando.
Ioria si avvicinò, chinandosi sul Cavaliere Celeste che tanto onore aveva dimostrato, continuando a combattere anche se ferito, per il senso di dovere che lo legava al Sommo Zeus.
"Se tu non fossi stato ferito, la battaglia sarebbe andata diversamente!" –Commentò.
"Non avrei comunque avuto le tue motivazioni..." –Affermò Phantom, toccandosi la spalla dolorante. –"Hai combattuto con coraggio, degno dell’ardente segno che rappresenti, Leone d’Oro! Spero che colei che ti stai apprestando a salvare sia degna di ricevere tali attenzioni!"
A quelle parole, Ioria si rinvenne, ricordandosi del motivo che lo aveva spinto ad abbandonare il gruppo.
"Castalia..." – Mormorò, e quelle parole non sfuggirono a Phantom. –"Sto cercando la Sacerdotessa dell’Aquila! Ho sentito il suo cosmo in pericolo e sono corso avanti per portarle aiuto!"
"Castalia…" –Sussurrò Phantom. –"Si trova nel Tempio di Zeus, in un padiglione laterale adibito a Reggia di Morfeo, il Dio dei Sogni! Ma non riuscirai ad arrivare fin là da solo!" –Aggiunse il Luogotenente, cercando di rialzarsi. Non ci riuscì e cadde nuovamente a terra dolorante.
Ioria sfiorò con la mano la spalla sanguinante di Phantom, mentre tutto il suo corpo veniva ricoperto di una lucente aura dorata. In breve l’espressione di dolore sul volto di Phantom diminuì, sentendosi riscaldato, leggermente ritemprato.
"Adesso devo andare!" –Si limitò a commentare Ioria, alzandosi.
"Aspetta!" –Lo intimò Phantom, togliendosi una collana che portava. –"Prendi questo talismano, ti sarà utile per entrare nel Tempio di Zeus! È un dono di Demetra, Dea della Coltivazione, e permette a chi lo indossa di nascondersi agli occhi degli altri, mimetizzandosi con l’ambiente circostante!"
Ioria esitò un momento, indeciso se accettarlo o meno. Infine lo prese, ringraziando il Cavaliere Celeste e mettendolo al collo. –"Perché non l’hai usato durante il combattimento? Con questo avresti sicuramente potuto battermi!"
"Non sarebbe stato da Cavalieri!" –Si limitò a commentare Phantom, accennando un vago sorriso – "Ora vai! E salva Castalia, anche per me!"
Ioria non aggiunse altro, voltandosi verso monte. In un lampo di luce sfrecciò via, tra gli alberi del bosco, prima di raggiungere il Cancello del Fulmine e mettere alla prova il talismano di Phantom.
Nel frattempo, mentre Ioria combatteva contro Phantom dell’Eridano, molti metri più in basso, alle pendici nascoste del Monte Olimpo, Pegasus vagava alla ricerca di una misteriosa entrata che gli permettesse di aggirare il Bianco Cancello, raggiungendo la Reggia di Zeus per un’altra strada.
C’è un’altra via! Trovala ragazzo! E libera la Giustizia, soffocata dai fulmini di un oscuro despota! Le parole del vecchio pastore rimbalzavano ancora nella sua mente.
Il ragazzo, dopo essere svenuto in seguito allo scontro con Bronte del Tuono, si era risvegliato su un soffice letto di paglia, mentre un delicato odore di minestra raggiunse presto le sue narici. Stordito e sorpreso, Pegasus si sollevò, accorgendosi di trovarsi al riparo in una stanza, soffusamente illuminata, e non più nel prato di fronte al Bianco Cancello.
"Oh, ti sei svegliato finalmente!" –Sorrise una donna, spuntando nella stanza con una brocca d’acqua. La appoggiò sul tavolo e si sedette sul letto, accanto a lui. –"Stavo venendo a controllare le tue ferite! Ho cercato di medicarle come potevo, sai, non sono una guaritrice, ma conosco metodi molto efficaci per lenire il dolore usando elementi vegetali!"
"Gra... grazie…" – Balbettò Pegasus, domandandole chi fosse e dove si trovasse.
"Oh, che sciocca, dimenticavo che quando ti abbiamo portato qua eri svenuto! Il mio nome è Elena, e vivo con mio marito in questa poco prestigiosa casetta ai piedi dell’Olimpo! Siamo dei pastori e viviamo accudendo pecore e lavorando nei nostri campi! Abbiamo offerto il nostro aiuto ai tuoi compagni, combattuti se lasciarti di fronte al Bianco Cancello o prenderti con loro, portandoti qua per curarti!"
"Elena..." –Esclamò Pegasus, alzandosi in piedi. –"Ti ringrazio davvero per la tua generosità, e per la tua disponibilità.. e ti prego di ringraziare anche tuo marito…" – Ma la sua frase fu interrotta dall’apparizione nella stanza dell’uomo.
"Potrai farlo di persona, ragazzo! Mi chiamo Deucalione e sono il marito di Elena!" –Si presentò l’uomo, stringendo la mano di Pegasus con un gran sorriso.
"È un piacere conoscervi, Deucalione. Io… non so davvero come ringraziarvi…"
"Non devi farlo, ragazzo! È stato un onore per noi! Abbiamo riconosciuto subito le tue vestigia, quelle di un Cavaliere di Atena! E abbiamo intuito che foste venuti per liberare la vostra Dea, fatta prigioniera lo scorso pomeriggio!"
"Voi sapete?" –Domandò Pegasus, mentre anche Elena si alzava, affiancandosi al marito.
I due si guardarono un attimo, e poi fu la donna a ricominciare a parlare.
"Nostro figlio è uno dei Cavalieri Celesti! Ha ottenuto l’investitura direttamente da Zeus molti anni fa e periodicamente viene a farci visita, l’ultima delle quali proprio ieri pomeriggio. È stato lui a informarci dell’evento, ma si è trattenuto poco, essendo impegnato in missione per conto del Sommo! Un compito ingrato, lo ha definito, ma al quale non poteva non prendere parte! Non so di cosa si trattasse ma doveva essere qualcosa di spiacevole se mio figlio, uno dei più grandi ammiratori del Dio dell’Olimpo, è arrivato a dire una cosa simile!"
"Zeus ha imprigionato Atena, e noi dobbiamo liberarla!" –Esclamò Pegasus, con decisione. –"Devo raggiungere i miei compagni sull’Olimpo! Hanno bisogno di me!"
"Fai attenzione ragazzo!" –Precisò l’uomo. –"Nostro figlio ci ha avvertito che tira una brutta aria sul Sacro Monte! Zeus non è più il caro vecchio Signore del Mondo Antico, disposto ad accogliere ospiti alla sua tavola! No, adesso è diventato il Signore della Guerra! Qualcosa di oscuro deve essersi annidato nel suo animo, qualcosa su cui forse neppure lui ha il potere di intervenire!"
"Verremo a capo anche di questo mistero! Adesso la cosa importante è raggiungere Atena! Vi ringrazio per la vostra generosità, e mi auguro che non abbiate a dovervene pentire in seguito!"
"Non temiamo rappresaglie! Stai tranquillo, Cavaliere di Atena!" –Lo rassicurò la donna. –"Per quanto strano possa sembrare, come genitori di un Cavaliere Celeste, siamo sotto la diretta protezione di Zeus, e nessuno potrà mai levare la mano contro di noi!"
Pegasus baciò entrambi, prima di uscire dalla casa. Era notte fonda, ma il cielo non brillava di stelle, bensì di una cupa luce che misteriosamente filtrava da una fitta cappa di oscure nubi.
"Tu credi che ci sia un’unica strada per raggiungere l’Olimpo!" –Sussurrò Deucalione. –"Un’unica via che dal Bianco Cancello porta fino al Cancello del Fulmine, percorrendo boschi e foreste, passando per i Templi delle varie Divinità, prima di giungere alla Reggia di Zeus!"
"Non è forse così?"
"È così, ma non è l’unica!" –E le sue parole furono quasi un sussurro. –"C’è un’altra via, molto più nascosta e inaccessibile, ma altrettanto difficile da percorrere! Una via che scorre all’interno del Monte Olimpo, scavandolo dalle fondamenta fino alla cima!"
"Realmente?!"
"Mio marito ha ragione. Fu nostro figlio a parlarcene una volta, raccomandandoci la massima riservatezza!" –Intervenne Elena. –"Non sappiamo dove sia l’ingresso, probabilmente in uno dei tanti anfratti alla base del Sacro Monte! Ma se tu riuscissi a trovarlo, potresti arrivare direttamente alla Reggia di Zeus, evitando le insidie dei Templi Divini e, forse, sorprendendo lo stesso Zeus!"
Pegasus rifletté un attimo sulla cosa, prima di convincersi che la via segreta, se esisteva realmente, doveva essere molto meno controllata del sentiero principale. Concentrò i propri sensi, cercando di raggiungere i cosmi degli amici che combattevano sull’Olimpo, ma non riuscì a distinguerli, percependo solo emanazioni sparse sull’intero monte.
I miei compagni combattono anche per me! Commentò, stringendo i pugni. Devo raggiungere la Torre Bianca quanto prima, e liberare Atena! Ringraziò i pastori e sfrecciò via, nella frizzante aria notturna, alla ricerca del passaggio segreto che avrebbe consentito di giungere direttamente fino alla cima dell’Olimpo. L’ultima domanda che pose loro fu una curiosità personale.
"Chi è vostro figlio?"
"È il Luogotenente dell’Olimpo, lo chiamano Phantom dell’Eridano Celeste!" –Rispose Elena, con le lacrime agli occhi, preoccupata come non mai per le sorti del suo figlio maggiore.