CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO. ALLIEVO E MAESTRO.

Quando Dohko di Libra raggiunse i Cinque Picchi era l’alba di un nuovo giorno, un giorno in cui, pensava il Vecchio Maestro, i destini del mondo si sarebbero giocati sul Sacro Monte di Grecia. Ed egli voleva esserne partecipe e contribuire, come aveva fatto in passato, alla salvezza della Terra. Di questa magnifica e verde Terra, così piena d’amore! Disse, correndo fra le montagne della Cina.

Dohko era affezionato alla Terra, avendovi trascorso più di due secoli e mezzo, grazie al potere divino Misopethamenos, ricevuto in dono da Atena al termine della Guerra Sacra combattuta a metà del XVIII secolo. Tale dono gli aveva consentito di rallentare il proprio battito cardiaco, e le sue funzioni vitali, facendo sì che quei due secoli e mezzo fossero trascorsi come otto mesi. E durante quei duecentocinquanta anni aveva avuto modo di apprezzare la vita, la semplice, tranquilla esistenza in una valle nascosta della Cina, dove aveva costruito una piccola abitazione, una pagoda, proprio a ridosso di un corso d’acqua, che in quel punto creava una grande cascata, permettendogli di disporre di un’abbondante quantità di acqua con cui irrigare i propri campi. Una vita salubre, ma sempre dedita alla Dea che le aveva affidato il segreto compito, noto a lui soltanto, di vigilare sulle truppe di Ade, bloccate dal sigillo di Atena in un’oscura torre a mille chilometri a ovest da lì. Dohko aveva trascorso l’intera sua esistenza sempre di fronte alla Cascata dei Cinque Picchi, anche nei giorni di pioggia o di bufera. Aveva allenato vari allievi nel corso della sua vita, ma soltanto uno gli aveva riempito il cuore di amore e di soddisfazione, un allievo che non poteva fare a meno di considerare come un figlio: Sirio, il Dragone. Lo stesso che stava cercando.

Con un ultimo balzo raggiunse quel che restava del vecchio sperone roccioso su cui Sirio era solito allenarsi negli anni dell’addestramento, ma ne rimaneva ben poco, essendo il terreno bruscamente franato. Dohko sospirò preoccupato, avvicinandosi ai resti della pagoda, e si commosse nel vedere la sua distruzione. La distruzione di quello che era stato il suo mondo fino a pochi mesi prima.

Cercò con il cosmo di percepire tracce di Sirio, ma non trovò niente, udì soltanto un leggero fruscio provenire da poco lontano. Il Cavaliere balzò in avanti, entrando nel boschetto che sorgeva dietro alla vecchia pagoda, guardandosi intorno con attenzione, per paura di un possibile attacco. Odino lo aveva informato di aver sentito una forte emanazione cosmica provenire dai Cinque Picchi, e che fosse possibile che Sirio si trovasse in difficoltà, ma non sapeva se vi fossero ancora nemici in zona. Dohko sorrise quando scoprì l’impaurita Fiore di Luna, nascosta dietro a dei cespugli.

"Aaah!" –Urlò la ragazza, spaventata.

"Calmati Fiore di Luna! Non aver paura!" –Cercò di rassicurarla il Cavaliere di Libra. –"Non riconosci le mie vestigia? Sono Dohko!"

"Doh… il Vecchio Maestro?!" –Balbettò la ragazza, stordita, e ancora diffidente.

"In persona! Sono così felice di vederti sana e salva!"

"Ma... Maestro... voi siete?!" –Affermò confusamente la ragazza, prima che Dohko le spiegasse in poche parole tutto ciò che era avvenuto dopo la sua dipartita dai Cinque Picchi.

"Sono venuto a cercare Sirio! Dov’è?"

"Oh, maestro... è terribile... lo sto cercando anch’io da ieri, ma non sono ancora riuscita a trovarlo!" –Esclamò la ragazza, scoppiando in lacrime e raccontando al Maestro della venuta di quel misterioso cavaliere armato di spada, e della caduta di Sirio nella cascata.

"Cerca di calmarti, Fiore di Luna! Adesso andrò io a cercarlo! Sirio è forte e sono sicuro che è ancora vivo!" –Cercò di rassicurarla il Cavaliere, prima di dirigersi alla ricerca di Sirio.

Dohko perlustrò tutta la valle in lungo e in largo, seguendo prima il corso del fiume su un lato, poi sull’altro, addentrandosi anche nella foresta di bambù che cresceva su una riva. Infine, dopo un’ora di attenta ricerca, trovò il corpo svenuto del discepolo, naufragato sulla riva del fiume, in una piccola insenatura che forse Sirio aveva cercato di raggiungere. Era completamente fradicio e il suo corpo freddo fece temere il peggio al Vecchio Maestro. Lo sollevò di peso, urlando a Fiore di Luna di scendere a valle quanto prima, quindi lo depositò sul terreno asciutto, accendendo un fuoco per dargli un po’ di tepore.

Sirio! Mormorò, con gli occhi lucidi. Non sai quanto sono felice adesso, quanto ho aspettato di rivederti! La stessa gioia, forse anche maggiore, fu espressa da Fiore di Luna quando raggiunse la riva del fiume, gettandosi addosso a Sirio in lacrime e ringraziando Dio per averlo salvato. L’ardente bivacco acceso dal Maestro, unito al suo confortante cosmo, riaccesero il caldo soffio della vita nel gelido corpo del Cavaliere del Drago, che presto emise un sussulto, prima di iniziare a tossire e a sputare acqua agitatamente.

"Sirio!" –Esclamò Dohko. –"Ooh Sirio!" –Pianse Fiore di Luna, tenendogli le mani tra le proprie.

Il ragazzo impiegò qualche secondo per mettere a fuoco le immagini attorno. Si sentiva umido e ammaccato, disteso sullo scomodo terreno, vicino ad un fuoco, mentre la sua ragazza e uno sconosciuto rivestito da una dorata armatura lo fissavano interessato.

"Credo che questo non serva più, adesso!" –Esclamò Dohko, chinandosi sul ragazzo e strappandogli il talismano che portava al collo. Uno scintillante smeraldo che Dohko gettò nelle acque del fiume, prima di poggiare nuovamente la mano sul petto dell’allievo e donargli ancora un po’ di tepore tramite il proprio cosmo.

"Io... non capisco…" –Balbettò Sirio, ancora troppo stordito per comprendere.

"È naturale, ragazzo mio, è naturale!" –Sorrise Dohko, immaginando che gli effetti del Talismano della Dimenticanza sarebbero passati nel giro di un po’ di tempo.

"Fiore di Luna..." –Affermò Sirio infine, mentre la ragazza in lacrime di gioia si stringeva a lui. –"E voi... non riconosco il vostro volto, ma c’è qualcosa... c’è qualcosa di familiare in voi!"

La conversazione tra Sirio e il Maestro fu bruscamente interrotta dall’arrivo di due indesiderati ospiti, che immediatamente si palesarono, agli occhi di Dohko, come Cavalieri Celesti.

"Arge aveva ragione a non essere convinto!" –Esclamò uno dei due. –"Il Bronzetto è ancora vivo, e con lui c’è pure un Cavaliere d’Oro!"

"Impossibile!" –Affermò l’altro. –"Deve trattarsi per forza di un impostore! I Cavalieri d’Oro sono tutti morti all’Inferno durante l’ultima Guerra Sacra!"

"A quanto pare le informazioni in vostro possesso sono errate, Cavalieri Celesti! I Cavalieri d’Oro esistono ancora, e io sono qua per dimostrarlo!" –Esclamò Dohko, mettendosi in piedi e fronteggiando i due. –"Sono Dohko della Libra! Chi siete voi, e cosa vi spinge in questi eremi luoghi della Cina?"

"Paride è il mio nome celeste!" –Esclamò uno dei due Cavalieri Celesti. –"Ed egli è Giacinto, siamo Cavalieri di Afrodite! Incaricati dal Sommo Arge di controllare che Sirio il Dragone fosse morto, come era stato ordinato!"

"Ordinato?" –Domandò Dohko, assumendo una posa da battaglia.

"Esattamente! Gli ordini di Zeus, per bocca di Flegias, erano stati chiari: eliminare i cinque Cavalieri di Bronzo che avevano osato sfidare gli Dei, prima che recuperassero la memoria! L’impresa sembrava facilissima, ma considerando che tre di loro hanno ricordato, e invaso l’Olimpo, abbiamo ritenuto opportuno venire fin qua a controllare!"

Dohko li fissò con attenzione, cercando di comprendere l’entità del loro cosmo, mentre una devastante rabbia si faceva strada in lui.

"Un’impresa memorabile!" –Ironizzò. –"Inviare dei sicari a uccidere degli innocenti, impossibilitati a difendersi, senza poter fare uso dei loro poteri! Impresa degna del Dio dell’Inganno!"

"Come osi, essere inferiore?" –Tuonò Paride, ma Giacinto gli bloccò la mano, pregandolo di non curarsene.

"Il nostro compito è uccidere Sirio il Dragone, Cavaliere d’Oro! Fatti da parte, altrimenti saremo costretti ad eliminare anche te!"

"E credi di esserne capace?" –Ironizzò Dohko.

A quelle parole Giacinto espanse il proprio cosmo, mentre la rilucente Armatura Celeste che lo ricopriva iniziò a brillare. Il ragazzo non era molto alto, e di corporatura media; aveva mossi capelli biondi che fuoriuscivano dall’elmo a diadema che portava in fronte, e occhi azzurri, limpidi come il mare, che gli davano un’apparenza delicata, quasi efebica, soprattutto se paragonata alla maggiore virilità che il corpo di Paride pareva emanare. Questi era infatti ben più piazzato, con mossi capelli neri e occhi scuri, che contribuivano a mettere in risalto le sue origini latine. Ciascuno dei due Cavalieri portava seco delle armi: dischi il primo, e una lancia appuntita il secondo, della stessa foggia delle loro corazze, sicuramente opera di Efesto.

Senza aggiungere altro, Giacinto staccò i dischi dall’armatura, lanciandoli contro Dohko ad impressionante velocità. Il Cavaliere di Libra fu abile ad evitarli entrambi, ma questi, dopo averlo sorpassato, si moltiplicarono in infinite copie che tornarono indietro, pronte per colpirlo e trinciarlo.

"Dischi del Sole!" –Esclamò Giacinto, mentre le sue armi rilucevano di un’abbagliante luce che rendeva difficoltoso tenerli d’occhio.

Ma il Cavaliere ebbe una brutta sorpresa, osservando, con orrore, i suoi dischi frantumarsi uno dopo l’altro. Senza perdere tempo, infatti, Dohko aveva afferrato le Barre tripunte, una delle sei armi doppie della sua Armatura, e aveva iniziato a rotearle vorticosamente, lanciandole poi contro i dischi del suo nemico. In pochi secondi dei piatti volanti di Giacinto, come li descrisse Dohko deridendoli, non rimasero che frammenti. Con un colpo secco, il Cavaliere d’Oro lanciò la Barra Tripunte avanti, la quale, estendendosi, si conficcò proprio nel terreno sotto i piedi di Giacinto, che fu abile ad evitarla saltando in alto, atterrando su uno sperone roccioso più indietro.

Incredibile! Mormorò sconcertato il Cavaliere di Afrodite. Ha distrutto i miei Dischi del Sole come fossero di carta! Mai nessuno è mai stato così abile e veloce da fare ciò! Ma non ebbe il tempo di pensare ancora, che dovette affrontare un nuovo assalto del Cavaliere d’Oro. Dohko, infatti, aveva lanciato la Barra Tripunte, distruggendo lo sperone di roccia su cui stava Giacinto, che dovette saltare in alto per non franare a terra, esponendosi ad un diretto attacco del Cavaliere d’Oro.

"Colpo del Drago nascente!" –Esclamò Dohko, scagliando un violento assalto energetico contro il Cavaliere di Afrodite, che fu colpito in pieno e scaraventato lontano.

A quel punto si mosse Paride, brandendo la lancia celeste che portava con sé.

"Resistenti ed efficaci sono le armi di cui disponi, Cavaliere d’Oro! Ed altrettanta maestria dimostri tu nell’utilizzarle!" –Commentò il giovane, espandendo il proprio cosmo. –"Ma sarai in grado di fronteggiare questo divino manufatto?!" –E si lanciò avanti, puntando l’arma contro Dohko. –"Lancia dell’Olimpo!"

Muovendosi alla velocità della luce, Paride riusciva a scagliare migliaia di affondi in un solo secondo, impegnando notevolmente il Cavaliere di Libra nella difesa. Questi però poteva contare sulla robustezza del suo Scudo Dorato, fortemente ancorato al suo braccio sinistro, sul quale si infransero tutti i fendenti luminosi della Lancia di Paride. Con un colpo secco Paride tentò di piantare la lancia nello Scudo Dorato, ma si accorse, con stupore, di non essere riuscito a penetrarlo.

"Possibile? Che uno Scudo d’Oro possa fermare una Lancia Olimpica?!" –Si chiese, stupefatto, ritirando la sua arma.

"Non un semplice Scudo Dorato, Cavaliere di Afrodite! Ma una delle sei armi della Bilancia, riforgiate nelle fucine di Muspellheimr, dai Giganti fedeli a Odino, con il sangue di Balder, Dio del Sole!" –Spiegò Dohko, con orgoglio. –"La difesa rappresentata dal mio scudo è insormontabile, almeno per la tua lancia!"

E afferrò le Barre Tripunte, puntandole contro Paride. Le armi si allungarono improvvisamente, saettando verso il Cavaliere Celeste, una alla sua destra, una alla sua sinistra. Paride ne evitò una, ma fu troppo lento per schivare anche l’altra che lo colpì allo sterno, spingendolo indietro e facendolo cadere a terra. In quella, Giacinto si rialzò, correndo ad affiancare il compagno.

"Chi sei, tu, che sai usare con simile maestria quelle dorate armi?" –Chiese Paride, rialzandosi e sputando sangue.

"È il mio maestro!" –Esclamò una voce, anticipando quella di Dohko. –"L’uomo che mi ha insegnato a lottare, che ha creduto in me, per tutti questi anni, e che mi ha salvato ancora una volta da una triste fine!"

Dohko si voltò, trovandosi di fronte Sirio, in piedi, pur se ansimante, mentre Fiore di Luna, al suo fianco, lo osservava preoccupata. Aveva recuperato la memoria.

"Sirio..." – Commentò, felice di rivederlo in piedi.

"Maestro..." –Sussurrò il ragazzo, con un ritrovato sorriso sul volto.

"Vorrà dire che vi elimineremo insieme!" –Tuonarono Paride e Giacinto, espandendo i loro cosmi.

"Provateci!" –Esclamò Dohko di rimando, liberando un nuovo Drago Nascente, che si scontrò a mezza strada con i colpi luminosi lanciati dai due Cavalieri Celesti. L’esplosione che ne seguì spinse tutti e tre indietro di qualche metro.

"Sciocchi!" –Esclamò un’imperiosa voce, risuonando per l’intera vallata. –"Non siete ancora riusciti ad eliminare il ragazzo e il suo Vecchio Maestro?!"

Giacinto e Paride non risposero, rimettendosi in piedi e ascoltando la predica con un certo imbarazzo. Dohko concentrò i propri sensi, cercando la fonte di tale voce. Improvvisamente un fulmine si schiantò in mezzo alle acque del fiume, seguito da altri due, sollevando un turbine d’acqua, intriso di energia cosmica. In mezzo al vortice comparve infine una maestosa figura, ricoperta da Vestigia Divine, che si incamminò verso di loro, fino a fermarsi su una roccia sporgente in mezzo al fiume.

Dohko osservò il nuovo arrivato, percependo in lui una tremenda energia cosmica, superiore a quelle che aveva sentito finora. Un cosmo che, rifletté, rivela origini divine.

"Iiih... è lui!" –Urlò Fiore di Luna, riconoscendo colui che aveva assalito Sirio il giorno prima.

"Comandante Arge..." –Esclamò Giacinto, inginocchiandosi al nuovo arrivato. –"Stavamo portando a termine la missione, ma siamo stati ostacolati dal Cavaliere d’Oro!"

"Siete due incapaci!" –Li rimproverò l’uomo. –"Mi occuperò io di lui! Voi uccidete il ragazzo, come vi è stato comandato!"

Giacinto e Paride non risposero, muovendosi per avventarsi su Sirio, che prontamente si mise davanti a Fiore di Luna, per difenderla. Dohko, brandendo il Tridente d’Oro, lo sollevò puntandolo contro i due, ma non fece in tempo a scagliare un raggio energetico contro di loro, che fu costretto a fronteggiare l’assalto del nuovo arrivato.

Con una calma impressionante, l’uomo dalla Celeste Armatura aveva sollevato il braccio destro, lanciando un fendente luminoso che aveva scavato un lungo solco nel terreno, diventando un piano verticale che aveva separato Dohko dai due Cavalieri Celesti.

"Uh?" –Si mosse il Cavaliere di Libra, sollevando lo scudo per difendersi.

"Non crederai che quello scudo basti per fermarmi?!" –Esclamò l’uomo, fissando il Cavaliere d’Oro. –"Sono Arge, lo Splendore, uno dei tre Ciclopi Celesti! Figlio di Urano, Dio del Cielo, e di Gea, la Terra, in me scorre il Divino Sangue primordiale, e non esiste difesa alcuna che possa trattenere il mio cosmo!"

Uno dei Ciclopi Celesti?! Rifletté Sirio, con preoccupazione. Un avversario temibile! Il Maestro avrà bisogno di soccorso! Devo aiutarlo! Il ragazzo pregò Fiore di Luna di allontanarsi, di nascondere in qualche anfratto lungo il fiume e nella foresta di bambù, per non restare coinvolta.

"Ma Sirio..." – Cercò di fermarlo lei.

"Non ci sono "ma", Fiore di Luna! La tua vita è troppo importante per me, e non voglio che ti accada niente di male! Coraggio, vai!" –E nel dir questo si lanciò contro i due Cavalieri Celesti, iniziando un corpo a corpo fatto di pugni e di calci.

Per quanto Sirio fosse un abile lottatore, la recente mancanza di allenamento, unita alla stanchezza e all’inferiorità numerica, lo esposero ben presto ai colpi dei suoi avversari. Un affondo della lancia di Paride gli tranciò le vesti, sfiorando il suo fianco sinistro, e obbligandolo a fare qualche passo indietro. No! Si disse, ricordando una delle prime lezioni del maestro. Non andare mai indietro, figliolo! Gli sembrò di sentire la voce dell’anziano Libra nella sua mente. Sempre avanti!

! Ripeté a se stesso. Sempre avanti! E si lanciò nuovamente contro i due Cavalieri, mentre il suo ardente cosmo si liberava in tutta la sua forza. Paride e Giacinto furono stupiti nel vedere in lui una simile ripresa e determinazione, e questo permise a Sirio di colpirli più volte, prima di fermarsi, concentrare i propri sensi e lanciare il suo colpo segreto.

"Colpo segreto del Drago Nascente! Via!" –Urlò, scatenando la tremenda forza del ruggente Drago contro i due Cavalieri Celesti, che non riuscirono ad evitarlo e furono travolti, venendo scaraventati indietro, fino a ricadere al suolo.

In quella, l’Armatura del Dragone apparve sopra di lui, nella forma che aveva avuto durante la Guerra Sacra contro Ade; si scompose e andò a ricoprire perfettamente il corpo di Sirio, che si sentiva adesso come rinato, grazie anche al benigno influsso del cosmo di Atena presente nella sua armatura tramite il sangue divino usato per la riparazione della stessa. Adesso sono pronto a combattere! Esclamò Sirio, volgendosi verso la riva del fiume, dove, con orrore, assistette alla violenza del colpo scagliato da Arge contro il suo maestro, il quale ne fu travolto e spinto indietro, fino a sbattere a terra con fragore.

"Maestrooo!!!" –Urlò Sirio, scattando avanti.

Concentrò l’energia del suo verde cosmo nel braccio destro, e scatenò tutta l’ira del Drago Nascente contro il Ciclope Celeste. Questi, tranquillamente in piedi al centro del fiume, non si scompose affatto, lasciando che il drago di Cina si schiantasse contro di lui, senza venirne assolutamente scalfito.

"Che cosa?! Possibile che il Drago Nascente non l’abbia neanche sfiorato?!" –Mormorò Sirio, esterrefatto.

Arge non parlò, limitandosi a muovere il braccio destro con una velocità impressionante, al punto che Sirio fu travolto, quasi tranciato in due, da un sottile piano verticale che lo penetrò da parte a parte, frantumando il diadema della sua Armatura di Bronzo e facendo vibrare l’intero suo corpo. Col respiro mozzato, Sirio cadde in avanti, precipitando con la testa nell’acqua del fiume, mentre i suoi lunghi capelli neri si distendevano intorno a lui.

Com’è possibile? Si chiese il Cavaliere del Drago. Una difesa invisibile e invalicabile! E un attacco veloce e preciso, come il taglio di un’affilata lama! Chi è mai costui? E perché vuole ucciderci?A fatica, Sirio si rimise in piedi, affiancando Dohko vicino a lui, e cercando spiegazioni, mentre poteva sentire, con timore, il vasto cosmo di Arge invadere come una brezza l’intera vallata.

"È uno dei sicari inviati da Zeus, Sirio!" –Raccontò in fretta Dohko. –"L’Olimpo ha dichiarato guerra ad Atene, e i Cavalieri della Giustizia sono stati chiamati ad una nuova battaglia!"

"L’Olimpo?! Ma allora.… Pegasus? E Atena?" –Incalzò Sirio.

"Combattono già sul Sacro Colle! E anche Cristal e Andromeda, e Ioria, Virgo, Mur e Scorpio sono con loro!" –Esclamò Dohko, mentre Sirio ascoltava con interesse e sorpresa.

"Allora non dobbiamo esitare un solo istante!" –Si limitò a dire, con decisione. –"Dobbiamo correre in Grecia a prestare loro aiuto! La salvezza di Atena e della Terra ricade ancora una volta sulle nostre spalle!"

Dohko sorrise, fiero di aver istruito un allievo con un simile senso di giustizia e dell’onore; annuì con il capo, prima che l’imperiosa voce di Arge li richiamasse.

"Voi non andrete da nessuna parte, se non in Ade, dove già dovreste essere di casa!" –Esclamò il Ciclope, bruciando il proprio cosmo celeste.

"Grrr… maledetto!" –Ringhiò Sirio, irato, ma Dohko gli afferrò il polso, pregandolo di calmarsi.

"Occupati dei due guerrieri minori, e poi corri a cercare Fiore di Luna!" –Gli ordinò il Cavaliere di Libra. –"Portala al sicuro, e raggiungi i tuoi compagni sull’Olimpo! Combatterò io con lui!"

Sirio rimase inizialmente senza parole, commosso per lo spirito di sacrificio del suo maestro; ma per quanto lusingato dall’offerta, la rifiutò senza mezzi termini.

"No!" –Esclamò, stupendo Libra. –"Non ho intenzione di abbandonarla qua, contro un avversario potente quanto un Dio!"

"Sirio tu non…" –Ma la frase di Dohko rimase a metà, interrotta dal brusco attacco di Arge. Un fendente luminoso scavò il terreno tra i due, creando un piano verticale che esplose spingendo entrambi indietro, mentre nuovi fendenti energetici correvano rapidi verso di loro.

Maledizione! La sua velocità è impressionante! Commentò Dohko, muovendo continuamente lo scudo dorato per difendersi. Ma, nonostante la resistente difesa, dovette constatare che numerosi fendenti energetici lo raggiunsero comunque, sulle braccia e sulle gambe, superando lo Scudo d’Oro. Afferrò quindi una spada, cercando di parare con quella i fasci di energia del nemico, riuscendovi solo in parte, e con gran fatica, tanta era la potenza e la velocità del Ciclope.

"Perfetto!" –Sorrise Arge, osservando Dohko muoversi sulla riva, come una marionetta nelle sue mani.

I suoi colpi lo spinsero proprio dove voleva lui, a ridosso di una parete rocciosa. Una sfera energetica, scagliata a gran velocità, colpì l’enorme blocco di roccia, mandandolo in mille frammenti che ricaddero su Dohko, sommergendolo.

"Maestrooo!!!" –Urlò Sirio, ma non riuscì a raggiungerlo, in quanto Arge, che finora aveva attaccato dalla roccia in mezzo al fiume, balzò proprio davanti a lui, interponendosi tra Sirio e Libra.

"Preoccupati per te, ragazzino!" – Esclamò Arge, muovendo il braccio destro con gran velocità.

Rapidi fendenti azzurrognoli squarciarono l’aria, e Sirio cercò di ripararsi con lo scudo della sua armatura, ma non riuscì a trattenere un grido di stupore quando lo vide andare in frantumi. Con altri quattro fendenti Arge colpì il resto del suo corpo, facendo esplodere buona parte della sua corazza. Quando si fermò, finalmente Sirio vide la causa di quei rapidi fendenti energetici: una spada lucente che Arge stringeva in mano. Sollevata sopra di lui, la lama risplendeva di un’argentea luce di eternità, riflettendo i raggi del sole in uno scintillio di colori affascinante quanto mortale.

"Una spada?!" –Esclamò il ragazzo, ricollegandola improvvisamente a quella che Arge aveva piantato nello sperone roccioso il giorno prima, facendolo franare.

"Ma non una spada comune! La Spada del Fulmine, o la Bianca Spada dei Ciclopi, forgiata da Efesto, su ordine di Zeus, e donata a me e ai miei fratelli come ringraziamento per l’aiuto prestato al Sommo Zeus durante la Titanomachia! Una lama capace di penetrare qualsiasi materiale!"

Detto questo la abbassò su Sirio, per ucciderlo, ma il ragazzo si spostò velocemente a destra, venendo comunque ferito di striscio al braccio sinistro, che iniziò a sanguinare copiosamente.

"Stolto! Non ritardare una fine che arriverà comunque!" –Mormorò il Ciclope. –"Accetta il tuo destino, e muori!" –E sollevò nuovamente la spada, creando un luminoso fendente che travolse Sirio, trapassandolo da parte a parte e scaraventandolo indietro, tra i frammenti della sua armatura.

È forte e veloce! Commentò Sirio, a terra in una pozza di sangue. È veramente un Dio! Che speranze posso avere di batterlo? Si chiese, abbandonandosi lentamente.

"Le speranze di un vecchio che ha rinunciato alla vita!" –Commentò una voce, parlando direttamente al suo cosmo.

"Co... cosa?!" –Domandò Sirio, riaprendo gli occhi.

"Sirio, non avrai davvero intenzione di mollare?" –Lo esortò la voce, limpida e serena. –"Non è da te, Cavaliere di Atena! Non ti abbiamo forse affidato il compito di proteggere la Dea della Giustizia, anche per noi? Per cosa ti ho salvato, allora? Perché ti abbandonasti alla sconfitta, senza reagire né combattere?"

"Capricorn!" –Esclamò Sirio, riconoscendo il caldo cosmo del Cavaliere d’Oro della Decima Casa.

"Alzati, mio buon amico! Rialzati ancora! Come hai sempre fatto! E affronta l’affilata lama del Ciclope Celeste, come un tempo affrontasti altrettanto pericolosa spada!"

"Uh?!" – Mormorò Sirio, cercando di rimettersi in piedi.

"Non ti ho forse fatto dono della più devastante arma dei Cavalieri d’Oro? La sacra Excalibur, che Atena ricevette in dono nel Mondo Antico dalle Sacerdotesse di Avalon dell’Isola Sacra! Forgiata dalle abili mani dei druidi e del popolo fatato, Excalibur alberga adesso dentro di te, Sirio! E nessuno potrà mai spezzarla!" –Esclamò Capricorn, prima che il suo cosmo scomparisse.

Hai ragione, Capricorn! Non posso lasciarmi andare in questo modo! Ho affrontato decine di avversari apparentemente più forti, Nettuno, Thanatos e Ade tra i tanti, ma non mi sono mai lasciato andare! Né ho intenzione di farlo adesso! Vincerò! Vivrò, anche per te! E si rimise in piedi, grondando sangue, e bruciò il suo cosmo al massimo, fino ai limiti estremi dell’universo. I frammenti di Armatura di Bronzo che erano sul suo corpo iniziarono a brillare di un’accecante luce, che costrinse persino Arge a coprirsi gli occhi, e poco dopo Sirio si ritrovò coperto dalla sua Armatura Divina, con un nuovo scudo al braccio sinistro e una nuova determinazione negli occhi. Quella stessa determinazione che gli avrebbe permesso di vincere anche quella battaglia.