CAPITOLO TRENTASETTESIMO. ASSEDIO FINALE.
L’Olimpo era invaso dalle fiamme devastanti di Tifone e dei berseker, dilaniato fino nelle più recondite profondità dal demoniaco cosmo del Dio della Guerra e dei suoi infernali soldati. Seduto sul trono del Grande Tempio di Atene, Ares aizzava i suoi guerrieri all’ultimo assalto contro il Cancello del Fulmine, al di là del quale avrebbero raggiunto la Reggia di Zeus.
Tifone aveva abbattuto Gige e Cotto, due degli Ecatonchiri risvegliati da Zeus, e adesso stava affrontando Briareo, il più nobile e il più forte tra i tre. Ma anch’egli, per quanto possente e giusto, non aveva la forza, da solo, per contrastare la malefica brutalità della più orrenda bestia che la Terra avesse mai partorito. Le vipere di Tifone gli entrarono dentro, dilaniando le proprie carni, azzannando le robuste braccia, che si dimenavano confusamente, che cercavano di bloccarlo, di colpirlo con le loro clave. Fallendo continuamente.
Ai loro piedi le ultime centinaia di berseker, che avevano dato fuoco ai vuoti Templi del Sole e dei Mercanti, disonorando i loro custodi, abbattendo statue e colonne antiche, sfoderavano le armi per la battaglia finale, di fronte al Cancello del Fulmine. Quando vi giunsero, guidati da Enomao, ritto e tronfio sul suo carro, trovarono soltanto un uomo ad aspettarli: basso e gobbo, ricoperto da una luminosa Veste Celeste, decorata da decorazioni rossastre simili a lingue di fuoco.
Non lo riconobbero, e fu loro fatale.
"Aaalt!!!" –Gridò Enomao, sollevando il braccio destro e ordinando ai guerrieri di radunarsi intorno a lui. –"Soldati della Guerra, infine ci siamo! Alle porte dell’Olimpica Reggia siamo giunti! Soltanto un gobbo si pone tra noi e l’obiettivo finale, la testa del Sommo Zeus, che porteremo a nostro Padre, Dio Supremo della Guerra e del Sangue, per omaggiarlo del dono che ci ha fatto! Il più grande! Essere qua quest’oggi, ad abbattere i Cancelli Olimpici!!!" –E tutti i guerrieri gridarono selvaggiamente, sbattendo le lance e le picche, calpestando con ferocia il terreno sotto di loro, mentre sguaiati inni accompagnavano le incitazioni all’assalto. –"Per la Guerra, madre del mondo, Signora suprema che regola i destini degli uomini!!!" –Gridò Enomao, affiancato presto da Molo, Pilo e Testio. –"E per Ares, nostro Signore e Padrone! Avanziamo!!!"
"Sììì… iaaahh!!!" –Gridarono confusamente i berseker, lanciandosi all’assalto, come una mandria di bisonti in carica.
"Sciocchi!" –Mormorò l’uomo di fronte al Cancello del Fulmine. Senz’altro aggiungere, espanse il suo caldo cosmo e lo concentrò sulle proprie possenti braccia, scagliando due pugni nel terreno. Come reazione, la terra tremò per un momento sotto i piedi dei berseker ed immediatamente getti di energia incandescente sgorgarono dal terreno, decimando le file dei soldati di Ares.
"Aaargh!!!" –Urlarono in molti, venendo travolti. Ma altri li incitavano a non cedere e a continuare, lanciando frecce e lance acuminate.
"Lava Incandescente!" –Gridò infine l’uomo, sollevando le braccia avanti a sé e liberando l’immenso potenziale racchiuso in esse. Getti di caldo magma sfrecciarono verso i berseker, che si fermarono di colpo, spaventati e terrorizzati, mentre la prima fila veniva raggiunta dall’assalto dell’uomo, e carbonizzata, arsa viva in quell’infuocata lava che soltanto un Dio poteva ricreare.
"Efesto!!!" –Mormorò Enomao, scuotendo le briglie dei propri cavalli alati, i quali si sollevarono giusto in tempo per evitare un violento getto di lava diretto proprio contro il Carro Furioso. Ma il figlio di Ares non potette gioire molto dello scampato pericolo che un’agile figura fu su di lui.
Circondato da sfolgoranti saette, un Cavaliere dalla violacea corazza comparve dagli alberi che circondavano lo spiazzo antistante al Cancello del Fulmine e balzò su di lui, colpendolo a gambe unite in pieno petto e scaraventandolo lontano, mentre i cavalli imbizzarriti fuggivano nel cielo.
"Argh, maledizione!" –Sibilò, rialzandosi a fatica e osservando colui che lo aveva atterrato.
Era un ragazzino di media altezza, con folti capelli castani ed un viso determinato, ricoperto da una corazza violetta con un corno in testa, simboleggiante il mitico Unicorno.
"Asher è il mio nome, Cavaliere di Atena!" –Si presentò il ragazzo, scattando subito su Enomao con i pugni carichi di energia cosmica. Ma questi non si fece prendere nuovamente alla sprovvista, evitando i colpi del ragazzo, portati ad una velocità inferiore a quella della luce, a cui il figlio di Ares si muoveva, e bloccando infine il pugno di Asher con il suo, stringendolo poco dopo.
"Se non molli il pugno te lo distruggo!" –Sibilò Enomao.
"Mai!!!" –Ringhiò Asher, con una profonda determinazione negli occhi. E subito mosse il pugno sinistro per cercare di colpire il braccio con cui l’uomo gli aveva fermato il destro, sbattendolo con forza su di esso. La corazza di Enomao non subì alcun danno, ma il guerriero ritirò comunque il braccio dolorante, sollevando l’altro, mentre sotto di esso risplendeva una lucente ruota di energia.
"Ruota del Carro Furioso! Travolgilo!" –Esclamò, mentre l’energetica ruota sfrecciava verso Asher, investendolo in pieno e scagliandolo in alto, fino a farlo ricadere a terra molti metri addietro.
Una decina di berseker furono subito su di lui, brandendo spade acuminate, mentre Enomao scattava via, tentando di richiamare i cavalli alati del suo carro e riorganizzare le fila dei guerrieri, disorientati dalla lava di Efesto.
"Stai fermo, moscerino!" –Esclamò un berseker, calando una lancia su Asher, che fu svelto a rotolare sul terreno evitando l’affondo, prima di rialzarsi e bruciare il suo cosmo.
Il corno argentato posto sul suo elmo iniziò a brillare, mentre sfavillanti folgori di energia lo circondarono, ricoprendo tutto il suo corpo, prima che il ragazzo le liberasse, scagliandole contro i suoi nemici. Alcuni berseker vennero raggiunti dalle scariche energetiche, crollando a terra, ma altri, più resistenti, si unirono tra loro, caricando compatti il ragazzo.
"Iaaah! Per Ares!!!" –Gridarono, emettendo suoni bestiali, e puntando lance e lame avanti.
Asher li lasciò avvicinare ancora un po’, evitando le lance che gli venivano scagliate contro, prima di balzare in alto con un salto e ridiscendere in picchiata, con le gambe tese, sulle teste dei guerrieri.
"Criniera dell’Unicorno!!!" –Esclamò, piombando sul cranio di un berseker e sfondandolo, prima di balzare nuovamente in alto e ridiscendere su un’altra testa, e su un’altra ancora.
"Ora basta!" –Gridò infine un grosso guerriero, lanciando la propria palla chiodata contro il ragazzo, afferrandolo in volo per una gamba e sbattendolo a terra con forza, spaccandogli un labbro.
Asher strinse i denti, mentre il guerriero tirava con forza la sua catena, sollevandolo e facendolo girare intorno a sé, prima di scagliarlo contro un albero.
Immediatamente un nugolo di frecce piovve sul Cavaliere di Bronzo, che fu svelto a muoversi, venendo ferito solo da un paio, lanciandosi sul terreno e sferrando un violento calcio dal basso alla gamba del robusto guerriero, facendolo crollare, prima di rialzarsi e scattare su un altro.
"A terra, pulce!!!" –Lo bloccò un berseker, piantandogli una lancia nella gamba destra.
"Aaargh!!!" –Gridò Asher, contorcendosi dal dolore. Ma seppe reagire comunque, bruciando il proprio cosmo violetto, liberandosi del suo nemico con un violento calcio con la gamba ancora sana e sfilando la lancia dalla sua coscia, trattenendo un urlo di dolore, caricando proprio con essa il berseker, e trapassandolo da parte a parte. Altri guerrieri furono subito su di lui, ma con un colpo secco della lancia li tenne lontani, ringhiando rabbioso, sia per il dolore che per il desiderio di vendicare i compagni che quelle turpi bestie avevano barbaramente ucciso.
"Clap clap!!!" –Qualcuno improvvisamente lo applaudì, facendosi largo tra il gruppo di guerrieri. –"Complimenti, Unicorno! Non pensavo che ti avrei ritrovato quassù, alla Reggia degli Dei Olimpi!"
"E tu chi diavolo sei?!" –Esclamò Asher, osservando il guerriero che aveva parlato.
Basso e tarchiato, con mossi capelli neri che scendevano fino alle spalle, un viso robusto e barbuto, un solo occhio, nero come la notte, mentre sull’altro portava una cicatrice vistosa; era ricoperto da una corazza piuttosto tozza, dall’inquietante colore viola scuro, che al posto dei coprispalla e sopra i ginocchi portava degli orribili teschi bianchi, segni distintivi della sua furia demoniaca.
"Ossilo, del Teschio Letale!" – Si presentò l’uomo, dando ordine agli altri guerrieri di allontanarsi. –"Figlio di Ares!" –Precisò, a denti stretti.
"Ossilo…" –Mormorò Asher, a cui quel nome non diceva niente.
"Sei stato più fortunato dei tuoi compagni, Unicorno! Se non fosse stato per quel marmocchio saresti morto insieme a loro!" –Esclamò Ossilo, facendo avvampare Asher.
"Bastardo! Eri dunque tra gli assassini di Geki e gli altri?!" –Gridò, bruciando il cosmo.
"Non direttamente uccisi quei poveracci… Ma ero tra i berseker che invasero il Grande Tempio, e là ti vidi combattere, infuriato e determinato… proprio come adesso!"
"E con la stessa determinazione di sempre ti vincerò!" –Gridò Asher, scagliando la lancia contro Ossilo, il quale, senza scomporsi, sollevò il braccio destro, reggendo in mano un bianco oggetto dalla tozza forma, sui cui la lancia si piantò, balzando via. –"Uh?!" –Mormorò Asher, prima di sgranare gli occhi stupefatto, e inorridito. –"Ma quello è… un teschio?!"
"Esatto! Mostrami adesso, di fronte a questa mortifera pioggia, la tua determinazione! Mostrami cosa può fare la determinazione di un uomo inferiore, in procinto di morire!" –E nel dir questo lanciò il teschio contro Asher, presto seguito da altri dieci, cento, mille orribili teschi.
Asher cercò di evitarli, per quando la gamba destra ferita limitasse notevolmente la sua agilità nello scatto, muovendosi rapidamente, senza curarsi dei teschi che esplodevano toccando terra, e del maleodorante odore che emanavano.
"Bleah…"-Commentò il Cavaliere, nauseato. –"È orribile!"
"Orribile dici?!" –Ripeté Ossilo, rinnovando l’assalto. –"No! È mortale!" –Sibilò con un ghigno di perversa soddisfazione, respirando gli effluvi dei teschi che reggeva. –"Pioggia di Teschi!" –E una moltitudine di teschi ricadde su Asher, alcuni raggiungendolo e schiantandosi contro la sua bronzea corazza, altri schiantandosi in terra, liberando un nauseabondo odore di morte, che il Cavaliere fu suo malgrado costretto ad inalare.
Quando Asher cercò di colpire un teschio con un pugno si piegò in avanti in preda ad un violento attacco di tosse, a cui ne seguì un altro, ed un altro ancora, che lo portarono a terra, dilaniandogli i polmoni, stridendo sulla sua gola, come se lentamente il respiro gli venisse a mancare. D’istinto si tolse il pettorale dell’armatura, poi i coprispalla, i bracciali… la pelle stessa gli sembrava che lo opprimesse, che lo facesse soffocare, impedendogli di respirare aria pura.
"Eh eh... è letale l’esalazione dei teschi di Ossilo. Pallidi, come l’ultimo raggio di luna, come i tuoi occhi mentre rantolando a terra, privo ormai di ogni alito di vita, allungherai la mano per afferrare un pezzo di infinito.. che negato ti sarà!" –Commentò Ossilo, avvicinandosi al giovane semivestito.
"Cough cough…." –Asher tossì ancora, sputando convulsamente, mentre la vista gli sembrò annebbiarsi sempre di più. –"Che succede?! Non respiro…"
"Non temere… tra poco non tossirai più! Tra poco non ti dimenerai più!" –Mormorò Ossilo, mentre Asher si accasciava a terra, sempre più debole ed incapace di respirare e reagire. –"Abbandona ogni agitazione e accetta la morte, Cavaliere di Atena, presto sarai con i tuoi adorati compagni!"
E fu quell’ultima frase a spingere Asher a ribellarsi, a reagire all’intorpidimento del suo corpo, al sonno eterno che lentamente stava scendendo su di lui. Bruciò il proprio cosmo, cercando di rimettersi in piedi, pur continuando ad avere violenti attacchi di tosse, pur continuando a sentire gli occhi bruciargli dal dolore. Non.. mi… arrendo! Mormorò, rimettendosi a fatica in piedi e stringendo i pugni per il dolore, come un vero Cavaliere doveva fare. Aspides, Geki, Ban, Black… sorreggetemi dal Paradiso dei Cavalieri! Asher combatterà anche per voi!
"Incredibile!" –Esclamò Ossilo, genuinamente sorpreso, mentre le vestigia dell’Unicorno tornavano sul petto di Asher, circondato dal proprio sfolgorante cosmo. –"Hai deciso di lottare, Cavaliere? Preferisci dunque una morte violenta, sul campo di battaglia, che non la lenta agonia a cui il mio gas letale voleva indurti?! E sia dunque… crepa!!!" –Gridò, scagliando migliaia di teschi contro Asher.
Devo evitarli! Si disse il Cavaliere, scattando di lato ed iniziando a girare in cerchio intorno al figlio di Ares, che continuava a scagliare teschi esplosivi su di lui, senza colpirlo. Ma ogni teschio che cadeva a terra, esplodendo, liberava altro gas mortifero, ed Asher stava ricominciando a sentirne l’effetto. Questa volta sotto forma di un violento prurito, sempre insieme a violenti attacchi di asma. Maledizione! Ghignò, fermandosi e bruciando al massimo il proprio cosmo. Cerchi concentrici di energia cosmica partirono dal suo corno, espandendosi nell’aria intorno come onde sonore, fermando la pioggia infernale di teschi esplosivi.
"Che cosa?!" –Gridò Ossilo, osservando i propri teschi venire distrutti, mentre erano ancora in volo, dalle onde di energia emanate da Asher.
"Per Atenaaa!!!" –Urlò Asher, caricando il suo corno d’argentea energia, e lanciandosi avanti, come un toro in corsa. –"E per voi, amici miei! Guardatemi!" –La carica di Asher travolse Ossilo in pieno, mentre il suo acuminato corno penetrò la cotta del figlio di Ares, raggiungendo le carni al di sotto di essa e infondendo in esse lo scintillante crepitio del cosmo dell’Unicorno.
"Corno d’Argento!!!" –Strillò il Cavaliere, colpendo con un violento pugno dal basso il mento di Ossilo, il quale, traforato dal corno, fu spinto in alto, mentre luminose folgori schiantavano la propria corazza, fino a ricadere a terra, molti metri addietro.
Stremato per lo sforzo, e per le difficoltà respiratorie, Asher si lasciò crollare sulle ginocchia, prima di vomitare tristemente, tossendo in continuazione. A fatica, tentò di rimettersi in piedi, riuscendo a focalizzare, con i proprio occhi semispenti, delle sfere rotolanti verso di lui. Dei globi dalla deforme sagoma umana. Con orrore, Asher aprì gli occhi e si trovò di fronte le teste mozzate dei suoi cari amici: Ban, Black, Geki ed Aspides erano lì, intorno a lui, crani vuoti e scavati, dai capelli bruciati e gli occhi incavati, mostruose forme di un abominevole delitto.
"Nooo!!! Nooo!!!" –Urlò, prendendosi la testa tra le mani.
Gli scoppiava da morire, senza dargli tregua, mentre un forte voltastomaco lo faceva vomitare continuamente. Lui che aveva sempre desiderato combattere a fianco dell’amico Pegasus, per difendere l’amata Isabel, adesso che aveva tastato il terreno di gioco, il campo di battaglia, ne era rimasto sconvolto, sconcertato. Solo.
"A... Amici…" –Rantolò, mentre fiotti di bava scendevano dalla sua bocca sfigurata. Come in un mostruoso incubo, le teste dei quattro Cavalieri iniziarono a deformarsi ulteriormente, squagliandosi a poco a poco, mentre nugoli di mosche ronzavano disgustosamente loro attorno. –"Nooo!!! Noo... Via…" –Esclamò, muovendo convulsamente le mani, per scacciare quei fastidiosi insetti, senza riuscire neppure ad afferrarli. –"Nooo…"
Crollò infine a terra febbricitante, incurante della battaglia che proseguiva intorno a lui e di sinistri passi che si avvicinavano al suo corpo stanco. Una mano lo sollevò bruscamente, strattonandolo per il collo e portandoselo di fronte all’unico occhio ancora funzionante. Asher, da tanto che era debole, non riuscì neppure a torcere lo sguardo per fissare il suo nemico, Ossilo del Teschio Letale, colui che con le sue mortifere esalazioni lo aveva ridotto in quel modo, creando inganni e percezioni illusorie di una realtà che non era comunque molto diversa da quella che il ragazzo aveva vissuto.
"Addio, Unicorno!" –Mormorò il figlio di Ares, concentrando una sfera di energia nel palmo sinistro. – "Ritroverai i tuoi compagni all’Inferno!" –E in quel momento, in quei pochi secondi, mentre la mano di Ossilo si avvicinava minacciosa al petto di Asher, quattro voci giunsero in aiuto del Cavaliere di Bronzo, direttamente dal Paradiso dei Cavalieri. Quattro voci che parlavano con una soltanto, quella del suo cuore.
"Asher!!! Asher, svegliati!!!"
"Coraggio, amico!! Non vorrai lasciarti andare?! Puoi stenderlo!"
"A… amici…" –Rantolò Asher, muovendo leggermente la testa, stretto dalle robuste dita di Ossilo. –"Voi... qui?!"
"Certo che siamo con te, Cavaliere!" –Esclamò Geki, finalmente riconosciuto da Asher. –"E non abbiamo intenzione di abbandonarti, né ora né mai!"
"Perciò coraggio, amico, reagisci!" –Lo incitò Ban. –"E dimostra a quello sporco figlio di Ares il valore di un Cavaliere di Atena!"
"Di un combattente per la giustizia!" –Sorrisero Aspides e Black.
"Amici… voi… dentro di me… per sempre!" –Mormorò Asher, mentre le voci dei quattro amici scomparivano, perdendosi dentro il suo cosmo e diventando un’unica infiammante energia.
Sì! I miei amici vivono in me, e così sarà per sempre! Finché l’ultimo soffio di vita non abbandonerà il mio corpo malato, io combatterò, e loro saranno orgogliosi di me, orgogliosi di aver donato la vita per salvarmi! Per permettermi di essere qua, oggi, a combattere per Atena, a decidere i destini del mondo!! Esclamò Asher, mentre il luccicante cosmo dell’Unicorno esplodeva intorno a lui, stupendo lo stesso Ossilo.
"Che prodigio è mai questo?!" –Si chiese il guerriero, costretto ad abbandonare la presa, da tanto calore che il corpo di Asher sprigionava.
"Non è un prodigio, figlio di Ares... è un sogno!!!" –Esclamò Asher, bruciando ancora il proprio cosmo, vasto ormai come una galassia intera. –"Un sogno che mi è stato donato da quattro amici che adesso vivono in me, che credono in me!!! E che non ho intenzione di deludere, né ora né mai! Corno d’Argentooo!!!" –Gridò, caricando il pugno di scintillante energia cosmica.
Come un punteruolo argentato, il colpo trafisse Ossilo al cuore, sfondando la sua corazza e uccidendolo, mentre il Cavaliere, sfinito, barcollò ancora per qualche istante, prima di crollare sulle ginocchia. Rimase così, ciondolante su se stesso, con gli occhi semichiusi, finché un violento calcio non lo colpì in pieno petto, scaraventandolo indietro. Un paio di berseker si avventarono su di lui, percuotendo il suo corpo inerme, ma improvvisamente un incandescente dardo trapassò i loro corpi, facendoli accasciare a terra, mentre un corno risuonava a gran voce su tutto l’Olimpo.
"Posso aiutarti, Asher?!" –Esclamò una squillante voce di donna.
"Ti... Tisifone…" –Mormorò il ragazzo, facendosi aiutare dalla Sacerdotessa, che aveva l’armatura scheggiata ed il viso pieno di lividi.
Dietro di lei Artemide, Dea della Caccia, e uno scintillante oceano di cosmi luminosi, i legionari nascosti che Zeus aveva richiamato sull’Olimpo: i Cavalieri di Glastonbury, guidati da Ascanio Testa di Drago. Come uno sfavillante fiume di energia, i Cavalieri Celesti si abbatterono sull’esercito di Ares, in un affascinante, quanto mortale, scontro di cosmi e di corpi, di valori e di ideali. Sfondarono le fila della sorpresa armata della Morte e della Guerra, travolgendo i malvagi soldati che già pregustavano la vittoria finale. Così vicina, così irraggiungibile.
Soltanto pochi furono i coraggiosi che riuscirono a sottrarsi alla mischia che si creò di fronte al Cancello del Fulmine e tentarono di passare oltre, ma trovarono Efesto, Dio del Fuoco, e Artemide, Dea della Caccia, pronti a sbarrare loro il passo; la maggioranza combatté nel mucchio, caoticamente e anonimamente, come Ares li aveva addestrati, senza interesse alcuno per i propri compagni, che altro non erano se non soldati loro pari, solo per l’obiettivo finale di conquista.
Impetuoso, il cosmo di Ares avvampò sul deturpato terreno, sollevando vampe di fuoco, mirando a spaventare i Cavalieri di Zeus e ad accendere violenza e passione guerriera nei suoi berseker, ormai decimati e circondati; da un lato i Cavalieri Celesti, dall’altro le Divinità e gli ultimi difensori della Reggia di Zeus: Efesto, Artemide, Asher, Tisifone, presto raggiunti anche dagli altri Cavalieri. Vi fu una vibrazione nello spaziotempo e il Cavaliere di Ariete apparve direttamente al Cancello del Fulmine, sorreggendo gli indeboliti Dioscuri, mentre Phantom, al suo fianco, reggeva Giasone, il cui corpo ed il cui spirito erano a pezzi. Un gorgo di energia acquatica e una pioggia di stelle frantumarono gli scudi dei berseker e anche Mur e il Luogotenente dell’Olimpo scesero in campo.
Nella continua e scompigliata battaglia che avvampò, vedendo sangue scorrere presto lungo le distese del Monte Sacro, un uomo, su un carro trainato da cavalli alati, travolse un buon numero di Cavalieri Celesti, brandendo un’affilata sciabola: Enomao del Carro Furioso.
"Yeah!!!" –Gridò, incitando i berseker alla lotta. –"Non fuggite, pavidi! Non arretrate!!! Fossero anche centomila, i Cavalieri di Zeus, cadranno tutti nel Tartaro più oscuro, dove noi li confineremo, insieme agli Dei che hanno osato opporsi al volere di nostro Padre!" –Ma per quanto le sue parole accendessero l’animo dei più esaltati e violenti, una buona parte dei berseker si sentì sfinita, disillusa, ad un passo dall’obiettivo finale, senza la forza di raggiungerlo.
"Nel Tartaro getterò te e la tua biga!" –Esclamò una decisa voce maschile, piantandosi davanti al Carro Furioso.
Il figlio di Ares osservò il Cavaliere Celeste che aveva di fronte, giunto da chissà dove a difendere il suo Signore. Alto, con scompigliati capelli neri, occhi scuri, viso abbronzato, ed un corpo perfetto, ricoperto da una scintillante Veste Divina raffigurante due dragoni, uno bianco e uno rosso.
"Sono il Comandante dell’Ultima Legione, Ascanio Testa di Drago!" –Si presentò, bruciando il proprio cosmo, vasto e luminoso.
"Dovrebbero chiamarti Testa di Legno invece!" –Lo derise Enomao, frustando i propri cavalli. –"Non sai che è follia mettersi di fronte ad Enomao del Carro Furioso?!"
"Il re di Pisa?!" –Mormorò Ascanio, tra sé, aggiungendo divertito. –"Se non ricordo male finisti ucciso dal tuo stesso carro!"
Enomao era infatti figlio di Ares e di Arpinna, e padre di Ippodamia, splendida dama da molti chiesta in sposa. Ma il padre, violento e sadico di natura, aveva stabilito una gara nuziale per la mano di sua figlia: sfidava i pretendenti in una corsa con il carro, alla quale partecipava con i cavalli alati che Ares gli aveva donato, risultando quindi invincibile. Uccisi i pretendenti sconfitti usava le loro teste per decorare il suo palazzo. Ma fu proprio la figlia, innamoratasi follemente del giovane Pelope, a tradirlo, corrompendo il cocchiere del padre, Mirtilo, che segò l’asse del carro, facendolo quindi cadere durante la gara, e morendo travolto dal suo amato carro.
"Non ricordarmelo!" –Tuonò Enomao dall’alto del carro. –"Avessi Mirtilo avanti a me gli taglierei la gola!" –Sibilò, brandendo la propria sciabola. –"Ma in mancanza sua… farai tu le sue veci!" –Ed incitò i cavalli a correre avanti, lanciandosi contro Ascanio, il quale, per niente intimorito, aspettò che il carro gli fosse di fronte per spostarsi di lato, evitando di essere travolto.
Ma Enomao volse subito indietro il suo Carro Furioso, forte anche del potere divino dei suoi cavalli, e si lanciò nuovamente alla carica, puntando su Ascanio a gran velocità, ma mentre gli animali piombavano su di lui si imbizzarrirono improvvisamente, impennandosi e nitrendo come folli, facendo cadere malamente Enomao a terra.
"Ma che diavolo?!" –Esclamò Enomao, rialzandosi sconcertato.
"Uuuhhh…" -Mormorò Ascanio, ancora in piedi di fronte ai cavalli spaventati, sollevati sulle sole gambe posteriori. Le sue braccia, agli occhi di Enomao, avevano mutato forma, diventando due immensi verdi serpenti intrecciati, che sprigionavano energia cosmica, e ciò aveva spaventato notevolmente i due cavalli, contro cui Ascanio aveva puntato le braccia.
"Maledetto… Con me i tuoi trucchi non attaccano!" –Esclamò il berseker, lanciandosi contro Ascanio con la propria sciabola.
"Trucchi?!" –Mormorò questi, puntando un braccio contro Enomao, che fu scaraventato a terra da un violento getto energetico, schiacciato dalla mostruosa sagoma di un serpente di pura materia cosmica.
"Trucchiii!!!" –Gridò, muovendo confusamente la sciabola sopra di lui per colpire il serpente. Ma l’evanescente figura era intangibile, ed Enomao non riusciva a colpirla.
Pur tuttavia la sentiva su di sé, schiacciandolo a terra, stritolandolo, sibilando con la sua lingua biforcuta, mentre folgori di energia pura stridevano sulla sua cotta scarlatta. Impaurito, il figlio di Ares si portò due dita alla bocca e fischiò, attirando i cavalli alati che saettarono verso di lui, sfrecciando leggeri nell’aria. Ad essi si aggrappò, ordinando loro di sollevarsi immediatamente, prima di muoversi per rimontare sul carro. Ma Ascanio balzò in alto, afferrando le briglie dei cavalli alati e strattonandole con forza, scaraventando l’intero carro verso terra, facendolo schiantare in malo modo contro alcuni alberi, ferendo i cavalli, mentre Enomao rotolava disastrosamente a terra.
"È un peccato che il carro sia andato in frantumi…" –Ironizzò Ascanio, in posa da combattimento. –"Non potrai più morire travolto da esso!"
"Maledetto, l’unico che morirà quest’oggi sei tu!!!" –Esclamò Enomao, rialzandosi a fatica. Sollevò il braccio destro, concentrando il cosmo sotto di esso. –"Ruota del Carro Furioso, travolgilo!" –Gridò, mentre la guizzante ruota di energia sfrecciava verso Ascanio, sperando di travolgerlo come aveva fatto con Asher.
Ma il Comandante dell’Ultima Legione, concentrando al massimo i propri sensi, portò entrambe le braccia avanti, fermando il vorticante roteare del disco energetico, stringendo i denti per lo sforzo. Spingendo con vigore, ed aggiungendovi del proprio cosmo, Ascanio rispedì la ruota indietro, ad una velocità superiore, che investì Enomao in pieno, trinciando verticalmente la sua cotta protettiva e scaraventandolo contro un albero.
"Adesso puoi scegliere come morire!" –Esclamò Ascanio, avvicinandosi. –"Con una morte lenta, ma soave, o rapida e violenta! Due scelte per due morti, così come per due draghi!"
"Scegliere come morire?!" –Balbettò incredulo Enomao, rimettendosi in piedi. –"Devi essere folle per chiedere questo ad un berseker! Noi siamo la morte stessa, da lei forgiati nel sangue e nella guerra!! Come puoi chiedermi ciò?!" –Gridò, lanciandosi avanti con il pugno teso.
"A modo tuo… mi hai risposto…" –Commentò Ascanio, socchiudendo gli occhi. –"Rapida e violenta!" –E nel dir questo liberò il suo immenso cosmo, portando avanti entrambe le braccia, mentre la maestosa sagoma di un dragone rosso compariva dietro di lui, scattando a fauci aperte verso Enomao. –"Questo è l’attacco del drago di sangue! Bloody Red Dragon Attack!" –Gridò, investendo in pieno il suo nemico.
Enomao ricadde a terra, tra i frammenti del suo corpo insanguinatio e, per quanto cercasse di rialzarsi, fu costretto infine ad arrendersi, venendo addirittura calpestato dagli altri berseker in fuga.
In quello stesso momento infatti, un grido pauroso echeggiò sull’intero Olimpo mentre un’immensa sagoma, circondata da vampe infuocate, torreggiò su tutti i combattenti, oscurando le nuvole nel cielo lontano. Tifone sollevò la carcassa tumefatta del gigantesco Briareo e la scagliò a terra, proprio sul campo di battaglia. Poco importava alla mostruosa creatura che fossero i berseker ad esserne schiacciati, o i Cavalieri Celesti di Zeus; egli non era dominato da razionalità alcuna, soltanto da una crudele brutalità che lo istigava alla violenza eterna, la stessa che sua madre Gea gli aveva insegnato, e che Flegias aveva risvegliato in lui.
Molti furono infatti i berseker che vennero schiacciati dall’enorme massa di Briareo, uccisi con un unico colpo, insieme ai loro avversari, i bianchi Cavalieri dell’Ultima Legione, parecchi dei quali non riuscirono a mettersi in salvo. Il Cancello del Fulmine venne abbattuto, e così pure il muro perimetrale della Reggia di Zeus, mentre Efesto, Artemide, Phantom e gli altri Cavalieri Celesti venivano scaraventati lontano, a causa del violento smottamento del terreno, che fece traballare persino il Seggio di Zeus, in cima alla scalinata nella Sala del Trono, su cui il Dio era seduto da ore, impegnato a contrastare a distanza il demoniaco cosmo di Ares, e quello di Tifone.
"Padre!!!" –Esclamò Atena, aiutando il Dio a rimettersi in piedi.
"Non preoccuparti, figlia mia! Riesco ancora a camminare con le mie gambe!" –Ironizzò Zeus, risollevandosi.
Atena fissò il Padre per un momento, leggendo nei suoi occhi la stessa luce di speranza e disperazione che già vi aveva scoperto millenni prima, quando Tifone aveva assediato l’Olimpo e lei sola era rimasta, unica tra tutti gli Dei, ad affiancarlo nella terribile lotta. Speranza, perché era il solo sentimento che potessero provare in quel momento, il solo ardore che poteva accendere i loro cuori e quegli degli uomini fuori dalla Reggia, impegnati nell’ultima resistenza; e disperazione, perché quel sentimento era labile come una foglia al vento, e Zeus non era certo che possedessero radici sufficientemente resistenti per non essere spazzati via.