CAPITOLO VENTISEIESIMO. IL GIARDINO DELLE ESPERIDI.
Con dispiacere e preoccupazione, Pegasus, Cristal, Andromeda, Phoenix e Scorpio avevano lasciato Sirio e Libra alle prese con il terribile Gerione, confidando nella forza dei due amici e nella loro naturale intesa, sfrecciando lungo la scalinata di marmo, diretti verso il luogo dove un tempo sorgeva l’Undicesima Casa. Che non l’avrebbero trovata apparve loro evidente fin da metà corsa, quando, lungo il bordo della scalinata, iniziarono a notare alti alberi dai verdeggianti rami torreggiare sopra di loro. Prima una vegetazione rada, poi sempre più fitta, al punto che la scalinata iniziò ad essere ricoperta di un consistente strato di muschio, fin poi a scomparire, lasciando il posto all’erba, a un sentiero erboso che si dipanava in mezzo ad alti fusti di alberi dall’acre odore.
"Incredibile!!!" –Mormorò Andromeda, guardandosi intorno stupefatto.
Il bosco nel quale terminarono la corsa non somigliava a quello del Terzo Tempio, non solo perché quello si era rivelata un’illusione ma anche per la diversità degli alberi, molto più grandi e lucenti, e per l’aria che si respirava. Un’atmosfera mitica, dove pungenti odori raggiungevano le narici dei Cavalieri di Atena, infondendo in loro uno strano sentimento di serenità, quasi di fiacchezza.
"Sembra un vero paradiso…" –Commentò Pegasus, osservando gli alberi attorno.
I rami erano grandi e nodosi e si lanciavano verso l’alto, intrecciandosi tra loro, quasi come ad afferrare un frammento di infinito che era loro negato, mentre foglie d’oro cadevano dagli alberi, delicate come farfalle, rendendo ancora più mitico e intrigante quell’ambiente.
"Che sia dunque questo…" –Mormorò Cristal infine. –"Il Giardino delle Esperidi?!"
"La penultima fatica di Eracle!" –Continuò Scorpio, guardando estasiato il bosco. –"Nel Mondo Antico era situato in un luogo remoto dell’Occidente, sulla cima del Monte Atlante, e vi era custodito un melo dai frutti d’oro! L’albero era un dono di Gea, la Madre Terra, ad Era, in occasione del suo matrimonio con Zeus! Le Esperidi ne erano le custodi, le Ninfe del Tramonto, alle quali Eracle, per ordine di Euristeo, portò via i frutti d’oro, aiutato da Atlante!"
"Che Ares lo abbia ricreato qua?!" –Mormorò Pegasus.
"Ma la leggenda racconta anche di un altro custode del bosco d’Oro…" –Commentò Cristal, con voce preoccupata. –"Ladone!" –Sibilò, ghiacciando il sangue degli amici.
Improvvisamente un fruscio sulle foglie cadute fece voltare gli amici, giusto in tempo per vedere una sagoma nascondersi tra gli alberi.
"Chi va là?!" –Gridò Pegasus. Ma Andromeda lo pregò di fare silenzio e non scomodarsi troppo.
"Ci penserà la mia catena a portarlo qui! Chiunque egli sia!" –Esclamò, liberando l’arma, che sfrecciò nell’aria senza tempo di quel mitico bosco, sollevando, al suo passaggio, cumuli di dorate foglie cadute, correndo dietro al suo obiettivo. –"Ecco! L’ho preso!" –Esclamò con decisione, prima di ritirare la catena e scoprire il loro misterioso osservatore.
"Ma…" –Balbettò Cristal, osservando la catena ritornare indietro, trascinando una figura sul terreno. –"È una fanciulla!"
"E com’è bella!" –Mormorò Pegasus, ammaliato dal fascino della giovane.
La ragazza era piccola e gracile, con biondi capelli sfilacciati, lucenti come polvere d’oro, carnagione chiara, eterea, e limpidi occhi verdi, che fissavano i Cavalieri con paura. Indossava una veste bianca, leggera e trasparente, che permetteva di vedere le sue graziose forme all’interno.
"Chi sei?!" –Domandò Andromeda, liberando la ragazza dalla stretta morsa della catena.
"Prudenza Andromeda!" –Esclamò Phoenix, ricordando i precedenti inganni di cui erano rimasti vittime. Ma la ragazza, appena libera dalla catena, cercò di fuggir via, correndo scalza sull’erba fresca, ma fu prontamente fermata da Cristal, che con un rapido spostamento alla velocità della luce si pose di fronte a lei, pregandola di trattenersi e non avere timore.
"Non essere spaventata!" –Esclamò dolcemente il Cigno, osservando la ragazza tremare impaurita. –"Non vogliamo farti del male! Sempre che tu non voglia farne a noi!" –Ironizzò.
"Non dovevate venire! Andate via!!!" –Affermò la ragazza, cercando di divincolarsi dalla presa.
"Ehi, calmati!" –Continuò Cristal, subito affiancato da Andromeda, mentre Scorpio, Phoenix e Pegasus si guardavano intorno, preoccupati per i segreti e i pericoli che quel bosco nascondeva.
"Siamo Cavalieri di Atena!" –Esclamò Andromeda, sperando di tranquillizzarla. –"Dobbiamo raggiungere la Tredicesima Casa! Puoi indicarci la via per uscire dal Bosco d’oro?!"
"Non esiste via alcuna per uscire dal Bosco d’Oro!!!" –Mormorò la ragazza, visibilmente spaventata. –"Ivi per sempre resterete, vivi o morti! Ladone non vi farà mai uscire di qua!!!" –Quelle parole aumentarono la tensione nei cinque Cavalieri di Atena, decisi più che mai a trovare il modo per andarsene quanto prima dal Giardino delle Esperidi.
"Dobbiamo provare comunque…" –Affermò Cristal, con voce serena. –"Se tu potessi aiutarci, graziosa fanciulla, te ne saremmo grati!"
"Egle!" –Sorrise finalmente la ragazza.
"Come?!" –Ripeté Cristal, non comprendendo.
"Egle è il mio nome! Ninfa del Tramonto!"
"Dunque tu sei… una delle Esperidi?!"
"Mi chiamano anche la Lucente, e sono una delle tre Esperidi, custodi di questo Giardino!" –Si presentò la giovane, mentre Cristal allentava finalmente la presa su di lei, lasciandola libera. –"Temo per la vostra vita, giovani Cavalieri! È rischioso per voi l’accesso a questo bosco sacro!"
"Lo sappiamo! Ma è il nostro dovere di Cavalieri!" –Le rispose Cristal.
"Il dovere spesso danneggia l’incolumità! Egli sarà qua tra breve e…" –Ma non fece in tempo a terminare la frase che la Catena di Andromeda vibrò, sollevandosi di scatto, mentre un’agile figura sfrecciava tra i Cavalieri, atterrandone un paio e balzando sopra Scorpio, sbattendolo a terra.
"Muori!!!" –Ghignò il nuovo arrivato, sollevando il braccio destro. Un secondo dopo la Catena di Andromeda era già arrotolata intorno al suo polso, prima che un deciso strattone lo sollevasse bruscamente, liberando il Cavaliere di Scorpio.
"Chi sei?!" –Tuonò Pegasus, bruciando il proprio cosmo, presto seguito da Phoenix, mentre Cristal si metteva davanti alla ninfa, per proteggerla.
"Licaone!" –Rispose la figura dall’aspetto sgraziato. –"Il Guardiano del Bosco d’Oro!"
Era un uomo sulla quarantina, di media altezza e corporatura esile, leggermente gobbo, con un viso scuro ma scavato, una forma del cranio singolare, con gli archi degli zigomi molto distanziati, creste ossee robuste e grandi orecchie arrotondate
, occhi rossastri e corti capelli neri radi; indossava un’armatura a macchie nere, gialle e bianche, dalle sembianze del Cane Selvaggio che gli aveva dato nome, tanto che era persino dotata di una coda, con la caratteristica macchia bianca in cima."È uno dei figli di Ares!" –Esclamò Egle terrorizzata. –"Orribile e violento, si diverte a spaventare noi Esperidi, nel tentativo di abusare dei nostri corpi!"
"Taci, cretina!" –La zittì Licaone, scattando avanti. Incurante della stretta al polso della Catena di Andromeda, sfrecciò verso la donna, mentre lunghi artigli spuntavano dalle sue dita, pronti per affondare nel suo collo. Ma Andromeda non glielo permise, scatenando la devastante potenza delle Onde del Tuono, che fendettero l’aria della foresta, travolgendo Licaone e spingendolo indietro. Con rabbia il berseker si liberò della Catena di Andromeda, colpendola con artigli incandescenti, gli stessi che avrebbe voluto piantare nel collo di Scorpio.
"Qua termina la vostra corsa, Cavalieri di Atena! Qua, sotto gli alti fusti del bosco d’oro, che accoglierà le vostre morenti spoglie, le vostre supplichevoli lamentele di pietà!!!"
"Non essere ridicolo! Sei da solo contro cinque Cavalieri! Per te non c’è speranza!" –Esclamò Pegasus, preparandosi per battersi con lui. Ma Scorpio lo fermò, rivolgendosi a lui con un sorriso.
"Voi Cavalieri dello Zodiaco avete già fatto abbastanza! Le ferite sui vostri corpi, non ancora rimarginate, ne sono degna testimonianza! Lasciate a me costui! Affronterà il veleno dello Scorpione d’Oro! Voi cercate l’uscita e correte da Ares!"
"Scorpio..." –Pegasus esitò per un momento.
"Puoi fidarti di lui, Pegasus!" –Intervenne Cristal, sorridendo a Scorpio a sua volta. –"Ho imparato a mie spese che è uomo che porta a termine ciò che promette!"
"E sia… ma sii prudente!" –Concluse Pegasus, allontanandosi insieme agli amici.
"Siate prudenti voi, amici! Temo che le insidie del Bosco d’Oro siano soltanto all’inizio!" –Mormorò Scorpio, mentre Licaone scattava avanti, veloce come il Cane Selvatico, per fermare la fuga dei quattro. –"Non così in fretta!" –Lo bloccò Scorpio, interponendosi tra loro.
"Cadiiii!!!" –Gridò Licaone, sfoderando i suoi lunghi acuminati artigli. Ma Scorpio fu abile ad evitarli, muovendosi a destra e sinistra, fino a bloccare la mano del guerriero di Ares, e a lanciarlo con forza contro un albero. Licaone atterrò compostamente al suolo, pronto per caricare nuovamente, ma si accorse di non potersi muovere, trovandosi completamente paralizzato, fermato da sconosciute onde di energia mentale che gli impedivano di spostarsi.
"Sono le Onde di Scorpio!" –Esclamò il Cavaliere, mentre cerchi di energia partivano dal suo viso paralizzando il guerriero.
"Lasciami… liberami!!!" –Gridò Licaone, ma Scorpio non lo ascoltò neppure, limitandosi a sollevare l’indice destro e a puntarlo contro di lui. Immediatamente un’unghia rossa si allungò, brillando come una piccola stella, prima che un raggio di luce rossastra colpisse Licaone in pieno petto, presto seguito da altri due.
"Aaargh!!!" –Esclamò il guerriero, accasciandosi a terra, e osservando i buchi sulla sua corazza. Ce ne erano due, vicini tra loro, all’altezza della pancia, mentre il terzo raggio, che aveva mirato al cuore, non aveva scalfito la superficie dell’armatura, probabilmente più resistente in alcuni punti.
"È l’ago dello Scorpione, mio caro! La Cuspide Scarlatta!" –Esclamò Scorpio, continuando a puntare il dito contro Licaone. –"Il veleno che ti sta entrando nel sangue ti farà impazzire, accasciare a terra per il dolore, bloccando i tuoi centri nervosi e portandoti alla pazzia, alla disperazione, alle grida infinite di panico, quello stesso panico che tu, servo di Ares, vorresti infliggere agli uomini liberi… alla morte, infine!"
"Alla morte, eh?!" –Sogghignò Licaone, tentando di rimettersi in piedi.
"Precisamente!" –Rispose Scorpio, mentre la punta del suo indice si illuminava nuovamente. Ma non ebbe il tempo di scagliare un nuovo attacco che dovette fronteggiare l’assalto impetuoso di Licaone, il quale, sorprendendo lo stesso Cavaliere di Scorpio, si era liberato dalle onde mentali e si era lanciato su di lui, brandendo i suoi affilati artigli.
Scorpio venne spinto indietro, sbattendo la schiena sul terreno erboso, mentre Licaone gli balzò sopra, spingendo gli artigli contro il suo viso. Con un gesto rapido, Scorpio scansò il capo, mentre gli unghioni dell’uomo gli trinciavano confusamente i capelli violacei, prima di poggiare l’indice sul petto dell’uomo sopra di lui. Un lampo di luce scaraventò Licaone in alto, tra le urla dello stesso, mentre Scorpio si rialzava e saltava, sfoderando le dorate chele dello Scorpione.
"Prendi!!!" –Esclamò, affondando le chele sul fianco destro della corazza di Licaone, il quale, grondante sangue, ricadde a terra e rantolò sul terreno, in evidente difficoltà, fino a poggiarsi con la schiena ad un albero, ansimando rumorosamente.
"Ares dovrebbe scegliere migliori custodi per il proprio territorio!" –Ironizzò Scorpio. "Ben misero avversario sei per un Cavaliere d’Oro mio pari!"
"E Atena dovrebbe avere più a cuore la sorte dei suoi paladini, anziché inviarli in missioni suicide!" –Rispose Licaone, a tono. –"Poiché nessuno di voi uscirà vivo di qui!"
"Che cosa?!"
"Ladone troverà i tuoi amici, e li sbranerà vivi! Incendierà le loro carni, farà a brandelli quelle stupide vestigia che indossano, prima di affondare i suoi denti biforcuti nella loro morbida pelle, sfregiandoli e avvelenando la loro anima!"
"Taci!" –Esclamò Scorpio, disturbato dalle violenti parole. E sollevò nuovamente l’indice, pronto per affondare ancora l’ago dello Scorpione nel suo nemico, ma questi, straniando lo stesso Cavaliere, sollevò una foglia dorata, socchiudendo gli occhi e iniziando a recitare un sermone.
"Oh foglie del Bosco d’Oro, che da Ares avete ricevuto la fiamma della vita, fermate l’irrispettoso invasore, colui che ha osato levare la mano contro il suo custode! Il vostro custode!" –Mormorò Licaone, lasciando scivolare la foglia nell’aria.
Scorpio, sorpreso, non vi diede troppa importanza, liberando l’ago scarlatto della cuspide, che si conficcò nell’armatura di Licaone, proprio all’altezza della spalla. Nonostante il dolore, il figlio di Ares non si disperò, anzi sogghignò, mostrando i denti gialli e carichi di odio, proprio mentre la foglia d’oro si posava sul bracciale destro dell’armatura di Scorpio.
"Che strano!" –Mormorò questi, toccandosi il braccio. –"Sento il mio braccio più peso del solito!" –Licaone ridacchiò, rimettendosi in piedi, e osservando una fitta pioggia di foglie dorate cadere su Scorpio, ricoprendolo interamente. –"Ma che sta succedendo?!" –Si chiese il Cavaliere, sentendo il suo corpo sempre più pesante.
"Sono le foglie del Bosco d’Oro! Il loro tocco appesantisce le anime degli impuri! E chi più impuro di un Cavaliere di Atena?! Un Cavaliere di colei che, tradendo la propria stirpe materna, aiutò Eracle a profanare il Giardino delle Esperidi, millenni fa, e che adesso ha invaso i Templi dell’Ira, portandovi la distruzione!"
"Atena non è… portatrice... di distruzione…" –Le parole di Scorpio si facevano sempre più pesanti, impossibilitato persino a parlare. –"Atena è Dea di pace!" –Il suo corpo era interamente ricoperto di foglie dorate, che pesavano su di lui come massi, schiacciandolo a terra, impedendogli di muoversi, persino di sollevare lo sguardo. La pressione si fece insostenibile, al punto da farlo cadere a terra.
"Muori, bastardo!" –Esclamò Licaone, sferrando calci su quell’ammasso indistinto di foglie. –"Il Bosco d’Oro sarà la vostra tomba! Come promesso!" –E continuò a dare calci al Cavaliere.
Improvvisamente il guerriero di Ares fece un balzo indietro, sentendo scottare la pianta del suo piede. Non comprendendo si chiese cosa fosse accaduto, prima di vedere le foglie che aveva tanto invocato ardere in un profondo fuoco purificatore.
"Eeeh?! Che succede?! Chi può fare questo?!" –Gridò, mentre le foglie che ricoprivano il Cavaliere di Scorpio andavano in cenere, arse da un potente calore.
"Io!" –Esclamò Scorpio, rimettendosi in piedi. La sua corazza risplendeva di una viva luce amaranto, mentre gli ultimi residui delle foglie del bosco sacro cadevano a terra, venendo calpestate dal Cavaliere.
"Tutti quanti abbiamo un fuoco dentro!" –Esclamò Scorpio, espandendo ancora il proprio vasto cosmo. –"E tale fuoco si chiama speranza! E arde come fiamma imperitura in noi Cavalieri di Atena! E nelle nostre armature, riforgiate nelle lande immortali di Muspellheimr, e riparate dalla Polvere di Stelle dei discendenti di Mu!"
"L’unica fiamma che vedrai sarà quella del mio padrone, che sterminerà tutti quanti voi!"
"Splendi, Cometa di Antares!!!" –Esclamò infine Scorpio, concentrando il cosmo tra le mani. Una sfera di rovente energia apparve tra i suoi palmi, prima che il Cavaliere la dirigesse avanti a sé, come un’incandescente cometa rossastra, travolgendo il guerriero di Ares, che venne colpito in pieno e scaraventato indietro, schiantandosi contro un albero. Quando si rialzò, Licaone vide con orrore crepe innegabili sulla propria corazza, da cui rivoli di sangue iniziarono lentamente ad uscire.
Dolorante, espanse il proprio cosmo maligno e si preparò per contrattaccare. –"Zanne roventi del Licaone!" –Esclamò, scattando avanti, mentre le unghie delle sue mani si allungavano, diventando affilati artigli. Scorpio, in tutta risposta, tentò di fermarlo pungendolo con l’Ago dello Scorpione.
"Cuspide Scarlatta! Insinuati tra le crepe della corazza del figlio di Ares e flagella il suo corpo martoriato!" –Mormorò, puntando l’indice avanti a sé. Rapide linee di rossastra luce si diressero verso Licaone, mentre questi scattava in direzione di Scorpio con gli unghioni affilati, trafiggendolo in più punti e dilaniando il suo corpo dal dolore.
A fatica, il figlio di Ares riuscì comunque ad avvicinarsi a Scorpio, il quale si difese col braccio sinistro, piantando in esso le incandescenti zanne del Licaone, frantumando in parte la sua corazza. La distanza ravvicinata giocò comunque a suo sfavore, permettendo a Scorpio di perforare il pettorale della sua armatura proprio all’altezza del cuore.
"Ago della Cuspide!" –Bisbigliò il Cavaliere, affondando dentro il petto del figlio di Ares.
Licaone, ferito e avvelenato dal veleno dello Scorpione, si accasciò a terra, proprio davanti al Cavaliere, il quale, temendo un nuovo trucco del figlio di Ares, lo colpì con un violento calcio in pieno viso, scaraventandolo in alto, esponendolo all’ultimo suo attacco.
"Qua, tutto finisce!" –Esclamò Scorpio, trapassandolo ancora con i suoi raggi.
Il Custode del Bosco d’Oro ricadde a terra molti metri addietro, in una pozza di macabro sangue che macchiò l’incontaminata erba del giardino fatato. Subito, una lenta pioggia di foglie dorate iniziò a cadere su di lui, posandosi sul suo corpo, quasi come per coprire le sue ferite. Ma anche Scorpio si accasciò, toccandosi il braccio sinistro, dove Licaone aveva piantato i suoi artigli incandescenti, distruggendo la sua corazza. Sentendo esplodere i cosmi dei suoi amici, si rialzò immediatamente, cercando di localizzarli usando il proprio cosmo. Ma non fu facile, perché quel bosco era magico, permeato da strane correnti di energia mistica che rendevano difficile individuare un punto preciso.
"Ih ih…" –Mormorò infine Licaone, con le sue ultime forze. –"Giunge infine la morte per tutti.. anche per voi, Cavalieri di Atena! È solo questione di ore… di attimi…" –Non aggiunse altro e si spense, sotto cumuli di foglie dorate, senza neppure uno sguardo compassionevole di Scorpio, il quale, per quanto dolorante fosse, sfrecciò via, tra i fitti alberi del Giardino delle Esperidi alla ricerca dei propri amici.
***
Pegasus, Cristal, Andromeda e Phoenix, dopo aver lasciato Scorpio alle prese con Licaone, sfrecciarono tra i dorati alberi del Giardino delle Esperidi, guidati da Egle, la Lucente Ninfa, che li incitava a far in fretta, prima che Ladone si accorgesse di loro. Ma i loro sforzi si rivelarono vani, essendo raggiunti in fretta dal vero guardiano del Giardino delle Esperidi, l’immenso serpente posto da Era a guardia dell’albero dalle mele d’oro, ora richiamato in vita da Ares, grazie al potere della Pietra Nera, e posto come Undicesima Fatica dei Cavalieri di Atena.
La terrà tremò sotto i piedi di Pegasus e compagni, scuotendo gli alberi, le cui alte fronte tremarono impaurite, lasciando cadere centinaia di foglie dorate, mentre Egle iniziò ad urlare.
"Iiih…" –Gridò la ninfa, avendo riconosciuto il maligno cosmo del Guardiano del Giardino Sacro. Ma le sue grida si persero nel boato che accompagnò l’arrivo del viscido verme, che spuntò dalla terra, ricoperto da polvere e terriccio, presentandosi in tutta la sua orribile mostruosità.
Ladone, figlio di Echidna e Tifone, era una delle bestie più orribili del Mondo Antico, della stessa stirpe divina, e perversa, di Cerbero, Ortro, dell’Idra di Lerna e del Leone di Nemea; aveva la forma di un immenso serpente, dalla squamosa pelle olivastra, rivestita di un’oscura bardatura, per proteggerlo dalle lame dei suoi nemici. La sagoma sembrava richiamare un Drago, anziché un serpente, tanto grande era, e tanto affilati erano i suoi denti aguzzi, sempre pronti ad affondare dentro carne umana. Gli occhi erano iniettati di sangue, orribili solo a vedersi, e capaci di provocare terrore con un semplice sguardo, e la lunga lingua rossa era biforcuta.
"Dei dell’Olimpo!" –Mormorò Pegasus. –"È orribile! È dunque questo il serpente guardiano del Giardino delle Esperidi?!"
"Sono proprio io!" –Sibilò Ladone, sorprendendo i quattro Cavalieri. –"A differenza di molte altre creature primordiali, gli Dei concessero a me, Ladone, il privilegio di parlare e dialogare con gli uomini, comprendendo il loro linguaggio!" –Quindi spostò lo sguardo su Egle, fulminandola per aver tentato di condurli via dal Giardino, mentre la ragazza gridò spaventata.
"Non temere!" –La rassicurò Cristal. –"Nessuno oserà farti del male, finché Cristal sarà di fronte a te!" –Ladone non rispose, sollevando l’immensa testa, inspirando e poi abbassandosi su di loro, aprendo le fauci e liberando un violento getto di fuoco.
"Attenti!!!" –Gridò Phoenix, scansandosi insieme ad Andromeda.
"Maledizione... ma sputa pure fuoco?! Ma che è un drago?!" –Brontolò Pegasus, rotolando sul terreno erboso.
Cristal cercò di difendere la ninfa dalla violenta vampata di Ladone, venendo raggiunto sulla schiena dalle mortali fiamme del serpente, che arsero sulla sua già provata corazza.
"Cavaliere…" –Mormorò Egle, vedendo il dolore che il ragazzo provava, bruciando al posto suo.
"Non… preoccuparti…" –Le sorrise Cristal, molto tiratamente. Quindi si voltò di scatto, accendendo il suo limpido cosmo, e si lanciò verso Ladone, caricando il pugno destro del suo potere glaciante. –"Polvere… di Diamanti!!!" –Esclamò, dirigendo la tempesta di ghiaccio verso la bocca dell’orrido serpente, il quale, prontamente, rispose con una nuova vampata infuocata.
Phoenix si lanciò come un fulmine su Cristal, afferrandolo in tempo, prima che le fiamme lo travolgessero, dopo aver spazzato via la Polvere di Diamanti, venendo feriti soltanto di striscio.
Andromeda e Pegasus attaccarono in quel momento, contemporaneamente, il primo tentando di afferrare il guizzante colpo del serpente, intrappolandolo con la sua catena, e il secondo puntando al cranio della bestia, liberando migliaia di lucenti fulmini. Ma i loro attacchi furono vani, non riportando Ladone danno alcuno, e liberandosi in fretta dall’effimera prigionia della Catena di Andromeda, scuotendo selvaggiamente la coda squamosa, con la quale spazzò via i due Cavalieri, scaraventandoli contro alberi poco distanti.
"Pegasus! Andromeda!" –Urlò Phoenix, accorgendosi di essere l’unico ancora in piedi. –"Maledetto lombrico!!!" –Esclamò, bruciando il proprio cosmo infuocato. –"Muori, Ali della Feniceeee!!!"
L’ardente tempesta scosse gli alberi tutti intorno, stridendo con forza sulla corazza protettiva del figlio di Echidna, senza comunque infrangerla, e senza spaventare l’immenso serpente, che si limitò a inspirare con il proprio naso, assorbendo l’infuocato assalto, e rispendendolo poi indietro, dalle proprie narici, sotto forma di violente vampate di fuoco, che sorpresero lo stesso Phoenix, obbligandolo ad incrociare le braccia avanti a sé, venendo comunque spinto indietro.
"Uah ah ah!!!" –Rise sonoramente il grande serpente, torreggiando sui Cavalieri di Atena, piccoli passeri che avrebbe presto carbonizzato. –"Siete divertenti, Cavalieri!"
"Divertenti eh?!" –Mormorò Pegasus, infuriato, rimettendosi in piedi. –"Vediamo se trovi divertente questo! Cometa lucente!" –Esclamò, concentrando il cosmo tra le mani, sotto forma di una sfera di energia, e lanciandosi avanti, assumendo proprio la forma di una luminosa cometa.
La meteora umana volò verso le fauci di Ladone, ma questi, senza scomporsi troppo, liberò una furibonda vampata di calore, frenando l’avanzata della Cometa Lucente.
"Pegasus!!!" –Urlò Phoenix, preoccupato che l’amico potesse venire arso vivo.
"Lo ucciderà!" –Gridò Andromeda.
"No! Se glielo impedisco io!" –Esclamò Cristal, espandendo il suo freddo cosmo. Sollevò le braccia sopra la testa, caricandole della sua gelida energia, prima di sbattere i pugni avanti a sé, mirando verso le fauci infuocate di Ladone. –"Aurora… del Nord! Colpisci!" –Gridò, mentre il repentino flusso di ghiaccio correva in alto, scontrandosi con le calde vampate del serpente.
In quella, Andromeda liberò la catena, afferrando Pegasus che, indebolito, stava precipitando, e lo tirò a sé, portandolo fuori dal getto caldo di Ladone. Phoenix tentò di aiutare Cristal, non sapendo bene come, non avendo idea di dove colpire, temendo che la coriacea pelle corazzata del serpente avrebbe respinto il suo attacco.
Fu Egle a venire in aiuto dei Cavalieri, indicando loro dove colpire. –"Gli occhi!" –Gridò, incitando Phoenix. –"Mira agli occhi!"
Senza farselo ripetere due volte, Phoenix espanse il proprio cosmo infuocato, balzando in alto, proprio mentre Cristal si accasciava esausto per il troppo sforzo, continuando comunque a dirigere l’Aurora del Nord verso le fauci di Ladone.
"Piume infuocate di Phoenix!" –Gridò, scagliando migliaia di piume incandescenti verso i rossastri occhi di Ladone, il quale, sorpreso dalla repentinità dell’attacco dovette sollevare il viso improvvisamente, scaricando le vampe di fuoco su Phoenix, che venne spinto indietro e ricadde a terra, con l’armatura annerita in più punti.
"Stai bene, fratello?!" –Gli corse incontro Andromeda, rialzatosi insieme a Pegasus.
Nonostante i numerosi attacchi, anche combinati, che gli avevano rivolto, Ladone era ancora di fronte a loro, torreggiante Guardiano del Giardino delle Esperidi. I suoi occhi iniettati di sangue fissarono i quattro Cavalieri sotto di lui, piccoli insetti dispettosi che avrebbe presto incenerito con le sue ardenti vampe infuocate. Prima però, per vendicarsi del tradimento, avrebbe regolato i conti con la ninfa ribelle, sbranandola viva, per aver suggerito a Phoenix dove colpire. Agitandosi sul terreno, Ladone srotolò la putrida coda, scaraventando via i Cavalieri dello Zodiaco, prima di tuffare il viso in basso, portandosi proprio di fronte ad Egle, ed eruttando roventi fiamme distruttrici.