CAPITOLO VENTITREESIMO. COMBATTENDO INSIEME.

Dohko di Libra e Milo di Scorpio erano giunti al Grande Tempio due ore prima, ma avevano dovuto affrontare ben due scontri. Il primo di fronte alla Casa di Ariete, contro una pattuglia di berseker che aveva tentato di fermarli, e il secondo alla Nona Casa, contro le Amazzoni di Ippolita. Le donne guerriero avevano rifiutato loro di transitare, ma Scorpio, per quanto non desiderasse affrontarle, avendo sempre avuto notevole stima delle Amazzoni, era stato costretto a pungerle con l’acuminato ago. Solo poche punture erano bastate per farle accasciare al suolo, febbricitanti, e permettere loro di passare oltre. Dohko aveva percepito una forte energia cosmica nella Nona Casa, superiore a quella delle donne che avevano sbarrato loro il passo. Che sia la Regina delle Amazzoni?! Si era chiesto. Ma nessun altro aveva tentato di fermarli e i due avevano oltrepassato il Nono Tempio, dirigendosi verso il Decimo, dove, lo percepivano chiaramente, era in corso una furibonda battaglia.

I Cavalieri dello Zodiaco, fortunatamente ancora vivi, stavano fronteggiando un temibile avversario dal triplice cosmo, e sia Dohko che Scorpio non avevano impiegato molto a capire chi fosse.

Il terribile Gerione! Aveva riflettuto Libra, correndo sulla scalinata di marmo. Mostruoso gigante triforme e tricipite! Veniva considerato l’uomo più forte del mondo, nell’Antichità! La sua fama fu nota fino al Medioevo, al punto che Dante, grande poeta italiano, lo cantò nel suo Inferno, nel XVII canto, facendone però un frodatore, un imbroglione, dall’aspetto osceno, quasi animalesco: "La faccia sua era faccia di uom giusto, tanto benigna avea di fuor la pelle, e d’un serpente tutto l'altro fusto; due branche avea pilose insin l’ascelle; lo dosso e l’petto e ambedue le coste dipinti avea di nodi e di rotelle. Con più color, sommesse e sovrapposte non fer mai drappi Tartari né Turchi!

Erano giunti alla Decima Casa giusto in tempo per aiutare Sirio, imprigionato dal gigante nel suo stretto pugno mortale, liberandolo con le Armi della Bilancia.

"Scorpio!!!" –Esclamò Cristal, felice di vedere i due Cavalieri d’Oro.

"Ma... maestro!!!" –Balbettò Sirio, rimettendosi in piedi.

"Attento, Sirio!" –Esclamò Dohko, osservando Gerione chinarsi nuovamente su Dragone, per colpirlo con la sua clava incandescente. Con un balzo, Dohko affiancò Sirio, sollevando lo Scudo Dorato e caricandolo di tutto il suo cosmo; ma per quanto l’arma fosse potente e resistente, rinforzata da Mur e da Muspellheimr, non resse il corpo, incrinandosi rovinosamente, e i due Cavalieri vennero scaraventati indietro, sbattendo contro la parete rocciosa.

"Maestro!" –Esclamò Sirio, cercando di aiutare Dohko, che però rifiutò il suo aiuto, pregandolo di non chiamarlo più con quel nome.

"Credevo di avertelo già detto quando affrontasti Arge!" –Mormorò Dohko, rialzandosi ansimando. –"Adesso siamo due compagni d’arme, Sirio!"

La conversazione fra i due fu interrotta dal violento assalto di Gerione sui loro compagni. Mentre Pegasus e gli altri cercavano di evitare le clave incandescenti del Gigante, Scorpio tentò di ferirlo con il suo ago avvelenato, ma scoprì, con dispiacere, che la Cuspide Scarlatta non era in grado di penetrare la resistente corazza di Gerione, di probabile fattura divina.

Come contro Aiace! Rifletté Scorpio, ricordando il suo scontro col Giudice. Senza esitare, si lanciò avanti, sfrecciando alla velocità della luce tra le clave del colosso, fino a portarsi sotto di lui, tra le gambe di Gerione. Bruciò al massimo il cosmo, caricando le sue braccia, prima di conficcare le dorate chele dello Scorpione nella gamba destra del gigante, facendolo urlare di dolore.

"Aaaargh!!!" –Gridò Gerione, sollevando istintivamente la gamba.

Andromeda approfittò di quel momento per srotolare la catena, lanciandola avanti, avvinghiandola con forza al collo del terzo corpo, quello già ferito in precedenza, e iniziando a tirare con tutta la sua potenza, aiutato anche da Phoenix e Cristal. Il corpo barcollante iniziò a piegarsi in avanti, e Dohko e Sirio approfittarono di quel momento per scattare avanti.

Il Cavaliere d’Oro sfoderò la Spada Dorata di Libra, balzando in alto e piantandola nel collo del Gigante, già ferito dallo stridere della Catena di Andromeda, mentre Sirio, subito dopo di lui, lanciò un fendente di energia cosmica nello stesso punto. Excalibur, forte degli aiuti ricevuti, tagliò di netto la testa del terzo corpo di Gerione, che cadde a terra tra le urla lancinanti degli altri due corpi, che iniziarono a dimenarsi follemente, agitando le clave.

Scorpio fu colpito con un calcio brusco e scaraventato indietro, tra i detriti ammassati della Decima Casa, mentre Pegasus e compagni tentavano di evitare gli assalti del colosso.

"Andate avanti, voi!" –Gridò Dohko, intimando Pegasus e gli altri di raggiungere Scorpio, già alle spalle del Gigante. –"Lasciate a me le due teste rimanenti!"

"Non combatterai senza di me!" –Lo affiancò Sirio, lanciando un’occhiata a Pegasus.

"Amici…" –Balbettò quest’ultimo, prima di evitare un brusco assalto di Gerione.

Le clave incandescenti puntarono sul gruppo di Cavalieri, che dovettero dividersi per non essere colpiti, mentre Gerione urlava come un pazzo, desiderando solamente la loro distruzione.

"Adesso… correte avanti!!!" –Li intimò Libra, impugnando il Tridente Dorato. Balzò in alto, proprio mentre una mano di Gerione piombava su di lui, e piantò l’arma nel palmo aperto della mano, prima di venire colpito e scaraventato a terra.

Il gigante urlò per il dolore, prima di troncare il tridente e gettarlo via, avventandosi con rabbia contro il Cavaliere d’Oro, ma incontrò la pronta opposizione di Sirio, che con un colpo secco di Excalibur tagliò ben tre dita della mano insanguinata. Pegasus, Phoenix, Andromeda e Cristal superarono in quel momento il gigante e raggiunsero Scorpio, tra le macerie del Decimo Tempio, incamminandosi avanti insieme a lui.

Gerione era arrabbiatissimo e infuriato per aver perso una delle sue teste e stava sferrando violenti e distruttivi attacchi contro i due Cavalieri di Atena, sbattendo con brutalità le sue clave, distruggendo il pavimento e creando immensi crateri al suolo.

"Dobbiamo fermarlo, Sirio!" –Esclamò Libra, cercando di elaborare un’utile strategia. Un attacco frontale, adesso che erano rimasti in due, era molto difficile da realizzare e avrebbe impegnato notevolmente le forze dei Cavalieri, stancandoli ulteriormente. Inoltre il vorticare disperato delle braccia di Gerione rendeva impensabile un assalto dall’alto. La soluzione migliore, convenne, mentre un colpo secco di Gerione lo obbligava a scansarsi, è puntare alle gambe del Gigante, facendolo barcollare, e alle sue braccia! Dobbiamo neutralizzare quelle possenti clave!

Stufo di subire, Dohko sfoderò la Barra Tripunte, caricandola del suo dorato cosmo e, mentre una mano del Gigante scendeva su di lui, la scagliò avanti, piantandola proprio nel palmo aperto. Gerione, infastidito da quella nuova ferita, seppur piccola e, in rapporto alla stazza del gigante, insignificante, sbraitò a gran voce, sollevando di scatto la mano, con ancora la barra piantata dentro, e tirando Dohko a sé.

"Maestro!!! Attento!" –Gridò Sirio, vedendo il Cavaliere d’Oro venire issato su con brutalità. Ma era proprio ciò che Dohko voleva, riuscire ad arrivare sulla mano del gigante, che la stava sollevando sempre più, scuotendola per liberarsi da quell’inutile oggetto.

Con abile destrezza, Dohko si aggrappò a un dito del colosso, cercando di non farsi scaraventare a terra, di fronte agli occhi preoccupati di Sirio, impegnato intanto ad evitare un nuovo assalto dell’altro corpo di Gerione, e infine riuscì a portarsi sopra di essa.

"Bene!" –Mormorò Dohko, conscio che doveva agire in fretta, vincendo l’instabilità di quella posizione. Sfoderò la Spada Dorata di Libra e la piantò con forza nel polso del Gigante, caricandola dell’energia del suo cosmo. –"Che Atena mi dia la luceeee!!!" –Urlò, affondando la lama nella coriacea pelle di Gerione.

Il fuoco di Muspellheimr scivolò dentro il corpo del gigante, dilaniando le sue vene, prima che Gerione reagisse istintivamente, scuotendo la mano e scaraventando bruscamente Dohko a terra.

Il Cavaliere cercò di aggrapparsi ad uno spuntone roccioso della parete, ma vi riuscì solo in parte, precipitando a terra, da sette metri di altezza, battendo una gamba e scheggiando la sua corazza.

"Aaargh…" –Ringhiò Gerione, rabbioso, sbattendo la clava sulla mano dolente e spazzando via, troncandole, la barra tripunte e la spada di Libra, per quanto alcune schegge rimanessero piantante all’interno della sua pelle.

Sirio, nel frattempo, era impegnato ad evitare la clava incandescente dell’altro corpo di Gerione, che era riuscito a spingerlo spalle al muro. Maledizione! Mormorò, senza perdersi d’animo. Dietro di lui la parete rocciosa della Collina della Divinità, di lato le rocce confusamente crollate durante lo scontro, e a destra la faglia aperta da Gerione poco prima. Lo spazio per muoversi era molto limitato, pochi metri quadrati che non bastavano neppure per prendere una rincorsa e lanciarsi sul colosso, il quale cercò di pestare il Cavaliere di Atena con la sua immensa clava. Non avendo altra soluzione se non quella di essere schiacciato, Sirio bruciò al massimo il suo cosmo, sollevando il braccio sinistro e offrendo lo scintillante scudo del Dragone al suo nemico.

"Mithril, fai il miracolo!!!" –Mormorò, ormai avvolto da una lucente aura verde.

La clava incandescente di Gerione si schiantò contro lo Scudo del Drago, il riparo più sicuro che un’armatura potesse offrire; ma, per quanto potenziato dal sangue di Atena e dal mithril, anche la leggendaria difesa andò in frantumi, distrutta dalla violenza dell’orrida bestia, che comunque non ne uscì indenne, perdendo la clava, che si schiantò in mille frammenti, spingendo indietro il colosso.

Sirio barcollò per qualche secondo, schiacciato dall’immensa pressione esercitata dalla clava di Gerione, venendo infine scaraventato indietro, sprofondando nella parete rocciosa retrostante, con il braccio sinistro dolente e grondante sangue. Dohko lo raggiunse zoppicando in quel momento, indebolito anch’egli dall’assalto tentato contro il gigante.

"Terribile avversario è costui!" –Mormorò Dragone, rialzandosi a fatica.

"E noi non siamo Eracle!" –Commentò Dohko, un po’ demoralizzato.

"Ma lo vinceremo comunque, Dohko!" –Cercò di incitarlo Sirio, per quanto debole si sentisse.

Il Cavaliere di Libra, sentendosi chiamare per nome, sorrise, lieto di combattere a fianco del suo ultimo allievo quell’importante battaglia, e cercò di elaborare una strategia per mettere fine a quel gioco al massacro.

"Eracle, per abbattere Gerione, lo colpì con una freccia, ferendolo lateralmente, in modo tale che la freccia potesse trapassare i tre corpi in un unico colpo!" –Spiegò Dohko, mentre il gigante si preparava per attaccare nuovamente, per quanto gli ultimi due assalti avessero messo a dura prova la sua resistenza. Ma il premio promesso dal Sommo Ares, la sua vecchia isola, dove poter vivere in pace, insieme alle sue giumenti, lo allettava più della prospettiva di morte, che in quel momento, a Gerione, parve per la prima volta reale.

"Noi non abbiamo archi né frecce!" –Continuò Libra. –"Ma abbiamo le armi della Bilancia! Useremo queste per abbattere questo gigante!"

"Sono con te!" –Concluse Sirio, bruciando il proprio cosmo.

Gerione fu subito su di loro, brandendo l’ultima clava e cercando di colpirli e scaraventarli via, ma essi scattarono avanti, veloci come fulmini, per quanto le ferite sui loro corpi si facessero sentire. Sirio evitò un affondo del gigante, mentre Dohko piantò nella clava il secondo Tridente Dorato, aggrappandosi ad esso e poi balzando sull’arma, per quanto Gerione si dimenasse e cercasse di farlo cadere.

"Resisti!" –Urlò Sirio, espandendo al massimo il proprio cosmo. Sfrecciò come una saetta in mezzo alle gambe del gigante, colpendo prima l’una poi l’altra col netto taglio della lucente Excalibur, facendo urlare Gerione dal dolore.

"Aauuhh!" –Gridò il colosso, sbattendo i piedi con forza, mentre sangue scuro sgorgava dalle ferite.

Dohko, rimbalzando sulla clava, riuscì a sfruttare i grossolani movimenti della creatura, per arrivare al suo braccio, e aiutandosi con il tridente, che piantava continuamente nella cotta protettiva di Gerione, si arrampicò su di esso, fino a giungere a un metro dal volto. Quando Gerione lo vide era ormai troppo tardi: Dohko spiccò un balzo avanti, centrando con il tridente l’occhio destro del colosso, facendolo gridare dalla disperazione, prima che un colpo di mano lo scaraventasse a terra.

Nello stesso tempo Sirio espanse il proprio cosmo lucente, liberando un impetuoso Drago Nascente dal basso, che corse lungo l’intera superficie del colosso, stridendo fortemente sulla sua cotta protettiva, facendola esplodere in più punti. Gli artigli del drago distrussero la corazza di Gerione, giungendo fino al viso del gigante, a cui ormai rimaneva solamente un viso capace di vedere con entrambi gli occhi. E ciò che vide non lo rassicurò minimamente.

Dohko, rimessosi in piedi a fatica, stava impugnando la Lancia Bracciale, con la quale produceva fasci di luce diretti contro di lui. Misera cosa contro l’immensa mole del colosso, ma in quelle condizioni di debolezza anche Gerione ne risultò disturbato, soprattutto perché quelle faville luminose sembravano dirette verso i suoi occhi. Irato, e in parte anche accecato, Gerione agitò la clava di fronte a sé, senza colpire il Cavaliere di Libra, il quale tentò l’azzardata mossa di balzare in alto, per avvicinare le scintille incandescenti agli occhi del Gigante.

L’azione si rivelò fallimentare e permise a Gerione di colpire Dohko in volo, con un secco colpo di clava che scaraventò il Cavaliere a terra, facendolo schiantare rovinosamente sul pavimento e rotolare fin dentro alla faglia. Ma Dohko non si curò di se stesso, pensando solo al fine ultimo di quella mossa: quello di distrarre Gerione, dando a Sirio un’opportunità per batterlo. Non visto infatti il Cavaliere del Drago si era portato alle spalle di Gerione, cercando di ripetere la mossa di Andromeda; si era lanciato in alto, affondando la Spada Dorata nella schiena del corpo centrale, aiutandosi con essa per arrampicarsi e portarsi fino in cima. Quando Gerione se ne accorse era troppo tardi, e la spada di Libra, carica del fuoco di Muspellheimr e del cosmo quasi divino di Sirio, era penetrata dentro al suo collo.

"In nome tuo Capricorn!!!" –Gridò Sirio, spingendo con forza la lama in quella coriacea pelle.

Fiotti di scuro sangue fuoriuscirono istantaneamente, schizzando il ragazzo, aggrappato alle spalle del gigante, mentre dilanianti grida sferzarono l’aria, accompagnando il salto di Sirio sull’altro corpo, quello che Dohko aveva ferito all’occhio destro. Nuovamente caricò la spada dorata del suo lucente cosmo, tuffandosi con essa nel collo del colosso, trapassandolo da parte a parte, prima di ricadere a terra, scaraventato da un’agitata mossa di Gerione e imbrattato dal suo sangue.

Sirio rotolò sul terreno distrutto, debole e sporco di oscura linfa, cercando di avvicinarsi all’apertura sul pavimento, per aiutare il maestro in difficoltà, mentre Gerione, sopra di lui, urlava e gemeva come un forsennato, in preda a indicibili tormenti.

"Maestro!!!" –Lo chiamò Sirio, sdraiato sul bordo della faglia. Ma prima che potesse udire una risposta, vide una barra dorata sfrecciare nell’aria e piantarsi proprio accanto a lui. Dohko era vivo e stava usando la sua arma per uscire dalla faglia. Sirio afferrò la barra e iniziò a tirare, aiutando il Cavaliere di Libra a raggiungere la superficie, proprio in tempo per dare il colpo di grazia a Gerione, ormai impazzito a causa delle tante ferite riportate.

"Insieme, Sirio!" –Mormorò Dohko, espandendo il proprio cosmo. Sirio fece altrettanto e centinaia di scintillanti dragoni apparvero intorno ai loro corpi, scivolando con armonica naturalezza.

"Colpo dei Cento Draghi!!!" –Gridarono insieme, Dohko e Sirio, dirigendo le zanne dei lucenti dragoni contro le gambe del colosso. Sfrecciarono nell’aria caliginosa gli splendenti dragoni d’Oriente, trapassando le gambe del Gigante Gerione, divorando le sue stanche membra, che più non riuscirono a sopportare il peso della sua smisurata mole, ripiegando su loro stesse.

Dohko e Sirio cercarono di spostarsi, mentre il corpo dell’immensa creatura crollava su di loro, sbattendo contro la parete rocciosa e facendola franare rovinosamente sul vasto piazzale e sui due Cavalieri, che vennero travolti dallo sfaldamento di pietre e polvere.

Il boato provocato dal crollo di Gerione fu udito in tutto il Grande Tempio, spaventando gli animi dei berseker rimasti, increduli che un colosso come il Gigante di Eritea potesse crollare. E risuonò nelle stanze di Ares, accendendo la rabbia nel Dio della Guerra, appena rientrato al Grande Tempio.

Furibondo, Ares scagliò un fulmine infuocato che distrusse il soffitto della Tredicesima Casa, risplendendo nel cielo di Atene, venendo visto da tutti con preoccupazione, soprattutto da Pegasus e dai suoi compagni, ormai alle prese con la penultima fatica. Guidata dal suo Signore, la sfolgorante vampata raggiunse il luogo dove un tempo sorgeva la Decima Casa, affondando nell’esanime corpo di Gerione e dando ad esso la giusta sepoltura: un rogo di fiamme, reso ancora più acceso e furioso dall’orrido sangue che si infiammava al contatto con lo spietato cosmo di Ares.

"Del resto in guerra…" – Commentò il nume. –"Non si distinguono gli amici dai nemici, ma solo i vincitori dagli sconfitti! E volano ciechi i colpi dalle mani!"

Sirio e Dohko, prigionieri dalla frana di rocce che era crollata su di loro, sentirono le devastanti vampate del Dio della Guerra ardere fuori da quell’inospitale gabbia e sapevano che erano per loro. Ma in quel momento, stanchi e indeboliti dall’estenuante scontro, si sarebbero volentieri lasciati cadere in un sonno profondo, sommersi da centinaia di pietre polverose. Fu Sirio a trovare la forza di reagire, liberando anche il maestro da quella scomoda e pericolosa situazione.

"Colpo Segreto del Drago Nascente!!!" –Urlò, tirando un violento pugno verso l’alto.

Il colpo che aveva ucciso persino Hypnos fece piazza pulita delle pietre, polverizzandole in pochi secondi, mentre le vampe incandescenti di Ares piombavano su di loro. Dohko, ripresosi, cercò di proteggere l’allievo, sollevando lo Scudo Dorato, scheggiato in più punti, che si rivelò misera difesa contro le fiamme mortifere.

"Ares! Maledetto! Spegnerò le tue fiamme!!!" –Mormorò Sirio, concentrando il cosmo tra le mani, sotto forma di una luminosa sfera dal colore della splendente acqua dei Cinque Picchi. –"Acque della Cascata, venite a me!!!" –Esclamò, liberando il proprio assalto.

Scintillanti getti d’acqua, dalla forma di dragoni celesti e verdi, travolsero le immonde fiamme di Ares, spegnendole a poco a poco, prima che il Cavaliere di Atena crollasse a terra, a fianco del maestro. Erano deboli, e le loro corazze erano scheggiate e distrutte in più punti. Le ali del Dragone, lo scudo, l’elmo, gli schinieri erano in frantumi, così come numerose armi di Libra, spezzate da Gerione. Ma erano salvi, ed avevano lottato insieme, credendo l’uno nell’altro.

In quell’unico momento di calma, mentre cercavano di ritrovare il respiro e le forze per raggiungere i loro compagni, Sirio chiese a Dohko notizie dai Cinque Picchi, e il maestro, per quanto dispiaciuto, gli confessò la verità.

"Non so dove sia Fiore di Luna, Sirio! Mi dispiace, ma non è ai Cinque Picchi!" –E raccontò il suo breve viaggio in Cina, la morte della famiglia presso cui la ragazza era ospite, la fuga nel campo, il massacro dei berseker e lo scontro con Eveno. –"Anche Scorpio non ha trovato notizie su Patricia e Nemes, a Nuova Luxor! Ma come me ha scovato i cadaveri dei berseker di Ares!"

"Ma allora dove sono Fiore di Luna e le altre?!" –Incalzò Sirio. –"Chi ha ucciso i berseker?!"

"Mi dispiace Sirio... non ho risposta alle tue domande! Posso solo sperare che questo nemico di Ares si riveli un nostro amico, e che abbia rapito i vostri cari con l’unico scopo di salvarle dalla furia dei berseker!"

Ma quella risposta, troppo semplicistica, non convinceva neppure lui. Per un momento Dohko si chiese se dietro tutto questo non ci fossero i Cavalieri Celesti dell’Ultima Legione, quella comandata proprio dal suo vecchio allievo. Ma realizzò che una simile ipotesi era troppo lontana dalla realtà.

Con l’assedio in corso sull’Olimpo, Zeus non può certo permettersi di inviare altri Cavalieri in giro per il mondo in missioni, per lui, di non così vitale importanza!