CAPITOLO SEDICESIMO. COMBATTIMENTO SULL’ETNA.
Nel frattempo, mentre Andromeda stava combattendo contro il Cinghiale di Erimanto alla Quarta Casa dello Zodiaco, una pattuglia di berseker, guidata da Flegias, Flagello degli Uomini, aveva raggiunto le pendici del Monte Etna, in Sicilia, per portare avanti l’ardito piano del loro signore.
"Dove dobbiamo dirigerci?" –Domandò un berseker.
"Stupido!" –Lo zittì Flegias, dandogli un pugno in pieno viso. –"Dobbiamo trovare il modo di raggiungere l’interno del vulcano! Probabilmente ci sarà un’entrata nascosta tra questi anfratti!"
I guerrieri di Ares perlustrarono attentamente i vari scoscendimenti e gli avallamenti del monte siculo, alla ricerca di un modo per entrare al suo interno, ma non ne trovarono, e Flegias si convinse infine di dover passare dall’unica strada che era certo esistesse: la bocca del vulcano. Radunò i suoi uomini e li condusse alla sommità del fumante cratere, intimandogli di scendere al suo interno.
"Nelle viscere del vulcano?! Ma mio Signore, sarà prudente? Efesto in persona vi dimora!" –Disse un guerriero. Ma non visse abbastanza per udire la risposta del figlio di Ares, che lo afferrò per il collo e lo gettò nelle fauci del vulcano, facendolo precipitare nella lava primordiale.
"Qualcun altro ha dubbi da avanzare?!" –Domandò quindi Flegias, ironicamente. Nessuno dei berseker rimasti fiatò, muovendo la testa per dire di no. –"Bene... possiamo and…" –Ma il Rosso Fuoco non riuscì a terminare la sua frase che un’imponente voce maschile lo sovrastò.
"Ho io qualcosa da replicare!" –Esclamò qualcuno, facendo voltare tutti i guerrieri di Ares.
In piedi, su un cucuzzolo poco distante da loro, sul bordo del vulcano, stava un uomo, non troppo alto ma robusto e massiccio, ricoperto da una scintillante corazza dai colori rosso e oro, da lui stesso forgiata millenni prima: Efesto, Dio della Metallurgia e del Fuoco.
"Efesto!!!" –Esclamarono i berseker, quasi spaventati.
"Proprio te cercavo, vecchio zoppo!" –Lo derise Flegias, per niente intimorito. –"Immaginavo che te la saresti cavata! Avrei dovuto tagliarti la testa invece di lasciarti agonizzante a terra! Pazienza, sono sempre in tempo per rimediare!" –Esclamò, lasciando partire un rapido fendente di infuocata energia dalla sua spada incandescente, che scavò un profondo strato di roccia nel terreno, abbattendosi sulla gamba sinistra di Efesto, il quale non riuscì a muoversi in tempo, accusando il colpo. Con un balzo Flegias fu sopra di lui, muovendo la Spada Infuocata alla velocità della luce, creando migliaia di fendenti incandescenti che puntarono sul Fabbro Divino.
"Ti ucciderò, Flegias! E getterò il tuo cadavere nel profondo del vulcano Etna!" –Ringhiò Efesto, rabbioso, cercando di parare i colpi del suo nemico.
"Blateri troppo, gobbo dell’Olimpo!" –Lo schernì Flegias, atterrando proprio di fronte a lui. Sollevò la Spada Infuocata e poi la calò su Efesto, ma il Dio fu svelto a parare il colpo, afferrando il polso di Flegias con entrambe le sue possenti braccia. –"Argh!" –Digrignò i denti Flegias, furibondo, sentendo il dolore che Efesto gli procurava al braccio.
"Tu e i tuoi fratelli infami…" –Continuò Efesto. –Avete un debito nei miei confronti, un debito che neppure la vostra morte potrà saldare!" –E nel dir questo espanse il proprio cosmo, che si concretizzò sotto forma di lava incandescente che avvolse il braccio del figlio di Ares.
"Bastardo!!!" –Gridò Flegias, mentre per il dolore era costretto ad allentare la presa sulla Spada Infuocata che cadde a terra. Efesto fu svelto a tirarla via con un calcio, fino a farla precipitare sul bordo del vulcano, mentre le sue robuste braccia si caricavano di potente energia cosmica.
"Lava Incandescente!" –Gridò il Dio, scaricando torrenti di possente magma ardente contro il figlio di Ares, che venne letteralmente spinto via, travolto da quell’incandescente ammasso di lava.
L’impeto dell’assalto fu tale da scaraventare Flegias contro una roccia, sulle pendici del vulcano, mentre l’ardente magma ricopriva il suo corpo, nel tentativo di imprigionarlo al suo interno. Ma il figlio di Ares era determinato a non lasciarsi vincere, non adesso che era così vicino al suo obiettivo, ed espanse a dismisura il suo cosmo, liberando la demoniaca energia che covava dentro.
"Apocalisse Divina!" –Urlò, mentre l’esplosione annientava la lava che lo aveva immobilizzato.
Frammenti di magma solidificato piovvero su tutto il versante dell’Etna, tale fu la furia della tempesta scatenata dal Flagello degli Uomini, che non esaurì affatto la sua carica devastante, dirigendo l’energetico turbine contro il Dio della Metallurgia.
"Muori, vecchio zoppo! Apocalisse Divina!" –Ringhiò Flegias, mentre Efesto e tutto il versante dell’Etna furono investiti dalla devastante tempesta energetica del figlio di Ares. Efesto fu sollevato da terra, stritolato da folgori mortali e sanguinarie, sballottato confusamente, prima di schiantarsi tra i sassi, scavando un profondo solco sulla parete rocciosa.
"E voi, cosa fate ancora qua? Stupidi!" –Esclamò Flegias, voltandosi verso i berseker che avevano seguito la scena ammutoliti. –"Scendete all’interno! Sapete cosa dovete cercare!" –I berseker non risposero, limitandosi ad annuire e a correre sul bordo del vulcano, cercando una via per scendere al suo interno ed eseguire gli ordini assegnati loro.
Flegias richiamò la Spada Infuocata, che tornò saldamente nelle sue mani, prima di dirigersi verso il Dio caduto, per dargli il colpo di grazia. Lo osservò per un momento, vecchio zoppo disteso in terra, con numerose ferite addosso, e una maggiore nel cuore, prima di sputargli contro.
"Muori!" –Gridò Flegias, brandendo l’infuocata lama. Ma improvvisamente un forte vento si levò sull’Etna, una vera bufera di aria che travolse il figlio di Ares, sollevandolo da terra e facendolo fluttuare in cielo, scaraventandolo lontano.
"Aaahhh…" –Urlò Flegias, in balia della turbinante tempesta d’aria.
Efesto approfittò di quel momento per tentare di rimettersi in piedi, rantolando a fatica sul terreno. Il colpo subito da Flegias era stato tremendo, e per quanto la sua resistenza, e quella della sua armatura, fossero notevoli, era comunque indebolito.
"Posso darvi una mano, Divino Efesto?" –Esclamò una gentile voce maschile.
"Uh?!" –Borbottò il Dio, voltandosi e osservando un giovane in piedi in cima all’Etna.
Un uomo alto e snello, con un bellissimo viso che emanava un’aura di antica saggezza, gli sorrise con due occhi grigi, profondi come quelli di Zeus. Era ricoperto da un’accattivante Armatura Celeste, sulla schiena della quale erano fissate due grandi ali azzurre.
"Ti riconosco… tu sei…"
"Euro è il mio nome, Vento dell’Est! Figlio di Eos, Dea dell’Aurora, figlia dei titani Iperione e Teia, e di Astreo, figlio del titano Crio! In me discende l’antico sangue primordiale della Prima Generazione Cosmica!"
"Euro!" –Rifletté Efesto, rimettendosi in piedi. –"Cosa fai qua, in Sicilia?"
"Ho sentito cosmi esplodere proprio qua, sulle pendici del monte che custodite, e ho pensato aveste bisogno d’aiuto! Per quanto detesti e aborri queste insulse guerre tra Divinità, a quanto pare dovrò nuovamente scendere in campo per difendere il mio Signore Zeus!"
"Grazie per l’intervento, ragazzo!" –Esclamò Efesto, accennando un sorriso. –"Zeus avrà bisogno anche del tuo aiuto, contro la devastante follia incendiaria di Ares!"
"Ares?! È dunque suo l’oscuro cosmo che ho sentito esplodere in queste ore? Suo e dei guerrieri del sangue e dell’odio che per lui combattono, i berseker! Flegias ha mostrato la sua vera natura?!"
"Siamo stati ingannati, giovane figlio di Eos! E tua madre è soltanto una del lungo elenco di vittime che i figli di Ares hanno mietuto!" –Commentò il Dio, con una certa tristezza nel cuore. La loro conversazione fu improvvisamente interrotta da una devastante esplosione cosmica, che fece tremare l’intera superficie del vulcano.
"Ma che bel quadretto familiare!" –Esclamò una voce ringhiante, ricomparendo di fronte a loro.
"Flegias!!!" –Ringhiò Efesto, stringendo i pugni.
"Ti sei messo dalla parte sbagliata, orfanello!" –Commentò Flegias, indicando Euro con un dito. E prima che il figlio di Eos potesse rispondere si ritrovò schiacciato a terra, dilaniato da ardenti fiamme che paralizzavano tutto il suo corpo.
"Aaargh…." –Urlò Euro, cercando di liberarsi dalla mortale presa.
"Lascialo andare, Flegias!" –Esclamò Efesto, bruciando il cosmo. Ma non poté muoversi che si ritrovò completamente immobilizzato a sua volta. –"Cosa succede?!" –Si domandò, osservando il proprio corpo venire avvolto da una fitta trama di fili scuri. –"Ma... non sono fili! Sono capelli?!"
"Sei arrivata, finalmente!" –Affermò Flegias, lamentandosi per il ritardo.
"Una Dea arriva quando vuole, Flegias! Non ho orari da rispettare, né di cui debba rendere conto a te!" –Sibilò una voce femminile, facendo rabbrividire Efesto, che aveva riconosciuto il suo cosmo.
Intrappolato tra quegli infernali capelli, Efesto osservò una figura ammantata da un nero mantello abbassare il proprio cappuccio, rivelando così il suo volto deforme: era quello di Enio, la Dea della Strage e della Distruzione. Ed erano i suoi capelli, allungati a dismisura, che stavano bloccando il Dio a terra, stringendolo con forza fin quasi a soffocarlo.
"Non perdere altro tempo! E porta a compimento gli ordini di tuo Padre!" –Esclamò Enio.
"Non ho bisogno che tu me lo ricordi, vecchia vipera!" –Rispose Flegias, scattando avanti.
Euro si liberò del mortifero giogo che lo aveva imprigionato, aprendo le scintillanti ali azzurre della sua corazza, e si librò in aria, avventandosi su Flegias, ma il figlio di Ares fu più svelto, e lo colpì con un guizzante fendente di energia in pieno petto, facendolo sbilanciare. Quindi gli fu sopra, montando a cavallo sopra di lui, prima di infilare la sua infuocata spada nella schiena del giovane.
"Muori anche tu, e porta i miei ossequi alla tua defunta madre! Uah ah ah!" –Urlò Flegias, balzando via, mentre Euro precipitava a terra in un lago di sangue.
"Maledetto… fermati.. fermati…" –Gridò Efesto, osservando Flegias scattare sul bordo del vulcano e lanciarvisi dentro, senza paura alcuna della mortale lava.
"Non essere così precipitoso, Efesto!" –Sogghignò Enio, avvicinandosi al Dio. Camminava sensualmente, come una donna, e si slacciò il mantello che aveva indosso, lasciando che scivolasse sul suo corpo, fino a svelare, a pochi metri dal Dio, le sue fattezze. Le sue orrende fattezze. Magra, dal carnato pallido e coperta di chiazze di odio, con un viso emaciato su cui spuntavano due occhi intrisi di sangue. Eppure, tutto quell’orrore, che la donna portava seco, aveva attirato Ares, che ne aveva fatto la sua amante, la deliziosa pantera che aveva allietato i suoi piaceri.
"Non ci vediamo da molti secoli… troppi secoli… e adesso non vuoi passare un po’ di tempo con me?!" –Sussurrò la Dea, avvicinandosi all’orecchio dell’imprigionato Dio.
"Sei dunque rinata, Dea della Strage? Per affiancare il tuo amante nei suoi folli progetti di dominio?"
"Non è folle chi cerca di conquistare il mondo, Efesto! È naturale, insito nell’armonia cosmica dell’universo!" –Gli rispose la Dea, senz’affatto scomporsi. –"L’universo stesso è un ciclo continuo di distruzione e costruzione! Come si può creare nuova materia se non si distrugge la preesistente?"
"Voi non volete costruire niente! Solamente distruggere, come avete sempre fatto!" –Gridò Efesto, puntandola con occhi adirati.
"Taci, orrenda bestia deforme!" –Esclamò Enio, avventandosi sul Dio del Fuoco, e affondando le sue affilate unghie sul suo viso. Lo graffiò più volte, fino a vedere il sangue uscire copioso dalle sue vene, fino a farlo tossire e imprecare di smetterla. –"Ooh… se ti vedesse adesso Afrodite…" –Sogghignò, digrignando gli orridi denti giallastri. –"Proverebbe soltanto disgusto e raccapriccio!"
Nel sentire il nome di Afrodite Efesto ebbe un sussulto e il suo cosmo si risvegliò improvvisamente, esplodendo come una bomba sulle pendici dell’Etna. I capelli di Enio furono annientati, arsi dalla violenta fiammata del Dio, e la stessa Dea fu scaraventata lontano, travolta dalla detonazione.
"Afrodite mi ha sempre amato, per quanto brutto e storpio potessi essere! Lei ha sempre amato me, la persona che sono e sono stato, e non ha amato un Dio crudele e sanguinario al quale niente altro importa che non il soddisfacimento del proprio benessere!"
"Se non ricordo male…" –Ironizzò Enio, rimettendosi in piedi. –"Anche Afrodite ha trovato piacere in Ares... e i figli che l’hanno uccisa erano proprio i loro!"
"Bastaaa!!!" –Urlò Efesto, delirante, portando entrambe le braccia avanti e liberando il magma incandescente, che diresse contro Enio.
La Dea balzò in aria, evitando il primo forte getto, ma fu completamente esposta al secondo spruzzo di lava, da venir travolta e scaraventata indietro, contro una parete rocciosa alla quale il magma la stava murando. Enio tentò disperatamente di liberarsi, allungando un braccio fuori dall’ammasso di lava che si stava solidificando intorno a lei, e lasciando cadere una goccia di cosmo. Non appena la goccia toccò terra, un incandescente piano di energia si dipartì da lei, diretto verso Efesto, il quale tentò di fermarlo con le proprie possenti braccia.
"Drops of loneliness!" –Gridò Enio, intensificando l’attacco. Ma la posizione scomoda in cui si trovava, per più di metà murata viva, le permetteva di controllare scarsamente i suoi assalti.
Efesto espanse al massimo il proprio cosmo divino, riuscendo a respingere i cerchi di energia che Enio gli aveva diretto contro, prima di accasciarsi a terra, ormai privo di forze.
Improvvisamente, prima che qualcuno dei due contendenti riuscisse a muovere un muscolo, si udì un tremendo boato, proveniente dalle viscere del Monte Etna. Un fragore che scosse l’intero vulcano, e forse anche l’intera isola sicula.
"Che... cosa?!" –Balbettò Efesto, cercando di rimettersi in piedi.
"Flegias ci è riuscito, dunque!" –Esclamò Enio, ancora prigioniera della lava solidificata di Efesto. –"Per l’Olimpo è giunto infine il tramonto!"
La terra tremò sotto di loro, con un fragore tale da far crollare alberi e piante, da smuovere rocce e sassi, creando frane e smottamenti, mentre grida furiose si levavano dalle profondità del Monte Etna. Grida mostruose di un essere che troppo a lungo vi aveva soggiornato.
"Non ci credo…" –Commentò Efesto, rialzandosi. –"No!!! Noooo!!!"
Il vulcano Etna iniziò a eruttare fiamme e lapilli, mentre le pendici del monte si frantumavano, aprendosi su loro stesse, in ampie spaccature da cui presto la lava iniziò a uscire, mentre le devastanti grida risuonavano per l’intera isola. Pochi istanti dopo dalla terra franante si sollevò un’immensa figura, che non aveva niente di umano. Uscì dal terreno, da sotto il vulcano in cui Zeus lo aveva seppellito millenni prima, per impedirgli di spargere ulteriore sangue nel mondo. Persino Enio rimase ammutolita di fronte alla grandezza e all’orrore che la creatura emanava.
"Tifone!" –Commentò a bassa voce, ma sufficiente per far gelare il sangue ad Efesto, che non poteva fare niente, soltanto osservare attonito ed impotente la liberazione della bestia infernale.
Tifone, figlio di Gea e Tartaro, era stato il mostro più tremendo che gli Dei greci avevano dovuto affrontare nel Mondo Antico. Istigato dalla madre, adirata con Zeus per aver sconfitto i suoi figli, i Titani guidati da Crono, Tifone dedicò l’intera sua mostruosa esistenza a lottare contro Zeus e le Divinità Olimpiche, arrivando persino a sconfiggere il Signore Supremo dell’Olimpo, rimasto solo a combattere con lui, dopo che tutti gli altri Dei, impauriti, erano fuggiti in Egitto. Tifone recise i tendini delle mani e dei piedi del Dio con la stessa falce con la quale Zeus voleva ucciderlo, quindi lo nascose in Cilicia, rinchiudendolo in una grotta chiamata Korykos antron, "il sacco di pelle", mentre i suoi tendini, deposti in una sacca di pelle d'orso, li affidò alla custodia della dragonessa Delfine. Ma Ermes, fedele servitore del Dio, ripresosi dallo spavento, rubò i tendini a Delfine e, trovata la grotta in cui era rinchiuso il Padre, lo liberò rendendolo di nuovo forte e potente.
"E adesso è qua, di nuovo pronto per annientare il mondo! Di nuovo pronto per provocare dolore e distruzione!" –Commentò Efesto, lasciandosi cadere a terra sconfortato, alla vista dell’orrida bestia.
Tifone era immenso, alto quanto il cielo e orrendo a vedersi: aveva il busto ricoperto di piume e dal collo partivano cento teste di drago che lanciavano fuoco mentre dalle gambe spuntavano vipere. Il suo corpo era alato e gli occhi lanciavano fiamme. La sua voce era tanto potente e terribile da essere compresa solo dagli dei. Per un istante Efesto rabbrividì, ricordando l’orrore e la paura che provò in quel lontano giorno, quando Tifone attaccò l’Olimpo e tutti gli Dei si tramutarono in animali e fuggirono via, lasciando soli Atena e Zeus a combattere. Atena combatté anche quel giorno! Al fianco di Zeus! Come sta facendo oggi contro Ares! Rifletté, trovando la forza di rialzarsi e mettersi in piedi. Mentre io fuggii via come un bue, ella rimase saldamente al suo posto, stringendo lo scettro di Nike, ad aiutare il Padre! Ma oggi così non sarà! Oggi non fuggirò… no! Combatterò, a fianco di mio Padre e dei miei fratelli Dei! E, se sarà necessario, morirò con loro! Strinse i denti, mentre le fiamme provocate da Tifone distruggevano ogni cosa intorno a lui.
Il Monte Etna iniziò a sgretolarsi, mentre immensi torrenti di lava scendevano dai suoi fianchi sventrati, mescolandosi a rocce e pietre. Efesto rotolò sul terreno, travolto dalle frane, ma riuscì a raggiungere il corpo ferito di Euro, disteso a terra più a valle. Lo afferrò con forza e se lo caricò sulle sue possenti spalle, cercando di allontanarsi da quell’inferno.
"Coraggio, ragazzo! Cerca di resistere! Ti porterò sull’Olimpo!"
Euro non rispose, ma il suo volto pallido fece preoccupare notevolmente Efesto, che capì che il ragazzo stava morendo. Sta morendo per me! Rifletté il Dio. Per essere giunto fin qua per salvarmi! Il minimo che possa fare per sdebitarmi a mia volta è condurlo in salvo, sull’Olimpo! Quindi si fermò un istante, chiedendosi se era effettivamente l’Olimpo il posto più sicuro per loro in quel momento. Ma quale altro potrebbe essere, se non l’immortale dimora degli Dei?! E bruciò il proprio cosmo, cercando di vincere le resistenze dello spaziotempo e di raggiungere direttamente l’Olimpo, come aveva fatto giorni prima insieme alla sua sposa. Ma non ci riuscì.
Il malvagio potere di Ares, impegnato a scontrarsi con quello di Zeus, rendeva impossibile a lui, in quel momento, con le poche forze che aveva, teletrasportarsi sul Monte Sacro. A costo di giungere in Grecia a piedi, io ti condurrò da Zeus! Si disse, con aria di sfida. Ma quando si guardò intorno capì che le sue belle parole si sarebbero perse nel vento.
Erano su un cucuzzolo del Monte Etna, circondati da un oceano di ardente magma che stava scendendo a valle, mentre l’antico vulcano ripiegava su se stesso. Entro pochi minuti, Efesto ne era certo, sarebbe esploso, distruggendo tutto ciò che si trovava intorno per centinaia di chilometri. Tifone se ne era andato, con Flegias sulle spalle, dirigendosi verso la Grecia. Il battito delle sue infernali ali aveva creato turbini impetuosi a cui solo le possenti gambe di Efesto, saldamente piantate nel terreno, erano in grado di resistere. Tutto il resto venne spazzato via.
Efesto si guardò intorno, ma di Enio non trovò più tracce, e immaginò che anch’ella avesse seguito Tifone e Flegias in Grecia. Nel pieno della sua disperazione, cercò nuovamente di accedere all’Olimpo, espandendo il cosmo. Fallì, ma attirò l’attenzione di qualcuno che stava rientrando in Grecia in quel momento.
"Posso aiutarti, amico mio?!" –Sorrise una squillante voce sopra Efesto.
Il Dio della Metallurgia si voltò verso il cielo, trovando Ermes in volo sopra di lui, ricoperto dalla sua Veste Divina. Senza nient’altro aggiungere, Ermes sollevò Efesto ed Euro, bruciando al massimo il proprio cosmo, e, forte degli invincibili calzari che indossava, sfrecciò via, nel vento, diretto verso l’Olimpo.