CAPITOLO TREDICESIMO. LE CAVALLE DI DIOMEDE.

Erano già passate quattro ore dal loro arrivo al Grande Tempio e Pegasus, Sirio, Andromeda e Phoenix stavano sfrecciando sulla bianca scalinata di marmo diretti alla Quinta Casa, quella del Leone. Avevano provato a usare il cosmo per spostarsi direttamente alla Tredicesima Casa ma, come si aspettavano, era impossibile. Il demoniaco cosmo di Ares imperava sull’intero santuario, obbligando i Cavalieri dello Zodiaco a un percorso, loro malgrado, obbligato. Un percorso che ai quattro amici non poteva che ricordare la prima vera corsa attraverso le Dodici Case.

Tutti presi dai loro pensieri, Pegasus e gli altri arrivarono alla Quinta Casa, un tempo presieduta da Ioria: una costruzione in stile classico, caratterizzata da due leoni in pietra marmorea posizionati ai lati della scalinata di ingresso. I quattro amici non ebbero il tempo neppure di pianificare una strategia di attacco, che sentirono immediatamente la terra tremare, e versi di animali risuonare nell’aria. Ma, a differenza degli osceni versi che avevano udito alla Prima Casa, questi sembrarono loro dei suoni più naturali, dei nitriti, per quanto carichi di malvagità.

Un attimo dopo decine e decine di cavalli, bardati di corazze da guerra, uscirono correndo dalla Casa del Leone, avventandosi contro i quattro Cavalieri.

"Ehi!" –Esclamò Pegasus, fissando lo strano evento. –"Che diavolo ci fanno qua questi cavalli?!"

"Attento!" –Urlò Andromeda, mentre una decina di animali piombava su di loro.

Erano tantissimi, veloci e infuriati, splendidi nella forma e nell’aspetto, ben curati, ma rivestiti di scure cotte da battaglia che spinsero i Cavalieri a credere che anche quelle bestie fossero asservite al malvagio potere di Ares. Andromeda srotolò la catena, disponendola ad anelli concentrici intorno a loro e facendola muovere come fosse un serpente, per tenerli lontani; ma non fu abbastanza per fermare l’avanzata impetuosa dei cavalli, che travolsero la Catena di Andromeda, incuranti del dolore provocato dalle scariche energetiche, fino a raggiungere i Cavalieri.

"Adesso basta!" –Esclamò Phoenix, bruciando il proprio cosmo infuocato. –"Ali della Fenice!" –Gridò, spazzando via una decina di animali, facendoli schiantare contro le pareti del tempio. Come reazione, tutte le altre bestie si avventarono contro di lui, cercando di infilzarlo con le lance e le punte delle loro bardature, per vendicare i loro compagni.

"Excalibur!" –Urlò Sirio, lasciando partire un violento fendente che spaccò il pavimento del piazzale antistante alla Quinta Casa, aprendo un momentaneo varco tra la mandria infuriata.

Pegasus e compagni si lanciarono in quello stretto varco, sperando di oltrepassare i cavalli, ma una figura apparve improvvisamente di fronte a loro e li colpì tutti con un pugno di energia. Pegasus e Phoenix furono travolti in pieno, essendo i primi ad aprire la fila; Andromeda tentò di difendersi sollevando la catena, ma la violenza dell’attacco fu tale da spingerlo comunque indietro. L’unico in piedi rimase Sirio, l’unico in grado di mettere a fuoco, seppure per poco, il loro avversario.

"Iaah!" –Urlò l’uomo davanti a sé, prima di lanciare un pugno di energia nel terreno, che fece tremare il pavimento, rispuntando proprio sotto Sirio, e sollevandolo in alto, esponendolo all’assalto del suo nemico. Con un balzo, lo sconosciuto guerriero raggiunse Sirio in aria, tempestandolo di pugni, uno dietro l’altro, senza mai fermarsi, per quanto questi cercasse di difendersi con lo scudo.

La Catena di Andromeda scivolò nell’aria afferrando il braccio dell’uomo e tirandolo a sé, con un brusco strattone; ma la mossa si rivelò controproducente per lo stesso Andromeda, costretto ad affrontare un attacco diretto dall’alto. Un calcio secco del suo avversario lo colpì in pieno viso, prima che questi atterrasse contro la parete rocciosa laterale, piegando le gambe e saltando via, trascinando il corpo di Andromeda con sé, fino a lanciarlo contro Pegasus e Phoenix.

Soddisfatto, il guerriero di Ares atterrò di fronte all’ingresso della Quinta Casa, mentre tutti gli animali si posero intorno a lui, voltati verso i quattro Cavalieri atterrati, e sbuffanti e pronti per caricarli nuovamente.

"Ah ah ah! I famosi Cavalieri dello Zodiaco, coloro che hanno sconfitto Divinità!" –Esclamò la squillante voce maschile del guerriero. –"Godo nel vedervi rantolare a terra, con la faccia sporca di sorpresa e di vergogna!"

"Bastardo... chi sei?!" –Gridò Pegasus.

"Ed io vi farò così male, così tanto male, da sbattere le vostre luride facce su questo pavimento, fino a spaccare il marmo con i vostri crani insanguinati, e a farne cibo per le mie cavalle!" –Continuò l’uomo, incurante delle domande dei Cavalieri.

"Le tue cavalle?!" –Osservò Sirio. –"Dunque tu sei…"

"Diomede! Figlio di Ares!" –Esclamò l’uomo, presentandosi infine, con un sogghigno che non faceva presagire niente di buono.

"Diomede…" –Rifletterono i Cavalieri, mentre Sirio accennava qualche notizia su di lui. –"Originario della Tracia, era uomo così feroce e crudele che uccideva tutti gli stranieri che entravano nelle sue terre, e ne dava i cadaveri in pasto ai suoi cavalli!"

"E stessa sorte toccherà a voi!" –Gridò Diomede, scaricando due violenti pugni energetici contro i Cavalieri.

I quattro amici scattarono in direzioni diverse per evitare l’assalto, ma furono comunque colpiti di striscio, tanto forte era la violenza distruttrice insita in quell’attacco. In un attimo le cavalle di Diomede sfrecciarono sul pavimento, caricando i Cavalieri, puntando su di loro, con le punte e le lance sfoderate delle loro bardature, determinate, come il loro padrone, ad affondare nei loro corpi.

"Sarete cibo per le mie cavalle!" –Esclamò Diomede, saltando in alto.

Con un balzo fu su Phoenix, colpendolo dall’alto con un violento pugno di energia, e sbattendolo al suolo, prima di voltarsi verso Andromeda, prontamente accorso per aiutare il fratello, e cercare di colpirlo a sua volta. Pegasus però glielo impedì, balzando in aria e afferrando le mani del guerriero, rimanendo così, pugno stretto nel pugno dell’altro. Infine Pegasus, la cui armatura disponeva di ali, oscillò su se stesso fino a capovolgersi, e riuscì a trascinare Diomede con sé, quindi si voltò, cercando di colpirlo con un pugno, ma il guerriero fu più veloce, anticipando il ragazzo e scaraventandolo via, con un calcio in pieno sterno.

"Aaaah…" –Urlò Pegasus, sorpreso di quell’abile e veloce mossa.

"Adesso basta! Catena di Andromeda!" –Esclamò Andromeda, liberando la sua catena che subito si moltiplicò in infinite copie, dirette verso Diomede. Ma il figlio di Ares riuscì ad infilarsi in mezzo alla scintillante pioggia, evitando i pericolosi raggi, e a portarsi di fronte a lui, colpendolo con un calcio in pieno viso e spingendolo indietro, esponendolo alla furia devastante delle sue cavalle.

Non riuscì però Diomede ad evitare in tempo l’assalto di Sirio, il quale, dopo aver scavato il pavimento con un fendente energetico, che aveva costretto il guerriero a voltarsi, era scattato sotto di lui, per colpirlo con un montante al mento.

"Colpo segreto del Drago nascente!" –Urlò Sirio, sollevando il suo nemico. Diomede fu inizialmente travolto dalla furia dello scintillante drago verde, ma poi riuscì nell’incredibile, a cavalcare il drago, scivolando poi su di esso, fino a colpire Sirio con un doppio calcio.

"Incredibile!" –Disse Pegasus, aiutando Phoenix a rimettersi in piedi. –"Quell’uomo è fortissimo!"

"Resta pur sempre un uomo, Pegasus!" –Commentò acidamente Phoenix, irritato per essere stato atterrato così malamente.

Diomede tornò con un balzo all’ingresso della Quinta Casa, immediatamente cinto e difeso dalle sue splendide, quanto bellicose, cavalle, e i Cavalieri poterono finalmente avere un attimo di tempo per riprendere fiato ed osservarlo.

Era un uomo alto e ben fatto, muscoloso, con un viso maschile, barbetta rada, occhi scuri e corti capelli castani, quasi rasati. Indossava un’Armatura scarlatta, dalle sfumature violacee, il cui totem assemblato prendeva la forma di una cavalla imbizzarrita. Aveva dei gambaletti che terminavano con appuntiti zoccoli, come quelli delle sue cavalle, e sulla schiena, affissa all’armatura, una folta criniera scura. L’elmo era fatto a maschera, molto leggero e accattivante, ma copriva solamente una zona limitata del suo viso.

"Allora, invincibili guerrieri… dov’è la vostra famosa forza?!" –Li derise Diomede, mentre i quattro amici si riunivano tra loro. –"L’avete persa per strada, forse?"

"Ma senti questo…" -Brontolò Pegasus, pronto per scattare ancora avanti.

"Fermati, Pegasus!" –Lo afferrò Sirio per un braccio. –"Quell’uomo è innegabilmente forte! Non soltanto; in lui sento un cosmo profondo, temprato di odio e di violenza! Lo stesso cosmo oscuro che ho percepito nell’animo di Flegias e dei suoi due fratelli quando attaccarono Efesto e Afrodite!"

"Il cosmo di Ares?!" –Intervenne Andromeda, che aveva avuto la stessa sensazione.

"Esattamente! Diomede non è come i guerrieri delle case inferiori! No! La sua potenza è devastante, la sua velocità pari a quella dei Cavalieri d’Oro, e la sua volontà è retta da Ares, di cui è figlio, ed orgoglioso di esserlo!" –Continuò Dragone. –"Piegarlo non sarà affatto facile!"

"Ma ci riusciremo!" –Intervenne Pegasus.

"Sì! Ci riusciremo!" –Continuò Sirio. –"Lasciate a me la lotta, amici! Sono il più fresco, avendo combattuto soltanto alla Prima Casa, quindi ho più possibilità di tenergli testa!"

"Non vorrai affrontarlo da solo?!" –Esclamò Pegasus.

"E tu non vorrai restare qua con le mani in mano ad aspettarmi?!" –Ironizzò Sirio, sorridendo.

La conversazione tra i quattro Cavalieri fu interrotta da un violento attacco di Diomede, il quale, stufo di aspettare, aveva lanciato un immenso pugno energetico contro di loro, obbligandoli a separarsi e a scattare in direzioni diverse.

"Incredibile!" –Commentò Andromeda, osservando l’immenso cratere che si era creato nel piazzale. –"Quel colpo ha distrutto l’intero spiazzo!"

"Il prossimo vi aprirà il petto in due!" –Ghignò Diomede, caricando nuovamente il pugno destro di acceso cosmo rovente.

"No, se io ti colpirò per primo!" –Urlò Sirio, saltando in alto ed espandendo il proprio cosmo verde smeraldo. Con un colpo deciso e veloce, Sirio calò il braccio destro, lanciando un luminoso fendente energetico contro Diomede, il quale, per evitarlo, dovette spostarsi di lato, appiattendosi quasi contro il leone di sinistra, mentre Andromeda, Pegasus e Phoenix si lanciavano all’assalto.

In un attimo, le cavalle di Diomede caricarono i Cavalieri, ma Andromeda liberò la sua scintillante catena che assunse la forma di un’immensa tagliola, che mozzò le gambe dei furiosi animali.

"Ottima mossa, Andromeda!" –Si congratulò Phoenix, bruciando il proprio cosmo. –"Adesso sta a noi, Pegasus! Ali della Fenice!"

"Fulmine di Pegasus!" –Gli fece eco l’amico, scattando in mezzo alla mandria.

Una ventina di animali furono travolti, trapassati dall’azzurra pioggia di stelle di Pegasus, mentre il resto fu spazzato via dalle Ali della Fenice. Pegasus, Andromeda e Phoenix scattarono come fulmini verso l’ingresso, dove Sirio stava fronteggiando Diomede.

Vista la tragica fine delle sue bestie, il figlio di Ares si irritò ulteriormente, caricando un violento pugno di energia che sbatté con forza contro lo scudo dell’armatura di Sirio, la quale resse ben l’attacco. Ma Diomede attaccò di nuovo, tempestando il Cavaliere di pugni ininterrotti, senza dargli tregua, e Dragone non poteva far altro che subire i suoi montanti, fino all’ultimo, violento, con il quale lo scaraventò contro il leone di destra, distruggendolo, e facendolo precipitare al di là.

In quella, Pegasus, Andromeda e Phoenix giunsero sulla scalinata di ingresso, dove Diomede li aspettava fiero, ma prima che potesse attaccarli, per impedire loro di passare, fu costretto a voltarsi e a fronteggiare il rinnovato assalto di Sirio, il quale era balzato in alto, avvolto dal suo lucente cosmo verde, e aveva scagliato il suo Colpo del Drago Volante, travolgendo in pieno il guerriero di Ares, fino a farlo sbattere contro l’altro leone.

"Correte, adesso!" –Esclamò Sirio, ricadendo a terra.

"Sì!" –Rispose Pegasus, sempre restio ad abbandonare gli amici. –"Sii prudente, amico mio! E… ti aspettiamo!!!" –Andromeda e Phoenix lo seguirono all’interno della Quinta Casa, mentre Diomede si rimetteva in piedi e si lanciava al loro inseguimento. Ma Sirio, velocissimo, sfrecciò all’interno del tempio, portandosi di fronte a lui e concentrando il cosmo sul pugno destro per colpirlo. Diomede evitò l’affondo, spostandosi di lato e colpendo il ragazzo con un calcio in pieno viso, che scaraventò Sirio in alto, fino a farlo sbattere contro il soffitto della Quinta Casa e ricadere a terra.

"Muori, bastardo!" –Lo anticipò Diomede, saltando, per raggiungere il Cavaliere in caduta libera. –"Furia di Ares!" –E lo colpì con un devastante pugno di energia cosmica, dalla forza di un’incandescente cometa, che Sirio non poté evitare, venendone travolto.

L’immensa esplosione di energia spinse Sirio contro il soffitto della Quinta Casa, distruggendolo, lo fece salire nel cielo di Atene e ricadere giù, mentre il suo corpo era dilaniato dall’ardente cosmo di Ares.

Sto... precipitando! Si disse il Cavaliere di Atena, mentre ricadeva dolorante verso il Tempio di Leo, a testa in giù. Devo… devo reagire… Si incitò, bruciando il proprio cosmo.

"Ben fatto!" –Commentò Diomede, atterrando nuovamente sul pavimento. –"Un Cavaliere di Atena è già perso! Adesso devo inseguire gli altri tre… Non voglio lasciare a quel damerino di Augia la soddisfazione di eliminarli!" –Sogghignò. Ma i suoi progetti subirono un netto cambiamento, quando la maestosa sagoma scintillante di un verde dragone sfondò il tetto della Quinta Casa, piombando proprio su di lui.

Il figlio di Ares incrociò le braccia al petto, nella sorpresa dell’accaduto, cercando di contenere l’impatto con quella potenza devastante in cui poteva sentire il calore ardente delle stelle. L’urto spinse comunque Diomede indietro di parecchi metri, facendogli scavare solchi nel pavimento con gli zoccoli della sua corazza, prima che l’assalto terminasse.

"Ancora non ti arrendi, eh?!" –Sogghignò Diomede, osservando Sirio, in posizione di attacco di fronte a lui.

"Un Cavaliere di Atena non si arrenderà mai! Mai finché ci sarà bisogno di noi!" –Esclamò Sirio.

"Molto presto il mondo non avrà più bisogno di stupidi idealisti quali voi siete! Il nuovo ordine che mio Padre costruirà non lascerà spazio all’amore e agli ideali, soltanto alla guerra, unica macchina motrice del mondo!"

"E tu combatti per questo, Diomede?! Non sei disgustato da una simile prospettiva di vita?!"

"E perché mai dovrei esserlo?! Sarò tra coloro che edificheranno il mondo, uno dei nuovi Dei dei tempi moderni! Sarò tra coloro che brandiranno le infuocate spade a cui i deboli dovranno piegarsi!"

"Questa è solo una bieca tirannia!" –Commentò Sirio, disgustato.

"Una tirannia, esatto! L’unica forma di governo in grado di funzionare! Senza discussioni, senza tentennamenti, solamente un’unica voce che tutto dirige! Ed io, come figlio del Divino Ares, sarò tra i Comandanti della nuova epoca, e le mie cavalle saranno l’orgoglio e il vanto del mio reparto!"

"Sei soltanto un folle assetato di sangue! Come tuo Padre e i tuoi fratelli!" –Lo accusò Sirio, bruciando il proprio cosmo verde.

"Forse! Alla fine ognuno ha le sue idee, ma l’unica che si rivelerà vincente sarà quella del più forte!" –Esclamò Diomede, prima di concentrare il cosmo sul pugno destro e lasciar partire un violento attacco contro Sirio.

Il Cavaliere del Dragone si difese sollevando il suo scudo rotondo, ma Diomede intensificò l’attacco, balzando in alto, facendo una capriola ed atterrando con i duri zoccoli proprio sullo scudo di Sirio, che accusò il colpo a fatica. Un calcio secco prese Dragone in pieno viso, incrinando l’elmo divino, che saltò via, prima che Diomede balzasse nuovamente in alto.

Sirio, per quanto gli dolesse il viso gonfio, cercò di reagire, saltando a sua volta, ma Diomede lo colpì nuovamente, facendolo precipitare a terra, con una forza tale da creare un piccolo cratere all’interno del Tempio. Aaa... Atena… Rantolò Sirio, sdraiato in terra, coperto di sangue e di ferite. La forza di quest’uomo è pazzesca! Per quanto non sia un Dio, possiede una carica ed un ardore che nessun altro uomo controlla! Che sia il cosmo di Ares a sorreggerlo e a dargli potenza?!

I pensieri del ragazzo furono interrotti da un nuovo, impetuoso assalto del potente figlio di Ares, la cui forza e velocità, adesso Sirio ne era più che certo, erano pari a quelle dei Cavalieri d’Oro, riuscendo infatti a muoversi alla velocità della luce e a portare centomila colpi al secondo.

Ma c’è una cosa che quest’uomo non ha! Commentò Sirio, fermando con lo Scudo del Drago un micidiale destro di Diomede. C’è una cosa che gli manca per essere pari ad un Cavaliere d’Oro! La lucentezza e la purezza del cosmo! Sorrise Sirio, ritrovando improvvisamente un po’ di forza.

Evitò, spostandosi, un affondo del figlio di Ares, prima di contrattaccare con un pugno energetico. Il contraccolpo tra i due poteri creò una massa di energia al centro del Tempio del Leone, che, data la sua instabilità, esplose poco dopo, scagliando entrambi indietro.

Quando Sirio si rialzò trovò Diomede, a una decina di metri di distanza, già in piedi, in posizione di combattimento, determinato a non arretrare neppure di un passo. Mi hai fatto scappare gli altri tre! Ringhiò Diomede, irato. Ma tu non uscirai vivo di qua, Dragone! Te lo assicuro! Ed espanse il proprio cosmo, vasto ed oscuro. Sirio non si lasciò intimorire, liberando la lucente energia del verde drago, pronto per scattare avanti. Ma Diomede lo anticipò.

Il figlio di Ares concentrò il proprio cosmo, dal colore violaceo, sulle braccia, sotto forma di mulinelli incandescenti che roteavano intorno ai suoi possenti arti, liberando scariche di pura energia. Gonfiò i muscoli, aprendo le braccia, quindi puntò i pugni verso Sirio, scagliando contro di lui due violente comete energetiche: grossi fasci di energia cosmica, avvolti da scintillanti folgori che apparivano come vorticosi mulinelli.

"Furia di Ares, esplodi!!!" –Urlò Diomede, dirigendo il doppio assalto contro Sirio.

Il Cavaliere di Atena sollevò lo scudo, lasciando che una delle due comete di energia vi si schiantasse, e portò il braccio destro avanti, liberando il Drago Nascente, con cui contrastò, seppur a fatica, il secondo grosso assalto.

La tensione aumentò, mentre l’aria intorno ai due contendenti si caricava di elettricità, determinata dallo scontrarsi impetuoso dei due cosmi. Scontrarsi che fu udito anche da Pegasus, Andromeda e Phoenix, in corsa verso la Casa della Vergine. E che li fece preoccupare non poco.

"Ti abbatterò, Cavaliere di Atena!" –Urlò Diomede, potenziando il furibondo attacco.

"Saprò resisterti, figlio di Ares!" –Rispose Sirio, cercando di mantenere la sua solita calma.

Ma forse lo sforzo per mascherare il tono della sua voce fu quasi superiore a quello fisico, sentendo aumentare la pressione esercitata da Diomede. I mulinelli di energia del figlio di Ares si scontravano furiosamente sullo Scudo di Sirio, scivolando su di esso, e lasciando che qualche guizzante folgore raggiungesse comunque il ragazzo al di là dello scudo; mentre lo sforzo impegnava duramente entrambi, sia in termini di concentrazione che di potenza fisica.

Improvvisamente il vorticoso assalto di Diomede parve scemare di intensità, e Sirio, credendo che il guerriero fosse stanco, decise di approfittare di quel momento, di quella possibilità inaspettatamente offertagli. Si lanciò avanti, sfidando le dilanianti folgori viola del figlio di Ares, liberando il Colpo Segreto del Drago Nascente.

"Stolto!" –Sibilò Diomede, sogghignando. Con un gesto rapido e violento sbatté insieme i propri pugni, carichi al massimo di energia rovente, unendo le vorticose comete in un unico mulinello di energia, quasi un tornado, che diresse all’istante contro Sirio.

Il vortice energetico, stretto e alto, come una vera tromba d'aria, travolse il Drago Nascente, che ne venne risucchiato, prima di raggiungere Sirio e attirarlo al suo interno, nell’occhio del ciclone.

"Aaarrgh…" –Gridò Sirio, venendo sballottato confusamente all’interno del mulinello energetico, mentre furibonde scariche di energia cosmica stridevano sulla sua corazza Divina.

Controllando il mulinello con le sue braccia, Diomede lo diresse verso l’alto, facendo salire Sirio all’interno del vortice, fino a sfondare quel che restava del tetto della Quinta Casa e a lanciarlo in alto, ancora avvolto da quel devastante vortice malefico.

"Perditi, Cavaliere del Drago!" –Esclamò Diomede, tronfio del suo successo.

Sirio, ancora avvolto dalle dilanianti folgori di Diomede, sentì le forze venirgli meno, incapace di reagire, incapace di muovere un dito, schiacciato da quella violenta pressione che lo limitava nei movimenti e nel ragionare. In un istante ripensò a tutta la sua vita, immaginando che quello sarebbe stato il suo ultimo momento nel mondo, l’ultimo ruolo che avrebbe giocato nei destini del pianeta.

Ripensò a Pegasus e ai suoi amici, impegnati a correre verso le stanze di Ares, per affrontare il malvagio Dio che voleva piegare le genti libere della Terra; ripensò a Fiore di Luna, chiedendosi dove fosse, se Ares l’aveva realmente rapita o se fosse sana e salva, ancora ai Cinque Picchi. Per un momento sorrise, e volle immaginarla così, come l’aveva sempre sognata: inginocchiata, a mani giunte, di fronte alla cascata del Drago, intenta a pregare per lui, come aveva sempre fatto in tutti questi anni, quando si allenava per diventare Cavaliere e quando, ottenuta l’armatura, aveva iniziato a rischiare la vita giornalmente, per difendere la Terra dai pericoli che la minacciavano. Infine pensò a Dohko, il suo Vecchio Maestro, e a Demetrios, suo compagno di addestramento, due cari affetti che molto, ognuno a modo suo, gli avevano dato. Quelli erano i suoi affetti, il piccolo grande mondo a cui era affezionato. Il mondo a cui avrebbe dovuto rinunciare.

"No… noooo!" –Urlò Sirio, facendo esplodere il proprio cosmo, verde scintillante come lo smeraldo più puro. –"Per i miei affetti, per le persone a me care, io reagirò! Per i deboli, che Ares e i suoi figli vorrebbero piegare, per questo Sirio combatte!" –E bruciò il suo cosmo, fino ai limiti estremi della galassia, distruggendo il mulinello energetico che lo rendeva prigioniero, liberandosi da quell’energetica e dilaniante detenzione.

Diomede, rimasto al centro del Tempio del Leone, osservò dal basso l’immensa esplosione di energia, con la quale il suo vortice fu annientato, completamente spazzato via dalla lucentezza del cosmo di Sirio, puro come una supernova, che rischiarò l’intero Grande Tempio. In un attimo il cielo di Atene fu percorso dalla maestosa sagoma di un drago, dal colore verde smeraldo, che scese lungo la Collina della Divinità, piombando con fragore all’interno della Casa di Leo.

Il figlio di Ares, per quanto sorpreso, trovò la prontezza e la forza per incrociare le braccia al petto e resistere alla spaventosa onda d’urto provocata da Sirio. Il contraccolpo lo scaraventò comunque indietro, fino a farlo schiantare contro un muro interno, che crollò subito su di lui, sommergendolo di calcinacci. Quando si liberò delle macerie, ansimando a fatica per lo sforzo, vide con orrore che la propria corazza, di divina fattura, era danneggiata in più punti. I bracciali erano stati distrutti, tanta era la potenza dell’energia sprigionata da Sirio, e al centro del pettorale spuntava una chiazza bollente, che andò in frantumi poco dopo, rivelando la nuda carne dell’uomo al di sotto di essa.

"Maledetto!" –Ghignò Diomede, accasciandosi a terra per il dolore.

Il colpo di Sirio aveva completamente trapassato il muro difensivo rappresentato dalle sue braccia e aveva raggiunto il suo petto, adesso in fiamme. Stringendo i denti, Diomede si rimise in piedi, per osservare il corpo inerme di Sirio a pochi metri da lui. Lo sforzo era stato notevole anche per il Cavaliere di Atena, che era caduto a terra privo di energia.

Diomede si portò due dita alla bocca, emettendo un lungo fischio, al quale seguirono una decina di nitriti. Prontamente le cavalle del figlio di Ares trottarono all’interno del Quinto Tempio, al richiamo del loro signore, il cui ordine fu semplicissimo.

"Divoratelo vivo!" –Commentò, appoggiandosi ad una colonna, con una mano sul petto in fiamme.

Le cavalle del figlio di Ares si gettarono su Sirio, cercando di infilzarlo con le lunghe punte delle loro bardature. Ma la corazza divina, rinforzata dal mithril di Efesto, si rivelò impenetrabile barriera per loro, che non riuscirono a sfondarla, ma sballottarono il corpo del ragazzo con violenza, fino a lanciarlo contro un muro. Diomede, appoggiato ad una colonna, osservava la fine del Cavaliere che aveva osato sfidarlo. Del Cavaliere che aveva ardito ferirlo. E cercò di fare qualche passo avanti, stringendo i denti per il dolore. Adorava osservare il delizioso pasto che offriva periodicamente alle sue cavalle. Era uno spettacolo irrinunciabile per lui: la giusta mistura di atrocità e sadismo. Eppure, in quel momento, qualcosa lo faceva temere ancora.

Quel qualcosa era lo scintillante cosmo di Sirio, che si riaccese impetuosamente poco dopo, scaraventando via le cavalle del figlio di Ares, che fuggirono guaendo all’impazzata, mentre Dragone si rimetteva in piedi, completamente avvolto dalla sua lucente aura verdastra.

"Ancora vivo, Cavaliere di Atena?! Meriti i miei divini complimenti per essere sopravvissuto ad un colpo simile!"

"Come già ti dissi all’inizio del nostro incontro, figlio di Ares, un Cavaliere di Atena non si arrende mai! Mai! Finché ci sarà bisogno di noi, per combattere i tiranni e dare un futuro agli uomini!"

"Futuro?! Sciocchezze! Futilità!" –Urlò Diomede, balzando avanti e scagliando un violento pugno energetico contro Sirio, che fu preso in pieno e spinto indietro, fino a sbattere contro una colonna.

Il figlio di Ares atterrò al centro del tempio, ma non caricò nuovamente, ansimando per lo sforzo, e zoppicando leggermente. Non voleva ammetterlo, né darlo troppo a vedere, ma aveva il petto in fiamme, e ogni singolo semplice movimento era un martirio indescrivibile.

"Futilità combattere per un ideale, Diomede?!" –Esclamò Sirio, rialzandosi. –"Non credo proprio! Ma se l’unica legge che conosci è quella del più forte, credo di essere la persona giusta per farti cambiare idea!"

"Tzè..." –Lo schernì Diomede, bruciando il proprio avvampante cosmo.

"Ho già incontrato un uomo, che si proclamava Cavaliere di Atena, che poneva la forza al di sopra di tutto! La forza, alla quale gli uomini avrebbero dovuto piegarsi!" –Spiegò Sirio. –"Death Mask di Cancer era il suo nome, Cavaliere d’Oro del Cancro! Due volte lo affrontai ed entrambe le volte ne uscii vittorioso, senza riuscire, ahimè, nell’unico obiettivo che realmente avrei voluto raggiungere… quello di fargli capire che possono esistere, ed esistono, centinaia di altri motivi, migliori, per cui valga la pena lottare!"

"Bene, Dragone!" –Esclamò Diomede, il cui cosmo si stava concentrando sulle sue braccia, sotto forma di un intrecciato mulinello di energia. –"Se è questo ciò in cui credi, allora lascerò che tu muoia per i tuoi valori! Ed io, se così sarà, per i miei!"

Sirio non disse niente, abbassando sconsolato il capo, conscio che niente avrebbe potuto cambiare l’avvelenato animo di quell’uomo, che, in fondo, era figlio del Dio della Guerra, e da lui probabilmente forgiato.

"Muori adesso, per i tuoi stupidi ideali!" –Gridò Diomede, gonfiando il petto ed aprendo le proprie braccia, completamente circondate di folgori incandescenti. –"Furia di Ares, travolgilo!" –Esclamò, sbattendo i pugni avanti a sé.

Le due comete energetiche sferzarono l’aria del Quinto Tempio, dirigendosi verso Sirio, il quale, anziché tentare di fermarle, come aveva fatto prima, con lo Scudo e il Drago Nascente, convenne che l’unico modo per averne ragione era affrontarle direttamente.

"Vecchio Maestro!" –Commentò Sirio, bruciando al massimo il cosmo. –"Questo colpo è per voi! Diomede, assaggia le Zanne dei Cento Draghi!" –Gridò, portando avanti entrambe le braccia, con i palmi aperti.

I cento draghi d’Oriente scivolarono nell’aria, scintillanti comete dal colore verde smeraldo, simili a increspate onde di mare, travolgendo le furibonde comete di Diomede. Le folgori dilanianti del figlio di Ares attaccarono i Cento Draghi, ma presto si persero al loro interno, venendo sopraffatte, mentre le zanne dei sacri animali continuarono la loro corsa, piantandosi nella corazza e nel corpo ferito di Diomede, scaraventandolo indietro.

"Noooo!!!" –Urlò Diomede, venendo trafitto e trapassato da incandescenti zanne di energia.

Tentò di rialzarsi, per quanto la sua armatura stesse andando a pezzi, di combattere ancora, incapace di arrendersi, incapace soltanto di immaginare la sua sconfitta. Ma riuscì soltanto a sollevare una gamba, appoggiandosi ad essa, mentre caricava il pugno sinistro di energia cosmica.

Sirio, stupito dalla determinazione e dalla resistenza del suo avversario, si convinse ad attaccarlo di nuovo, prima che potesse recuperare fiato ed energia. Concentrò il cosmo sul braccio destro, invocando l’aiuto di Capricorn, che quell’arma gli aveva donato, prima di abbassare l’arto, creando un rapido fendente di energia che spaccò il pavimento, prima di abbattersi su Diomede, e tagliarlo in due.

"Excalibur!" –Gridò Sirio, osservando l’energetica lama lasciare un segno, un sottilissimo filo di luce, sul corpo sanguinante di Diomede. Un attimo dopo il filo perse lucentezza, facendosi rosso, mentre il sangue zampillava copioso fuori dalla ferita, obbligando il figlio di Ares a crollare a terra, impotente.

"Io… non posso… non posso cadere così…" –Rantolò Diomede, senza più forze ormai.

Riuscì a portare due dita alla bocca e a fischiare nuovamente, chiamando le sue fide cavalle, che arrivarono poco dopo al gran galoppo. Erano rimaste in dieci, ma, per quanto ferite e sporche, conservavano ancora parte di quella nobiltà e grandezza che le avevano sempre caratterizzate.

Sirio sollevò lo scudo, immaginando che lo avrebbero attaccato, invece, con sommo stupore del Cavaliere, le cavalle si avventarono su Diomede, affondando le picche e le punte acuminate nel suo corpo, sbranando quel che restava delle sue carni, facendone brandelli.

Dragone, disgustato da quel macabro spettacolo, si mosse per andarsene, ma barcollò, indebolito per l’enorme sforzo sostenuto, e cadde a terra, attirando l’attenzione delle cavalle. Queste, ingorde come il loro defunto padrone, caricarono il Cavaliere di Atena, per avere anche le sue carni ed il suo sangue, proprio come Diomede aveva insegnato loro.

Sirio strinse i denti spaventato, accorgendosi di non avere neppure la forza per lanciare un Drago Nascente. Rotolò sul terreno, evitando l’affondo di una cavalla, prima di sollevare il braccio destro, per lanciare Excalibur; ma il colpo, debole e impreciso, ferì soltanto un animale, provocando l’ira di tutti gli altri che caricarono il ragazzo selvaggiamente.

Prima che potessero ferirlo, comunque, il pavimento sibilò per un istante sotto i loro zoccoli, cambiando colore. Il grigio marmo del Quinto Tempio si fece biancastro, scricchiolando sinistramente e fermando i movimenti delle infuriate cavalle. Nitrirono, nitrirono selvaggiamente, furibonde come Diomede che le aveva allevate, mentre il loro corpo si congelava sempre di più. Un attimo dopo esplosero, frantumandosi in mille frammenti di ghiaccio, mentre Sirio, appoggiato contro una colonna, osservava l’amico avvicinarsi e porgerli un braccio per aiutarlo a rimettersi in piedi.