CAPITOLO SETTIMO. L’ASSALTO DEI BERSEKER.

Dopo la fine della guerra sull’Olimpo, che i Cavalieri di Atena e di Zeus avevano creduto di combattere perché voluta dal Dio del Fulmine, Ares e i suoi figli si erano mossi velocemente, utilizzando l’energia della Pietra Nera, di cui Flegias non volle rivelare la provenienza, nemmeno al Padre e ai fratellastri, per ricreare il loro spaventoso esercito di berseker e inviarli per il mondo a portare morte e distruzione. La prima destinazione dei Guerrieri Scarlatti fu il Tempio di Nettuno, sia per recuperare il Vaso del Dio dei Mari, che già Flegias aveva tentato di raggiungere in precedenza, sia per vendicarsi dell’onta subita, radendo al suolo il Tempio Sottomarino e uccidendo l’ultimo custode, Syria della Sirena, che aveva incantato il Messaggero Olimpico, convincendolo a desistere dall’impresa. Ma anche quella volta del Vaso di Nettuno non c’erano state tracce.

"Maledizione!" –Aveva brontolato Flegias, ascoltando il racconto di Phobos e Deimos, al cui comando i berseker si erano mossi. –"Dove diavolo è finito? È un vaso, non può sparire così!"

"Perché tanto interesse nei confronti di quell’oggetto?" –Aveva chiesto Phobos, al fratellastro. –"Non abbiamo forse potere a sufficienza per abbattere i miserabili Cavalieri di Atena e di Zeus?"

"Il potere non è mai abbastanza!" –Lo aveva zittito Flegias, chiudendo in fretta la conversazione. Ma il Dio della Paura non era parso convinto, sospettando che Flegias volesse il Vaso per il motivo più semplice. Liberare Nettuno e farne un alleato da usare a suo piacimento, anche contro di loro se ve ne fossero stati i presupposti. Ma Ares aveva ordinato ai figli di non litigare tra loro.

"Non mi interessa che vi amiate!" –Aveva detto, nelle catacombe del Tempio dell’Apocalisse. –"Ma pretendo che, finché ubbidirete a me, e mi servirete, non leviate la mano uno contro l’altro, destinando la vostra rabbia, il vostro odio, verso i Cavalieri di Atena e di Zeus, i nostri veri nemici!"

"Sì, Padre!" –Avevano affermato Phobos e Deimos, inchinandosi di fronte a lui. Flegias non si era inginocchiato, limitandosi a radunare un buon numero di berseker per organizzare la sua missione: occupare il Grande Tempio di Atena, ponendovi le basi per il nuovo impero della Guerra.

Ares aveva informato i figli di procedere con la fase successiva, prima di congedarli e rimanere solo con la sua amante. La terribile e sanguinaria Divinità, antica come lui, eterna complice di guerre e devastazione, ma anche passionale femmina capace di far ardere il virile corpo del Dio della Guerra. L’aveva abbracciata, sdraiandola a terra, mentre le chiassose grida dei suoi guerrieri esplodevano nei sotterranei intorno a loro.

Il piano del bellicoso nume si strutturò in maniera semplice, inviando i berseker in tre diversi posti della Terra, in Giappone, in Cina e in Siberia, con lo scopo di rapire alcune persone care ai Cavalieri di Atena, in modo da disporre di un’ulteriore arma, emotiva, da utilizzare contro di loro. Il grosso dell’armata invece sarebbe invece stato impegnato ad assaltare il Grande Tempio e a prenderne possesso, prima di muovere poi verso l’obiettivo finale: l’Olimpo. Le armate che diresse verso l’Asia non erano affatto numerose, una trentina di guerrieri in tutto, non ritenendo opportuno sprecare utili elementi in missioni apparentemente semplici, essendo tutti i Cavalieri di Atena riuniti sull’Olimpo.

"E presto avranno altro a cui pensare, che non alle loro terre d’origine!" –Aveva sogghignato Ares, ordinando ai suoi berseker di portargli le quattro persone che desiderava usare come esca.

Il primo gruppo, composto da una decina di berseker, raggiunse facilmente il Giappone e la città di Nuova Luxor, avendo ricevuto precise istruzioni da Flegias, che aveva passato molti mesi a studiare i Cavalieri di Atena, soprattutto i cinque che riteneva più pericolosi.

"Per quanto siano solo Cavalieri di Bronzo, hanno compiuto imprese che rasentano il miracolo!" –Aveva ripetuto il Flagello degli Uomini. –"Non dobbiamo assolutamente sottovalutarli! –E il padre, terribile guerriero ma anche abilissimo stratega, aveva ascoltato il consiglio del figlio, pianificando un’ottima tattica con il dichiarato scopo di colpire al cuore. Di colpire i sentimenti umani.

"È dunque questo l’ospedale della Fondazione Thule?" –Esclamò uno dei berseker.

"A quanto pare sì, Balestra!"– Rispose un altro.

"Coraggio! Andiamo e prendiamo le due donne! Non credo sarà un’impresa difficile! Ah ah ah!" –Rise il primo, esortando gli altri guerrieri.

Erano in dieci, tutti ricoperti da cotte scarlatte, intrise del violento cosmo di Ares che avrebbe reso inquieto persino lo spirito di un eremita. Erano quasi tutti soldati semplici, ad eccezione dei tre che li guidavano, a cui Flegias aveva impartito l’ordine diretto, Rostro, Scure e Balestra.

Il primo, Rostro, era grosso e robusto, di origini orientali, con lisci capelli neri raccolti in un codino, ed aveva un’armatura ornata da due scudi rotondi, fissati ai bracciali, dal bordo seghettato e tagliente; Scure, era alto e magro, ed aveva il viso coperto dalla nera visiera del suo elmo, impugnando continuamente la sua ascia da battaglia. Balestra, infine, era il più basso dei tre, alto come un bambino, ma era il più veloce e scattante, e la sua armatura era dotata di una balestra fissata sul braccio destro, capace di scagliare una moltitudine di frecce in un unico colpo.

I tre berseker, seguiti dal resto della truppa, entrarono rumorosamente nell’ospedale, mentre le numerose persone presenti all’interno iniziarono a urlare spaventate, alla vista di quei guerrieri sconosciuti e armati. Balestra scagliò qualche freccia incandescente in giro, che esplosero non appena raggiunsero un qualsiasi bersaglio, aumentando la paura e la confusione dei civili.

"Ah ah ah! Guarda come scappano!" –Rise Scure di gusto.

"Dove andiamo?" –Si chiesero i guerrieri, rivolgendosi a Rostro, che rimase fermo per un momento, concentrando i propri sensi, prima di indicare una scala che conduceva ai piani superiori.

"Di là!" –Disse, odorando l’aria con il suo naso grugnante. –"Sento un lieve cosmo! Deve essere quello della Sacerdotessa!" –Ma prima che i Guerrieri Scarlatti riuscissero a muoversi, tre ragazzi balzarono di fronte a loro, sorprendendo i berseker per il loro strano aspetto. Indipendentemente dall’età, che li presentava come giovanissimi, i tre indossavano armature particolari, che parvero ai guerrieri di Ares quasi metalliche, delle macchine-robot.

"Fermatevi!" –Esclamò il più alto dei tre ragazzi. –"E andatevene da questo luogo di cura!"

"Ah ah ah! E chi sei, tu, moccioso per intimarcelo?!" –Tuonò Rostro, ridendo di gusto.

"Shadir è il mio nome, Cavaliere d’Acciaio al servizio di Atena!"

"E noi siamo Benam e Lear!" –Esclamarono gli altri due ragazzi.

"Cavalieri di Acciaio?! Che diavoleria è mai questa?!" –Si chiesero i berseker. Ma nonostante la sorpresa iniziale, non provarono alcun timore di quei bambocci, lanciandosi avanti senza esitazione.

"Foste anche dei robot, non fermerete la nostra avanzata!" –Esclamò Scure, concentrando il cosmo sul braccio. Quindi sbatté la scure che reggeva in mano nel pavimento, distruggendolo e creando una fenditura nel terreno che diresse verso i tre Cavalieri d’Acciaio, obbligandoli a separarsi, per non essere travolti.

In quella, Balestra sollevò la propria arma, scagliando centinaia di frecce contro i tre ragazzi, che dovettero muoversi continuamente per non venire feriti. Shadir tentò di aspirare le frecce con la sua armatura, riuscendo in parte nell’intento, ma fu comunque trafitto da alcuni dardi che si piantarono nella sua corazza, frantumandola. Benam usò allora le onde elettromagnetiche del suo elmetto, per lanciare suoni in grado di arrivare al cervello dei berseker, e infatti alcuni di loro caddero al suolo, stringendosi la testa con dolore, ma su altri il suo potere non fece effetto. Un dardo di Balestra trafisse Benam al collo, spingendolo indietro, sanguinante. Lear cercò di aiutare l’amico, ma Scure piantò nuovamente la propria ascia nel pavimento, scagliando un fendente energetico contro il ragazzo, che fu travolto e scaraventato indietro, tra i frammenti insanguinati della sua armatura.

"Benam! Lear! Nooo!" –Urlò Shadir, in lacrime, nel vedere i corpi inermi dei suoi amici massacrati senza pietà dagli sgherri di Ares. Ma non ebbe tempo per piangere che fu costretto ad affrontare l’assalto del suo nemico, il colosso Rostro, che liberò i suoi scudi rotanti, che si moltiplicarono in infinite copie, abbattendosi sul Cavaliere d’Acciaio da ogni lato. Shadir riuscì ad evitarne alcuni, ma fu centrato alla schiena da un altro, che gli distrusse l’Armatura d’Acciaio, scagliandolo in alto, mentre un ultimo disco rotante gli tagliava la testa. Pegasus! Atena! Perdonateci! Non abbiamo saputo… difendere Patricia! Quello fu l’ultimo pensiero di Shadir.

"Adesso possiamo proseguire!" –Esclamò Rostro, fissando nuovamente gli scudi alle sue braccia.

I Guerrieri Scarlatti corsero in fretta al piano superiore, travolgendo senza pietà tutti coloro che trovavano sul loro cammino. Quando arrivarono nella stanza dove, secondo Rostro, avrebbero dovuto trovarsi Nemes e Patricia, Scure abbatté la porta con un colpo secco della sua ascia, entrando per primo, e trovandola maledettamente vuota.

"Possibile?!" –Si chiese Rostro, ritenendo improbabile che il proprio fiuto avesse sbagliato.

Annusò nuovamente l’aria, prima di correre alla finestra aperta ed osservare il paesaggio. Dietro all’ospedale si estendeva un verdeggiante boschetto, dove spesso i medici conducevano i pazienti per farli svagare un po’. Rostro sogghignò, ordinando ai suoi di seguirlo.

"Nel bosco!" –Urlò, buttandosi dalla finestra. Gli altri lo seguirono all’istante, distruggendo il muro della stanza, e gettandosi di sotto, atterrando sul selciato e correndo verso la pineta.

"Tentano di sfuggirci, ma non ci riusciranno!" –Esclamò Rostro.

"Le troveremo! Le staneremo!" –Ghignò Scure.

"Puoi ben dirlo!" –Rispose il gigante, prima di staccare i due scudi rotanti e scagliarli avanti. – "Aprite la via, miei rostri!" –Gli scudi rostrati del berseker fendettero l’aria, facendo strage di rami e di piante, continuando a roteare nel bosco, inseguiti dal suo padrone e dagli altri guerrieri, finché non furono fermati da un secco colpo di frusta. –"Aaah ah, scovate!" –Mormorò Rostro, soddisfatto.

In una piccola radura, al centro dell’alberato boschetto, due donne erano appena giunte, ansimanti per la lunga e improvvisa corsa. Una della due, alta e ben fatta, con mossi capelli biondi, indossava una minima forma di protezione, che non era possibile definire una corazza, tanto insignificante era la porzione di corpo che copriva, essendo stata probabilmente distrutta in precedenza, e in mano reggeva una frusta, con la quale aveva fermato il volo dei rostri; mentre l’altra era una semplice ragazza impaurita, che nascondeva il pallido volto dietro il corpo della compagna.

"Nemes del Camaleonte e Patricia, suppongo!" –Esclamò Rostro, fermandosi al limitare del cerchio, insieme ai suoi guerrieri.

"Chi siete voi? E perché avete attaccato un ospedale?" –Tuonò Nemes.

"E tu perché sei fuggita, bellezza?" –Rise Scure. –"Non dovresti far arrabbiare i guerrieri del Dio Ares!"

"Ares?!" –Esclamò Nemes, terrorizzata.

"Adesso non fare storie, gambe lunghe, e vieni con noi!" –Esclamò Rostro, facendo un passo avanti. –"Tu e la ragazza siete attese dal nostro Signore! Un uomo a cui non si può dire di no!"

"Mai!" –Urlò Nemes, schioccando con forza la sua frusta in terra.

"Stupida!" –La insultò Balestra, scagliando due frecce incandescenti, che si piantarono nel terreno ai piedi delle ragazze, esplodendo immediatamente e scagliandole indietro, mentre Scure piantava la sua ascia in terra, con gran fragore, creando una piccola faglia che corse rapida verso le donne.

"Aaah!" –Urlò Patricia, cadendo all’interno, ma Nemes fu svelta ad afferrarle un braccio con la frusta.

"Coraggioo!" –Gridò la Sacerdotessa del Camaleonte. –"Resisti!" –E iniziò a tirare, mentre Patricia si aggrappava alla frusta con l’altro braccio.

Nemes riuscì a ritirare su Patricia giusto in tempo per essere afferrata da dietro da Rostro, che la sollevò, insieme alla sorella di Pegasus, e le fece roteare su se stesso per qualche secondo, davanti agli occhi divertiti degli altri berseker.

"Guardate come volano!" –Esclamò il colosso, lanciando le due donne, che ricaddero bruscamente al suolo qualche metro avanti.

"Adesso basta giocare!" –Urlò Balestra. –"Alzatevi e venite con noi!" –E nel dir questo scagliò una nuova freccia verso di loro. Ma il dardo incandescente non raggiunse mai il bersaglio, venendo colpito in pieno da un violento fascio di luce, che lo distrusse sul colpo.

"Uh?" –Si chiesero Balestra e gli altri guerrieri di Ares, cercando di capire cosa fosse successo.

Una figura velocissima saettò di fronte ai loro occhi, prima di balzare in aria, proprio al centro dello spiazzo aperto in cui avevano trovato Nemes e Patricia. I dieci berseker sollevarono lo sguardo verso il cielo, proprio per incontrare l’abbagliante luce del sole che splendeva alto sopra di loro.

"Aaah!" –Urlarono alcuni, mentre violenti fasci di luce trafiggevano il loro corpo.

"Ma... cosa?!" –Gridò Balestra, caricando nuovamente la sua arma e scagliando dardi sopra di lui, senza avere chiaro un obiettivo. Ma tutte le frecce furono annientate, e lo stesso Balestra trafitto da un raggio di luce che lo perforò completamente, disintegrando la sua armatura.

"Muori!" –Urlò Scure, caricando l’ascia di energia e puntandola contro l’indefinito nemico. Ma la misteriosa figura fu più rapida di lui, colpendolo violentemente sulla mano destra, prima di trafiggerlo da parte a parte, con una lunga asta dorata.

"Bastardo!" –Intervenne quindi Rostro, staccando i dischi della sua corazza e lanciandoli avanti, con le loro lame taglienti. Una scarica di energia luminosa li distrusse all’istante, mentre un’altra colpì in pieno il gigante di Ares, scaraventandolo indietro. Gli ultimi berseker furono annientati con un lampo di luce, mentre alcuni caddero nella voragine che Scure aveva creato poco prima.

Quando la battaglia ebbe termine, Nemes e Patricia si erano rimesse in piedi, ancora intimorite dalla situazione. Si voltarono verso il centro dello spiazzo e videro una scintillante figura ergersi nel mucchio di cadaveri. Nemes la guardò con attenzione, ma non riuscì a riconoscervi nessuno di familiare, nessuno dei Cavalieri di Atena che aveva incontrato o di cui aveva sentito parlare.

"State bene?" –Domandò la figura, incamminandosi verso di loro.

Era un ragazzo non troppo alto, con mossi capelli biondissimi, chiari come la cenere, e due sorridenti occhi nocciola, che spuntavano sul suo candido viso. Indossava un’armatura dall’accattivante design, di uno sconosciuto materiale risplendente di luce propria, che sembrava trasmettere la luminosità delle stelle. In mano stringeva un lungo bastone dorato, con il quale aveva colpito i guerrieri di Ares, decorato in cima in modo da sembrare più uno scettro che un bastone.

"Chi sei, tu?" –Fu l’unica cosa che riuscì a chiedere Nemes, affascinata da quell’eterea apparizione.

"Sono qua per salvarvi, e per portarvi al sicuro!" –Commentò il ragazzo, allungando una mano verso le due donne. –"Questo è il compito che mi è stato assegnato dal mio Maestro, e che sono stato ben lieto di eseguire!"

Nemes e Patricia si guardarono un attimo allibite, prima di accettare l’aiuto dello sconosciuto Cavaliere. Non appena sfiorarono la sua mano, vi fu un lampo di luce e i tre scomparvero da Luxor.

***

Il secondo gruppo di berseker si recò invece in Siberia, nelle gelide lande del Nord della Russia, alla ricerca di un piccolo villaggio, estremo avamposto della civiltà in quelle terre immortali.

"Per un moccioso?!" –Brontolò un guerriero, stringendosi nel suo scuro mantello. –"Siamo venuti fin qua, in capo al mondo, per uno stupido moccioso?!"

"Stai zitto, stupido d’un Kriss!" – Lo chetò un altro, dandogli un pugno in bocca. –"Gli ordini del Dio della Guerra non si discutono!"

"Non era mia intenzione farlo, Daga! Solo che io detesto il freddo, e i ragazzini!"

"Se è solo questo ciò che ti preoccupa, allora tranquillizza il tuo animo! Tra poco torneremo nella calda Grecia, con la nostra preda!" –Esclamò il guerriero chiamato Daga.

I guerrieri di Ares arrivarono al villaggio di Kobotec, composto da una cinquantina di abitazioni scarse, circondati dalla loro fiammeggiante aura cosmica, che li fece apparire proprio come dei demoni venuti a portare la distruzione in quel luogo dimenticato dagli Dei.

"Guardali come corrono a rintanarsi!" –Esclamò il berseker chiamato Kriss, osservando la popolazione rifugiarsi nelle loro case. –"Ah ah ah! Che paurosi!"

Agli ordini di Daga, il Comandante di quella piccola brigata, i Guerrieri Scarlatti appiccarono il fuoco in vari punti del villaggio, distruggendo tutto quello che trovavano sul loro cammino, mentre si guardavano intorno come avvoltoi, alla ricerca dell’oggetto della loro cerca. Daga sfoderò la spada che portava con sé, lanciandola avanti, fino a piantarsi contro la porta di una casa, proprio mentre un vecchio stava cercando di correre dentro.

"Fermati, vecchio uomo! E dimmi dove trovare il ragazzino chiamato Jacob!"

"Jacob?! Perché lo volete? Chi siete?" –Esclamò terrorizzato il vecchio.

"Risposta errata!" –Commentò Kriss, sgozzandolo con un colpo solo del suo pugnale malese.

"Non perdete tempo inutilmente!" –Sibilò improvvisamente una voce, facendo voltare Daga, Kriss e gli altri. Dietro di loro, avvolta da uno scuro mantello di pelliccia, una figura li aveva accompagnati fin dalla Grecia, nonostante il desiderio di Ares che ella rimanesse al suo fianco.

"Ho da fare qualcosa a Nord!" –Aveva esclamato la figura ammantata, salutando il Dio della Guerra. –"Qualcosa che, credo, ti farà molto piacere! Portare strage e distruzione!" –Aveva sogghignato, digrignando i denti giallastri. Daga, Kriss e gli altri annuirono con il capo, continuando le ricerche del ragazzino, mentre un forte vento soffiava impetuoso sull’intero villaggio, com’era abitudine nella Siberia settentrionale.

"Voi!" –Urlò Daga, irrompendo in una casa e rivolgendosi a una coppia accucciata di fronte al caminetto. –"Dov’è Jacob? Ditemelo o vi ucciderò!"

La coppia non disse niente, ma a Daga sembrò di sentire la donna pronunciare parole di una preghiera in russo, prima di sfondare loro il cranio con un colpo deciso di spada.

"Lo abbiamo trovato!" –Esclamò improvvisamente un berseker, costringendo Daga a raggiungerlo. Nella strada Kriss e altri avevano radunato una decina di bambini, tutti quelli che avevano trovato.

"E quale sarebbe?" –Domandò Daga.

"Questi sono tutti i mocciosi del villaggio! Jacob sarà uno di loro!" –Disse un guerriero.

"Idiota!" – Gridò Daga, mozzandogli la testa con la sua spada. –"A noi serve un bambino, non dieci!!!" –Urlò, mentre la tempesta siberiana sembrò aumentare di intensità.

"No!" –Tuonò improvvisamente una voce, che a Daga e agli altri parve invadere tutto il cielo boreale. –"A voi servirà solo un prete, per confessare gli infami peccati di cui vi siete macchiati!"

"Chi?!" –Esclamò Daga, guardandosi intorno, stringendo forte la lama in mano. Gli altri berseker fecero lo stesso, muovendosi con prudenza nella tempesta che si faceva sempre più violenta. Improvvisamente una voce risuonò nell’aria e quella, per molti di loro, fu l’ultima che udirono.

"Polvere di Diamanti!!!" –Un violento turbine di gelo si abbatté sulla truppa di guerrieri di Ares, travolgendoli e congelandoli, prima di distruggere i loro corpi poco dopo.

Daga, Kriss e altri due berseker furono gli unici a sopravvivere a quell’assalto, oltre alla figura ammantata, che sogghignò osservando l’uomo che aveva desiderato incontrare. Cristal il Cigno.