CAPITOLO QUINTO. LE DODICI FATICHE DI PEGASUS.

Pegasus, Sirio, Andromeda e Phoenix raggiunsero l’Etna, scendendo fin dentro la profonda Divina Fornace ove lavorava Efesto, il Dio della Lavorazione dei Metalli. Sirio era stato l’unico, ad eccezione di Cristal, ad averlo visto personalmente, al Tempio dei Mercanti, durante la battaglia sull’Olimpo, ed aveva capito essenzialmente due cose di lui. Che era un Dio saggio e passionale, capace di provare umani sentimenti, come quelli di disperazione nel vedere la propria sposa, la Dea Afrodite, massacrata dai suoi degeneri figli, e capace di usare la ragione per discernere tra il bene e il male, e che era un Dio dotato di grande potenza e resistenza. Non soltanto aveva saputo resistere agli attacchi di Cristal, mettendo in difficoltà il Cigno Bianco, ma era persino sopravvissuto all’infuocata Spada di Flegias, che il figlio di Ares aveva infilato nel suo collo. Grondante sangue e debolissimo, Efesto aveva infatti trovato la forza di rialzarsi, trascinandosi a fatica fuori dalle rovine del Tempio, dove Giasone, in perlustrazione per conto di Zeus, lo aveva trovato, e dove Asclepio poi lo aveva medicato. Il divino cosmo di Efesto aveva fatto il resto, sanando in parte le sue ferite, quelle fisiche almeno. Ma per quelle sentimentali non c’era stata speranza alcuna.

"Divino Efesto!" –Commentò Sirio, rivolgendosi al Dio, impegnato a sistemare un’ala della corazza della Fenice.

"Le vostre armature sono pronte!" –Parlò questi, senza voltarsi. –"Devo solo aggiustare una cosa!"

"Ti ringraziamo, Dio del Fuoco e della Metallurgia!" –Affermò Pegasus, facendosi avanti. –"Grande è l’aiuto che ci stai dando, e te ne siamo grati!"

"Non ringraziatemi, in fondo state facendo anche il mio volere!" –Rispose Efesto, stupendo i ragazzi. –"Non c’è cosa che maggiormente vorrei al mondo che vedere quei maledetti figli di Ares morti! Uccideteli, e portatemi i loro cadaveri, cosicché io possa gettarli nelle profondità dell’Etna e dare loro la fine che meritano!"

I Cavalieri dello Zodiaco rimasero in silenzio, colpiti dalla schiettezza delle parole del Dio, ma consapevoli che il dolore che portava dentro era certamente umano, dovuto al più nobile, e al più terribile, dei sentimenti umani, l’amore. L’amore che aveva perduto.

"Probabilmente hai ragione, Dio del Fuoco!" –Commentò infine Phoenix, unico a trovare la forza di parlare. –"Ma spesso, purtroppo, la vendetta non placa la nostra disperazione! E anche davanti al corpo morto del nostro nemico, ci continuiamo a chiedere perché… Ci continuiamo a chiedere cosa avremmo potuto fare perché le cose andassero diversamente, cosa avremmo potuto dire per rendere migliori i pochi giorni vissuti con la persona amata?! Ma alla fine, ci rispondiamo che non c’è niente di diverso che avremmo potuto fare! Perché quello che abbiamo fatto era ciò che sentivamo, ed era la cosa migliore e più vera di noi stessi che potevamo regalare all’altro!"

Efesto annuì a fatica, reprimendo un singhiozzo, ma non rispose alle nobili parole di Phoenix, che molto colpirono il suo cuore. Si voltò verso le armature e spiegò ai ragazzi di averle riparate, ridando loro la lucentezza che avevano originariamente, e tutta la loro potenza.

"Non soltanto!" –Aggiunse il Dio. –"Voi sapete di quali materiali sono fatte le vostre armature?"

"Uhm…" – I Cavalieri si guardarono per un momento straniati, non sapendo cosa rispondere. –"Oro?" –Azzardò uno. –"Platino?" –Aggiunse un altro.

"Tutte le armature, di qualsiasi Cavaliere, non sono mai completamente fabbricate con il materiale dell’ordine a cui appartengono! Le Armature d’Oro non sono interamente di oro, materiale lavorabile con difficoltà, ma di una lega mista, di cui l’oro rappresenta il componente principale, ma non l’unico! Lo stesso discorso può essere fatto per le Armature d’Argento e per quelle di Bronzo, una lega di bronzo e di rame!" –Spiegò loro Efesto. –"Le Vesti Divine, quelle che noi Divinità indossiamo, sono realizzate con una lega di oro e avorio, e di un terzo elemento, lavorate a temperature altissime, impregnate di sangue e cosmo divini, capaci di elevare tali metalli ad un livello superiore, trascendente! Questo perché solitamente chi indossa una Veste Divina è, appunto, un Dio o un Cavaliere di alto rango, difensore supremo della Divinità, come erano i Ciclopi Celesti! Per le vostre corazze vi è una sottile, ma degna di nota, differenza! Che non sono state create come tali, ma lo sono diventate in seguito, nell’Elisio, quando voi, bruciando con ardente determinazione il vostro cosmo, il vostro animo, la vostra stessa vita, fino ai limiti estremi, avete trasformato i resti delle Armature di Bronzo presenti sul vostro corpo, mescolati con i resti delle Armature d’Oro andate distrutte, nelle Armature Divine, vestigia simili in tutto e per tutto alle Divine Vesti da me forgiate!"

"E questo le rende inferiori?" –Domandò Andromeda.

"Inferiori?!" –Rifletté Efesto. –"Forse, in quanto non forgiate da mano divina! Ma l’esperienza e la storia che risiedono in esse le rendono superiori a qualsiasi altra corazza! Le vostre Armature di Bronzo, quelle che avete indossato nella Guerra Sacra contro Ade, derivano dai resti di quelle che andarono distrutte contro Nettuno, rinate col sangue di Atena; e quelle, a loro volta, non derivavano dai frammenti delle vostre prime corazze, sorte a nuova vita col sangue dei Cavalieri d’Oro, dopo la scalata delle Dodici Case?!" –Sorrise infine Efesto. –"Credetemi, Cavalieri di Atena, le vostre Armature non cederanno così facilmente! In loro risiede ormai il vostro cosmo, impregnato delle battaglie e delle esperienze che avete sostenuto, temprato dai duri allenamenti a cui siete stati sottoposti, e rinforzato dal sangue dei Cavalieri d’Oro e da quello Divino di Atena!!! Poco altro avrei potuto aggiungere ad un così grande prodigio della natura!"

"Capisco…" –Commentò Pegasus, che in realtà non stava capendo niente.

"Tuttavia ho ritenuto opportuno farvi un dono!" –Esclamò Efesto, mostrando loro un pezzo di roccia dalle argentee sfumature.

"Cos’è?" –Chiese Pegasus. –"Argento?"

"Ah ah! Affatto!" –Rispose il Dio, riponendo la roccia su un piano da lavoro. –"È il metallo più prezioso della storia dell’umanità, il terzo elemento di cui sono costituite le supreme Vesti Divine!"

"Il metallo più prezioso?!" –Mormorò Andromeda.

"Che sia dunque…" -Accennò Sirio.

"Il mithril!" –Affermò Efesto, mentre i suoi occhi si illuminarono al suono celestiale di quella parola. In un batter di luce le Armature Divine dei Cavalieri si scomposero, venendo ognuna attirata dal cosmo del suo custode e ricoprendo i loro corpi.

"Incredibile! Sento in essa una grande energia, un profondo calore!" –Esclamò Pegasus, mentre la Celeste Armatura lo ricopriva. –"E inoltre, l’armatura… sembra molto più leggera!"

"È l’energia che viene dalle stelle, Cavalieri! Di cui il mithril è espressione!" –Affermò Efesto.

"Mithril…" –Commentò Pegasus. –"Un nome che evoca leggenda! Un metallo dalle magiche proprietà, resistentissimo e al tempo stesso leggerissimo!"

"Il mithril deriva le sue mistiche proprietà dall’essere combinazione de i quattro elementi naturali, ed è un minerale alieno, se così si può definire, che si crea quando un corpo celeste si schianta sulla superficie terrestre!" –Spiegò Efesto. –"Se un meteorite è abbastanza grande da sfondare l’atmosfera, esso collide poi con la crosta, con la terra, in un impatto che genera temperature inimmaginabili! E il materiale di cui è composto si fonde con i minerali e con l’atmosfera che lo circonda, dando vita ad un nuovo materiale, il quinto elemento, o mithril, che risulta creato dall’unione dei quattro elementi, terra, fuoco, aria e acqua! Non esiste niente di più resistente in natura! Ed io, adesso, ve ne ho fatto dono, sicuro che vi sarà utile nella guerra che vi aspetta!"

"Hai dunque ricostruito le nostre armature con il mithril?" –Domandò Andromeda, mentre Efesto esplodeva in una grossa risata.

"Oh no, Cavalieri! Non ho abbastanza mithril per creare dal nulla quattro nuove corazze, particolarmente elaborate come le vostre! Nessuno ne ha! Il mithril è molto raro, come rari sono i corpi celesti che si schiantano sulla superficie terrestre! L’ultimo, al quale attinsi per ottenere del mithril, fu quello di Tunguska, in Siberia, nel 1908! Mi sono soltanto limitato ad usarlo per riparare le parti danneggiate, lasciando che infondesse alle vostre vestigia tutta la sua devastante potenza!"

"Ti ringraziamo, Divino Efesto, per il tuo aiuto! E ti promettiamo che non sarà speso invano il tempo che ci hai dedicato!" –Disse Pegasus, mentre anche gli altri ringraziavano il Dio del Fuoco.

"Grazie a voi, Cavalieri di Atena! Siete riusciti a portare un raggio di sole fin quaggiù, nelle viscere della Terra!" –Commentò il Dio, prima di voltar loro le spalle e rimettersi al lavoro. Aveva ricevuto ordini precisi da Zeus e doveva sbrigarsi, per riparare le Armature Celesti dei Cavalieri dell’Olimpo e preparare nuove armi quanto prima.

Pegasus e i suoi tre amici, dopo aver ringraziato il Dio del Fuoco, tornarono in superficie, sentendosi più leggeri e rincuorati dall’aver ricevuto un simile dono. Unirono i cosmi e scattarono verso Atene, arrivando al Grande Tempio poco dopo e restando a bocca aperta per l’enorme sfacelo in cui lo trovarono abbandonato. Costruzioni distrutte, mura abbattute, cadaveri gettati in strada, tra la polvere, mescolati ai detriti. Persino gli alberi erano stati bruciati, isterilendo la rada natura del santuario, e ancora vampe di fuoco esplodevano caoticamente intorno a loro.

"Terribile!" –Commentò Pegasus, guardandosi intorno. Lui che al Grande Tempio ci aveva vissuto, trascorrendoci sei anni di allenamento, sentiva come se fosse stata distrutta una parte di sé. E questo non fece che aumentare il suo dolore e la sua rabbia.

Tristi e addolorati i quattro amici si incamminarono lungo quel che restava della Via Principale, giungendo in fretta all’ampio spiazzo dove l’anno precedente avevano lasciato Lady Isabel trafitta dalla freccia di Betelguese, prima di iniziare la scalata delle Dodici Case. E là si presentò loro il più infelice e macabro spettacolo mai visto.

Infilate dentro scarlatte picche acuminate, c’erano le teste di quattro uomini, di quattro Cavalieri che Pegasus e gli altri conoscevano bene, essendo stati loro amici e compagni di vita. Erano quelle di Geki, Ban, Black e Aspides, barbaramente massacrati da Flegias e dai berseker di Ares.

"Che gli Dei ci proteggano!" –Esclamò Sirio, correndo verso le lance.

Andromeda scoppiò in lacrime, nauseato da un simile spettacolo di efferata crudeltà, mentre Phoenix e Pegasus rimasero quasi immobilizzati, incapaci di fare o dire qualcosa. Il loro voltastomaco aumentò quando videro che dietro le lance c’erano cadaveri abbandonati, corpi macchiati di sangue, che altri non erano che quelli di giovani donne, di fanciulle uccise e mutilate.

Improvvisamente una forte emanazione cosmica esplose nel piazzale, dando nuovo impeto e vigore alle fiammelle sparse per l’area. Come richiamate dal loro signore, le vampe di fuoco si allungarono verso il cielo, lunghe lingue che circondarono gli attoniti Cavalieri dello Zodiaco. Una figura comparve in mezzo alle fiamme, scivolando tra loro come se nulla potessero contro di lui. Ricoperto dalla sua scintillante Armatura Divina, Flegias si fermò proprio davanti ai quattro Cavalieri, sfoderando la sua infuocata spada ed con un ghigno malefico.

"Siete arrivati infine?!" –Commentò il Rosso Fuoco, scaricando un rapido e violento fendente di energia incandescente verso i quattro amici, che furono obbligati a separarsi per evitarlo. –"Ih ih ih... Avete visto che bella accoglienza vi abbiamo riservato?!"

"Bastardoo!!!" –Urlò Pegasus. E senza aggiungere altro scattò avanti, concentrando il cosmo sul pugno destro e scagliando centinaia di luminosi colpi verso il figlio di Ares, il quale li evitò tutti, muovendosi ad una velocità maggiore, prima di balzare, con un’abile piroetta, proprio di fronte alle picche insanguinate. Le afferrò con un gesto bruto, gettandole via, insieme alle teste che vi erano piantate, in un rogo poco distante, in cui, a sentire Flegias, aveva bruciato anche i corpi poco prima.

"Sei un maledetto!" –Urlò ancora Pegasus, affiancato questa volta da Phoenix e Sirio. Il colpo congiunto dei tre compagni però non raggiunse Flegias, protetto da una mistica barriera su cui l’attacco dei Cavalieri si infranse, venendo assorbito da essa e poi espulso, travolgendoli.

"Lo Scudo di Ares mi difende, sciocchi! Le mie difese sono insormontabili per comuni Cavalieri come voi!" –Li schernì Flegias. –"Ma se proprio volete combattere…" –E sollevò il braccio.

Le fiamme che erano intorno a loro si mossero al suo comando, diventando due alti muri incandescenti che corsero lungo la scalinata di marmo che conduceva alla Prima Casa di Ariete.

"Eccolo... il Tempio di Ares!" –Esclamò Flegias, mentre i Cavalieri di Atena sgranavano gli occhi.

"Bugie! Questo è il Tempio di Atena! Quelle sono le Dodici Case dello Zodiaco!" –Tuonò Pegasus.

"Non più! Il Grande Tempio di Atena è ormai leggenda, questi sono i Templi dell’Ira, custoditi dai Dodici Berseker della Guerra, i guerrieri supremi scelti da mio Padre per accogliervi nella sua Reggia!"

"Dov’è Ares?" –Gridò Phoenix. Ma Flegias non rispose, superando nuovamente i Cavalieri dello Zodiaco con un balzo e atterrando proprio sulla scalinata che conduceva alla Prima Casa.

"C’è un nuovo Sacerdote sul trono di Grecia!" –Commentò il Rosso Fuoco, mentre un sorriso malsano gli deturpava il viso. –"E presto siederà sul trono dell’Olimpo! Ah ah ah!" –E poi aggiunse. –"Ah, dimenticavo, ha anche nuove ancelle che lo servono!"

"Che cosa?!" –Domandarono Pegasus e Dragone.

"Già... ragazze giovani, molto carine. Fanno le difficili, ma poi si scioglieranno!"

"Fiore di Luna!" –Mormorò Sirio.

"Uhm, sì, mi pare che una si chiami proprio in quel modo!" –Sogghignò Flegias, prima di volgere lo sguardo verso Pegasus e Andromeda. –"In quanto alle altre due…"

"Maledetto! Se hai fatto del male a mia sorella…" –Urlò Pegasus, scattando avanti con rabbia e scagliando un poderoso attacco lucente contro il figlio di Ares. Ma questi fu nuovamente difeso dallo Scudo di Ares, all’interno del quale scomparve poco dopo.

"Flegias!!!" –Urlarono i Cavalieri.

"Arrivederci, amici!" –Ironizzò il Rosso Fuoco. –"Vado a uccidere le vostre amichette... se volete assistere allo spettacolo, perché non mi raggiungete? Sono alla Tredicesima Casa!!!" –Detto questo il suo cosmo scomparve, facendo avvampare nuovamente le lingue di fuoco, e lasciando i quattro compagni da soli ai piedi della scalinata del Grande Tempio.

"Che facciamo adesso?" –Domandò Andromeda.

"Non hai sentito cosa ha detto quel pazzo? Patricia è alla Tredicesima Casa! Dobbiamo andare a salvarla! E anche Fiore di…" –Esclamò Pegasus.

"Calmati, Pegasus!" –Lo fermò Phoenix, afferrandolo per un braccio. –"Non necessariamente ciò che Flegias ha detto deve essere vero! Potrebbe essere un trucco!"

"E nel dubbio cosa dovremmo fare? Rimanere qua ad aspettare?" –Rispose il ragazzo, liberandosi dalla presa dell’amico.

"Sono preoccupato per Fiore di Luna!" –Intervenne Sirio.

"E io per Nemes! Credo che Flegias si riferisse a lei!" –Esclamò Andromeda.

"Ma non per questo mi lascerò travolgere dai sentimenti!" –Aggiunse Sirio, facendo voltare Pegasus verso di lui. –"E ti prego di fare altrettanto, Pegasus!"

"Sirio…" –Mormorò il ragazzo.

"Verrò con te, alla Tredicesima Casa, e credo che anche Andromeda e Phoenix faranno altrettanto! Non solo per salvare le persone a noi care, ma anche per battere Ares, che nelle stanze del Sacerdote si è rintanato!" –Esclamò Sirio. –"Probabilmente stiamo facendo il suo gioco. Chissà quali insidie nasconderanno le Dodici Case! Ma che altra scelta abbiamo? Rimanere qua, inermi, a lasciar trascorrere le ore senza far niente? Mentre il mondo urla disperato sotto gli assalti dei berseker?"

"Sono con te, amico!" –Esclamò Pegasus, mettendo una mano sul polso dell’amico. Andromeda e Phoenix fecero altrettanto, prima di urlare insieme a squarciagola e lanciarsi avanti, lungo la scalinata di marmo, diretti verso la Prima Casa.

Le fiamme che costeggiavano la gradinata si mossero al loro passaggio, avvampando e ululando come infernali creature, ma niente riuscì a fermare l’avanzata dei Cavalieri della Speranza, che in pochi attimi giunsero nel piazzale antistante la Casa dell’Ariete. In quel momento un tremendo boato scosse il Grande Tempio e i Cavalieri sentirono la terra sotto di loro tremare, venendo spinti indietro, mentre il pavimento si schiantava in più punti, venendo sollevato impetuosamente da una mostruosa creatura emersa dal sottosuolo.

"Che diavolo succede?" –Esclamò Pegasus, osservando l’immonda bestia spuntata dal terreno.

Sembrava un drago, ma aveva nove teste, ed era completamente bardata, ricoperta da una cotta di materiale sconosciuto che le dava un aspetto guerriero e orribile. Le teste, unite al corpo da lunghi colli ricoperti di aculei, erano mostruose e su esse spiccavano grandi occhi rossi intrisi di sangue, ed avevano enormi fauci che sputavano fuoco.

"Ma… che creatura mostruosa è mai questa?" –Domandò Andromeda, osservando la bestia che si dimenava per liberarsi completamente dal terreno.

"C’è un’unica bestia dal simile aspetto!" –Commentò Sirio. –"Una bestia mitologica chiamata Idra di Lerna!

"L’Idra di Lerna?!" –Esclamò Pegasus.

Improvvisamente la bestia si mosse, allungando alcune teste verso di loro, e iniziando a sputare fiamme, lunghe vampate di fuoco dirette contro i Cavalieri dello Zodiaco, che si divisero, cercando di evitare di essere colpiti. Pegasus saltò indietro, evitando una vampata dell’Idra, ma subito un’altra testa lo attaccò nuovamente, costringendolo a muoversi ancora. Andromeda tentò di fermare le fiamme, ma la sua catena si rivelò inutile, come a suo tempo contro il Cavaliere della Fiamma. Sirio e Phoenix attaccarono direttamente la bestia, ma i loro colpi vennero respinti dalla corazza dell’animale, prima di essere travolti dalle infernali fiamme.

"Ah ah ah! Rinunciate all’impresa, Cavalieri di Atena! L’Idra di Lerna non è bestia da domare così facilmente!" –Esclamò una voce, proveniente dalla Prima Casa.

"Chi sei tu?" –Domandò Sirio. –"Rivelati!"

"Sono il guerriero dell’Idra di Lerna, primo e unico dei Dodici guerrieri di Ares che affronterete!" –Esclamò questi, uscendo fuori dalla casa.

Era un uomo alto, dai capelli rasati, con un viso tondo e occhi scuri, e una cicatrice sul collo. Era ricoperto da un’armatura violacea, rifinita da striature rossastre, che emanava proprio l’idea della mitologica bestia di cui era il guerriero. L’elmo aveva la forma di una testa di drago, dalle fauci spalancate, mentre i pugni erano protetti da lungi artigli biancastri che partivano dall’avambraccio.

"Lasciaci passare!" –Urlò Pegasus.

"Mai!" –Rispose questi, senza scomporsi minimamente. –"Il mio Signore ha aperto i giochi in vostro onore, e ricevere il premio finale mi alletta particolarmente!"

"Premio finale?!"

"Non lo sapete?! Ares ha messo una taglia sulle vostre teste!" –Spiegò il guerriero dell’Idra di Lerna. –"Chi riuscirà ad uccidere voi Cavalieri dello Zodiaco otterrà un posto come Governatore nel nuovo ordine che il Dio della Guerra imporrà al mondo, oltre che enormi ricchezze e tesori!"

"Incredibile!" –Mormorò Andromeda, rimasto a bocca aperta. Ma fu Phoenix, con la sua immancabile prontezza di spirito a rispondergli.

"Umpf… Dovremmo sentirci onorati, allora! Se persino il Divino Ares mette una taglia sulle nostre teste, significa che siamo famosi!"

"Famigerati, oserei dire!" –Ironizzò Pegasus, strusciandosi il naso.

"Presto non riderete più! Uccidili, Idra di Lerna!" –Gridò il berseker, mentre l’immonda creatura si gettava su di loro, allungando le sue infuocate teste.

I quattro Cavalieri si divisero per evitare le vampate infuocate, cercando poi un modo per contrattaccare. Pegasus scattò avanti, concentrando il cosmo sul pugno destro, e scagliando il suo micidiale Fulmine di Pegasus contro la bestia infernale, che fu colpita e la sua corazza danneggiata in più punti, mentre versi osceni esplodevano dalle sue bocche.

"Ora!" –Urlò Sirio, balzando in alto.

Il braccio destro del Cavaliere del Dragone si illuminò, prima che il ragazzo lo abbattesse sulla mitologica bestia, sfoderando la lucente Excalibur, la lama capace di recidere ogni male. La spada di Sirio tagliò due teste dell’Idra, mozzandole quasi all’altezza del corpo, facendo spuntare un breve sorriso di vittoria sui Cavalieri di Atena. Sorriso che però si trasformo in stupore, e preoccupazione, quando videro che, proprio come nel mito di Eracle, le teste dell’Idra ricrescevano.

"Ah ah ah! Non riuscirete mai ad averne ragione! L’Idra di Lerna non può essere uccisa da voi, sciocchi mortali!" –Li derise il berseker di Ares, balzando in alto, verso di loro.

Il guerriero atterrò proprio davanti a Sirio, concentrando il cosmo sulle braccia, facendo illuminare di rosso gli artigli della sua armatura.

"Fauci dell’Idra di Lerna, azzannate!" –Urlò, muovendo con velocità estrema le sue braccia.

Sirio cercò di parare i colpi del guerriero, muovendo velocemente lo Scudo del Dragone, su cui si infransero gli acuminati artigli dell’Idra. Grazie al mithril e ad Efesto lo scudo è adesso più resistente! Pensò, concentratissimo sul nemico. Ma gli affondi di questo guerriero sono diretti e potenti, non so quanto potrò resistere ancora senza reagire! Un colpo potente del guerriero dell’Idra di Lerna si schiantò sullo scudo di Sirio, senza riuscire a danneggiarlo, ma permise al berseker di bloccare il braccio del Cavaliere, colpendolo poi con l’altro braccio e spingendolo indietro, fino a lanciarlo contro la rocciosa parete laterale.

Quindi si voltò verso gli altri Cavalieri dello Zodiaco, impegnati ad affrontare l’Idra di Lerna. Pegasus, su spinta di Andromeda e Phoenix, aveva provato persino ad oltrepassarla, e correre avanti, ma l’Idra riusciva a fronteggiare tranquillamente molteplici avversari contemporaneamente, bloccando ogni possibilità di fuga. Il ragazzo aveva optato quindi per un gesto più drastico, balzando in aria e roteando su se stesso fino a creare la Cometa Lucente, con la quale si era lanciato contro l’Idra, sfondando il suo corpo. Phoenix aveva approfittato di quel momento per scagliare, contro lo squarcio aperto da Pegasus, le Ali della Fenice, mentre Andromeda usava la Catena nella sua forma di Spiral Duct, per fermare quante più teste possibili dell’Idra.

Le ardenti fiamme della Fenice raggiunsero le interiora della bestia, facendola impazzire per il dolore, mentre un secco colpo della Catena di Andromeda faceva sbattere le teste tra di loro, che crollarono a terra poco dopo.

"Noo!!!" –Urlò il guerriero dell’Idra di Lerna, sfoderando i suoi pericolosi artigli, che diresse contro Andromeda, impegnato con la sua catena e impossibilitato a difendersi.

Il ragazzo venne colpito in pieno dai fendenti luccicanti e spinto indietro, ma prima che il berseker fosse su di lui, Sirio fu svelto a porsi nel mezzo e a proteggere l’amico con lo Scudo del Dragone.

"Ancora tu?" –Ghignò il guerriero dell’Idra di Lerna, il cui pugno artigliato aveva nuovamente sbattuto contro lo scudo di Sirio.

"Che vuoi farci? Sono piuttosto testardo!" –Esclamò Sirio, liberandosi del guerriero con una rapida e decisa mossa, e spingendolo indietro, prima di bruciare al massimo il proprio cosmo. –"Colpo Segreto del Drago Nascente!" –Urlò, travolgendo in pieno, dal basso verso l’alto, il guerriero di Ares, che fu spinto indietro, ricadendo a terra e perdendo l’elmo della corazza, che venne scheggiata in più punti. Quando si rialzò, trovò i quattro amici uno accanto all’altro, pronti per dargli nuovamente battaglia.

"Ne vuoi ancora?" –Chiese Pegasus, con baldanza. Ma in quel momento l’Idra di Lerna si riprese, risollevando alcune teste, seppur a fatica, e iniziando a sputare vampate infuocate contro i Cavalieri.

"Mi occupo io dell’Idra!" –Urlò Andromeda, liberando nuovamente la sua catena.

"Sono con te!" –Lo affiancò il fratello, lasciando a Pegasus e a Sirio l’avversario.

"Non è leale attaccarlo in due!" –Commentò Sirio, nobile come sempre.

"Ma sono convinto che i guerrieri di Ares non si porrebbero il problema…" – Brontolò Pegasus.

"Ma noi siamo i Cavalieri di Atena, Pegasus!" –Gli ricordò Sirio, offrendosi per continuare il combattimento. –"Tu corri avanti! Alla seconda casa! Noi ti raggiungeremo presto!"

Pegasus esitò un momento, restio ad abbandonare subito gli amici. Quegli stessi amici che aveva ritrovato dopo lunghi mesi in cui erano stati separati.

"Coraggio!" –Incalzò Sirio, prima di lanciarsi avanti, contro il guerriero dell’Idra di Lerna. –"Se realmente Fiore di Luna e Patricia sono qua, dobbiamo salvarle quanto prima, e liberare il Grande Tempio dall’immonda presenza di Ares!"

"Sì!" –Si disse Pegasus, stringendo i pugni. –"Questa è la nostra missione!"

Non aggiunse altro e voltò le spalle a Sirio, scattando via, verso l’ingresso della Prima Casa. L’Idra di Lerna tentò di fermarlo, ma Andromeda e Phoenix occuparono l’attenzione della bestia, permettendo a Pegasus di evitare le vampe di fuoco e raggiungere l’entrata della Casa di Ariete. Vi infilò dentro, correndo come un fulmine, diretto verso la Casa del Toro.