CAPITOLO SETTIMO. IL MESSAGGERO DEGLI DEI.
Quando la mattina successiva Lady Isabel si svegliò, si accorse che pioveva. Una lenta e monotona pioggia primaverile stava ricoprendo l’intero Grande Tempio, e Isabel espresse la speranza che non fosse un segno della tempesta che minacciava di travolgerla. Indossò le sue vesti migliori e fece convocare l’amica Ilda di Polaris per banchettare insieme, cercando di mettere a punto una strategia. Pochi minuti dopo qualcuno bussò al portone della Sala del Grande Sacerdote, in cui Isabel e Ilda stavano conversando.
"Che succede, Unicorno?" –Domandò Isabel, alzandosi di scatto.
"Un messaggio urgente da Luxor, mia Dea! Sembra che anche Villa Thule sia stata attaccata!"
"Che cosa?!" –Esclamò Atena, preoccupata.
"Mylock… è morto per proteggere Patricia!"
"Oh no… no!!!" –Urlò Isabel, addolorata per la morte del vecchio maggiordomo di Villa Thule.
Ilda le si accostò, accarezzandole una mano, mentre gli occhi della Dea della Giustizia si bagnarono di candide lacrime. Mylock! Rifletté, colpevolizzandosi. Ti ho ucciso io! Quando mi chiedesti di accompagnarmi in Grecia, io rifiutai, pensando che ti saresti trovato in difficoltà in un ambiente diverso da quello in cui hai passato tanti anni! Da quello in cui sei morto! Perdonami…ti prego.
"E Pegasus? E Andromeda?" –Domandò infine.
"Stanno bene, fortunatamente! Sono stati aggrediti da un Cavaliere che, dalla descrizione che ho ricevuto, somiglia a Sterope. Bronte del Tuono è il suo nome!"
"Un Cavaliere Celeste!" –Sobbalzò Isabel, riflettendo su quelle parole. –"Questo significa che…"
"Sì!" –Il viso di Asher confermò i dubbi della Dea. –"Pegasus e Andromeda sono tornati a vestire le loro armature, e a quanto pare il risveglio in loro è stato naturale, dovuto agli eventi!"
Lady Isabel si lasciò cadere sulla poltrona, in preda a un grande senso di disperazione. L’assalto al Grande Tempio, Cristal ad Asgard, Villa Thule attaccata da un Cavaliere Celeste, la morte di Mylock. E adesso, dopo Phoenix, anche Pegasus e Andromeda che indossano nuovamente le loro armature! Era evidente che tutto ciò che stava accadendo andava al di là delle proprie capacità di controllo. Ringraziò Asher per la notizia e lo congedò, rinnovando l’invito a tenersi sempre pronti.
"Stanno venendo qua!" –Fu l’ultima cosa che Unicorno disse, prima di lasciare la sala.
Pegasus! Ho fallito! Avrei voluto tenervi lontani dai pericoli, lontani da questa vita che gioca continuamente con la morte, e affrontare da sola il mio destino! Ma a quanto pare mi è stato negato! Singhiozzò, mentre il cuore iniziò a batterle freneticamente al pensiero di rivedere Pegasus.
"Non essere in pena, Dea della Giustizia!" –La voce serena di Ilda la rubò ai suoi pensieri. –"Per quanto doloroso possa essere vedere i nostri cari che combattono, e cadono, davanti ai nostri occhi, è qualcosa a cui non possiamo rinunciare, se vogliamo continuare a lottare affinché la libertà e la giustizia regnino e non siano sottomesse dalle forze oscure!"
"Parole aspre le tue, Celebrante di Odino, ma veritiere!" –Esclamò Isabel, alzandosi. –"Solo che… avrei... avrei voluto tenere Pegasus e gli altri lontani…"
"Lontani dalla morte?!" –Concluse la frase Ilda. –"Chissà, forse il fato ha in serbo qualcos’altro per loro. Battaglie che noi, qua, oggi, non possiamo nemmeno immaginare! E forse non vivremo abbastanza per vedere! Forse il crepuscolo scenderà su di noi prima di poter vedere l’ultima alba!"
"Non possiamo perdere altro tempo!" –Esclamò Isabel. –"Invierò un messaggero sull’Olimpo, chiedendo spiegazioni a mio padre per questo improvviso attacco!"
"Un messaggero?!"
"Proprio così! Non ho intenzione di lanciare i miei Cavalieri in un’impresa disperata di cui non conosco né i dettagli né l’origine!"
"Hai già in mente qualcuno?"
"Sì!" –Rispose Isabel.
Dieci minuti dopo Ikki di Phoenix entrò nella Sala del Grande Sacerdote, accompagnato dalle Sacerdotesse Guerriere, Castalia dell’Aquila e Tisifone dell’Ofiuco, tutti e tre con indosso le loro armature, perfettamente integre.
"Ma… com’è possibile?!" –Sgranò gli occhi Atena, alzandosi dal seggio
"Tutto merito di Kiki!" –Esclamò Tisifone. –"Ha passato tutta la notte a ripararle per noi!"
"Sono bellissime!" –Continuò Castalia, osservando le proprie vestigia.
Erano simili a quelle precedenti, ma con qualche aggiunta significativa che permetteva alle nuove corazze di coprire porzioni maggiori di corpo. Azzurra e bianca l’Armatura dell’Aquila, con un pugnale d’argento, appeso ad una fascia in vita; e verde e violetto l’Armatura dell’Ofiuco, con una frusta marrone arrotolata sul fianco destro. Due accessori che si sarebbero rivelati utili in battaglia.
"Non sapevo che Kiki fosse capace di riparare le armature!" –Commentò Atena, con soddisfazione.
"Dopo anni trascorsi insieme a Mur, osservandolo e aiutandolo, anche il ragazzo ha mostrato le sue capacità!" –Affermò Tisifone. –"Per adesso ha riparato solo le nostre, oggi si occuperà di quelle di Asher e degli altri!"
Un forte boato scosse tutti i presenti, ricordando loro la pioggia esterna, diventata ormai un vero e proprio temporale con tuoni e fulmini.
"Milady!" –Esclamò Phoenix, inginocchiandosi davanti alla Dea. –"Ho saputo di Pegasus e Andromeda! E so cosa sta pensando! Ma non si colpevolizzi, no! Non deve assolutamente farlo! I loro cuori, come il mio, appartengono alla giustizia, e se non possono vivere per essa, e per lei che la rappresenta, allora sono certo che preferirebbero morire mille volte!"
"Grazie!" – Sorrise Isabel, accarezzando il volto del Cavaliere della Fenice.
Un nuovo tuono e un’improvvisa folata di vento, proveniente dalla finestra sulla terrazza, spensero le fiaccole nella Sala del Grande Sacerdote, limitando al massimo la visibilità. Castalia si mosse per riaccenderle, quando fu scossa, come tutti, dal fragoroso schiantarsi di un fulmine proprio sulla terrazza. Atena, Ilda e i tre Cavalieri si voltarono istantaneamente verso l’esterno, mentre un brivido li attraversò in fretta. Nel buio che tutto avvolgeva, un lampo rischiarò per un attimo la loro vista. Un attimo, ma sufficiente per permettere loro di notare una figura in piedi sulla grande terrazza. Una scintillante armatura celeste a pochi passi dalla Dea della Giustizia.
Phoenix si lanciò verso di essa, venendo scaraventato via in un istante, e stessa sorte toccò a Tisifone e Castalia che si scagliarono contro l’ignoto visitatore, lanciando i loro colpi migliori, che furono rispediti indietro. Ilda afferrò il suo scettro e si piazzò di fronte ad Atena, pronta a difenderla in caso di bisogno.
"Se volessi la vita di Atena, potrei averla adesso!" –Commentò lo sconosciuto, avvicinandosi lentamente al centro del salone. –"Ma non sono qua per questo!"
"Lo so!" –Intervenne finalmente Atena, stupendo i presenti. –"Ho riconosciuto il tuo cosmo, Ermes, Messaggero degli Dei!"
"Ermes?!" –Ripeté Ilda, fissando l’uomo davanti a loro.
Alto e magro, poco robusto, un portamento dritto e uno sguardo fiero. Un viso che non lasciava trasparire emozione alcuna, ma ad Ilda parve notare una goccia di tristezza nei suoi occhi azzurri.
"Sono stato inviato dal mio Signore Zeus per conferire con la Dea della Giustizia!" –Esclamò Ermes, togliendosi l’elmo della sua Veste Divina.
"Prudenza, Milady! È Olimpica Divinità, proprio come Zeus e Ares!" –Urlò Phoenix, balzando davanti alla Dea, con il pugno destro carico di energia cosmica.
"Vuoi volare di nuovo via, araba Fenice?" –Ironizzò Ermes, ma poi esplose in una grossa risata. –"Suvvia, non preoccuparti, Cavaliere! Le tue paure sono infondate, non sono qua per scopi bellici!"
Io non combatto! Avrebbe voluto dire, ma si limitò ad un sorriso.
"Phoenix, ti prego! Ermes è un caro amico, nonché messaggero di mio Padre! E, considerando i turbinosi eventi di questi giorni, credo che dovremmo ascoltare con attenzione ciò che è venuto a dirci!" –Intervenne Atena, afferrando la mano del ragazzo, e pregandolo di placare il suo cosmo.
"Ti ringrazio, Dea della Giustizia!" –Esclamò Ermes, inginocchiandosi.
Isabel fece chiamare alcuni servitori, che portarono cibo e bevande per accogliere l’ospite inatteso, mentre Castalia riaccendeva le torce della sala. Phoenix e Tisifone non si scostarono da Atena per tutta la durata della conversazione, per timore di un eventuale attacco a sorpresa. Ilda sedette con una certa prudenza al tavolo imbandito, iniziando lentamente a sentirsi fuori luogo. E fuori gioco.
"Perché tutto questo?" –Domandò Isabel.
Vorrei saperlo anch’io! Fu la prima cosa che Ermes pensò, ma non poteva dirla.
"Tutto avviene secondo il volere del Padre degli Dei, Atena! E tu, che sei la sua figlia prediletta, dovresti saperlo meglio di chiunque altro!"
"Prediletta un corno!" –Sbuffò Phoenix, incrociando le mani al petto. –"E il modo migliore di dimostrare il suo affetto è mandare un gruppo di pazzi a attaccare il Grande Tempio e Villa Thule?"
"Frena la tua lingua, ragazzino!" –Lo fulminò Ermes.
"Sì, Cavaliere controllati!" –Intervenne Atena. –"Anche se, al di là del modo poco elegante, Phoenix ha indubbiamente ragione! Perché ci avete attaccato?"
Ermes parve esitare un attimo, mentre i Cavalieri non gli toglievano gli occhi di dosso.
"Zeus non mi ha informato!" –Si limitò a rispondere. –"E giustificare l’assalto di ieri non rientra nei miei compiti! Io sono qua per evitare un’inutile guerra tra Atene e l’Olimpo! Ecco la richiesta del mio Signore: che tu, Dea della Giustizia rinunci alla tua esistenza terrena, abbracciando solo la divina, e che tu salga all’Olimpo per vivere con lui, a fianco del Padre degli Dei!"
"Che cosa?!" –Esclamò Isabel, sconcertata. –"E che ne sarà dei miei Cavalieri? E della Terra che da anni difendiamo dalle forze oscure?"
"La Terra, rimanendo senza custodi, diventerà possedimento diretto degli Dei dell’Olimpo, guidati da Zeus, e tutti i suoi abitanti diventeranno servitori del Sommo Zeus!" –Continuò Ermes, di fronte agli occhi stupefatti di Isabel. –"Per quello che riguarda i tuoi Cavalieri..." –Esclamò, tirando un’occhiata a Phoenix e agli altri. –"Potranno scegliere se essere fedeli servitori di Zeus, che li accetterà con gioia tra le fila dei suoi Cavalieri Celesti, ben conoscendo il loro valore militare, oppure deporranno le armi e abbandoneranno la strada seguita finora, tornando a vivere come normali umani!"
"Questo è inaccettabile!" –Esclamò Atena, balzando in piedi e stringendo lo Scettro di Nike. E in quel momento Ermes si rese conto della grandezza e della maestà di quella fanciulla. No, non è più una fanciulla! È una Dea ormai!
"Non permetterò che la Terra diventi un feudo dell’Olimpo, né che i miei Cavalieri siano costretti a rinunciare alla loro esistenza, a costo di mettermi contro mio Padre in persona!"
"Ti ricordo la seconda opzione…" –La interruppe Ermes.
"Noi non diventeremo servitori di un tiranno!" –Lo zittì una voce maschile.
Phoenix si era alzato in piedi, affiancando Atena e sostenendola. –"Abbiamo consacrato la nostra vita ad Atena e alla Giustizia, Messaggero degli Dei, e non potremo mai servire un’altra Divinità! Soprattutto un despota che vuole condannare l’intera stirpe umana!"
"Hai del fegato, ragazzino!" –Osservò Ermes, per niente turbato, mentre le parole di Phoenix risuonavano nella sua mente.
Abbiamo consacrato la nostra vita ad Atena e alla Giustizia! Ripeté. Come temevo! È solo questione di tempo ormai, Zeus ha già deciso, ma se Atena si opporrà sarà guerra…
"Ermes, vecchio amico, cosa succede?" –Chiese Isabel, con voce pacata. –"Perché mio Padre vuole questo? Cosa muove i suoi interessi, dimmelo ti prego, tu che sei il suo consigliere più fidato?!"
Un tempo forse. Pensò Ermes, con un po’ d’invidia per il nuovo ruolo che aveva assunto Flegias.
"Non conosco tutte le ragioni che muovono il mio Signore!" –Esclamò. Soprattutto adesso che conferisce soltanto col Figlio di Ares! Pensò.
"È inutile! Questo incontro non risolverà la cosa! Se non vuoi dirmi cosa muove mio Padre, allora lo chiederò direttamente a lui! Messaggero degli Dei…" –Esclamò Atena, con fare imperioso. –"Portami sull’Olimpo! Rivolgerò direttamente Zeus le mie domande!"
"Non sono venuto per questo!" –Rispose Ermes, mentre Phoenix e gli altri si agitarono, preoccupati. –"Ma se questo è ciò che desideri, Atena…"
"Questo è ciò che sento di dover fare! Per i miei Cavalieri, affinché non siano costretti a scendere nuovamente in campo! E per gli uomini, per dare loro la possibilità di vivere liberi e felici!"
"Prudenza, Milady! Una mossa simile è molto rischiosa!" –Esclamò Castalia.
"È come gettare un agnello in una gabbia di leoni!" –Ironizzò Phoenix, opponendosi all’idea.
"Niente di male accadrà alla Dea della Giustizia, finché sarà al mio fianco!" –Esclamò con maestosità il Messaggero Celeste, alzandosi in piedi.
"Non sono tranquilla..." –Continuò Castalia. –"Permettetemi di accompagnarvi!"
"Castalia..." –Isabel avrebbe voluto negarle la richiesta, ma sapeva che sarebbe stato inutile. –"D’accordo verrai con me!"
"La accompagnerò anch’io!" –Esclamò Phoenix, con un tono che non lasciava spazio per un rifiuto. –"Castalia è una valente combattente, ma se fosse attaccata difficilmente riuscirebbe a difendersi da sola contro tanti Cavalieri!"
"Nessuno leverà la mano sulla Dea della Giustizia!" –Disse Ermes, ma Phoenix neppure lo ascoltò.
"Un solo Cavaliere non è una scorta sufficiente!"
"Concordo con Phoenix!" –Intervenne per la prima volta Ilda, rimasta finora in disparte.
"E sia allora, verrai anche tu con me, Ikki di Phoenix!" –Esclamò Atena. –"Tisifone, affido a te la cura del Grande Tempio, in mia assenza! Assicurati che i nostri ospiti siano trattati con riguardo, e disponi tutte le difese necessarie in caso di attacco!"
"Non si preoccupi, mia Dea!" –Rispose Tisifone, inchinandosi, lusingata per quell’incarico.
Quindi Atena si mosse, seguendo Ermes sulla grande terrazza, insieme a Phoenix e a Castalia. La pioggia continuava a cadere, ma la tempesta lentamente sembrò placarsi. Ermes alzò il braccio al cielo, liberando il proprio cosmo celeste. Un globo luminoso avvolse le due Divinità e i due Cavalieri, esplodendo pochi istanti dopo. Ilda e Tisifone, rimaste sulla soglia, furono accecate dall’esplosione di luce, e obbligate a coprirsi gli occhi. Quando li riaprirono non trovarono più nessuno sulla terrazza. Atena e i suoi Cavalieri erano già sull’Olimpo.
***
Nonostante fosse maggio, il tempo era comunque avverso nell’Estremo Nord Europa, dove ancora imperversavano tormente implacabili di neve. Cristal e Flare avevano trascorso due giorni alla ricerca del portale d’ingresso per la vera città di Asgard, la residenza di Odino. Flare sapeva dove andare, ma la tormenta rendeva difficile riconoscere la strada e muoversi. Per questo si erano fermati una notte in una caverna, dove Cristal aveva acceso il fuoco e l’aveva riscaldata con il proprio corpo. Anch’egli, come Phoenix, era stato liberato dal Talismano della Dimenticanza, non dal potere di Atena, per la quale l’affetto di Cristal e la volontà di combattere per lei erano sempre grandissimi, ma da qualcosa di più vicino, in quel momento, al suo cuore. L’amore per Flare, che, purtroppo, era stato costretto a dimenticare. Inoltre c’era quel richiamo, quella voce che sembrava chiamarlo, e che, avvicinandosi al Valhalla si faceva sempre più forte.
"Coraggio! Andiamo!" –Esclamò Flare, prendendogli la mano.
Avvolti nei loro pesanti indumenti nordici, Cristal e Flare raggiunsero il fianco settentrionale di un’alta montagna, dalla quale il paesaggio di fronte parve scomparire, immerso in una fitta nebbia.
"Eccoci!" –Sorrise Flare, ricordando il luogo.
"Qua?!" –Sgranò gli occhi Cristal, non vedendo niente che sembrasse un castello, un palazzo o semplicemente una strada per raggiungerlo.
"Fidati di me!" –Rispose Flare, prima di baciarlo. Quindi si slacciò il cappotto, mostrando un amuleto che portava al collo. Lo sollevò al cielo, pronunciando magiche parole. –"Oh Heimdall, che di Asgard sei il guardiano, concedi a me, Flare di Polaris, il permesso di raggiungere Odino per conferire con lui! Ascolta la mia voce, Heimdall di Asgard, e concedimi di raggiungere il Valhalla!"
L’antico amuleto si illuminò, scintillando come una stella nell’insidiosa foschia. Ci fu un attimo di silenzio, durante il quale Cristal non smise di chiedersi cosa stesse accadendo, prima di udire un fischio. Flare sorrise, guardando avanti a sé. Le nebbie si diradarono improvvisamente, rivelando un affascinante paesaggio illuminato dal sole. E di fronte a loro, una sagoma in lontananza parve farsi sempre più grande.
"Ma… quello?!" – Chiese Cristal, sgranando gli occhi.
Un uomo in abiti nordici, con un elmo vichingo in testa, un corno e un’ascia alla cintura, si stava facendo loro incontro. E camminava… camminava su un arcobaleno! Cristal era allibito. Di tutte le entrate per Asgard, a quella sicuramente non avrebbe mai pensato. L’arcobaleno si allungò fino a sfiorare la piana della montagna su cui stavano Cristal e Flare, e l’uomo, che a Cristal parve un gigante da tanto che era alto, fu proprio di fronte a loro, con un’espressione accigliata, ma non irata.
"Salute a te, Heimdall, Guardiano del Ponte dell’Arcobaleno!" –Esclamò Flare, inchinandosi.