CAPITOLO SESTO. FEDI DIVERSE.

Pegasus scattò avanti, lanciando nuovamente il Fulmine di Pegasus, senza mai fermarsi, ma Bronte non si mosse di un centimetro, parando, con un rapido movimento della mano destra, tutti i colpi del ragazzo. Ma Pegasus continuò ad avanzare, giungendo fino a pochi metri dal Cavaliere Celeste, aumentando l’intensità del proprio attacco. Di questo, Bronte se ne rese conto, forzandosi ad usare anche il braccio sinistro per difendersi dai suoi colpi.

Migliora progressivamente il ragazzo! Rifletté il Ciclope Celeste, spostandosi per la prima volta a destra, per evitare una sfera incandescente. Ma non avrà il tempo di andare oltre! Concentrò il cosmo sulla mano sinistra, sotto forma di globo luminoso, prima di spingerlo avanti.

Pegasus fu travolto dalla sfera, che esplose al contatto con il suo corpo, e scagliato in alto. Mentre stava ricadendo, Bronte aveva già preparato una nuova sfera per colpirlo, ma Andromeda non glielo permise, lanciando la sua Catena di Difesa verso Pegasus, afferrandolo e tirandolo fuori dalla traiettoria di Bronte. Nel contempo scagliò anche la Catena di Offesa contro il nemico.

"Andate, Onde del Tuono! E colpitelo!" –E subito la catena si divise in decine di catene diverse, convergenti tutte verso Bronte. Questi non si mosse minimamente, limitandosi ad aprire il palmo destro, su cui si infransero le catene. –"Com’è possibile?" –Esclamò Andromeda, esterrefatto.

"E hai il coraggio di chiamarle Onde del Tuono?!" –Ironizzò il Ciclope Celeste. –"Ti mostrerò io, adesso, cos’è un vero tuono olimpico!" –E bruciò il proprio cosmo, celeste e infinito.

"Catena! Disponiti a difesa!" –Urlò Andromeda, mentre l’arma iniziava a roteare intorno a lui e a Pegasus.

"Sciocco! Non hai ancora capito che la tua catena non può niente di fronte al Tuono dell’Olimpo!" – Esclamò Bronte, scatenando la sua tempesta energetica.

Nuovamente la catena non riuscì a difendere i due ragazzi, scaraventandoli indietro, ma quella volta Pegasus si rialzò di scatto, quasi come se aspettasse di cadere a terra, e si lanciò avanti, scagliando un nuovo, velocissimo, Fulmine di Pegasus. Bronte, per quanto preso di sorpresa dalla rapidità di ripresa del ragazzo, riuscì comunque a parare la maggioranza dei suoi attacchi, lasciando che gli altri colpi si infrangessero dietro di lui. Stava quasi per rilanciare il Tuono dell’Olimpo, quando si avvide che Pegasus non era più davanti a lui. Con un rapido balzo, il giovane era saltato in aria e aveva iniziato a roteare su se stesso, creando una vera e propria cometa lucente che si stava dirigendo verso di lui alla velocità della luce. Bronte portò entrambe le mani avanti, per difendersi dal colpo del ragazzo che si schiantò sull’improvvisata difesa del Ciclope Celeste. Il contraccolpo scaraventò entrambi indietro di parecchi metri.

Andromeda approfittò di quel momento per lanciare le sue catene contro il Ciclope, che tentava di rialzarsi, mentre le catene si arrotolavano intorno al suo grande corpo.

"Great Capture!" –Gridò Andromeda, stringendo la morsa della catena e liberando una violenta scarica energetica. Quella volta il Ciclope sembrò accusare il colpo, mostrando segni di sofferenza a quella stretta energetica, ma nonostante questo riuscì a liberarsi dalla catena espandendo il proprio cosmo, e distruggendola.

"Incredibile!" –Mormorò Andromeda, osservando la Catena di Offesa andare in frantumi.

"Ti stupisci ancora, ragazzino? Sono un Ciclope Celeste, nato da sangue divino! Cosa possono farmi degli stupidi catenacci terrestri?" –Esclamò Bronte, bruciando ancora il suo cosmo.

Pegasus e Andromeda fecero altrettanto ma non riuscirono in tempo a lanciare i loro colpi che dovettero fronteggiare l’assalto impetuoso del Ciclope.

"Tuono dell’Olimpo!" –Esclamò, scagliando nuovamente il suo colpo segreto.

Ma quella volta, miracolosamente, i due Cavalieri di Bronzo non furono investiti dalla tempesta energetica. Pegasus, portando avanti le braccia e unendo le mani, riuscì a fermare il colpo del Ciclope, con notevole sforzo e dolore.

"Che cosa?!" –Esclamò Bronte, esterrefatto, osservando il ragazzo contrastare il suo potere. –"Ma come puoi fermarlo?!"

"Avevo dimenticato…" –Mormorò Pegasus. –"Cosa significasse essere Cavaliere di Atena! E avevo dimenticato anche l’infinito amore di Isabel nei nostri confronti!"

"Pegasus..." –Sospirò Andromeda, mentre l’amico si voltava a fissarlo, con gli occhi lucidi.

"Lei ci ha tolto dalla guerra per questo, per farci vivere una vita felice, senza più combattere, e adesso probabilmente sta affrontando questa nuova minaccia senza di noi! Non posso permetterlo! Sono un Cavaliere di Atena, per questo combatto!!!" –Esclamò, respingendo il colpo di Bronte.

Il Tuono dell’Olimpo venne rimandato indietro, potenziato dal cosmo di Pegasus, investendo il Ciclope e scaraventandolo lontano. Bronte si rialzò immediatamente, brontolando per la piega che aveva preso la battaglia. Una battaglia che avrebbe dovuto concludersi in pochi minuti! Sono stato fin troppo accondiscendente! Mormorò, espandendo il suo cosmo. Ma Pegasus e Andromeda avevano già fatto altrettanto, venendo avvolti da un’aura celeste e rosa.

"Adesso che abbiamo ricordato, si è acceso in noi un nuovo impeto, una nuova determinazione!" – Continuò Pegasus. –"Raggiungere Isabel! Adesso!" –E nel dir questo bruciò al massimo il proprio cosmo, mentre le tredici stelle di Pegasus brillavano intorno a lui.

"Sono con te!" –Esclamò Andromeda, facendo altrettanto.

"Cometa Lucente!"

"Nebulosa di Andromeda!"

"Vi fermerò!" –Esclamò Bronte, unendo i palmi delle mani e poi riaprendoli di scatto, liberando una grande quantità di energia sotto forma di scariche incandescenti.

Zeus, Signore dell’Olimpo, Dio del Fulmine, di cui ti abbiamo fatto dono millenni fa, proteggimi in questa battaglia e permettimi di onorare l’incarico che mi hai affidato! Mormorò Bronte, creando, con le sue scariche, una barriera difensiva.

"Groviglio di Fulmini!" –Esclamò, mentre i colpi di Pegasus e Andromeda, per quanto potenti, si infrangevano sulla sua difesa.

"Incredibile!" –Esclamò Andromeda, esterrefatto. –"Non l’abbiamo colpito!"

"Non soltanto!" –Gli andò dietro Pegasus. –"Ma sta respingendo il nostro attacco!"

"Vortice impetuoso dei Ciclopi Celesti!" –Esclamò Bronte, liberando una notevole quantità di energia sotto forma di un vortice, creato da guizzanti fulmini, che travolse Pegasus e Andromeda sollevandoli in alto e avvolgendoli nelle sue spire.

Li trasportò per parecchi metri, prima di farli schiantare contro Villa Thule, distruggendo parte della casa. Fatto questo, Bronte si rilassò un attimo, stanco per il notevole consumo energetico, non credendo infatti che sarebbe dovuto arrivare a tanto per uccidere quei ragazzini. Si mosse e fece per rientrare sull’Olimpo, quando una squillante voce lo richiamò.

"Ehi, Ciclope! Non vorrai andartene adesso che iniziamo a divertirci!"

"Che cosa?!" –Esclamò Bronte, voltandosi verso Villa Thule.

Pegasus era in piedi, con il volto sanguinante e pieno di ferite sul corpo, e Andromeda era accanto a lui, affaticato come l’amico; entrambi con le armature semidistrutte.

"Ma... siete immortali?" –Mormorò il Ciclope Celeste.

"Dopo la Guerra Sacra contro Ade, Lady Isabel bagnò nuovamente le nostre armature con il suo sangue! Sangue divino! Temendo che un giorno saremmo dovuti tornare a combattere, preferì lasciarci le difese necessarie!"

"Nelle nostre armature scorre il sangue della Dea della Giustizia! Ed esso ci conforta, dandoci nuova linfa e vigore ogni volta in cui ne abbiamo bisogno!" –Commentò Andromeda.

"Capisco!" –Rifletté Bronte. –"Ma questo non vi servirà contro un Ciclope Celeste! L’immortalità non è dono dato agli uomini, e voi non fate eccezione!" –Ed espanse nuovamente il suo cosmo.

"Neppure tu ne sei esente, Ciclope dell’Olimpo!" –Lo schernì Pegasus. –"Sei immortale, certo, in quanto non soggetto al trascorrere del tempo, non destinato ad invecchiare! Ma sei mortale quando scendi in battaglia, sei mortale perché sai che una ferita potrebbe ucciderti, di una morte violenta che invece potresti evitare rimanendo seduto sui troni olimpici!"

"E pensi che ciò farebbe di me un eroe? Rimanere seduto sul trono e attendere che lenti trascorrano i miei giorni? Attendere che il mondo scivoli da solo verso il Caos, senza fare niente per fermarlo, indolente, pigro o semplicemente impaurito dalla morte? No, Cavaliere di Atena! Questo non sono io!" –Continuò il Ciclope. –"Siamo immortali, è vero! Ma non siamo codardi! Io e i miei fratelli dobbiamo fedeltà al Sommo Zeus, che nel Mondo Antico ci liberò dalla prigionia oscura di Tartaro, in cui nostro Padre ci aveva confinato! Per rendergli il favore noi adesso combattiamo, fedeli a lui come tu sei fedele alla tua Dea!"

"Parole piene di onore sono le tue, Bronte del Tuono!" –Commentò Andromeda.

"Peccato soltanto che non ti serviranno per evitare la sconfitta!" –Ironizzò Pegasus, espandendo al massimo il suo cosmo.

Lo stesso fece Andromeda, prima di lanciarsi avanti con l’amico e ripetere il doppio attacco di prima. La Cometa Lucente e la Nebulosa di Andromeda corsero verso il nemico, che tentò di ricreare il Groviglio di Fulmini per difendersi. Ci riuscì soltanto in parte, venendo sbalzato indietro di parecchi metri, come accadde a Pegasus e Andromeda. Quando si rialzò, Bronte dovette constatare, con sorpresa e orrore, che era stato colpito: la sua Veste Divina era incrinata in più punti.

Pegasus e Andromeda si erano rimessi in piedi, ansimando per la sforzo ma pronti a una nuova battaglia. Non ce ne fu bisogno, poiché Bronte voltò loro le spalle, non più intenzionato a batterli.

"Dove vai, codardo?" –Lo schernì Pegasus.

"Non sono un codardo, Cavaliere di Pegasus!" –Rispose Bronte, senza voltarsi. –"Ma questa non è la mia missione! Io avrei dovuto uccidere i due ragazzi chiamati Andromeda e Pegasus, non combattere contro due Cavalieri di Atena! Ma non cantate vittoria… ci rivedremo sicuramente, e in quel momento concluderemo il nostro scontro!"

"Puoi contarci, Ciclope!" –Esclamò Pegasus, con aria decisa.

"Non sfidare troppo il destino, giovane Cavaliere! Ricorda… C’è sempre una spada pronta ad infilzarti!" –Detto questo scomparve nel nulla, rientrando sull’Olimpo.

Quelle ultime parole ferirono Pegasus maggiormente che il combattimento, alludendo infatti alla Spada di Ade che si era conficcata nel suo petto durante la battaglia finale nell’Elisio. Se non fosse stato per il caldo cosmo di Atena, Pegasus sarebbe sicuramente morto. Il ragazzo si accarezzò il petto, accusando una leggera fitta, prima di essere distratto da Andromeda.

"Nemes! E Patricia! Dobbiamo soccorrerle!" –Esclamò il ragazzo, correndo verso la villa.

Pegasus gli andò dietro, raggiungendo in fretta la sorella, mentre Andromeda soccorse Nemes. La Sacerdotessa del Camaleonte aveva perso molto sangue, e respirava a fatica, e Andromeda la sollevò delicatamente, per portarla in ospedale.

La scena più agghiacciante si presentò a Pegasus, invece. Mylock aveva cercato di soccorrere Patricia, che versava in gravi condizioni, non avendo il fisico né la resistenza di un Cavaliere. Era piena di tagli su tutto il corpo, penetrata da schegge di vetro, ferita e sanguinante ovunque. Ma mentre il vecchio maggiordomo la stava aiutando per portarla in infermeria, il tetto della villa era crollato, distrutto dalla battaglia tra Pegasus e il Ciclope, e Mylock si era sdraiato sulla ragazza per proteggerla dai detriti, venendo colpito al posto suo. Pegasus si arrabattò per togliere le macerie e liberare i due corpi, entrambi sfigurati, mentre copiose lacrime scendevano a fiumi dai suoi occhi.

"Patricia!!!" –Urlò, sollevando la sorella, che ancora, seppur, debolmente respirava. E solo allora si accorse che Mylock più non si muoveva. –"Noo!!! Mylock!!! Mylock!!!" –Gridò, tentando di farlo rinvenire. Ma l’uomo mosse soltanto le labbra e con il suo ultimo alito di vita, pregò Pegasus di prendersi cura di Isabel.

"Lei ti ama, ragazzo! Difendila! Sempre!" –E più non parlò il burbero maggiordomo che aveva sempre detestato quello scavezzacolli di Pegasus, ma che nel momento del bisogno non aveva esitato a dare la vita per salvare sua sorella.

Pegasus si chinò sul corpo dell’uomo, iniziando a piangere come un bambino, ma fu presto interrotto da Andromeda, addolorato anche lui, che lo pregò di rimandare il dolore.

"Adesso devi pensare a tua sorella!" –Gli disse. –"Che il sacrificio di Mylock non sia stato vano!"

Pegasus diede ragione a Andromeda, sollevando Patricia, prima di correre verso l’ospedale della Fondazione. In quelle poche ore, da quando era uscito di casa per fare jogging, la sua vita era completamente cambiata, rispetto agli ultimi mesi. Ritornando quella vita di dolore e di battaglie da cui Isabel avrebbe voluto toglierlo. Isabel! Mormorò, e la sua mente volò a lei, nella vecchia Europa, impegnata a fronteggiare il Padre degli Dei. Se tutti i Cavalieri di Zeus sono come Bronte, Isabel avrà bisogno del nostro aiuto! Commentò, nuovamente consapevole dei propri poteri. E delle proprie responsabilità.

***

Quando Flegias arrivò di fronte alla Sala del Trono, i Cavalieri Celesti di guardia si scansarono di lato, senza neppure cercare di fermarlo. Sapevano quanto poteva essere pericoloso il figlio di Ares. A che scopo inviare Ermes sulla Terra per tentare un negoziato con Atena? Nessun negoziato deve essere possibile! Solo la guerra! Questa era l’idea del Flagello degli Uomini, e anche se il Padre degli Dei non l’avesse approvata, sarebbe rimasta la sua e nessun negoziatore avrebbe potuto fargliela cambiare. Adesso doveva esporla a colui che qualche mese prima lo aveva accolto nella sua dimora, senza preoccuparsi né di dove venisse né di quali fossero i suoi progetti futuri.

Un gesto sconsiderato! Aveva sempre pensato Ermes.

"Mio Signore!" –Esordì Flegias, mentre il portone della Sala del Trono si richiudeva alle sue spalle.

"Ben arrivato, Flegias, Figlio di Ares!" –Rispose una voce.

La stanza era vasta e decorata da maestose statue di marmo inneggianti a Zeus e alle sue imprese. Sui muri erano disegnati affreschi, che si intervallavano con le ampie finestre che davano sul mondo sottostante. Una città sulle nuvole. Sul lato meridionale della stanza, sopra un grande palco alto parecchi metri, a cui si accedeva tramite una lunga scalinata di marmo chiaro, si ergeva un elegante trono, sormontato dal simbolo di Zeus: il fulmine.

"Di cosa vuoi parlarmi?" –Domandò la voce della figura seduta sul trono.

"Mio Signore, ho saputo dell’incontro. Davvero avete inviato Ermes, Messaggero degli Dei, a conferire con Atena?" –Domandò Flegias, inginocchiandosi in fondo alla scalinata.

"Esatto, mio fido, esatto! Ermes si è gentilmente offerto per recarsi sulla Terra per parlare con Atena nel tentativo di evitare un’inutile guerra!"

"Evitare la guerra?! Ma mio Signore… Non è a questo che miriamo? Una guerra con Atene che ci permetta di dominare il mondo intero?!"

"Eh eh eh…" –Una sinistra ma fragorosa risata risuonò per tutta la sala, lasciando Flegias irrigidito.

Attonito e ammutolito fissava il Dio, in cima al trono, e in cuor suo, anche se sapeva di non avere niente da temere, essendo il suo più fedele servitore, non poteva fare a meno di provare un brivido, al suono di quella risata. Per anni aveva sentito parlare di Zeus e dell’Olimpo, ma solo quando vi era giunto per la prima volta, mesi prima, aveva potuto constatare con i propri occhi quanto splendore vi fosse in quel luogo senza tempo. Un vero e proprio paradiso, dove il tempo sembra non scorrere mai. Zeus in persona lo aveva accolto, con una risata fragorosa e piena di gioia. Una risata che non aveva niente a che vedere con il sinistro sogghigno che echeggiava in quel momento nelle orecchia di Flegias.

"Mio giovane amico, comprendo la tua collera! Ma non è contro di me che devi dirigerla!" – Esclamò il Padre degli Dei, alzandosi in piedi.

Flegias si inquietò, osservando il Dio scendere la bianca scalinata. Ricoperto dalla sua Veste Divina, bianca e dorata, con striature argentate e celesti, e un lungo mantello bianco, Zeus si fermò qualche gradino prima del pavimento.

"Ermes è una brava persona, disponibile e altruista. Ed è anche un valente condottiero. Ma sai qual è il suo più grande difetto?! La sua totale abnegazione nei confronti del suo Signore! Ermes non disobbidirebbe mai ad un ordine del Signore degli Dei! E anche stavolta così è stato!"

"Capisco Signore ma…" –Ma Flegias non riuscì a parlare che la voce profonda del Dio lo sovrastò.

"Ermes sta facendo il nostro gioco, Flegias!" –Esclamò Zeus, cambiando tono e dicendo finalmente ciò che il figlio di Ares voleva sentire. –"La sua presenza era indispensabile per dare una parvenza di verità all’accaduto e per non far nascere sgradevoli sospetti!" –Affermò, quasi sussurrando. –"Atena non accetterà mai le condizioni che ho dettato ad Ermes. Tiene troppo alla Terra e ai suoi adorati Cavalieri e non permetterà a nessuno di far loro del male!"

Flegias ascoltava incuriosito e i dubbi emersi poco prima lasciarono spazio a una sola grande certezza.

"Atena arriverà sull’Olimpo! Ne sono certo! Molto presto!"

"E noi saremo qua a riceverla!" –Esclamò deciso il demoniaco figlio di Ares.

"Niente di più vero, mio fido Flegias! Eh eh… Adesso vai, preparati come si deve e impartisci gli ordini necessari per la buona riuscita del nostro piano!" –Detto questo Zeus si rigirò, risalendo verso il trono. Flegias si congedò, ma quando arrivò al portone una voce lo ghiacciò.

"E comunque…" –Affermò il Dio, dall’alto del Trono. –"Le decisioni di Zeus valgono come legge, per tutti i Cavalieri presenti sull’Olimpo! Non permetto a nessuno di contrariarle!" –Una fitta scosse Flegias da capo a piedi. –"Neppure al figlio di un Dio!"

"Si, mio Signore!" –Rispose laconicamente Flegias ancora turbato dal rimprovero della Divinità.

Uscito dalla Sala del Trono, il figlio di Ares si diresse rapidamente verso le sue stanze. Devo sbrigarmi! Si disse. Se Atena sta per arrivare sull’Olimpo, dobbiamo organizzarle una degna accoglienza! Ed esplose in una malvagia risata. Mai come in quel momento Flegias era felice di essere dalla parte di Zeus.