Capitolo 6
La sconfitta
A quelle parole il dio rispose con un attacco talmente veloce, che il giovane non poté far altro che accusare.
La violenza del colpo lo spinse contro un albero e un fiotto di sangue uscii dalla sua bocca.
"E molto più forte di Phanatasos" pensò, "E' questa la vera forza di un dio?"
"Te l'avevo detto, la tua debolezza è la prova che alla fine non sei affatto cambiato".
"Taci!!" Bruciando il suo cosmo al massimo, Oneiros si scagliò contro l'avversario, colpendolo con un calcio alla base del collo.
"Tutto qui?" rispose il dio mantenendo salda la sua postura, e senza che il ragazzo ebbe il tempo di reagire, un pugno lo colpì allo stomaco, facendolo accasciare al suolo.
"Mi stai deludendo parecchio e non solo, mi sto persino annoiando... se è tutto quello che hai da mostrarmi... Muori!"
La mano del dio, ricoperta da un aura verdognola si abbatté sul giovane, che però, dando fondo alle sue ultime forze, schivò l'attacco.
"Ancora ti muovi? Notevole, non l'avrei mai immaginato.
Che cos'è che ti spinge a continuare a soffrire, è solo la voglia di voler cambiare te stesso o c'è dell'altro?
Ma che senso ha cambiare quando quello che hai sempre voluto è finalmente alla tua portata?"
"No, non voglio solo cambiare, voglio vivere!
Quello che io volevo nella mia vita terrena, oltre che a fare del male a me stesso ha fatto male anche a coloro che mi stavano attorno, e adesso non voglio più far soffrire chi crede in me.
Non è solo la voglia di cambiare, è la voglia di donare speranza a tenermi in piedi, quella stessa speranza che ho tolto alle persone che amavo, ma che ora voglio donare a quelle che vivono nel mio sogno, per quante poche siano.
Anche se questo non è il mio mondo, i sentimenti e le sensazioni che provo sono le medesime e non ho intenzione di deludere ancora chi crede in me.
Phantasos mi ha affidato il suo dolore, e io alleviandolo, posso solo ripagare in parte il debito che ho contratto nella mia vita terrena.
No, non mi arrenderò!"
"E così sia allora, adesso disintegrerò il tuo corpo una volta per tutte".
Ikelos, balzando in avanti ad una velocità straordinaria, cercò di colpire Oneiros con un pugno diretto al torace; il ragazzo inaspettatamente restò quasi immobile, esponendo il fianco destro all'avversario.
L'impatto fu tremendo e il pugno del dio quasi perforò le carni del ragazzo che però rimase in piedi.
"Non te lo aspettavi vero?" disse il giovane e nel contempo sferrò un pugno proprio sotto la mascella di Ikelos, che indietreggiò sputando sangue.
"Tu, maledetto!! Questo affronto lo pagherai caro, adesso vedrai qual'è il castigo per aver ferito un dio".
Pronunciate quelle parole, il signore del irreale sparì nel nulla, per riapparire subito dopo dietro le spalle del giovane.
Le dita, lunghe e acuminate, si conficcarono nelle sue carni, e dopo averlo alzato al cielo lo lanciò in un dirupo poco distante da dove si trovavano.
Il fondo del baratro iniziò a ricoprirsi di rosso; dalla schiena di Oneiros il sangue non sembrava voler smettere di scorrere.
"Enest, dai fuoco al corpo di quel ragazzo, che la sua anima vada in cenere assieme ai suoi folli ideali" ordinò Ikelos.
"Sarà fatto, mio signore" rispose l'uomo, mentre si accingeva e recarsi in fondo al dirupo.
"E' riuscito a colpire Ikelos, il nostro inviolabile dio è stato ferito.
E non solo; Phanatasos, il cui cosmo è sparito, sembra aver affidato qualcosa a questo ragazzo. Mi chiedo chi sia davvero, e se forse..."
Il pensiero s'interruppe a metà. Enest non era ancora sicuro di quello che doveva fare, ma decise di portare il corpo apparentemente esanime di Oneiros nel prato adiacente la sua baita, fatta in legno di mogano, nell'attesa di compiere il rituale che avrebbe portato alla distruzione della sua anima.
Tra i fiori di campo, un respiro flebile sembrava riemergere dal corpo del giovane; proprio nel mentre, tronchi di legno si stavano allineando poco distanti.
L'azzurro dei suo occhi, fece capolinea tra le palpebre socchiuse, ma quello che più attirò la sua attenzione fu un intenso odore di muschio.
"Questo odore" pensò "Phantasos!
Me ne parlò prima di svanire, l'uomo che porta con se l'odore del muschio."
Con un soffio di voce, ancora oscurato dal dolore delle ferite, Oneiros provò a pronunciare il nome dell'uomo che da li a poco avrebbe dovuto eseguire la sua condanna.
"Enest" disse con voce roca "Questo odore intenso di muschio da dove proviene?"
"Sei dunque cosciente" disse l'uomo.
"Questo odore è quello del muschio che a poco a poco sta ricoprendo la mia casa, non farci caso, ti consiglio di continuare a dormire, non è un lieto fine quello che ti aspetta".
"Ti prego ascoltami" ribatté il giovane "è stato Phantasos a dirmi di cercare un uomo che odorava del sapore del muschio, dimmi pertanto, sei tu quella persona?"
A quelle parole, Enest restò quasi ammutolito.
"Non ci posso credere, il dio delle illusioni, ti ha chiesto espressamente di cercarmi?.
Tale è la fiducia che ha risposto in te, davvero pensa che tu possa battere Ikelos?""
"Che cosa intendi?"
"Forse è giunto il tempo che io ti dica tutta la verità.
Tra tutti gli abitanti di questo regno, io sono il più anziano, ed inoltre, sono stato l'unico a giungere qui per meriti prettamente combattivi.
Gl'altri furono scartati dal senso estetico del dio delle illusioni e mandati qui, perché vivessero ignari quel poco di tempo che Ikelos offriva loro, tra ozio e bella vita.
Ma questo è un mondo irreale, un macabro gioco a tempo, in cui la gente decide di vivere mille anni di beatitudine in cambio di un eternità di oblio.
Sì, hai capito bene, scaduti i mille anni, le nostre anime vengono assorbite dal muschio che ricopre le nostre abitazioni, che altresì non è che l'estensione della surplice di Ikelos; in questo modo ne assorbe la forza, le anime e l'energia vitale.
Così lui diventa sempre più forte.
Io comunque, a differenza di tutti gl'altri, non volevo questo scambio, ma sono caduto vittima delle bellezze di questo mondo.
Non avendo mai avuto un aspetto fisico invidiabile, l'interesse di un così nutrito numero di ragazze mi annebbiò la vista, e mi abbeverai di quel vino, che altro non era che un patto, il patto che mi ha condannato a questa esistenza.
Novecentonovanatanove anni e undici mesi, questo è il tempo che ho trascorso qui... Tra un mese tutto sarà finito.
Ma proprio in questo mese sei giunto tu e Phantasos ha chiesto indirettamente il mio aiuto. Allora forse è davvero il tempo che i sopprusi di Ikelos vengano fermati.
Sei pronto ragazzo, ad imparare a combattere?"