Capitolo 8

Il regno degli eroi

 

Soffici e calde luci provenienti da fiaccole poste all'estremità di grossi bastioni, illuminavano un viale fatto di pietre e terra.

Tutt'attorno, case di legno di diverse dimensioni erano disposte ai margini della strada principale che si allungava a perdita d'occhio nel buio della sera.

Era notte fonda quando Oneiros giunse nella Morfia, il luogo che si diceva essere il più profondo dei reami onirici.

Perso in quella che sembrava essere una semplice cittadina medioevale, il ragazzo proseguì con la speranza di trovare qualcuno ancora sveglio.

Anche se poche erano le diramazioni presenti sul cammino, infinito pareva il sentiero da percorrere. Tutti stavano dormendo ed il silenzio era il suo unico compagno di viaggio.

Dopo quasi mezz'ora, il grande viale s'interruppe vicino a quella che sembrava essere la piazza principale della città. I bordi circolari che ne delimitavano il perimetro erano interamente coperti da fiaccole e al centro si ergeva maestosa una statua di marmo avente l'effigia di un guerriero in armatura, alla cui sommità dell'elmo era posta una piuma bianca di grandi dimensioni.

Alla destra della piazza vi era un viale, anch'esso completamente illuminato, che terminava all'ingresso di un ampio edificio composto per la maggior parte di pietra e legna.

Da quel locale si potevano udire voci possenti ed una confusione che niente avevano da spartire col silenzio quasi innaturale assaporato sino quel mentre.

Che in realtà, non fossero davvero tutti assopiti?

Ponendosi quella domanda, Oneiros si diresse verso la struttura; le vetrate erano di un giallo opaco e non si riusciva a vederne l'interno.

Dopo un attimo di esitazione il giovane entrò e giusto un riflesso incondizionato salvo la sua testa da un bicchiere che si andò a rompere proprio vicino alla porta d'ingresso.

Due uomini di grosse dimensioni si stavano esibendo in quella che si poteva chiamare una tipica rissa da saloon. Tutt'attorno però, gli altri continuavano a bere e a ridere come se niente fosse.

La locanda era di ampie dimensioni, al suo interno erano presenti centinaia di persone.

"Ehi ragazzo" esclamò un uomo robusto, apparentemente sulla quarantina, che indossava un completo interamente di cuoio, dai sandali alla cintola per finire con un corpetto che gli copriva la parte superiore del busto e le spalle.

I capelli erano neri e raccolti in una coda che arrivava a metà della schiena.

"Sei nuovo di queste parti? Non preoccuparti risse del genere sono all'ordine del giorno.

Vieni al bancone a farti un goccetto e dopo al massimo, prova ad unirti anche tu allo spettacolo ahhahahah"

Accompagnato da quella risata fragorosa, con le spalle strette da possenti mani, Oneiros si trovò di fronte all'uomo che gestiva la locanda.

Il suo aspetto era maestoso ed imponente, ma godeva di una regalità rara tra gli uomini.

Vestito di un'umile tonaca marrone, erano i suoi argentei capelli, portati lunghi e sciolti su quel viso così fiero e deciso, a delinearne il fascino.

"Non essere in soggezione, quel tipo si chiama Ereo ed è il custode di questa locanda, nonchè l'unica persona che nessuno di noi sia mai riuscito a sfiorare"

Ma forse questo non t'interessa, in compenso mi sono appena accorto di non essermi presentato, il mio nome è Ettore."

"Orsù non perdiamoci in inutili chiacchiere, sento che da molto tempo a questa parte potrò tornare a divertirmi"

Ereo dopo aver pronunciato quelle parole fece cenno ad Ettore ed Oneiros di seguirlo.

Dietro al bancone della locanda, sotto una piccola botola di legno, si dilungava una grande scalinata che pareva giungere sino agli inferi.

"Seguitemi voi due, oltre queste scale c'è il mio parco giochi"

Giunti alla fine del percorso, i tre si trovarono difronte ad un'immensa arena.

Anche se al momento era vuota, migliaia erano i posti a sedere e una moltitudine di fiaccole illuminavano il quadrato che andava a formarne il perimetro.

"Combattete ora"

All'ordine dell'uomo, Ettore si gettò immediatamente contro l'avversario che a stento riuscì ad evitare il pugno con uno spostamento laterale del bacino.

"Fermo!"

"Tu sei Ettore, un grande eroe della mitologia, cosa ti spinge ad ubbidire così ciecamente agli ordini di quell'uomo?.

E che senso ha questa lotta?"

"Non deve avere un senso, quello è l'uomo a cui noi tutti ci siamo inchinati.

Colui che ci ha ricordato il nostro essere eroi, anche dopo l'umiliazione della sconfitta, anche quando abbiamo creduto di perdere tutto il nostro valore.

In questo mondo non combattiamo per decidere cosa è giusto e cosa non lo è, non combattiamo per degli ideali, per degli amici o per noi stessi... combattiamo perché è l'unica cosa che ci fa sentire veramente vivi, che non cancella il nostro passato e brucia sino in fondo le nostre anime.

Puoi giudicarlo stupido, ma qui, nel mondo dei sogni dove tutto è fittizio, l'unica cosa che si può realmente ritenere reale è l'emozione di incrociare i pugni contro un avversario di valore.

Il sudore, il dolore, l'incrollabilità che si riflette nei nostri occhi... anche se per poco, possiamo ritornare a vivere!"

"Vivere hai detto?

Ma sì, alla fine è proprio il motivo per cui sono scappato dalla mia realtà ed è abbastanza pietoso doversi far dare lezioni da chi è già morto.

Se questa battaglia risveglierà anche la mia di vita, allora forse ha un senso anche se non sei un nemico.

Fammi sentire dunque, queste tue emozioni... Il sudore ed il sangue che ravvivano gli animi degli eroi!