Capitolo 19: Guerrieri e guerriere
Il grande spiazzo nero era illuminato dagli scarabei smeraldi che Ihi di Khepri aveva richiamato a se e con cui aveva sommerso Awyn, baccante della Vite in nome di Dioniso.
"Mi dispiace di aver dovuto uccidere una così bella ragazza", si disse il giovane egiziano, quando un’energia cosmica lo sorprese alle spalle, "Grapes boom", urlò la guerriera di Dioniso, facendo esplodere le centinaia di scarabei che la circondavano e saltando contro il Pharaon di Khepri, che subì in pieno l’attacco esplosivo, cadendo a terra parecchi passi indietro.
"Non pensavo che saresti sopravvissuta", si congratulò Ihi rialzandosi. Awyn era visibilmente stanca e fiumi di sangue bagnavano le sue vestigia, "Noto che sei molto ferita", analizzò il Pharaon, "No, guerriero, non sono ferita, è la mia armatura a perdere sangue", lo contraddisse l’ebra.
Con grande stupore Ihi vide il miracolo proprio delle vestigia di Dioniso: la ricostruzione automatica, dono del sangue del dio.
"Dunque, le tue vestigia si riparano automaticamente, hai tre tecniche segrete quali <Ivy chains>, <Rolling defense> e <Grapes boom> e temo per te che tu non abbia altre sorpresa nascoste, giusto? Al contrario, di me sai solo che uso un sistro e che posso richiamare a me gli scarabei, ma non conosci l’altra mia tecnica", analizzò il giovane guerriero.
"Ti consiglio di andartene, prendi quel cunicolo al centro della sala, o scendi le scale, ma va via, so che voi non siete invasori, ma il dio Ra vi è avverso, quindi non potete incontrarlo facilmente", propose Ihi.
"Tu sai che non siamo invasori?", domandò stupita Awyn, "Si, bella guerriera, so perfettamente che voi non avete alcun desiderio maligno nei nostri confronti e come me, probabilmente, anche altri se ne saranno resi conto, ma il volere di Ra è per noi legge ed Egli non vi vuole qui, quindi andatevene, non voglio doverti affrontare ed uccidere, sei troppo carina", concluse sorridente il giovane nemico.
"Grazie per le tue gentili parole, guerriero, ma non posso tirarmi indietro", ribatté l’ebra della Vite.
"Non vedo perché, in fondo siete giunti qua in dieci, uno di voi è morto all’esterno della piramide, altri due, seppur feriti, hanno sconfitto Bes ed ora insieme a lui, non so se volontariamente o meno, percepiscono che hanno raggiunto quasi la fine di uno dei corridoi a noi sottostanti. Un altro dei tuoi compagni ha stordito quel megalomane di Knuhum ed ora è quasi alla fine del suo viaggio. Addirittura uno di voi è condotto dallo stesso Knosus, probabilmente come suo prigioniero, presso il grande Ra. Solo uno di voi sembrerebbe essere caduto, insieme al feroce Sed. Per quel che riguarda gli altri tre, due sono ancora lontani dal nostro comandante, mentre il terzo ha già incontrato la custode di Ra, cadendo nella trappola per topi. Se tu ti ritiri, data questa situazione solo quattro dei tuoi compagni arriveranno da Ra e di certo non torneranno più indietro vivi, basterebbero la custode e Knosus per eliminarli date le ferite, se invece vuoi avanzare, morirai qui, quindi arrenditi è il mio ultimo avvertimento", concluse Ihi.
"No, cavaliere, poiché non potrei mai lasciare Noa ed i nostri compagni nelle mani di Ra e di alcuni fra i suoi servi più forti. Il tuo cuore è puro, ma la tua mano è mossa da un dio vendicativo", disse dispiaciuta Awyn.
"Bene, ebra, vuol dire che ti mostrerò il mio ultimo segreto", sentenziò incupito il giovane egizio.
Mentre Ihi di Khepri parlava con Awyn e Rabat, Osol, Argo, Noa, Knosus e Bes si dirigevano dal sommo dio Ra per varie vie, Kano, santo d’argento del Pavone, barcollava in un lungo ed oscuro corridoio.
"Non so per certo da quanto tempo io sia qui, ma sembra quasi un’eternità, non percepisco i cosmi dei miei compagni, né quelli di nemici, eppure sono certo che qualcuno mi segue da un pezzo ormai, aspettando un mio passo falso", pensava fra se il Silver saint.
Un rumore lo fermò, come un miagolio soffuso, sottile e silenzioso, ma allo stesso tempo presente e minaccioso.
Kano si fermò, percepiva una presenza dinanzi a se, come se qualcuno gli sbarrasse la strada e con il suo terzo occhio intravedeva una figura felina accovacciata per terra.
"Chi sei, guerriero?", domandò il santo del Pavone, "Veramente sono una guerriera", ribatté una voce divertita, ma fredda allo stesso tempo, "la Custode di Ra", si presentò semplicemente, prima di spostarsi così velocemente da non poter essere seguita da uno sguardo.
Kano all’improvviso vide alla sua destra due luci dorate, quindi un forte miagolio, mentre le luci si avvicinavano, poi niente, solo un dolore atroce al volto, quella guerriera lo aveva graffiato.
Un secondo miagolio e questa volta insieme alle due luci dorate arrivò una serie di calci, che colpirono allo stomaco il cavaliere d’argento, facendolo cadere a terra, in ginocchio.
"Devo ammettere che mi aspettavo di più dai guerrieri olimpici", sentenziò la voce nemica, "pensavo di incontrare un nemico che si muovesse ad alte velocità e riuscisse ad evitare ogni mia tecnica", rifletté con tono costernato, "invece, un pappamolle mi è capitato come nemico".
"Devo riuscire a vederla", pensò Kano, sollevandosi in piedi ed iniziando la meditazione.
Lentamente il terzo occhio si aprì sulla fronte del guerriero, che finalmente capì cosa fossero le due luci dorati: gli occhi della sua nemica, simili a quelli di una vera gatta.
La guerriera era un po’ più bassa di lui, non riusciva a delineare i suoi lineamenti e la corazza, ma finalmente la vedeva.
"Cos’è quella luce, cavaliere?", domandò la guerriera, "Il terzo occhio, l’occhio dell’Anima, che mi permetterà di seguire i tuoi movimenti e bloccarli", rispose il santo d’argento.
"Davvero?", affermò la nemica, "Bene", si disse, mentre un sorriso si delineava sulle sue guance. Uno scatto velocissimo, che Kano non vide, e la guerriera colpì con diversi calci il corpo del nemico, gettandolo a terra nuovamente.
"Mi sono mossa troppo velocemente?", domandò beffarda la custode di Ra, mentre il santo d’argento si rialzava.
Awyn era ferma, spaventata dal tono cupo del giovane nemico. Ihi iniziò a suonare il sistro oscuro, che lentamente iniziava a prendere un cupo suono triste e doloroso insieme, che appesantiva il cuore. Lentamente l’ebra si sentì piena di dolori, il suo corpo si appesantiva e diventava curvo.
"Mi dispiace, guerriera", sussurrò il giovane egiziano, "questo è il mio colpo più crudele, ma efficace, si chiama", spiegò, "Time requiem".
Quando la musica finì, Ihi agganciò alla cinta il sistro e si appoggiò al muro, come per riposarsi.
"Che fai? Il nostro scontro non è finito", urlò Awyn, che però fu fermata dalla sua stessa voce, che non riconobbe, "Guardati le mani", sentenziò con tristezza il guerriero.
L’ebra avvicinò le mani al viso e notò che esse erano vecchie e piene di vesciche, oltre che incredibilmente esili, "Time requiem", esordì Ihi, "una tecnica che invecchia il corpo, illudendo la mente che niente accade", spiegò il guerriero egiziano, "ormai ha circa 90 anni", concluse.
"Awyn rimase ferma, come colpita a morte: i suoi bei capelli erano ormai bianchi, la pelle increspata e piena di rughe, le forze la avevano ormai abbandonata.
"Siediti, poiché non so se riuscirai ancora a reggerti in piedi per molto, così ridotta", la invitò con gentilezza Ihi, indicandole un mattone più esterno vicino al muro.
"No, cavaliere, alzati, anche così ti combatterò e vincerò", sentenziò l’ebra cercando di scuotere il pugno invecchiato.
Ihi fu chiaramente sorpreso da quelle parole ed alzò il capo, "Perché vuoi rischiare?", domandò perplesso alzandosi in piedi, "Se tu mi attacchi così ridotta, il colpo che lancerai ti ritornerà contro, il tuo cosmo è troppo indebolito, non hai la forza per vincermi, mi basterà una singola nota del sistro", spiegò il giovane egiziano.
"Sei nobile di cuore e fedele al tuo dio, ma sembra che tu non capisca la mia determinazione", analizzò l’ebra, "io combatto per qualcosa di più della voglia di gloria e la semplice fede in un dio, combatto perché credo che tutti possano un giorno vivere liberi ed in pace, come noi baccanti nei tempi passati. Sono anni che una baccante non gode delle gioie della vita a pieno", raccontò la guerriera con le lacrime agli occhi.
"Ora addio, se veramente la morte mi prenderà", sentenziò Awyn, "Grapes boom", urlò, scatenando il suo attacco.
Ihi suonò una nota, ma non riuscì ad evitare l’attacco, che lo prese in pieno, scagliandolo contro una parete.
Il giovane egiziano si rialzò a fatica, "Segui questa strada e troverai il mio sommo signore, Ra", indicò Ihi. "Perché, guerriero?", balbettò Awyn, "Semplice, perché quella che hai avuto era solo una prova, non sei mai invecchiata, la requiem era solo per distrarti, mentre ti colpivo con una tecnica psichica", spiegò l’egiziano.
"Che vuoi dire?", domandò l’ebra, "Semplice, la mia vera tecnica è un colpo psichico che ti fa illudere di essere invecchiata, così da renderti più debole nel corpo e nella mente, ma con te non ha avuto successo", rispose Ihi con un sorriso beffardo.
"Avanza pure, mi hai stracciato", concluse l’egiziano, facendo cenno con la mano alla rinata ragazza di andare avanti.
Awyn oltrepassò con tranquillità il guerriero egiziano, "Grazie", fu l’unica parola che rivolse ad Ihi, prima di avanzare verso Ra.
Kano era caduto nuovamente a terra per dei calci della nemica. "Sei lento, guerriero, ma trovo divertente prenderti a calci", lo schernì la guerriera.
"Speravi veramente di potermi sconfiggere?", domandò la Pharaon, "Stupido, io sono la seconda per potenza nell’armata di Ra, sono la sua Custode e solo il nostro comandante mi è superiore", spiegò la donna, "come ben presto proveranno i tuoi compagni nel corridoio centrale", concluse.
"Lorgash, Myokas", balbettò il santo d’argento, rialzandosi.
I due cavalieri d’oro giunsero alla fine del corridoio centrale, "Guarda una porta difesa da statue", esordì sorpreso il santo del Sagittario.
Una gigantesca porta era dinanzi a loro, ma fra i cavalieri e l’entrata, vi erano sette troni con delle statue, che sembravano essere più delle impalcature per armature, che vere e proprie figure d’animali, quali il cervo, lo sciacallo, il gatto, lo scorpione, lo scarabeo, il lupo e la rana.
Dinanzi allo scorpione, vi era un’altra statua, "Rappresenterà un uomo in preghiera", osservò perplesso Myokas, avanzando, "Non so, non mi fido di questo luogo", rifletté Lorgash.
La statua era china su se stessa, la testa non era visibile, solo la schiena fatto del medesimo materiale delle corazze dei Pharaon.
"Avanziamo, la paura non dovrebbe fermarci", incalzò il santo di Sagitter, "Si", concordò il cavaliere di Capricorn.
Delle lingue di fuoco partirono dal corpo chino in preghiera, "Infedeli, non tentate la sorte, se temete la morte scappate, altrimenti restate qui, dove vi affronterò da solo, io il possente Anhur di Selkit, comandante dei Pharaons", li minacciò il possente guerriero egiziano, alzandosi in piedi.