Capitolo 12: Il ritorno
Una figura si ergeva maestosa dinanzi alle porte del tempio di Cipro, le sue vestigia brillavano di bianco ed il cosmo che emanava era quello di Anchise, "Costui non è il tuo compagno, Endimon", sussurrò perplesso Abel, che aveva percepito qualcosa di diverso in questo cosmo, che non apparteneva al vanesio Pretoriano ferito da Gallio.
Il guerriero con il cosmo del Pretorian della Conchiglia, aprì la mano destra, nessuna luce brillò sopra il suo capo, ma una sfera luminosa si materializzò sul bianco palmo.
"Pearl light", sussurrò la voce, chiaramente differente da quella di Anchise, più cupa.
La sfera d’energia volò contro il gruppo di cavalieri ed il santo di Scorpio si pose dinanzi ai suoi compagni, "Non hai ancora capito l’inutilità della tua vanità?", gli domandò infastidito, ma qualcosa avvenne. Il braccio con cui il cavaliere cercò di parare il corpo, non resse all’attacco e si storse, ma il figlio di Albione fu più veloce del dolore e riuscì a bloccare l’attacco con l’altro braccio, aiutandosi quello lussato.
"Sei bravino, cavaliere d’oro", lo derise il misterioso nemico, "Questo colpo è cento volte superiore a quello di Anchise", balbettò il santo di Scorpio, barcollando indietro, finché Abel non gli fece da appoggio.
Il cavaliere di Gemini, però, lasciò quasi la presa nel vedere il volto del nemico, "Tu..", balbettò disgustato Joen, notando l’avversario, "Maledetto assassino", lo insultò Connor, preparandosi ad attaccare.
"Chi è costui, fratello?", domandò stupito Kain, osservando l’armatura bianca, ma di colore scuro, più simile al grigio che al bel bianco delle altre vestigia di titanio.
"Costui è Leda, l’assassino di nostra madre", affermò disgustato Abel di Gemini.
"Ora pagherai per la Regina Didone e per Medea", urlò Joen, scattando in avanti insieme a Connor.
I due Goshasei arrivarono a pochi passi dal nemico, il quale aprì nuovamente la mano, creando una seconda sfera di luce, che si gettò contro la coppia di guardiani.
La sfera evitò Joen, quasi avesse un bersaglio determinato: infatti l’attacco prese in pieno il guardiano del Falco, gettandolo a terra con le vestigia danneggiate.
Il guardiano del Pavone si fermò e soccorse l’amico, "Se permetti, insetto, prendo la tua vita", sussurrò il titano, arrivando alle spalle del figlio di Tige.
Le due amazzoni, nel vedere i compagni d’arme, si scagliarono contro il comandante di 2° grado, "Imitazione", urlò il titano, lanciando una sfera d’energia contro le guerriere sacre ad Artemide. Elettra fu investita in pieno e l’impeto del colpo la gettò contro Maya, facendole volare contemporaneamente su di una colonna nella sala centrale del tempio di Venere.
Joen si voltò di scatto contro il titano, "Vuoi la mia energia, assassino? Ti accontento", urlò il Goshasei del Pavone, congiungendo le mani dinanzi al petto.
"State indietro", urlarono i due figli di Ikki ai vari cavalieri.
"Great bomb!", tuonò il figlio di Tige, scatenando la gigantesca sfera d’energia verde dalle sue mani.
Leda non poté fare altro che proteggersi con le mani, evitando che l’elmo di bianco titanio si danneggiasse, come accadde invece al resto dell’armatura.
Il titano volò a terra, lontano parecchi passi da Connor e Joen, ma anche il Goshasei del Pavone crollò a terra, svenuto per lo sforzo.
In pochi non furono sorpresi dal potente attacco del guardiano di Era, fra questi solo Endimon era scosso da un pensiero diverso, "Dov’è Anchise?", si chiedeva il Pretoriano, avvicinandosi all’entrata del Tempio.
"Attento, pretoriano", urlò Daidaros, lanciando la catena d’attacco, ma non riuscì ad evitare che Leda, ferito ma vivo, conficcasse i suoi maligni artigli nel collo del guerriero di Venere.
"Il tuo parigrado era ferito, quindi gli ho tolto la vita, gli ho fatto un favore. Purtroppo, non potrò farti la stessa grazia, perché i miei poteri sono diminuiti per quella bomba d’energia, ora posso soltanto aspirare il tuo cosmo", sussurrò il titano al pretoriano, colto alla sprovvista.
"Traspirazione", sussurrò Leda, prima di illuminarsi nuovamente, come rinato.
La catena di Cefeo raggiunse infine il braccio del comandante di 2° grado, "Mi dispiace, ma il Parassita è nuovamente pericoloso", affermò Leda, tirando a se Daidaros, per poi colpirlo con una serie di calci, così da frantumargli in più punti le vestigia e poi lasciarlo cadere svenuto.
"Chi è il prossimo?", domandò beffardo il titano.
"Ora subirai la nostra vendetta", affermò Kain di Shark, avanzando insieme al fratello Abel.
"Avanti, tentate di sconfiggermi", li sfidò Leda, alzando le braccia.
Un soffio di vento mosse i capelli dei due gemelli, "Another dimension", urlò all’improvviso Abel, scatenando il suo colpo, ma Leda fu più veloce ed evitò l’attacco.
"Sono qui, dietro di te", lo sbeffeggiò il titano, "Ed io sono accanto a te", interloquì allora Kain, "Golden Triangle", urlò il generale dell’Atlantico Settentrionale e Leda fu assorbito nel varco temporale del Triangolo d’oro.
"Vendetta fatta? Così facilmente?", si domandò perplesso Abel, che già aveva saggiato la potenza del nemico, nell’oscuro giorno in cui era rimasto orfano.
"Fagiano cacciatore", urlarono in coro più voci. I figli di Ikki furono colpiti contemporaneamente da diversi attacchi, ma solo i loro elmi volarono per aria, lasciando i loro volti scoperti.
"Mi dispiace", esordirono le voci, "ma siete riuscita a prendere solo uno dei miei 11 cloni, le tecniche di quel Pretoriano sono portentose", affermarono divertiti i cloni di Leda.
"Fratello, le tecniche psichiche temo siano inutili con lui", osservò perplesso Kain, indeciso su quale dei tanti sia il vero assassino della madre, "No, credo proprio siano inutili, anche perché non sappiamo chi colpire, dovremo utilizzare un altro metodo, ma è pericoloso per tutti", concordò Abel.
"Principi, non preoccupatevi per noi", esordì la voce sottile di Joen, avvicinatosi con Connor alle amazzoni, "sarà il mio muro d’energia a difenderci", affermò il Goshasei.
"Cugini, nemmeno per me ed il pretoriano ci sono pericoli, le mie catene si sacrificheranno per difenderci", aggiunse Daidaros, sollevandosi sulle ginocchia.
"Cavalieri, non preoccupatevi per nessuno, il mio cosmo non è offensivo, ma potrà proteggere tutti, mentre attaccherete quest’assassino", li rassicurò infine Venere, alzando le mani, da cui si espanse una fioca e dolce luce rosa.
"Bene, fratello, sei pronto?", domandò Abel, appoggiandosi con le spalle alle spalle del gemello, "Si", rispose Kain.
"Galaxian explosion", tuonarono i due contemporaneamente, investendo le diverse figure di Leda, perplesso dalla potenza del doppio attacco.
Fu un attimo, l’intero corridoio del tempio andò in frantumi, aprendo la sala centrale del piccolo luogo sacro a Venere alla spiaggia.
La sabbia, le macerie e la polvere si alzarono verso il cielo, svanendo per la potenza dei due attacchi, ma quando tutto fu finito, la rabbia rimase viva nei due fratelli, poiché un solo Leda era ancora in piedi, seppur con le vestigia sempre più in frantumi.
"Siete stati bravi, fratelli, ma la vostra potenza ha semplicemente eliminato i miei 11 cloni, lasciandomi qui, solo, ma con forza sufficiente a disintegrarvi tutti e due!", tuonò il titano, "Imitazione", urlò poi, scatenando il battito d’ali del Fagiano.
Il potentissimo vento d’energia corse contro i due fratelli, "Spostati", urlò Abel, ponendosi dinanzi al suo gemello e bloccando con le sole mani il potentissimo attacco nemico.
"Lascia la presa ed allontanati, fratello", ordinò il mariner di Shark, conscio del potentissimo attacco nemico, "No, Kain, finora non ho sconfitto nemmeno un nemico, non posso permettermi di lasciare il campo di battaglia, non sembro nemmeno degno di indossare le vestigia dei Gemelli", ribatté il santo d’oro.
"Tuo fratello ha ragione, generale", esordì una voce alla destra di Kain, "per tutti giunge in questa feroce guerra il momento del sacrificio, tutti dobbiamo dare noi stessi allo scontro e ciò vuol dire che devo rinunciare alla mia idea di pace e combattere veramente", osservò Edoné del Flauto, adesso a destra del Mariner figlio di Ikki.
"Ora ti prego, nobile custode dell’Oceano Atlantico settentrionale, unisci il tuo colpo al mio ed insieme aiutiamo tuo fratello", domandò gentilmente l’anghellos del Flauto.
La forza tornò in Kain, come risvegliata dal bellissimo volto della messaggera, "Si, attaccheremo insieme", concordò il mariner.
I due si misero ai lati di Abel, le cui mani già sanguinavano. I cosmi di Kain ed Edoné esplosero, insieme a quello del santo di Gemini, risvegliato dai due compagni, "Per Ermes, risvegliati, mia rabbia", urlò Edoné, "Final explosion", affermò emanando una gigantesca ondata d’energia dalle mani congiunte.
"Padre, dammi la forza", urlarono i figli di Ikki, quasi sicuri che il santo della Fenice li stesse ascoltando, "Shark bite", tuonò poi Kain, scatenando il suo colpo.
Le due ondate d’energia, unite al cosmo di Abel, annullarono l’attacco di Leda, gettando a terra il titano stesso, che rotolò fin dentro il tempio di Venere, ferito e sanguinante.
Il titano riuscì a stento a rialzarsi, il cosmo che aveva assorbito ad Endimon era ormai scomparsa, non vi era più forza in lui, solo un desiderio ed un’avidità che si leggevano nitidamente nei suoi piccoli e maligni occhi.
Quei malefici occhi si riempirono di una luce sinistra, mentre Leda si gettava con le sue ultime forze contro Minosse, ancora svenuto, dopo lo scontro con Anchise.
"Non osare, vile ladro d’energia", urlò Gallio, scagliandosi con il solo braccio destro utilizzabile, contro il titano.
Leda si abbassò, colpendo il santo di Scorpio alle gambe, così da farlo cadere a terra e subito gli fu sopra, mordendolo con gli appuntiti canini.
"Grazie, cavaliere d’oro, di aver dato la vita per un nemico", sussurrò il titano, "Trasmigrazione", affermò poi con un filo di voce, prima di scomparire insieme a Gallio in un bagliore di luce.
"Gallio!", urlarono i vari cavalieri spaventati.
Dopo pochi secondi Leda apparve nuovamente, le vestigia di titanio erano in pezzi, ma il cosmo che il nemico emanava era molto più potente di quanto mai lo avessero sentito prima.
"Ora, il Parassita è sazio", si disse il titano, volgendosi verso i suoi nemici.
"Vi prego, non muovetevi", li schernì, espandendo il suo cosmo, che come vento dorato e bianco li bloccò tutti, "Questo è uno dei colpi di Gallio", affermò sbalordito Daidaros.
"Si, è un colpo del defunto santo di Scorpio", affermò Leda, scontando lievemente, così da far vedere a tutti le vestigia d’oro dello Scorpione, "Questo è l’unico ricordo del cavaliere defunto", osservò il titano.
"Imitazione", urlò allora il nemico, aprendo le mani dinanzi ai nemici.
Decine di cuspidi bianche volarono verso i vari cavalieri, investendoli in pieno e gettandoli tutti a terra, doloranti.
"Questa è la mia versione di quelle cuspidi velenose, molto più dolorose e devastanti, vi assicuro che non soffrirete molto, poiché vi ucciderò tutti", li derise Leda, "ma prima il dovere, eliminerò la dea dell’Amore", sentenziò il titano, diventando serio ed avanzando verso la dea.
"Dì addio alla vita, Venere", sussurrò Leda, sollevando la mano contro la divinità, che tremava dinanzi alle sue unghie rosse e incredibilmente lunghe.
Una luce balenò nell’aria, "Dea Venere", urlò disperato Endimon, conscio della sua impossibilità ad aiutare la divinità a lui cara.
Quando la luce si affievolì, tutti videro Leda fermo e Venere ancora viva, era sporca di sangue, ma era quello del titano, ferito da una scheggia.
Un’esplosione d’energia si diradò nel fondo del tempio, "Anche per te, titano, è giunto il momento di morire e pagare", urlò una voce nell’ombra. Qualcuno era giunto in soccorso dei cavalieri.