CAPITOLO NONO: SEGUENDO IL CUORE.
Nella radura a nord di Tirinto, dove la Prima Legione guidata da Adone dell’Uccello del Paradiso avrebbe dovuto affrontare, e possibilmente fermare, i tre Giganti di Pietra risvegliati da Era, era in corso una sanguinaria lotta tra il Comandante della Legione Alata e tre Heroes che lo avevano tradito, vendendosi ad Era, nell’impero della quale miravano ad avere un posto di primo piano. Uno di costoro, Agelao del Pigmeo, era già caduto in battaglia, mentre un secondo, Caropo del Pappagallo, era stato confinato in un limbo sconosciuto, dove avrebbe dovuto dormire per l’eternità, grazie al potere del Fiore del Vento, controllato da Adone. Ma ne era rimasto uno, il più pericoloso dei tre, Alexandros del Ramo e di Cerbero, un ragazzetto di venti anni scarsi che aveva istigato i due compagni alla ribellione.
"Siamo stanchi, a quanto pare!" –Commentò Alexandros, scontrandosi a mezz’aria con Adone, entrambi circondati da luminose aure cosmiche, accese al massimo.
"Restassi anche senza fiato, ti combatterei comunque, traditore!" –Esclamò Adone, ansimando per la fatica e per le ferite che gli dolevano.
"Non senza fiato devi restare, Comandante, ma senza vita!!" –Gridò improvvisamente Alexandros, portando la mano sinistra al petto di Adone e facendo esplodere una violenta scarica di energia, che scaraventò il Comandante indietro di parecchi metri, fino a schiantarsi contro un gruppo di alberi.
"La mia vita appartiene ad Ercole, Dio dell’Onestà e protettore di tutte le cose belle! Sarà un onore per me cadere per difendere il suo onore!" –Commentò Adone, rialzandosi a fatica e liberando i lacci della sua Armatura, lunghi ed elastici e con un cuore in punta. –"Lacci del Cuore, castigate il traditore di Tirinto!" –E scagliò i lacci avanti, mentre Alexandros cercava di deviarli con scariche di energie. Ma non ci riuscì e i lacci si aggrovigliarono intorno al suo corpo, stringendo il suo collo e bloccando i movimenti dei suoi arti, prima che Adone li caricasse di una forte energia cosmica, che fece avvampare l’Hero del Ramo e di Cerbero. –"Non vorrei ucciderti, Alexandros, per quanto meriteresti di morire cento volte per le colpe di cui ti sei macchiato! Ma la morte brutale è qualcosa che detesto, qualcosa che deturpa i canoni di bellezza naturale che sono le pietre miliari della mia vita!"
"L’unica colpa che ho, Adone, è di averti lasciato in vita finora, perché il mio animo è ancora quello di un bambino a cui piace giocare!" –Esclamò Alexandros, bruciando il proprio cosmo. Improvvisamente, centinaia di rami e di radici nodose spuntarono dal terreno attorno a lui, iniziando a strappare, a distruggere con rabbia, i lacci che imprigionavano il guerriero, permettendogli nuovamente di muovere i propri arti.
"Incredibile! Quale oscura potenza lo sostiene!" –Commentò Adone, osservando impotente la distruzione dei Lacci del Cuore.
"Adesso che hai compreso quanto vana e futile sia la tua resistenza… Muori!" –Gridò Alexandros, puntando un ramo carico di energia cosmica contro Adone. Immediatamente una violenta folgore investì in pieno il Comandante della Legione Alata, scaraventandolo contro un albero, con la schiena a pezzi, pressato contro il tronco dalla devastante energia del Ramo e di Cerbero. Tentò di urlare, ma le parole gli morirono in bocca, stritolato da quelle folgori di energia che Alexandros riversava su di lui. Con un disperato sforzo, sollevò la mano destra, su cui apparve un Fiore del Vento, bianco e con le sfumature viola, prima di lanciarlo contro il ragazzo.
Alexandros rimase ad osservare l’anemone fluttuare nell’aria, con un percorso lento e soave, e per un momento quasi scoppiò a ridere, avendo pena dell’ultima mossa disperata del suo Comandante, che a niente aveva più da aggrapparsi se non ad un patetico fiore di campo che mai avrebbe potuto recargli danno. Per precauzione però, Alexandros sollevò il ramo carico di energia che reggeva in mano e lo diresse contro l’anemone, disintegrandolo con un fascio di luce. Nel far questo però dovette liberare Adone dalla morsa delle folgori che gli stava dirigendo contro, anche se solo per una manciata di secondi. Ma quel tempo fu sufficiente al Comandante della Prima Legione per recuperare le forze e liberare il suo colpo più potente.
"Volo dell’Uccello del Paradiso!" –Gridò Adone, portando entrambe le braccia avanti, mentre l’affascinante sagoma di un uccello dal piumaggio variopinto, interamente costituito da energia pura, scivolava nell’aria, travolgendo Alexandros e scagliandolo indietro, fino a farlo ruzzolare a terra con l’Armatura crepata in più punti. Fatto ciò, Adone crollò esanime al suolo, stanco per la lunga sequenza di combattimenti. Ma anche quel colpo, per quanto potente esso fosse, non bastò per uccidere Alexandros, il quale si rialzò dopo pochi istanti, ridendo istericamente, quasi fosse impazzito.
"Bel colpo, Comandante! Hai scelto il modo migliore per concludere la tua carriera!" –Esclamò, concentrando il cosmo sul braccio destro, mentre le dita della sua mano si allungavano fino a diventare artigli di pura energia. –"Mai avrei creduto che un damerino come te, sempre preso dalla cura del corpo e dall’amore della natura, sarebbe stato disposto a sporcarsi le mani, a riempirsi di fango e di sangue ma non di sconfitta! E ti ammiro per questo!" –Aggiunse, sghignazzando. –"Sì! Ti ammiro così tanto che voglio regalarti un viaggio verso il Paradiso dei Cavalieri! Là, avrai modo di cogliere tutti i fiori che vuoi!" –E sollevò l’artiglio energetico, pronto per affondarlo nel corpo inerme di Adone. Ma mentre calò la mannaia su di lui, venne colpito alla schiena da una raffica di pugni di energia cosmica, il cui impeto fu tale da scaraventarlo lontano per parecchi metri, facendolo rotolare al suolo. –"Chi osa?!" –Gridò, rialzandosi di scatto.
Di fronte a lui, appena discesi dal cielo, vi erano gli ultimi tre Heroes della Prima Legione sopravvissuti alla distruzione portata dai Kouroi: Damaste della Gura, fedele luogotenente di Adone, e due compagni: Ascalafo della Civetta e Laomene della Farfalla. Tutti e tre avevano numerose crepe sulle armature e lividi e graffi sul viso e sul resto del corpo, ma una luce di determinazione negli occhi che inquietò non poco Alexandros il ribelle.
"Comandante!" –Damaste corse immediatamente verso Adone, mentre Ascalafo e Laomene gli coprivano i fianchi, pronti per contenere un eventuale attacco di Alexandros.
"Da… Damaste.." –Balbettò Adone, cercando di rialzarsi. Aveva il volto stanco e chiazze di sangue sul viso e sulla corazza, in parte danneggiata. –"Siete salvi?"
"Abbiamo fatto il possibile, Comandante! Ma abbiamo fallito! I Kouroi avanzano verso Tirinto, non siamo stati in grado di fermarli! Icaro della Colomba, Briseide del Cardinale e Adrastea del Toco sono caduti, schiacciati dai Giganti di Pietra! Ma noi siamo ancora qua, al vostro fianco!" –Commentò il fedele Damaste, sorreggendo il Comandante della Legione Alata. –"Riposate adesso! Affronteremo noi il guerriero ribelle!"
"Deianira… Liberatela!" –Mormorò Adone, prima di pregare Damaste di fare attenzione. –"C’è la furia di Ares negli occhi di Alexandros!"
"Questo non è un salotto, ma un campo di battaglia!" –Tuonò improvvisamente l’Hero del Ramo e di Cerbero, espandendo il proprio cosmo e scagliando un violento assalto di folgori incandescenti contro i quattro Heroes riuniti assieme. –"Per conversare ci sono i salotti delle corti europee! Per morire invece è sufficiente incontrare me! Ah ah ah!" –Detto questo, balzò in alto, piombando sui quattro compagni avvolto da scintille di energia cosmica.
Ascalafo e Laomene si avvicinarono prontamente, per proteggere il Comandante che giaceva a terra dietro di loro, pronti a fargli da scudo con i loro corpi, ma l’assalto di Alexandros non andò in segno, venendo respinto con decisione.
"Pugno di Ercole!!" –Tuonò una possente voce maschile, sovrastando le deboli grida di Ascalafo e Laomene. Un possente pugno di luce colpì Alexandros in pieno proprio mentre stava balzando su di loro, scaraventandolo indietro e mandando in frantumi un coprispalla della sua Armatura. Damaste della Gura si fece spazio tra i due compagni, torreggiando come un gigante sull’inginocchiato Alexandros.
"Damaste!" –Sibilò Alexandros. –"Il cagnolino da guardia di Adone! L’uomo senza il quale il nostro pseudo-Comandante, dalle mancanti forze, non sarebbe in grado di far rispettare la propria volontà nemmeno sui propri Heroes!"
"Bada a come parli, rinnegato!" –Tuonò Damaste, caricando nuovamente il pugno destro di frizzante energia cosmica, che sfrigolava nell’aria, come elettroni rotanti intorno al nucleo di un atomo. E senz’altro aggiungere l’Hero della Gura calò il colpo su Alexandros, il quale riuscì ad evitare di essere distrutto soltanto rotolando velocemente sul terreno, mentre un gigantesco cratere si apriva dove Damaste aveva colpito.
"Non è uomo che ama perdersi in troppi discorsi!" –Rifletté Alexandros, rimettendosi in piedi, a distanza di sicurezza dall’Hero di Ercole. E ricordò brevemente tutto quello che sapeva su di lui, sperando di trovare un punto debole da sfruttare per vincerlo, approfittando magari dei suoi sentimenti.
Damaste della Gura, alto e robusto, fedelissimo di Ercole, era uno degli Heroes di più antica data, presente fin dagli anni precedenti alla costituzione ufficiale dell’esercito di Ercole. Era nato presso Corinto, più di trent’anni prima, ma era rimasto orfano molto presto, all’età di quattro anni, a causa di un incendio improvviso che aveva raso al suolo la fattoria in cui viveva, causando la morte dei suoi genitori. Rimasto solo e abbandonato, fu proprio Ercole a salvarlo, trovandolo per caso che si aggirava senza meta nei boschi circostanti. Da allora, Damaste era sempre rimasto a fianco di Ercole, crescendo con lui, addestrandosi duramente, insieme a Nestore dell’Orso, a Marcantonio dello Specchio e a tutti gli altri guerrieri che presto avrebbero costituito gli Heroes del Dio dell’Onestà. Un debito di riconoscenza lo legava quindi ad Ercole, un debito che aveva permesso a Damaste di crearsi una vita. Di crearsi un futuro. E avrebbe lottato fino all’inverosimile per riscattarlo.
"Pugno di Ercole!!!" –Gridò nuovamente l’Hero della Gura, interrompendo i pensieri di Alexandros ed obbligandolo a rotolare nuovamente sul terreno per evitare il suo attacco. Stufo di scappare, l’Hero del Ramo e di Cerbero afferrò un ramo caduto al suolo e lo conficcò nel terreno, caricandolo della sua sfolgorante energia.
"Vi invoco Spiriti del Ramo e di Cerbero!" –Esclamò, mentre folgori dal colore verde scuro squarciavano l’aria attorno. Centinaia di rami e di radici nodose spuntarono dal terreno, tutto attorno a Damaste, ma invece di intrappolare l’Hero, preferirono giocare con lui. Damaste venne afferrato per una caviglia da una nodosa radice e fatto cadere in avanti, su un gruppo di rami dalle punte aguzze, che ferirono il guerriero sul petto, nei punti scoperti della sua Armatura non troppo protettiva. Quindi nuovi rami appuntiti sfrecciarono verso di lui, per traforarlo e dilaniare le sue carni, mentre Alexandros rideva istericamente, godendosi lo spettacolo.
Laomene e Ascalafo si mossero per aiutare il compagno, lanciandosi contro Alexandros ma questi fermò i loro movimenti con un’onda di energia che falciò loro le gambe, distruggendo parte dei loro schinieri e facendoli cadere al suolo, mentre Alexandros aumentava il suo cosmo a dismisura, evocando il suo potere nascosto.
"Furore del Ramo e di Cerbero!" –Gridò, scagliando contro i due Heroes il proprio attacco migliore. Migliaia di immagini di Cerbero, con le fauci digrignate, comparvero attorno a loro, avvolti da folgori dilanianti di inaudita potenza. Laomene e Ascalafo vennero travolti e atterrati, con le Armature in parte danneggiate. –"A terra bestie! È luogo più congeniale a voi! Ah ah ah!" –Sghignazzò, prima di voltarsi ed osservare, con sommo piacere, quasi una sublime goduria, Damaste venire sballottato a destra e a manca dai suoi rami e dalle sue radici, mentre sangue colava da ampie ferite sul suo corpo. –"Desolato per non poter più giocare con te! Ma il dovere mi chiama!" –Commentò, riunendo tutti i rami di fronte a Damaste e dirigendo le loro acuminate punte verso il suo petto scoperto.
Ma l’Hero della Gura non rimase immobile ad aspettar la morte, bruciando il proprio cosmo al massimo, come mai aveva fatto prima. Lo fece per se stesso, per il Comandante che Alexandros aveva tradito e ovviamente per Ercole, il Dio al quale aveva giurato fedeltà e che adesso voleva ringraziare per essersi preso cura di lui, per averlo aiutato a crescere e a diventare uomo. Mostrando una poderosa forza fisica, Damaste sradicò le radici che lo tenevano prigioniero, scaraventando quella massa confusa di alberi e di terriccio contro i rami dalle punte acuminate che Alexandros gli aveva lanciato contro, facendoli cozzare insieme ed esplodere, liberandosi da quella scomoda prigionia.
"Maledetto bastardo! Hai così paura della morte, eh?!" –Gridò Alexandros, furibondo, e si lanciò verso di lui, completamente avvolto da scariche di energia dal colore verdastro. –"Furore del Ramo e di Cerbero!"
"Pugno di Ercoleee!!!" –Tuonò Damaste, portando avanti il proprio pugno destro, carico di energia cosmica.
Il contraccolpo tra i due poteri fu tremendo, scaraventando entrambi i contendenti indietro di parecchi metri. Damaste si schiantò contro un albero, incastrandosi nel tronco, pieno di graffi e di unghiate sul petto e di crepe nella sua corazza, mentre Alexandros rotolò sul terreno, solcato da lividi su tutto il corpo e con una gamba indolenzita, per l’onda d’urto generata dal Pugno di Ercole, la cui potenza era talmente elevata che gli aveva distrutto la ginocchiera e i calzari che indossava.
In quel momento, forse per l’esplosione di energia che si era verificata, Caropo del Pappagallo si risvegliò, uscendo dal sonno eterno a cui Adone credeva di averlo confinato. Stordito, e con la testa che gli doleva, l’Hero traditore si rimise in piedi, osservando lo sfacelo intorno a sé. Il cielo si stava coprendo di nubi e nonostante fosse soltanto mezzogiorno l’aria era grigia e triste, carica di un’oscura energia che pareva opprimere ogni forma di luce. Adone si stava rialzando a fatica, debole e pieno di ferite, proprio come stava facendo Damaste, sollevandosi dal tronco in cui il contraccolpo lo aveva scaraventato. L’Hero della Gura sputò sangue, tastandosi il petto indolenzito, e barcollò un po’ ma riuscì a mantenersi in piedi. Non dovette fare neppure troppi passi per incontrare lo sguardo torvo di Alexandros, rialzatosi nel frattempo.
"Credevo avesti intenzione di dormire ancora un po’, stupido bestione!" –Lo derise Alexandros, facendo leva sui sentimenti dell’uomo, che detestava essere considerato uno stupido, soltanto perché il suo addestramento e il suo stile di vita erano stati improntati da un punto di vista esclusivamente fisico. –"Non era necessario che tu ti alzassi! Poiché tra poco dormirai per sempre!" –Ghignò Alexandros, espandendo il suo cosmo e avvolgendo un ramo che stringeva in mano di incandescente energia.
"Perdonatemi mio Signore! Ma credo che mancherò al nostro prossimo addestramento!" –Commentò Damaste, con un mesto sospiro, bruciando il proprio cosmo e concentrandolo sul pugno destro, sotto forma di una luminosa sfera dal colore biancastro. Per un momento la sua mente volò via, ricordando una conversazione avuta con Ercole poche ore prima, poco prima della sua partenza da Tirinto.
"Non fare tardi!" –Aveva ironizzato il Dio dell’Onestà. –"Abbiamo ancora molto da addestrarci insieme!" –Aveva aggiunto, riferendosi ai loro continui combattimenti corpo a corpo, nella palestra sul retro della fortezza che Ercole aveva fatto costruire appositamente per allenarsi. –"Voglio riuscire ad atterrarti almeno una volta!"
"Ooh, mio Signore! Vi burlate di me!" –Aveva riso Damaste. –"Basterebbe un dito della vostra forza per piegarmi a voi! Basterebbe un dito per avere tutta Tirinto, e forse anche la Grecia intera, ai vostri piedi!"
"Forse!" –Aveva commentato sbadatamente Ercole. –"Ma non lo farò! Né ora né mai! Perché non è nella mia natura dominare i liberi! No! Ma è nella mia natura confrontarmi con loro, da uomo a uomo! Proprio come sono io!"
Basterebbe un dito! Rifletté Damaste, bruciando il proprio cosmo. Ma non l’ha mai fatto! Non ha mai abusato del suo potere, né si è mai glorificato di ciò che ha avuto! Anzi, ha trascorso la vita ad aiutare chi non è stato così fortunato! Chi non è nato uomo e divenuto Dio, ma uomo è rimasto! Come lui continua ancora a sentirsi!
"Per gli uomini!" –Gridò infine Damaste, scagliando un violento pugno di energia lucente, che generò una poderosa onda d’urto che sollevò erba e terra, travolgendo Alexandros, che sopraggiungeva con il ramo carico di energia puntato su di lui. –"E per voi, mio Signore!!! Pugno di Ercole!!!"
L’onda d’urto spazzò via Alexandros, distruggendo quel che restava della sua corazza e facendo a pezzi anche il suo corpo, lacerandolo in mille pezzi che esplosero poco dopo. Ma il contraccolpo spinse anche Damaste indietro, facendogli scavare con i piedi un profondo solco nel terreno, prima di accasciarsi al suolo, sbattendo rumorosamente le ginocchia, con il ramo carico di incandescente energia piantato in mezzo al petto, a pochi centimetri dal cuore.
"Da… Damaste!!!" –Gridò Adone, rimessosi finalmente in piedi. E corse verso di lui, seguito da Laomene e Ascalafo, dalle gambe doloranti. –"Nooo!!!" –Adone si chinò su di lui, per estrargli il ramo incandescente dal petto, ma Damaste con un sorriso lo pregò di non farlo. Perché ormai il suo tempo era giunto al termine.
"Portate.. i miei saluti ad Ercole, Comandante.." –Trovò la forza per pronunciare infine, con molta lentezza. –"E ringraziatelo.. dite lui che Damaste lo… ringrazia!" –E cadde all’indietro, con un tonfo sordo nel terreno smosso, privo ormai di vita.
Adone scoppiò a piangere come un bambino, chinandosi sul corpo spezzato di Damaste, accarezzandolo e chiamando più volte il suo nome, mentre Laomene e Ascalafo volsero lo sguardo, per non mostrare le lacrime che impietose solcavano i loro volti. Soltanto dopo pochi minuti, Adone si fermò, sollevandosi a fatica dal corpo di Damaste, proprio per incrociare lo sguardo muto e solingo di Caropo del Pappagallo, in piedi a qualche metro da loro. L’Hero ribelle aveva assistito alla fine del combattimento tra i due ex compagni e adesso sembrava sinceramente triste per la morte di Damaste.
"Ecco il potere!" –Commentò acidamente Adone, avvicinandosi a Caropo. –"È questo che volevate? È in nome di questo che combattete per Era, maledetti assassini senza scrupoli? Per uccidere uomini valorosi che darebbero la vita per le persone che amano e per gli Dei che hanno scelto di servire?" –Singhiozzò il Comandante, bruciando il proprio cosmo, caldo e luminoso, mentre un circolo di Fiori del Vento roteava attorno a sé, rinfrancando l’aria con la loro soave essenza. Ma anziché dirigerli contro Caropo, sotto forma di attacco, li usò per ricoprire il corpo di Damaste, augurandogli di trovare pace e riposo, ovunque egli fosse. Allo stesso modo avrebbe voluto ricoprire i corpi di Icaro e degli altri Heroes caduti, ma un grido spaventoso, che pareva uscire dalle profondità dell’Inferno, distrasse tutti i presenti, proprio mentre il terreno tremava sotto di loro.
Pochi istanti più tardi, di fronte agli sguardi attoniti degli Heroes sopravvissuti, un immenso Gigante di Pietra, uno dei tre che avevano tentato invano di fermare in precedenza, comparve sopra di loro, sollevando e abbassando i piedi in continuazione, per schiacciare tutto ciò che incontrava sul suo cammino. Forse Era lo aveva rimandato indietro o forse egli stesso aveva percepito, grazie al cosmo divino che lo sosteneva, che dei fuggiaschi erano sopravvissuti, che delle prede erano ancora disponibili per essere cacciate, come era desiderio della sua Regina.
"Maledizione!" –Strinse i pugni Adone, rendendosi conto di essere troppo debole per affrontarlo.
"Adone!" –Esclamò una voce di donna che egli ben conosceva: Deianira del Lofofobo, che corse in fretta verso di lui, perdendosi nelle sue braccia, seguita da Antioco del Quetzal e da Eumene della Mosca.
"Deianira! Stai bene?" –Si preoccupò immediatamente il Comandante.
"Sì, grazie a te, che hai rischiato la vita per proteggermi! E grazie al valore degli Heroes che hanno combattuto per te e per Ercole!" –E sorrise ad Antioco e Eumene che, complice anche la minor resistenza della ragnatela di energia, l’avevano liberata.
Adone la fissò per un momento, immaginando il volto che molte volte aveva accarezzato, prima di sfiorarle la maschera argentata e staccarla leggermente, quanto bastava per trovarle la bocca con la propria e baciarla, di fronte agli occhi attoniti degli altri quattro compagni, e di Caropo del Pappagallo.
"Ooh ooh, anch’io voglio essere il Comandante di una Legione un giorno!" –Commentò Eumene, scherzando con Antioco.
"Preoccupiamoci intanto di sopravvivere a questo, di giorni!" –Rispose Antioco, proprio mentre la gigantesca sagoma del Kouros torreggiava sopra di loro, oscurando i pallidi raggi del sole.
Adone sorrise, aiutando Deianira a coprirsi nuovamente il volto con la maschera, prima di incitare i propri compagni ad alzarsi in volo un’altra volta.
"Un’ultima volta!" –Gridò il Comandante. –"Per la vita o per la morte! Per la fuga o per la lotta! E cosa vi è di più bello di un cuore intrepido che sceglie una morte in battaglia?!" –E spalancò le ali rosate della propria Armatura, mentre l’immagine maestosa dell’Uccello del Paradiso appariva attorno a lui. –"In volo, Heroes!" –Urlò, lanciandosi verso il Gigante, per quanto poche forze ormai gli rimanessero.
Deianira non esitò un momento, spalancando le ali grigie della sua corazza e seguendo il suo Comandante, imitata prontamente da Laomene della Farfalla e da Ascalafo della Civetta. Anche Eumene della Mosca spiccò il volo dietro ai suoi compagni, lasciando Antioco del Quetzal a terra, a causa delle ali distrutte della sua corazza. Ma questo non gli impedì di prendere parte all’azione, evocando il leggendario Serpente Piumato che dentro di lui risiedeva.
"Ardi, Fuoco del Quetzalcoatl!" –Gridò Antioco, dirigendo l’immenso Serpente Piumato, avvolto da fiamme d’oro lucente, verso una gamba del Gigante di Pietra, su cui andava convergendo anche l’assalto aereo di Adone e degli altri quattro Heroes.
Ma nonostante l’impeto e la determinazione dei guerrieri di Ercole, il Gigante non venne scalfito affatto, sopportando l’attacco come aveva fatto in precedenza e colpendo con violenza gli Heroes in volo, scaraventandoli a terra e sbatacchiandoli con le sue robuste braccia. Adone, deciso ormai a tentare il tutto per tutto, per tenere alta la memoria di coloro che avevano combattuto ed erano morti quel giorno, si sollevò in cielo, fino a porsi di fronte al sole, carico di tutta l’energia cosmica che era riuscito a produrre, e poi si gettò in picchiata, splendendo come una cometa di luce.
"Volo dell’Uccello del Paradiso!" –Gridò, piombando ad ali spiegate sul Gigante, che per difendersi portò avanti le braccia, contenendo l’esplosione del cosmo di Adone, che ebbe comunque l’effetto di sbilanciarlo e spingerlo indietro, senza comunque riuscire ad intaccarne la superficie.
Gli Heroes rimasti, riunitisi nuovamente nella radura, osservarono il loro Comandante schiantarsi come una cometa sui palmi aperti delle mani del Gigante, barcollare stordito per qualche secondo prima di iniziare a precipitare a terra, venendo però afferrato in volo dallo stesso Kouros.
"È dunque finita?!" –Commentò Deianira, con un sospiro di tristezza. –"Siamo arrivati fin qua, solo per non avere la forza di vincere un mucchio di pietra?!"
"Siamo impotenti!" –Aggiunsero Ascalafo e Laomene.
"Ma non lasceremo il Comandante nelle mani di quel colosso!" –Si infervorò Antioco, bruciando la propria energia cosmica.
"No!" –Esclamò una voce. –"Non lo faremo!"
Antioco si voltò verso destra, stupefatto dalle parole che aveva udito, che non provenivano da nessuno dei suoi quattro compagni. –"Caropo!!!"
Caropo del Pappagallo, ricoperto dalla sua armatura grigia e azzurra, era di fronte a loro, con un’espressione decisa sul volto, priva di quell’odio, di quella rabbia che sembrava averlo divorato in precedenza. Fissò Deianira con determinazione, incamminandosi verso di lei, mentre Antioco e Eumene prontamente si schieravano di fronte alla Sacerdotessa, con le braccia sollevate, per prevenire un possibile attacco. Ma Caropo parve aver perso ogni desiderio di ostilità, limitandosi ad accennare un sorriso alla Sacerdotessa del Lofoforo, quando le fu di fronte, prima di spalancare le ali blu del Pappagallo.
"Il Comandante ha bisogno del nostro aiuto! Dell’aiuto di tutti noi!" –Esclamò Caropo con voce decisa. –"Anche di chi non l’ha mai compreso!" –Aggiunse, spiccando in volo. Rapidissimo, si portò di fronte al pugno chiuso del Kouros, all’interno del quale Adone si dimenava, bruciando il cosmo e cercando di liberarsi, prima di essere stritolato dal Gigante di Pietra. Caropo volteggiò di fronte al volto senza tempo del colosso, attirando la sua attenzione, ronzandogli intorno come un insetto, lanciando contro il suo viso numerose sfere di energia luminosa, finché non riuscì a farlo adirare. Emettendo un grido di rabbia, il Kouros mosse le braccia per afferrarlo, ma Caropo fu più lesto di lui, volando via, mentre il Gigante lo inseguiva goffamente, come era nelle sue intenzioni. Improvvisamente si fermò, concentrando il cosmo sui palmi delle mani e piombando in picchiata verso le gambe del colosso, che invano tentò di afferrarlo.
"Ragnatela!" –Gridò Caropo, liberando una fitta maglia di energia cosmica, con la quale legò assieme le gambe del Gigante e gli alberi e il terreno sotto di lui. Il Kouros prontamente fece per girarsi all’indietro, per continuare l’inseguimento, ma bloccato da quei fili di energia cosmica, in cui l’Hero del Pappagallo stava mettendo tutto il suo potere, venne sbilanciato e precipitò a terra, cadendo sul terreno con un fragore immenso. Nel farlo, spalancò il pugno sinistro, permettendo ad Adone di liberarsi dalla presa e a Deianira, prontamente libratasi in volo, di recuperarlo prima che precipitasse a terra. Caropo atterrò proprio accanto a loro.
"Non avevo capito!" –Esordì l’Hero del Pappagallo, rivolto al Comandante. –"Non avevo capito da dove provenisse tutta la mia rabbia! Il furore represso che mi ero tenuto dentro per troppo tempo! E ho pensato, erroneamente creduto, che fosse a causa vostra, Comandante Adone, dando a voi la colpa della mia solitudine, dando a voi la colpa dell’amore che non ho mai avuto da Deianira!"
"Caropo… io…" –Balbettò Deianira, imbarazzata. Per lei, Caropo era sempre stato un compagno di addestramento, un soldato come tutti gli altri, e per quanto egli fosse sempre carino ed educato con lei, non lo aveva mai visto diversamente, sia perché il suo cuore ormai da anni batteva per l’affascinante Adone, sia perché lui, forse convinto già in partenza del combattere una guerra persa, mai aveva dichiarato alla Sacerdotessa i suoi sentimenti.
"Non parlate, ve ne prego! Mia è la colpa! Mia è stata la rabbia che ho diretto verso di voi, istigato da Alexandros e da Era, che hanno infiammato il mio orgoglio di uomo sconfitto, trasformandomi in un demone senza pari che sperava di trovare soddisfacimento nel vedervi riverso al suolo, umiliato e supplicante perdono!" –Confessò Caropo, con gli occhi lucidi. –"Ma non ho avuto pace nemmeno in quel momento! Perciò, permettetemi adesso di rimediare ai miei errori e di morire con dignità! Come Damaste prima di me! In suo nome, e nel nome di Ecuba e degli altri Heroes morti a causa della mia cecità, abbatterò questo Gigante di Era!" –Esclamò con determinazione, librandosi nuovamente in cielo.
Piombò in picchiata sul corpo disteso del Kouros, che stava cercando di rimettersi in piedi, strappando via quei legami flebili che lo tenevano imprigionato, e cercò di avvolgerlo nuovamente in una nuova maglia di energia, più potente, più resistente della precedente, nel disperato tentativo di guadagnare tempo. Il Gigante, imbestialitosi, iniziò a scalciare e a dimenarsi furiosamente, facendo tremare il terreno circostante, obbligando Deianira, Adone e gli altri quattro Heroes sopravvissuti a sollevarsi in volo, tenendosi gli uni agli altri, per non precipitare in qualche faglia che si stava aprendo sul terreno.
Caropo, sospeso in aria, sopra il corpo del Gigante, aggrovigliato in una fitta ragnatela energetica, bruciò al massimo il proprio cosmo, risplendendo come una piccola stella e rischiarando il cielo terso di quel mezzogiorno. Sorrise, voltandosi per l’ultima volta verso Deianira e Adone, annuendo con il capo al suo Comandante.
"La affido a voi! Amatela e proteggetela, come io non sono stato in grado di fare!" –Esclamò Caropo prima di gettarsi come una cometa di energia incandescente contro il petto del Gigante.
"Tutte le cose hanno un cuore!" –Gli aveva insegnato un tempo Ercole. –"E da esso partono tutte le funzioni vitali! Trova il cuore del tuo nemico e troverai il modo per sconfiggerlo!"
"Adesso è venuto il momento di verificare se il cattivo alunno che sono stato non ha forse trovato qualcosa di buono dai vostri insegnamenti!" –Mormorò Caropo, piombando sul cuore del Gigante di Pietra e aggrappandosi ad esso, legandovisi con una ragnatela di energia, prima di concentrare tutto il cosmo, tutta la potenza che aveva dentro, e rilasciarla di colpo, con una grande esplosione di energia.
Il boato fragoroso generò un’onda d’urto che spazzò via gli Heroes, sbatacchiandoli in aria per qualche miglia, sollevando terra, polvere e detriti nel raggio di una decina di chilometri. Quando Adone e gli altri riuscirono nuovamente a stabilizzarsi in volo, e la nube di polvere si diradò, scoprirono con orrore che della radura dove avevano lottato, del colle dove tutti e quindici insieme avevano aspettato i Giganti di Pietra, e di Caropo e del Kouros non era rimasto niente.