CAPITOLO OTTAVO: QUESTIONI PERSONALI.
Mai come in quel momento si era trovato in difficoltà.
La Legione Alata, da lui comandata, era stata letteralmente spazzata via, schiacciata dalla potenza dei Giganti di Pietra che Era aveva animato e che continuava a proteggere anche da lontano. Il suo braccio destro, Damaste della Gura, continuava a guidare gli ultimi irriducibili contro i Kouroi, ma ormai niente poteva rendere loro la fiducia nella vittoria, messi di fronte all’ineluttabile certezza di non essere capaci di fermare l’avanzata dei tre colossi. Deianira del Lofoforo, l’unica donna a cui era particolarmente legato, era stata colpita ed era precipitata a terra, cadendo in una ragnatela di energia cosmica, tessuta da uno degli Heroes, Caropo del Pappagallo, da sempre innamorato non corrisposto della bella Sacerdotessa, ed egli giaceva adesso ai suoi piedi: ferito, ansimante e con il viso sporco dal sangue schizzato fuori dalla ferita sulla spalla destra, dove Alexandros del Ramo e di Cerbero aveva conficcato un giavellotto di energia, distruggendo la sua corazza. Ma era ancora lui, Adone dell’Uccello del Paradiso, il Comandante della Prima Legione, l’uomo più ammirato da tutte le Sacerdotesse di Tirinto, il cui sguardo, anche solo per una volta, tutte speravano di incontrare, per quanto poche fossero in grado, pur da dietro la maschera che indossavano, di reggerlo per più di un minuto.
"Con tutto il rispetto, Comandante!" –Esclamò Alexandros con disprezzo, togliendo il ramo carico di energia dalla schiena di Adone. –"Siete destituito! Ah ah ah!"
"Ale.. Alexandros!!" –Balbettò Adone, sputando sangue e bava.
"Pulisciti, schifoso!" –Gridò Caropo rabbioso, sferrando un violento calcio sul viso di Adone, spaccandogli la mascella con la sua dura Armatura. –"Ah ah ah! Guardalo ora! Guardalo adesso, Deianira! L’uomo che hai amato, per cui ti sei distrutta nelle tue notti senza stelle, consumata dall’amore proibito che divorava il tuo cuore, è un nulla di fronte a me, sporco di sangue e di bava, di terra e di sconfitta! Guardalo adesso e ritratta i tuoi sentimenti, poiché tu, dolce fiore, meriti qualcosa di meglio! Qualcuno di migliore!"
"E saresti tu quel qualcuno?" –Sputò Adone, cercando di rimettersi in piedi, per quanto la ferita alla spalla gli dolesse in maniera pazzesca. –"Un traditore, niente di più! Un debole, che non esita a tradire il suo Comandante, il suo Dio, i compagni a lui fedeli, vendendoli alla morte, solo per inorgoglirsi di un onore che non gli appartiene?!"
"Come osi, cane?!" –Avvampò Caropo, avanzando verso di lui, ma Alexandros, a cui quei dialoghi strazianti tra loro non interessavano, lo fermò, pregandolo di mantenere la calma. –"So quello che faccio!" –Lo zittì Caropo, con una luce rossa negli occhi.
"Lascia i tuoi sentimenti fuori da questa guerra, Caropo! Potrebbero essere controproducenti!" –Lo avvertì Alexandros, ma l’Hero del Pappagallo parve non prestargli alcuna attenzione. L’unica cosa che gli interessava, l’unica da cui non toglieva gli occhi, era osservare il suo Comandante, lo splendido Adone amato da Deianira, rantolare ai suoi piedi, barcollare come uno zoppo, tastandosi la profonda ferita sulla spalla. Avrebbe voluto trafiggere ancora il suo corpo e gettare la sua carcassa agli avvoltoi, succulento banchetto per celebrare le sue nozze con Deianira.
"Ecco che spira, o Citerea, il tenero Adonis! Che cosa faremo? Battetevi il petto, fanciulle, e strappate le vostre tuniche!" –Esclamò Caropo, facendo il verso a Saffo, poetessa di Lesbo.
"È solo questo che vuoi?" –Domandò infine Adone, sollevando lo sguardo, triste ma ancora determinato. –"Umiliarmi di fronte a lei? Ridicolizzarmi di fronte al mio esercito?! È una magra soddisfazione per un uomo, ma può essere il paradiso per un verme!"
"Taci, maledetto!" –Gridò Caropo, lanciandosi contro di lui. Lo afferrò per i fianchi con le sue robuste braccia e lo sbatacchiò contro un albero, iniziando a tempestarlo di pugni. Uno dopo l’altro, come valanghe di roccia, i massicci pugni cozzavano contro l’indebolito corpo del Comandante della Legione Alata, incrinando ulteriormente la sua Armatura e riempiendolo di lividi e ferite, fino a farlo sanguinare copiosamente.
"Adoneee!!!" –Gridò Deianira, intrappolata nella rete di energia, facendo voltare Alexandros verso di lei.
"Chiamalo, sì! Urla il suo nome! La tua voce gli farà da guida nel trapasso verso la bocca di Ade!" –Sibilò Alexandros, esplodendo in una risatina isterica. –"Aaah, quanto è saporito il sapore della vittoria!"
Un violento destro di Caropo scaraventò Adone indietro, sprofondandolo dentro il tronco di un albero, mentre l’elmo della sua corazza schizzò via, scheggiato. L’Hero del Pappagallo si avvicinò a passo lento al suo Comandante, concentrando il cosmo sul pugno destro. Lo osservò ancora per un momento, dominato da un immenso sentimento di goduria dei sensi, prima di calare il braccio su di lui.
"Fermati!!!" –Gridò una voce, mentre un ciuffo di piume lunghe e dorate si conficcava nel braccio destro di Caropo, prendendo istantaneamente fuoco.
"Aaah!" –Urlò Caropo, guardando con orrore le fiamme distruggere il bracciale destro della sua Armatura, mentre Alexandros sollevava lo sguardo verso il cielo, osservando due ragazzi scendere su di loro: Eumene della Mosca e Antioco del Quetzal, due giovani guerrieri fedelissimi di Adone e di Ercole.
"Alexandros!!! Caropo!!! Che state facendo?!" –Gridò Eumene, sconvolto dalla scena. Quindi corse verso Deianira, per liberarla da quella ragnatela di energia, ma Alexandros si lanciò contro di lui, balzando a piedi uniti contro il petto del ragazzo e scaraventandolo indietro.
"Non muovetevi, ragazzini!" –Li apostrofò l’Hero del Ramo e di Cerbero. –"O vi uccideremo!" –E sollevò un ramo dal terreno, caricandolo del suo cosmo verde scuro.
"Traditori!!!" –Urlò Antioco. –"Cosa avete fatto al Comandante?!"
"Niente! Di peggio, accadrà a tutti voi!" –Sibilò Alexandros, scattando avanti, con il ramo energetico nella mano destra e mirando al cuore di Antioco.
Il ragazzo fu svelto a rotolare sul terreno, evitando l’affondo energetico di Alexandros, che agguantò soltanto un paio di lunghe piume della sua corazza, e a rimettersi in piedi, bruciando il proprio cosmo. Fece per lanciare il proprio colpo segreto, ma Alexandros fu più rapido, puntando il ramo energetico contro di lui ed espandendo il suo cosmo, che animò l’intero bosco circostante. Centinaia di rami nodosi spuntarono dal terreno, invadendo la radura e afferrando Antioco, stringendolo in una presa poderosa. Eumene, nel vedere l’amico in difficoltà, si gettò contro Alexandros, ma questi gli diresse contro un ramo carico di energia, che si conficcò nel pettorale della sua Armatura, inchiodandolo a terra in un lago di sangue.
"Guarda, oh Adone, l’ultimo volo della Legione Alata!" –Sghignazzò come un folle Alexandros, volgendosi verso l’Hero dell’Uccello del Paradiso, che a fatica si era rimesso in piedi.
"È soltanto per umiliare me che avete tradito Ercole?" –Domandò infine Adone. –"Possono così tanto i vostri sentimenti di rivalsa nei miei confronti da spingervi a tradire la causa che avevate accettato di servire?!"
"Adesso non prenderti meriti che non hai!" –Esclamò Caropo, afferrando Adone per il collo e tirandolo su, fino ad incrociare i suoi occhi. Ostili, certamente, ma non pieni di odio nei loro confronti. –"Ci è stata fatta un’offerta che non potevamo rifiutare!"
"Qua.. Quale offerta?!" –Balbettò Adone, interessato.
"Un posto in prima fila nel nuovo esercito che difenderà il Santuario di Era, il nuovo Heraion che sorgerà sulle rovine di Tirinto, una città fiacca e poco dedita alla ricchezza!" –Spiegò Alexandros. –"Non che mi interessino particolarmente le complicate vicende tra Era ed Ercole, ma se c’è una qualità che non mi manca è quella di saper ascoltare il vento, e mai come adesso mi accorgo che sta cambiando! Che il mondo di Ercole, e i suoi rapporti di buon vicinato con gli uomini, sta volgendo al termine ed un nuovo potere sta per insediarsi in Grecia, un potere al quale non è opportuno far mancare il nostro sostegno!"
"Per potere, quindi!!! Per potere e brama di gloria vi siete venduti alla mortale nemica del nostro Dio!" –Avvampò Adone, a quelle parole. –"Forse, avrei preferito sentirvi in collera con me, sapervi invidiosi di un tesoro che era in mio possesso, piuttosto che sapervi dei traditori!!" –E nel dir questo, Adone bruciò al massimo il suo cosmo, mentre incandescenti striature rosate si espandevano attorno a lui, invadendo l’intera radura. Con un calcio colpì in pieno Caropo, roteando su se stesso ed atterrando compostamente al suolo, prima di liberare i lacci della sua corazza. Li gettò nel folto del mucchio di rami, moltiplicandoli con l’aiuto del suo cosmo, e quando sentì che erano ben ancorati tirò con forza, sradicando decine e decine di rami e di radici nodose, liberando Antioco dalla prigionia. Caropo fece per rialzarsi, tastandosi il petto ancora fumante dove Adone lo aveva colpito, ma venne letteralmente travolto, schiacciato dalla matassa aggrovigliata di rami che piombò su di lui, tirata con forza dal Comandante della Prima Legione.
"Uh?!" –Esclamò Alexandros, irato. Ma non ebbe tempo di aggiungere altro che dovette fronteggiare l’assalto di Antioco del Quetzal, che aveva caricato il braccio destro del suo cosmo incandescente, ricreando l’infuocata sagoma di un magnifico Serpente Piumato: il Dio Azteco Quetzalcoatl.
"Fuoco del Serpente Piumato!" –Gridò Antioco, liberando il potere del possente simbolo di cui era il custode.
"Brama del Ramo e di Cerbero!" –Rispose Alexandros, puntando un ramo carico di energia contro Antioco.
Il Serpente Piumato, avvolto da mistiche fiamme, travolse Alexandros, scaraventandolo indietro, fino a farlo schiantare contro un tronco d’albero, abbattendolo, ma anche Antioco venne raggiunto dal ramo carico di energia di Alexandros, che distrusse la protezione della sua Armatura, sulla spalla sinistra, conficcandosi nella sua giovane pelle, e facendolo accasciare dal dolore.
"Bastardi! Vi ucciderò tutti!" –Ghignò Alexandros, rimettendosi in piedi, privo dell’elmo della sua corazza, che aveva perso schiantandosi contro l’albero. Antioco ed Eumene, seppure doloranti, si alzarono nuovamente, ansimando a fatica, ma Adone pregò entrambi di starne fuori, poiché lui avrebbe affrontato l’Hero traditore.
"Lascia a me costoro, Alexandros!" –Esclamò una nuova voce, mentre una figura bassa e minuta sbucava fuori dalla foresta semidistrutta: Agelao del Pigmeo. –"Farò in modo che non ti disturbino più!"
"Agelao!!" –Esclamò Adone, osservando il terzo Hero ribelle con un forte dispiacere, poiché lo aveva sempre reputato fedele. –"Anche tu hai tradito Ercole?"
"Tradire è una parola troppo grossa, Adone!" –Si limitò a rispondere Agelao. –"Direi piuttosto che so scegliere dalla parte di chi stare! Dalla parte del più forte e che, come tale, vince!" –Rispose Agelao del Pigmeo, prima di mettersi di fronte ad Antioco e ad Eumene, pronto per affrontarli.
"Siete disgustosi!" –Commentò Antioco. –"Soltanto dei viscidi serpenti, privi di spina dorsale, possono vendersi in così malo modo al miglior offerente!"
"Chiudi la bocca, ragazzetto, o ti taglierò la lingua!" –Esclamò Agelao con un sommesso tono di voce. –"Le tue pompose orazioni forse avranno qualche effetto su Alexandros o su Canopo, le cui reazioni sono, come dire, molto più istintive e primordiali delle mie! Ma a me, che non piace azzuffarmi come le bestie, non provocano danno alcuno!" –E nel dir questo bruciò il proprio cosmo, creando una lunga lancia di energia, che impugnò con la mano destra.
Antioco ed Eumene sollevarono le braccia per difendersi, nel momento stesso in cui Agelao scattava verso di loro, brandendo la sua lancia energetica. I due ragazzi si divisero, scattando in direzioni diverse, per evitare gli affondi dell’Hero del Pigmeo, ma per quanto l’avessero schivato dovettero constatare che le loro gambe presentavano graffi e tagli, anche se non troppo profondi.
"Non stupitevi!" –Esclamò Agelao, voltandosi nuovamente verso i due compagni, che si erano riuniti. –"Non dimenticate chi avete di fronte! Un Pigmeo! Sono originario dell’Africa centrale, della fascia tropicale dei grandi fiumi, dove vivono popolazioni antiche la cui altezza è notevolmente inferiore a quella dei popoli mediterranei e del resto del pianeta! Voi greci, con disprezzo, ci avete soprannominato pygmâios, ovvero alti un cubito, e questa, ai miei occhi, è soltanto un’offesa! Ma è anche una dote che mi permette di attaccare dal basso e colpire le parti scoperte delle vostre gambe!"
"Capisco bene la tua posizione, Agelao, e mi dispiace che un simile nome sia stato affibbiato al tuo popolo, con la stessa noncuranza con cui si mettono nomi agli animali domestici!" –Affermò Quetzal, cercando di prendere tempo. –"Questo però non ha niente a che vedere con noi né con Ercole! Egli ti ha sempre trattato come uno di noi, alla pari come tutti i tuoi compagni!"
"Non è questo il punto!" –Precisò Agelao, e ad Antioco e a Eumene parve quasi di percepire una certa tristezza nella sua voce. –"Il punto è che il vostro Dio, da voi tanto adorato, non è molto diverso dal resto dei greci, che con facilità e noncuranza hanno ridicolizzato noi, antichi popoli dell’Africa centrale, deridendo la nostra mancata altezza! Era invece, Grande Madre Terra, lei ha sempre ammirato le nostre origini antiche, il nostro culto del Dio Creatore Kmvum, signore supremo di tutte le cose! E ci ha promesso, in caso di vittoria su Ercole, maggiore rispetto da parte di tutti gli altri popoli! Basta con le derisioni, basta con gli epiteti volgari, presto non saremo più pygmâios, ma saremo soltanto i Danzatori degli Dei, nel pieno rispetto delle nostre tradizioni!"
"Ma non capisci, Agelao?! Era ti sta usando! Sta usando tutto il tuo popolo per i suoi fini!" –Esclamò Antioco, cercando di convincere l’Hero. –"A lei non importa niente di voi, come di nessun altro popolo su questa Terra, poiché tutti i popoli, non appena cadrà l’ultimo baluardo di libertà che ancora resiste al suo potere, presto saranno uno soltanto, unito sotto la sua bandiera! Unito nel servirlo e nell’adorarla!"
"Chissà…" –Rifletté Agelao. –"Forse così facendo, eliminando le differenziazioni, sarà possibile creare un mondo dove siamo tutti uguali e dove nessuno è giudicato per la sua altezza o per la sua forma fisica!"
"Agelao! Un mondo simile è auspicabile, ma non è fattibile se dominato da Era!" –Esclamarono Antioco e Eumene con determinazione. –"Ritorna in te, ritorna da Ercole! Egli saprà perdonarti e saprà comprendere il dolore che alberga nel tuo cuore!"
"Perdonare che cosa? Chi lotta in nome di un ideale? Chi lotta per riscattare un popolo offeso e schernito dai tronfi greci e superbi?" –Rise Agelao, caricando nuovamente una lancia di energia cosmica. –"Non è questo che ci ha insegnato il vostro Dio? A lottare fino in fondo per quello in cui si crede?" –E nel dir questo scattò avanti, lanciando la lancia di energia contro i due ragazzi, che prontamente la evitarono, scattando in direzioni diverse. Ma Agelao non si arrese, bruciando il proprio cosmo ed utilizzando il proprio potere nascosto. –"Moltiplicazione!" –Gridò, chiudendo le braccia al petto e riaprendole poco dopo, sdoppiandosi.
"Che cosa?!" –Sgranarono gli occhi stupefatti Antioco ed Eumene, osservando l’Hero essersi letteralmente duplicato. E la stessa cosa avvenne un’altra volta, e poi un’altra ancora, finché davanti ai due compagni non sorsero sedici uomini identici in tutto e per tutto ad Agelao del Pigmeo, ognuno con la propria lancia di energia saldamente in mano.
"I Pigmei sono un popolo antico!" –Esclamò una voce proveniente dal mucchio di Agelai. –"Antico e nomade, che frequentemente si sposta da un accampamento all’altro! Per vivere abbiamo imparato a cacciare ed è questo il mestiere degli uomini, che esercitano con l’arco.. e con la lancia!" –Aggiunse, mentre tutti gli Heroes si lanciavano avanti, puntando le loro armi contro Antioco ed Eumene.
"Detesto queste situazioni!" –Ironizzò Eumene, caricando due sfere di energia sull’indice e sul medio della mano destra. –"Occhi della Mosca!"
"Piume di Quetzalcoatl!" –Lo seguì Antioco, liberando un folto ciuffo di lunghe piume rosse e dorate, cariche di fiammeggiante energia.
Le due sfere energetiche e le piume infuocate abbatterono un buon gruppo di Pigmei, ma i rimanenti continuarono l’assalto, giungendo proprio davanti ai due ragazzi, con le lance cariche e pronte a colpire. Antioco ne evitò un paio, prima di afferrare un Pigmeo e ribaltarlo con forza, scaraventandolo addosso ad altri che intanto stavano sopraggiungendo. Nella ressa qualcuno lo colpì alla schiena, penetrando la sua Armatura con l’incandescente lancia, proprio nel punto di attacco delle sue ali, facendolo accasciare in terra dal dolore.
"Antiocooo!!" –Gridò Eumene, preoccupato per l’amico, e si liberò di un gruppo di Pigmei con due possenti sfere di energia. –"Occhi della Mosca! Aprite la via!" –Altri Pigmei vennero scaraventati lontano, ma ne rimasero tre, infervorati, resi ancora più feroci dalla sorte toccata ai loro compagni. Si riunirono tra loro, puntando avanti le loro lance e scagliando ciascuno un violento raggio di energia dalla punta della loro arma che si unì a formare un fascio di luce che trapassò Eumene da parte a parte, facendolo crollare in ginocchio, con il pettorale della Mosca distrutto e sangue che colava copioso sul petto e sulla schiena. –"Hai fallito! Hai imparato la lezione e adesso non provare più!" –Commentò ironicamente Agelao, mentre la vista di Eumene iniziò a calare, fino a vedere tutto sfuocato.
Gli parve di vedere tutti i Pigmei alzarsi nuovamente in piedi e unirsi tra loro, fino a scomparire, ricongiungendosi in un unico guerriero: Agelao, che si avvicinò ad Eumene sollevando l’asta della lancia, pronto per sfondargli il cranio.
"Io non sono per la violenza! Detesto la violenza cruda e ingiustificata!" –Commentò, spostando lo sguardo verso destra. –"Per questo non guarderò!"
"Sbagli, invece!" –Esclamò una voce, proveniente dal lato opposto. –"Dovresti osservare invece cosa significa combattere per un vero ideale! Un ideale di giustizia!" –Un infuocato turbine di piume travolse in pieno Agelao del Pigmeo, scaraventandolo in alto, mentre la sua Armatura si crepava in più punti e le sue vesti prendevano fuoco. Ricadde a terra molti metri lontano, schiantandosi in malo modo e perdendo l’elmo della sua corazza. Quando riuscì a rimettersi in piedi, con la testa che gli doleva per averla sbattuta cadendo a terra, osservò Antioco del Quetzal in piedi di fronte a lui, completamente avvolto in un cosmo caldo e incandescente. Tutto intorno a lui un grande Serpente Piumato lo avvolgeva e sembrava stringerlo tra le sue spire, senza soffocarlo, lasciandolo libero nei movimenti e nelle sue decisioni.
"Questo che vedi, che mi consiglia e mi protegge, è il Dio Serpente Quetzalcoatl, che nella lingua nahuatl, la lingua del mio popolo, significa Serpente con le Piume, il Dio della Luce e del Mattino!" –Spiegò Antioco, con orgoglio. –"Egli è la mia guida, il simbolo del potere, ciò che mi rende un Eroe! Ma ciò che, al tempo stesso, mi rende libero! Quando arrivai qua, dalla Nuova Spagna aldilà del mare, Ercole mi concesse di continuare a glorificare i miei Dei, poiché essi erano parte della mia cultura, ed egli, signore giusto e onesto, comprese quanto per me fossero importanti, comprese che nessun culto può essere imposto con la forza, ottenebrando tutti gli altri, come Era, la Regina a cui hai venduto l’anima, vuol fare! Se non vuoi ancora capire, sei libero di non comprendere! In tal caso, ti combatterò per l’onore del mio popolo, poiché non permetterò che il Dio Serpente Piumato venga oscurato dal servitore di una crudele Regina dispotica!"
"Sia come sia!" –Si limitò a rispondere Agelao, che aveva compreso il senso delle parole di Antioco. Ciononostante avrebbe combattuto comunque, poiché anch’egli voleva tener fede al simbolo che lo rappresentava, al popolo che lo sosteneva. Concentrò nuovamente il cosmo nella mano destra, creando una lunga asta di energia, e balzò avanti. –"Lancia di Kmvum!"
"Fuoco del Serpente Piumato!" –Gridò Antioco, portando avanti entrambe le braccia, mentre la maestosa sagoma di Quetzalcoatl sfrecciava nell’aria diretta verso Agelao, in un turbine di fiamme dorate. Lo travolse, sollevandolo verso il cielo, avvolgendolo in un vortice infuocato, lacerandolo dall’interno, fino a farlo schiantare a terra, in una pozza di sangue, tra i frammenti della sua corazza distrutta. Morto, insieme a tutte le sue speranze di redenzione di un popolo dimenticato.
Ma anche Antioco non uscì indenne dallo scontro, venendo raggiunto dalla lancia di energia alla spalla sinistra, la cui protezione, già danneggiata, andò completamente in frantumi. Il ragazzo si accasciò a terra, ansimando per il tremendo sforzo sostenuto, tastandosi la spalla dolorante. Venne raggiunto da Eumene, che si trascinava a fatica sul terreno, in una pozza di sangue. Antioco lo tirò a sé, abbracciandolo, provato dal duro combattimento, proprio mentre il cosmo del loro Comandante esplodeva poco distante.
Adone dell’Uccello del Paradiso infatti, dopo aver schiacciato Caropo del Pappagallo sotto i rami e le radici nodose che aveva sradicato da terra, era rimasto da solo, a fronteggiare Alexandros del Ramo e di Cerbero, un ragazzetto di vent’anni scarsi, così pieno di odio e di malvagità, che avrebbe potuto suscitare l’invidia di Ares o di Ades. I due si erano scrutati per qualche minuto, muovendosi in cerchio, come tigri pronte ad azzannarsi da un momento all’altro, ed infatti Alexandros non aveva aspettato troppo, sollevando la mano destra e facendo brillare l’indice di una sinistra luce verdognola. Immediatamente centinaia di rami e di radici nodose erano sorti dal terreno ed avevano tentato di avvilupparsi intorno alle gambe e al corpo di Adone, ma questi, che si aspettava una mossa del genere, era balzato in alto, spalancando le splendide ali dell’Uccello del Paradiso e fluttuando in aria, apparentemente leggero come una piuma.
Ma Alexandros non gli aveva dato tregua, aizzando i rami e le radici nodose a crescere ulteriormente, sventrando il suolo erboso della radura, allungandosi verso il cielo, fino ad afferrare una gamba di Adone. Ma il Comandante non si fece trattenere a lungo, bruciando il proprio cosmo rosato nel tentativo di liberarsi da quella stretta. Sciolse i lacci dalla cintura della sua Armatura e li lanciò avanti, avvolgendoli alle gambe di Alexandros, prima di tirare con forza. Il ragazzo venne scaraventato contro la coltre di rami e radici che lui stesso aveva creato, mentre Adone si liberava dalla presa con un colpo secco di reni, una capriola a mezz’aria e un perfetto atterraggio di fronte a lui.
"Ti odioooo!!!" –Gridò improvvisamente una voce, liberandosi dal cumulo di rami crollati su di lui.
Adone si voltò di scatto e lo stesso Alexandros sollevò il capo, prima di rimettersi in piedi, ed entrambi osservarono Caropo del Pappagallo riemergere dal mucchio di rami e radici nodose. Il viso, un tempo candido e leggero, era solcato da profonde rughe di odio e di invidia, che avevano roso il suo animo, fin quasi a trasfigurarlo.
"Ti odio, maledetto, perché sembri non conoscere la sfortuna! Eri prostrato ai miei piedi, sporco di sangue e di vergogna, con il bel viso graffiato e il sorriso rovinato, eppure trovi ancora la forza per lottare, eppure trovi ancora la forza per reagire! Ma dove la trovi tale energia? Perché non ti abbandoni alla tua sorte, perché non accetti l’ineluttabilità della tua derisione, della tua umiliazione, della tua sconfitta?!" –Esclamò Caropo, con rabbia.
"Perché ancora non sono vinto, Caropo del Pappagallo!" –Rispose Adone con voce ferma. –"Perché sono il Comandante della Legione Alata e perché come tale ho delle responsabilità nei confronti dei miei guerrieri! Infine…" –Aggiunse Adone, sollevando lo sguardo verso la bella Deianira, ancora intrappolata nella rete di energia di Caropo. –"…Perché molti credono in me e mi sostengono, anche restando in silenzio!"
"Bastardooo!!!" –Gridò Caropo, scagliando un violento pugno di energia cosmica contro Adone, che fu lesto a saltare indietro, mentre un gigantesco cratere si apriva nel terreno di fronte a lui. –"Cosa ti ha dato lei? Eh? Cosa ti ha dato quella sgualdrina? Invece di servire Ercole, trascorreva le notti a pensare a te, in un amore morboso che non lasciava spazio ad altro, a nessun altro che volesse anche soltanto passeggiare con lei, o farle assaporare il profumo di un fiore!" –Iniziò a singhiozzare Caropo, in preda ad una profonda tristezza. –"Tu me l’hai portata via! Lei poteva amarmi ma tu non gliene hai dato la possibilità!"
"Deianira è una donna libera, Caropo! Per quanto ti piaccia considerarla come un oggetto, e come tale di tua proprietà e uso e consumo, Deianira è una donna libera, e lei soltanto, ascoltando il suo cuore e le emozioni che prova, è in grado di scegliere per sé!" –Commentò Adone, pulendosi le labbra sporche di sangue. Quindi espanse il proprio cosmo, mentre onde di luce dal colore rosa sorgevano intorno a lui, invadendo l’intera radura.
Caropo fece altrettanto, sostenuto e istigato da Alexandros, il quale, ripresosi, era rimasto da una parte ad osservare la scena. Non era più certo, come all’inizio, che Caropo sarebbe riuscito a sconfiggere Adone, poiché i sentimenti eccessivi che riversava in battaglia ottenebravano la sua capacità di agire lucidamente. E questo, per un guerriero, era certamente un problema. Così incrociò le braccia al petto, osservando lo scontro tra i due avversari, augurandosi in cuor suo che entrambi perissero, risparmiandosi in quel modo un po’ di fatica.
"Questo pugno contiene tutta la rabbia che provo verso di te, Adone! Tutti i sorrisi che mi hai rubato, gli applausi che hai ricevuto al posto mio, l’ombra nella quale mi hai relegato! Crepa, per Zeus e per Era!" –Gridò Caropo, portando avanti il pugno destro e liberando un violento attacco energetico, che sfrecciò nell’aria diretto verso Adone, il quale incrociò le braccia davanti a sé, per proteggersi, venendo spinto indietro per parecchi metri, scavando profondi solchi nel terreno. Ma rimanendo in piedi, seppur indebolito e ansimante. –"Non può essere!" –Esclamò Caropo, osservando il Comandante della Prima Legione avanzare a passo lento verso di lui.
"Non farti dominare dalle tue passioni, Caropo! Finiscilo adesso! Con brutalità!" –Ringhiò Alexandros, ma Caropo parve non ascoltarlo neppure, tutto intento ad osservare Adone in ogni suo gesto, proprio come aveva fatto negli anni precedenti, con una curiosità morbosa, quasi maniacale, che in realtà nascondeva soltanto i dubbi e le insicurezze di un uomo che non riusciva a capire come tutte le donne, e anche i suoi compagni, potessero essere così attratti dalla figura di Adone.
Il Comandante sollevò il braccio destro e nella sua mano comparve un fiore, un anemone bianco, dai riflessi rosati, simbolo di purezza e della dea Afrodite. Nel mito infatti, raccontò l’Hero di Ercole, dopo la morte del giovane Adone, figlio di Cinira e di sua figlia Mirra e intensamente amato da Afrodite e da Persefone, sorsero degli anemoni dal suo sangue, venendo da allora associati a lui.
"Fiore del Vento!" –Gridò Adone, espandendo il proprio cosmo. –"Libera quest’uomo dagli affanni del mondo e rendigli la pace! Dona a lui il conforto eterno!" –E nel dir questo scagliò l’anemone avanti, insieme a migliaia di altri fiori bianchi e rosa, che scivolarono nell’aria, carichi di energia cosmica, fino a travolgere l’Hero del Pappagallo, per quanto questi cercasse di colpirli, di cacciarli via, di distruggerli con i suoi pugni di energia. Ma gli anemoni continuarono la loro corsa, circondando il corpo stanco di Caropo e portandolo lentamente via, verso un mondo nuovo, dove non sarebbero esistiti più l’odio né la violenza. Verso un paradiso naturale dominato dal bello, un mondo nel quale Adone amava rifugiarsi continuamente, ogni volta che soltanto odorava un Fiore del Vento. Caropo si accasciò a terra, socchiudendo lentamente gli occhi, fino a crollare giù lungo disteso, sprofondato in un sublime sonno d’incanto.
Adone sospirò, soddisfatto per avergli evitato una fine più atroce, ma non ebbe il tempo di gioire che sentì folgori incandescenti incendiare l’aria attorno, facendo strage di anemoni, disintegrandoli con violente scariche di energia cosmica.
"Dovrai cambiare strategia, Comandante, se vuoi vincere Alexandros del Ramo e di Cerbero!" –Sibilò il ragazzetto, circondato da accecanti lampi di energia. –"Perché il sonno non si addice ad un guerriero del mio stampo! No, io vivo soltanto per la guerra, e tu, Adone, sarai la mia prossima vittima!"