CAPITOLO VENTUNESIMO: TRADIMENTI DALL’INTERNO.
Dopo che quella stessa mattina Ercole aveva assegnato ad ogni Legione il proprio compito, erano rimasti pochi Heroes all’interno della fortezza di Tirinto. L’intera Prima Legione, guidata da Adone dell’Uccello del Paradiso, era infatti stata inviata a fermare l’avanzata dei Kouroi a nord della città, mentre la Sesta, guidata da Chirone del Centauro, aveva marciato compatta verso sud, lasciando soltanto due uomini all’interno di Tirinto: Tiresia dell’Altare e Druso di Anteus, il fabbro ufficiale di Ercole. La Quinta Legione era di stanza a Tebe, mentre la Terza, guidata da Alcione della Piovra, operava da anni nel Mediterraneo, e soltanto Anfitrione del Camoscio, cuoco di corte, e Artemidoro della Renna, il maggiordomo privato del Dio dell’Onestà, non avevano raggiunto la fortezza di Spinalonga, rimanendo a Tirinto.
"A questi quattro Heroes dobbiamo sommare la Consigliera di Ercole, Penelope del Serpente, Teseo del Camaleonte, rientrato in seguito alla sconfitta subita a Micene, e altri tre guerrieri della Quarta Legione che non hanno seguito Nestore, ovvero Opi della Lepre, Dione del Toro e Polissena della Strega!" –Aveva esclamato Polifemo del Ciclope, presentando la situazione al suo Comandante, il valoroso Marcantonio dello Specchio. –"Aggiungendo i quattordici Heroes al vostro diretto comando, a Tirinto risiedono attualmente ventiquattro guerrieri!"
"Ventitrè!" –Aveva precisato Marcantonio con un sorriso, ricordando che Neottolemo del Vascello era stato inviato a Tebe per condurre qua la Legione dei Fiori. –"Mi chiedo per quale motivo Dione, Opi e Polissena non abbiano seguito Nestore a Micene!"
"Pare che sia stato lo stesso Nestore a chiedere a Polissena di rimanere a Tirinto! I poteri psichici del guerriero, secondo il Comandante della Quarta Legione, sarebbero stati meno utili di solide braccia contro i Giganti di Pietra!" –Aveva spiegato Polifemo.
"Tipico di Nestore dell’Orso!" –Aveva ironizzato Marcantonio, sospirando. –"Credere che i combattimenti debbano svolgersi per forza corpo contro corpo! D’altronde, il mio vecchio amico ha sempre prediletto gli scontri fisici!" –E aveva ricordato per un momento il loro intenso allenamento, gli anni in cui avevano sudato duramente per modellare il loro fisico e per sviluppare il cosmo latente dentro sé, sotto l’attenta e paterna guida del Dio dell’Onestà.
Marcantonio, Nestore, Polifemo, Agamennone, Neottolemo, Chirone, Druso, Diomede e Aureliano erano gli Heroes della Prima Generazione, uomini cresciuti letteralmente a fianco di Ercole, da lui addestrati a diventare uomini, prima ancora che Cavalieri. Prima ancora che Ercole decidesse di rifondare la città di Tirinto e istituire il corpo guerriero degli Heroes, i Cavalieri al suo diretto servizio. Quando ancora Ercole viveva nei boschi, cacciando la selvaggina a mani nude, abbeverandosi alle fresche fonti dei ruscelli, dopo aver abbandonato l’Olimpo, stufo degli eccessivi fasti e del sapore stordente dell’ambrosia, che mai lo aveva affascinato. L’unico nettare della sua vita era l’esperienza, quella vera, che forgia gli uomini nel carattere e tempra il loro spirito, preparandoli alla prima battaglia, quella che avviene all’interno del loro animo, quella che permette loro di comprendere chi sono e cosa vogliono ottenere dalla vita.
"Superata quella…" –Amava ripetere Ercole nelle sue conversazioni notturne attorno al fuoco di bivacco. –"…la via è tutta in discesa!"
Era stato il caso che li aveva fatti incontrare. Nestore, Polifemo e gli altri erano figli di contadini o di allevatori delle regioni attorno ad Argo e Micene, oppressi dal lavoro nei campi o nelle stalle e fantasticamente attratti da avventure da vivere in luoghi esotici e lontani, cavalcando le onde del mito che, pareva a loro, presto sarebbero tornare a sollevarsi. Marcantonio era figlio di una famiglia nobile, ma condivideva gli stessi sogni degli amici, gli stessi ideali da inseguire. Ercole aveva esaudito i loro desideri, portandoli via con sé, a vivere nei boschi e nelle radure dell’interno, a cacciare animali solo per la sopravvivenza, mai per il gusto omicida nel farlo, ad imparare a conoscere la natura attorno a loro, vivendo in armonia con essa e cercando di ottenerne il massimo sfruttandola al minimo. Ne aveva fatto degli uomini, forgiando i loro caratteri e dando un senso alle loro vite, destinate a qualcosa di più significativo che non spingere l’aratro nei vasti campi dietro casa.
"Presto fonderemo la nostra casa! La casa di tutti noi!" –Aveva detto un giorno Ercole ai suoi compagni. –"E ne faremo una grande corte, dove vivremo in armonia, mettendo i nostri poteri, le nostre abilità, il nostro sapere, a disposizione degli uomini! Ho già scelto il luogo dove fondare la nostra città! A Tirinto!"
Ed erano iniziati i lavori di costruzione della fortezza, che avevano attirato l’attenzione di molti, sia delle regioni vicine che lontane, spingendo giovani e meno giovani, persino donne, a lasciare le loro case per recarsi a Tirinto, per aiutare o anche soltanto osservare Ercole nell’edificazione di quello che, agli occhi della gente comune, sembrava davvero un nuovo mondo. Ercole aveva accolto tutti, senza distinzione alcuna, considerando ogni uomo, donna o bambino che si era presentato alla sua corte con lo stesso valore, dando ad ognuno di loro la stessa attenzione che meritavano. Quindi erano nati gli Heroes, le sei Legioni di Eroi che il Dio avrebbe guidato, per portare onestà e giustizia in un mondo ove le tenebre parevano continuamente strisciare fuori dagli abissi dimenticati, ove l’odio dei popoli e degli Dei continuava ad essere covato, non essendovi abbastanza amore per cancellarlo.
"Dobbiamo imparare ad amarci, prima che scenda la notte!" –Aveva esclamato Ercole il giorno della fondazione ufficiale delle Legioni di Heroes, dispensando consigli ai propri guerrieri, che non riusciva a vedere come soldati ai suoi ordini, ma come amici, come compagni con cui aveva condiviso un percorso. Con cui aveva condiviso emozioni che da tempo il suo cuore, abituatosi agli smielosi agi dell’Olimpo, non aveva più provato.
Marcantonio ricordava continuamente con piacere i giorni del loro addestramento, delle fatiche fisiche a cui Ercole li aveva sottoposti, non lesinando lezioni e nozioni di cultura generale, sulle storie delle antiche civiltà, sulle lingue e sull’astronomia, sui segreti ancestrali custoditi nel cosmo celato dentro ognuno di loro. Ercole era convinto che esistesse un Eroe dentro ognuno di noi! E ha passato la vita per permetterci di tirarlo fuori, di mostrarlo al mondo, senza mai ostentarlo! Aveva riflettuto Marcantonio, programmando la strategia difensiva di Tirinto assieme a Polifemo, il suo più stretto collaboratore. Quale momento migliore di questo? Quale occasione migliore che non la difesa della nostra casa, della terra che noi abbiamo costruito, tra fatica e sudore?!
Lo scuotersi violento della terra sotto i loro piedi aveva fatto comprendere a Marcantonio e a Polifemo che i Kouroi erano arrivati, che il momento tanto temuto era infine giunto. Adone, Nestore e Chirone dovevano aver fallito e non essere riusciti a fermare la loro avanzata. Dopo aver osservato attonito un potente pugno di energia, scagliato dal piazzale principale di Tirinto da Polifemo del Ciclope, sfaldarsi come acqua sul robusto petto del Gigante di Pietra, Marcantonio aveva compreso anche il motivo del loro fallimento: l’impossibilità di ferire i Kouroi, che obbligava gli Heroes di Ercole a giocare momentaneamente in difesa.
Ciò che Marcantonio non aveva potuto prevedere, né comprendere, era stato il tradimento di alcuni Heroes di Ercole, guidati dal robusto e rozzo Ificle della Clava. Il modo sarcastico con cui Ificle lo aveva sbeffeggiato, chiamandolo a gran voce dall’altro lato del fossato fuori Tirinto e definendolo un "vigliacco che si fa scudo di quattro mura di pietra per evitare uno scontro in cui sa di perdere", lo aveva indubbiamente offeso, ma Marcantonio aveva tanta potenza nel suo cosmo quanto calma e signorilità, e questo suo carattere composto gli aveva permesso di non reagire istintivamente alle ingiurie del compagno traditore, lasciando che continuasse con i suoi sproloqui dissennati. In fretta, Marcantonio aveva radunato gli Heroes rimasti, indicando loro come disporsi lungo la cerchia muraria della fortezza. Il cosmo di Ercole li avrebbe protetti per un po’, impedendo ai violenti assalti dei Kouroi, degli Shadow Heroes e delle Divinità che li supportavano, di raggiungerli.
"Ma la barriera non durerà in eterno! Ercole certamente si stancherà e allora dovremo combattere!" –Aveva esclamato il Comandante della Seconda Legione, incitando i suoi compagni, e gli altri Heroes rimasti, a non arretrare mai, neanche di fronte ad un nemico superiore. –"La viltà non vi sia amica, bensì la forza delle stelle, che sgorga dal profondo del vostro animo!"
Adesso era in piedi di fronte al Portone Principale, su cui era scolpita una clava cinta da una corona d’alloro, simboli di potenza e di vittoria, con Polifemo del Ciclope al fianco destro e Arcadio della Corona Reale al fianco sinistro, la sua guardia del corpo e il suo tattico stratega, entrambi con il cosmo ardente e desideroso di esplodere in una battaglia frontale. I rimanenti undici Heroes della Seconda Legione erano distribuiti alle sue spalle e sui lati della cinta muraria, accompagnati dai guerrieri rimasti delle altre legioni, che non avevano avuto alcun problema ad accettare l’autorità di Marcantonio, considerato da molti come il vero erede di Ercole, degno di comandare l’intera sua armata.
L’esplodere improvviso del cosmo di Tiresia dell’Altare prese Marcantonio di sorpresa, poiché con tale gesto l’Hero aveva violato un suo diretto ordine, proveniente da Ercole stesso, che vietava per il momento qualsiasi gesto offensivo personale. Ma Marcantonio non faticò molto per comprendere che l’atto di Tiresia era stato necessario per permettere a Neottolemo del Vascello di liberarsi della prigionia di Eolo, Iris e Zefiro, superare la barriera protettiva di Ercole ed entrare a Tirinto, atterrando nel piazzale principale della fortezza al timone della Nave di Argo.
"Neottolemo!" –Esclamò il Comandante, correndo incontro all’amico, seguito da Arcadio e da Polifemo. –"Solo questi?!" –Sospirò con dispiacere, incontrando lo sguardo di Paride, Circe e Morfeus.
"Sono i tre sopravvissuti della Legione dei Fiori!" –Commentò Neottolemo, scendendo dalla Nave. –"Un grave evento ha sconvolto Tebe ed ha macchiato la storia e l’onore delle Legioni di Ercole! Un tradimento!"
"Un altro?!" –Rispose Marcantonio, chiedendo a Neottolemo e a i tre superstiti di raccontargli l’accaduto nella sua interezza. Quindi si toccò il pizzetto con aria sospettosa, prima di rivolgersi ai presenti con un tono di voce basso. –"Un tradimento nella Quinta Legione, un altro nella Sesta, come possiamo sentire dal cosmo ostile di Ificle che cerca di distruggere queste mura! E Nestore e Adone non sono ancora rientrati!"
"Temete che anche qua, a Tirinto, possa verificarsi una tale possibilità?!" –Esclamò Arcadio della Corona Reale, sgranando gli occhi, sconvolto da una simile eventualità.
Marcantonio sollevò l’indice di fronte al naso, pregandolo di fare silenzio. Erano soltanto sette i presenti, ma al Comandante sembrò di percepire decine di orecchi e di occhi indagatori puntare su di loro. Con un profondo dispiacere per una simile eventualità, passò in rassegna mentalmente i guerrieri della propria Legione. Li conosceva tutti personalmente, avendo seguito parte del loro addestramento, e aveva dimostrato fiducia anche per gli Heroes nominati in seguito, nonostante non fossero stati allenati a Tirinto o da Ercole. Ma, da Comandante prudente ed efficiente quale era, aveva il dovere morale di vagliare l’ipotesi di un tradimento anche all’interno delle proprie fila.
"Se persino Partenope, che aveva sempre dimostrato affetto per Ercole, ascoltando ciecamente i suoi consigli, è riuscito a dissimulare per tutti questi anni il suo legame di appartenenza ad Era, chissà quanti altri potrebbero aver fatto lo stesso?!" –Si domandò il Comandante, prima che una nuova esplosione cosmica lo rubasse ai suoi pensieri.
"Hai imparato bene la lezione!" –Commentò una voce, proveniente dall’interno della rocca di Tirinto.
Telemaco del Telescopio, uno degli Heroes della Seconda Legione, stava spiando il suo Comandante da un pertugio nel muro, leggendo i movimenti labiali della sua bocca, per comprendere il senso del discorso che non riusciva ad udire, a causa del frastuono degli scontri all’esterno.
"Quali nuove?!" –Domandò Entelide del Microscopio, fratello di Telemaco, in piedi accanto a lui.
Il fratello sollevò la visiera del proprio elmo a diadema, facendola rientrare all’interno, esprimendo ad Entelide i suoi dubbi riguardo a Marcantonio. Le lenti speciali di cui era composta la sua visiera gli permettevano di ingrandire le immagini che vedeva, riuscendo a leggere i movimenti delle labbra delle persone, di cui era un attento conoscitore.
"Marcantonio ha ripreso il suo posto, assieme a Neottolemo e a Polifemo, di fronte al Portone Principale, quasi come se si aspettasse di vederlo crollare tra pochi istanti e di ritrovarsi gli occhi indemoniati di Ificle a fissarlo con rabbia!" –Spiegò Telemaco.
"Non dubito che questo accadrà tra breve! Ma l’intervento di Tiresia mi ha spiazzato! Credevo che l’ordine di non intervento di Ercole avrebbe impedito a chiunque di agire autonomamente!" –Esclamò Entelide.
"Questo allora può significare una cosa soltanto! Il piano deve scattare adesso!" –Esclamò una voce decisa, raggiungendo i due fratelli nella stanza: Euristeo di Reticulum, terzo dei tre traditori della Seconda Legione.
Senza aggiungere altro, Euristeo fece strada ai due guerrieri suoi compagni, scendendo in fretta le scale interne della fortezza, prima di sbucare sul retro, nella corte esterna, più piccola dell’ampio piazzale che si estendeva di fronte al Portone Principale. Sul lato rivolto a settentrione, lungo il muro di cinta, vi era un’enorme grata che serviva per bloccare il passaggio sul canale che scorreva all’interno di Tirinto, e che forniva l’acqua alla cittadina. Marcantonio, per paura che qualche nemico si servisse dal canale per penetrare all’interno della fortezza, aveva ordinato a due guerrieri della sua Legione di controllarlo a vista, con l’ordine di non far avvicinare nessuno.
"Fermatevi!" –Esclamò Sidone di Augia, rivolgendosi ai tre guerrieri che correvano verso di lui. –"Marcantonio ha vietato a chiunque di avvicinarsi, anche ai nostri compagni!"
"Oh, bene!" –Sogghignò Reticulum, spostando lo sguardo verso Telemaco e Entelide, che sorridevano maliziosamente ai suoi lati. –"Allora questa regola non vale per noi, che non siamo affatto vostri compagni!" –E sollevò entrambe le braccia al cielo, caricandole del proprio cosmo scintillante di riflessi blu.
"Co.. come?!" –Ripeterono Sidone di Augia e il suo compagno, Astrea di Polophilax, stupiti da tale improvvisa ostilità manifesta. Ma non riuscirono ad aggiungere altro che vennero travolti da un reticolato di energia, generato da Euristeo, che aveva abbassato le braccia contemporaneamente, liberando due fendenti che si erano moltiplicati in migliaia di altri, sfrecciando orizzontalmente e verticalmente verso i due Heroes, tranciando le loro protezioni e le loro carni, fino a farli stramazzare al suolo in un lago di sangue.
"Possiamo procedere, adesso!" –Esclamò Euristeo, abbandonandosi ad una risata compiaciuta. Ricordava ancora con piacere il giorno in cui si era presentato ad Ercole, affinché lo ammettesse all’addestramento per divenire uno dei suoi Heroes, e l’espressione sgomenta del Dio quando il ragazzo aveva pronunciato il nome che tanto detestava, il nome che tanto gli ricordava un passato che gli aveva indubbiamente dato gloria, ma portato anche altrettanto dolore e pazzia: Euristeo.
L’Hero del Reticulum sogghignò, fiero di aver scelto quel nome quando si era presentato a Tirinto, mettendo da parte il suo passato e le sue vere origini, prive ormai di importanza. In quel momento infatti, dopo anni passati a nascondersi nelle colline intorno ad Argo, insieme ad un gruppo di briganti di cui faceva parte, non avrebbe più avuto bisogno di nascondersi né di rubare. In quel momento aveva accettato l’offerta di Partenope, Emissario di Era, ricevendo in cambio la promessa di onori e tesori futuri, che aveva acceso notevolmente la sua brama di potere. E adesso, aprendo le porte laterali agli invasori di Tirinto, Euristeo aveva la possibilità di portare a compimento il suo progetto sovversivo.
In fondo, si disse sollevando nuovamente le braccia per dirigere due fendenti di energia contro la grande grata sul canale di scolo, non ho legami con questa città! Ho vissuto per anni come un brigante, rubando e depredando uomini e villaggi, per avere cibo e danaro! Cosa significa per me questa fortezza? È uno dei tanti luoghi in cui ho riposato le mie stanche membra! Niente di più! Ma esitò un momento, prima di colpire con forza la grata del canale, quasi come non fosse completamente convinto dell’esattezza delle sue parole. Quell’esitazione fu però fatale alla riuscita del piano.
In quel momento infatti Telemaco ed Entelide, alle sue spalle, caddero a terra, emettendo un suono soffocato, quasi qualcuno li avesse infatti privati del respiro. Si accasciarono, portandosi una mano al cuore, prima di ritirarla macchiata di sangue. Rantolarono per qualche secondo sul terreno sabbioso, abbandonati ad una lenta agonia, prima di spirare. Euristeo fissò sconvolto i loro corpi, notando un sottile foro all’altezza del cuore, da cui proveniva una luce dorata che sembrava aver trapassato l’intera cassa toracica dalla schiena. Spaventato, l’Hero del Reticulum sollevò lo sguardo verso la fortezza di Tirinto, dalla cui uscita posteriore pochi minuti prima Euristeo, Telemaco ed Entelide erano passati, ed incontrò lo sguardo accusatorio di Leonida della Spada, uno dei suoi compagni della Seconda Legione.
Bello, alto ed elegante, con l’Armatura della Spada ornata da un delicato mantello di seta purpurea, Leonida si avvicinò di qualche passo ad Euristeo, fissandolo con aria sdegnata e piena di disapprovazione, mentre l’indice destro della sua mano ancora brillava di un’accecante luce dorata.
"Hai tradito la fiducia del nostro Signore, schernendolo con un nome che tanto dolore rievoca ogni volta che lo udisce! Hai ucciso due miei compagni, ferendoli nel pieno svolgimento delle loro mansioni difensive! E adesso vorresti aprire le porte di Tirinto, vanificando gli sforzi fatti da Ercole e da tutti noi per dare vita a questa colonia di felicità, che tanto affetto ha recato al cuore delle povere genti che vivono qua attorno?" –Esclamò con voce leggera ma decisa l’Hero della Spada, puntando l’indice destro contro Euristeo. –"Per quanto detesti l’eventualità di un combattimento contro un uomo che ho considerato un compagno fino a pochi minuti or sono, l’ineluttabilità di questo gesto è quanto mai necessaria!" –Aggiunse, prima di dirigere un sottile, ma potente, raggio di luce contro il corpo di Euristeo.
L’Hero del Reticulum fu agile a balzare di lato, piroettando sul terreno sabbioso, fino a portarsi di lato a Leonida, il cui volto sembrava non esprimere alcun moto di sorpresa o di stupore, abituato alle agili acrobazie del compagno. Convinto di non aver riportato danno alcuno, Euristeo espanse il proprio cosmo, sollevando il braccio destro, ma non appena fece per caricare il proprio assalto sentì una fitta allucinante al fianco sinistro. Toccandosi, notò che nella parte del corpo non protetta dall’Armatura, tra il pettorale e la cintura, il sangue sgorgava fuori copioso da un foro sulla sua pelle, sottile ma profondo.
"Maledizione!!! Credevo di aver evitato il suo assalto!" –Esclamò Euristeo, cercando di rimettersi in piedi, per quanto il dolore al fianco lo infiammasse. Senza perdersi d’animo, l’Hero traditore sollevò il braccio destro al cielo, caricandolo di energia cosmica, prima di abbassarlo di colpo, generando un fendente che sfrecciò nel suolo arido della corte, moltiplicandosi in infinite copie fino a creare un fitto reticolato di energia. –"Non riuscirai ad evitarlo, Leonida! I raggi energetici da me generati formano una gabbia mortale, poiché sfrecciano in ogni direzione, fuori da ogni schematismo! È impossibile soltanto pensare di…." –Ma le parole gli morirono in bocca quando vide Leonida lanciarsi a capofitto all’interno del reticolato di energia, sfrecciando nella fitta gabbia, evitando tutti i raggi che Euristeo dirigeva contro di lui, fino a portarsi ad un metro dall’Hero traditore, di fronte ai suoi occhi sconvolti e sconcertati per l’abilità e l’agilità dimostrate.
Senz’altro aggiungere, Leonida puntò l’indice verso la cintura di Euristeo, liberando un nuovo sottile ma preciso raggio di energia cosmica, che trafisse l’uomo nel basso ventre, distruggendo la gemma di smeraldo che decorava la sua corazza e facendolo accasciare al suolo, con le mani sulla ferita che sanguinava copiosamente.
"Quante volte ancora dovrò colpirti, Euristeo?!" –Domandò Leonida con voce flemmatica, osservando il vecchio compagno barcollare, macchiando di sangue il polveroso suolo della corte. –"Vuoi scontare fino in fondo la tua colpa o preferisci una morte rapida e violenta?"
"Non ho nessuna colpa, Leonida, se non quella che mi potrà essere imputata se non riuscirò a vincerti!" –Esclamò rabbioso Euristeo, con gli occhi infuocati di brace, lanciandosi contro Leonida, ma l’Hero della Spada, senza proferir parola, puntò nuovamente l’indice contro di lui, colpendolo con ben quattro raggi di energia in un colpo solo.
"Croce della Lama!" –Ordinò, mentre Euristeo veniva spinto indietro, fino a sbattere contro il muro di cinta, crocifisso ad esso da quattro raggi energetici che lo avevano raggiunto alle caviglie e ai polsi. –"Meriti di languire in croce come un martire! Tale è la punizione che dovrebbe spettarti, traditore del tuo Dio e dei tuoi compagni!" –Sentenziò Leonida, rivelando per la prima volta una passione sdegnata. –"Ma sarà Ercole a condannarti, giudice supremo delle vite dei suoi Heroes! Ti lasciò così, crocifisso e umiliato per le tue colpe, a languire sotto il pallido sole di Tirinto, ad osservare il tuo stesso sangue scivolare via, finché avrai la forza per mantenerti in vita!" –E si mosse per andarsene, abbandonando Euristeo in quella posa soffocante.
"A… aspetta.. Leonida!!!" –Gridò Euristeo, bruciando il suo cosmo al massimo, che si accese di violente sfumature rossastre, attirando l’attenzione di Leonida, che frenò i suoi passi, voltandosi ad osservare il disperato sforzo dell’Hero del Reticulum. Espandendo il suo cosmo al massimo, Euristeo sforzò i propri muscoli oltre ogni limite, fino a strappare i chiodi di energia che lo avevano crocifisso e a ricadere a terra, in una pozza di sangue.
"Se tutte queste energie tu le avessi impegnate al servizio del bene e del Dio che ha riposto fiducia in te…" –Commentò Leonida, con un sospiro, prima di sollevare nuovamente l’indice destro verso di lui. –"Peccato, adesso è tardi per i ripensamenti! Adesso è tardi per tutto!"
Ma prima che potesse colpire il corpo esanime di Euristeo, a terra di fronte a lui, Leonida venne raggiunto in pieno collo da un attacco improvviso. Due piedi agili e scattanti lo avevano centrato in pieno, scaraventandolo contro il muro poco distante, facendogli sbattere la testa, non riparata dall’elmo, mentre una snella figura, con i fluttuanti capelli verdi, atterrava sul selciato.
"Immobilizzalo, Dione!" –Esclamò una decisa voce di donna, mentre la corpulenta figura di Dione del Toro si faceva largo dietro di lei, avvicinandosi a Leonida e colpendolo sulla testa con un secco pugno. –"Vuoi restare a terra per sempre, Reticolo, o credi di essere in grado di rialzarti da solo?!"
"Opi della Lepre!" –Esclamò Euristeo, rialzandosi e sputando sangue. –"Non avevo affatto bisogno del tuo intervento! Me la sarei sbrigata da solo!"
"Può anche darsi! Ma se non fosse stato per noi a quest’ora Leonida ti avrebbe ucciso e il piano della Regina degli Dei sarebbe fallito! Non siamo intervenuti per proteggere te, della cui vita poco m’importa, ma per garantire il successo della nostra missione!" –Precisò tagliente Opi della Lepre, ordinando a Dione di gettarsi nel canale e distruggere l’enorme grata protettiva, così da aprire un varco ai loro alleati.
"Lo tratti proprio come un burattino!" –Commentò Euristeo, schernendo l’agile donna.
"Così devono essere trattati gli uomini!" –Rispose Opi della Lepre. –"La mia maestra, la possente Boopis, Sacra Vacca di Era, mi ha insegnato a non fidarmi di alcun uomo, ma solo di me stessa e della natura, madre misericordiosa e regina terribile, dentro la quale trovare rifugio e consolazione dai dolori del mondo attuale e forza per combattere!"
"Hai avuto una vacca come maestra!" –Ironizzò Euristeo, prima di scoppiare in una risata sghignazzante. Ma Opi lo redarguì all’istante, balzando contro di lui a piedi uniti e colpendolo in pieno petto, fino a scagliarlo contro il muro laterale.
"Non permetto a nessuno di prendersi gioco della mia maestra, Sacro Emissario di Era, tanto meno ad un brigante!" –Esclamò Opi, incitando Dione a distruggere tutto. –"Sbrigati, stupido bestione! La tua indolenza vanifica i miei sforzi!"
"Opi!" –Esclamò Dione, con voce titubante, afferrando le robuste sbarre di ferro della grata. –"Credi davvero che stiamo facendo la cosa giusta?!"
"Dione! Come osi rifiutare i miei ordini? Essi provengono dalla Divina Era, a cui tu stesso hai giurato fedeltà!" –Esclamò Opi, irata.
"Questo è vero, ho giurato fedeltà ad Era! Ma è stato molto prima di scoprire le meraviglie di questa città, e l’amore che Ercole è stato in grado di donare a tutti noi!" –Commentò Dione, in piena crisi di coscienza. –"In fondo, eravamo degli sconosciuti, ma lui ci ha accolto a braccia aperte, donandoci un letto su cui dormire e cibo caldo per rifocillarci! Ci ha ospitato a Tirinto senza farci domande, come esuli di città lontane, e ci ha accettato nelle sue Legioni, premiando i nostri sforzi per farne parte! Non lo ritengo in fondo quel mostro di cattiveria che Era ci aveva descritto!"
Opi non rispose, ringhiando rabbiosa sotto la maschera argentata che le copriva il volto. Saltò in alto, lanciandosi su Dione a piedi uniti e colpendo il corpulento guerriero all’altezza del collo, facendolo crollare all’indietro, nel canale di scolo, mentre la donna balzava nuovamente a terra, disgustata da una simile indolenza.
"Che ti serva da lezione!" –Commentò Opi, mentre Dione si rimetteva in piedi, cercando di avvicinarsi al bordo del canale. –"Era non accetta traditori tra le fila dei suoi guerrieri?!"
"Ed Ercole dovrebbe farlo?" –Domandò Dione del Toro, soffocando un singhiozzo.
"Ben detto, Dione del Toro! La tua onestà sarà premiata da Ercole, che riconoscerà i tuoi peccati, annullandoli!" –Esclamò la voce di Leonida della Spada, che si stava rimettendo in piedi a fatica. Gli doleva la testa, e chiazze di sangue avevano macchiato i suoi capelli e il suo mantello di seta, ma aveva le idee abbastanza chiare sulla situazione.
"Resta a terra, Leonida! Non obbligarmi ad umiliarti ancora, abbattendoti con la mia indiscussa agilità!" –Affermò Opi, bruciando il proprio cosmo. –"Sono la Lepre Oscura, agile e ostile!" –E si lanciò contro l’Hero della Spada, con le gambe tese avanti a sé, per colpirlo al collo come aveva fatto poco prima a sorpresa.
Ma Leonida, che aveva imparato il trucco, non si fece sorprendere nuovamente, limitandosi a scansarsi di lato, più veloce di lei, e a colpire la donna al seno con un sottile raggio di energia scatenato dal suo indice destro. Opi della Lepre venne scaraventata indietro, da tanta inaspettata violenza, fino ai margini del canale di scolo, prima di accasciarsi a terra, tenendosi il petto in fiamme, da cui fiotti di sangue uscivano copiosi, e gridando di rabbia e di dolore.
"Hai visto Dione? La guerra porta soltanto sofferenza e morte!" –Esclamò Leonida, con voce decisa e nobile. –"Per questo dobbiamo combattere, per evitare che questo affamato spettro ritorni nuovamente a sorvolare i confini della nostra bella terra! Ercole a nient’altro anela se non a esportare onestà e giustizia nel mondo! Se tu vuoi condividere questo messaggio di pace con noi, sarai sempre il benvenuto!"
Non riuscì ad aggiungere altro che dovette fronteggiare l’assalto congiunto di Opi della Lepre, che balzò nuovamente verso di lui, a gambe tese, e di Euristeo del Reticulum, che aveva scagliato un violento fendente di energia, subito moltiplicatosi in migliaia di altri. Con abilità e destrezza, Leonida schivò l’assalto di Opi, afferrandola per le orecchie della sua Armatura della Lepre e gettandola d’istinto contro il reticolato di energia di Euristeo, su cui il corpo di Opi si infranse con un grido disperato, venendo lacerato all’istante e precipitando a terra in un’atroce pozza di sangue.
"È così che muoiono i traditori!" –Commentò Leonida con amarezza, prima di volgere lo sguardo verso Euristeo, i cui occhi sembravano persi nel cadavere massacrato di Opi.
In quel momento esplose nuovamente il cosmo di Tiresia dell’Altare e i tre Heroes, sollevando lo sguardo verso l’alto della torre, videro una violenta tempesta di fuoco abbattersi sull’Hero dell’Altare. Una cometa di energia infuocata, le cui fiamme parevano sospinte da un caldo vento desertico. Zefiro, figlio di Eos e Vento dell’Ovest, aveva appena abbattuto l’uomo più vicino agli Dei dell’esercito di Ercole.